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difficolta` o disturbo? - Studio di Psicologia per l`Età Evolutiva

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difficolta` o disturbo? - Studio di Psicologia per l`Età Evolutiva
DIFFICOLTA’ O DISTURBO?
Uno studente italiano su cinque incontra nella sua carriera scolastica un momento di particolare difficoltà
tale da richiedere l’aiuto da parte di un esperto” (Cornoldi, 1999).
Con il termine DIFFICOLTA’ di apprendimento intendiamo qualunque difficoltà incontrata da uno studente
durante la sua carriera scolastica.
Diversi fattori possono concorrere nel determinare tale situazione, tra questi:
a.
ambiente socioculturale
b.
clima famigliare
c.
qualità dell’istituzione scolastica
d.
fattori emotivo-motivazionali
Al contrario, con il termine DISTURBO Specifico di Apprendimento intendiamo problematiche più gravi e
definite, che ostacolano il normale processo di apprendimento e riguardano lo sviluppo della competenza,
non la sua perdita (abilità di comprensione del linguaggio orale scritto, espressione linguistica, lettura,
scrittura, ragionamento o matematica).
Avendo carattere neurobiologico, il disturbo non è il risultato di:
a.
deficit neurologici
b.
problemi di natura emotiva
c.
insufficienza mentale
d.
contesto famigliare
e.
qualità dell’istituzione scolastica
La categoria dei Disturbi Specifici di Apprendimento viene convenzionalmente identificata con l’acronimo
DSA e possiamo individuare una serie di caratteristiche:
1. la specificità è determinata dal fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità
(lettura, comprensione, contare, scrivere) in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il
funzionamento intellettivo generale.
2. la discrepanza tra abilità nel dominio specifico interessato (deficitaria in rapporto alle attese per
l’età e/o la classe frequentata) e l’intelligenza generale che è adeguata per l’età cronologica. In
sostanza, l’alunno ottiene prestazioni in quell’ambito che non sono in linea con le sue risorse
cognitive.
3. la diversa espressività del disturbo nelle differenti fasi evolutive dell’abilità in questione
4. la quasi costante associazione ad altri disturbi (comorbilità) che determina una marcata
eterogeneità dei profili funzionali e di espressività
5. il carattere neurobiologico delle anomalie processuali che caratterizzano i DSA
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La scuola ha un ruolo decisivo nell’identificazione precoce dei primi segnali di un possibile disturbo e nel
successivo intervento. Oltre alle classiche misure compensative e dispensative, l'insegnante dovrebbe
tenere presente nella sua pratica di insegnamento che questi alunni presentano:
1.
lentezza di elaborazione dello stimolo
2.
ritmo lento di apprendimento
3.
facile affaticabilità nei compiti di natura scolastica
4.
presenza di deficit dominio specifici
E’ intuibile, infine, come questi ragazzi possano sviluppare disagi emotivi dovuti agli insuccessi e ai
fallimenti che sperimentano; per questo motivo si raccomanda un’attenzione particolare per le variabili
emotivo-motivazionali connesse sia allo studio sia alla personale visione di sé.
INDICI PER UNA SEGNALAZIONE PRECOCE
La diagnosi di DSA può essere posta generalmente al termine della seconda classe della scuola primaria e
ciò può essere fatto da professionisti con formazione specifica (neuropsichiatra o psicologo).
Tuttavia, perché un sospetto DSA possa giungere a diagnosi è opportuno che tutte le figure di riferimento
coinvolte nella crescita del bambino (insegnanti, genitori e pediatri) siano attenti a diversi segni di precoce
rischio evolutivo.
È bene sottolineare, infatti, che l’evoluzione dei DSA è favorita dalla precocità ed adeguatezza
dell’intervento, oltre che da un corretto approccio didattico (es. nella scelta del metodo di insegnamento e
dei passaggi necessari al consolidamento delle competenze), ma anche dalle misure compensative prese
nell'ambito del percorso scolastico.
È importante che il pediatra conosca la storia di vita del bambino, se vi sono stati problemi durante la
gravidanza o perinatali, se l’anamnesi familiare è positiva per disturbi di apprendimento in famiglia. Inoltre,
nei periodici bilanci di salute, dovrebbe rilevare se vi è un ritardo nell’acquisizione delle principali tappe
evolutive: competenze linguistiche, motorio-prassiche, abilità visuospaziali ...
Gli insegnanti, che hanno per esperienza un quadro dello sviluppo tipico delle abilità nei bambini, possono
suggerire alla famiglia un approfondimento della situazione, qualora ritengano vi sia stato un difficile
impatto scolastico e/o un ritardo importante nell’acquisizione degli apprendimenti. Ad esempio, alla fine
della prima classe della scuola primaria il bambino dovrebbe essere in grado di (Consensus Conference,
2007):
1. associare il grafema al fonema corrispondente e viceversa;
2. raggiungere il controllo sillabico in lettura e scrittura;
3. cominciare ad automatizzare lettura e scrittura;
4. produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo riconoscibile;
5. riconoscere piccole quantità;
6. leggere e scrivere i numeri entro venti;
7. calcolare oralmente entro la decina anche con supporto concreto.
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In generale, possiamo dire che le figure professionali (Cornoldi, 1999) che possono offrire, se pure con ruoli
diversi, un aiuto concreto alla scuola e alla famiglia sono:
1. il neuropsichiatria che dovrebbe accertarsi della presenza di alcuni criteri di esclusione del Disturbo,
es. approfondimento neurologico, quando necessario;
2. lo psicologo che dovrebbe verificare la presenza dei criteri di inclusione e di alcuni di esclusione del
disturbo (es. ritardo mentale), ed inoltre dovrebbe interrogarsi rispetto alle variabili emotive,
motivazionali e cognitive che possono influenzare la riuscita negli apprendimenti;
3. il pedagogista che si dovrebbe occupare della comunicazione-collaborazione con la scuola, in modo
da concertare il percorso riabilitativo;
4. il logopedista nel caso sia in atto o sia prevista una specifica terapia abilitativa linguistica
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