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Gli atti tributari anteriori alla dichiarazione di fallimento sono

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Gli atti tributari anteriori alla dichiarazione di fallimento sono
Giurisprudenza
Legittimità
Procedure concorsuali
Gli atti tributari anteriori
alla dichiarazione di fallimento
sono opponibili alla curatela
Cassazione, Sez. trib., Sent. 9 febbraio 2010 (1° ottobre 2009), n. 2803 - Pres. Prestipino - Rel. Campanile
Procedure concorsuali - Fallimento - Dichiarazione - Perdita della legittimazione sostanziale e
processuale del titolare dell’impresa - Atti del procedimento tributario formati anteriormente alla
dichiarazione - Intestazione all’impresa - Ammissibilità - Atti del procedimento tributario formati
successivamente alla dichiarazione - Indicazione del curatore quale legale rappresentante - Necessità
La dichiarazione di fallimento non comporta il venir meno dell’impresa, ma solo la perdita
della legittimazione sostanziale e processuale da parte del suo titolare, nella cui posizione subentra il curatore fallimentare: pertanto gli atti del procedimento tributario formati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del contribuente, ancorché intestati a quest’ultimo, sono opponibili alla curatela, mentre quelli formati in epoca successiva debbono indicare, quale destinataria, l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale, e, quale legale
rappresentante della stessa, il curatore.
Rilevato in fatto
1.1. La Commissione tributaria provinciale di Frosinone accoglieva il ricorso presentato da G.G. avverso quattro avvisi di mora, relativi agli anni
1989 e 1990, a lei notificati quale «coniuge responsabile» di P.D., già dichiarato fallito. Veniva
rilevato che gli avvisi di accertamento erano stati
notificati a quest’ultimo, e non al curatore fallimentare, ragion per cui si sarebbe determinata
un’invalidità tale da travolgere tutti gli atti consequenziali.
Proponeva appello l’Ufficio locale dell’Agenzia
delle entrate, sostenendo l’inammissibilità del ricorso sia per tardività, sia, in ogni caso, per essere
stati gli avvisi di mora preceduti dalla notifica, al
curatore fallimentare, della cartella esattoriale, che
non era stata impugnata. La Commissione tributaria regionale, con la decisione meglio indicata in
epigrafe, rigettava l’appello, ritenendo che il ricorso fosse stato tempestivamente notificato al con-
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cessionario del servizio di riscossione, ed affermando, nel merito, che, dovendo gli avvisi di accertamento essere notificati al curatore fallimentare, tale omissione aveva determinato «l’illegittimità di tutti gli atti ad essi consequenziali, comprese le cartelle di pagamento nonché gli avvisi di
mora impugnati».
1.2. Hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia
delle entrate. Con unico e complesso motivo è stata dedotta violazione degli artt. 21, 19, 10 e 18 del
D.Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, nn. 3
e 4, c.p.c.
L’intimata non si è costituita.
1.3. Avviata la procedura prevista dall’art. 375
c.p.c., nel testo anteriore alla novella introdotta
con il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il Procuratore
generale presso questa Corte, rilevata la manifesta
fondatezza del ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento.
Legittimità
È stata quindi fissata, per la trattazione, l’odierna
udienza camerale.
Considerato in diritto
2.1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze,
che non è stato parte del giudizio d’appello, instaurato dalla sola Agenzia delle entrate, nella sua
articolazione periferica, dopo la data del 1° gennaio 2001, con implicita estromissione dell’Ufficio periferico del Ministero (Cass., SS.UU., n.
3166/2006). Non si provvede - in parte qua - in
merito alle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
2.2. Il ricorso dell’Agenzia delle entrate è fondato,
per quanto di ragione.
2.3. Non può, invero, condividersi, quanto al primo profilo, il rilievo fondato sulla tardività della
notifica del ricorso introduttivo all’Ufficio, risultando dalla decisione impugnata che esso era stato
tempestivamente notificato al concessionario, e
successivamente, nel corso del giudizio di primo
grado, all’Ufficio. Deve, in proposito, applicarsi il
principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa
Corte, secondo cui l’azione del contribuente rivolta a far valere l’illegittimità dell’avviso di mora
non preceduto dalla notificazione della prodromica cartella di pagamento può essere svolta indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del
concessionario della riscossione, senza che tra costoro si realizzi un’ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore (Cass., SS.UU., 25
luglio 2007, n. 16412).
2.4. Passando alla seconda censura mossa alla decisione impugnata, va osservato che la tesi secondo cui il vizio derivante dalla notifica dell’accertamento, in quanto effettuata nei confronti del fallito
e non del curatore, travolgerebbe gli atti consequenziali, compresa la cartella esattoriale e gli avvisi di mora, non può essere condivisa. Deve peraltro rilevarsi, ancorché la questione non sia stata
dedotta, che, secondo l’orientamento di questa
Corte, condiviso dal Collegio, l’omessa notifica
dell’accertamento fiscale al curatore, se rende
inefficace tale accertamento nell’ambito della procedura fallimentare, mantiene la sua validità nei
confronti del fallito, proprio a causa del carattere
Giurisprudenza
relativo della perdita di capacita processuale di
quest’ultimo che, nella fattispecie, resta dotato di
legittimazione processuale (Cass. n. 1634/2008;
Cass. n. 27263/2006; Cass. n. 9951/2003).
In ogni caso la tesi della deducibilità illimitata del
vizio di notifica dell’avviso di accertamento, come
affermata nella decisione impugnata, confligge
con il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, se nel rapporto fra le stesse parti,
una questione deducibile (nella specie, il preteso
vizio dell’accertamento) non è dedotta dal contribuente con ricorso tempestivo, l’atto impositivo
diviene definitivo e l’atto di riscossione resta impugnabile solo per vizio suo proprio (cfr. Cass. n.
6029/2002; Cass. n. 243/2004; Cass. n.
2321/2005).
Nel caso in esame la Commissione tributaria ha
omesso di rilevare la preclusione inerente alla deduzione dei vizi di notifica dell’avviso di accertamento, derivante dall’omessa impugnazione della
cartella esattoriale, validamente notificata al solo
curatore fallimentare. Sotto quest’ultimo profilo
mette conto di ricordare come il fallito non può
eccepire alcuna decadenza sotto il profilo della
mancata notifica personale della cartella, posto
che deve confermarsi il consolidato orientamento
secondo cui «la dichiarazione di fallimento non
comporta il venir meno dell’impresa, ma solo la
perdita della legittimazione sostanziale e processuale da parte del suo titolare, nella cui posizione
subentra il curatore fallimentare: pertanto gli atti
del procedimento tributario formati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del contribuente, ancorché intestati a quest’ultimo, sono opponibili alla curatela, mentre quelli, formati in
epoca successiva debbono indicare quale destinataria l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale, e quale legale rappresentante della stessa il
curatore» (Cass. n. 12893/2007; n. 6032/1993;
Cass. n. 14144/2009).
2.5. La fondatezza del ricorso, relativamente al
profilo evidenziato, comporta la cassazione dell’impugnata decisione.
Ricorrono, peraltro, i presupposti per decidere la
causa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo
comma, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Dalla stessa decisione impugnata emerge, infatti, che gli avvisi di mora non
erano stati impugnati per vizi propri, ma solo perché l’avviso di accertamento non era stato notifiGT
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Legittimità
cato al curatore, il quale, peraltro, aveva ricevuto
regolare notifica della cartella.
Trattasi di dati fattuali, insuscettibili di altre acquisizioni, in considerazione dei quali, nonché dei
principi sopra evidenziati, emerge chiaramente
l’infondatezza dei ricorsi introduttivi, che, pertanto, vanno rigettati.
2.6. Ricorrono giusti motivi, attesa la complessità
della vicenda, per l’integrale compensazione fra le
parti delle spese relative all’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze. Accoglie il
ricorso dell’Agenzia delle entrate. Cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta i
ricorsi introduttivi. Compensa integralmente fra le
parti le spese dell’intero giudizio.
Validità dell’avviso di mora notificato al fallito
preceduto da cartella esattoriale
non impugnata dal curatore fallimentare
di Silvia A. Zenati
È legittimo l’avviso di mora notificato direttamente al contribuente fallito. L’omessa notifica
dell’accertamento fiscale al curatore, se rende
inefficace tale accertamento nell’ambito della
procedura fallimentare, mantiene la sua validità
nei confronti del fallito, a causa del carattere
relativo della perdita di capacità processuale di
quest’ultimo che resta dotato di legittimazione
processuale. I vizi dell’atto di accertamento
dell’imposta non fatti valere dal contribuente
con tempestivo ricorso rendono definitivo
l’atto impositivo e pertanto non si trasmettono agli atti successivamente adottati, che restano impugnabili per vizi propri. Ciò anche se,
come nella fattispecie in esame, la cartella di
pagamento sia stata notificata al curatore fallimentare, e dallo stesso non impugnata, mentre
gli avvisi di mora siano stati notificati al fallito,
che li ha impugnati.
Nella sentenza in commento, la Corte di cassazione ritorna sulla problematica della perdita, o meno, della capacità processuale del fallito in costanza di procedura fallimentare, per riaffermare il
principio secondo il quale «la dichiarazione di fallimento non comporta il venir meno dell’impresa,
ma solo la perdita (relativa - n.d.A.) della legitti-
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mazione sostanziale e processuale da parte del suo
titolare, nella cui posizione subentra il curatore
fallimentare» (1).
Il fatto
Il coniuge di un soggetto dichiarato fallito aveva
ricevuto la notifica di quattro avvisi di mora, non
preceduti da alcun atto impositivo: le cartelle esattoriali, infatti, erano state notificate al curatore fallimentare, che non le aveva formalmente contestate.
Con ricorso all’organo di giurisdizione tributaria
veniva quindi eccepita l’illegittimità degli avvisi
di mora che erano stati notificati al soggetto fallito, e non al curatore fallimentare, cosicché l’invalidità avrebbe determinato l’illegittimità di tutti gli
atti ad essi consequenziali, comprese le cartelle di
pagamento nonché gli avvisi di mora impugnati.
La tesi esposta risultava vittoriosa nei primi due
gradi di giudizio, e quindi l’Agenzia delle entrate
proponeva ricorso per cassazione.
Silvia A. Zenati - Dottore commercialista, Revisore contabile e Avvocato in Verona - Ricercatore id. Diritto pubblico e Diritto amministrativo
Nota:
(1) Cass., Sez. trib., 1° giugno 2007, n. 12893, in Banca Dati BIG,
IPSOA.
Legittimità
La Suprema Corte adita evidenziava che gli avvisi
di mora non erano stati impugnati per vizi loro
propri, ma solo sotto il profilo della mancata notifica al curatore fallimentare del precedente atto di
accertamento.
Il curatore, infatti, aveva ricevuto la notifica della
sola cartella esattoriale, nei confronti della quale
era rimasto inerte.
Tale inerzia aveva determinato l’impossibilità di
successivamente dedurre i vizi di notifica, essendosi determinata una preclusione, derivante dalla
omessa impugnazione della cartella esattoriale,
che era stata notificata al solo curatore.
Il fallito, che aveva subito tale comportamento di
inerzia difensiva da parte del curatore fallimentare, non poteva quindi dedurre alcunché in relazione alla validità della pretesa sostanziale, limitandosi la sua impugnativa alla contestazione dei vizi
propri dell’atto impugnato.
Ciò, afferma la Cassazione, in quanto a seguito
della dichiarazione di fallimento il fallito non perde la titolarità del rapporto tributario, bensì unicamente la legittimazione sostanziale e processuale,
che passa, ai sensi dell’art. 43 della legge fallimentare, al curatore fallimentare (2).
In realtà in altro passaggio della sentenza in commento la Cassazione afferma il carattere relativo
della perdita della capacità processuale del fallito,
che resta dotato di legittimazione processuale, citando a supporto altrettanti precedenti della giurisprudenza di legittimità (3).
In questo confuso quadro di riferimento la sentenza afferma l’infondatezza dei ricorsi introduttivi in
quanto non impugnati per vizi propri, ma solo per
il vizio di omessa notifica del precedente atto impositivo: in tale caso, infatti, si verifica la preclusione inerente a deduzione dei vizi di notifica,
stante la validità della notifica effettuata al solo
curatore fallimentare.
Sembra di capire che la situazione processuale del
contribuente assoggettato a procedura fallimentare
venga vista dalla Cassazione in maniera unitaria,
con due soggetti, il fallito e il curatore fallimentare, che lavorano insieme, per la migliore riuscita
della procedura, scambiandosi quotidiane o comunque periodiche informazioni sull’andamento
della procedura, sugli atti impositivi ricevuti, e assumendo comune determinazione sugli atti da impugnare, o meno.
Quanto tale ricostruzione sia puramente teorica ed
Giurisprudenza
accademica è dimostrato dalla concreta operatività
delle procedure fallimentari, nelle quali il fallito è
il più delle volte irreperibile e in ogni caso non
collabora in maniera fattiva all’andamento della liquidazione concorsuale.
La legittimazione processuale
del curatore fallimentare
La legittimazione del fallito ad impugnare autonomamente gli avvisi di accertamento, in caso di
inerzia del curatore, coinvolge l’individuazione
della portata dell’art. 43 della legge fallimentare,
dal quale sembrerebbe evincersi una legittimazione esclusiva del curatore fallimentare nelle
controversie patrimoniali relative a rapporti di
diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento.
Tale norma, che testualmente sembra escludere
qualsiasi legittimazione del fallito (4), in realtà
contribuisce a delineare una graduazione nella legittimazione a provvedere alla tutela giurisdizionale dei diritti e dei rapporti di cui rimane titolare
il fallito.
Si va da una legittimazione di tipo assoluto, per i
rapporti concernenti le questioni dalle quali può
derivare un’imputazione di bancarotta a suo carico, come stabilito dal secondo comma dell’art. 43
della legge fallimentare, nonché per quelli relativi
ai rapporti ed ai beni non compresi nel fallimento
di cui all’art. 46 della legge fallimentare, ad una di
tipo concorrente, in cui la legittimazione del fallito
concorre con quella dell’Ufficio fallimentare, per
tutti quei rapporti dei quali il curatore fallimentare
si sia disinteressato (5).
A questa conclusione sono pervenute la giurispru-
Note:
(2) Cass. n. 12893/2007, cit.; Id., Sez. I. civ., 17 giugno 1998, n.
6032, in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., Sez. trib., 18 giugno 2009, n.
14144, ivi.
(3) Cass., Sez. trib., 25 gennaio 2008, n. 1634, in Banca Dati BIG,
IPSOA; Id., 20 dicembre 2006, n. 27263, ivi; Id., 23 giugno 2003, n.
9951, ivi.
(4) Art. 43 della legge fallimentare: «Nelle controversie, anche in
corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento, sta in giudizio il curatore. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere
un’imputazione di bancarotta a suo carico, o se l’intervento è
previsto dalla legge».
(5) M. Vanni, «La capacità processuale del fallito in materia tributaria», in il fisco, 1994, pag. 10501.
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Giurisprudenza
Legittimità
denza prevalente (6) e la dottrina (7) sulla scorta
di considerazioni inerenti al diritto di difesa e alla
diversa valutazione che curatore e fallito possono
compiere in merito alla convenienza, o meno, di
impugnare l’atto (8).
Come è stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità (9), il contribuente non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario: ciò
comporta in primo luogo che l’atto di accertamento deve essere notificato al contribuente fallito, e
secondariamente che, se il fallito non impugna nei
termini l’atto di accertamento a lui notificato, resta
esposto alle conseguenze sanzionatorie della mancata impugnazione (10).
L’avviso, che faccia riferimento a crediti anteriori
al fallimento, deve comunque essere notificato al
curatore, in quanto detti crediti partecipano al concorso fallimentare, e sono idonei ad incidere sulla
gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento.
Pertanto, come ha chiarito la giurisprudenza di legittimità (11), gli atti del procedimento tributario
formati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del contribuente, ancorché intestati a quest’ultimo, sono opponibili alla curatela, mentre
quelli formati in epoca successiva devono indicare
quale destinataria l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale, e, quale legale rappresentante
della stessa, il curatore.
La legittimazione straordinaria del fallito
Il fondamento giuridico della legittimazione
straordinaria del fallito nasce dal combinato disposto degli artt. 43 della legge fallimentare e 16 del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (12), in conformità
ai principi costituzionalmente garantiti del diritto
alla difesa (art. 24 Cost.) (13).
D’altra parte è principio assodato in dottrina e giurisprudenza che la sentenza dichiarativa di fallimento non priva il fallito della titolarità del suo
patrimonio, bensì ne limita unicamente il potere di
disposizione: infatti dalla data della sentenza di
fallimento il fallito è privato dell’amministrazione
e della disponibilità dei suoi beni, ma conserva la
capacità di agire per contestare la fondatezza di
eventuali pretese tributarie.
Come è stato osservato, nella fase concorsuale coesistono due soggetti obbligati in relazione alla medesima fattispecie: da un lato, il soggetto fallito, ti-
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Rivista di giurisprudenza tributaria 8/2010
tolare del patrimonio e del reddito prodotto, dotato
di capacità contributiva e di soggettività passiva
del tributo (14), ma privato della disponibilità del
patrimonio stesso e delle scritture contabili; dall’altro, il curatore fallimentare, organo di gestione
liquidatoria del patrimonio del fallito, estraneo al
rapporto tributario in quanto non sostituisce né rappresenta il soggetto fallito, al quale, essendo attribuita la funzione giudiziale di verificare la situazione dell’impresa, in base ai documenti contabili
depositati presso il Tribunale, vengono anche attribuite incombenze di carattere fiscale per consentire
all’Amministrazione finanziaria di verificare i presupposti per l’applicazione dei tributi gravanti sulla procedura concorsuale (15).
La conoscibilità dell’atto impositivo
precedente non notificato e il diritto di difesa
In una fattispecie per certi versi analoga, oggetto
della sentenza 26 settembre 2003, n. 14301 (16),
Note:
(6) Cass., Sez. II civ., 5 novembre 1990, n. 10612, in Il fallimento,
1991, pag. 661; Id., Sez. I civ., 14 aprile 1983, n. 2599, ivi, 1983, pag.
1351; Id., 7 dicembre 1990, n. 11727, ivi, 1991, pag. 568. Contra Id.,
21 ottobre 1983, n. 6186, ivi, 1984, pag. 462; Comm. trib. centr.,
dec. 16 gennaio 1995, n. 151, in C.T. n. 25/1995, pag. 1776.
(7) A. Pozzo, «Capacità processuale del fallito e decorrenza del
termine per impugnare l’accertamento notificato al curatore», in
Giur. trib., 1996, pag. 74; F. Brighenti, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore fallimentare, Torino, 1998, pag. 287.
(8) Per il riconoscimento di un interesse proprio del fallito alla
difesa, cfr. Comm. trib. I gr. di Reggio Emilia, Sez.VII, dec. 14 aprile
1995, n. 68, in Banca Dati BIG, IPSOA.
(9) Cass., Sez. trib., 22 marzo 2006, n. 6393, in questa Rivista n.
6/2006, pag. 498, con commento di S. Zenati, «Il fallito conserva
la legittimazione ad impugnare gli avvisi di accertamento».
(10) Cfr. Cass., Sez. I civ., 28 aprile 1997, n. 3667, in Banca Dati
BIG, IPSOA, Id., Sez. trib., 20 novembre 2000, n. 14987, ivi, Id., 14
maggio 2002, n. 6937, ivi.
(11) Cfr. Cass. n. 12893/2007, cit.; n. 6032/1998, cit.; n.
14144/2009, cit.
(12) Ora art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
(13) Sul punto cfr. Cass. n. 3667/1997, cit., n. 14987/2000, cit., n.
6937/2002, cit.
(14) In senso conforme cfr. M. Miccinesi, L’imposizione sui redditi
nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, Milano, 1990, pag.
59; E. Potito, «Questioni controverse sulla tassazione del reddito
delle procedure concorsuali» in Problemi attuali delle procedure
concorsuali, Milano, 1981, pag. 286; M.A. Galeotti Flori, Il possesso
del reddito nell’ordinamento dei tributi diretti, aspetti particolari, Padova, 1983, pag. 138.
(15) Sul punto cfr. amplius S. Zenati - L. Mandrioli, I tributi nel fallimento, Milano, 2000.
(16) In C.T. n. 48/2003, pag. 4007, con commento di S. Zenati «La
notificazione dell’avviso di accertamento al contribuente fallito».
Legittimità
la Corte di cassazione aveva già affrontato il problema dell’adeguatezza della notifica al fallito di
un avviso di accertamento che facesse rinvio come
parte integrante della propria motivazione ad un
processo verbale di constatazione non allegato all’avviso stesso, a cui il destinatario della notifica
fosse rimasto estraneo.
Nel caso la ricorrente Amministrazione finanziaria
non aveva contestato la circostanza che al processo verbale di constatazione fosse presente il solo
curatore fallimentare, che tale processo non fosse
mai stato comunicato né notificato al fallito, che il
processo stesso fosse la sola motivazione dell’atto,
che tale documento fosse stato depositato in giudizio dall’Amministrazione solo in allegato all’atto
di appello: era chiaro che la conoscenza o conoscibilità (17) di tale processo verbale fossero indispensabili per cogliere il contenuto dell’accertamento stesso, e che quindi l’indisponibilità dello
stesso in capo al contribuente fallito, una volta accertato in proprio, ne avesse seriamente compromesso il diritto di difesa.
In effetti la mancata conoscenza del processo verbale, che era alla base dell’accertamento, non aveva consentito al contribuente fallito di conoscere
nei suoi esatti termini la pretesa tributaria che veniva azionata nei suoi confronti e, quindi, di esercitare effettivamente la tutela giurisdizionale dei
suoi diritti patrimoniali.
Il vizio della mancata notifica del processo verbale
prima dell’avviso di accertamento rendeva l’avviso stesso inidoneo a costituire titolo per fare valere
il credito erariale nei confronti del fallito rientrato
in bonis, mentre restava impregiudicata la pretesa
nei confronti della curatela fallimentare, rimasta
inerte.
Come precisato nella citata sentenza n.
14301/2003, peraltro, l’opposizione all’atto prestata dal fallito non valeva a rimettere in termini il
curatore che, pur avendo ricevuto la notificazione
dell’avviso di accertamento, avesse tralasciato di
attivarsi con la proposizione dell’opposizione nei
termini di legge (18).
In sostanza già nella citata sentenza veniva adombrato lo scenario nel quale si muove la legittimazione processuale in sede fallimentare, con un sistema di preclusioni e decadenze che vale indipendentemente dal soggetto, fallito o curatore fallimentare, nei confronti del quale venga effettuata la
notifica dell’atto.
Giurisprudenza
L’impugnabilità dell’avviso di mora
per vizi propri dell’atto
Nella sentenza oggetto del presente commento la
Suprema Corte, nel contestare la deducibilità sine
die del vizio di notifica dell’atto impugnato, riafferma il principio (19) secondo il quale, qualora
una questione deducibile non sia dedotta dal contribuente con ricorso nei termini, l’atto impositivo
diviene definitivo e l’atto accertatore resta impugnabile solo per vizio suo proprio.
Infatti, l’avviso di mora è l’atto della procedura di
riscossione emesso dal concessionario della riscossione dopo che la relativa cartella di pagamento non sia stata pagata: l’impugnazione dell’avviso
di mora può avvenire soltanto per vizi propri, se è
stato preceduto dalla cartella di pagamento. Al
contrario, il ricorso potrà investire anche il contenuto sostanziale del rapporto giuridico che sta a
monte, quando esso costituisce il primo atto della
pretesa tributaria nei suoi confronti (20).
Nell’ipotesi residuale, in cui l’avviso di mora non
sia stato preceduto dalla notifica del ruolo e costituisca un errore del concessionario, esso risulta
privo di effetto, ed il ricorso, che non è soggetto a
termini di decadenza, è proponibile contro l’Ufficio (21).
Tale però non era la fattispecie posta all’attenzione
della Suprema Corte nella sentenza in commento,
Note:
(17) Sul punto esiste un orientamento della Suprema Corte,
emesso prima dell’entrata in vigore della modifica dell’art. 42, secondo comma, del D.P.R. n. 600/1973, introdotta dall’art. 1 del
D.Lgs. n. 32/2001, volto a ritenere legittimamente motivato, anche
per relationem, un avviso di accertamento facente rinvio ad un
rapporto di polizia tributaria, in quanto tale rapporto sia conosciuto o conoscibile dal contribuente (Cass., Sez. trib., 28 gennaio
2002, n. 1034, in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., 22 maggio 2002, n.
7487, ivi; Id., 24 luglio 2002, n. 10817, ivi; Id., 22 agosto 2002, n.
12394, ivi); qualora i verbali di ispezione e di verifica riguardino
un soggetto diverso, è invece necessaria la prova, da fornirsi anche tramite presunzioni, dell’effettiva conoscenza dei documenti
da parte del contribuente (Id., 25 maggio 2001, n. 7149, in Banca
Dati BIG, IPSOA; Id., 24 luglio 2002, n. 10817, cit.).
(18) Cass. n. 3667/1997, cit.
(19) Più volte affermato dalla Cassazione; cfr. Cass., Sez. trib., 24
aprile 2002, n. 6029, in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., 12 gennaio
2004, n. 243, in questa Rivista n. 6/2004, pag. 542, con commento
di M. Basilavecchia, «Mancata notifica dell’atto impositivo e impugnazione degli atti consequenziali»; Id., 4 febbraio 2005, n. 2321,
in Banca Dati BIG, IPSOA.
(20) O. Drigani - R. Lunelli, Guida al nuovo processo tributario, Milano, 1996, pag.116.
(21) T. Baglione - S. Menchini - M. Miccinesi, Il nuovo processo tributario, Milano, 1997, pag. 188.
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Rivista di giurisprudenza tributaria 8/2010
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Giurisprudenza
Legittimità
essendo l’avviso di mora stato notificato al fallito,
mentre la cartella di pagamento era stata notificata
al curatore fallimentare: quindi in tale fattispecie
l’avviso di mora, essendo stato preceduto dalla
cartella di pagamento, poteva essere impugnato
solo per vizi propri, a nulla rilevando la diversità
dei soggetti ai quali nello specifico i singoli atti
erano stati notificati.
Come già chiarito in altra sentenza di legittimità
(22), in tema di processo tributario, sia per l’art.
16 del D.P.R. n. 636/1972, sia per l’art. 19 del
D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, i vizi dell’atto di
accertamento dell’imposta non fatti valere dal contribuente con tempestivo ricorso rendono definitivo l’atto impositivo e pertanto non si trasmettono
agli atti successivamente adottati, che restano impugnabili solo per vizi propri.
La preclusione dalla deduzione di vizi dell’atto
propedeutico all’atto impugnato, unita all’impugnazione degli avvisi di mora non per vizi propri
degli atti stessi, hanno determinato la declaratoria
di infondatezza dei ricorsi da parte della Cassazio-
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GT
Rivista di giurisprudenza tributaria 8/2010
ne in sede di giudizio di merito ai sensi dell’art.
384, secondo comma, c.p.c.
Il verificarsi della decadenza in capo al fallito dal
potere di contestare la validità della cartella, ritualmente notificata al curatore fallimentare, discende dal principio per cui l’impresa non viene
meno a seguito dell’apertura della procedura fallimentare, ma nel periodo conservano la legittimazione processuale, a diverso titolo, sia il fallito, sia
il curatore fallimentare.
Pertanto, gli atti del procedimento tributario formati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, ancorché intestati al contribuente fallito,
sono opponibili alla curatela, mentre quelli formati
in epoca successiva devono indicare quale destinataria l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale e, quale legale rappresentante della stessa, il
curatore.
Nota:
(22) Cass. n. 6029/2002, cit.
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