Germania per gli ex lavoratori coatti italiani nei lager nazisti
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Germania per gli ex lavoratori coatti italiani nei lager nazisti
Primo piano Germania “NO” AGLI INDENNIZZI per gli ex lavoratori coatti italiani nei lager nazisti L a Corte Costituzionale tedesca ha confermato la volontà di considerare prigionieri di guerra i militari italiani internati nei lager nazisti dopo l’8 settembre 1943. Tale posizione ha come effetto quello di negare loro la possibilità di accedere all’indennizzo simbolico stabilito in 7500 dalla Fondazione “Memoria Responsabilità e Futuro”. Detta Fondazione è stata istituita appositamente con una legge, entrata in vigore il 12 agosto del 2000, dalla Repubblica Federale Tedesca, la quale riconosceva così anche formalmente la responsabilità politica e morale della Germania nei confronti delle vittime del nazismo. La Corte Costituzionale tedesca ha negato la possibilità di accordare indennizzi per le migliaia di soldati italiani prigionieri e costretti ai lavori forzati nei campi di internamento nazisti all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Il verdetto, sancito il 28 giugno scorso, ma reso noto solo ora, ribadisce la posizione avuta dallo Stato tedesco che ha sempre escluso l’eventualità di attribuire indennizzi ai prigionieri di guerra. Ecco perché dopo sessantanni, oggi per allora, la democratica Germania riconosce come prigionieri di guerra quei militari italiani che in realtà non videro applicate nei loro confronti le convenzioni internazionali. Il ricorso alla Corte Costituzionale tedesca, presentato da due ex deportati italiani, aderenti all’ANRP, Michele Montagano in rappresentanza degli internati militari e Luigi Ferrini per quelli civili, è stato portato avanti, a partire dal 1998, da Joachim Lau, avvocato tedesco che vive e lavora da vent’anni in Italia. “Si tratta – ha commentato il legale, che nella causa intentata contro lo Stato tedesco rappresenta gli interessi di 4.200 ricorrenti, tutelati dall’ANRP – di una decisione vergognosa oltre che del tutto arbitraria. La Germania ha pensato bene di chiudere questo capitolo della storia con una legge che escludesse qualsiasi pretesa e credito senza mai interpellare i creditori. Tutto ciò rappresenta una decisione unilaterale, il massimo della negligenza costituzionale e legislativa”. Ripercorrendo le principali tappe che hanno condotto a questa decisione, l’avvocato racconta come nel 1953 il Governo della Germania Federale riuscì a far approvare una clausola in virtù della quale venivano sospese le richieste di risarcimento danno da parte dei cittadini italiani, fino ad una Conferenza di pace che si sarebbe dovuta svolgere negli anni successivi. In realtà le cose rimasero immutate fino al 1990, all’indomani della riunificazione tedesca, quando la moratoria dei pagamenti venne considerata finalmente interrotta. A partire da questa data, giunsero contro la Germania migliaia di cause, provenienti da parte di tutti i paesi coinvolti nella guerra. EDITORIALE Migliaia di italiani, superstiti tra quanti hanno dovuto trascorrere oltre venti mesi nei lager del terzo Reich, attendono, dopo sessantanni, ancora giustizia. Il 12 agosto 2000, essi videro nei provvedimenti di indennizzo deliberati dal Governo tedesco un nobile avvio al superamento dei più tristi ricordi, quale quello dei due maggiori torti che erano stati loro inferti: l’arbitraria privazione dello stato di prigionieri di guerra con la conseguente eliminazione della possibilità di protezione della C.R. Internazionale e la successiva costrizione ad un lavoro forzato. Ricordiamo che da tale data – istitutiva della Fondazione “Memoria, Responsabilità e Futuro”, voluta dal Governo della Repubblica federale di Germania, su sollecitazione di alcuni governi stranieri, in cooperazione con ditte private ed enti governativi e non governativi tedeschi – quanti furono definiti dal Führer IMI, Internati Militari Italiani, intravidero la possibilità di ottenere una forma, sia pur modesta, di indennizzo e vedere finalmente riconosciuta sul piano giuridico-morale la propria condizione. Gli IMI furono, come risulta da alcuni atti ufficiali, sottoposti al peggiore dei trattamenti. Se, dunque, l’esclusione degli IMI dalla categoria dei prigionieri di guerra è stata causa di privazioni e di maltrattamenti nel corso del secondo conflitto mondiale essendo negata, grazie a tale qualifica, 4 l’applicazione nei loro 3 Primo piano 4 4 confronti delle norme in materia di diritto bellico e, in particolare, di quelle contenute nella Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929 sul trattamento dei prigionieri di guerra, sembrava che tale esclusione consentisse loro invece di beneficiare della normativa prevista per l’istituzione della citata Fondazione “Memoria, Responsabilità e Futuro” proprio per la loro particolare qualifica di internati e non già di prigionieri di guerra. Grave delusione aveva rappresentato il lodo emesso, su richiesta del governo germanico, da un illustre giurista tedesco che, come per irrisione, ha riconosciuto dopo quasi sessantanni il loro effettivo stato di prigionieri di guerra, ma solamente allo scopo di poterli escludere da ogni forma di indenizzo. Di fatto, il governo germanico, il quale sembrava desideroso di realizzare un’operazione di catarsi destinata a chiudere un capitolo di una triste vicenda storica, è pervenuto alla conclusione che, essendo in atto un conflitto bellico, gli IMI dovevano essere considerati come veri e propri prigionieri di guerra e pertanto esclusi da forme risarcitorie previste dall’atto istitutivo della Fondazione, pur riconoscendo la loro dura e pesante condizione di prigionieri senza tutela e facendo appello alla comprensione (Verständnis) del governo italiano per la posizione assunta e il convincimento raggiunto. Anche in questa sede è opportuno 4 rammentare che Si pensava di dover far fronte a circa 2.000 richieste italiane; invece all’OIM, l’organizzazione icaricata dalla Fondazione tedesca per accogliere e liquidare le domande, ne giunsero circa 120.000. “Rendendosi conto di non avere a disposizione una quantità di denaro sufficiente a coprire le richieste pervenute, la Germania decise di considerare gli ex internati militari italiani, che rappresentano la parte numericamente più consistente dei richiedenti, prigionieri di guerra. Poichè i prigionieri di guerra non possono veder riconosciuti indennizzi di alcun genere si è pensato in questo modo di cancellare in un colpo solo circa 117.000 domande”. È su questo punto che si basa la causa presentata al TAR di Berlino alla Corte Costituzionale tedesca. “Si tratta di ribadire che questo atto è totalmente illegale perchè contraddice al principio del trattamento di uguaglianza e lede soprattutto il principio del diritto al ricorso, imprescindibile in ogni stato civile”. Per quanto riguarda le reazioni a questo diniego della Corte Costituzionale tedesca, da un punto di vista legale, “probabilmente – ha spiegato ancora Lau – sarà inevitabile chiedere a livello internazionale l’intervento di un giudice che valuti ancora una volta la questione in un ambito ed in un’atmosfera più imparziale. Dalla pubblicazione della decisione ci sono sei mesi di tempo per ricorrere presso la Corte Internazionale dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Esistono però anche altre possibilità: non è escluso ad esempio che tutti i 4.200 ex IMI che hanno fatto ricorso attraverso il mio studio si rivolgano ad un tribunale italiano per agire contro la Germania”. Al di là di quanto si riuscirà effettivamente ad ottenere da queste nuove strategie legali si acuisce l’amarezza per un atteggiamento di chiusura che negli ultimi anni sembra aver coinvolto anche le richieste di risarcimento provenienti dai deportati civili. I risarcimenti possono oggi venire accordati solo a chi riesca a dimostrare di essere stato in un campo di sterminio (KZ). Il segretario generale dell’ANRP, Enzo Orlanducci, ha precisato che: “l’Associazione non abdicherà mai al dovere di tutelare, in ogni sede i propri associati. Dopo l’ordinanza n. 5044 delle sezioni civili riunite della suprema Corte di Cassazione, che non entra, nè lo poteva, nel merito del tema “indennizzo”, ma, con innovazione rispetto al passato, afferma, per una serie di considerazioni giuridiche, di carattere nazionale ed internazionale, che si può adire al Giudice italiano per richiedere un risarcimento danni patrimoniali e non patrimoniali allo Stato che li abbia causati per avere commesso un reato contro i diritti universali. Per la sommatoria di note considerazioni realistiche non si possono nascondere le difficoltà e la convenienza di rivolgersi singolarmente, per gli aventi diritto, alla magistratura italiana per quanto sopra si sta studiando, dove è possibile, di intraprendere DOMANDE PRESENTATE DA CITTADINI DI ORIGINE ITALIANA PER IL PROGRAMMA TEDESCO DI INDENNIZZO PER GLI EX LAVORATORI FORZATI SOTTO IL REGIME NAZISTA Primo piano cause collettive”. Orlanducci ha inoltre dichiarato che: “prima di fare qualsiasi passo, è necessario attendere la pubblicazione della decisione della Corte Costituzionale tedesca per decidere le strategie incluso l’eventuale appello alla Corte Europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo”. Michele Montagano, l’ex deportato che ha intentato la causa civile presso la Corte Costituzionale tedesca, consigliere nazionale dell’Associazione, ha spiegato che “non erano infrequenti casi di commistione tra lo status di prigioniero militare e quello di deportato civile”. Questa particolare situazione fu vissuta in prima persona dal Montagano: “Quando venni fatto prigioniero svolgevo il mio compito di ufficiale tra le province di Gorizia e Lubiana. I tedeschi ci sorpresero al mattino, nei locali di una caserma abbandonata. Ci chiesero se volevamo unirci a loro o subire un’altra sorte. Rifiutammo di allearci e fummo deportati; io avevo ventidue anni”. Trasferito nel campo di concentramento di Torun, vicino a Danzica, Montagano viene censito come prigioniero di guerra. “Ci chiamavano internati militari e non avevamo diritto alla protezione della Croce Rossa internazionale. L’unico diritto rispettato era quello stabilito dalla Convenzione di Ginevra per cui gli ufficiali, diversamente dai sottufficiali e soldati, non dovevano essere impiegati come forza lavoro”. Nel ’44 in base ad un accordo ratificato tra Mussolini ed Hitler, gli ufficiali dell’esercito italiano prigionieri in Germania vennero dichiarati civili e costretti a lavorare. “Ci hanno fatto uscire dal campo di concentramento e ci hanno consegnato un congedo. In pratica durante il mio periodo di prigionia sono stato considerato prima internato militare, privandomi di ogni diritto, e poi deportato politico per sabotaggio sul posto di lavoro obbligatorio in un campo di rieducazione al lavoro”. Orlanducci vuole rassicurare, attraverso “rassegna”, che “tutti i soci, che abbiano delegato l’Associazione a rappresentarli in tutte le procedure anche legali, sia nell’ambito nazionale che internazionale, nei confronti della Germania per i noti fatti relativi al lavoro coatto nel periodo 1943/45, riceveranno tempestive informazioni”. ● (fonte OIM al 31-12-2001) •2.050 Ex lavoratori in condizioni di schiavitù (KZ) • 110.000 Ex Internati Militari Italiani (IMI) •• 1.770 Viventi •• 280Eredi •• 99.000 Viventi •• 11.000 Eredi • 320 Ex Internati di origine slava • 7.000 Ex Internati Civili ••305 Viventi •• 15 Eredi •• 6.500 Viventi •• 500 Eredi TOTALE: 119.370 4 l’assunzione di una posizione conforme al diritto, o ritenuta tale, prescinde da ogni riferimento alla comprensione, dato che il diritto e la comprensione si riferiscono a livelli diversi, ugualmente percorribili validamente, ma senza possibilità di intersecazione. Inoltre si vuole evidenziare, oltre l’inattendibilità della conclusione cui l’esperto è pervenuto, il rilievo per il quale “il governo tedesco, anziché giovarsi di una Commissione eventualmente mista, cioè italo-germanica, ha fatto riferimento al parere di una sola persona allo scopo di arrivare al risultato di negare su basi giuridiche soddisfazione alle richieste di indennizzo”. Dopo la decisione, a nostro avviso sorprendente, della Corte Costituzionale tedesca e il prevedibile allineamento a tale decisione del Tribunale Amministrativo di Berlino, appare ormai improbabile un ripensamento della Germania sulle posizioni assunte nei confronti degli ex internati italiani senza un’appropriata azione diplomatica da parte del governo italiano. L’ANRP, a tutela dei propri associati, è intenzionata a promuovere ricorso alla Corte Internazionale dei diritti dell’uomo di Strasburgo in quanto è convinta che, sotto il profilo del diritto internazionale, la responsabilità continui comunque a gravare sulla Germania la quale avrebbe potuto procedere ad un risarcimento morale (la cosiddetta soddisfazione) nei confronti degli ex internti italiani (militari e civili). ● 5