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“Pronti ad accogliere i migranti purché possano lavorare”

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“Pronti ad accogliere i migranti purché possano lavorare”
CN
LA STAMPA
VENERDÌ 13 NOVEMBRE 2015
.
Cuneo e provincia .43
DIBATTITO A CEVA
“Pronti ad accogliere i migranti
purché possano lavorare”
MURIEL BRIA
CEVA
«Perché, invece di limitarci
ad accogliere i profughi, non
cerchiamo di ospitarli in una
struttura che possa offrire loro anche l’occasione di lavorare?». È la proposta del consigliere comunale di minoranza Lorenzo Alliani.
Sono 42 i richiedenti asilo
attesi a breve a Ceva, affidati
dalla Prefettura alla coop. torinese «Casa dell’Immacolata». Di questi, secondo quanto prospettato dalla cooperativa, una dozzina verranno
alloggiati in un palazzo in via
XX Settembre, la strada della
Stazione. Gli altri 30 risiederanno in via Mombasiglio. La
vicenda sta facendo discutere. Di recente sono state oltre
800 le firme raccolte da Fratelli d’Italia-An e Lega Nord
contro «l’arrivo di un numero
così elevato di profughi in
una città dove la presenza di
stranieri è già importante».
«Persone in fuga»
«Tanti di loro sono povere
persone che scappano da situazioni drammatiche – dice
Alliani -. A Ceva dobbiamo
evitare ciò che capita in altre
regioni: manovalanza per la
delinquenza organizzata,
personale a bassissimo costo,
il business di organizzazioni
più o meno no profit e problemi di ordine pubblico».
La soluzione, secondo il
consigliere: «Ospitiamoli in
una struttura che dia loro un
alloggio dignitoso ma anche
l’occasione di lavorare. Ad
esempio una cascina, edificio
che pare fosse stato individuato inizialmente. Poi, con la consulenza delle associazioni di
categoria, potremmo creare le
basi per un’azienda agricola».
Due km di strada
L’ex albergo «Olmo» ad Ormea
Savigliano
Un dormitorio pubblico
aperto nella stagione fredda
n Una porta sempre aperta per chi è alla ricerca di un posto dove passare la notte. Un dormitorio pubbli­
co, aperto almeno nella stagione fredda (da ottobre ad aprile), in grado di ospitare una quindicina di per­
sone, suddivise tra uomini, donne e nuclei famigliari. È
il progetto della Caritas di Savigliano, in collaborazio­
ne con le associazioni di volontariato cittadine, che si prefigge di aprire il servizio entro il prossimo anno: in questi giorni sono in corso i contatti con la Onlus che dovrebbe mettere a disposizione i locali, oggi sottou­
tilizzati. Il progetto è in fase di definizione: nelle pros­
sime settimane verrà presentato alla Consulta della
solidarietà. All’interno del dormitorio opereranno,
sette giorni su sette, almeno due volontari apposita­
mente formati.
[A. G.]
Sulla sistemazione decisa dalla cooperativa, il consigliere:
«Mi preoccupa. Dodici persone alloggiate vicino alla Stazione che per 2 volte al giorno dovranno raggiungere per i pasti
i 30 che risiederanno invece
sulla Piana. Cosa succederà
quando si stuferanno di percorrere i 2 chilometri in salita
magari sotto pioggia o neve?
Inoltre come trascorreranno il
tempo in un quartiere residenziale?».
Il vicesindaco Paolo Penna:
«È possibile stipulare con la
Prefettura convenzioni per
coinvolgere i profughi, di cui
non sappiamo nulla perché le
informazioni sono scarsissime,
in lavori socialmente utili. Ma
tutto è subordinato alla loro
volontà».
Intanto ad Ormea, altro Comune del Cebano che si prepara ad accogliere una trentina di
persone, è tramontata l’ipotesi
di ospitare i profughi nell’albergo dell’Olmo. Su proposta
dell’amministrazione comunale, saranno alloggiati nella ex
casa di riposo ed affidati all’Ipab «Renzo Merlino», ente
pubblico, che per assisterli ha
già assunto 6 persone.
Mani artigiane
GIOVANNA
FOCO
L’aspirante psicologa
che crea perle in vetro
L
a sua voce è pacata, il
passo composto. Licenza classica e a un
soffio dalla laurea in Psicologia. Ha il titolo di «tecnico
di lavorazione al banco», ottenuto a Valenza, la città degli orafi. Lavora il vetro «a
lume di cannello». Il suo laboratorio si chiama «Grain
de beauté». È Silvia Osenda, nata nel 1990, vive a Fontanelle di Boves.
Il fare: mestiere di famiglia?
«A mia mamma, Grazia,
messo comunale a Valloriate, piace disegnare. Mio papà ha ottima manualità. E,
poi, in casa mia si fa il pane.
Come un tempo. Tradizione
e manualità».
L’idea delle «perle in vetro».
«Durante il liceo, montavo
pietre. Ad un certo punto,
mi sono stancata. Non mi
sentivo unica. Dunque, mi
sono guardata in giro e ho
scoperto un corso da un vetraio a Murano: lì è stata
l’occasione che ha cambiato
il mio obiettivo. Per la lavorazione, ci si serve di un apposito cannello a ossigeno.
Per la lavorazione a lume si
usano bacchette di vetro.
Grazie al calore sprigionato
dalla fiamma, che raggiunge i 900°, le bacchette sono
sciolte e colate su un bastoncino in acciaio rivestito
di materiale refrattario, tenuto in costante movimento rotatorio: la forza di gravità fa sì che il vetro avvolto
Silvia
Osenda
È nata
nel 1990
e vive
a Fontanelle di Boves
attorno al supporto prenda
la forma di una sfera».
Nel suo futuro vede più psi­
cologia o più arte?
«Mi auguro di conciliare
queste competenze che ho
acquisito, perché ce n’è bisogno: spesso le persone
fanno fatica ad esprimersi.
L’arte aiuta a “tirare fuori”
quello che si ha dentro. In
Francia, a Rouen, ho frequentato un anno di Specialistica e ho capito che si può
conciliare l’arte con la psicologia. Stesso discorso per
quando sono stata a Glasgow, in un centro che si
chiama “Project Ability” e
che si occupa di dare opportunità a livello artistico e
espressivo ai disabili mentali e fisici».
«Grain de beauté», il suo la­
boratorio: perché questo
nome?
«Significa “grano di bellezza”. Il neo è qualcosa di diverso, sulla pelle. Così è la
disabilità: è qualcosa che
porta una forma di diversità nella realtà, ma racchiude in sé qualcosa di unico».
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