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7. I magazzini industriali
7. I magazzini industriali Introduzione I sistemi di stoccaggio e distribuzione dei materiali fanno parte integrante di ogni sistema logistico, e rappresentano l’anello della catena che congiunge produttori e consumatori. Negli anni il ruolo e l’importanza del sistema magazzino è notevolmente mutato all’interno della supply chain, passando da uno tra i tanti anelli della catena logistica a anello fondamentale per far sì che il sistema logistico sia in grado di erogare servizio logistico, inteso nella sua concezione più ampia come capacità di rendere disponibile il prodotto giusto nel posto giusto, al momento giusto, e al costo giusto. Funzioni e ruolo del magazzino In generale il sistema distributivo (inteso come insieme delle risorse e delle strutture, aziendali ed extra-aziendali, mediante le quali i beni e i relativi servizi vengono venduti e trasferiti ai clienti) è costituito da due strutture sinergiche ma concettualmente distinte: - canale logistico; - canale commerciale. Il canale logistico è in particolare costituito da una rete distributiva che consente di assolvere ai compiti di concentramento delle merci provenienti da una molteplicità di fornitori, di selezione/smistamento e trasporto delle stesse alle destinazioni finali. I nodi della rete distributiva sono rappresentati dai magazzini (o equivalentemente depositi) mentre i sistemi di trasporto connettono i diversi nodi. Il canale commerciale è solitamente rappresentato, invece, da tutte quelle strutture ed attività volte alla collocazione (vendita) del prodotto al cliente finale nei tempi, nei modi e nelle posizioni definite dalle politiche di marketing. I magazzini svolgono normalmente, all’interno della rete logistica, una duplice funzione: quella di “contenitori” delle merci mantenute a scorta e quella di “trasformatori” dei flussi in ingresso in flussi in uscita, tale trasformazione riguarda sia gli andamenti temporali dei 225 Appunti per il corso di Logistica Industriale flussi sia la composizione delle unità di carico. Per esempio, nel caso di un centro distributivo operante nel settore dei beni di largo consumo, i flussi in ingresso dipendono dalle modalità di rifornimento concordate con i fornitori mentre i flussi in uscita dipendono dalle modalità con cui vengono effettuate le consegne presso i punti di vendita al dettaglio. La progettazione di un magazzino, caratterizzato da una specifica collocazione nella rete logistica, richiede dunque la definizione delle caratteristiche quantitative e qualitative del flusso dei materiali a esso facenti capo e quindi l’analisi dettagliata delle relazioni di interfaccia con i segmenti del sistema logistico situati a monte e a valle. La verifica di tali relazioni, come pure la definizione del “ruolo” specifico del magazzino nel contesto del sistema logistico, devono essere considerate parti integranti — preliminari — della fase di progettazione. Classificazione ed evoluzione delle funzionalità Il sistema magazzino può essere rappresentato come una black box che permette di svincolare, sia da un punto di vista quantitativo che da un punto di vista qualitativo i flussi in ingresso dai flussi in uscita. Tramite questa operazione, è possibile generare economie sostanziali: svincolando i flussi da un punto di vista temporale, è possibile generare economie connesse con gli approvvigionamenti (costo di ordinazione, sconti quantità, promozioni) o con l’ottimizzazione dei lotti di produzione. Svincolando i flussi da un punto di vista qualitativo, invece, è possibile effettuare operazioni di consolidamento dei carichi che permettono di ridurre notevolmente l’incidenza dei costi di trasporto. Quando si parla di sistemi per lo stoccaggio e la movimentazione dei materiali, ci si trova ad avere a che fare con una terminologia abbastanza confusa. Per identificare tali sistemi, si possono individuare infatti diversi termini tra loro sinonimi nel linguaggio comune. Termini come deposito, magazzino, centro di distribuzione, transit point, piattaforma, nodo vengono spesso utilizzati per una stessa struttura, anche se in realtà, questi termini hanno significati differenti quando si approccia il problema da un punto di vista logistico. 226 Appunti per il corso di Logistica Industriale Mantenendo per ora questa ambiguità, si possono in prima battuta classificare i depositi in funzione del ruolo occupato dal deposito stesso nella supply chain. Si parla allora di deposito di fabbrica, distinguendoli dai depositi distributivi. I depositi di fabbrica si possono a loro volta distinguere in depositi materie prime, depositi interoperazionali e depositi prodotti finiti. I primi sono depositi in cui vengono stoccate le materie prime provenienti da diversi fornitori, in attesa che queste vengano utilizzate dal processo produttivo. I magazzini interoperazionali sono invece depositi di fabbrica che vengono inseriti tra una fase e l’altra del processo produttivo, in modo da disaccoppiare le fasi stesse. Infine i depositi prodotti finiti, che raccolgono il prodotto “versato” dalle linee produttive e messo a scorta in attesa di essere venduto. Nell’ottica tradizionale, il magazzino prodotti finiti veniva visto come un deposito di fabbrica, oggi si tende invece ad inserire questo elemento come testa della catena distributiva. I depositi distributivi sono invece i sistemi che nella catena logistica si possono inquadrare come facenti parte del sistema distributivo vero e proprio. Utilizzando un approccio “tradizionale”, la distinzione che veniva fatta tra i depositi del sistema distributivo era tra depositi centrali e depositi periferici. Tale distinzione si basava principalmente sulla dimensione degli stessi depositi e sul relativo bacino di utenza. I depositi centrali erano quindi i depositi di grandi dimensioni, riforniti in ingresso direttamente dalla fabbrica ed in grado di servire un’area territoriale più o meno vasta, mentre i depositi periferici erano invece depositi di piccole dimensioni, dislocati territorialmente vicino al bacino di utenza, che venivano riforniti dal deposito centrale ed utilizzati per servire i punti vendita presenti sul territorio. Con una struttura distributiva tradizionale a diffusione capillare sul territorio, di cui una schematizzazione viene riportata in Figura 7.1 le aziende erano in grado di rifornire un certo bacino di punti vendita e di distribuire i prodotti sul territorio, garantendo un certo livello di servizio ad un certo costo logistico complessivo. La logica del sistema è in questo caso di tipo push, con sistemi “production oriented”. Tali sistemi cercano cioè prima di tutto di ricercare il minimo costo di produzione, minimizzando i set up e le fermate per cambio produzione con grandi lotti produttivi. Tali lotti, se eccedenti la domanda, venivano messi a scorta in attesa di essere venduti. Per i magazzini è prioritaria quindi la capacità di stoccaggio rispetto alla distribuzione. 227 Appunti per il corso di Logistica Industriale Sistema produttivo Depositi centrali Depositi periferici Punti vendita Figura 7.1: Struttura logistica distributiva tradizionale. La struttura tradizionale appena descritta è andata modificandosi ed evolvendosi profondamente negli ultimi anni, per rispondere ad esigenze di costo e di efficienza. Come visto nel capitolo dedicato alla gestione delle scorte, l’ultimo decennio ha visto le aziende cercare un vantaggio competitivo nell’eccellenza del servizio con bassi livelli di scorte. Lo stesso servizio o addirittura un servizio migliore viene quindi garantito attraverso l’efficienza dei processi, dei flussi di materiali e di informazioni attraverso la rete, piuttosto che tramite livelli di scorte elevati in grado di far fronte alle richieste del cliente. Questo obbiettivo ha comportato un profondo rinnovamento della struttura distributiva delle aziende moderne, ed in particolare un “dimagrimento” della rete, con riduzione della giacenza lungo il canale che congiunge produttori e consumatori. Una prima conseguenza di questo processo di snellimento è la drastica riduzione del numero di depositi centrali e periferici. Per quanto riguarda i depositi centrali, oltre ad essere ridotti in numero e concentrati in aree geografiche baricentriche, la loro focalizzazione funzionale si basa sulla capacità di smistamento e distribuzione della merce piuttosto che sulla capacità di stoccaggio. Per enfatizzare questo aspetto, nei moderni sistemi distributivi non si adotta più la terminologia deposito o magazzino, che guarda alla struttura in un’ottica di capacità di stoccaggio dei 228 Appunti per il corso di Logistica Industriale materiali, ma si parla piuttosto di centri di distribuzione, cercando in questo modo di porre l’accento e sottolineare la capacità della struttura di coordinare e smistare i flussi di materiale che la attraversano. Per quanto riguarda i depositi periferici, si assiste ad un processo evolutivo simile, se non ancora più accentuato, a quello dei depositi centrali. Oltre alla già citata riduzione in numero, si cerca per quanto possibile di modificarne la funzionalità del deposito periferico facendolo evolvere da deposito verso la struttura del transit point. I transit point possono essere visti come CEDI in cui viene meno la funzione di stoccaggio, mentre rimangono solamente le funzioni di smistamento e di distribuzione. Nel transit point quindi i flussi di merce in ingresso permangono per il tempo strettamente necessario per il loro smistamento e la loro spedizione verso le rispettive destinazioni. Esempi di transit point sono gli interporti di Dinazzano e di Fontevivo, dove lo smistamento avviene con cambiamento elle modalità di trasporto. Figura 7.2 viene riportata una schematizzazione di una struttura distributiva evoluta in grado di rispondere alle esigenze di snellimento sopra citate. Sistema produttivo Centro di Distribuzione CEDI Depositi periferici & Transit point TP DP TP Punti vendita Figura 7.2: struttura distributiva “snella”. 229 Appunti per il corso di Logistica Industriale la logica del sistema è una logica di tipo pull piuttosto che push, con le informazioni che risalgono a ritroso nel sistema distributivo. I punti vendita emettono quindi degli ordini ai pochi depositi periferici o direttamente al CEDI, il quale viene rifornito dal sistema produttivo flessibile degli ordini mancanti. Il raggruppamento dei depositi centrali in un unico o in pochi CEDI permette di ottenere benefici sostanziali grazie al pooling dell’inventory. Il CEDI provvede alla spedizione delle merci verso i transit point, dove gli ordini vengono consolidati e spediti ai singoli clienti. Per alcune aree o prodotti strategici può essere mantenuto un deposito periferico, mentre per clienti particolarmente importanti, il rifornimento può avvenire direttamente dal CEDI. Ai diversi livelli della catena, è prioritaria la capacità di smistamento e distribuzione. Alla luce delle considerazioni fatte, appare ora chiara la distinzione concettuale tra i diversi sinonimi utilizzati nel linguaggio comune per identificare un sistema di stoccaggio e distribuzione dei materiali. il termine deposito o magazzino, pone l’accento in primo luogo sulla capacità del sistema di stoccare merce, e in secondo luogo sulla funzione di smistamento e distribuzione; viceversa, quando si parla di centri di distribuzione, si vuole enfatizzare la capacità del sistema di allestimento ordini rapida ed efficace. Infine, transit point o piattaforma o nodo indica un centro distributivo in cui sottolinea ulteriormente la funzione di smistamento ed in cui viene invece meno la funzione di stoccaggio. Specificata questa differenza concettuale sulla terminologia, e vista l’enfasi che negli ultimi anni è stata posta su concetti quali riduzione delle scorte, aumento della rotazione, struttura distributiva snella, servizio al cliente, capacità di allestimento ordini rapido ed efficace, si analizzano nel seguito le caratteristiche di un sistema di stoccaggio e distribuzione dei materiali con riferimento alla struttura di un CEDI, questo anche quando, per semplicità, si utilizzeranno termini come deposito e/o magazzino. Aree funzionali di un magazzino Un magazzino può essere visto come un insieme integrato di aree funzionali, all’interno delle quali vengono svolti specifiche operazioni e processi. L’organizzazione e la 230 Appunti per il corso di Logistica Industriale progettazione razionale e coerente delle diverse aree e l’integrazione tra le stesse è la base che permette al magazzino di svolgere la sua funzione in maniera efficiente ed efficace. Le principali aree funzionali di un magazzino di estremità possono quindi essere individuate nell’area di ricevimento merce, l’area di stoccaggio, l’area di allestimento ordini e l’area di spedizione. Accanto a queste quattro aree per così dire tradizionali, se ne è aggiunta una quinta, rappresentata dall’area di gestione resi, imballaggi e prodotti dismessi. Tali arre vengono rappresentate nella Figura 7.3. L’importanza e la criticità di ogni singola area rispetto alle altre è in stretta relazione con il tipo di magazzino. È da notare come la successione delle diverse aree funzionali rispecchi l’andamento del flusso dei materiali all’interno del magazzino stesso. Questa è la tendenza che si cerca infatti di perseguire nella realizzazione del layout del magazzino, in modo da minimizzare i costi di movimentazione del magazzino (fa eccezione l’area funzionale di gestione del sistema rappresentata dall’area uffici, la quale non è interessata da flussi di materiale). Figura 7.3: schema delle aree funzionali di un magazzino di estremità. Sistemi di stoccaggio manuale di unità di carico pallettizzate Per quanto riguarda i magazzini relativi ad unità di carico pallettizzate, la tipologia più semplice di magazzino è rappresentata dal cosiddetto magazzino statico a catasta, di cui un esempio viene riportato in Figura 7.4. 231 Appunti per il corso di Logistica Industriale Figura 7.4: magazzino a catasta. In questo caso le unità di carico vengono stoccate le une sulle altre costituendo delle cataste. Tra le file viene lasciato uno spazio adeguato per i corridoi, necessari per la movimentazione dei pallet tramite carrelli a forche. Per poter sviluppare in altezza la catasta è necessaria che pallet utilizzati siano reversibili ed è inoltre richiesta la sovrapponibilità delle unità di carico, le quali devono sostenere il carico senza schiacciarsi. I magazzini a catasta sono caratterizzati da un elevato valore del coefficiente di sfruttamento superficiale e volumetrico, grazie allo sviluppo superficiale della catasta; anche i costi relativi a questa soluzione sono alquanto ridotti, dal momento che non sono richieste strutture di immagazzinamento delle unità di carico quali ad esempio scaffalature metalliche e che spesso si tratta di magazzini ubicati all’aperto (in questo caso le unità di carico devono essere adeguatamente protette dagli agenti atmosferici). I magazzini a catasta sono infine altamente riconfigurabili, dal momento che modifiche nel layout del magazzino possono essere apportate senza richiedere oneri eccessivi. Per contro i magazzini a catasta sono invece caratterizzati da una bassa selettività (è espressa dal rapporto tra il numero di unità di carico direttamente accessibili, e la ricettività del magazzino, ove per ricettività si intende la quantità complessiva di merce che può essere stoccata nel magazzino), selettività che cresce leggermente se valutata in termini di gruppi e non di singolo pallet (ogni catasta è infatti 232 Appunti per il corso di Logistica Industriale costituita da unità di carico tra loro omogenee); anche la potenzialità di movimentazione (espressa in unità di carico movimentate nell’unità di tempo, solitamente [u.d.c/ora], esprime il flusso gestibile di movimentazione del magazzino; occorre specificare se la potenzialità si riferisce a soli flussi in ingresso, a soli flussi in uscita, oppure al caso generale in cui nel magazzino sono contemporaneamente attivi sia i flussi in ingresso che in uscita) può risultare ridotta, dal momento che può essere difficile l’accesso alle unità di carico. Un secondo esempio di magazzino statico è rappresentato da magazzini a scaffalatura di tipo drive in o drive through. Si tratta quindi di un sistema adatto quando le unità di carico non sono sovrapponibili. Un esempio di magazzino drive in è mostrato in Figura 7.5. Figura 7.5: magazzino drive in o drive through. La filosofia è la stessa del magazzino a catasta, solo che per sostenere le colonne si utilizzano delle scaffalature metalliche 1 . Nel caso di magazzini drive in o drive through i correnti sono in realtà delle mensole sulle quali si appoggiano le estremità del pallet. Questo consente al carrello a forche di entrare lungo la scaffalatura per prelevare le u.d.c. 1 dal punto di vista della terminologia, una scaffalatura si compone di montanti, rappresentati dagli elementi verticali, e da correnti, che sono invece le strutture di sostegno orizzontale della scaffalatura. Lo spazio di scaffalatura compreso tra due correnti consecutivi e due montanti consecutivi si chiama vano. 233 Appunti per il corso di Logistica Industriale Occorre precisare che a tal fine, per avere una larghezza sufficiente per il carrello, è importante che le u.d.c. siano stoccate e quindi inforcate per il lato lungo del pallet. Si distingue la tipologia drive in dalla drive through a seconda che l’immissione e l’estrazione del pallet in una fila avvengano dallo stesso lato o da lati opposti; nel primo caso, struttura drive in, si avrà infatti una gestione LIFO (last in first out delle merci) (Figura 7.6) mentre nell’altro, struttura drive through, si ha invece una gestione FIFO (first in first out) delle movimentazioni, particolarmente adatta nel caso di merci deperibili. Figura 7.6: magazzino drive in. Magazzini drive in o drive through sono caratterizzati da una maggior utilizzo volumetrico rispetto ai magazzini a catasta, dal momento che si raggiungono altezze di impilamento superiori, a fronte però di costi più elevati per la presenza di scaffalature. La selettività rimane ridotta, come nel caso delle cataste. I magazzini con scaffalature bifrontali, come ad esempio quello riportato in Figura 7.7, rispetto al caso di magazzino drive in o drive through, si differenziano per i correnti che sono dei veri e propri ripiani su cui appoggiare le unità di carico. Si tratta sempre di magazzini statici, ma caratterizzati da una selettività unitaria dal momento che tutte le unità di carico sono direttamente accessibili per le operazioni di prelievo. 234 Appunti per il corso di Logistica Industriale Figura 7.7: magazzini a scaffalature bifronti. Si tratta di soluzioni più efficienti da questo punto di vista, ma che richiedono per contro investimenti più elevati dati principalmente dal costo delle scaffalature. Anche i coefficienti di utilizzazione superficiale e volumetrico sono ridotti rispetto ai magazzini a catasta. In realtà i parametri di performance di un magazzino a scaffalature bifrontali dipende fortemente dai mezzi scelti per la movimentazione delle unità di carico, dal momento che a seconda dei mezzi scelti varia la potenzialità di movimentazione, ma anche l’ampiezza dei corridoi e l’altezza di impilamento sulle scaffalature, quest’ultima dipendente dall’altezza raggiungibile dalle forche, e quindi di conseguenza anche i coefficienti di utilizzazione superficiale e volumetrico. 235 Appunti per il corso di Logistica Industriale Passando ai magazzini dinamici per unità di carico pallettizzate, una prima tipologia è rappresentata dal cosiddetto magazzino a scaffali traslanti, la cui schematizzazione è riportata in Figura 6.8. Figura 6.8: magazzini a scaffalature mobili. 236 Appunti per il corso di Logistica Industriale Si tratta di una soluzione particolarmente adatta allo stoccaggio di unità di carico di caratterizzate da movimentazioni ridotte, dal momento che i tempi di movimentazione sono notevolmente affetti dal tempo necessario per lo spostamento delle scaffalature. Inoltre anche i costi di investimento sono piuttosto elevati per il costo delle scaffalature stessa. Per contro questi tipi di magazzini permettono di ottenere valori elevati del coefficiente di utilizzazione superficiale e volumetrico, fattore che li rende vincenti laddove si hanno disponibili spazi fortemente ridotti. Anche la selettività risulta particolarmente ridotta. Particolarmente adatti alla gestione FIFO delle unità di carico sono i magazzini dinamici live storage. Questo tipo di magazzini è caratterizzato da scaffalature inclinate sulle quali scorrono le unità di carico, così come riportato in Figura 7. 7.9. Solitamente il piano di scorrimento è a rulli in modo da facilitare lo scorrimento stesso. Le operazioni di stoccaggio e di prelievo avvengono dalle parti opposte, consentendo così che la prima unità depositata sia anche la prima ad essere prelevata. Figura 7.9: magazzino dinamico live storage. Solitamente ad ogni canale delle scaffalature è assegnata una ben precisa linea d’ordine, cosa che rende la selettività del magazzino, valutata a livello di gruppo, elevata mentre è piuttosto scarsa la selettività valutata a livello di singola unità di carico. Il coefficiente di utilizzazione superficiale e volumetrico sono elevati, a patto che ogni canale sia effettivamente riempito da linee d’ordine, il che rende il live storage efficace solamente nel caso in cui si abbiano un elevato numero di unità di carico stoccate per ogni gruppo. Le stesse considerazioni viste per i magazzini live storage si possono ripetere per i magazzini dinamici con canali in contropendenza come quello riportato in Figura 7.10. 237 Appunti per il corso di Logistica Industriale Figura 7.10: magazzini dinamici con canali in controtendenza. La differenza sostanziale rispetto al live storage è rappresentata dal fatto che in questo caso, dal momento che lo stoccaggio ed il prelievo avvengono dalla stessa parte, il magazzino è adatto per una gestione LIFO delle scorte. Sistemi di stoccaggio di unità di carico di piccole dimensioni Dopo aver passato in rassegna le principali tipologie di magazzini utilizzati nel caso di stoccaggio di unità di carico pallettizzate si passano ora ad analizzare i sistemi di deposito utilizzati invece per lo stoccaggio di unità di carico di piccole dimensioni. Si tratta in questo caso dei magazzini in cui vengono effettuate operazioni di picking (prelievo frazionato di diverse linee d’ordine). In questo caso è necessario distinguere tra due filosofie di stoccaggio: operatore verso materiali, in cui i materiali rimangono fissi e l’operatore si muove prelevando di volta in volta le linee d’ordine di interesse (magazzini statici), e materiali verso operatore, in cui invece i materiali vengono movimentati mentre l’operatore rimane fermo durante le operazioni di prelievo delle linee d’ordine (magazzini dinamici). Nel caso di sistema operatore verso materiali i sistemi più diffusi sono rappresentati dalle scaffalature, e le cassettiere, mentre nel secondo caso di materiali verso operatore si hanno sistemi quali caroselli (orizzontali e verticali) ed i miniload. 238 Appunti per il corso di Logistica Industriale Per quanto riguarda i sistemi operatore verso materiale la filosofia con cui avviene la movimentazione delle linee d’ordine è quella di mantenere le stesse fisse all’interno del magazzino mentre l’operatore si muove a piedi o a bordo di carrelli commissionatori tra le stesse prelevando di volta in volta quelle necessarie per l’evasione dell’ordine. Un primo sistema adottabile è quello delle scaffalature; tale sistema comporta un costo non particolarmente elevato garantendo parallelamente un elevata riconfigurabilità. Per contro il coefficiente di sfruttamento volumetrico è piuttosto basso dal momento che le parti sono appoggiate sopra ai piani delle scaffalature ed è necessario lasciare uno spazio adeguato per la loro movimentazione. Un sistema che consente uno stoccaggio maggiormente intensivo, offrendo parallelamente protezione al materiale stoccato è rappresentato dalle cassettiere, di cui un esempio viene riportato in Figura 7.11. Figura 7.71: cassettiere modulari tradizionali. Tale sistema è adatto però solo per la movimentazione di prodotti di dimensione molto ridotta. Anche il costo è inoltre maggiore rispetto all’utilizzo di scaffalature. Il sistema rimane altamente riconfigurabile variando la disposizione delle cassettiere e lo spazio disponibile per ciascuna linea d’ordine. Anche nel caso di unità di carico di piccole dimensioni si possono utilizzare sistemi di stoccaggio a scaffali mobili, del tutto identici, dal punto di vista funzionale a quelli visti per le unità di carico pallettizzate. In Figura 7.82 viene riportato un esempio per certi versi 239 Appunti per il corso di Logistica Industriale lontano dal mondo dell’industria ma tuttavia abbastanza esplicativo di questa filosofia di stoccaggio. Figura 7.82: sistemi a scaffali mobili per u.d.c. di piccole dimensioni- una libreria. Tale sistema è in grado di massimizzare il coefficiente di sfruttamento superficiale e permette inoltre di offrire alle merci un adeguato livello di protezione. Quando si ha a che fare con magazzini che devono assicurare potenzialità di movimentazione particolarmente elevate, e quando gli oggetti da movimentare sono di dimensioni non troppo elevate, conviene orientarsi verso una filosofia di stoccaggio materiali verso operatore. In questo caso infatti l’operatore rimante fermo mentre sono i materiali a muoversi portandosi in prossimità dell’operatore stesso. Si eliminano in questo modo i tempi persi per gli spostamenti dell’operatore, tempi che rappresentano la quota maggiore del tempo totale di prelievo nei sistemi operatore verso materiale. I sistemi di stoccaggio che adottano la filosofia materiali verso operatore più diffusi a livello industriale sono i caroselli ed i miniload. I magazzini a carosello orizzontale, di cui un esempio viene riportato in Figura 7.13 Figura 7.9, constano di vani motorizzati che si muovono su di un percorso orizzontale in modo da portare la colonna di interesse in prossimità dell’operatore che rimane invece fisso. 240 Appunti per il corso di Logistica Industriale Figura 7.93: magazzini a carosello orizzontale. Il prelievo avviene su un piano fisso verticale ad altezze variabili tra 0÷2 m. In alcuni casi si può arrivare ad altezze fino a 4 m, con operatore che si trova su una piattaforma sollevabile. La movimentazione del carosello può essere schedulata direttamente da un computer centrale sulla base degli ordini oppure gestita dall’operatore. La produttività di questi sistemi è particolarmente elevata, potendo arrivare a 250 linee d’ordine/h. In ogni caso la potenzialità risulta fortemente influenzata dalle modalità di gestione. Nel caso di caroselli verticali (v. Figura 7.104) la direzione del moto è invece verticale e il prelievo avviene sempre alla stessa altezza su un piano orizzontale. Figura 7.104: magazzino a carosello verticale. 241 Appunti per il corso di Logistica Industriale Questi sistemi sono quindi preferibili da un punto d vista ergonomico, inoltre rispetto ai caroselli orizzontali consentono di sfruttare appieno lo spazio dedicato (nei primi le altezze sono limitate dall’altezza raggiungibile dall’operatore); essi offrono inoltre maggiore protezione alle parti stoccate. Per contro i caroselli verticali costano circa il 40% in più rispetto agli orizzontali. Un ultimo sistema di stoccaggio materiali verso operatore per parti di dimensioni ridotte è rappresentato dai cosiddetti miniload, o minitraslo; Figura 7.115: sistemi miniload. Questo sistema ricalca le caratteristiche di funzionamento di un sistema automatizzato (vedere paragrafo successivo) con trasloelevatore, differenziandosene essenzialmente per le dimensioni. Il fatto di movimentare oggetti di piccole dimensioni consente d’altra parte di massimizzare la velocità negli spostamenti. Tali sistemi offrono inoltre un elevata protezione dei materiali che risultano inaccessibili dall’esterno. La modularità inoltre consente di rendere tali sistemi semplici ed affidabili sia sul piano impiantistico che gestionale, dal momento che non sono richiesti costi di progettazione. Magazzini automatizzati Un ulteriore tipologia di magazzini statici è rappresentata dai magazzini automatici. Si tratta di magazzini con scaffalature bifrontali in cui i carrelli a forche utilizzati per le operazioni di carico e scarico sono sostituiti con trasloelevatori che si muovono lungo i corridoi del magazzino. 242 Appunti per il corso di Logistica Industriale Figura 7.126: magazzini automatici serviti da trasloelevatori. Nell’esempio riportato in Figura 7.126 ogni trasloelevatore gestisce le movimentazioni all’interno di un singolo corridoio, in altri casi, invece, un singolo trasloelevatore si può muovere tra i diversi corridoi tramite un binario trasversale posto in testa al magazzino. Si tratta di sistemi a selettività unitaria, dal momento che ogni vano è direttamente accessibile, i quali si prestano ad essere gestiti automaticamente tramite una unità computerizzata centrale. Il sistema di controllo gestisce il magazzino e organizza le movimentazioni sulla base di specifiche politiche impostate dall’esterno (FIFO, LIFO, ecc.), ottimizzando le variabili di processo (es. percorrenze). Il sistema consente di gestire il magazzino automaticamente con bassi costi di esercizio, assicurando elevate prestazioni in termini di potenzialità di movimentazione, ricettività e controllo (rintracciabilità) dei materiali mantenuti a scorta. Lo stoccaggio è intensivo, dal momento che i corridoi possono essere di dimensioni particolarmente ridotte (solitamente corridoi di 1,4 m sono sufficienti a garantire la movimentazione dei pallet, dal momento che non è richiesta la rotazione delle unità di carico). Il principale limite di questi sistemi è rappresentato dall’elevato costo connesso con la struttura del magazzino (autoportante o prefabbricata) e del sistema di movimentazione e controllo, che rende di fatto questi sistemi convenienti solo nel caso sia richiesta una ricettività ed una potenzialità di movimentazione particolarmente elevata. Il sistema inoltre è particolarmente rigido, dal momento che riconfigurazioni del magazzino sono possibili 243 Appunti per il corso di Logistica Industriale solo a fronte di modifiche onerose dal punto di vista economico. Su tali sistemi si tornerà abbondantemente nel seguito. Infine, un’ultima tipologia di magazzini automatici è rappresentata dai magazzini con navetta a rulliera. Questo tipo di magazzino si può illustrare con riferimento alla Figura 7.13. Rulliera mobile Scaffalatura a mensole con guide traslo navetta Figura 7.137: magazzino automatizzato speciale con navetta. Le u.d.c sono stoccate su delle scaffalature simili a quelle di un magazzino drive in. La particolarità sta nel fatto che nelle scaffalature, al di sotto delle mensole correnti che sostengono le u.d.c., sono presenti delle guide all’interno delle quali può scorrere una navetta. Tale navetta è dotata di una rulliera mobile in senso verticale, che può essere alzata ed abbassata sotto l’u.d.c per effettuare le operazioni di stoccaggio/prelievo. Per comprendere meglio il funzionamento, si analizza un ciclo di stoccaggio; del tutto simile è il caso di prelievo. Un ciclo di stoccaggio si compone delle seguenti fasi: il pallet viene caricato a bordo del traslo, munito anch’esso di rulliera, e portato in corrispondenza del vano di stoccaggio. La navetta, con rulliera alzata, si posiziona in corrispondenza del traslo ed il pallet viene trasferito a bordo della navetta. La navetta trasla lungo la scaffalatura trasportando il pallet, il quale viene quindi posizionato nel primo vano utile abbassando la rulliera ed appoggiando il pallet stesso lungo le mensole correnti. Il sistema è adatto ad una gestione di tipo FIFO delle u.d.c. il principale vantaggio rispetto a magazzini automatizzati a scaffalature bifrontali è rappresentato dalla possibilità di 244 Appunti per il corso di Logistica Industriale aumentare ulteriormente il coefficiente di sfruttamento superficiale e volumetrico, a scapito però della selettività ridotta e dei costi delle attrezzature maggiori. Aree di ricevimento merci La progettazione delle aree di ricevimento e spedizione merce viene talvolta trascurata in quanto spesso si ritiene erroneamente che tale area influisca solo marginalmente sulla efficienza complessiva del sistema di deposito. In realtà gli elementi di interfaccia del deposito con i flussi in ingresso ed in uscita sono cruciali per garantire una gestione ottimale del sistema magazzino, e, se trascurati, possono diventare dei veri e propri colli di bottiglia per il sistema stesso. Inoltre è importante fornire dei criteri di progettazione per queste aree anche in un’ottica di sicurezza, dal momento che queste sono le aree dove è statisticamente maggiore il rischio di danneggiamento dei materiali e di incidenti agli operatori addetti alle movimentazioni. Inoltre l’area di ricevimento merci è una delle più critiche in termini di possibilità di furti di merce (non tutta la merce viene scaricata effettivamente dall’automezzo). In primo luogo deve essere progettata la disposizione delle aree di ricevimento e spedizione all’interno del layout dello stabilimento. Le alternative possibili sono in questo caso due, dal momento che è possibile tenere distinte le due aree, collocandole alle estremità opposte del deposito, oppure concentrare in un'unica zona entrambe le aree. In questo caso è possibile utilizzare le stesse attrezzature di movimentazione sia per lo scarico che per il carico degli automezzi, riducendo le relative voci di costo. D’alta parte questa soluzione porta a flussi di materiali di che devono essere gestiti tenendo distinte le fasi di ricevimento (ad es. concentrate su un turno) da quelle di spedizione (spostate al turno successivo). In definitiva le aree spedizione e ricevimento devono essere distinte, se non fisicamente almeno temporalmente. Nel momento in cui il deposito risulti interessato da flussi di una certa rilevanza, si tende comunque a preferire una soluzione ad aree distinte da un punto di vista fisico. L’area di ricevimento ingloba l’insieme delle attività e delle risorse tecniche preposte allo scarico della merce in ingresso al deposito, al suo controllo, e all’unitarizzazione dei 245 Appunti per il corso di Logistica Industriale carichi in vista dello stoccaggio. L’insieme delle attrezzature e la tipologia di infrastruttura dipende sostanzialmente dal tipo di mezzo di trasporto utilizzato per il rifornimento del deposito. Le modalità di scarico e le attrezzature richieste saranno infatti diverse a seconda che la merce venga portata al magazzino su gomma, su rotaia, attraverso uno scalo marittimo o aeroportuale. Dato che il caso di gran lunga più diffuso nella pratica è il caso di trasporto su gomma, sarà questa la configurazione di riferimento per la trattazione. Prima di parlare in dettaglio dei criteri di progettazione delle banchine di scarico, si analizzano alcuni aspetti relativi le altre funzioni tipiche dell’area ricevimento merci. La prima funzione è quella di scarico merci, che consiste nello scarico delle u.d.c dal vano dell’automezzo agganciato alla banchina di scarico. Una volta che le u.d.c. sono state scaricate dagli autotreni, devono essere effettuati una serie di controlli sulle unità di carico. Questi controlli sono relativi sia alla conformità della tipologia di merce consegnata, sia alla conformità delle unità di carico: in generale infatti le unità di carico consegnate dovranno essere conformi all’ordinato da un punto di vista funzionale (l’unità non deve essere danneggiata) da un punto di vista dimensionale (le caratteristiche e le dimensioni dell’u.d.c. devono essere conformi a quanto pattuito) e da un punto di vista del sistema di identificazione (l’etichettatura non deve contenere errori). Eventuali non conformità possono richiedere la rottura e la riformazione dell’u.d.c.. Questa operazione deve essere svolta in un’area a parte, distinta dalla banchina di ricevimento merci vera e propria, per non intralciare le operazioni di ricevimento merce in corso. È bene poi prevedere delle aree che fungano da buffer interoperazionale tra le varie fasi di ricevimento merce, in modo da scollegarle tra di loro e con le attività a monte (arrivo automezzi) e a valle (stoccaggio intensivo). Infine, sono presenti nell’area di ricevimento merci alcune aree di servizio: aree per la gestione degli imballaggi in cui sono disponibili palette per la riformazione delle u.d.c., aree per il deposito delle non conformità che dovessero tornare al deposito, aree per la gestione dei rifiuti (colli danneggiati) o dei rifiuti da imballaggio (pallet danneggiati, film plastici, regette, ecc..) che si generano in grandi quantità presso le aree di ricevimento merci, aree di servizio per i conducenti degli automezzi. In cui sbrigare ad esempio le formalità burocratiche. 246 Appunti per il corso di Logistica Industriale Progettazione delle banchine di ricevimento merce Per quanto riguarda il dimensionamento delle vie di accesso e di uscita dalle banchine di carico e scarico, in linea di principio si devono prevedere si deve prevedere la possibilità per gli autotreni di manovrare comodamente intorno alle banchine stesse. L’area minima necessaria per l’inversione del moto viene riportata nella Figura 7.147.18. Figura 7.148: spazio minimo per consentire l’inversione di marcia degli autotreni. Il senso di percorrenza da adottare è antiorario, senso che permette durante le operazioni di retromarcia di avere una visuale completa delle zone di attracco. La larghezza delle vie di accesso varia tra 4 m nel caso di percorsi a senso unico, a 8 m nel caso invece di percorsi a doppio senso di marcia. Le aree relative alle vie di accesso e ai piazzali antistanti le banchine di carico e scarico è preferibile siano realizzate non tramite rivestimenti bituminosi ma con strati di ghiaia di circa 50 cm sui quali posizionare maglie in ferro e rivestimenti in cemento, questo conferisce a tali aree una maggiore portanza e quindi una maggiore durabilità. Principalmente per ragioni di razionalizzazione dei flussi, sono comunque preferibili, quando possibile, percorsi a senso unico di marcia, anche se questi risultano di lunghezza maggiore. Infine, sempre per ragion di sicurezza e di razionalizzazione è necessario tenere separati i percorsi da e per le banchine di carico/scarico da aree pedonali, ingressi e parcheggi del personale e quant’altro. 247 Appunti per il corso di Logistica Industriale La progettazione della tipologia di banchina di carico e scarico poi viene fatta in relazione allo spazio disponibile antistante le banchine stesse, come mostrato in Figura7.15. Si vede quindi che nel caso si adottino sistemi a pettine, sono necessari tra 30 e 40 m di spazio antistante la banchina stessa per permettere la manovra agevole degli automezzi. Tale spazio viene ridotto a 15÷20 m nel caso di disposizione obliqua. Spazi ancora più piccoli sono invece necessari quando si adotti un sistema di attracco parallelo al lato dell’edificio. In questo caso però deve essere possibile caricare l’autotreno lateralmente. Figura7.15: dimensioni dei piazzali antistanti le banchine di carico e scarico a seconda del sistema di attracco Per quanto riguarda il dimensionamento vero e proprio delle banchine, si deve tenere conto che la banchina deve consentire l’attracco di autotreni. Si può far riferimento a tal proposito alla Figura 7.16 248 Appunti per il corso di Logistica Industriale Porta del magazzino dedicata al carico e allo scarico del camion. Altezza del rimorchio dal suolo Muro esterno del magazzino Muro esterno magazzino Dispositivo per l’ancoraggio del rimorchio Suolo Figura 7.16: dimensionamento delle banchine di scarico/carico. Le dimensioni plausibili per la banchina, tenendo conto anche di un certo franco, sono di 2,70 m di larghezza per 2,70 di altezza. L’altezza delle banchine da terra deve portare il piano del camion alla stessa altezza del piano del magazzino. A meno che il piano dell’area di ricevimento non sia sopraelevato rispetto al piazzale, è necessario allora prevedere delle discese di attracco degli automezzi. In questo caso diventa critica la pendenza, che non deve essere troppo elevata per evitare che lo spigolo superiore del vano di carico vada ad urtare contro la parete della banchina. Per scongiurare tale pericolo si possono fare adottare vari sistemi: prevedere una rampa di discesa con zona piana immediatamente a ridosso della banchina, oppure adottare sistemi di protezione quali respingenti che tengano ad adeguata distanza il rimorchio dalla banchina o sistemi di protezione a cuscino. Attorno alla porta viene infatti solitamente attaccato un sistema di protezione in plastica a cuscino d’aria che esercita una doppia funzione: da un lato evita urti e danneggiamenti della banchina durante le manovre, dall’altro “sigilla” il vano di carico del mezzo, evitando dispersioni termiche verso il magazzino durante le operazioni di carico/scarico. Le altezza saranno quindi variabili tra 80 cm ed 1,3 m; si utilizzano poi piani di carico mobili che funzionano da piani inclinati, per permettere lo scarico di tutte le tipologie di autotreni. Chiaramente le pendenze 249 Appunti per il corso di Logistica Industriale di tali pedane non dovranno essere eccessive per permettere ai carrelli utilizzati per il carico/scarico degli automezzi di effettuare le operazioni di movimentazione in piena sicurezza. Analogamente, è necessario prevedere esternamente dei sistemi di ancoraggio dei rimorchi alle banchine, evitando così incidenti derivanti dallo spostamento degli autotreni durante le fasi di carico o scarico (non solo per manovre errate degli autotreni, la stessa inerzia dei carrelli a forche durante le manovre può provocare spostamenti rilevanti di rimorchi non ancorati). La caduta dei carrelli a forche al di fuori della banchina di carico rappresenta il rischio maggiore durante le operazioni di scarico e carico automezzi per cui è necessario prendere tutte le misure necessaria per scongiurare tale pericolo. Per quanto riguarda infine il numero di banchine da realizzare, è necessario valutare l’intensità del flusso di materiale in entrata/uscita dal deposito. Al solito il numero di banchine dipende dal rapporto tra richiesta di servizio (flussi di materiale) e tempo disponibile per effettuare le operazioni (dipendente ad esempio dalla natura delle merci – deperibilità). In alcuni casi possono essere adottati anche sistemi di carico e scarico automatici, i quali permettono di ridurre drasticamente i tempi necessari per le operazioni. Questi sistemi richiedono una preventiva standardizzazione delle unità di carico dell’altezza degli automezzi su cui caricare le stesse. I sistemi di carico scarico automatico funzionano trascinando lungo il pianale dell’autotreno le unità di carico da scaricare tramite l’utilizzo di funi o catene motorizzate, oppure si utilizzano rulliere appositamente alloggiate nel vano di stoccaggio. Con questo sistema si abbattono in maniera considerevole i tempi di scarico dell’automezzo (33 pallet vengono scaricati in circa 5 minuti) La maggior parte delle considerazioni che sono state fatte relativamente ai criteri progettuali per le banchine di ricevimento merce, si possono estendere anche alle banchine di spedizione. 250 Appunti per il corso di Logistica Industriale Progettazione delle aree di stoccaggio manuali Una volta analizzate le principali caratteristiche dei magazzini per unità di carico pallettizzate e non, si introduce ora una procedura che formalizza le fasi in cui si articola la progettazione di aree di stoccaggio. Tale procedura si articola in una serie di passi che vengono analizzati in cascata, secondo le modalità con cui si susseguono naturalmente. Val la pena sottolineare fin da subito come il processo raramente sarà lineare dal principio alla fine, ma molto spesso vi saranno dei loop nel diagramma di flusso, così come tra le fasi è possibile individuare dei ricoprimenti più o meno sensibili. Il progetto di un’area di stoccaggio deve partire da una fase preliminare di analisi degli articoli ed aggregazione degli stessi in categorie omogenee per tipologia di stoccaggio. Per ciascun aggregato i-esimo così ottenuto, si devono quindi definire i due parametri fondamentali con cui caratterizzare il magazzino dal punto di vista dei dati di progetto: la ricettività R [u.d.c.] e la potenzialità di movimentazione z [u.d.c./h]. Queste esigenze andranno quindi valutate alla luce di eventuali vincoli esterni, quali vincoli urbanistici, tecnici, economici. Alla luce di questi passi, ed avendo una certa gamma di possibili soluzioni tecniche con cui realizzare il magazzino, si tratterà di fare una scelta su quale o quali possibili tipologie di stoccaggio valutare. Segue quindi una fase di definizione delle modalità e delle politiche si stoccaggio, sia quindi dal punto di vista dimensionale (dimensionamento dell’area di stoccaggio, dei vani e del numero di carrelli), sia dal punto di vista gestionale dei criteri di allocazione delle merci e della definizione dei cicli di stoccaggio e prelievo. Tale fase viene chiaramente fatta a valori medi, e potrà quindi essere necessaria una verifica al calcolatore tramite un modello di simulazione per poter valutare l’influenza di parametri stocastici sulle prestazioni del magazzino. Una volta individuate le possibili alternative, si tratterà di valutarle dal punto di vista tecnico economico, individuando quindi la soluzione finale. Da questa si passerà quindi al progetto esecutivo. Le diverse fasi necessarie per la progettazione sono illustrate nella Figura 7.21 seguente: 251 Appunti per il corso di Logistica Industriale Aggregazione articoli per categorie omogenee Vincoli esterni Calcolo della ricettività e della potenzialità di movimentazione necessarie Scelta della tipologia di magazzino Dimensionamento area Superficie, layout, criteri allocazione prodotti Determinazione del numero di mezzi di movimentazione Figura 7.21: Fasi del processo di progettazione delle aree di stoccaggio manuali. Aggregazione degli articoli per categorie omogenee di stoccaggio Come detto il primo passo da compiere per la progettazione di un magazzino è l’individuazione di categorie o classi di articoli omogenei per modalità di stoccaggio. In altre parole, gli articoli di una stessa classe devono quindi poter essere gestiti nello stesso modo dal punto di vista delle modalità di stoccaggio e movimentazione. A tal proposito, si possono individuare diversi criteri di aggregazione, con cui suddividere gli articoli in classi. Un primo criterio potrebbe essere legato ad esempio a caratteristiche dimensionali, quali ad esempio il formato dell’unità di carico (pallet 1200x800 EUR EPAL piuttosto che altri tipi 252 Appunti per il corso di Logistica Industriale di pallet), le sue dimensioni (le dimensioni possono influenzare ad esempio le dimensioni minime dei vani di stoccaggio), il suo peso (il peso influenza invece il tipo di carrelli o di trasloelevatori utilizzabili). Ancora, eventuali caratteristiche di fragilità che potrebbero richiedere particolari caratteristiche al sistema di handling. Un ulteriore criterio di aggregazione potrebbe essere rappresentato da fattori di tipo ambientale, quali ad esempio caratteristiche di temperatura (magazzino surgelati piuttosto che freschi) o di umidità. Ancora, esigenze di sicurezza che potrebbero ad esempio richiedere misure di protezione e prevenzione incendi particolari su certe categorie di merci. Da questo punto di vista vanno senz’altro aggregate tutte le merci speciali, quali ad esempio i liquidi infiammabili, il cui stoccaggio deve avvenire con particolari modalità in tema di sicurezza. Ancora, contenitori in polistirene termoformati per prodotti alimentari (es vaschetta della carne) rilasciano butano che è un gas altamente infiammabile. Per questo motivo il loro stoccaggio va effettuato in aree sufficientemente areate. Vi possono essere dei vincoli di incompatibilità, per cui due categorie merceologiche di prodotti, per qualche particolare motivo (es. prodotti tossici) non possono essere stoccate nella stessa struttura. Infine, si potrebbero avere vincoli di sicurezza legati al valore degli oggetti e alla loro possibilità di sottrazione. In questo caso prodotti facilmente sottraibili (es. medicinali antitumorali) possono essere aggregati in una struttura di stoccaggio con particolari vincoli di protezione al furto. Vincoli esterni Una volta individuata una categoria omogenea per modalità di stoccaggio, si tratta di definire quali vincoli esterni possono eventualmente influenzare il progetto. Tali vincoli sono sostanzialmente di natura urbanistica, tecnica ed economica. Da un punto di vista urbanistico, il piano regolatore del comune in cui realizzare l’edificio può limitare in qualche modo il progetto. Si dovranno quindi verificare in questa fase altezze massime consentite, distanze perimetrali di rispetto da strade ed infrastrutture, eventuali divieti particolari legati all’impatto ambientale di una struttura, ecc. 253 Appunti per il corso di Logistica Industriale Per quanto riguarda i vincoli tecnici, questi sono legati in primo luogo all’area disponibile in termini di dimensione e forma, ed alla necessità del deposito di integrarsi con le altre aree funzionali e attività che vengono svolte nel perimetro. Infine, vincoli di carattere economico, quali tipicamente disponibilità finanziarie, valori minimi di pay back ammissibili ecc., possono condizionare pesantemente la fattibilità di alcuni progetti. Determinazione della ricettività e della potenzialità di movimentazione richieste Come detto, i due parametri fondamentali da cui partire per la progettazione delle aree di stoccaggio sono rappresentati dalla potenzialità di movimentazione del magazzino e dalla sua ricettività. In questo caso occorre distinguere due casi fondamentali: se il progetto del magazzino è un progetto ex novo, questi dati sono dati di progetto che si dovranno stimare in fase di progettazione e che rappresenteranno quindi dati di ingresso a se stanti. Se il progetto si inserisce invece su una struttura industriale preesistente, i dati di ricettività e potenzialità di movimentazione possono essere stimati sulla base dei dati storici, nell’ipotesi che i dati storici di interesse siano effettivamente disponibili (nella pratica questo non accade quasi mai!). supponendo comunque che siano disponibili tutti i dati storici necessari per l’analisi, è necessario fare alcune ulteriori ipotesi per poter valutare quantitativamente questi due parametri. La configurazione di riferimento ipotizzata è quindi quella di un magazzino per unità di carico pallettizzate, in cui le movimentazioni riguardano esclusivamente unità di carico intere. Non si considerano quindi operazioni di prelievo frazionato. Potenzialità di movimentazione PM 254 Appunti per il corso di Logistica Industriale Per la determinazione della potenzialità di movimentazione, occorre avere a disposizione i dati storici dei flussi orari [u.d.c/ora] in ingresso ed in uscita dal magazzino relativi ad un intervallo di tempo significativo. Tali dati possono essere utilmente sfruttati per ricavare il valore della potenzialità di progetto. Ciò premesso, si analizzano inizialmente i dati storici relativi ai flussi orari in ingresso al deposito. Dalla serie dei flussi orari si possono ricavare le serie dei flussi medi e massimi giornalieri. Ricavate le serie storiche dei flussi medi giornalieri e dei flussi massimi giornalieri, si possono quindi ricavare il valore medio ed il valore massimo della distribuzione dei flussi medi giornalieri, ed il valore massimo della distribuzione dei flussi massimi giornalieri. Questi valori rappresentano il dato storico di riferimento relativo ai flussi in ingresso al magazzino e quindi la base di partenza per determinare la potenzialità di input del magazzino. Essi andranno poi modificati opportunamente per tenere conto di possibili variazioni delle condizioni al contorno che potrebbero intervenire rispetto al periodo analizzato, quali ad esempio caratteristiche delle unità di carico (es. in futuro si passerà da consegne di u.d.c. su pallet a consegne anche su slip sheet; poiché queste ultime prevedono tempi di movimentazione maggiori, anche la potenzialità di movimentazione dovrà essere maggiore), dimensioni dei lotti di consegna (lotti piccoli e frequenti piuttosto che grandi e distanziati possono variare la potenzialità richiesta), modalità di gestione delle operazioni di stoccaggio (es. possibilità di utilizzare aree da destinare a polmoni di disaccoppiamento tra ricevimento e stoccaggio vero e proprio). In base a tali valori si correggono opportunamente i dati storici di riferimento. Aggiornati i dati storici per tenere conto di queste esigenze, la scelta della potenzialità di movimentazione in ingresso PMIN di progetto potrà quindi variare tra un valore minimo MINPMin ed uno massimo MAXPMin. La scelta del valore di progetto deriva da un trade off di tipo economico, come illustrato in Figura17. 255 Appunti per il corso di Logistica Industriale Costo [€/anno] CTOT*τ [€/anno] CAM*τ [€/anno] CPD*τ [€/anno] MIN PMin PMin ottima MAX PMin PMIN Figura17: ottimizzazione del costo totale in funzione della potenzialità di movimentazione in ingresso PMIN. All’aumentare della PMIN, infatti, aumenteranno i costi delle attrezzature di movimentazione (CAM). Se si considera ad esempio il costo dei carrelli a forche, l’andamento di CAM è lineare crescente perché si vuole rappresentare l’incremento del costo legato ad esempio alla necessità di attrezzature più performanti, quali ad es. carrelli di classe più elevata, mentre la presenza di gradini rappresenta l’incremento del numero di carrelli. Viceversa, all’aumentare della PMIN diminuiranno i costi delle aree polmone di disaccoppiamento (CPD). È chiaro, infatti, che dimensionando la potenzialità di movimentazione in ingresso per un valore minore del valore massimo MAXPMin sarà necessario prevedere delle aree polmone di disaccoppiamento in cui depositare temporaneamente a terra le punte di flusso in ingresso. Queste u.d.c vengono poi smaltite nel tempo stoccando le u.d.c. a magazzino. Tale costo è rappresentato in Figura17 dalla curva CPD (costo polmoni di disaccoppiamento). Dalla minimizzazione del costo totale discende il valore ottimale della potenzialità di movimentazione in ingresso PMIN. Tutti i costi che compaiono nella Figura 7.22 sono stati moltiplicati per τ. Lo stesso identico ragionamento deve essere ripetuto per la potenzialità di movimentazione in uscita PMout, analizzando i dati storici relativi ai flussi orari in uscita dal magazzino. Si 256 Appunti per il corso di Logistica Industriale determinano quindi le serie storiche dei flussi medi giornalieri e dei flussi massimi giornalieri, e quindi il valore medio e massimo relativo alla serie dei flussi medi giornalieri, ed il valore massimo relativo alla serie dei flussi massimi giornalieri in uscita dal deposito. Valgono le analoghe relazioni: Anche in questo caso i valori ottenuti andranno opportunamente modificati per tenere conto di possibili variazioni delle condizioni di scarico del magazzino rispetto alla situazione a cui fanno riferimento i dati storici. Tipicamente, fattori che porterebbero alla modifica dei flussi in uscita potrebbero essere variazioni delle caratteristiche dei prelievi (si potrebbe avere ad es. l’introduzione di una quota di picking), variazione delle modalità di evasione dell’ordine (evoluzione prevista per il numero di ordini/giorno, per il numero di linee d’ordine/ordine, ecc..). Infine, così come fatto precedentemente, il valore di progetto della potenzialità di movimentazione in uscita dal magazzino (PMOUT) si potrà determinare dal bilanciamento dal punto di vista economico delle voci di costo variabili al variare di PMOUT stessa, tipicamente in questo caso costo delle attrezzature e il costo probabile di mancata evasione delle punte di richiesta, in caso di sottodimensionamento della potenzialità di movimentazione. Se all’interno del magazzino il sistema di movimentazione in ingresso viene tenuto separato dal sistema di movimentazione in output, i due valori ricavati rappresentano i valori di progetto della potenzialità di movimentazione distinti con cui impostare il progetto del magazzino. Nella maggior parte dei casi, però, lo stesso sistema di movimentazione si occupa di gestire sia il carico che lo scarico del magazzino. In questo caso quindi, una volta determinati i valori di potenzialità di movimentazione in input PMIN e di output PMOUT, si tratta di riassumere in un unico dato progettuale PM questi due valori. Il fattore discriminante è rappresentato in questo caso dalla possibilità di svolgere in tempi separati le operazioni di input e di output. Se tale condizione è verificata, il valore di PM potrà essere conservativamente posto uguale al valore maggiore tra PMIN e PMOUT. Nel caso in cui, invece, si debbano effettuare contemporaneamente sia le operazioni di input che le operazioni di output, si può scegliere conservativamente la PM pari alla somma di PMIN e di PMOUT. PM = PMIN + PMOUT 257 Appunti per il corso di Logistica Industriale Il progetto risulterà conservativo in quanto, come si vedrà successivamente, la PM scelta corrisponde al caso in cui il carico e lo scarico del magazzino vengono gestiti con cicli semplici. In realtà, abbinando opportunamente su cicli combinati le operazioni di immissione e di prelievo delle u.d.c, si riuscirà ad ottenere una potenzialità di movimentazione complessiva maggiore del valore imposto. Con riferimento a quanto appena detto va specificato che si parla di cicli semplici quando ogni operazione di movimentazione prevede la movimentazione di una sola unità di carico. In un ciclo semplice sono quindi riscontrabili due fasi: una fase di prelievo oppure di stoccaggio dell’unità di carico, ed una fase di andata dalla banchina al vano oppure di ritorno dal vano alla banchina a vuoto. Nel caso di cicli combinati, invece, durante una sola operazione di movimentazione si ha prima lo stoccaggio di una unità di carico nel trasferimento dalla banchina al vano di stoccaggio, il trasferimento a vuoto ad un altro vano dove viene effettuato il prelievo di un’altra unità ed il ritorno alla banchina di carico. L’utilizzo di cicli combinati ha quindi lo scopo di ridurre i percorsi a vuoto dei carrelli, aumentando la potenzialità del magazzino. Potenzialità ricettiva PR Anche la scelta del valore di ricettività R con cui impostare il dimensionamento del magazzino deve essere fatta a partire dai dati storici. In questo caso si esaminano i dati storici di giacenza G per i diversi articoli presenti a magazzino. I risultati ottenuti dall’analisi storica andranno quindi modificati per tenere conto di possibili evoluzioni sulle condizioni di giacenza, mentre la politica di allocazione delle merci a magazzino determinerà se il valore di ricettività verrà determinato utilizzando per ciascun articolo i dati relativi alla giacenza media o alla giacenza massima. Riguardo all’analisi dei dati storici, deve essere innanzitutto verificata la condizione di congruenza temporale degli articoli tenuti a scorta nel magazzino. In altre parole, scelto un periodo di riferimento T, ad esempio l’anno, si tratta di verificare se nel corso dell’anno gli articoli presenti a scorta sono sempre gli stessi, o se invece durante l’anno si ha la 258 Appunti per il corso di Logistica Industriale l’introduzione a scorta di nuovi articoli. Nel caso in cui si abbiano sempre gli stessi articoli, si può impostare la fase di analisi dei dati storici su base annua, in caso contrario, invece, è necessario suddividere il periodo T in k = 1,..., NP periodi, di durata Tk, in cui è verificata la condizione di congruenza temporale: in ciascun intervallo di durata Tk sarà quindi presente sempre lo stesso numero totale di articoli NAk. Si tratta a questo punto di suddividere l’intervallo Tk in un certo numero di intervalli elementari j = 1,..., NIk di durata tj,k all’interno dei quali analizzare i valori puntuali di giacenza. I valori di tj,k sono tra loro tutti uguali. La loro entità, settimana, giorno o, al limite, ora, dipende dal grado di variabilità della giacenza. Nel caso di variabilità particolarmente accentuata e quindi di estremo sbilanciamento tra i flussi in ingresso ed uscita, sarà necessario utilizzare valori estremamente ridotti di tj,k (al limite anche le giacenze orarie) per cogliere tali squilibri 2 . Viceversa, nel caso di squilibri poco accentuati, si possono considerare come rappresentativi i valori della giacenza in periodi tj,k più lunghi. A questo punto i dati di giacenza media e massima MEDgi,j,k, e MAXgi,j,k [u.d.c.] del generico articolo i=1,...,NAk nell’intervallo elementare j=1,...,NIk in cui è stato suddiviso il generico intervallo k = 1,...,NP rappresentano le serie storiche da cui partire per l’analisi. Per decidere se utilizzare i valori relativi alla giacenza media o alla giacenza massima è necessario come detto scegliere la politica di allocazione delle merci a magazzino che si intenderà adottare. Su tali criteri si tornerà anche successivamente in quanto la politica di allocazione delle merci a magazzino, oltre alla ricettività del magazzino, influenza anche il tempo medio di accesso ai vani. Un primo criterio di allocazione delle merci a magazzino è il cosiddetto criterio shared storage, o allocazione per posti condivisi. Nel caso di shared storage, gli articoli vengono stoccati a magazzino in maniera del tutto casuale, caricando l’u.d.c a magazzino nel primo posto libero disponibile. Questo tipo di allocazione presenta un vantaggio sostanziale dal punto di vista della ricettività: infatti, tanto meno le giacenze degli articoli sono autocorrelate, tanto più si possono sfruttare le sovrapposizioni di giacenze ridotte per certi articoli e giacenze elevate di altri, riuscendo a compensare questi sfasamenti. In altri termini, sfruttando gli sfasamenti tra le giacenze dei diversi articoli, la ricettività del 2 se la giacenza varia molto da ora ad ora, non ha senso utilizzare la giacenza settimanale come parametro rappresentativo 259 Appunti per il corso di Logistica Industriale magazzino può essere dimensionata con riferimento alla somma delle giacenze medie per ciascun articolo, anziché alla somma delle giacenze massime, con notevole risparmio di spazio. Viceversa, nel caso di stoccaggio shared storage ci possono essere svantaggi per quanto riguarda la rintracciabilità delle merci a magazzino. Per poter reperire la merce in magazzino infatti, è necessario memorizzare in un sistema informativo la posizione in cui vengono stocate le u.d.c. Inoltre, come si vedrà meglio successivamente, nel caso di shared storage anche i tempi di ciclo risultano superiori. Quindi nel caso di stoccaggio shared storage, dal punto di vista della giacenza si tratta di analizzare le serie storiche di giacenza media complessiva 3 e di definire, per ogni periodo k, il valore minimo MINgMED,k e massimo MAXgMED,k {∑ MEDg = MAX {∑ MEDg MINg MED ,k = MIN MAXg MED ,k NAk i =1 i , j ,k ∀j = 1,..., NI NAk i =1 i , j ,k } ∀j = 1,..., NI } tali valori rappresentano il valore base di giacenza da cui partire per il dimensionamento. Come nel caso della potenzialità di movimentazione, i valori minimo e massimo relativi al generico periodo k, potranno essere modificati per tenere conto di possibili variazioni delle condizioni al contorno in periodi futuri. Tipicamente, per ogni periodo è possibile utilizzare un fattore correttivo FCk ottenuto dal prodotto di una serie di fattori. FCk = FASk ⋅ FMGk ⋅ FCGk ⋅ FSSk [%] dove 4 : FASk: fattore per tenere conto dell’evoluzione della gamma, ossia del numero di articoli presenti a scorta nel periodo k; >1 se è previsto un incremento della gamma, <1 nel caso opposto 3 sommando cioè i contributi di tutti gli articoli i=1,...,NAk 4 i fattori sono tutti espressi in [%] e possono avere valori anche superiori al 100% 260 Appunti per il corso di Logistica Industriale FMGk: fattore che tiene conto della possibile evoluzione delle giacenze medie. In futuro si potrebbe ad esempio avere una riduzione tendenziale delle scorte di sicurezza o viceversa uno dimagrimento tendenziale dei depositi FCGk: fattore che tiene conto di possibili evoluzioni delle correlazioni future delle giacenze rispetto allo storico. Tanto più vi sarà probabile incremento della correlazione delle giacenze, tanto più questo fattore sarà maggiore di 1. FSSk: fattore che tiene conto della percentuale massima di saturazione della ricettività del magazzino desiderata. Una volta corretti i valori minimi e massimi della giacenza media per ogni periodo con i rispettivi fattori correttivi FCk, si possono individuare il valore minimo della giacenza media MINgMED ed il valore massimo MAXgMED della giacenza media sull’intero arco temporale T: MINgMED = MIN{FCk ⋅ MINgMED ,k ∀k = 1,..., NP } MAXg MED = MAX {FCk ⋅ MAXg MED ,k ∀k = 1,..., NP} Il valore con cui dimensionare la potenzialità ricettiva del magazzino nel caso di allocazione di tipo shared storage PRSS dipende sostanzialmente dalla possibilità di terziarizzare o meno parte della giacenza in caso di picchi di giacenza. In altre parole, se è possibile o meno ricorrere a terzi nel caso di in cui si verifichino picchi di giacenza rispetto alla ricettività con cui è stato dimensionato il magazzino. Nel caso di impossibilità di terziarizzazione, la potenzialità ricettiva andrà dimensionata pari al valore massimo della giacenza media. PR SS = MAXg MED Nel caso invece di possibilità di terziarizzazione, il valore di potenzialità ricettiva potrà essere scelto all’interno dell’intervallo [MINgMED,...,MAXgMED]. Al solito il valore si ricava dal trade off delle voci di costo interessate. In particolare si ha che all’aumentare della potenzialità ricettiva aumenteranno i costi del magazzino, mentre parallelamente diminuiranno i costi di terziarizzazione. Dalla minimizzazione del costo totale si trova il 261 Appunti per il corso di Logistica Industriale valore ottimale PR*SS. Automaticamente rimane anche definita la quota di ricettività da terziarizzare, data dalla differenza MAXgMED – PR*SS. Il criterio di allocazione diametralmente opposto rispetto allo shared storage è il cosiddetto dedicated storage, o allocazione per posti dedicati. In questo caso, per facilitare le operazioni di rintracciabilità a magazzino degli articoli, e quindi di prelievo manuale, ogni articolo viene destinato in una ben determinata area del magazzino, area che non può quindi essere occupata da nessun altro articolo. Se questo criterio risponde bene alle esigenze di rintracciabilità degli articoli 5 , è necessario dimensionare ciascuna area per una ricettività paria alla giacenza massima prevista per quell’articolo. In definitiva, la ricettività complessiva del magazzino sarà quindi pari alla somma delle giacenze massime dei singoli articoli, e quindi molto maggiore rispetto al caso shared storage. Nel caso di dedicated storage quindi, il processo che porta ala determinazione della potenzialità ricettività PRDS a partire dall’analisi dei dati storici è identico rispetto al caso di allocazione per posti condivisi, solamente che in caso di allocazione per posti dedicati si utilizzeranno i dati storici di giacenza massima per ogni articolo invece che quelli di giacenza media. Un caso intermedio tra allocazione per posti condivisi ed allocazione per posti dedicati è rappresentato dal caso di allocazioni per classi o class based storage. In questo caso gli articoli vengono suddivisi in 2÷4 classi, in funzione del valore assunto da un parametro fondamentale di movimentazione, rappresentato dall’indice di accesso (è dato da il rapporto tra il numero di movimentazioni nel periodo di riferimento considerato - giorno, mese anno - e la ricettività del magazzino). Il caso di allocazione secondo il criterio class based, se presenta delle peculiarità rispetto agli altri in termini di valutazione dei tempi medi di accesso, si presenta invece analogo al caso shared storage per quanto riguarda il discorso rintracciabilità delle merci, dal momento che ogni articolo viene stoccato in modo casuale all’interno della zona dedicata alla classe; è quindi necessaria la mappa informatica del magazzino per poter localizzare con esattezza la posizione della singola u.d.c..Per quanto riguarda il discorso ricettività invece, il dimensionamento di massima della ricettività sulla base dei dati storici può essere ricondotto ad uno dei casi precedentemente 5 come si vedrà nei paragrafi successivi questo criterio ha inoltre il vantaggio di consentire una sensibile riduzione dei tempi di ciclo, disponendo opportunamente gli articoli in base all’indice di accesso. 262 Appunti per il corso di Logistica Industriale analizzati. Infatti, nel caso in cui vi sia una stretta correlazione tra le giacenze degli articoli, si dovranno utilizzare i dati di giacenza massima e dimensionare la zona dedicata a ciascuna classe per la somma delle giacenze massime degli articoli appartenenti alla classe, esattamente come nel caso dedicated storage. Nel caso invece abbastanza probabile in cui non vi siano correlazioni significative tra le giacenze degli articoli di una stessa classe, si potrà ritenere ragionevolmente e con buona approssimazione che i picchi di giacenza si compensino nel periodo, per cui si potranno dimensionare le zone relative a ciascuna classe utilizzando i dati storici di giacenza media, e dimensionare ciascuna zona, ad es. in caso di impossibilità di terziarizzazione, per il valore massimo assunto dalla giacenza media degli articoli che fanno parte della classe. Il discorso si ripete quindi analogo al caso di shared storage. Scelta delle tipologie di magazzino Una volta determinati i valori dei parametri fondamentali di progetto del magazzino, ricettività e potenzialità di movimentazione, si tratta di individuare le tipologie di magazzino più adatte per la situazione in esame. Tale scelta deve tenere conto anche di vincoli di natura tecnica, quale ad esempio la selettività richiesta, ma anche da motivazioni di carattere economico o strategico, quali ad esempio il costo delle attrezzature di stoccaggio e di movimentazione, la possibilità di riconfigurare facilmente il magazzino, lo spazio a disposizione, ecc. Soprassedendo sulle motivazioni economiche o strategiche, che per la loro specificità rispetto al particolare caso male si adattano a delle generalizzazioni, si vogliono fornire dei criteri abbastanza generali in grado di indirizzare chi progetta il magazzino nella scelta della tipologia da adottare. In una fase preliminare i parametri fondamentali a cui fare riferimento possono essere ridotti all’indice di accesso ed alla selettività richiesta al magazzino. L’indice di accesso (IA) di un magazzino, come già affermato prima, è dato da il rapporto tra il numero di movimentazioni nel periodo di riferimento considerato (giorno, mese anno) e la ricettività del magazzino, espresse in unità tra loro coerenti (es. n° pallet). 263 Appunti per il corso di Logistica Industriale IA = F PR con: F = numero di movimentazioni; PR = Potenzialità Ricettiva. L’indice di accesso ha le dimensioni dell’inverso di un tempo ed esprime la frequenza di rotazione nel periodo di riferimento dell’intero magazzino. Magazzini con indici di accesso elevati sono quindi magazzini fortemente dinamici, in cui le merci sono caratterizzate da un tempo di permanenza a magazzino ridotto e vengono quindi movimentate di frequente; viceversa magazzini ad indice di accesso ridotto sono magazzini più statici, con movimentazioni delle merci meno frequenti. In base al livello di selettività e al valore dell’indice di accesso è dunque possibile fornire dei parametri indicativi per la scelta della configurazione di magazzino da adottare più adatta. Nel caso in cui sia richiesta una alta selettività e l’indice di accesso ai vani sia anch’esso molto elevato, si può prendere in considerazione l’investimento in sistemi a scaffalature serviti da trasloelevatori; in questo caso infatti le scaffalature consentono una selettività pressoché unitaria, mentre l’utilizzo di trasloelevatori permette di far fronte all’elevato numero di accessi ai vani. Nel caso invece in cui l’indice di accesso sia inferiore ma si voglia comunque mantenere una selettività elevata, si potrà ricorrere a sistemi più economici, sempre con scaffalature per un’elevata selettività ma serviti da carrelli manuali a forche. La selettività rimane pressoché unitaria, dal momento che tutte le unità di carico possono essere prelevate direttamente, ma il limitato numero di movimentazioni può essere realizzato anche con sistemi manuali, meno performanti ma più economici rispetto ai sistemi automatizzati. Quando non si ha a che fare con merci deperibili e con la necessità di gestire il magazzino tramite una politica FIFO rigida, la selettività richiesta al magazzino può essere più bassa. Per la scelta della tipologia di magazzino su cui orientarsi si possono fare le seguenti considerazioni a seconda del valore dell’indice di accesso. Nel caso di indice di accesso elevato, si possono adottare sistemi quali la catasta, il live storage o il drive in. Nel caso di catasta o live storage inoltre, si riesce a garantire un livello di gestione di tipo FIFO non rigida, in termini però non di singola unità di carico ma di fila di prodotti stoccata a magazzino, a patto che le file vengano sempre riempite per intero dallo stesso prodotto. 264 Appunti per il corso di Logistica Industriale Infine, quando sia la selettività che l’indice di accesso sono bassi, si può prendere in considerazione l’ipotesi dell’adozione di un sistema a scaffali mobili, particolarmente adatto in caso di spazio disponibile limitato in quanto caratterizzato da un ingombro minimo. Nella Tabella 7.1 vengono riassunte le considerazioni appena effettuate. SELETTIVITÀ alta bassa Catasta INDICE DI ACCESSO alto trasloelevatori Drive in Live storage basso Carrelli a forche Scaffali mobili Tabella 7.1: guida alla scelta della tipologia di magazzino in funzione dell’indice di accesso e della selettività richiesta Dimensionamento dell’area di stoccaggio Una volta determinate le possibili soluzioni alternative, è necessario procedere ad un dimensionamento di massima dell’area di stoccaggio. Questo processo si articola in tre passi fondamentali: • determinazione della superficie di stoccaggio richiesta; • determinazione del lay out ottimale dell’area di stoccaggio; • scelta delle modalità di allocazione delle merci. Tali fasi, che vengono qui analizzate in sequenza, devono in realtà essere condotte e coordinate parallelamente, dal momento che le decisioni assunte in ciascuna di essa possono influenzare le altre. Ad esempio, i criteri di allocazione delle merci hanno una 265 Appunti per il corso di Logistica Industriale influenza determinante nella valutazione dei tempi di ciclo semplice o combinato, e quindi sul rapporto di forma ottimale del magazzino. Determinazione della superficie di stoccaggio richiesta Il dato di progetto da cui partire per determinare la superficie complessiva da destinare all’area di stoccaggio è rappresentato dalla ricettività richiesta al magazzino, espressa ad esempio in numero di pallets. Sulla base della ricettività data è possibile calcolare la superficie da destinare al magazzino attraverso la determinazione del numero di unità di carico contenute nel modulo unitario del magazzino. Il modulo unitario rappresenta l’unità geometrica elementare che, ripetuta ordinatamente, consente di riprodurre la pianta del magazzino. Nell’esempio di Figura18 relativo al caso di un magazzino a scaffali bifrontali, la superficie del modulo unitario è rappresentata dall’area evidenziata in grigio. Essa, trascurando i corridoi di estremità (questa approssimazione non influenza significativamente i calcoli effettuati), corrisponde alla superficie di due vani più la corrispondente frazione di corridoio. Figura18: identificazione del modulo unitario. Il tipo di magazzino e il sistema di movimentazione adottato, influenzano sia la larghezza dei corridoi sia le dimensioni del vano. In seguito saranno illustrati i seguenti “casi notevoli”: 266 Appunti per il corso di Logistica Industriale • Magazzino con scaffalature bifrontali e carrelli a forche retrattili • Magazzino con scaffalature bifrontali e con carrelli trilaterali • Magazzini automatici serviti da trasloelevatore • Magazzini live storage 9 Magazzino con scaffalature bifrontali e carrelli a forche retrattili Note le dimensioni del pallet, la prima operazione consiste nel dimensionamento del vano pallet e nel dimensionamento del corridoio. Innanzitutto si ipotizza lo stoccaggio del pallet con il lato corto parallelo al corridoio e quindi da ciò si desume immediatamente la dimensione del vano pallet; questa assunzione, inoltre, non comporta variazioni particolari sui parametri prestazionali del magazzino. Ciò che invece incide su tali valori è il mezzo di movimentazione scelto, infatti avendo supposto di utilizzare carrelli a forche retrattili sono necessari corridoi di almeno 3 m di larghezza, in modo da garantire le operazioni di manovra dei carrelli stessi. Il numero di livelli di stoccaggio dipende dalla massima altezza raggiungibile dalle forche dei carrelli; avendo supposto carrelli a forche retrattili, un valore plausibile per la massima altezza di presa forche è pari a 6,5 m. Quindi l’altezza massima di impilamento raggiunta nel magazzino, comprensiva dell’ultimo pallet sarà quindi data dall’altezza massima delle forche più l’ultimo pallet; ovviamente tutto ciò compatibilmente con l’altezza standard di un capannone industriale che è attorno a 7 m. 9 Magazzino con scaffalature bifrontali e con carrelli trilaterali Rispetto al caso precedente rimarranno inalterate le dimensioni del vano pallet mentre potranno essere ridotte le dimensioni del corridoio; valori plausibili in questo caso sono attorno a 1,8 m di larghezza. Inoltre anche l’altezza massima di presa forche sarà maggiore utilizzando carrelli trilaterali; si può ipotizzare un’altezza massima di presa forche pari a 11,7 m. Con i dati così ipotizzati si ottengono livelli di stoccaggio maggiori rispetto al caso precedente e quindi l’altezza massima di impilamento raggiungibile nel magazzino sarà ancora una volta 11,7 m più l’altezza dell’ultimo pallet. Rispetto al caso precedente si avranno quindi minori superfici necessarie a parità di ricettività richiesta al magazzino, e quindi costi di acquisto terreno minori, con costi di costruzione al m2 però maggiori (il 267 Appunti per il corso di Logistica Industriale capannone sarà infatti presumibilmente più costoso rispetto al caso precedente, dal momento che l’altezza di impilamento è aumentata), e maggiori costi dei carrelli. Dal confronto economico dei due casi sarà quindi possibile valutare quale soluzione risulti più conveniente. 9 Magazzini automatici serviti da trasloelevatore L’unità di carico che si suppone di dover stoccare è come prima un pallet; il vano per lo stoccaggio presenta però le dimensioni leggermente maggiori rispetto al caso precedente, dal momento che in magazzini automatizzati serviti da trasloelevatori le scaffalature devono essere realizzate con una struttura maggiormente robusta. Inoltre anche i giochi che devono essere assicurati tra i pallet sono in questo caso maggiori. Per quanto riguarda l’altezza del fabbricato oltre a ripetere le considerazioni prima fatte sull’altezza delle scaffalature e sulla massima quota raggiungibile dal mezzo di movimentazione, si deve tenere conto che, solitamente, deve essere mantenuto uno spazio libero Δ tra il soffitto del fabbricato e l’ultimo pallet; questo spazio viene stimato in 1,2 m circa. Per quanto riguarda il dimensionamento della larghezza del corridoio, si può ritenere che le operazioni richieste per il prelievo e la movimentazione del pallet da e per il vano possano essere realizzate con corridoi più stretti rispetto a corridoi di magazzini serviti da carrelli a forche, dal momento che il pallet non deve essere ruotato. Un possibile valore della larghezza del corridoio può essere 1,4 m, infatti essa può ritenersi adeguata ad assicurare un gioco sufficiente tra le pareti del pallet e le scaffalature durante la movimentazione. Ancora una volta si può affermare che le superfici da occupare col magazzino a parità di ricettività sono minori rispetto ai casi già esaminati, ma ciò va sempre “pesato” con il maggior sforzo economico che bisogna sostenere. 9 Magazzini live storage L’ultima tipologia di magazzini che si analizza è rappresentata dai magazzini live storage. In questo caso le dimensioni del vano devono prevedere una maggiore larghezza, per tenere conto della necessità di inserimento di pareti divisorie tra i vani stessi. La profondità è però ridotta alla profondità del pallet dal momento che le unità di carico sono accumulate in ciascuna fila l’una a ridosso dell’altra. Per quanto riguarda il dimensionamento del 268 Appunti per il corso di Logistica Industriale corridoio, l’utilizzo di carrelli a forche frontali impone un corridoio di larghezza non inferiore a 3,5 m. Per il calcolo del numero di livelli di stoccaggio nonché dell’altezza massima di impilamento si deve tenere conto della pendenza della struttura drive in, che deve consentire l’avanzamento per gravità delle unità di carico stoccate in ciascuna fila. Tale pendenza fa sì che il carico delle unità avvenga ad una altezza minima superiore a zero. Nella Tabella 7.2 viene riportato un quadro riepilogativo delle configurazioni di magazzino analizzate per lo stoccaggio della medesima unità di carico. In particolare i parametri maggiore interesse, al fine della valutazione della scelta progettuale, sono rappresentati dal coefficiente di utilizzazione superficiale e dall’altezza di impilamento raggiunta. Il primo termine misura il numero di pallet stoccabili per m2 di superficie disponibile [pallet/m2], mentre il secondo, come già detto, è pari alla massima altezza raggiungibile dal mezzo di movimentazione più l’altezza del pallet. Carrelli a Carrelli forche retrattili trilaterali 2,02 4,65 6,8 12,4 Coefficiente di utilizzo superficiale Altezza di impilamento trasloelevatori 6 4,5 16,6 12,4 live storage 2,39 7,64 Tabella 7.2: quadro riepilogativo delle configurazioni di magazzino analizzate. Le stesse considerazioni e gli stessi calcoli effettuati per le quattro tipologie di magazzini, possono essere ripetute considerando una diversa disposizione dell’unità di carico. L’unità di carico viene in questo caso immagazzinata anziché con il lato più lungo ortogonale al corridoio di prelievo, con il lato più lungo parallelo al corridoio stesso. Si tratta di una configurazione comunemente adottata in magazzini in cui si effettuano operazioni di picking, dal momento che questa disposizione permette una maggiore visibilità della merce presente sulle unità di carico, agevolando il picking stesso. 269 Appunti per il corso di Logistica Industriale Tralasciando i calcoli per questa configurazione, che d’altra parte avvengono secondo le stesse modalità, nella Tabella 7.3 viene riportato un confronto tra queste due tipologie di configurazione, con lato corto parallelo al corridoio (a) oppure lato corto ortogonale al corridoio (b). Profondità Larghezza Corridoio Modulo unitario p [m] l [m] c [m] m [m] Carrelli a forche a 1,25 0,9 3 4,95 retrattili b 0,85 1,30 2,6 5,59 Carrelli a 1,25 0,9 1,8 3,87 trilaterali b 0,85 1,30 1,4 4,03 a 1,30 1 1,4 4,00 b 90 1,40 1 3,92 trasloelevatori Tabella 7.3: confronto dello sfruttamento superficiale nel caso di disposizione dei pallet. In particolare vengono confrontati i valori delle dimensioni del vano e del modulo unitario per le prime tre configurazioni di magazzini analizzate, tralasciando per la sua peculiarità il caso di magazzino live storage. Si nota innanzitutto come nel caso b si recuperino mediamente 40 cm nella dimensione del corridoio derivanti dalla disposizione dell’unità di carico adottata; analizzando poi il valore del modulo unitario si vede come nella configurazione a o nella configurazione b il valore di tale parametro rimanga praticamente inalterato; si ha un leggero aumento del modulo unitario nella configurazione b per i magazzini serviti da carrelli a forche retrattili o carrelli trilaterali, il ché comporta un peggioramento del coefficiente di utilizzazione superficiale, mentre, il modulo unitario è superiore nel caso si adotti una configurazione a solo nel caso di magazzini serviti da trasloelevatori. In generale, oltre che per ragioni di sfruttamento superficiale, si preferisce comunque l’adozione di una configurazione (a) che preveda l’inforcamento del pallet per il lato più corto (lato corto parallelo al corridoio) dal 270 Appunti per il corso di Logistica Industriale momento che questa configurazione consente una maggiore stabilità ed un minore ingombro, in modo da facilitare gli operatori nelle operazioni di manovra. Determinazione del lay out ottimale Una volta stabilita la tipologia di magazzino da adottare, ad esempio sulla base dell’indice di accesso e della selettività richiesta, e determinato lo spazio richiesto, devono essere valutati i criteri da seguire nella determinazione del layout generale del magazzino, ossia criteri che guidino il progettista nella risoluzione di problemi quali la determinazione del rapporto tra le dimensioni in pianta del magazzino, nella allocazione delle banchine di carico e scarico, nella scelta di scaffalature longitudinali oppure trasversali. Nella trattazione che verrà fatta si analizzeranno separatamente il caso di cicli semplici e cicli combinati. Solo dopo aver analizzato il dimensionamento ottimale del magazzino nel caso di cicli semplici e cicli combinati si considererà il caso generale in cui si hanno contemporaneamente sia cicli semplici che cicli combinati. Inoltre l’ipotesi che verrà fatta sarà quella di allocazione casuale delle merci a magazzino, il che si traduce nell’equiprobabilità di accesso per tutti i vani del magazzino. Fatte queste premesse è possibile determinare il rapporto ottimale tra le dimensioni in pianta a e b del magazzino di area A, ossia il rapporto in grado di minimizzare i tempi medi di ciclo semplice e di ciclo combinato a seconda della configurazione del magazzino, quest’ultima dipendente dal posizionamento della banchina di carico e dal tipo di corridoi adottati. Le disposizioni che di seguito saranno illustrate sono: • Ciclo semplice: magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico in posizione centrale; magazzino trasversale con banchina di carico e scarico in posizione centrale; magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico posizionata all’estremità; 271 Appunti per il corso di Logistica Industriale magazzino longitudinale con ingresso ed uscita casuali sulla banchina di scarico. • Ciclo combinato su di un corridoio magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. magazzino trasversale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. • Ciclo combinato su due corridoi magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. magazzino trasversale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. 9 Ciclo semplice - magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. Per questa configurazione si faccia riferimento alla Figura 7.19. a b Ingresso ed uscita Figura 7.194: percorso medio con scaffalature longitudinali, ciclo semplice con ingresso ed uscita in posizione centrale. 272 Appunti per il corso di Logistica Industriale Il calcolo del percorso medio totale r per ogni unità di carico, nel caso di ciclo semplice, può essere ricavato in base all’ipotesi di equiprobabilità di accesso ai vani. Il percorso medio di accesso al vano vale, dunque, sia per l’andata che per il ritorno, a/4 + b/2; infatti tale percorso corrisponde proprio alla media delle distanze minima (vano in prossimità dell’ingresso a distanza nulla da esso) e massima dall’ingresso (vano nell’angolo in alto a destra o a sinistra distante a/2 + b). Considerando per ogni unità di carico sia la fase di carico a magazzino che quella di prelievo, si ha quindi: ⎛a b⎞ r = 4 ⋅ ⎜ + ⎟ = a + 2b ⎝4 2⎠ D’altra parte essendo: a⋅b = A A b= a Quindi: r =a+2⋅ A a La minimizzazione di r viene fatta sotto l’ipotesi di un dominio continuo; si suppone quindi che la funzione r(a) sia continua e derivabile. dr A = 0 ⇒1 − 2 ⋅ 2 = 0 da a a = 2A b= A A = = a 2A A 2 Quindi: 273 Appunti per il corso di Logistica Industriale a 2A = =2 b A 2 a = 2b Insomma, il layout in grado di minimizzare il percorso medio è caratterizzato da una larghezza doppia rispetto alla profondità. Il percorso medio minimo vale quindi: rmin = a + 2 b = 2 a + 4 ⋅ A = 2 ⋅ 2A 2 Per evidenti ragioni di simmetria, la trattazione ed i valori sarebbero identici anche nel caso di ingresso ed uscita sempre in posizione centrale, ma dal lato opposto del magazzino. Infatti anche in questo caso il valore del percorso medio sarebbe stato uguale ad a+2b. 9 Ciclo semplice - magazzino trasversale con banchina di carico e scarico in posizione centrale Per questa configurazione si faccia riferimento alla Figura 7.20. 274 Appunti per il corso di Logistica Industriale a b Ingresso ed uscita Figura 7.205: percorso medio scaffalature trasversali ciclo semplice con ingresso ed uscita in posizione centrale. Si nota come anche in questo caso il percorso medio di ciclo semplice valga: ⎛a b⎞ r = 4 ⋅ ⎜ + ⎟ = a + 2b ⎝4 2⎠ Essendo il valore identico al caso precedente, si possono estendere le considerazioni fatte nel caso di magazzini con corridoi longitudinali anche nel caso di magazzini con corridoi trasversali. Anche in questo caso è irrilevante il fatto che lo scarico sia posizionato nella stessa posizione o in posizione opposta rispetto al punto di ingresso del carrello. 9 Ciclo semplice - magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico posizionata all’estremità. Per questa configurazione si faccia riferimento alla Figura 21. 275 Appunti per il corso di Logistica Industriale a b Ingresso ed uscita Figura 21: percorso medio scaffalature longitudinali ciclo semplice con ingresso ed uscita in posizione laterale. In questo caso il percorso medio di ciclo semplice vale: ⎛a b⎞ r = 4 ⋅ ⎜ + ⎟ = 2a + 2 b ⎝2 2⎠ Ripetendo le sostituzioni ed i calcoli fatti precedentemente si ottiene: A A ⇒ r = 2a + 2 ⋅ a a dr A =0 ⇒ 2 −2⋅ 2 =0 da a a= A A A b= = = A a A b= 276 Appunti per il corso di Logistica Industriale quindi la configurazione ottimale del magazzino è in questo caso quella di un magazzino quadrato: a = b A A =1 Il percorso medio minimo vale quindi: r min = 2 a + 2 b = 2 ⋅ A + 2 ⋅ A = 4 ⋅ A Per evidenti ragioni di simmetria, la trattazione ed i valori sarebbero identici anche nel caso di ingresso ed uscita sempre in posizione laterale, ma dal lato opposto del magazzino. Infatti anche in questo caso il valore del percorso medio sarebbe stato uguale a 2a+2b. Per poter trattare i casi in cui l’ingresso e l’uscita dal magazzino non avvengono in una posizione fissa ma in una posizione casuale sull’intera banchina di carico e scarico, è necessario analizzare il seguente problema: Dato un segmento di lunghezza a in cui l’ingresso e l’uscita possono avvenire in una qualunque posizione, calcolare il percorso medio. Per comprendere meglio il quesito posto dal problema si faccia riferimento alla Figura 22, in cui vengono indicati con y il punto (scelto a caso) in cui avviene l’ingresso ed x (anch’esso scelto a caso) quello di uscita. 277 Appunti per il corso di Logistica Industriale x = out y= in a Figura 22: distanza media percorsa con ingresso ed uscita casuale. Effettuando particolari considerazioni di tipo analitico e statistico (di cui si tralascia la spiegazione troppo complessa) è possibile dimostrare che il percorso medio è pari ad un terzo della lunghezza del segmento. 9 Ciclo semplice - magazzino longitudinale con ingresso ed uscita casuali sulla banchina di scarico. Per questa configurazione si faccia riferimento alla Figura23. a b ingresso ed uscita casuali Figura23: percorso medio scaffalature longitudinali ciclo semplice con ingresso ed uscita in posizione centrale. In questo caso, in virtù di quanto appena ricavato, il percorso medio vale: 278 Appunti per il corso di Logistica Industriale ⎛a b⎞ 4 r = 4 ⋅ ⎜ + ⎟ = a + 2b ⎝3 2⎠ 3 Ripetendo le sostituzioni ed i calcoli fatti precedentemente si ottiene: A 4 A ⇒ r = a+2⋅ a 3 a dr 4 A = 0 ⇒ −2⋅ 2 = 0 da 3 a 3 a= A 2 A A b= = a 3 A 2 b= a = b 3 A 2 = 3 = 1,5 A 2 3 A 2 Quindi la configurazione ottimale del magazzino è in questo caso quella di un magazzino in cui la larghezza è pari a 1,5 volte la profondità. 9 Ciclo combinato su di un corridoio - magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. Per questa configurazione si faccia riferimento alla Figura 724. 279 Appunti per il corso di Logistica Industriale a b/3 b a/4+b/2 Ingresso ed uscita Figura 7249: percorso medio scaffalature longitudinali ciclo combinato su di un corridoio con ingresso ed uscita in posizione centrale. Il calcolo del percorso medio può essere fatto suddividendo lo stesso nelle sue componenti elementari: un percorso medio di carico pallet a magazzino, un percorso medio di trasferimento a vuoto, un percorso medio di trasferimento dal vano del magazzino alla banchina di carico. Il percorso medio di carico pallet a magazzino e di ritorno sulla banchina ricalcano il caso di ciclo semplice, essendo la distanza percorsa mediamente pari a: a b + 4 2 Per quanto riguarda il calcolo della distanza mediamente percorsa durante il trasferimento a vuoto, esso può essere ricondotto al caso della distanza mediamente percorsa su un segmento con entrata ed uscita casuali. Si ha quindi un valore paria a: b 3 280 Appunti per il corso di Logistica Industriale Complessivamente quindi il percorso medio r è dato da: ⎛a b⎞ b r = 2 ⋅⎜ + ⎟ + ⎝4 2⎠ 3 a 4 r = + b 2 3 Ripetendo le sostituzioni ed i calcoli fatti nei casi precedentemente analizzati si ottiene: A a 4 A ⇒r = + ⋅ a 2 3 a dr 1 4 A =0⇒ − ⋅ 2 =0 da 2 3 a 2 a =2⋅ A 3 A A b= = a 2 2⋅ A 3 b= a = b 3 A 2 = 8 = 2 ,66 A 3 3 A 2 Il valore del percorso medio ottimale è pari a: 281 Appunti per il corso di Logistica Industriale r min = r min = 1 2 4 ⋅2 ⋅ A+ ⋅ 2 3 3 A 2⋅ 2 A 3 2 4 A2 2 A+ ⋅ =2⋅ A 3 9 2 3 A 3 Confrontando tale valore col caso di ciclo semplice, in cui si aveva: r min = 2 ⋅ 2 A si vede come il percorso medio minimo si sia ridotto di un fattore 1 3 . 9 Ciclo combinato su di un corridoio - magazzino trasversale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. Ripetendo per il caso di magazzino con corridoi trasversali gli stessi calcoli fatti nel caso di cicli combinati su un corridoio per un magazzino longitudinale, si ottengono i seguenti risultati: 1 ⋅ 6A 2 2 b= A 3 a= 9 Ciclo combinato su due corridoi - magazzino longitudinale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. Per questa configurazione si faccia riferimento alla Figura 7.. 282 Appunti per il corso di Logistica Industriale a a/4+b/2 b b/2 a/4+b/2 a/3 Ingresso ed uscita Figura 7.30: percorso medio scaffalature longitudinali ciclo combinato su di un corridoio con ingresso ed uscita in posizione centrale. Il calcolo del percorso medio può essere fatto suddividendo lo stesso nelle sue componenti elementari: un percorso medio di carico pallet a magazzino, un percorso medio di trasferimento a vuoto, un percorso medio di trasferimento dal vano del magazzino alla banchina di carico. Il percorso medio di carico pallet a magazzino e di ritorno sulla banchina ricalcano il caso di ciclo semplice, essendo la distanza percorsa mediamente pari a: a b + 4 2 Per quanto riguarda il calcolo della distanza mediamente percorsa durante il trasferimento a vuoto, esso può essere ricondotto al caso della distanza mediamente percorsa su un segmento con entrata ed uscita casuali. Si ha quindi un valore paria a: 283 Appunti per il corso di Logistica Industriale a 3 Complessivamente quindi il percorso medio r è dato da: ⎛a b⎞ a r = 2 ⋅⎜ + ⎟ + ⎝4 2⎠ 3 5 r = a + 2b 6 Ripetendo le sostituzioni ed i calcoli fatti nei casi precedentemente analizzati si ottiene: A 5 A ⇒ r = a+2⋅ a 6 a dr 5 A =0 ⇒ −2⋅ 2 =0 da 6 a 12 3 a= A =2⋅ A 5 5 b= b= A A 1 5 A = = ⋅ a 2 3 12 A 5 3 2⋅ A a 12 5 = = = 2 ,4 b 1 5 5 ⋅ A 2 3 Il valore del percorso medio ottimale è pari a: 284 Appunti per il corso di Logistica Industriale rmin = rmin = 5 12 1 5 A +2⋅ ⋅ A ⋅ 6 5 2 3 5 A 3 9 Ciclo combinato su due corridoi - magazzino trasversale con banchina di carico e scarico in posizione centrale. Ripetendo per il caso di magazzino con corridoi trasversali gli stessi calcoli fatti nel caso di cicli combinati su due corridoi per un magazzino longitudinale, e tenendo conto che in questo caso lo spostamento casuale avviene lungo la profondità b del magazzino, si ottengono i seguenti risultati: a b ⎛b a⎞ r = 2 ⋅⎜ + ⎟ + 2 ⋅ + 4 3 ⎝2 4 ⎠ a =2⋅ b= A 3 1 3A 2 In una configurazione reale di magazzino si dovrà tenere conto che non si avranno unicamente cicli semplici o cicli combinati, ma che si avranno contemporaneamente sia gli uni che gli altri. La percentuale di cicli semplici e cicli combinati su uno o più corridoi realizzati in un magazzino non è inoltre una quantità fissa nel tempo. Le percentuali possono infatti variare nel tempo in seguito a cambiamenti nelle condizioni operative e gestionali del magazzino stesso, condizioni che sono di difficile conoscenza a priori. All’atto della progettazione iniziale, il progettista dovrà quindi effettuare la progettazione del magazzino imponendo valori medi; la scelta progettuale ottenuta andrà quindi verificata tramite tecniche di ricerca operativa, quali ad esempio la simulazione numerica, per valutare quanto tale soluzione è in grado di adattarsi alla modifica delle condizioni iniziali di progetto. 285 Appunti per il corso di Logistica Industriale Criteri di allocazione dei prodotti a magazzino I criteri con cui i singoli prodotti vengono stoccati nelle diverse aree del magazzino hanno una fondamentale influenza sulle prestazioni del sistema magazzino, dal momento che in base a tali criteri variano sensibilmente lo spazio richiesto per lo stoccaggio ed i tempi medi di ciclo. Occorre quindi analizzare questo tipo di dipendenza, in modo da adottare di volta in volta la struttura organizzativa in grado di ottimizzare la particolare configurazione contingente. Prima di analizzare nel dettaglio le caratteristiche delle diverse politiche di allocazione, è necessario definire dei parametri di movimentazione sui quali si basano tali politiche di gestione delle allocazioni. Gli indici di movimentazione sono i parametri necessari per definire un ordine di importanza dei materiali sulla movimentazione degli stessi nel magazzino. Gli indici più utilizzati sono: 1) L’indice di Rotazione (IR); 2) L’indice di Movimentazione (IM); 3) L’indice di Accesso (IA). L’indice di rotazione esprime numericamente quante volte “girano le scorte” in un periodo T all’interno del magazzino. Per un prodotto generico “i”, è definito matematicamente dalla seguente espressione: IR i = ⎡1 ⎤ =⎢ ⎥ Gi ⎣T ⎦ Fu i Dove: Fu i = flusso di uscita del prodotto “i” nel periodo “T”; G i = giacenza media del prodotto “i”. 286 Appunti per il corso di Logistica Industriale Le quantità devono avere unità di misura coerenti, generalmente si utilizzano le u.d.c. Se un prodotto ha un IR elevato significa che viene movimentato spesso all’interno del magazzino. Dal punto di vista della movimentazione, un prodotto con un IR elevato è perciò più importante di un prodotto a IR basso. Quando il valore del prodotto da movimentare è importante anche dal punto di vista della movimentazione, si può utilizzare l’indice di rotazione a valore. L’indice di rotazione a valore è dato dal prodotto tra l’indice di rotazione classico e il valore del prodotto su cui è stato calcolato. L’indice di movimentazione per un prodotto i-esimo, rappresenta il numero di movimenti effettuati mediamente nel periodo T. Per un prodotto generico “i”, è definito matematicamente dalla seguente equazione: IM i = Mi ⎡ 1 ⎤ =⎢ ⎥ T ⎣T ⎦ Dove, nel caso di flusso intensivo M i = u.d.c. movimentate del prodotto “i” nel periodo “T”. Anche in questo caso un prodotto con IM elevato è un prodotto importante per la movimentazione. Nel caso di flusso intensivo, questo indice assume un importanza relativa e viene spesso sostituito da una variabile definita movimentazione (F). L’indice di accesso (diversamente dal suo omonimo presentato nelle pagine precedenti) rappresenta il numero di accessi nell’unità di tempo alla cella del magazzino (ubicazione) dedicata al prodotto i-esimo. Questo indice distoglie l’attenzione dal prodotto e la concentra maggiormente sulla cella in cui è depositato. La sua espressione matematica, per un prodotto i-esimo, è la seguente: IAi = IM i ⎡ accessi ⎤ =⎢ n°cellei ⎣T ⋅ vano ⎥⎦ Dove: n°cellei = n° celle dedicate al prodotto “i” in caso di magazzino a celle dedicate, altrimenti è la giacenza media del prodotto “i”. 287 Appunti per il corso di Logistica Industriale L’indice di accesso rappresenta la probabilità di acceso alla cella in esame, nel periodo T. Nel caso in cui si operi in una situazione di flusso intensivo in un magazzino dove, invece del numero di celle dedicate, si deve utilizzare la giacenza media del prodotto per esprimere la variabile “ n°cellei ”, l’indice di accesso diventa esattamente uguale all’indice di rotazione. Quindi IRi = IAi Per quanto riguarda invece la scelta dei criteri di allocazione dei prodotti nel magazzino è da ricordare che tale scelta risulta di fondamentale importanza per la definizione di tutta la strategia di movimentazione. Come già osservato nel paragrafo relativo alla determinazione della potenzialità ricettiva, i criteri di allocazione dei prodotti a magazzino sono tre: 1) Dedicated storage (allocazione dei prodotti nella posti dedicati); 2) Class based storage (allocazione dei prodotti per classi dedicate); 3) Shared storage (allocazione casuale o per posti condivisi). Il criterio dedicated storage, come già osservato nel paragrafo relativo alla determinazione della potenzialità ricettiva, consiste nel assegnare ad ogni tipo prodotto un numero definito di celle dedicate. Questo criterio di allocazione, determina univocamente la potenzialità ricettiva di ogni prodotto con il numero di celle ad esso dedicate pari alla giacenza massima prevista. Per avere quindi una potenzialità ricettiva del magazzino elevata, occorre avere un magazzino molto esteso. Questa caratteristica, rende il criterio inutilizzabile in caso di magazzini con problemi di spazio, perché limita rigidamente la capacità ricettiva di ogni prodotto. L’aspetto positivo di questo criterio è la facile ricerca dei prodotti che comporta una riduzione notevole del tempo medio di accesso alle varie allocazioni. La disposizione dei prodotti nel magazzino poi avviene: per indice di accesso decrescente nel caso di un ottimizzazione dei tempi di percorrenza, per aree merceologiche nel caso di una suddivisione per facilitare la ricerca del prodotto o per altri criteri dettati dalle caratteristiche del prodotto (fragilità, pericolosità, deperibilità, ecc.). Il criterio class based storage, che consiste nel suddividere il magazzino in zone dedicate a classi di prodotti, fa in modo che ogni articolo appartenente alla classe venga stoccato in modo casuale all’interno della zona dedicata alla classe. Il numero di vani necessari per ogni zona è pari alla giacenza complessiva massima prevista per la classe che occuperà tale 288 Appunti per il corso di Logistica Industriale zona, valore che è di gran lunga inferiore alla somma delle giacenze massime previste per ogni singolo articolo, valore assunto nel caso di allocazione dedicata ad ogni singolo articolo, in quanto all’intero di ogni singola zona è possibile una compensazione temporale tra «le punte» di giacenza degli articoli. Inoltre, rispetto a una allocazione completamente casuale delle unità di carico, la riduzione ottenibile del tempo medio di accesso, disponendo opportunamente le classi all’interno del magazzino, è più consistente se il numero di classi individuate è elevato, anche se in realtà il comportamento è di tipo asintotico e gli ulteriori miglioramenti ottenibili aumentando il numero di zone oltre al valore di 4 ÷ 5 sono molto modesti. Viceversa la complessità gestionale aumenta in modo consistente per suddivisioni in un numero di classi superiore a 4 ÷ 5, ne consegue che, nei sistemi di stoccaggio, vengono solitamente utilizzate suddivisioni in 3 o 4 classi di prodotti. Infine il criterio shared storage, che si colloca all'estremo opposto rispetto all'allocazione dedicata a ogni singolo articolo, consente di ottenere i massimi vantaggi in termini dì riduzione della superficie richiesta a pari ricettività ma è caratterizzato da un tempo medio di accesso pari alla media dei tempi di accesso a tutti i vani. L’allocazione casuale (o condivisa) non consente infatti di ottenere delle riduzioni del tempo medio di accesso mediante una corretta collocazione dei prodotti. Nel caso di allocazione casuale o in zone per classi di prodotti, è necessario utilizzare supporti di tipo informatico al fine di individuare i vani in cui sono collocate le unità di carico relative a ogni codice (mappa informatica di magazzino), in quanto, in magazzini molto estesi, per gli operatori risulta impossibile conoscere istante per istante la mutevole localizzazione dei pallet. Infine, una volta definita la tipologia del magazzino, per individuare i vani e le zone da assegnare alle unità di carico con maggior frequenza di accesso occorre esaminare la collocazione dei punti di ingresso e di uscita dall'impianto di stoccaggio intensivo e conseguentemente individuare quelle zone e quei vani per cui risulta minore la somma dei tempi di stoccaggio e di prelievo. Nei casi in cui il punto di ingresso coincida con il punto di uscita, il problema risulta semplificato e l'assegnazione dei vani viene effettuata semplicemente sulla base dei tempi di trasferimento delle unità di carico tra il punto di ingresso/uscita ed i vani. Di conseguenza la forma geometrica delle zone e dei confini tra le diverse zone dipende dal tipo di mezzo di movimentazione utilizzato. Nel caso di magazzini 289 Appunti per il corso di Logistica Industriale serviti da carrelli industriali con pilota umano, la determinazione delle aree è più complessa perché non si conoscono esattamente le potenzialità di movimentazione del mezzo. Il dimensionamento viene inizialmente effettuato a valori medi ricorrendo a tecniche di ricerca operativa quali ad esempio la simulazione per una definitiva convalida. Il metodo con cui individuare i confini geometrici delle zone, se i punti di ingresso e uscita coincidono, consiste nell'individuare le curve o le superfici isotempo di accesso. Dopo aver individuato le zone è necessario scegliere quali unità di carico posizionare in quelle zone in ordine di accessibilità. Disporre gli articoli a partire dai vani più velocemente accessibili secondo un ordine decrescente degli indici di accesso corrisponde a massimizzare la probabilità di dover accedere ai vani con i tempi minimi di accesso. Questo metodo consente di ottenere notevoli riduzioni del tempo medio di accesso alle varie ubicazioni. Un altro criterio per assegnare i vani ai vari prodotti consiste nel determinare il tempo atteso tra successivi movimenti relativi ad una allocazione, che coincide con il tempo atteso di permanenza nel magazzino di ogni unità di carico, e quindi nell’assegnare i vani più accessibili alle unità di carico caratterizzate da un minor tempo atteso di permanenza. La seguente Tabella 7.4 riassume come determinare l’indice di accesso in base al criterio di allocazione scelto: Allocazione dedicata a ogni singolo articolo (dedicated storage) Allocazione in zone per classi prodotti (class based storage) di IA = flusso u.d .c. movimentate giacenza massima IA = IR = flusso u.d .c. movimentate giacenza media Tabella 7.4: determinazione dell’indice di accesso in base al criterio di allocazione. La suddivisione del magazzino in zone dedicate a prodotti con diverso indice di accesso (o diverso tempo di permanenza) consente di ottenere risparmi apprezzabili concernenti la parte variabile del tempo di ciclo semplice rispetto alla situazione di allocazione casuale 290 Appunti per il corso di Logistica Industriale delle unità di carico, mentre ovviamente la parte fissa del tempo di ciclo (relativa per esempio al ciclo forche e al posizionamento) non subisce modificazioni. La determinazione dei confini ottimali tra le diverse zone del magazzino e quindi tra le diverse classi è un problema di non facile soluzione e affrontabile mediante processi iterativi o attraverso la definizione di opportuni modelli analitici che consentano di ricavare il tempo medio di accesso in funzione dei confini delle zone e dell'andamento della curva cumulata ABC "movimentazione-spazio dedicato". Infatti dopo aver ordinato gli articoli secondo valori decrescenti dell'indice di accesso è possibile ricavare la curva cumulata (Figura) che rappresenti la frazione F(x) di movimentazione, rispetto al totale della movimentazione, prodotta complessivamente dagli articoli che occupano la frazione x di volume del magazzino, rispetto al volume complessivo. Figura 31: Andamento della curva ABC. Tutti i metodi di classificazione ABC hanno come base comune la stesura di una graduatoria dei materiali più importanti alla movimentazione, secondo il criterio definito dal metodo. Il metodo appena descritto permette di ricavare l’ordine delle allocazioni, associate ai prodotti, con la maggior probabilità di essere raggiunte, per effettuare la movimentazione, nel periodo preso in considerazione. 291 Appunti per il corso di Logistica Industriale Determinazione del numero di carrelli per la movimentazione La determinazione del numero di carrelli di cui dotare il magazzino per le operazioni di movimentazione interna viene fatta facendo come sempre riferimento a valori medi di progetto. La soluzione ottenuta dovrà poi essere analizzata con tecniche quali la simulazione numerica, in modo da verificarne la capacità di adattamento a modificazioni delle condizioni di progetto. I valori medi da cui partire durante questa fase sono rappresentati da: • potenzialità richiesta per il magazzino, espressa ad esempio in unità di carico movimentate all’ora; • percentuali di cicli combinati su un corridoio e su due corridoi rispetto al totale delle movimentazioni; • velocità media del carrello su tratti rettilinei; • velocità di salita e discesa forche; • altezza e numero di vani; • tempi fissi di prelievo per cicli semplici e combinati su uno o due corridoi. In base ai dati suddetti, è possibile calcolare il tempo medio nel caso di ciclo semplice, il tempo medio per ciclo combinato su un corridoio ed il tempo medio per un ciclo combinato su due corridoi. Ad esempio, per quanto riguarda il tempo medio di ciclo semplice, esso è dato dalla somma del tempo per percorrere il percorso medio di ciclo semplice rettilineo, a cui devono essere sommati i tempi fissi di prelievo nonché due tempi medi di salita e due tempi medi di discesa forche (deposito e prelievo). Infine, una volta che siano noti da un lato i tempi necessari per svolgere il prelievo e il deposito con il sistema di movimentazione e stoccaggio progettato, dall’altro il numero di operazioni da effettuare nell’unità di tempo, si potrà determinare facilmente il numero di carrelli necessari, confrontando i due valori così ottenuti. 292 Appunti per il corso di Logistica Industriale Parametri di prestazione delle aree di stoccaggio L’operazione di stoccaggio consiste fondamentalmente nell’assegnazione di una posizione all’interno del magazzino dell’u.d.c unitarizzata alla fase precedente, e l’allocazione vera e propria in tale posizione dell’u.d.c. stessa. Qui le u.d.c permangono a scorta per un periodo di tempo più o meno lungo, fino a quando non arriva un ordine cliente che richiede di prelevare in tutto o in parte l’u.d.c. Nel primo caso l’unità viene avviata direttamente alla fase di allestimento, mentre nel secondo caso si avrà una fase intermedia di stoccaggio e prelievo frazionato. Per affrontare il problema del dimensionamento delle aree di stoccaggio è necessario definire preventivamente alcuni parametri di performance del magazzino (d’ora in avanti il termine magazzino verrà utilizzato per identificare l’area di stoccaggio), tramite i quali vengono valutate le caratteristiche prestazionali del magazzino stesso. Ricettività [u.d.c]: si intende la quantità complessiva di merce che può essere stoccata nel magazzino. La ricettività viene espressa in termini di unità di carico stoccabili a magazzino. Selettività: è espressa dal rapporto tra il numero di unità di carico direttamente accessibili, e la ricettività del magazzino. Valori unitari indicano magazzini in cui tutte le unità di carico sono direttamente accessibili. Coefficienti di sfruttamento superficiale [u.d.c/m2]: fornisce il rapporto tra la ricettività del magazzino e la superficie in pianta del magazzino (chiaramente solo l’area di stoccaggio): CS = ricettività sup erficie magazzino Coefficiente di sfruttamento volumetrico [u.d.c/m3] oppure [%]: nel primo caso fornisce il rapporto tra la ricettività del magazzino e il volume del magazzino (chiaramente solo il volume di stoccaggio): CV = ricettività volume magazzino 293 Appunti per il corso di Logistica Industriale Nel secondo caso esprime invece il rapporto tra il volume medio dell’u.d.c ed il volume lordo del vano unitario. Coefficiente di utilizzazione della potenzialità ricettiva [%]: esprime il grado con cui viene sfruttata la ricettività del magazzino. Si possono a tal proposito utilizzare due formulazioni, una che tiene conto dei valori massimi ed una dei valori medi: n° MEDIO di u.d.c. a magazzino (ΔT ) ricettività n° MASSIMO di u.d.c. a magazzino (ΔT ) ricettività I valori sono riferiti ad un particolare intervallo di tempo ΔT. Potenzialità di movimentazione [u.d.c/ora]: espressa in unità di carico movimentate nell’unità di tempo, solitamente [u.d.c/ora], esprime il flusso gestibile di movimentazione del magazzino. In questo caso occorre specificare se la potenzialità si riferisce a soli flussi in ingresso, a soli flussi in uscita, oppure al caso generale in cui nel magazzino sono contemporaneamente attivi sia i flussi in ingresso che in uscita. In quest’ultimo caso si parla propriamente di throughput del magazzino. È importante osservare fin da subito come il throughput sia necessariamente superiore alla somma della potenzialità in ingresso e della potenzialità in uscita del magazzino, per la possibilità di combinare opportunamente cicli di immissione e prelievo. Infine, si possono considerare due parametri di prestazione economica del magazzino il costo della ricettività ed il costo della movimentazione. Costo della ricettività [€/anno/u.d.c]: esprime il valore del costo annuo del magazzino per postazione di stoccaggio: cos to annuo ricettività Nel costo annuo devono essere considerate le seguenti voci: la quota annua di ammortamento di strutture edili, impianti di servizio e attrezzature di handling (scaffalature, 294 Appunti per il corso di Logistica Industriale carrelli, ecc..), costo annuo dei servizi generali di impianto (condizionamento, illuminazione, ecc..). Costo della movimentazione [€/movimentazione]: esprime il valore del costo per unità di carico movimentata. Si calcola valutando le voci di costo annuo direttamente o indirettamente imputabili all’handling e rapportandole al throughput annuo: cos to annuo dell' handling throughput annuo In particolare i costi diretti dell’handling comprendono il costo del personale addetto alle movimentazioni e il costo energetico legato alle operazioni di handling, mentre la quota di costo indiretto si compone principalmente dei costi di manutenzione delle attrezzature direttamente impiegate nelle operazioni di movimentazione (es. carrelli a forche). Bibliografia [1] Christopher, M., (1998), Logistics and Supply Chain management, prentice and Hall, London. [2] Caron, F., Marchet, G., Wegner, R., (1997), Impianti di movimentazione e stoccaggio dei materiali, Hoepli, Milano. [3] Chopra, S., Meindl, P., (2001), Supply chain management, Prentice Hall, New Jersey. [4] A. Rizzi, (2002), Materiale didattico per il corso di Logistica Industriale, Parma. 295 Appunti per il corso di Logistica Industriale