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miele - Lega Tumori Genova
Zucchero “raffinato” (saccarosio) Nel XI secolo d.C., i Genovesi e i Veneziani, presero ad importare modeste quantità di ciò che veniva chiamato sale arabo (prodotto dalla canna da zucchero) ma lo zucchero restò per molto tempo una spezia rara e preziosa, venduta dagli speziali e dai farmacisti a carissimo prezzo come medicina in uso per sciroppi, impacchi ed enteroclismi. Con la scoperta dell‘America nacque un fiorente traffico di importazione, che rese il prodotto, per quanto di lusso, più comune. Nel 1575, l'agronomo francese Olivier de Serres osservò che la barbabietola , se cotta produceva uno sciroppo simile a quello della canna da zucchero, molto dolce. L'osservazione rimase tuttavia lettera morta Nel 1802 Franz Karl Achard ideò un processo industriale idoneo all’estrazione dello zucchero. Napoleone, incoraggiò la produzione di zucchero da bieta in tutti i territori sotto il suo controllo Il costo inferiore lo rese disponibile via via a più ampie fasce della popolazione, cambiando considerevolmente le abitudini alimentari dell'Europa. A livello industriale, i processi di estrazione e di produzione di saccarosio sono due : dalla barbabietola da zucchero (in Europa) dalla canna da zucchero (nel resto del mondo) da entrambi i vegetali ne si estrae il cosiddetto sugo zuccherino, di colore bruno. Il succo zuccherino, proveniente dalla prima fase della lavorazione della barbabietola o della canna da zucchero, prima viene depurato con latte di calce che provoca la perdita e la distruzione di sostanze organiche, proteine, enzimi e sali di calcio; poi, per eliminare la calce che è rimasta in eccesso, viene trattato con anidride carbonica, quindi subisce ancora un trattamento con acido solforoso per eliminare il colore scuro, successivamente viene sottoposto a cottura, raffreddamento, cristallizzazione e centrifugazione. Si arriva così allo zucchero grezzo. Da questo, tramite la seconda fase di lavorazione, lo zucchero viene filtrato e decolorato con carbone animale. Il prodotto finale è una bianca sostanza cristallina che non ha più nulla a che fare con il ricco succo zuccherino di partenza. Dopo varie cristallizzazioni il sugo zuccherino si impoverisce di saccarosio, si concentrano le impurità, e non si riesce più a cristallizzare uno zucchero che risponda alle severe specifiche commerciali, si arriva così ad ottenere la melassa o sugo debole. N.B. Esistono due tipi di melassa: la melassa di canna, dalla cui fermentazione si ricava il rum e talvolta anche la vodka (ad esempio le vodke prodotte negli Stati Uniti e nei Caraibi); la melassa di barbabietola, usata per produrre lievito di birra e parte integrante dei mangimi animali (per bovini, cavalli, ecc.). La melassa, (insieme a miele, sciroppo d’acero, estratto di malto e stevia, è una delle alternative allo zucchero bianco o saccarosio). Fornisce circa il 30-40% di calorie in meno (apporta infatti 235 kcal ogni 100 g) ed ha una discreta concentrazione di sali minerali (calcio,magnesio e ferro) e tracce di vitamine (gruppo B , PP). 100 grammi di melassa contengono mediamente: • ferro 11 mg (il 79% della RDA); • potassio 1.500 mg (il ? della RDA); • magnesio 90 mg (il 30% della RDA); • calcio 500 mg . In Italia, il consumo annuo pro capite di zucchero è di circa 24 kg, più basso della media europea che è di circa 32 kg. Un consumo eccessivo di zucchero è considerato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita’) tra le probabili cause di varie patologie, tra cui : •iperglicemia •obesità •danni cardiovascolari in genere •diabete •carie dentarie Zucchero di canna La canna da zucchero (famiglia delle Graminacee) è coltivata principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali ( es. Cuba, Porto Rico, Filippine ecc.) A completa maturazione, raggiunge altezze che vanno dai 3 ai 6 metri. Tale grado di maturità è raggiunto in circa un anno, a questo punto viene tagliata e privata delle foglie. Successivamente la canna viene ridotta in pezzi più piccoli, che vengono frantumati e spremuti per ricavare un succo particolarmente dolce, chiamato sugo leggero. Zucchero grezzo : il sugo leggero viene purificato con latte di calce e sottoposto a filtrazione, poi viene rimossa la parte acquosa per evaporazione ottenendo un sugo particolarmente concentrato, che viene centrifugato a freddo. Il residuo liquido viene chiamato melassa. Zucchero integrale di canna: quando si seguono i metodi tradizionali, saltando il processo di raffinazione chimica o attuandolo solo in parte. Zucchero da cucina: se sottoposto ad un ulteriore processo di raffinazione, che lo rende equivalente al classico zucchero raffinato. Lo zucchero integrale di canna, rispetto allo zucchero tradizionale, contiene una minore percentuale di saccarosio, ma è più ricco di sali minerali (calcio, fosforo, potassio, zinco, fluoro, magnesio) e vitamine (A, B1, B2, B6, C). Il potere calorico è leggermente inferiore, tant'è vero che 100 grammi di zucchero di canna integrale apportano 356 calorie, contro le 392 del tradizionale saccarosio. Lo zucchero integrale di canna non va confuso con lo zucchero grezzo di canna. Il suo colorito giallo-beige non deve ingannare, poiché è conferito dall'addizione di piccole quantità di melassa o caramello Non potendosi basare sul semplice colore, per giudicare la qualità di uno zucchero di canna occorre osservare qualche particolare in più. Se si presenta sottoforma di cristalli uniformi per dimensioni e colore, si tratta con tutta probabilità di zucchero grezzo Se sono presenti cristalli più o meno grandi e con diverse sfumature scure, è più facile che si tratti di zucchero integrale Miele Il miele è un alimento prodotto dalle api. Viene prodotto a partire dal nettare e dalla melata. La composizione dei nettari varia secondo le piante che li producono. Sono comunque tutti composti principalmente da glucidi, come saccarosio, glucosio e fruttosio , e acqua. (La melata è una secrezione zuccherina emessa dalla maggior parte dei Rincoti Omotteri che si nutrono della linfa delle piante. Rappresenta per le api un substrato alimentare fondamentale, in ambienti con scarsa disponibilità di piante nettifare). Per millenni il miele è stato il principale dolcificante usato dall'uomo è noto che ricette a base di miele erano impiegate non solo ad uso alimentare ma anche medico (cura dei disturbi digestivi, unguenti per piaghe e ferite). La medicina ayurvedica, già tremila anni fa, considerava il miele purificante, afrodisiaco, dissetante, vermifugo, antitossico, regolatore, refrigerante,stomachico (stimola la digestione) e cicatrizzante. Per ogni specifico caso era indicato un differente tipo di miele: di ortaggi, di frutti, di cereali o di fiori. In Egitto il miele era molto apprezzato, e le prime notizie di apicoltori che si spostavano lungo il Nilo per seguire con le proprie arnie la fioritura delle piante risalgono a 4000 anni fa. Inoltre, gli Egizi usavano deporre accanto alle mummie grandi coppe o vasi ricolmi di miele per il suo viaggio nell’aldilà, alcuni dei quali sono stati rinvenuti duranti gli scavi ancora perfettamente sigillati perfettamente commestibile. I Babilonesi lo impiegavano per cucinare: erano diffuse infatti le focaccine fatte con farina, sesamo, datteri e miele. I Greci lo consideravano "cibo degli dei", e dunque rappresentava una componente importantissima nei riti che prevedevano offerte votive e veniva raccomandato come alimento per una lunga vita. I romani ne importavano grandi quantitativi da Creta, Cipro, Spagna e da Malta. Veniva utilizzato come dolcificante, per la produzione di idromele, di birra, come conservante alimentare e per preparare salse agrodolci. Nel Medioevo il miele aveva un ruolo ancora centrale, seppure ridotto rispetto all'antichità, ed era usato principalmente come agente conservante oltre che dolcificante. NOTA su IDROMELE Popolarmente è conosciuta come “Vino di miele” perché prodotta con : una soluzione acquosa di miele fatta fermentare (viene così prodotta una bevanda alcolica che ha una gradazione di circa 15 ° . Dolce ed inebriante prodotto alcoolico), e aromatizzata con fiori di sambuco, timo, rosmarino, cannella, garofano, scorza di limone. “ Tra le bevande (Sacre) è la più Sacra, il dono degli Dei per eccellenza; la sua origine celeste deriva dal polline dei fiori , dal lavoro dell'ape ,simbolo sacro della trasformazione e della poesia, dall'Acqua di una fonte, simbolo della linfa vitale della Madre Terra. La valenza sacra dell'IDROMELE era data dal potere para-estatico che secondo gli antichi testi permetteva di uscire dal normale livello di percezione per passare ad una condizione inebriante - estatica.” La produzione del miele L’ape bottinatrice raccoglie ed accumula nella borsa melaria il nettare raccolto . Giunta nell'alveare, l'ape rigurgita il nettare, che a questo stadio è ancora molto liquido. Le api operaie, per circa 30 minuti digeriscono il nettare scindendo gli zuccheri complessi in zuccheri semplici (da saccarosio in glucosio e fruttosio). La produzione del nettare prosegue deponendo il nettare in strati sottili sulla parete delle celle. Le api ventilatrici produrranno nell'alveare una corrente d'aria che provoca l'evaporazione dell'acqua. Il miele impiega in media 36 giorni per maturare. Viene quindi immagazzinato in altre cellette che, una volta piene, saranno sigillate. Nel miele , il fruttosio è sempre lo zucchero più rappresentato, perché è già contenuto nel nettare. La presenza di fruttosio dona al miele un potere dolcificante superiore allo zucchero raffinato ma anche una fonte di energia per il nostro organismo. Infatti, per essere utilizzato, deve essere trasformato in glucosio. Può essere trasformato in glicogeno sotto forma di “riserva”, che è indispensabile in caso di necessità, (è depositato prevalentemente nel fegato e nel muscolo, ma è anche presente anche in altri tessuti, tra cui cuore, reni, tessuto adiposo). Il miele è dunque consigliabile agli atleti prima di iniziare un'attività fisica, grazie anche all'apporto calorico di circa 300 calorie per 100 gr. Nel miele esiste una discreta presenza di oligoelementi ( rame, ferro,iodio,manganese,silicio, cromo, presenti soprattutto nei mieli più scuri), vitamine (A,E,K,C, complesso B), derivati dell'acido caffeico, enzimi e sostanze battericide (acido formico) ed antibiotiche (germicidina): queste ultime categorie di sostanze permettono in particolare al miele di essere conservato a lungo, e ne giustificano l'utilizzo come disinfettante naturale. Le tracce di olii volatili, danno origine alle proprietà organolettiche. N.B. (L'acido caffeico è una sostanza di natura fenolica contenuta in molti alimenti di origine vegetale come frutta e verdura (carciofo, cicoria, tarassaco, cardo ecc.) e in diverse erbe (es. ortica, mate ecc), e nel caffè. L'acido caffeico ha benefiche proprietà antiossidanti ed antimutagene, ed inoltre proprietà antinfiammatorie, L'insieme di queste caratteristiche si è dimostrato utile anche nel proteggere la pelle dagli effetti dannosi delle radiazioni UV). Contribuiscono all’azione antibatterica del miele, già vista prima: la sua elevata concentrazione zuccherina, il pH acido, l'azione dell’enzima glucosidasi che si attiva, nelle soluzioni di miele, (trasformando il glucosio in acido gluconico e acqua ossigenata). Questo accorgimento è dovuto alla necessità di proteggere il miele, che si sta formando, dai batteri quando ancora non sono attive l'acidità e la concentrazione di zuccheri. Nella medicina erboristica, il miele è suggerito per la cura •del sistema emopoietico (grazie alla ricchezza di sali), del sistema cutaneo (favorisce la cicatrizzazione e l'idratazione), •del sistema nervoso (migliorerebbe sonno e concentrazione), •dell'apparato respiratorio (contro tosse e catarro, sciolto in latte o té), •dell'apparato circolatorio (si presuppone abbia un'azione ipotensiva), • dell'apparato digerente (regolarizzerebbe l'attività escretoria dei succhi gastrici e della flora batterica, migliorerebbe l'assorbimento di calcio e magnesio, sarebbe leggermente lassativo fatta eccezione per quello di lavanda o castagno). Talvolta nell'allevamento delle api vengono utilizzati farmaci che possono contaminare il miele. In Europa, ai sensi del regolamento 2377/90, non sono previsti limiti residuali di antibiotici nei mieli e nella pappa reale che pertanto devono considerarsi vietati negli alveari in produzione. Sono invece ammessi in alcuni paesi (Italia esclusa!) per la cura di alcune patologie quali la peste americana e la peste europea. In alcuni stati extraeuropei ne è consentito l'uso (per es.): negli Stati Uniti è frequente l'uso di tetracicline e del sulfatiazolo. In Cina sono frequenti le contaminazioni con il cloramfenicolo. PER SOSTENERE LA LILT • Diventa Volontario • Diventa Socio: la quota associativa minima è di € 15,00 • Destina il 5 X 1000 dell’IRPEF : CF 95041690108 • Fai una donazione IBAN : IT22Y0617501472000000554190 Gli edulcoranti artificiali, saccarina, aspartame e fruttosio sono nati come dolcificanti per diabetici e, grazie al loro potere calorico estremamente basso, sono stati usati in molti alimenti dietetici avendo un potere dolcificante estremamente elevato. I dolcificanti di sintesi (aspartame e saccarina sono i più diffusi), non si trovano in natura ma vengono sintetizzati in laboratorio. Contenuto calorico per 100 grammi Miele 304 Kcal zucchero tradizionale 392 Kcal zucchero di canna 362 Kcal . L'aspartame ha un potere dolcificante 200 volte superiore rispetto allo zucchero. 1 cp. = 18 mg N.B. Servono pertanto 200 grammi di zucchero per avere lo stesso potere dolcificante di un grammo di aspartame la saccarina 450-600 volte superiore rispetto allo zucchero. 1 cp. 7.5 mg. Aspartame L'aspartame è un composto artificiale composto da due comuni amminoacidi : l'acido aspartico e la fenilalanina. Scoperto casualmente nel 1965 dal chimico James Schlatter,l'aspartame ha riscosso uno straordinario successo commerciale; questo edulcorante è stato infatti approvato negli anni '80 come dolcificante alimentare e come tale impiegato su larga scala in bevande analcoliche contenenti acido carbonico, bevande analcoliche in polvere, yogurt e prodotti dell'industria dolciaria e dietetica. Il gusto dell'aspartame è descritto come "pulito e dolce", infatti il sapore è simile a quello degli zuccheri naturali, privo di retrogusto (amarognolo/ metallico) spesso associato ad altri dolcificanti di sintesi. Esalta e prolunga alcuni aromi presenti nei cibi e nelle bevande , soprattutto quelli dei frutti acidi (come arancia e limone). Questo edulcorante artificiale resiste discretamente anche a processi che richiedono calore, come i prodotti dell'industria casearia, ed alte temperature o ultra alte temperature per brevi tempi . N.B. Quando esposto a lungo ad alte temperature, ne limita alcuni utilizzi e lo rende controindicato in gravidanza ed allattamento Una volta ingerito, l'aspartame è rapidamente metabolizzato nei suoi tre componenti: acido aspartico, fenilanina e metanolo. Questi prodotti del metabolismo sono stati spesso oggetto di discussione riguardo la potenziale tossicità. Comunque sono tutte sostanze normalmente presenti nella dieta. Non usare in cibi cotti, fritti o sterilizzati. Non usare in gravidanza e durante l'infanzia (a puro scopo cautelativo). Non usare in pazienti affetti da fenilchetonuria N.B. L'aspartame produce circa il 10% di metanolo (tossico) in peso rispetto alla dose ingerita, valore ben al di sotto di quello assunto mediante il consumo di frutta, verdura e succhi. Molte delle controversie sulla presunta neurotossicità dell'aspartame (turbe dell'equilibrio, disturbi dell'umore, nausea, cefalea, visione indistinta) riguardano proprio la liberazione di metanolo; i più a rischio sarebbero i bambini. Nei prodotti alimentari, l'aspartame è spesso indicato con la sigla E951. In questi anni, l'aspartame è stato largamente studiato da scienziati di tutto il mondo, che ne hanno accertato la sicurezza mediante esperimenti su animali ed uomini. Sulla base dei risultati delle ricerche condotte, la dose giornaliera accettabile stabilita dall'agenzia JECFA (FAO/WHO Expert Committee on Food Additives) è di 40mg/kg di peso corporeo (1 cp. = 18 mg). FAO organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha più volte ribadito che le nuove prove disponibili, compreso lo studio FER, “non davano adito a riconsiderare le precedenti valutazioni sulla sicurezza dell’aspartame e nessun motivo per rivedere la DGA (Dose Giornaliera Accettabile) precedentemente stabilita di 40 mg/kg di peso corporeo/giorno”. NOTE La fenilalanina è un aminoacido aromatico contenuto nella maggior parte delle proteine animali e vegetali. Considerata la sua incapacità di sintetizzarla a partire da altri amminoacidi, per l'organismo umano la fenilalanina è considerata un amminoacido essenziale; è quindi fondamentale per la sintesi proteica, ma anche come precursore della tirosina, grazie alla quale partecipa alla biosintesi di ormoni tiroidei, catecolamine, dopamina (un mediatore della funzione nervosa) e melanina (pigmento necessario per la colorazione della pelle . Solo in casi rari, come per gli individui affetti da fenilchetonuria (malattia genetica rara in cui non si metabolizza la fenilalanina) l'uso di aspartame dev'essere limitato. La fenilchetonuria è una condizione patologica su base ereditaria dovuta all'incapacità di metabolizzare la fenilalanina. L'organismo delle persone colpite da questa malattia non riesce a convertire questo amminoacido. Tossicita a livello SNC con disturbi neurologici e ritardo mentale . Alimentazione con quantità minime di proteine animali ed integratori per apporto di aminoacidi essenziali e calorie Saccarina Saccarina (E954) Il nome saccarina deriva dal latino "Saccharum" che significa zucchero. La scoperta avvenne nel 1878 ed è stata un caso di scoperta fortuita e imprevista Come pioniere dei dolcificanti alternativi, la saccarina ha avuto una storia senz'altro travagliata, ma è l'unico edulcorante di sintesi ad essere stato usato in tutto il mondo per più di un secolo. La saccarina acido esiste come polvere cristallina bianca; si tratta di un acido moderatamente forte e lievemente solubile in acqua. In commercio esistono tre forme di saccarina, come acido, come sale di sodio e come sale di calcio. La forma più usata è quella di sale sodico, a causa della maggiore stabilità e solubilità (500 volte superiore dell'acido a 20°C). Più raramente si ricorre al sale di calcio, in particolare da parte di chi segue una dieta povera di sodio. La saccarina ha un potere dolcificante circa 500 volte superiore a quello del saccarosio. Presenta un retrogusto amaro o metallico generalmente considerato sgradevole, specialmente ad alte concentrazioni: tale effetto tuttavia è marcato più o meno a seconda della sensibilità personale del consumatore. A differenza di composti analoghi di sintesi più recenti (ad es. l’aspartame), la saccarina è stabile al calore anche in ambiente acido, è inerte rispetto agli altri ingredienti alimentari e non dà problemi di conservazione. La saccarina non è metabolizzata dall'organismo umano; non sono stati mai riscontrati prodotti derivanti dal suo metabolismo anche in tracce minime o comunque rilevabili con le moderne tecniche analitiche. Una volta assunta, viene rapidamente assorbita (90% circa) e come tale escreta con le urine. Non influenza i livelli glicemici e non fornisce alcuna energia all'organismo; è quindi indicata come dolcificante nelle diete ipocaloriche ed in quelle per diabetici . Non favorisce inoltre la carie dentale. E’ stata oggetto di lunghi dibattiti. Benché la totalità degli studi disponibili ne dimostri la sicurezza alle dosi di consumo usuali, sono stati sollevati molti dubbi circa la sua tossicità legati soprattutto ad alcune ricerche che hanno dimostrato la correlazione con il cancro alla vescica in ratti maschi trattati con dosi elevate di saccarina sodica. Nel 1977 la FDA bandì la saccarina sulla base degli studi condotti sui ratti . Tuttavia, studi estensivi effettuati sull'uomo hanno dimostrato che non esiste alcuna correlazione tra cancro alla vescica e assunzione di saccarina (ai livelli di consumo usuali). Da allora molti studi sono stati condotti sulla saccarina, con risultati controversi; lo studio del 1977 è stato criticato per via delle altissime dosi di saccarina date ai ratti, un valore ritenuto assolutamente irrealistico per un normale consumatore. La saccarina, infatti, si comporta come sostanza cancerogena se ingerita nella quantità di 4 g/kg in dose unica mentre le concentrazioni di tale dolcificante negli alimenti è nell'ordine dei milligrammi. Finora nessuno studio ha evidenziato pericoli per l'uomo, alle dosi normalmente utilizzate. Dopo 14 anni, nel 1991 , la FDA ha ufficialmente ritirato la proposta di bando. Prudenza in gravidanza per il suo potere di attraversare la placenta Fruttosio Come tutti i carboidrati anche il fruttosio apporta all'incirca 4 Kcal per grammo Il fruttosio è presente nella frutta (a cui deve il nome), nel miele e nei vegetali. L‘uva matura, le banane ed i pomodori sono solo alcuni degli alimenti a più alto contenuto di questo zucchero: Il fruttosio abbonda anche in molti cibi lavorati dove viene utilizzato per dolcificare e per conservare più a lungo gli alimenti. Combinato con il glucosio forma il saccarosio (normale zucchero da cucina) rispetto al quale ha un potere dolcificante superiore (quasi il doppio). E' proprio l'abbondante presenza di fruttosio a conferire al miele una maggiore dolcezza rispetto allo zucchero tradizionale. Il fruttosio commerciale si ottiene chimicamente convertendo il glucosio presente nell’amido di mais. Il mais (o granoturco) è un cereale originario dell'America centrale; già ai tempi dei Maya e degli Atzechi costituiva l'alimento base delle popolazioni indigene. Il mais è molto ricco di carboidrati, me è carente di due amminoacidi essenziali (lisina , triptofano ) la niacina in esso contenuta viene assorbita solo in piccola parte. In Italia, specie nelle zone rurali, quest'ultimo aspetto è stato causa della pellagra, una malattia che provoca alterazioni della cute e delle mucose, disturbi digestivi e nervosi che possono diventare molto gravi con il passare degli anni. L'abbondante contenuto in amidi rende il mais inadatto alla panificazione. Dal germe si ottiene l’olio di mais, ricco di acidi grassi essenziali, e ottimo per condire gli alimenti, ma da evitare assolutamente per la cottura degli stessi. Dal mais (mediante isomerizzazione), si ottiene un denso sciroppo (55-60% di fruttosio ), noto anche come HFCS (High Fructose Corn Syrup). La presenza del fruttosio prolunga i tempi di conservazione ed impedisce la cristallizzazione (aspetto particolarmente utile nelle bevande zuccherate). Lo sciroppo di mais è utilizzato in caramelle, bibite, dolci, succhi di frutta, cereali per la prima colazione, alimenti dietetici, barrette dietetiche. Il suo utilizzo nell'industria dolciaria è fondamentale per il costo contenuto e le sue caratteristiche utili alle esigenze aziendali. Se ingerito da solo il fruttosio giunge inalterato fino all‘intestino tenue dove viene assorbito e veicolato verso il fegato. Il fegato ha il compito di trasformare il fruttosio in glucosio che, per via della lentezza con la quale viene prodotto, è riversato in circolo lentamente. Se assunto in eccesso può superare la massima capacità di assorbimento andando in contro ad una rapida fermentazione che causa flatulenza e dolori intestinali. Se presente in eccesso, il fruttosio viene convertito in acido lattico o in trigliceridi che verranno poi immessi nel sangue o depositati nel fegato (steatosi epatica). Assunzione massima consigliata compresa tra i 40 e i 50 gr. al giorno Stevia rebaudiana La Stevia rebaudiana è una pianta erbaceo-arbustiva perenne, di piccole dimensioni, nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile. Viene coltivata estesamente e consumata in Thailandia, Israele e Cina, ed in genere in tutta l'America meridionale, dove è usata da secoli come dolcificante ma soprattutto come pianta medicinale. In Brasile è utilizzata come rimedio della medicina popolare per il diabete. La Stevia è conosciuta da molti popoli dell'area geografica sudamericana da diversi millenni, oltre che per il potere dolcificante delle sue foglie, anche per le proprietà medicinali, ed è usata ancora oggi. Viene usata come dolcificante, in quanto è molto più dolce del comune saccarosio. I principi attivi sono lo stevioside (nelle foglie) ed il rebaudioside A (in tutta la pianta). Ha un potere dolcificante (ad effetto della miscela dei due componenti dolcificanti) da 150 a 250 volte il comune zucchero. I principi attivi non hanno alcun potere nutrizionale (zero calorie), e sono relativamente stabili nel tempo ed alle alte temperature, per cui conservano perfettamente le loro caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde, diversamente da altri dolcificanti di sintesi come l‘aspartame, che subisce degradazione. N.B. In Giappone La Coca Cola la usa come dolcificante per la Coca Cola Light (Diet Coke) In Argentina (2013) la Coca Cola ha annunciato la produzione di un nuovo prodotto Coca Cola Life che utilizza la Stevia come dolcificante. L'uso della Stevia nei prodotti alimentari è stato in passato limitato in Europa e USA considerando genotossici alcuni suoi componenti (lo steviolo e lo stevioside alle dosi testate ). N.B. Lo steviolo è un mutageno riconosciuto. Secondo alcune ricerche, nelle popolazioni che fanno uso di foglie di stevia e derivati, tra cui il Giappone , non esisterebbe una marcata evidenza statistica di tumori riconducibili allo steviolo. Lo studio dell'università di Berkeley in vivo confermerebbe tali statistiche. Alcuni studi recenti dimostrerebbero come lo stevioside e lo steviolo possano essere responsabile di alcuni tipi di tumore e di infertilità maschile. In seguito a ciò la Food and Drug Administration (FDA) ne ammise l'uso solo come integratore dietetico, ma non come ingrediente o additivo alimentare. Esaminando i dati provenienti dai Paesi che ne fanno uso corrente, anche da molto tempo, la FAO e l’OMS hanno potuto stabilire una "dose massima giornaliera" di steviolo pari a 2 mg/kg peso corporeo. A luglio 2012 è stata autorizzata la produzione e la vendita di stevia nell'Unione Europea come dolcificante alimentare. I dolcificanti non soddisfano la fame di zuccheri I dolcificanti sono privi di contenuto calorico ma non riescono ad ingannare il nostro cervello che reagisce inducendo un insopprimibile bisogno di zuccheri Chi consuma dolcificanti artificiali tende a compensare cercando alimenti energetici Che diano quel senso di ricompensa e di soddisfazione procurato dagli zuccheri il cervello reagisce creando la sensazione di una «fame» di zuccheri dopo l’ingestione di dolcificanti privi di contenuto calorico, per cui esige alimenti che hanno una forte carica di zuccheri. E’ una specie di circolo vizioso, che sembra senza soluzione. La conclusione dello studio suggerisce di produrre alimenti e bevande che contengano sia dolcificanti, sia una modesta dose di zuccheri, in modo da evitare la caduta del metabolismo energetico. Troppi zuccheri e calorie gratuite nei soft drink Si tratta di bevande (cola, aranciata, chinotto e bevande gassate, ma anche succhi di frutta, tè e tisane aromatizzate, energy drink) che non dissetano più dell’acqua, ma che apportano un’elevata quantità di zuccheri e di calorie, con uno scarso o nullo apporto di altri elementi nutritivi, come fibre, vitamine, sali minerali, proteine o amidi. Sono insomma calorie quasi “gratuite” che spesso tendiamo a sottovalutare. Per cui un consumo esagerato di zuccheri (INRAN : Istituto nazionale di ricerca sugli alimenti e la nutrizione) può portare a un regime dietetico squilibrato così da facilitare l’eventuale comparsa di malattie come obesità, diabete e malattie cardiovascolari. Tanto per fare un esempio, una lattina di aranciata o di cola (da 330 ml) contiene 33-35 grammi di zuccheri, più o meno come 7 zollette di zucchero, 15 caramelle dure o una ventina di biscotti secchi. La stessa lattina apporta 125-129 kcal, ha più o meno le stesse calorie di una merendina alla marmellata da 35 grammi, ma contiene il doppio degli zuccheri. I succhi di frutta, sottolineano i ricercatori Inran, anche se riportano la dicitura “senza zuccheri aggiunti” contengono comunque saccarosio, fruttosio e glucosio (zuccheri naturali della frutta) e forniscono circa 70 kcal per bicchiere (200cc). Da citare uno slogan diffuso in varie città americane in occasione di una campagna per contenere i consumi dei soft drink: «Non mangereste mai 22 zollette di zucchero in un giorno. Perché volete berle?» Va infine ricordato che secondo il decalogo anti-obesità stilato dalla Società Italiana di Pediatria, dalla Società di Pediatria Preventiva e Sociale in collaborazione con il Ministero della Salute, prima dei 6 anni d’età è meglio evitare tè istantaneo, tè deteinato, tisane, succhi di frutta, soft drink, acqua zuccherata. Una dieta dolce mette a rischio il colon In Italia sono stati superati i 29 kg l’anno procapite C’è un nesso possibile, ancora da provare fra un uso eccessivo di zuccheri semplici e tumori Da un’indagine dell’università di Edimburgo su 4.800 persone il rischio di sviluppare un cancro colorettale è risultato legato, oltre alla familiarità, all’introito calorico e al consumo di diversi alimenti, fra cui snack calorici, succhi di frutta, bevande zuccherate. C’è ancora tanto da capire, ma è ragionevole pensare che la loro influenza sia associata ad altri importanti fattori di rischio, come il peso e i meccanismi ormonali. Dato il peso che cibi e bevande dolci hanno nella dieta dei paesi occidentali, la questione è di non poco rilievo, hanno sottolineato gli autori sulle pagine dello European Journal of Cancer Prevention. Meccanismo: Il glucosio in eccesso deve essere rapidamente catturato dalle cellule, e per questo il pancreas è costretto a immettere in circolo, e in poco tempo, una quantità massiccia di insulina. L’iperproduzione di insulina, a sua volta, porta ad una produzione di ormoni sessuali in eccesso, che, soprattutto dopo la menopausa e in una donna in sovrappeso, è un noto fattore di rischio ad esempio per il tumore al seno. Il consumo di zucchero raffinato e altri carboidrati semplici può essere coinvolto anche in processi infiammatori, a loro volta legati alla genesi di un tumore intestinale. Ce lo suggeriscono alcuni studi su malattie come il morbo di Chron e la rettocolite ulcerosa in popolazioni la cui dieta comprende quantità di zuccheri semplici vicine allo zero.