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ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DELLA CIRCOSCRIZIONE DEL TRIBUNALE DI BERGAMO MINIMASTER DI DIRITTO FALLIMENTARE ADEMIPIMENTI INIZIALI E ACCERTAMENTO DELLO STATO PASSIVO dott. Massimo Gaballo 21 novembre 2011 1 1. ADEMPIMENTI INIZIALI DEL CURATORE. Art. 29 Accettazione del curatore I. Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, far pervenire al giudice delegato la propria accettazione. II.. Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore Art. 84 Dei sigilli I. Dichiarato il fallimento, il curatore procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, all’apposizione dei sigilli sui beni che si trovano nella sede principale dell’impresa e sugli altri beni del debitore. II. Il curatore può richiedere l’assistenza della forza pubblica. III. Se i beni o le cose si trovano in più luoghi e non è agevole l’immediato completamento delle operazioni, l’apposizione dei sigilli può essere delegata a uno o più coadiutori designati dal giudice delegato. IV. Per i beni e le cose sulle quali non è possibile apporre i sigilli si procede a norma dell’articolo 758 del codice di procedura civile. Comma 1. Apposizione dei sigilli nel più breve tempo possibile sui beni che si trovano nella sede principale dell’ impresa e sugli altri beni del debitore (in caso di fallimento personale si deve andare anche in casa) pignorando tutto quello che ha valore tranne i beni non pignorabili ex art. 514 c.p.c. Comma 3. I coadiutori sono quelli previsti dall’ art. 32 comma 2 LF, nominabili, sotto la sua responsabilità, su autorizzazione del comitato dei creditori, del cui compenso si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore. Comma 4. Per i beni e le cose sulle quali non è possibile apporre i sigilli si procede a norma dell’articolo 758 c.p.c., ovvero si descrivono in un processo verbale. Per i beni deteriorabili si chiede al GD l’ autorizzazione alla vendita immediata. 2 Art. 48 Corrispondenza diretta al fallito I. Il fallito persona fisica è tenuto a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento. II. La corrispondenza diretta al fallito che non sia persona fisica è consegnata al curatore. Al fine di rendere effettiva la consegna la curatore della corrispondenza del fallito che non sia persona fisica, quindi relativa all’ impresa, il curatore dovrà nel più breve tempo possibile comunicare il suo recapito all’ ufficio postale competente territorialmente per la sede dell’ impresa fallita. Art. 34 Deposito delle somme riscosse I. Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore. Su proposta del curatore il comitato dei creditori può autorizzare che le somme riscosse vengano in tutto o in parte investite con strumenti diversi dal deposito in conto corrente, purché sia garantita l’integrità del capitale. II. La mancata costituzione del deposito nel termine prescritto è valutata dal tribunale ai fini della revoca del curatore. III. Il prelievo delle somme è eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato. Art. 88 Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore I. Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito. II. Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia trascritto nei pubblici registri. Appare evidente l’ importanza dell’ adempimento del comma 2 per evitare la vendita dei beni immobili o mobili registrati dopo la sentenza dichiarativa di fallimento, della quale il curatore risponderebbe 3 personalmente. Può essere incaricato della trascrizione il perito nominato per la stima. Per garantire la bontà della vendita all’incanto, oltre alla perizia di stima del CT, occorre far redigere la relazione notarile per la proprietà degli ultimi 20 anni. Per i beni mobili registrati (a pena di sanzione erogata dal PRA) la registrazione deve essere effettuata entro 30 gg. dal deposito in cancelleria della sentenza di fallimento (in assenza di contabilità è comunque opportuno richiedere una visura). Se i beni non si rinvengono si può chiedere il sequestro amministrativo alla POLSTRADA, oppure quello penale in sede di denuncia del reato di bancarotta per distrazione. Art. 49 Obblighi del fallito I. L’imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimento, nonché gli amministratori o i liquidatori di società o enti soggetti alla procedura di fallimento sono tenuti a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio. II. Se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura, i soggetti di cui al primo comma devono presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato dei creditori. III. In caso di legittimo impedimento o di altro giustificato motivo, il giudice può autorizzare l’imprenditore o il legale rappresentante della società o enti soggetti alla procedura di fallimento a comparire per mezzo di mandatario. E’ necessario convocare al più presto il fallito per interrogarlo sulle cause e sulle circostanze del fallimento e stendere un verbale dettagliato delle dichiarazioni rilasciate e dei documenti prodotti. In quella sede si deve informare il fallito dell’obbligo di comunicare al Curatore ogni cambiamento di residenza o domicilio. Se il fallito è irreperibile può essere incaricata delle ricerche la forza pubblica, la quale lo avviserà che la mancata comparizione è penalmente sanzionata dall’ art. 220 LF, che punisce l’ inosservanza degli obblighi imposti dall’ art. 49 con la reclusione da sei a diciotto mesi. Se il fallito non compare pur ricevendo le raccomandate di convocazione del curatore, questi deve denunciarlo, in quanto pubblico ufficiale, per il reato di cui all’ art. 220 LF. 4 Art. 40 Nomina del comitato I. Il comitato dei creditori è nominato dal giudice delegato entro trenta giorni dalla sentenza di fallimento sulla base delle risultanze documentali, sentiti il curatore e i creditori che, con la domanda di ammissione al passivo o precedentemente, hanno dato la disponibilità ad assumere l’incarico ovvero hanno segnalato altri nominativi aventi i requisiti previsti. Salvo quanto previsto dall’articolo 37-bis, la composizione del comitato può essere modificata dal giudice delegato in relazione alle variazioni dello stato passivo o per altro giustificato motivo. II. Il comitato è composto di tre o cinque membri scelti tra i creditori, in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed avuto riguardo alla possibilità di soddisfacimento dei crediti stessi. III. Il comitato, entro dieci giorni dalla nomina, provvede, su convocazione del curatore, a nominare a maggioranza il proprio presidente. Per consentire al G.D. di nominare il comitato dei creditori è opportuno che nell’ avviso ex art. 92 LF il curatore chieda a ogni creditore la disponibilità a fare parte del comitato dei creditori. Quindi se raggiunge il numero sufficiente lo segnala al GD per la nomina, altrimenti il comitato viene sostituito dal GD ex art. 41 comma 4 LF, come avviene in ogni caso di urgenza. Il GD nomina il comitato entro 30 giorni dalla sentenza di fallimento (termine ordinatorio). Entro 10 giorni dalla nomina il curatore convoca il comitato dei creditori i quali nominano il presidente a maggioranza. E’ invalsa la prassi, specie nei fallimenti di minore dimensione, di svolgere tutta tale attività via mail. Art. 87 Inventario I. Il curatore, rimossi i sigilli, redige l’inventario nel più breve termine possibile secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se nominato, formando, con l’assistenza del cancelliere, processo verbale delle attività compiute. Possono intervenire i creditori. II. Il curatore, quando occorre, nomina uno stimatore. III. Prima di chiudere l’inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell’inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall’articolo 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione. 5 IV. L’inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale. E’ opportuno chiudere l’inventario nominando un custode a titolo gratuito. Il custode deve espressamente accettare la nomina con ulteriore sottoscrizione in calce al verbale di inventario. E’ opportuno incaricare il CT con mandato scritto: specificare che la determinazione del compenso sarà effettuata con riferimento alle tariffe di cui al D.M. 30 maggio 2002. Art. 38 Responsabilità del curatore I. Il curatore adempie ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Egli deve tenere un registro preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione. Subito dopo la nomina del comitato dei creditori il curatore deve provvedere alla vidimazione del Giornale del fallimento, da parte di almeno un membro del Comitato dei Creditori; in mancanza, da parte del GD. Art. 92 Avviso ai creditori ed agli altri interessati I. Il curatore, esaminate le scritture dell’imprenditore ed altre fonti di informazione, comunica senza indugio ai creditori e ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, a mezzo posta presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore, ovvero a mezzo telefax o posta elettronica: 1) che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria del tribunale, domanda ai sensi dell’articolo seguente; 2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande; 3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda. II. Se il creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suo rappresentante in Italia, se esistente. Vedi infra. 6 Comunicare la sentenza di fallimento anche ai dipendenti ed ai vari uffici potenzialmente interessati: Enel, Telecom, gestori radiomobili, società di gestione gas, acquedotto e Comune (è opportuno altresì in questa sede recedere dalle utenze che non sono utili alla prosecuzione della procedura), Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Equitalia. DPR 633/1972. Entro 30 gg. dalla notifica della sentenza di fallimento comunicare all’ Agenzia delle Entrate la variazione dei dati (modello AA). E’ utile chiedere all’Ufficio il rilascio del codice PIN per l’accesso al servizio di “cassetto fiscale” (consente di recuperare le dichiarazioni dei redditi, i contratti registrati e i modelli di versamento F23 e F24 presentati dal fallito). Art. 33 Relazione al giudice e rapporti riepilogativi I. Il curatore, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sulla responsabilità del fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale. II. Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonché quelli che egli intende impugnare. III. Il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del termine suddetto. IV. Se si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte sulla responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società. V. Il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria, disponendo la secretazione delle parti relative alla responsabilità penale del fallito e di terzi ed alle azioni che il curatore intende proporre qualora possano comportare l’adozione di provvedimenti cautelari, nonché alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera personale del fallito. Copia della relazione, nel suo testo integrale, è trasmessa al pubblico ministero. Art. 104-ter Programma di liquidazione I. Entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre all’approvazione del comitato dei creditori. 7 omissis VI. Prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori. Art. 95 Progetto di stato passivo e udienza di discussione I. Il curatore esamina le domande di cui all’articolo 93 e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni. Il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione. II. Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. I creditori, i titolari di diritti sui beni ed il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte e documenti integrativi fino all’udienza. 2. DEFINIZIONE E AMBITO DI APPLICAZIONE PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO DEL PASSIVO. DEL In tema di accertamento del passivo il legislatore delegante della riforma ha indicato il criterio direttivo di modificare la disciplina dell’ accertamento del passivo, abbreviando i tempi della procedura, semplificando le modalità di presentazione delle relative domande di ammissione e prevedendo che in sede di adunanza per l’ esame dello stato passivo i creditori possano, a maggioranza dei crediti insinuati, confermare o effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori, nonché confermare il curatore ovvero richiederne la sostituzione indicando al giudice delegato un nuovo nominativo. La fase della procedura fallimentare denominata accertamento del passivo ha la funzione di individuare i creditori che hanno diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato della liquidazione dell’attivo. Il procedimento di accertamento ha struttura bifasica, con una prima fase necessaria, davanti al giudice delegato, maggiormente formalizzata rispetto a quella ante riforma, mentre quella successiva ed eventuale davanti al tribunale, di natura impugnatoria, è stata snellita con l’ adozione del rito camerale e l’ eliminazione dell’ appello. L’accertamento del passivo è caratterizzato dal principio di esclusività, desumibile dall’ art. 52 comma 2 LF dove si legge che ogni 8 credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’ art. 111 primo comma n. 1), nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite nel capo V [artt. 92-103 LF], salvo diverse disposizioni della legge. Ne consegue che sono assoggettati a questa procedura non solo tutti i crediti (chirografari e privilegiati) sorti prima del fallimento (siano essi relativi all’attività dell’impresa che di natura personale nell’eventualità che il fallito sia una persona fisica), e quelli prededucibili - sorti quindi durante il fallimento - ma altresì anche tutte le pretese dei terzi, reali ed obbligatorie, dirette a sottrarre un bene, mobile o immobile al patrimonio acquisito all’attivo (rivendica o restituzione), e tutti i creditori, compresi quelli esentati dal divieto di azioni esecutive cautelari e individuali di cui all’art. 51 LF. L’ ipotesi più frequente – di fatto l’ unica prevista da leggi speciali - di creditore esentato dal divieto di azioni esecutive cautelari e individuali di cui all’art. 51 LF è quella del creditore ipotecario che ha erogato un mutuo fondiario. L’ art. 41 comma 2 D.Lgs. 385/93 prevede che l’ azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell’ esecuzione. La somma ricavata dall’ esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento. Il successivo comma 4 prescrive che con il provvedimento che dispone la vendita o l’ assegnazione, il giudice dell’ esecuzione prevede, indicando il termine, che l’ aggiudicatario o l’ assegnatario … versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa. Risulta pertanto risolta dal legislatore della riforma, con l’ espressa previsione dei creditori esentati dal divieto di azioni esecutive individuali la questione, dibattuta nei primi anni dopo l’ entrata in vigore del TUB, se fosse o meno necessario per la banca insinuarsi nello stato passivo dal fallimento al fine di acquisire le somme ricavate dall’ esecuzione individuale. Dopo alcune oscillazioni giurisprudenziali la Corte di Cassazione, già prima delle recenti riforme, con la sentenza della sezione I 17.12.2004 n. 23572 aveva stabilito che l’ art. 41 TUB, nel consentire all'istituto di credito fondiario di iniziare o proseguire l'azione esecutiva nei confronti del debitore dichiarato fallito, configura un privilegio di carattere meramente processuale, che si sostanzia nella possibilità non solo di iniziare o proseguire la procedura 9 esecutiva individuale, ma anche di conseguire l'assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore nei limiti del proprio credito, senza che l'assegnazione e il conseguente pagamento si debbano ritenere indebiti e senza che sia configurabile l'obbligo dell'istituto procedente di rimettere immediatamente e incondizionatamente la somma ricevuta al curatore. Peraltro, poichè si deve escludere che le disposizioni eccezionali sul credito fondiario - concernenti solo la fase di liquidazione dei beni del debitore fallito e non anche quella dell'accertamento del passivo apportino una deroga al principio di esclusività della verifica fallimentare posto dall'art. 52 della legge fallimentare, e non potendosi ritenere che il rispetto di tali regole sia assicurato nell'ambito della procedura individuale dall'intervento del curatore fallimentare, all'assegnazione della somma disposta nell'ambito della procedura individuale deve riconoscersi carattere provvisorio, essendo onere dell'istituto di credito fondiario, per rendere definitiva la provvisoria assegnazione, di insinuarsi al passivo del fallimento, in modo tale da consentire la graduazione dei crediti, cui è finalizzata la procedura concorsuale, e, ove l'insinuazione sia avvenuta, il curatore che pretenda in tutto o in parte la restituzione di quanto l'istituto di credito fondiario ha ricavato dalla procedura esecutiva individuale ha l'onere di dimostrare che la graduazione ha avuto luogo e che il credito dell'istituto è risultato, in tutto o in parte, incapiente. Tuttavia anche dopo la riforma si era posto il problema che la banca continuava a richiedere il versamento diretto del ricavato a parte dell’ aggiudicatario senza essersi previamente insinuata nello stato passivo del fallimento. La più recente giurisprudenza di merito ritiene necessaria la previa insinuazione nello stato passivo, facendo leva sulla necessità di rispettare la regola dell’ esclusività della verifica fallimentare. Ulteriore problema, di natura pratica, era l’ opportunità di non consentire il pagamento diretto alla banca da parte dell’ aggiudicatario dell’ intera somma in caso di incapienza, per l’ eventuale difficoltà di ripetere dalla banca in un secondo momento quanto dovuto al fallimento per le spese generali di procedura proporzionali alla quota di attivo rappresentata dal ricavato dalla vendita dei beni oggetto di mutuo fondiario. Il problema sorge perché solo alla fine della procedura è possibile stabilire l’ importo preciso spettante alla procedura sul ricavato della vendita; si è quindi escogitato l’ espediente di fare stimare dal curatore, con approssimazione per difetto, la 10 somma spettante alla banca dedotte le spettanze della procedura da far versare direttamente dall’ aggiudicatario, da integrare quando è possibile determinare con precisione la somma spettante alla banca. Peraltro, avuta la rassicurazione di un atteggiamento delle banche spontaneamente adempiente, si è tornati al versamento diretto da parte dell’ aggiudicatario, dedotte solo le spese legali prededucibili dell’ intervento del fallimento nella procedura esecutiva, nella misura liquidata dal GE. La predetta procedura di accertamento non si applica ai crediti prededucibili non contestati per collocazione ed ammontare nonché a quelli derivanti da decreti di liquidazione del giudice delegato ex art. 111 bis LF. Costituiscono invece deroghe apparenti al principio di esclusività (i) i crediti già accertati con sentenza emessa prima del fallimento non passata in giudicato ex art. 96 comma 2 n. 3 LF); (ii) i crediti che devono essere accertati davanti ad un giudice “speciale” (es. crediti tributari o crediti devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo). Infatti, se è vero che in questi casi l’entità del credito sarà determinata al di fuori della sede fallimentare, per partecipare al concorso deve comunque essere presentata domanda di ammissione al passivo e in questa sede spetta al GD la verifica dell’ opponibilità del credito alla procedura e dell’ eventuale sussistenza di ragioni di prelazione. Anche le domande di accertamento e quelle costitutive possono essere proposte al di fuori del procedimento di accertamento del passivo, ma se ad esse sono collegate domande di condanna a pagamenti somme o restituzione, queste ultime necessariamente dovranno transitare per l’accertamento endofallimentare. Tale procedimento endoconcorsuale è stato ritenuto idoneo a garantire la necessaria partecipazione e il contraddittorio di tutti i creditori anche nella fase iniziale della cognizione sommaria. Si precisa che nel caso di fallimento di società di persone e dei soci illimitatamente responsabili, essendo i relativi fallimenti distinti anche se di fatto unitariamente amministrati da un unico curatore, si formano distinti stati passivi. 3. LA NATURA CONTENZIOSA DEL PROCEDIMENTO. 11 Con le recenti riforme risulta rafforzata la natura giurisdizionale contenziosa del procedimento, sulla scorta di una pluralità di elementi: 1) il procedimento si svolge davanti ad un giudice; 2) l’atto d’impulso è una domanda, con le caratteristiche e gli effetti della domanda giudiziale, per espressa previsione dell’ art. 94 LF; 3) il giudice ha gli stessi poteri decisori delle controversie civili ordinarie (art. 95 comma 3 LF); 4) il curatore è parte in senso formale e sostanziale, il quale deve sollevare le eccezioni in senso stretto e può impugnare le decisioni del giudice; 5) possono essere compiute attività istruttorie (art. 95 comma 3 LF) nel rispetto del principio dispositivo (art. 112 c.p.c.); 6) il decreto diviene definitivo se non viene impugnato, anche se con valenza endofallimentare ai fini del concorso, esattamente come avviene per il decreto emesso dal Tribunale di sede di impugnazione, certamente non qualificabile come amministrativo. Qualche dubbio potrebbe sorgere perché anche dopo le riforme non è richiesta la difesa tecnica, ma ciò si verifica anche in altri tipi di procedimenti caratterizzati, come questo, da un’astratta semplicità della lite (controversie avanti al giudice di pace per le quali vi è la possibilità della parte di stare in giudizio personalmente - art.82 c.p.c.), rimanendo una facoltà dei creditori – se nel concreto la controversia non si rappresenta facile – optare per la difesa tecnica. 4. CARATTERISTICHE STRUTTURALI DEL PROCEDIMENTO. Con le recenti riforme si è passati: - da un procedimento a contraddittorio limitato, in cui il giudice delegato aveva poteri inquisitori, il fallito rimaneva in una posizione marginale e i provvedimenti non erano motivati, per cui la formazione dello stato passivo era atto del giudice formato con l’assistenza del curatore, in veste di collaboratore, - a un procedimento contenzioso definibile sommario perché caratterizzato da forme semplificate, non predeterminate legislativamente, fondato sul contraddittorio delle parti, in cui il curatore assume il ruolo di parte processuale e il giudice è in posizione di effettiva terzietà. Peraltro nonostante la sommarietà, la decisione, necessariamente motivata (art. 96 comma 1 LF), è assunta all’esito di una cognizione piena, non essendo fondata sul fumus iuris, ma prevedendo la possibilità di ogni 12 attività istruttoria utile al fine dell’accertamento del diritto; inoltre la decisione, anche se assunta all’esito di un procedimento in forma semplificata, diviene immutabile se non impugnata. 5. LA FASE INIZIALE DELL’ ACCERTAMENTO. Ai sensi dell’ art. 16 comma 1 nn. 4 e 5 LF, la sentenza dichiarativa di fallimento: - stabilisce il giorno, il luogo e l’ ora dell’ adunanza in cui si procederà all’ esame dello stato passivo entro il termine perentorio1 di non oltre 120 gg. dal deposito della sentenza, ovvero 180 gg. in caso di particolare complessità della procedura e - assegna ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito il termine perentorio di trenta giorni prima dell’ adunanza … per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione. Ai sensi dell’ art. 92 LF il curatore deve inviare senza indugio ai creditori e ai terzi titolari di diritti reali l’ avviso a mezzo posta, telefax o posta elettronica, del termine entro il quale devono pervenire in cancelleria le domande e la data dell’adunanza fissata con la sentenza di fallimento. L’avviso deve essere eseguito anche per i titolari di crediti verso la massa, quali sono ad esempio i creditori in base a contratti pendenti al momento della dichiarazione di fallimento. Nell’avviso il curatore deve fornire ai creditori le seguenti indicazioni: 1) che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria la domanda formulata ai sensi dell’art. 93 LF; 2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui le domande vanno presentate; 3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda (es. che gli effetti cambiari devono essere prodotti in originale; che per il riconoscimento del privilegio artigiano occorrerà produrre visura CCIA recente, copia del libro matricola, copia delle dichiarazioni dei redditi e dichiarazioni IVA relative all’anno in cui è sorto il credito e alle due annualità precedenti; che per la prova del credito bancario serviranno non solo gli estratti conto ma anche il contratto; che i lavoratori dipendenti dovranno distinguere quanto richiesto per retribuzioni arretrate, per TFR, per mancato preavviso fornendo conteggi dettagliati). 1 In realtà il termine è ordinatorio-acceleratorio, non essendo prevista alcuna conseguenza processuale per il suo superamento, essendo lo stesso valutabile solo in sede disciplinare. 13 In mancanza di avviso, o di nullità dell’avviso (per essere stato formulato in maniera tale da non consentire al creditore di comprendere gli elementi essenziali della comunicazione), i creditori potranno insinuarsi tardivamente, anche oltre i dodici mesi dall’esecutività dello stato passivo, sino a che non saranno esauriti i riparti dell’attivo fallimentare, non essendo a essi addebitabile il ritardo nell’insinuazione2. Infatti l’ art. 112 LF prevede che i creditori ammessi tardivamente concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni se assistiti da cause di prelazione o se il ritardo è dipeso da cause ad essi non imputabili. Quando ciò non sia possibile perché ad esempio l’attivo è già stato tutto ripartito e la riapertura del fallimento non sortirebbe effetti utili, il creditore pregiudicato potrebbe far valere la responsabilità per colpa del curatore ex art. 38 LF3. Non è previsto un termine per l’ invio della comunicazione al creditore, il quale potrebbe riceverla nell’ imminenza del termine di trenta giorni prima dell’ adunanza, termine questo perentorio, dato che il suo mancato rispetto rende tardiva la domanda; deve peraltro ritenersi anche in questo caso che l’ intempestiva o irrituale comunicazione dell’ avviso non determini alcuna nullità, ma il creditore tardivo può invocare la non 2 L’omissione dell’avviso di cui all’art. 92 LF o il ritardo dell’avviso medesimo che abbia reso impossibile la presentazione della domanda tempestiva di ammissione al passivo costituiscono causa di non imputabilità del ritardo al creditore che si sia tardivamente insinuato; tale principio può essere applicato anche al creditore tardivo che abbia presentato domanda oltre il termine di dodici mesi (o di diciotto) previsto dall’art. 101 LF, posto che la presunzione di conoscenza derivante dalla pubblicazione nel registro delle imprese della sentenza dichiarativa di fallimento non è sufficiente a giustificare le conseguenze che derivano dalla tardività, oltre i suddetti termini, della domanda. Se l’omissione dell’avviso di cui all’art. 92 LF comporta la presunzione (fino a prova contraria) di non conoscenza della pendenza del fallimento e quindi della pendenza dei termini per la presentazione delle domande tempestive e tardive, il ritardo nella comunicazione di tale avviso deve, invece, essere valutato con riferimento al tempo effettivamente a disposizione del creditore per la presentazione della domanda, tenendo presente che, ai sensi degli artt. 16 e 93 LF, il creditore tempestivamente avvisato ha normalmente a disposizione novanta (o centocinquanta) giorni e che sono di norma irrilevanti aspetti attinenti all’organizzazione interna del creditore (Tribunale di Pescara 10 febbraio 2009 – Pres. Rel. Filocamo). 3 L'azione risarcitoria promossa nei confronti del curatore per l'esclusione dal concorso fallimentare di un credito per prestazioni professionali, tardivamente insinuato al passivo, richiede l'accertamento del nesso di causalità tra il danno lamentato e la condotta colposa o dolosa ascrivibile all'autore dell'illecito. Quando tale condotta consista nell'omissione del formale avviso previsto dall'art. 92 l. fall. ma risulti pacificamente la tempestiva conoscenza della pendenza della procedura fallimentare e della data d'udienza di verifica dello stato passivo da parte del professionista, deve escludersi l'efficienza causale del comportamento omissivo lamentato e conseguentemente il collegamento eziologico con il danno (Cassazione civile , sez. I, 07 dicembre 2007, n. 25624). 14 imputabilità del ritardo dell’ insinuazione evitando, se adempie al relativo onere probatorio, l’ eventuale pregiudizio previsto in sede di riparto dall’ art. 112 LF. E’ pacifico in giurisprudenza che l’invio dell’avviso non costituisca riconoscimento di debito e quindi non ha efficacia interruttiva della prescrizione, trattandosi di atto dovuto, in cui non sono espressi giudizi circa la probabile fondatezza della domanda4. Peraltro il curatore potrebbe aver selezionato i destinatari sulla base delle fonti informative rivelatesi in seguito scarsamente attendibili. 6. FORMALITA’ DELLA DOMANDA PASSIVO - ART. 93 COMMI 1 E 2 L.F. DI AMMISSIONE AL Il creditore che vanta una ragione di credito nei confronti del fallito e vuole partecipare alla distribuzione dell’attivo deve innanzi tutto proporre la domanda di ammissione, in quanto vige anche nella materia fallimentare il principio della domanda. Laddove la domanda sia accolta, egli si trasforma da creditore concorsuale in creditore concorrente. Nell’ipotesi remota in cui nessuna domanda di ammissione sia presentata entro il termine stabilito con la sentenza dichiarativa di fallimento potrà procedersi alla chiusura del fallimento ex art. 118 n. 1 LF. La domanda di ammissione al passivo è proposta con ricorso che può essere sottoscritto dalla parte personalmente. Non essendo indispensabile l’ assistenza tecnica dell’avvocato, non può essere ammesso il credito per le relative spese legali se il creditore si avvale dell’ assistenza tecnica. Infatti i costi di difesa maturano dopo la sentenza dichiarativa di fallimento e quindi non si tratta di crediti concorsuali, nè possono essere qualificati come prededucibili in quanto spese non necessarie alla procedura. 4 L'avviso ai creditori per la verifica, previsto dall'art. 92 LF, costituisce un atto dovuto a carico del curatore, destinato ad una mera provocatio ad agendum verso coloro che risultino creditori in base alle scritture contabili del fallito, così che essi siano informati della pendenza della procedura e possano, entro il termine loro assegnato, fare valere i propri diritti in concorso. In tale avviso, con il quale il curatore non esprime alcun giudizio preventivo sulla fondatezza dell'eventuale futura richiesta di ammissione al passivo, non può essere, pertanto, ravvisato un contenuto negoziale, abdicativo della potestà di eccepire la prescrizione del vantato credito (Cassazione civile , sez. I, 03 luglio 1996, n. 6083). 15 La domanda di ammissione può essere depositata presso la cancelleria fallimentare o anche spedita, pure in via telematica, sempre che sia possibile fornire la prova della ricezione in cancelleria. Quanto al termine di presentazione, dovendo la domanda essere depositata presso la cancelleria almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, quello che rileva è il momento della ricezione e non già quello della spedizione. Si consideri che il termine per le verifiche dello stato passivo è soggetto alla sospensione feriale (esclusa solo per le dichiarazioni di fallimento e i procedimenti di revoca dei medesimi ex art. 92 RD 30.1.1941 n.12) e quindi il termine per la proposizione delle domande di fatto risulta di un anno e 45 giorni. Il termine per il deposito della domanda di ammissione, essendo definito dalla legge perentorio, non subisce spostamenti neppure in caso di differimento dell’udienza di accertamento dello stato passivo. 7. IL CONTENUTO DELLA DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO – ART. 93 COMMI 3-6 L.F. La domanda di ammissione al passivo di un credito ovvero di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili deve contenere gli elementi identificativi previsti dall’ articolo in commento, alcuni dei quali a pena d’ inammissibilità. Si segnala in particolare la necessità, a pena di inammissibilità, di indicare con precisione l’ oggetto della pretesa (petitum) e la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda, in breve il titolo della pretesa (causa petendi), inclusa l’ indicazione del titolo di prelazione5, nonchè l’ eventuale descrizione del bene oggetto di privilegio speciale. La descrizione del bene oggetto della prelazione non deve essere intesa come esatta individuazione dello stesso, ma deve ritenersi sufficiente che il creditore concorsuale indichi nel ricorso elementi idonei a rendere quantomeno individuabile detto bene nell’ ambito della più ampia categoria di beni sui quali il privilegio può essere esercitato (Cass. 14.1.2004 n. 334). Pertanto Il ricorso è inammissibile, quando vi è omissione o incertezza assoluta sugli elementi essenziali per l’individuazione della domanda (parti, petitum, causa petendi). In queste ipotesi deve escludersi qualsiasi possibilità di sanatoria ma la domanda sarà riproponibile, salva in ogni caso la scelta del creditore di proporre impugnazione ex 98 LF per ottenere una revisione della decisione di inammissibilità assunta dal giudice delegato. Se vi è omissione o incertezza della causa di prelazione il credito è considerato come chirografo, e la domanda contenente il riconoscimento della prelazione non potrà più essere riproposta, nemmeno come tardiva. 5 Il Correttivo non richiede più l’ indicazione del grado della prelazione, che era stata introdotta dalla Riforma del 2006, perché questo deriva dalla legge e in particolare dall’ordine di graduazione. 16 Se è omessa l’elezione di domicilio tutte le comunicazioni successive a quella con la quale il curatore dà notizia dell’esecutività dello stato passivo, si effettuano presso la cancelleria. Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene (art. 95 comma 6 LF). Con la riforma del 2006 il creditore con il deposito della domanda di ammissione al passivo doveva allegare i documenti dimostrativi del proprio diritto con facoltà comunque di produrre, a pena di decadenza, documenti sino a quindici giorni prima dell’adunanza. Il termine di quindici giorni risultava sicuramente illogico considerato che nello stesso arco temporale il curatore doveva depositare il progetto di stato passivo, in maniera tale che poteva succedere che fossero presentati nel termine previsto documenti dei quali il curatore di fatto non riusciva a tener conto in sede di redazione del progetto. Il sistema otteneva il risultato di definire il thema decidendum e il thema probandum prima dell’ adunanza, anche per effetto delle osservazioni che gli altri creditori potevano sino a 5 giorni prima dell’adunanza, sicché il giudice in udienza era effettivamente in grado di provvedere ad un’eventuale rapida istruttoria e di decidere nel contraddittorio delle parti su tesi già note. Nell’ evidente intento di attutire il regime delle preclusioni e di semplificare il procedimento, con il d.lgs. 169/07 il legislatore ha consentito ai creditori di presentare osservazioni scritte e documenti integrativi sino all’udienza. Questo spostamento in avanti della possibilità di produzioni e della possibilità di formulare osservazioni rende più gravoso il compito del curatore di formulare tempestive eccezioni, nonché la decisione immediata del giudice, il quale solo in udienza può conoscere i documenti che sorreggono la domanda di ammissione al passivo e le eccezioni che in quel momento solleva il curatore, essendo in alcune ipotesi costretto a rinviare l’ adunanza. Secondo un’ interpretazione rigorosa i documenti integrativi producibili fino all’ udienza dovrebbero essere solo quelli necessari per contrastare le eccezioni del curatore e dei creditori concorrenti, e non quelli che il creditore avrebbe dovuto allegare al ricorso introduttivo. Tuttavia prevale la prassi di consentire la produzione di ogni tipo di documento sino all’udienza perché, se è vero che questa interpretazione pregiudica un ordinato svolgimento del processo, dall’altro in molti casi consente, in vista del superiore principio dell’economia processuale, di evitare successivi giudizi impugnatori in cui sarebbe consentito, ai sensi dell’ art. 99 comma 2 n. 4 LF, l’ingresso i nuovi documenti e nuovi mezzi di prova. 8. EFFETTI DELLA DOMANDA – ART. 94 L.F. Ai sensi dell’ art. 94 LF il ricorso ex art. 93 LF produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento. In pratica con il deposito della domanda si determina la pendenza della lite, con conseguenti effetti sostanziali istantanei, di interrompere la prescrizione del credito, e 17 permanenti, di sospenderla fino alla chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio generale fissato dall'art. 2945 c.c. Quanto agli effetti processuali della domanda, la presentazione della domanda di insinuazione rileva ad esempio agli effetti della litispendenza. Sotto il profilo delle preclusioni, nei primi anni successivi alla riforma prevaleva un’ interpretazione più rigorosa, che struttura la fase della verifica del passivo quasi come un giudizio contenzioso di primo grado dove il curatore e gli altri creditori avrebbero una posizione assimilabile a quella dei convenuti; pertanto alla domanda di ammissione al passivo dovrebbe riconoscersi, oltre all’ evidente effetto processuale di cristallizzare la pretesa del creditore in relazione al procedimento di accertamento del passivo e all’ eventuale fase di opposizione - nel senso che non sarebbero possibili domande nuove, aventi ad oggetto nuovi crediti, o quelle modifiche della domanda che estendono il petitum – anche l’ effetto di impedire modifiche della domanda che introducono temi di indagine e di decisione nuovi e diversi da quelli prospettati nel ricorso. Tale opzione interpretativa sarebbe indirettamente confermata dall’ art. 103 LF che prevede espressamente la possibilità di modificare l’ originaria domanda di restituzione o rivendica di beni mobili o immobili, non rinvenuti nell’ attivo della procedura, chiedendo l’ ammissione al passivo del controvalore del bene. Una norma del genere non avrebbe infatti senso se fosse comunque consentita la modifica della domanda di insinuazione. Negli ultimi anni risulta prevalente una tesi meno rigorosa che, facendo leva sulla testuale non necessità dell’ assistenza tecnica, non riconosce natura contenziosa alla fase di formazione dello stato passivo, negando anche la perentorietà di alcuni termini come quello di quindici giorni prima dell’ udienza per il deposito del progetto di stato passivo per il curatore previsto dall’ art. 95/2 LF. Ne consegue la configurazione delle impugnazioni di cui all’ art. 98 LF non come un giudizio di secondo grado, ma come azioni di impugnativa equiparabili all’ impugnativa degli atti amministrativi ovvero degli atti negoziali, con la possibilità di modificare la causa petendi e chiedere l’ ammissione di ulteriori mezzi di prova. In ogni caso le gravi conseguenze che possono derivare da una errata formulazione della domanda di ammissione al passivo rendono opportuna l’ assistenza tecnica del creditore, anche se non richiesta dalla legge. Per 18 tale motivo non può riconoscersi il rimborso dei diritti e degli onorari per la difesa tecnica, almeno secondo la prevalente giurisprudenza. 9. I NUOVI RUOLI DEL GIUDICE DELEGATO E DEL CURATORE Il legislatore della riforma è intervenuto su questa fase in modo particolarmente incisivo, modificando in modo sostanziale i ruoli del GD e del curatore e i reciproci rapporti. Infatti la disciplina previgente prevedeva la partecipazione del curatore al giudizio di verifica non come parte, ma quale organo della procedura che assisteva e collaborava col GD, sia pure in posizione autonoma di terzietà sia nei confronti del fallito che nei confronti di ciascun creditore istante. Inoltre al GD erano attribuiti poteri istruttori di tipo inquisitorio per la ricerca della verità materiale oltre i limiti previsti nel processo di cognizione ordinario. In concreto il GD doveva decidere secondo diritto (art. 113 c.p.c.) sulla base delle prove raccolte (art. 116 comma 1 c.p.c.) ma, nell’ ambito dell’ oggetto della domanda, superando il divieto di cui all’ art. 112 c.p.c., poteva rilevare d’ ufficio qualsiasi eccezione impeditiva, modificativa o estintiva dei diritti azionati senza la necessità di una formale proposizione da parte del curatore. La disciplina riformata, da un lato ha attribuito al curatore il ruolo di parte processuale già nella fase iniziale e sommaria che si svolge davanti al GD, dall’ altro ha eliminato i poteri inquisitori di quest’ ultimo nella fase iniziale dell’ accertamento, riducendolo ad organo imparziale di vigilanza, e ciò nell’ ottica di adeguare il procedimento di accertamento del passivo ai principi del giusto processo e alla salvaguardia del contraddittorio. Nel nuovo art. 95 L.F. non è più il GD a predisporre lo stato passivo provvisorio (peraltro sconosciuto alla prassi) ma è il curatore che predispone un progetto di stato passivo in cui formula le sue motivate conclusioni sulla fondatezza di ciascuna domanda eccependo i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l’ inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione. Più precisamente la norma citata specifica che il curatore deve formare due elenchi separati per le domande di insinuazione dei crediti e per le rivendiche e restituzioni, assumendo conclusioni motivate su ciascuna della domande. In sostanza al curatore sono attribuiti i poteri tipici della parte convenuta in giudizio: può quindi opporre ragioni estintive, impeditive e modificative del diritto azionato con la domanda di ammissione, formulando eccezioni in 19 senso lato o in senso stretto, o semplicemente articolando difese, negando la sussistenza dei fatti costituitivi della pretesa azionata e producendo documenti a sostegno dei propri assunti. Si badi che il curatore, pur avendo i poteri processuali di una parte convenuta, mantiene una posizione imparziale sia nei confronti del creditore ricorrente che nei confronti del debitore fallito, ed esercita i poteridoveri del pubblico ufficio del quale è investito per realizzare l’ interesse pubblico all’ osservanza delle regole del concorso dei creditori. Poiché le eccezioni in senso stretto non solo rilevabili d’ufficio, il curatore ha l’ onere di allegarle in sede di redazione del progetto di stato passivo, dato che - quantomeno secondo l’ orientamento più rigoroso in tema di preclusioni - nel prosieguo del procedimento né il giudice né il fallito potranno rilevarle. Si tratta a titolo esemplificativo delle eccezioni di prescrizione, di decadenza, di compensazione, di inadempimento, di annullabilità, di rescindibilità del contratto, di disconoscimento della scrittura privata. A queste si aggiungono quelle tipiche di natura fallimentare, come l’eccezione di inefficacia del titolo su cui è fondato il credito (es. art. 64 LF) o la prelazione (anche se è prescritta la relativa azione), l’eccezione revocatoria, l’eccezione di difetto di data certa anteriore al fallimento della scrittura privata. L’ allegazione dell’eccezione da parte del curatore, analogamente a quanto avviene per il creditore istante con riguardo ai fatti costitutivi della propria pretesa, dovrà essere supportata dalla produzione di documenti ed eventualmente anche dalla deduzione di ulteriori prove in adunanza per contrastare quelle altrui. Il curatore non può svolgere domande riconvenzionali (art. 36 c.p.c.), sia perché il processo di accertamento deve essere il più possibile semplificato, sia per il principio di esclusività, essendo il procedimento di accertamento del passivo previsto solo per la verifica dei crediti verso il fallito e non già dei crediti vantati dal fallito o dalla procedura verso i creditori. In quanto parte, il curatore può anche decidere di farsi assistere da un difensore per tutte o alcune domande di ammissione. 20 10. QUESTIONI PROBATORIE. Nei confronti del curatore, in quanto terzo rispetto al rapporto creditorio da verificare, le scritture private sono opponibili se fornite di data certa anteriore al fallimento, in applicazione del principio desumibile dall’ art. 2704 c.c.6. Tale principio viene però temperato dalla giurisprudenza che consente la prova della data anteriore al fallimento anche per testimoni o per presunzioni7. Per lo stesso motivo, e anche perché il curatore non è un imprenditore, non opera nei suoi confronti la previsione dell’art. 2710 c.c. che conferisce particolare valore probatorio alle scritture contabili regolarmene tenute tra gli imprenditori. Queste comunque potranno costituire argomento di prova, liberamente apprezzabile al giudice in sede di decisione. 6 Il curatore del fallimento è terzo, nel procedimento di accertamento del passivo, sia rispetto ai creditori del fallito che richiedono l'insinuazione al passivo, sia rispetto al fallito stesso. In applicazione dell'art. 2704 c.c., pertanto, è necessaria la certezza della data nelle scritture allegate come prova della pretesa fatta valere nei confronti del fallimento. (Nella specie il giudice di appello aveva affermato che la scrittura 26 luglio 1989 era anteriore al 19 gennaio 1990, data di un provvedimento di sequestro in danno della società fallita e, pertanto, verosimilmente la data della scrittura era quella da essa risultante cioè del 26 luglio 1989, di gran lunga antecedente la dichiarazione del fallimento. In applicazione del principio di cui sopra la Suprema Corte ha cassato tale statuizione, atteso che la circostanza che la scrittura fosse menzionata nel provvedimento di sequestro consentiva di affermare che era anteriore al sequestro stesso, non anche di stabilire la data di confezione dell'atto (Cassazione civile , sez. I, 30 gennaio 2009, n. 2439). Recentemente la Suprema Corte ha anche affermato, innovando il suo precedente orientamento che la mancanza di data certa è rilevabile d’ufficio posto che la data della scrittura va considerata un fatto costitutivo della domanda azionata (Cass., 8 novembre 2010, n. 22711; Cass., 14 ottobre 2010 n. 21251). 7 L'art. 2704 cod. civ. non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata deve ritenersi certa rispetto ai terzi, e lascia al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l'allegazione della parte, a dimostrare la data certa; tale fatto può essere oggetto di prova per testi o per presunzioni, la quale non è però ammessa con riguardo ad un atto proprio della stessa parte interessata alla prova della data certa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, in relazione all'opposizione allo stato passivo di un fallimento, fondata sul credito derivante di una clausola penale contenuta in una scrittura privata autonoma rispetto al contratto principale avente data certa, aveva escluso che la prova della data anteriore al fallimento potesse essere ricavata, in via presuntiva, da un ricorso per sequestro conservativo contemporaneo a quello presentato da altro creditore e fondato su analoga scrittura). (Cass. sez. I, 22.10.2009 n. 22430). 21 11. IL DEPOSITO DEL PROGETTO DI STATO PASSIVO. Il progetto dello stato passivo, con le conclusioni ed eccezioni del curatore, deve essere depositato in cancelleria almeno quindici giorni prima dell’ udienza di esame dello stato passivo, ove i creditori e i terzi, nonché il fallito, presa visione dello stesso, potranno presentare osservazioni scritte e documenti integrativi fino all’ udienza. In ipotesi di omesso o tardivo deposito del progetto unica conseguenza procedimentale è che dovrà essere disposto un differimento dell’udienza di verifica, dovendo escludersi che il ritardo nel deposito del progetto possa comportare decadenza del curatore dalla facoltà di sollevare eccezioni. In ogni caso il comportamento negligente del curatore potrà avere rilievo disciplinare e potrà giustificare la richiesta di sostituzione da parte dei creditori e perfino la valutazione da parte del giudice delegato e del tribunale circa l’opportunità della revoca. I creditori, i titolari dei diritti sui beni e il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte sino all’udienza. Con le osservazioni i creditori potranno anche sollevare eccezioni in senso proprio, deducendo fatti estintivi, modificativi impeditivi dei diritti fatti valere da altri creditori e produrre documenti integrativi a riscontro dei propri assunti. Quindi, come recita la Relazione illustrativa, il contraddittorio si cristallizzerà soltanto all’ udienza e [che] in quella sede il curatore avrà la possibilità di prendere definitivamente posizione sulla domanda di cui sia stata integrata la documentazione probatoria. 12. L’ UDIENZA. Nel corso dell’ udienza il G.D., tenuto conto delle eccezioni sollevate dal curatore, di quelle rilevabili d’ ufficio e di quelle sollevate dagli altri creditori, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati. 22 Quindi l’ esame dello stato passivo è retto dal principio della domanda, e pertanto il G.D. non può ammettere un importo maggiore di quello richiesto. Gli interessi che accedono a debiti di valuta, costituendo un capo di domanda autonomo, devono essere espressamente richiesti, mentre devono essere riconosciuti d’ ufficio gli interessi sui debiti di valore, rappresentando questi una componente costitutiva del credito principale (Cass. 8.4.2004 n. 6939); sui crediti di lavoro devono essere liquidati d’ ufficio rivalutazione monetaria e interessi ai sensi dell’ art. 429 c.p.c. Gli interessi vanno ammessi anche se non quantificati dal ricorrente, previo calcolo da parte del curatore. Spettano altresì gli interessi c.d. “moratori” previsti dal D.Lgs. 231/2002 sui corrispettivi delle transazioni commerciali calcolati fino alla dichiarazione di fallimento, non applicabili al periodo successivo, a mente dell’ esclusione prevista dall’ art. 1 comma 2 lettera a) legge cit. Come abbiamo visto, anche il privilegio va richiesto, senza la necessaria indicazione del grado, con la descrizione dei beni sui quali si esercita la prelazione speciale, pena l’ ammissione al chirografo in caso di omissione o assoluta incertezza ai sensi dell’ art. 93 comma 4 L.F. In proposito si segnala che la Cassazione a sezioni unite (sent. 20.12.2001 n. 16060) ha ritenuto che l’ eventuale assenza o mancata inventariazione del bene non influisce sulla causa del credito e quindi sul rango dello stesso, dovendo rilevarsi l’ assenza del bene solo al momento del riparto. Peraltro la prassi è nel senso di escludere il privilegio in caso di mancato rinvenimento del bene per la ragione pratica di evitare il differimento di un eventuale contenzioso sul rango del credito alla fase finale della procedura. Una soluzione potrebbe essere quella di escludere il privilegio allo stato, ovvero quando può ritenersi di fatto esclusa la futura acquisizione del bene oggetto dello stesso perché si tratta di un bene consumato o venduto a terzi in buona fede. All’adunanza dunque il giudice delegato esaminerà innanzi tutto il progetto, ma prenderà anche atto delle eventuali eccezioni che risultano prospettate dall’istante e dagli altri creditori rispetto al progetto dopo il deposito del medesimo, nonché delle conseguenti controeccezioni o modificazioni che potranno proposte dallo stesso curatore rispetto al progetto di stato passivo, proprio in ragione delle rettifiche, modifiche delle domande o modifiche delle allegazioni e produzioni intervenute dopo il deposito del progetto ma prima o durante l’ adunanza. 23 Il giudice inoltre potrà d’ufficio qualificare diversamente la domanda rispetto alla formulazione delle parti (specie con riguardo alle cause di prelazione) ed altresì rilevare determinate eccezioni (es. nullità, pagamento), prospettandole alle parti e invitando le stesse a prendere posizione in merito (art.101 c.p.c.)8. Trova applicazione anche in questa sede il principio espresso dall’ art. 115 c.p.c. per cui a fondamento della decisione non saranno solo le prove proposte dalle parti ma anche i fatti non specificatamente contestati. Ne consegue che l’ assenza di contestazione da parte del curatore circa i fatti dedotti dal creditore a fondamento della propria domanda potrebbe consentire di ritenere provati tali fatti, sempre che non vi siano osservazioni da parte degli altri creditori, nel qual caso il giudice potrà eventualmente tener conto della non contestazione ma solo come argomento di prova. E’ sempre salva la facoltà del giudice di non aderire all’impostazione del curatore - il quale non ha la disponibilità dei diritti della massa perché esercita una funzione istituzionale a tutela di interessi altrui - sia perché emerge aliunde l’infondatezza della pretesa del creditore, sia perché rileva un’ eccezione d’ ufficio. Se necessario il giudice delegato può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti o d’ufficio (negli stessi limiti in cui gli è consentito nel processo civile), compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento. La legge non specifica se il creditore possa avvalersi anche di prove costituende, come l’ assunzione di informazioni testimoniali o di chiarimenti dal curatore, dai creditori o dal fallito, ma non vi sono ragioni per ritenerle incompatibili. Qualche dubbio può riguardare l’ ammissibilità della consulenza tecnica d’ ufficio, trattandosi di prova solitamente di lunga indagine, ma non vi sono ragioni per escludere a priori consulenze in tempi contenuti. Il fallito può essere sentito e quindi deve ritenersi che possa altresì formulare osservazioni scritte. Le osservazioni non potranno considerarsi vere e proprie eccezioni ma potranno consentire al giudice di rilevare 8 Costituisce principio generale la rilevabilità d'ufficio di tutte le eccezioni, salvo espressa previsione della rilevabilità solo ad iniziativa di parte (tra tante v. Cassazione civile , sez. I, 12 giugno 2009, n. 13762). 24 eccezioni d’ufficio ovvero offrire ulteriori elementi di conforto alle tesi dei creditori e del curatore. Delle operazioni si redige processo verbale. E’ possibile che le operazioni non si esauriscano in una sola udienza e quindi il giudice rinvia la prosecuzione della verifica a non più di otto giorni (termine ordinatorio), senz’altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti. Ne risulta configurata una specie di fase di cognizione sommaria di primo grado, nella quale l’ esigenza di speditezza del procedimento prevale sul diritto alla prova. Tale limitazione può ritenersi accettabile perché ad essa si può rimediare nella successiva fase di opposizione, che non prevede alcuna limitazione al diritto di prova, e di fatto sostituisce il giudizio di appello che è stato eliminato dalla riforma. In considerazione della maggiore complessità tecnica della fase di verifica del passivo, nella quale possono essere trattate situazioni creditorie di particolare complessità, e delle conseguenti maggiori responsabilità a carico del curatore, può risultare opportuna, o addirittura necessaria, l’ assistenza di un legale. Ai sensi dell’ art. 32/2, che prevede l’ autorizzazione del comitato a far coadiuvare il curatore da tecnici o da altre persone retribuite, il relativo onere può essere posto a carico della procedura, anche se deve tenersene conto nella liquidazione del compenso finale del curatore. Inoltre l’ art. 31 LF consente la curatore di stare in giudizio senza autorizzazione del GD e del comitato dei creditori proprio in materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento, materia che può ben comprendere l’ attività di valutazione, finalizzata all’ eventuale contestazione, che spetta al curatore in sede di formazione dello stato passivo. Pertanto in questa sede il curatore potrebbe farsi assistere da un avvocato a carico della procedura anche senza autorizzazione del GD o del comitato dei creditori. 13. FORMAZIONE DELLO STATO PASSIVO - ART. 96 L.F. 25 Il GD decide sulle singole domande con decreto che, secondo l’ art. 96/1 LF, deve essere succintamente motivato in ogni caso9, in considerazione del potere di impugnativa riconosciuto al curatore e agli altri creditori. Il provvedimento del giudice delegato potrà essere d’ inammissibilità, accoglimento o esclusione. L’ inammissibilità consegue all’ omissione o assoluta incertezza di uno dei requisiti richiesti dai nn. 1, 2 e 3 del 3° comma del nuovo art. 93 (indicazione delle parti, del petitum e della causa petendi); la pronuncia d’inammissibilità non preclude la successiva riproposizione della domanda, eventualmente come insinuazione tardiva. Il provvedimento di accoglimento costituisce il titolo per partecipare al riparto10. L’ art. 96 comma 3 LF prevede l’ ammissione con riserva, oltre che nei casi stabiliti dalla legge, per: 1) i crediti condizionati e quelli indicati nell’ ultimo comma dell’ art. 55 L.F. (e cioè quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale); 2) i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice; 3) i crediti accertati con sentenza non definitiva precedente alla dichiarazione di fallimento, per i quali il Curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione. Si tratta di ipotesi in cui il GD non è in grado di decidere definitivamente con riguardo all’ammissione di un credito in quanto occorre accertare l’eventuale verificarsi di una determinata circostanza non immediatamente riscontrabile. In particolare. Riserve previste per legge, come i crediti tributari iscritti al ruolo per i quali è richiesta l’ammissione ma contestati, la cui entità dovrà essere accertata avanti alla Commissione tributaria; altri crediti che devono essere accertati da giudice non ordinario. 9 Secondo il testo del 2006 la motivazione era richiesta solo in caso di contestazione della domanda da parte del curatore. 10 Secondo il testo del 2006 doveva anche indicare il grado dell’ eventuale diritto di prelazione. 26 Crediti condizionati sono quelli sorti prima della dichiarazione di fallimento, ma il cui esercizio è subordinato (i) al verificarsi di una condizione o (ii) alla preventiva escussione di un obbligato principale (anche se non si tratta di una condizione in senso tecnico ma di un onere per la conservazione di un vantaggio giuridico); ad esempio il credito del cessionario pro solvendo del credito del fallito per il caso di mancato pagamento da parte del debitore ceduto. Questi crediti vengono ammessi con riserva sempre che il G.D. si convinca della loro fondatezza, altrimenti devono essere esclusi. L’ ammissione con riserva di presentazione dei documenti costituisce un’ eccezione al principio che la domanda di ammissione di un credito al passivo deve essere corredata dalla prova dello stesso. Non è facile comprendere il significato dell’ inciso salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice, dal momento che l’ art. 95 comma 2 consente il deposito di documentazione integrativa fino all’ udienza di esame dello stato passivo. Può ritenersi che il GD possa fissare un termine ulteriore per la produzione di documenti se non risulti un’ evidente negligenza del ricorrente, altrimenti ne risulterebbe aggirato il termine perentorio di cui all’ art. 95 L.F. L’ ultima ipotesi di riserva riguarda l’ ammissione dei crediti accertati con sentenza emessa prima della sentenza di fallimento ma non ancora passata in giudicato a tale data. La disposizione non è applicabile in via analogica per altri provvedimenti esecutivi quali decreti ingiuntivi e ordinanze. La norma prevede che il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione, ma se non lo fa la sentenza passa in giudicato e quindi il relativo credito deve essere ammesso senza alcuna riserva. Ai sensi dell’ art. 113 bis L.F., quando si verifica l’ evento che ha determinato l’ accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del curatore o della parte interessata, il giudice delegato modifica lo stato passivo, con decreto, disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente.. Il procedimento di scioglimento della riserva deve effettuarsi nel contraddittorio delle parti e può essere oggetto di impugnazione ex art. 98 LF. Se all’atto dei riparti parziali o del riparto definitivo la riserva non è ancora stata sciolta trovano rispettivamente applicazione l’ art. 113 comma n. 1 LF e l’art. 117 comma 3 LF, per cui le somme andranno trattenute e depositate. 14. ESECUTIVITA’ ED EFFICACIA DELLO STATO PASSIVO. Ai sensi dell’ art. 96 comma 5 L.F., terminato l’ esame di tutte le 27 domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria. E’ stata soppressa la previsione che consentiva al G.D. di riservarsi la definitiva formazione dello stato passivo nei quindici giorni successivi alla conclusione delle operazioni, sicchè il decreto di esecutività dovrebbe essere pronunciato in udienza al termine dell’ esame delle domande, anche al fine di consentire ai creditori ammessi di procedere alle operazioni di voto in caso di richiesta motivata di sostituzione del curatore o dei componenti del comitato dei creditori ai sensi dell’ art. 37 bis L.F. Tuttavia, anche in considerazione dell’ obbligo di motivazione, la legge non esclude che il GD disponga un rinvio dell’ udienza ovvero si riservi di provvedere fuori udienza, ma in tal caso dovrà essere fissata una nuova udienza per consentire ai creditori ammessi di provvedere agli incombenti previsti dall’ art. 37 bis L.F. L’ art. 96 termina sancendo che il decreto che rende esecutivo lo stato passivo, al pari delle decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui all’art. 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso. Viene così espressamente risolto, nel senso dell’efficacia meramente endofallimentare, il dibattuto problema circa la portata delle decisioni in materia di verifica, che pertanto hanno come oggetto il diritto al concorso e non il credito. La mancata impugnazione di tale decreto ai sensi degli artt. 98 e 99 L.F. preclude nell’ambito del procedimento fallimentare ogni questione relativa all’esistenza del credito, alla sua entità, all’efficacia del titolo da cui deriva e all’esistenza del privilegio. Il decreto ha quindi valore di giudicato endofallimentare e copre il dedotto ed il deducibile, sicché non è consentito al creditore ottenere mediante una domanda tardiva il riconoscimento del privilegio non richiesto che assisteva il credito ammesso o differenze retributive dopo che si è richiesto il pagamento delle retribuzioni, o il pagamento degli interessi sul capitale già ammesso. Peraltro la decisione assunta in sede di formazione del passivo conserva una limitata valenza extrafallimentare: infatti, l’ art. 120 ultimo comma LF prevede che il decreto o la sentenza con il quale il credito è stato ammesso al passivo, una volta chiuso il fallimento, costituisca prova scritta utilizzabile per l’emissione di un decreto ingiuntivo. 28 15. DOMANDE DI RIVENDICA E RESTITUZIONE - ART. 103 L.F. Il procedimento per l’accertamento dei diritti reali e personali dei terzi sui beni immobili e mobili inventariati si svolge con le stesse forme dell’accertamento dello stato passivo. Così attraverso questa procedura non solo si individuano i creditori che parteciperanno alla distribuzione dell’attivo, ma si delimita anche il patrimonio del fallito che sarà oggetto di liquidazione. Chi intende esercitare un proprio diritto personale (es. derivante da comodato, deposito, locazione) o reale (proprietario, usufruttuario, venditore con patto di riservato dominio, concessionario nel contratto di leasing - in questi ultimi due casi il contratto deve essere stato risolto perché sorga il diritto alla restituzione) su beni mobili o immobili del fallito deve proporre domanda di ammissione allo stato passivo; nella domanda deve specificare, oltre agli elementi sopra descritti a cui fa riferimento l’art. 93 L.F. chiaramente il bene che si vuole sottrarre alla garanzia dei creditori. In via subordinata può sempre essere richiesta l’ammissione del credito corrispondente all’equivalente monetario del bene, per l’ipotesi che il bene non sia stato rinvenuto. Oggetto del procedimento possono essere beni immobili o beni mobili, e tra questi i beni mobili registrati e le aziende, purché si tratti di beni presenti nel patrimonio del fallito al momento del fallimento e non si tratti di beni fungibili (denaro). Questo è l’unico strumento concesso al titolare di diritti sui beni compresi nel fallimento per far valere i propri diritti, non essendo previste alternative procedure endofallimentari ed essendo escluso l’accesso a procedure ordinarie di cognizione od esecutive. L’ art. 103 LF novellato, recependo il precedente orientamento giurisprudenziale di legittimità11, prevede espressamente l’applicazione del 11 Poiché la dichiarazione di fallimento attua un pignoramento generale dei beni del fallito, le rivendiche dei beni inventariati proposte nei confronti del fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni di terzo all'esecuzione, regolate per l'esecuzione individuale dagli art. 619 ss. c.p.c. Pertanto, il terzo che rivendichi la proprietà o altro diritto reale sui beni compresi nell'attivo fallimentare, deve dimostrare, con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, di avere acquistato in passato la proprietà del bene ed 29 regime probatorio previsto nell'articolo 621 c.p.c. che recita: il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, tranne che l'esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. Pertanto l’ istante deve dimostrare documentalmente non soltanto il diritto di proprietà, ma anche il titolo che giustificava la detenzione da parte del fallito, e questo con scritto avente data certa anteriore al fallimento. La maggiore innovazione della riforma è rappresentata dall’ estensione anche ai beni immobili delle regole finora previste per la rivendica dei beni mobili. Va presentata un’autonoma domanda contenente la precisa individuazione del bene; chi agisce in rivendicazione deve fornire la prova della proprietà del bene con atto di data certa anteriore al fallimento. Viene espressamente sancita l’ applicazione del regime probatorio previsto dall’ art. 621 c.p.c. in tema di opposizione di terzo all’ esecuzione, recependo il prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi sulla normativa previgente che ammetteva la prova per testimoni solo se l’ esistenza del diritto del terzo sia resa verosimile dalla professione o dal commercio da lui esercitato o dal debitore. L’art. 103 LF prevede che se il bene non è stato acquisito all'attivo della procedura, il titolare del diritto, anche nel corso dell'udienza di verifica può modificare l'originaria domanda e chiedere l'ammissione al passivo del controvalore del bene alla data di apertura del concorso. Se il curatore perde il possesso della cosa dopo averla acquisita, il titolare del diritto può chiedere che il controvalore del bene sia corrisposto in prededuzione. altresì che il bene stesso non era di proprietà del debitore per essere stato a lui affidato per un titolo diverso dalla proprietà o altro diritto reale, trovando applicazione l'art. 621 c.p.c., che esclude che il terzo opponente possa provare con testimoni (e quindi anche per presunzioni) il proprio diritto sui beni pignorati nell'azienda o nella casa del debitore, consentendo di fornire la prova tramite testimoni (o presunzioni) nel solo caso in cui l'esercizio del diritto stesso sia reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore (Cassazione civile , sez. I, 20 luglio 2007, n. 16158). 30 L’ultimo comma dell’ art. 103 LF fa salve le disposizioni dell’ art. 1706 c.c., norma che regola gli acquisti del mandatario: 1) in caso di beni mobili il mandante può rivendicare direttamente le cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario (fallito) che ha agito in nome proprio, salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede; 2) in caso di beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, il mandatario è obbligato a ritrasferirle al mandante. L’art. 93 comma 7 LF prevede la possibilità per il terzo, il quale teme che il bene richiesto possa essere liquidato rapidamente, di chiedere in via cautelare nella domanda di rivendica/restituzione la sospensione della liquidazione del bene sino alla decisione sulla domanda; può infatti accadere che la liquidazione dell’attivo venga iniziata ancor prima che lo stato passivo sia reso esecutivo. Deve ritenersi che la domanda di sospensione possa essere esaminata anche prima dell’adunanza nel contraddittorio tra l’istante ed il curatore. 16. L’ INSINUAZIONE TARDIVA - ART. 101 L.F. Ai sensi del nuovo art. 101 LF i creditori non insinuati tempestivamente nello stato passivo (oltre il termine di 30 giorni prima dell’ udienza di esame dello stato passivo) possono presentare domanda di ammissione al passivo, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili entro il termine di dodici mesi (in realtà tredici mesi e mezzo, essendo escluso dal computo il periodo delle ferie giudiziarie dal 1° agosto al 15 settembre, prorogabile con la sentenza di fallimento a diciotto mesi in caso di particolare complessità della procedura) dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, salva la prova che il ritardo sia dipeso da causa non imputabile. Il termine ultimo è comunque quello della chiusura delle operazioni di riparto. La prevalente giurisprudenza di merito ritiene che l’ omissione dell’ avviso di cui all’ art. 92 LF comporti la presunzione (fino a prova contraria) di non conoscenza della pendenza del fallimento, non essendo sufficiente la semplice conoscibilità data dall’ iscrizione della sentenza nel registro delle 31 imprese, per cui in tal caso ritiene scusabile il ritardo oltre il termine per la presentazione delle insinuazioni tardive. Accade di frequente che il concessionario per la riscossione deduca la scusabilità del ritardo con la trasmissione in ritardo dei ruoli. In questa ipotesi una recentissima prima pronuncia della Corte di Cassazione, confermando un orientamento peraltro costante della giurisprudenza di merito, ha escluso la scusabilità del ritardo per l’ irrilevanza degli aspetti attinenti all’ organizzazione interna del creditore. Non è necessaria l’assistenza di un difensore, come per le domande tempestive. Il credito può essere insinuato tardivamente al passivo deve essere “nuovo” come precisava l’ art. 101 del 1942, nel senso che in nessun caso il creditore può insinuare tardivamente un credito che sia già stato oggetto di insinuazione tempestiva, salvo che la domanda sia stata dichiarata inammissibile o respinta per motivi processuali o formali (come precisava il secondo periodo dell’ art. 96/1 della riforma del 2006 soppresso dal Correttivo), dovendosi comunque ritenere tale regola ricavabile dai principi generali in tema di giudicato. Infatti la Corte di Cassazione ha precisato che l’ ammissione ordinaria e quella tardiva al passivo fallimentare (principio estendibile anche alle insinuazioni tardive in progressione successiva) sono altrettante fasi di uno stesso accertamento giurisdizionale, sicchè, rispetto alla decisione concernente una insinuazione tardiva di credito, le pregresse decisioni, riguardanti la insinuazione ordinaria, hanno valore di giudicato interno e quindi un credito, per potere essere insinuato tardivamente, deve essere diverso, in base ai criteri del petitum e della causa petendi, da quello fatto valere nella insinuazione ordinaria (Cass. 31.3.2006 n. 7661). Pertanto non possono essere insinuate tardivamente: 1) le domande fondate su ragioni giuridiche diverse da quelle proposte in via tempestiva; 2) le domande aventi ad oggetto accessori (interessi e rivalutazione) non richiesti con la domanda tempestiva relativa al capitale in considerazione dell’ unicità del titolo; 3) le domande che fanno valere una mera differenza quantitativa o una diversa connotazione causale del medesimo credito azionato in via tempestiva. 32 L’ innovazione fondamentale della riforma sta nell’ applicabilità all’ esame delle domande tardive della disciplina prevista per le domande tempestive dagli artt. 93 - 99 LF. Si passa pertanto dal previgente esame delle singole domande di insinuazione tardiva, senza contraddittorio con gli altri creditori evidentemente controinteressati al suo accoglimento, ad una nuova udienza concorsuale analoga a quella prevista per l’ esame dello stato passivo. Se si volesse rispettare in pieno il principio del contraddittorio si dovrebbe consentire la partecipazione all’ udienza di tutti i creditori ammessi, altrimenti la tutela delle loro ragioni si ridurrebbe al reclamo al G.D. ex art. 36 LF avverso il progetto di riparto parziale ai sensi dell’ art. 110 comma 3 LF. L’ art. 101 comma 2 LF stabilisce che il giudice fissa per l’ esame delle domande tardive un’ udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d’ urgenza, con cadenza quindi uguale a quella stabilita per i riparti dall’ art. 110 comma 1. Di fatto, se le domande tardive sono poche può risultare opportuno, anche se non strettamente rispettoso della norma, fissare un’ unica udienza dopo la scadenza dei tredici mesi e mezzo, col vantaggio pratico di estendere il contraddittorio a tutti i creditori tardivi. Il resto della procedura segue le regole dettate per l’ esame delle domande tempestive (deposito in cancelleria del progetto di stato passivo formato dal curatore con le sue osservazioni, contraddittorio scritto e orale all’ udienza); in esito il GD dispone le relative variazioni dello stato passivo e avverso tali decisioni sono esperibili le stesse impugnazioni previste per lo stato passivo originario. Sulle domande tardive presentate dopo il termine di decadenza è necessario un provvedimento del G.D. per accertare che il ritardo sia dipeso da causa non imputabile con le precisazioni viste sopra. In caso contrario il creditore, anche privilegiato, è escluso dal concorso. Ai sensi dell’ art. 112 i creditori ammessi a norma dell’ art. 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni se assistiti da cause di prelazione o se il ritardo è dipeso da causa ad essi non imputabile. 33 Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile può chiedere che siano sospese le attività di liquidazione del bene fino all’ accertamento del diritto. (art. 101/3 LF). 17. I CREDITI PREDEDUCIBILI – ART. 111 BIS E SEGG. L.F. Sono definiti dal secondo comma dell’ art. 111 bis L.F. come quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione della procedura concorsuale. Si tratta delle spese di procedura, comprese quelle anticipate dall’ erario, e dei debiti contratti per l’ amministrazione del fallimento, anche a seguito di provvedimenti di liquidazione ai soggetti la cui opera è stata richiesta dal curatore nell’ interesse del fallimento, e per l’ eventuale esercizio provvisorio dell’ impresa. Qui si impone una precisazione: il criterio per stabilire se un credito è prededucibile è quello causale, non temporale, perché la legge vuole che il debito sia contratto “per” o “in funzione” - che è la stessa cosa - della procedura; non è pertanto sufficiente che il debito divenga esigibile dopo la dichiarazione di fallimento, come ad esempio i canoni di locazione relativi a un contratto stipulato prima della dichiarazione di fallimento, dal momento che la relativa obbligazione non è stata contratta per la procedura. Deve al contrario ritenersi prededucibile il credito dell’ avvocato che ha assistito il creditore istante nella procedura prefallimentare, tanto più se si accede all’ orientamento che ritiene necessaria la difesa tecnica. L’ art. 111 bis L.F. precisa che i crediti prededucibili sono soggetti al rito dell’ accertamento (artt. 92-102 L.F.) con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare. La modalità di accertamento dei crediti prededucibili è di regola la stessa prevista per tutti gli altri crediti, e quindi il procedimento di accertamento del passivo12, con esclusione: 12 Anche il debito cosiddetto di massa che sia controverso per non essere stato contratto direttamente dagli organi del fallimento deve essere verificato attraverso il procedimento previsto dagli art. 93 e 101 l. fall., come l'unico idoneo ad assicurare il principio della concorsualità anche nella fase della cognizione, implicando esso la necessaria partecipazione e il contraddittorio di tutti i creditori. Deriva da quanto precede, pertanto, che se il creditore che pretenda d'essere 34 1) dei crediti non contestati per collocazione e ammontare (la contestazione potrebbe venire solo dal giudice delegato o dal curatore, non essendo gli altri creditori o il fallito a conoscenza della richiesta di prededuzione se effettuata al di fuori delle regole dell’accertamento del passivo); 2) dei crediti sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione del giudice delegato (es. liquidazioni ex art. 25 n. 4 LF di compensi di avvocati, periti, consulenti del lavoro, collaboratori). In queste ultime ipotesi, non essendo stati i crediti sottoposti al procedimento di verifica, il rimedio impugnatorio deve ricondursi al provvedimento che li regola e quindi risulta esperibile il reclamo ex art. 26 LF. Ai sensi dell’ art. 111 bis comma 2 LF i crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. La norma ha accolto il prevalente orientamento giurisprudenziale per cui i creditori ipotecari non possono farsi gravare di quelle spese, anche di natura prededucibile, che per essi non hanno avuto utilità o che non rientrino tra le spese generali di procedura13. soddisfatto in prededuzione non si sia avvalso dei mezzi apprestati per l'accertamento del passivo, ma, a fronte della contestazione in ordine alla prededucibilità del suo credito, abbia attivato il procedimento camerale endofallimentare con l'istanza al giudice delegato e abbia poi reclamato al tribunale il provvedimento negativo al riguardo, il procedimento tutto è affetto da radicale nullità, che il giudice di legittimità (investito del ricorso ex art. 111 cost. contro il decreto di rigetto del tribunale) è tenuto pregiudizialmente a rilevare d'ufficio, cassando senza rinvio, poiché la domanda non poteva essere proposta con l'originaria istanza diretta al giudice delegato (attivato nell'ambito dei suoi poteri ex art. 25 LF), ma la controversia doveva essere promossa nelle forme dell'art. 93 o (come più frequentemente, rispetto ai tempi della procedura) 101 della detta LF (Cassazione civile , sez. I, 09 aprile 2009, n. 8736). 13 In sede di ripartizione fallimentare delle somme ricavate dalla vendita di beni oggetto di ipoteca, i crediti ipotecari prevalgono sui crediti prededucibili, salvo che questi ultimi si ricolleghino ad attività direttamente e specificamente rivolte ad incrementare, o ad amministrare, o a liquidare i beni ipotecati o rechino, comunque, ai titolari specifiche utilità, e salvo il limite di un'aliquota delle spese generali, che deve, in ogni caso, gravare sui beni assoggettati a garanzia reale (Cassazione civile , sez. I, 28 giugno 2002, n. 9490). 35 La preferenza accordata ai crediti prededucibili trova giustificazione nella necessità di svolgimento dell’attività dell’ufficio fallimentare nell’interesse di tutti i creditori concorsuali. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento. Ai sensi dell’ art. 111 bis comma 3 LF i crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare (es. utenze, assicurazioni, erario), possono essere soddisfatti al di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. Il curatore, sotto la sua personale responsabilità, compie la valutazione di sufficiente liquidità per il pagamento di tutti i crediti prededucibili e chiede l’autorizzazione al pagamento al comitato dei creditori ovvero al giudice delegato. Ai sensi dell’ art. 111 bis comma 4 LF se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire (in sede di riparto) secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge. Pertanto in caso di incapienza dell’ attivo i debiti prededucibili non devono essere soddisfatti secondo i criteri cronologico o proporzionale, ma col rispetto delle cause e del grado di prelazione assegnati a ciascuno dalla legge, dato che la legge fallimentare non prevede alcuna autonoma disciplina dei diritti di prelazione diversa da quella codicistica; solo una volta graduati i crediti si potrà procedere, all’ interno di ciascun grado di prelazione, al loro pagamento con criterio proporzionale. 18. PREVISIONE DI INSUFFICIENTE REALIZZO. Con la riforma la fase di accertamento del passivo non è più indefettibile, potendo essere omessa quando manca l’ interesse dei creditori perché l’attivo presumibile, non ne consente il soddisfo. L’ art.102 LF prevede in particolare che il curatore con istanza depositata almeno venti giorni prima dell'udienza di verifica dello stato passivo, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e dal parere del comitato dei creditori, dopo aver sentito sul punto il 36 fallito, chieda di non far luogo relativamente ai crediti concorsuali14. all’accertamento del passivo Per proporre l’istanza il curatore deve comparare le domande di ammissione al passivo formulato rispetto all’attivo prospettabile, valutato congiuntamente con le azioni recuperatorie, revocatorie, risarcitorio esercitabili, il loro possibile esito e fruttuosità. Le domande di ammissione che deve esaminare sono solo quelle riferite ai crediti concorsuali, essendo espressamente esclusi i crediti prededucibili (contestati) e le domande di restituzione/rivendicazione, per i quali dovrà comunque depositare il progetto di stato passivo. Il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l'ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura. Lo stesso procedimento è adottabile anche successivamente, se la condizione di insufficiente realizzo emerge successivamente posteriormente alla verifica dello stato passivo, quando il curatore è in possesso di maggiori 14 In alcuni Tribunali si è affermato che è possibile pronunciare il decreto di non farsi luogo al procedimento di verifica del passivo, ai sensi dell’art. 102 LF, soltanto ove non sussistano esigenze di tutela di diritti il cui accertamento risulti indispensabile anche al di fuori dell’ambito endofallimentare, ed in particolare solo qualora tra i creditori insinuati non figurino lavoratori dipendenti aventi diritto alla tutela sostitutiva del fondo di garanzia per la corresponsione del Tfr e delle ultime tre mensilita` di retribuzione ai sensi dell’art. 2 L. n. 297/1982 e dell’art. 2 D.Lgs. n. 80/1992 (in questo senso App. Venezia 21 maggio 2009, in Il Fall. 2010, 459, e altresı` Trib. Milano 27 settembre 2007, inedita, e App. Brescia 3 aprile 2008, Est. Marchetti, inedita.. In senso contrario è stato recentemente affermato che se l'istituto del Fondo di Garanzia si pone l'obiettivo (comunitariamente imposto) di fornire al lavoratore una tutela ‘ad ampio spettro’ di fronte all'insolvenza del datore di lavoro e se tale tutela deve operare anche nei confronti di un datore di lavoro che non sia stato dichiarato fallito perché non assoggettabile alla procedura concorsuale per la mancanza del presupposto soggettivo ovvero oggettivo, a maggior ragione dovrà riconoscersi l'intervento del Fondo di Garanzia anche nell'ipotesi nella quale il datore di lavoro sia non soltanto assoggettabile, ma in concreto effettivamente assoggettato al fallimento, ancorché ragioni di mera speditezza ed economia processuale abbiano deposto per l'omissione della fase (puramente subprocedimentale) della verifica del passivo (Corte appello Torino, 07/05/2010, in Redazione Giuffré 2010). 37 informazioni e ormai si rende più concreta la prospettiva di non riuscire ad acquisire beni all’attivo da distribuire ai creditori, per cui non ha senso proseguire nell’attività di accertamento ulteriore dei crediti, che in questa fase riguarderà le domande tardive. Il curatore comunica il decreto di cui al primo comma ai creditori che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo ai sensi degli artt. 93 e 101 LF, i quali, nei quindici giorni successivi, possono presentare reclamo alla corte di appello, che provvede con decreto in camera di consiglio, sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori e il fallito. Se il reclamo dovesse essere accolto il tribunale sarà chiamato a fissare una nuova udienza per la verifica dello stato passivo. Al decreto emesso ex art. 102 LF consegue di solito una veloce chiusura del fallimento ex art.118 n.4 LF, salva la necessità di un’ eventuale attività liquidatoria finalizzata esclusivamente al soddisfo dei crediti prededucibili. Il decreto del tribunale si ritiene revocabile, ai sensi dell’art. 742 c.p.c., nell’ipotesi che dopo il provvedimento, ma prima della chiusura del fallimento, emergano nuove attività che rendano opportuna una verifica dello stato passivo anche per i creditori concorsuali. 19. LE IMPUGNAZIONI - ARTT. 97 - 98 L.F. L’ art. 97 L.F. fa obbligo al curatore di comunicare a tutti i creditori (ma anche ai terzi rivendicanti pur nel silenzio della legge) l’ esito della domanda e l’ avvenuto deposito dello stato passivo, informandoli del diritto di proporre opposizione in caso di mancato o parziale accoglimento della domanda. Avverso il decreto che rende esecutivo lo stato passivo sono esperibili tre tipi d’ impugnazione: l’ opposizione, l’ impugnazione propriamente detta e la revocazione. a) Con l’ opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte - per un importo minore o senza riconoscimento del privilegio richiesto - o sia stata respinta; l’ opposizione è proposta nei confronti del curatore. 38 b) Con l’ impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’ impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa sempre il curatore. c) Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Si può osservare che anche nella fase dell’ impugnazione si attribuisce al curatore il ruolo di parte, e in ogni caso se ne richiede la partecipazione al giudizio allo scopo di rendere opponibile a lui la decisione. Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato si istanza del creditore o del curatore, sentito in curatore e la parte interessata (art. 98/5 LF). 20. IL PROCEDIMENTO - ART. 99 L.F. Per tutte le impugnazioni previste dall’ art. 98 L.F. il successivo art. 99 prevede un unico procedimento in camera di consiglio che dovrebbe richiedere la difesa tecnica pur nel silenzio della legge, in applicazione del principio generale di cui all’ art. 82 c.p.c. Si tratta di un rito camerale strutturato per garantire il contraddittorio e il diritto alla difesa sia pure con termini ristretti dovuti all’ evidente intento acceleratorio della riforma. L’ opposizione e l’ impugnazione sono proponibili nel termine di trenta giorni dalla comunicazione prevista dall’ art. 97 LF, mentre per la revocazione il termine di trenta giorni decorre dalla scoperta del fatto legittimante l’ opposizione o dalla conoscenza del documento decisivo. Organo competente è il tribunale collegiale, senza la partecipazione del GD, in ossequio ai principi costituzionali del giusto processo. 39 Il procedimento, disciplinato dai commi 3-4-5-6-7 dell’ art. 99 L.F., è caratterizzato da termini perentori imposti alle parti per la compiuta formulazione di domande ed eccezioni non rilevabili d’ ufficio e per l’ indicazione dei mezzi di prova, al fine di consentire alle parti di presentarsi alla prima udienza davanti al tribunale con le rispettive pretese e posizioni già precisate negli atti introduttivi. Viene disciplinato l’ intervento nel giudizio di altri interessati non oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti. Non sembra invece compatibile col rito camerale la domanda riconvenzionale e la chiamata in causa del terzo. Invece è stata eliminata la possibilità per il fallito di essere sentito, prevista dalla riforma del 2006, mentre stranamente tale facoltà è stata conservata per l’ udienza di esame dello stato passivo. Peraltro la mancata previsione di legge, in assenza di espresso divieto, non sembra ostativa. La trattazione del procedimento può essere delegata al giudice relatore il quale provvede all’ ammissione e all’ espletamento dei mezzi istruttori e poi rimette la causa al collegio per la decisione con decreto. Va sottolineata la scomparsa col Decreto Correttivo n. 169/2007 dei poteri di assumere informazioni anche d’ ufficio e di autorizzare la produzione di ulteriori documenti, difficilmente conciliabili col rigoroso sistema introdotto dal legislatore della riforma (caratterizzato da preclusioni, decadenze ed eliminazione dei poteri inquisitori del GD); pertanto i poteri istruttori d’ ufficio saranno quelli previsti in via generale dagli artt. 118 (ordine d’ ispezione di persone e cose), 191 (nomina del CTU) e 213 c.p.c. (richiesta di informazioni alla P.A.). In esito il tribunale provvede in via definitiva con decreto sempre motivato, anche in caso di sopravvenuto accordo tra le parti, impugnabile in Cassazione per tutti i motivi previsti dall’ art. 360 c.p.c., e quindi con controllo di legittimità pieno. Vediamo come può essere chiuso il procedimento d’impugnazione a mezzo di accordi transattivi o conciliativi. Nonostante una certa prassi lo consenta, è preferibile ritenere che non sia sufficiente a tal fine l’accordo transattivo raggiunto tra le parti ed autorizzato ex art. 35 LF (con abbandono del procedimento contenzioso), essendo necessario un provvedimento 40 giurisdizionale che recepisca l’accordo e modifichi lo stato passivo in conformità. Tale soluzione è resa ancor più necessaria nel nuovo regime, in cui le transazioni sono autorizzate dal comitato dei creditori anziché dal tribunale (il cui decreto autorizzativo poteva secondo alcuni essere presupposto sufficiente per la rettifica dello stato passivo). Sembra pertanto corretto che le parti sottopongano al collegio investito dell’impugnazione conclusioni congiunte conformi all’accordo autorizzato, così che il collegio stesso possa recepirle nel provvedimento conclusivo del procedimento, che non sarebbe abbandonato, ma portato rapidamente ad una conclusione analoga a quella che è espressamente prevista per l’ipotesi di mancata contestazione da parte del curatore e dei creditori intervenuti. In definitiva il rito camerale come disegnato dall’ art. 99 non è la mera trasposizione in ambito fallimentare del rito camerale di cui agli artt. 737 e segg. c.p.c., ma, pur essendo caratterizzato da forme semplificate e libere per l’ assunzione dei mezzi di prova, rispetta rigorosamente i principi della ripartizione dell’ onere della prova, della disponibilità delle prove, del contraddittorio, e della terzietà del giudice; infine il provvedimento conclusivo è motivato e ricorribile in sede di legittimità. Massimo Gaballo. 41