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RISCHIO DI CREDITO E RISCHIO PAESE

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RISCHIO DI CREDITO E RISCHIO PAESE
RISCHIO DI CREDITO E RISCHIO PAESE
DALLA VALUTAZIONE ALLA GESTIONE:
GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE DELLE AZIENDE
(PARTE I)
di Giampietro Garioni, Franco Portento, Federica Brazzoduro e Silvia Sardena
Estero > Commercio Internazionale
PARTE I – DALLA VALUTAZIONE ALLA GESTIONE
di Giampietro Garioni
DEFINIZIONE E TIPOLOGIA DEI RISCHI
Tutti gli operatori che intraprendono una qualsiasi iniziativa nei confronti dell'estero si trovano a fronteggiare
essenzialmente due categorie di rischio:
•
il rischio di credito, ossia il rischio insito nel fatto di dovere, in un modo o nell'altro, concedere un
affidamento alla contropartita estera. Tale affidamento varia a seconda dell'importo e della durata, dai
pochi mesi necessari per una fornitura agli anni richiesti da una lunga dilazione di pagamento o dal payback di un investimento;
• il rischio finanziario, che a sua volta si divide in due capitoli fondamentali:
- il rischio di cambio, ossia il rischio inerente al fatto di ricevere pagamenti (e, ormai nella maggior
parte dei casi, di effettuare esborsi all'estero relativi all'acquisto di merci, componenti, servizi da
incorporare nella fornitura) in valute diverse dall'euro;
- il rischio di tasso, ossia il rischio connesso da una parte alla necessità di ricevere crediti per
finanziare le operazioni svolte (forniture, investimenti, apporti di capitale); dall'altra parte alle concessioni di finanziamenti (crediti fornitori) alle controparti estere acquirenti.
Questo secondo rischio funge da amplificatore del primo e necessita di altrettanta attenzione e gestione
finanziaria. Diciamo subito che la valutazione e la gestione del rischio finanziario non fanno parte dell'ambito
di questo intervento, ma come vedremo spesso si intersecano con la gestione del rischio di credito e,
nell'ambito delle operazioni di export credit, sovente si tenta di dare una risposta univoca ad entrambe le
tipologie di rischio.
IL RISCHIO DI CREDITO
Il rischio di credito si divide, a sua volta, in due categorie principali (si veda la tavola 1) (1):
• il rischio commerciale, che è connesso all'eventualità che il nominativo estero sia insolvente o
inadempiente, sotto molteplici punti di vista (perché non paga merci e servizi ricevuti, perché non
rimborsa i crediti, escute indebitamente le fideiussioni rilasciategli, sospende o revoca arbitrariamente la
commessa, non ritira le merci anche se conformi alle sue richieste, non adempie alle obbligazioni sociali
di sua spettanza, ecc.).
• il rischio paese, che è rappresentato da una serie di eventi, non direttamente imputabili alla singola
contropartita, che comunque provocano gli stessi effetti di insolvenza o inadempienza sopra citati, a
carico sia di un debitore privato sia di un debitore pubblico. Il rischio paese a sua volta si divide in:
rischio sovrano, cioè il rischio che uno Stato sovrano metta in atto disposizioni, norme e leggi che
producano effetti tali da impedire il pagamento del corrispettivo in un contratto commerciale o
l'esecuzione di un accordo (ad esempio la costituzione di una società); e rischio di trasferibilità
valutaria, relativo alle disposizioni che impediscono, indipendentemente dalla volontà della contropartita
commerciale, di trasferire in valuta convertibile tale corrispettivo o capitali e redditi relativi ad un
investimento/disinvestimento. Un esempio (2) degli eventi che concorrono alla delimitazione causale dei
rischi di cui si tratta può essere quello tratto dalla delibera Cipe n. 93/99, che elenca appunto gli eventi
generatori di sinistro che la Sace considera nella copertura del rischio politico.
È importante sottolineare che il rischio paese è sempre presente, in qualsiasi tipo di operazione con l'estero.
Anche se il rischio commerciale della singola contropartita non è molto elevato, esso si deve considerare
aumentato fino al livello raggiunto dal rischio paese.
Normalmente, operazioni che prevedano committenti pubblici o addirittura entità statali come
acquirenti/debitori vengono ritenute meno rischiose. In realtà non è sempre così.
1
Si veda Rainer Masera “Il rischio e le banche”, Ed. Il Sole 24 ore, 2001.
Si veda la delibera n. 93 del 9 giugno 1999 del Cipe, art. 2 , che ha definito i rischi e le operazioni assicurabili dalla
Sace.
2
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Vi sono nominativi privati il cui rischio individuale è molto inferiore rispetto a quello generale del paese in cui
essi sono situati. È il caso, ad esempio, di molte società energetiche, petrolifere, di telecomunicazioni, delle
filiali di importanti multinazionali situate in paesi ad elevato rischio.
Occorre tuttavia considerare, nel trattare con tali nominativi, che il rischio paese fa sempre aggio sul rischio
commerciale, e che anche clienti molto sicuri e precisi nei pagamenti possono trovarsi coinvolti nelle difficili
vicende del loro paese.
Tavola 1 – Definizione degli Eventi Generatori di Sinistro relativo al rischio politico – Delibera Cipe
93/99
1) la decisione di un paese estero cioè ogni atto, comportamento o decisione del governo del paese,
compresi atti comportamenti o decisioni di enti pubblici equiparati ad interventi del governo, che:
• ostacolino l'esecuzione della Convenzione di credito acquirente o del contratto commerciale oppure
• conducano alla nazionalizzazione, espropriazione, senza adeguato indennizzo, confisca, sequestro da
parte dell'autorità straniera, all'assunzione di altri comportamenti o provvedimenti lesivi posti in essere
dalla stessa autorità a danno dell'impresa straniera o dell'impresa costituita, posseduta o partecipata
all'estero oppure
• incidano sugli investimenti all'estero modificando in modo unilaterale accordi generali o particolari di
protezione o realizzazione di detti investimenti oppure
• modifichino gli impegni contrattuali sottoscritti da Autorità governative nel contesto di finanziamenti
strutturati oppure
• determinino cambiamenti del quadro normativo/regolamentare nell'ambito del quale era stato
specificamente progettato il finanziamento strutturato;
2) moratoria generale disposta dal governo del paese del debitore; da quello di un eventuale paese terzo per
il cui tramite dovesse essere effettuato il pagamento a norma della Convenzione di credito acquirente o del
contratto commerciale oppure dal governo del paese nel quale è stato effettuato l'investimento all'estero o è
stata costituita la società o impresa all'estero;
3) mancato trasferimento valutario causato da eventi politici o problemi economici sopraggiunti dall'estero,
oppure da disposizioni legislative o amministrative adottate all'estero che impediscano o ritardino il
trasferimento delle somme versate a titolo della convenzione di credito acquirente, del contratto commerciale
o ad altro titolo discendente dall'esecuzione dell'operazione assicurata;
4) disposizioni legali adottate nel paese del debitore o nel paese nel quale è stato effettuato l'investimento
all'estero che conferiscano efficacia liberatoria ai versamenti effettuati dai debitori del paese stesso anche se
tali versamenti, convertiti nella valuta del contratto commerciale, della convenzione di credito acquirente o
delle obbligazioni derivanti dall'investimento all'estero, non raggiungono più, a causa delle fluttuazioni dei
tassi di cambio, l'importo del debito al momento del trasferimento.
5) nel caso di credito fornitore, o di contratto commerciale sottostante un credito acquirente, decisioni del
paese o di organismi internazionali (Unione Europea, Organizzazione delle Nazioni Unite etc.), concernenti
gli scambi commerciali tra uno Stato membro e paesi terzi - ad esempio, un divieto di esportazione - sempre
che il governo non si faccia carico dei relativi effetti.
6) circostanze di forza maggiore che si verifichino all'estero, quali guerra, guerra civile, rivoluzione,
sommossa, tumulti civili, terrorismo, sabotaggio, ciclone, inondazione, terremoto, eruzione vulcanica,
maremoto o incidente nucleare, purché i relativi effetti non siano altrimenti assicurati.
Il profitto e il rischio sono legati da una relazione inversa, diventa quindi indispensabile determinare il livello
di propensione al rischio e di conseguenza determinare la categoria di paese che meglio si adatti alle proprie
aspettative di profitto.
Ogni paese ha caratteristiche macroeconomiche, di comprovata solidità politica, di elasticità del
mercato economico, caratteristiche demografiche e sociali.
Il rischio che un debitore sovrano non sia in grado, o non abbia la volontà, di adempiere alle proprie
obbligazioni verso creditori esteri è un'ipotesi sempre valida per ogni operazione con l'estero.
Per i debitori diversi dai soggetti sovrani il rischio paese è costituito dal rischio che il debitore sia posto
nell'impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni a causa di atti o fatti posti in essere dallo Stato in cui
essi sono situati.
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Un discorso a parte vale infine per i rischi di natura catastrofica, ossia quelle circostanze di forza maggiore
che si verifichino fuori dall'Italia, quali guerra, guerra civile, rivoluzione, sommossa, tumulti civili, terrorismo,
sabotaggio, ciclone, inondazione, terremoto, eruzione vulcanica, maremoto o incidente nucleare. Questi
eventi non fanno parte strettamente del rischio politico, ma certamente ci sono, per motivi geografici o
politici, maggiori probabilità che essi si verifichino in alcune aree del mondo piuttosto che in altre. Dunque
anch'essi vanno esaminati insieme al rischio politico, ed in genere al rischio di credito di una qualsiasi
operazione con l'estero.
La valutazione del rischio di credito
Mentre valutare il rischio di credito di una singola contropartita è, se non propriamente facile, almeno
qualcosa che può essere pensato in termini tradizionali (lettura attenta dei bilanci e dei conti economici,
valutazione della posizione concorrenziale, facilità di accesso ai mercati di approvvigionamento e di vendita,
disponibilità di adeguate risorse finanziarie ed umane, e così via), la valutazione del rischio paese è
senz'altro un'impresa complessa.
Essa si basa su una serie di parametri che spesso non sono oggettivi, ma contengono un giudizio di merito;
inoltre risulta impossibile prescindere dal tipo di operazione verso l'estero che si tenta di effettuare.
L'approccio al rischio paese varia a seconda che ci si appresti ad una semplice fornitura, oppure, all'estremo
opposto, all'investimento in una società mista.
Ad esempio:
• nelle forniture, attenzione particolare andrà riposta alla puntualità dei pagamenti, ai rischi politico catastrofici ed all'eventualità di sospensione della convertibilità della moneta locale;
• nella costruzione di impianti chiavi in mano e nell'effettuazione di lavori, oltre ai rischi sopra citati, si
dovrà prestare attenzione alla problematica della revoca di commessa e dell'indebita escussione delle
garanzie, oltre alla "litigiosità" del cliente per ciò che riguarda il rilascio di documenti che attestino il
superamento delle varie tappe contrattuali (commissioning, accettazione provvisoria, accettazione
definitiva). Questo giudizio va riferito non solo al singolo cliente, ma anche alle leggi locali, che possono
stabilire alcune particolarità di procedura, e persino ad usi, costumi e "disinvolture" del paese ove si
opera;
• nel caso di cessioni di tecnologia, ci si dovrà concentrare anche sulla tutela dei diritti di proprietà
intellettuale (marchi, brevetti, licenze);
• nelle operazioni Build - Operate and Transfer (project finance), il rischio paese diventa massimo, in
quanto i redditi dell'impresa da costruire e gestire temporaneamente dipendono essenzialmente da due
fattori: la politica delle tariffe, che deve garantire la redditività del progetto; la convertibilità della moneta
locale nelle valute estere necessarie per il rimborso dei finanziamenti. Il Bot è l'esempio da manuale del
progetto in cui il rischio commerciale viene minimizzato (diventa cioè essenzialmente rischio di
gestione), mentre il rischio paese rappresenta la vera essenza del rischio di credito;
• negli investimenti in società miste, oltre alla somma di molti dei rischi precedenti, il rischio paese andrà
valutato anche per le leggi sulle società, per quelle a tutela degli investimenti (ad esempio, l'esistenza di
trattati bilaterali al riguardo), per la possibilità di trasferire i redditi e disinvestire il capitale ed i limiti ad
essa posti, per le normative sul mercato del lavoro, per quelle in materia ambientale, per l'accessibilità
dell'impresa mista ai mercati valutari, e così via;
• anche nelle operazioni intercompany va valutato il rischio paese. In questo caso, infatti, pur se il rischio
commerciale viene considerato quasi nullo, rimane sempre la possibilità che i pagamenti da una società
affiliata o consociata, stabilita in un paese ad elevato rischio, siano bloccati d'imperio dalle locali autorità
governative.
In generale, pertanto, se è vero che un paese o è rischioso o non lo è, e se è rischioso, lo è per qualsiasi
operazione vi si compia, è pur vero che in certi casi un paese possa essere considerato abbastanza sicuro
per i pagamenti a breve termine, ma non offra sufficienti garanzie per effettuarvi investimenti o operazioni di
project financing.
Le imprese che effettuano investimenti nei mercati esteri, siano essi puri investimenti finanziari o
investimenti diretti di natura industriale e di medio-lungo periodo, generalmente si coprono dal rischio,
politico, economico e finanziario, attraverso contratti di copertura assicurativa specifici.
Quanto vale il rischio?
Quali sono gli indici fondamentali per calcolare il rischio?
Evidentemente la situazione politica, quella economica, le politiche di recente attuazione, la tipologia del
sistema finanziario o di quello giuridico, sono tutti aspetti che influiscono sull'analisi del rischio e sulla sua
valutazione.
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RISCHIO PAESE E SCENARIO INTERNAZIONALE
Esiste uno stretto legame tra rischio paese e scenario internazionale. Diventa quindi fondamentale tenere
conto degli eventi di carattere politico internazionale sia passati che presenti per valutare compiutamente il
livello di rischio in un'operazione internazionale.
Un primo fenomeno significativo che merita di essere richiamato è quello relativo all'indebitamento dei paesi
in Via di Sviluppo (Pvs) che è poi sfociato nella massiccia ristrutturazione dei debiti di circa 30 nazioni a
partire dall'inizio degli anni '80.
Si trattò di un fenomeno di autentica crisi debitoria che traeva origine dal progressivo indebitamento dei Pvs,
antecedente alla crisi petrolifera del 1973/4.
Successivamente la situazione fu aggravata dalle stesse conseguenze della crisi sui rapporti di scambio fra
paesi non esportatori di greggio:
• il peggioramento dei rapporti aumentò il disavanzo;
• il fabbisogno di finanziamenti da negoziare con dei pool di banche con grandi disponibilità finanziarie, in
quanto depositarie dei petrodollari, incentivarono l'accesso al credito.
Con l'inizio degli anni '80 il forte apprezzamento del dollaro, in concomitanza con dei tassi d'interesse
elevati, provocò l'esplosione della crisi che costrinse i paesi debitori a procedere alla ristrutturazione dei
debiti.
Un secondo fenomeno d'indebitamento sfociato in crisi è quello che portò, nel 1981, alla dichiarazione di
default della Polonia in seguito alla contrazione degli scambi tra i due blocchi verificatasi nella seconda metà
degli anni '70.
Considerazioni analoghe possono farsi anche in riferimento ad altre crisi più recenti: si pensi alla crisi del
Messico nel 1994, alla crisi di molti paesi asiatici nel 1997, a quella Russa nel 1998, a quella dell'Argentina
nel 2001.
Gli analisti sottolineano che in tutti questi casi è riscontrabile una medesima dinamica con una sequenza di
eventi che si ripete: uno o più paesi godono per periodi prolungati di ampio credito che si trasforma in
afflusso di capitali dall'estero.
In seguito, per motivi che possono essere definiti endogeni (mutamenti politico economici) ma anche
provenienti dall'esterno (mutamenti nell'andamento dei mercati), tale flusso di capitali si riduce bruscamente,
rendendo impossibile al debitore di far fronte alle scadenze, costringendolo alla dichiarazione di default, o
quantomeno, alla ristrutturazione del debito.
Deve tuttavia evidenziarsi come, accanto a tali classiche crisi debitorie si siano manifestate, specie
nell'ultimo decennio, gravi crisi finanziarie di tipo diverso: si pensi alle crisi che negli anni '90 hanno colpito il
Messico ed il sud-est asiatico.
Questi fenomeni, che hanno investito economie evolute, cogliendo di sorpresa la maggioranza degli analisti,
hanno spinto alcuni studiosi a teorizzare una necessità/inevitabilità dei momenti critici da parte del sistema.
In tal senso, se gli elementi economici sono certamente determinanti nel generare le crisi, gli elementi di
analisi politica sono altrettanto importanti per poter valutare il rischio che tali ipotetiche crisi si manifestino
poi effettivamente.
Esemplare a tal proposito il parallelo tra il caso della crisi argentina e quello della mancata crisi turca.
Argentina e Turchia si trovavano infatti in condizioni molto simili tra loro ma la reazione del Fondo Monetario
Internazionale e degli altri grandi players del mercato è stata opposta nei due casi: se nel caso Argentina
essi hanno determinato l'esplosione della crisi sospendendo i finanziamenti, nel caso della Turchia sono
invece ripetutamente intervenuti in misura tale da evitare l'esplosione della crisi nelle sue manifestazioni più
violente.
Il differente approccio alle due situazioni, pur tra loro simili, appare inesplicabile sulla base dei soli elementi
economici, mentre è facile intuire che trovi le sue ragioni in fattori prettamente politici, tra cui in primo luogo
la diversa importanza geostrategica di Argentina e Turchia rispetto al particolare momento storico e allo
scenario internazionale.
La variabile “politica” negli stessi anni in cui è andata assumendo un'importanza crescente, si è via via
caratterizzata per una sempre maggiore “volatilità”. Se infatti ai tempi della cortina di ferro la situazione
internazionale era “ingessata” nel sistema delle sfere d'influenza creato a Yalta, la caduta del Muro di
Berlino prima, ed i fatti dell'11 settembre poi, hanno cancellato quel sistema e quella stabilità.
Così, se la Turchia si trova in difficoltà, può oggi contare su di un sostegno internazionale ben diverso da
quello su cui potrebbe contare l'Argentina.
Ci sono stati casi in cui l'importanza di un paese è stata determinata da fattori militari: si pensi al Pakistan,
paese da pochi anni in possesso di armi nucleari e coinvolto da considerevoli flussi finanziari.
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La mutevolezza degli scenari ha reso possibile ad una serie di paesi caucasici di trarre profitto dalla guerra
in Afghanistan, condizionando il proprio appoggio a consistenti aiuti idonei a stabilizzare i governi, sia dal
punto di vista economico che politico militare.
Per quanto tempo tali paesi potranno ancora sfruttare la loro importanza geostrategica non è dato sapere.
Analizzare il rischio paese, evidentemente, impone oggi più che mai di considerare tali variabili politico –
militari con la stessa attenzione con cui si valutano i dati economico finanziari, mancando attualmente nella
comunità internazionale la funzione di controllo e di equilibrio che garantisca un contenimento degli Stati
egemoni del sistema internazionale.
Per poter meglio analizzare il rischio paese, ogni valutazione richiesta deve comunque esprimersi in un
risultato oggettivamente comparabile: non basta dire che un paese è "molto" o "abbastanza" rischioso,
bisogna dare un valore numerico a questi aggettivi, bisogna quantificare.
Molte agenzie e centri studi, soprattutto negli Usa, hanno stabilito una serie di parametri di riferimento
(stabilità politica, organizzazione dello Stato, fondamentali economici come Pnl, reddito pro - capite,
inflazione, disoccupazione, bilancia dei pagamenti, debito estero, situazione delle infrastrutture, probabilità
di eventi catastrofici, puntualità dei pagamenti, e così via).
La sintesi di questi parametri consente di esprimere un giudizio sul rischio paese.
I criteri generalmente seguiti sono due:
• un punteggio espresso con lettere (ad esempio da A a D, ove A indica un rischio minimo, D un rischio
massimo);
• un punteggio espresso in percentuale (un numero vicino a 100 rappresenta un rischio minimo, un
numero basso un rischio elevato).
Le agenzie di analisi del rischio paese
Esistono numerose società impegnate nella misurazione del rischio paese e nella sua classificazione e,
anche se a ciascuna di esse possono corrispondere metodologie differenti, sicuramente tutte forniscono dati
e informazioni, quantitative o qualitative, di estrema rilevanza.
Di seguito un elenco delle principali agenzie internazionali di ricerca:
• Bank of America World Information Services;
• Business Environment Risk Intelligence;
• Control Risk Information Services;
• Coplin-ÒLeary Rating Sistem;
• Economist Intelligence Unit;
• Euromoney;
• International Country Risk Guide;
• Istitutional Investor.
Istitutional Investor basa ad esempio la sua analisi sui dati provenienti dagli istituti internazionali di credito, ai
quali viene chiesto di classificare ciascun paese secondo una scala con valori compresi tra 0 e 100, dove
100 indica il valore di massima credibilità finanziaria.
Successivamente, questi valori vengono rielaborati da Istitutional Investor secondo una scala di fattori, in
base alla loro importanza.
International Country Risk Guide (Icrg) completa invece mensilmente una serie di dati di politica, economia e
finanza che permettono di calcolare, distintamente, il rischio politico, economico e finanziario inerente al
paese in questione.
Per ogni fattore considerato (5 finanziari, 13 politici e 6 economici) viene assegnato un valore a seconda
della rilevanza e in maniera inversa al rischio (vale a dire che maggiore è il valore numerico più è basso il
rischio). Ai fattori inerenti il rischio politico vengono assegnati complessivamente 100 punti (50% del totale)
mentre a quelli finanziari ed economici vengono assegnati 50 punti ciascuno.
Generalmente ai fattori politici viene associato il cosiddetto rischio di willingness to pay (volontà di pagare)
mentre ai rimanenti fattori spetta il rischio di ability to pay (capacità di pagare).
Questa differenziazione spiega la decisione di Icrg di effettuare analisi separate, pur restando evidente che,
ai fini di un'analisi globale, è necessaria una valutazione completa del rischio paese.
Icrg analizza infatti anche il rischio composito che non è altro che una semplice funzione lineare dei tre valori
di rischio individuali.
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Le agenzie di rating
Un'indicazione estremamente importante sull'andamento del rischio paese, ma anche dei singoli debitori
(banche e corporate), viene dai rating espressi dalle maggiori agenzie specializzate.
Nella tavola 2 ad esempio viene riportata una breve descrizione dell'analisi che viene effettuata da Standard
& Poor's per determinare il Soverign Credit Rating, il rating sovrano di ciascun paese.
Tavola 2 - Il Sovereign Credit Rating
Il Sovereign credit rating di S&P's consiste nella valutazione della capacità e della volontà di un governo di
ripagare i debiti in accordo con i termini di scadenza. L'analisi effettuata è di tipo qualitativo e quantitativo.
Il servizio di classificazione si basa su due tipi di analisi: il primo è chiamato Top down e prende in
considerazione i fattori economici e politici globali; in relazione alle passate esperienze, e non in strettissima
relazione con il paese che si analizza, è in grado di suggerire quali siano i tempi più critici per l'effettuazione
di un investimento e le dimensioni dei rischi d'inadempienza. La seconda metodologia di analisi è la
cosiddetta Bottom-up che consiste nello studio delle variabili fondamentali del paese: gli argomenti di analisi
vengono suddivisi in otto diversi gruppi in modo tale che tutti possano essere considerati in relazione al
proprio insieme di appartenenza. Ogni categoria è relazionata sia con il rischio politico sia con quello
economico che sono, come abbiamo visto, le chiavi determinanti dell'analisi e della classificazione del
rischio.
Al fine di assegnare una posizione nella classifica del rating, ogni governo è classificato in una scala di valori
compresi tra 1 (rappresentante il più alto punteggio) e 6 (il più basso) per ogni categoria analitica. Tuttavia,
non esiste una formula esatta di combinazione dei punteggi per la determinazione della classificazione. Le
variabili analitiche sono, infatti, strettamente correlate e l'enfasi può cambiare, ad esempio, differenziando il
grado di rischio tra moneta locale e straniera. Gli stessi fattori sociali, economici e politici, infatti, influenzano
il governo in relazione all'abilità e alla volontà di pagare in misura differente a seconda che si tratti di un
debito in valuta locale o in valuta straniera. Per questo motivo, entrambi i tipi di debito sono analizzati in
forma e misura differente.
L'analisi del debito in valuta nazionale si basa anzitutto sui risultati in ambito di politica fiscale, monetaria e
inflazionistica ottenuti dal governo, che possano supportare o erodere gli incentivi per il servizio del debito.
Nel caso di debito in valuta estera invece si presta maggior attenzione nell'interazione tra politica fiscale e
monetaria, la bilancia dei pagamenti e il suo impatto sulla crescita del debito estero, e il grado di
integrazione nel sistema finanziario mondiale.
È interessante dare una definizione dei termini di classificazione utilizzati dalle maggiori agenzie.
Quello che viene chiamato Issuer Credit Ratings non è altro che l'opinione dell'agenzia rispetto alla capacità
e alla volontà di un determinato paese o di un debitore di far fronte ai suoi debiti.
La classificazione avviene tramite l'assegnazione di un indice, che nel caso di Standard & Poor's (S&P)
varia tra ‘AAÀ e ‘D' per il lungo periodo, e da A1 a C per il breve, a seconda che le analisi portino a risultati
ottimistici o pessimistici.
Nella tavola 3 è riportata la classificazione della rischiosità dei paesi o dei debitori internazionali secondo
questa agenzia.
Le altre agenzie adottano un metro di giudizio in gran parte simile a quello visto. Moody's, ad esempio,
adotta una classificazione che va da un massimo di Aaa ad un minimo di C per il lungo termine, e da P-1 a
NP per il breve. Infine Fitch ha un rating molto simile a quello di S&P per il lungo termine (da AAA a C, con
una leggera differenza per i debitori insolventi, che vengono suddivisi fra DDD, DD e D, a seconda della
capacità di recupero del debitore), mentre per il breve vanno da F1 a F3 (investment grade) e da B a D
(speculative grade).
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Tavola 3 – Rischiosità dei debitori e rating secondo S&P
Classificazione di lungo periodo:
Investment grade
•
•
•
•
‘AAÀ: Altissima capacità (extremely strong capacity) di onorare gli impegni finanziari; tale indice di
classificazione corrisponde alla massima fiducia nelle istituzioni politiche ed economiche;
‘AÀ: Alta capacità (very strong capacity); è minore del primo grado di classificazione anche se la fiducia
rimane quasi inalterata;
‘À: Buona capacità (strong capacity); si distingue dai primi due ordini di classificazione per una maggiore
suscettibilità ad effetti avversi o a cambiamenti nelle circostanze e nelle condizioni economiche;
‘BBB': Adeguata capacità (adequate capacity); tuttavia, cambiamenti di ordine economico o politico
hanno una più alta probabilità di modificare la capacità di adempienza;
Speculative grade
• ‘BB': Bassa vulnerabilità (less vulnerable); indica un basso grado di esposizione ad avversità
economiche e finanziarie che possono modificare la capacità di onorare i debiti;
• ‘B': Maggiore vulnerabilità (more vulnerable); indica una maggiore probabilità nella modifica della volontà
di far fronte ai propri obblighi finanziari;
• ‘CCC': Vulnerabilità (currently vunerable); indica un rischio decisamente maggiore, in quanto la volontà e
la capacità di onorare gli impegni finanziari dipende in maniera diretta dai cambiamenti di ordine politicoeconomico;
• ‘CC': Alta vulnerabilità (currently highly-vunerable);
• ‘SD' e ‘D': Un debitore classificato come ‘SD' (Selective Default) o come ‘D' non ha fatto fronte ai propri
obblighi finanziari una o più volte. Tale debitore viene identificato con la lettera ‘D' quando S&P's
considera che la sua inadempienza (default) sia generica e che tale atteggiamento non sarà
abbandonato. Viene invece identificato con il simbolo ‘SD' quando si considera che tali inadempienze
riguardino uno specifico settore o una specifica classe di obbligazioni e, quindi, che il debitore possa far
fronte ai propri oneri negli altri settori.
Più (+) o Meno (-): la classificazione tra ‘AÀ e ‘CCC' può essere modificata mediante l'addizione di un
simbolo grafico “+” o “-” per una maggiore definizione del grado di rischiosità;
R: Un debitore identificato come ‘R' è soggetto ad una supervisione (regulatory supervision) per i debiti cui
ancora deve far fronte.
Classificazione di breve periodo:
• ‘A-1': Alta capacità (strong capacity); nel caso venga aggiunto un segno “+” indica altissima capacità
(extremely strong capacity);
• ‘A-2': Soddisfacente capacità (satisfactory); soddisfacente ma con la possibilità di subire gli effetti di
modificazioni di carattere politico ed economico;
• ‘A-3': Adeguata capacità (adequate capacity); aumenta la probabilità di modifica delle aspettative a
seguito di cambiamenti di ordine politico-economico;
• ‘B': Vulnerabile (vulnerable) e con significative caratteristiche speculative; ha la possibilità di far fronte ai
suoi impegni ma l'incertezza, in special modo riguardo alla caratteristica di “willingness to pay”, è
abbastanza alta;
• ‘C': Maggiore vulnerabilità (currency vulnerable); alta probabilità di inadempienza e forte dipendenza
dalle modificazioni economico-politiche.
Nella tavola 4 viene riportata una comparazione fra la scala di rating di Moody's e quella di Standard &
Poor's (come detto, quella di Fitch è identica a quest'ultima, almeno per il lungo termine).
Quali sono gli aspetti più importanti e, per così dire, “oggettivi” dei giudizi espressi da queste agenzie?
Vediamo di sintetizzarne alcuni:
• innanzitutto, è molto importante la distinzione fra rischi “investment” e “speculative” (o, per citare
l'eufemismo utilizzato dalle stesse agenzie, “non investment grade”). I primi (debitori che hanno un
rating da AAA a BBB- minimo, secondo S&P e Fitch, o Baa3 per Moody's) sono considerati rischi che
possono permettere un normale investimento non speculativo; i secondi (da BB+ o Ba1 in giù) sono
invece considerati rischi che, a fronte di un alto rendimento, aprono all'investitore una prospettiva di
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•
•
•
rischiosità molto elevata. Molti investitori istituzionali (fondi di investimento, fondi pensione,
assicurazioni) non possono investire in titoli (azionari o obbligazionari) di emittenti che godano di un
rating inferiore, a seconda del tipo di fondo che gestiscono, a AA o A o al minimo livello di “investment
grade”. Viceversa, altri si specializzano nell'investimento in quei titoli speculativi che offrono alti
rendimenti e la speranza di un rapido miglioramento dei conti (ad esempio, aziende in fase di startup, ma con buone prospettive di crescita);
al di là del singolo giudizio del momento, è importante la previsione sul futuro immediato, quello che le
agenzie chiamano “outlook”. Questo può essere positivo, stabile o negativo, e gli aggettivi definiscono
chiaramente la possibilità di migliorare, stabilizzare o peggiorare il rating dei paesi o degli emittenti. Agli
estremi opposti, pur con terminologie diverse, le agenzie collocano le previsioni di “revisione per il
miglioramento”, cioè di possibile passaggio ad una categoria di rating superiore, oppure di “credit
watch”, ossia di stato di osservazione con la possibilità di un passaggio ad una categoria di rating
inferiore. Queste previsioni danno il senso di un movimento nella valutazione di un debitore che è molto
importante, perché esprime la necessità di una diversa attenzione al rischio di credito. Da questo punto
di vista, è esemplare il caso della Russia (si veda la tavola 5), che ha percorso, in un certo senso, il
viaggio di andata e ritorno: dal 1996 al 1999, secondo S&P, ha, passo dopo passo, peggiorato il suo
rating, mentre dal 2000 al 2002 l'ha gradualmente migliorato (addirittura Moody's, dal canto suo, ha
recentemente promosso il paese a Baa3, che è già nella categoria “investment grade”);
anche se il rating è uno dei giudizi, e non il solo giudizio che può essere fornito su un determinato
debitore, esso è tuttavia di fondamentale importanza per esprimere il pricing di un determinato rischio,
ossia la valutazione di mercato in termini di rendimento di un rischio per un determinato periodo. Il
miglioramento (upgrading) o peggioramento (downgrading) di un rating per un debitore ha notevole
influenza sul suo costo del debito, cioè si riflette in termini, rispettivamente, di un minore o maggiore
costo. Ciò è particolarmente rilevante alla soglia del passaggio dalla categoria di investment grade a
quella di non investment grade, o viceversa, passaggio che spesso può valere anche più di un punto
percentuale annuo di costo in più o in meno, a seconda dei casi. In generale, si può dire che, a parità di
altre condizioni, aziende, imprese o stati sovrani che si trovano in una determinata categoria di rating
tendono ad avere un costo del debito uguale o di poco differente. Ciò è vero, ma non in assoluto. È vero
infatti anche che debitori con un rating uguale, ad esempio di “A“, hanno un costo differente se
appartengono a settori meno rischiosi (ad esempio, banche, assicurazioni, grandi imprese nel settore
dell'energia o del petrolio) o più rischiosi (ad esempio aziende automobilistiche, telecomunicazioni);
infine, il secondo Accordo di Basilea avrà un impatto molto differente a seconda del rating attribuito alle
varie controparti, soprattutto per quanto riguarda i rischi sovrani. Infatti, per quanto riguarda questi rischi,
il coefficiente di ponderazione (3) che verrà applicato ai singoli prenditori seguirà il seguente schema:
Rating
Ponderazione
da AAA
da A+
da BBB+
da BB+
Inferiore
a AA-
a A-
a B-
a B-
a B-
0%
20%
50%
100%
100%
senza rating
100%
Tuttavia, come si diceva anche in precedenza, i rating non vanno considerati alla stregua di un oracolo, e
soprattutto non vanno utilizzati come l'esclusivo elemento di giudizio sul merito di credito di un particolare
debitore, sul quale giudizio contano molte altre componenti (come, ad esempio, la passata esperienza
commerciale, la maggiore o minore puntigliosità o litigiosità, e così via).
Ricordiamo almeno due particolarità sul giudizio delle agenzie di rating, che sono diventate particolarmente
evidenti negli ultimi anni:
• innanzitutto, le tre principali agenzie di rating sono statunitensi, e sono, per così dire, molto “american
minded”: in altri termini, ragionano in maniera molto americana, e danno più importanza ad alcuni fattori
e meno ad altri (beninteso, in perfetta buona fede, si tratta solo di un approccio culturalmente diverso).
In alcuni casi, le differenti angolazioni di visuale portano a giudizi che talvolta possono sembrare troppo
severi o troppo generosi;
3
Ossia la percentuale da applicare all’importo del prestito per stabilire quanto questo incida sull’attivo ponderato, e
quindi per determinare il rispetto dei coefficienti di patrimonializzazione previsti dall’Accordo di Basilea.
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•
alcuni clamorosi (anche se involontari) errori di valutazione hanno minato il mito del giudizio
inappellabile delle agenzie di rating: basti pensare, per tutti, ai casi Enron e Parmalat, nei quali fino al
giorno dell'insolvenza (e talvolta, anche qualche giorno dopo), la valutazione di rating era rimasta
positiva. Anche questi insuccessi tuttavia ci aiutano a ricollocare i giudizi di queste società nella loro
corretta prospettiva: e cioè come indicazioni molto importanti, che vanno correttamente interpretate (i
giudizi non sono mai composti solo da lettere, numeri e segni positivi o negativi, ma anche da una serie
di indicazioni sulle particolarità di un debitore o emittente che devono essere lette con molta attenzione),
ma che non possono costituire l'unico elemento di giudizio su una possibile controparte.
Dunque, al di là delle pur utili indicazioni fornite dalle varie schede paese o dalle agenzie di rating, il
problema di fondo rimane.
A parte infatti quei rischi che riguardano nominativi sicuri situati in paesi sicuri (una combinazione che si
verifica purtroppo in casi sempre più rari), e che quindi si possono tenere in portafoglio senza timori, in tutti
gli altri casi il problema che si pone all'azienda è come fare a liberarsi del rischio di credito, a quali costi si
riesca a cederlo ad altri (banche, assicurazioni), e come si debba considerare la parte residua che si deve
tenere a proprio carico.
Per questo, le fonti di informazione più efficaci sul rischio paese sono proprio quelle operative: cioè le
banche e le assicurazioni, quando indicano se, in quale misura ed a quali condizioni sono disposte ad
accollarsi il rischio paese.
I rating commerciali ed assicurativi
Ancora più significativi, per una valutazione del rischio di credito da un punto di vista operativo, sono i rating
attribuiti dalle società di valutazione del rischio commerciale e dalle agenzie assicurative pubbliche (Eca).
Della prima categoria fanno parte una serie di società che censiscono rischi paese e una miriade di rischi su
operatori corporate in tutto il mondo. La più famosa è Dun & Bradstreet, che sia per rischi sovrani sia per
rischi su debitori privati e pubblici fornisce una serie molto articolata di informazioni (a pagamento), ed anche
una valutazione di rating sintetico. Le informazioni sono mediamente ben aggiornate e riguardano bilanci,
record di pagamenti e attitudini commerciali di un numero veramente enorme di controparti di molti paesi.
Nella seconda categoria si possono classificare le principali Eca come Sace, Hermes, Coface, Ecgd,
Ducroire, Eximbank statunitense ecc., le cui informazioni e valutazioni sono particolarmente significative per
ciò che riguarda i rischi sovrani.
Al di là della classificazione principale dei paesi in 7 categorie di rischio (rischio crescente dalla prima alla
settima), che di fatto, salvo qualche rara divergenza, sono le medesime in quanto approvate in sede Ocse,
sono importanti le particolari osservazioni che ciascuna di queste agenzie assicurative pubbliche annette al
giudizio su un particolare rischio paese.
Così, per quanto riguarda la Sace, è di particolare rilevanza il giudizio sull'ammissibilità all'assicurazione,
che corrisponde ad un'ulteriore suddivisione in quattro classi, da A a D: nella classe A vengono annoverati i
paesi per cui non ci sono restrizioni di nessun tipo all'ammissione alla copertura assicurativa; restrizioni che
invece possono essere previste per i paesi classificati nelle classi B e C, per cui si possono registrare
limitazioni, plafond assicurativi per il breve e il medio termine o per la singola operazione, abbattimenti della
copertura assicurativa, esclusioni per determinate categorie di debitori e così via; fino alla classe D, per cui
normalmente non è prevista alcuna concessione di garanzia assicurativa (salvo casi particolari, come
possono essere i cofinanziamenti con istituzioni finanziarie multilaterali o di sviluppo).
Molto interessante (e soprattutto trasparente, nel senso che viene pubblicato sul sito internet, a disposizione
di tutti) è il giudizio della belga Ducroire, che ha una classificazione molto articolata nella valutazione del
rischio assicurativo per ciascun paese: oltre alla classificazione tradizionale nelle sette categorie di rischio
per le assicurazioni nel medio termine, la Ducroire prevede una classificazione (sempre su 7 categorie, ma
che possono essere sensibilmente diverse) anche per il rischio politico nelle esportazioni a breve termine e
per le transazioni speciali (operazioni di finanza strutturata e project finance) Inoltre è prevista una scala da
A a C (rischio crescente) per il rischio commerciale per le esportazioni; e infine un'ulteriore descrizione del
rischio (sempre su 7 categorie) per gli investimenti diretti (rischio di guerra, espropriazione e di atto ostile del
governo, rischio di trasferibilità valutaria). Per ciascun paese è indicato e reso pubblico il plafond assicurativo
previsto per il breve e il medio termine.
Infine, merita di essere citato il giudizio di Coface, che pur restando in termini generali (non viene cioè
indicata una precisa disponibilità nei confronti del singolo paese), descrive in modo analitico la situazione di
rischio e la pericolosità nei pagamenti del singolo rischio sovrano.
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Il pricing
Si è prima accennato all'influenza del rating sul prezzo (pricing) al quale viene valutato un determinato
rischio: prezzo che, a seconda dei punti di vista, indica il costo di un'operazione di copertura per chi vuole
liberarsi da un rischio di credito (ad esempio un esportatore) oppure il rendimento che un investitore (ossia
chi offre copertura su un determinato rischio) desidera ottenere a fronte del rischio che esso assume.
Il pricing di un determinato rischio è un parametro fondamentale: per ogni debitore (salvo per quelli per i
quali non v'è alcun mercato, ossia per quelli invendibili) c'è un prezzo al quale una contropartita di mercato
(in genere una banca, o un investitore finanziario) è disponibile ad accollarsi il relativo rischio.
Una doverosa precisazione: quando si parla di pricing, si intende il margine sul costo dei fondi (euribor o
libor della valuta considerata) ad una particolare scadenza per un singolo nominativo: ad esempio, quando
si dice che la società X “paga” euribor + 1,25% a tre anni, con ciò si esprime il costo del debito di quella
società a quella scadenza, o il rendimento che una banca intende ottenere da un prestito a tre anni
concesso a tale debitore.
Tuttavia, il prezzo non è unico, e dipende dalla particolare transazione della quale si tratta: è chiaro che
diverso è il caso di un investimento di natura puramente finanziaria (ad esempio un'emissione
obbligazionaria, o un prestito di tesoreria), diverso è il caso di un'operazione di natura prettamente
commerciale (ad esempio la cessione di un titolo cambiario derivante da un contratto di fornitura).
Comunque, anche i prezzi che si originano su altri mercati sono indicativi della percezione che il mercato ha
nei confronti di un particolare debitore.
In questo senso, i vari mercati su cui si possono trovare quotazioni su particolari debitori sono:
• il mercato dei bonds (emissioni obbligazionarie). È un mercato assai diffuso, sul quale è possibile
trovare quotazioni alle varie scadenze per le quali le società emittenti hanno contratto tali debiti,
facilmente reperibili sulle principali fonti di informazione economica telematica (Bloomberg, Reuters
ecc.). I prezzi che si formano su tale mercato hanno caratteristiche simili a quelli del mercato dei prestiti,
con l'avvertenza che i prestiti obbligazionari subordinati (ossia il cui rimborso avviene dopo il rimborso di
tutti gli altri debiti dell'emittente, e subito prima del capitale sociale) hanno, per la loro stessa natura, un
prezzo superiore a quello delle obbligazioni ordinarie (c.d. “senior bonds”);
• il mercato dei loans (prestiti). Anche i prestiti a società e Stati sovrani hanno una propria quotazione sul
mercato secondario, che varia ovviamente a seconda della scadenza, delle garanzie offerte e della
particolare struttura finanziaria dell'operazione. È tuttavia più difficile trovare fonti d'informazione
adeguate su tali quotazioni, per le quali si deve ricorrere a riviste specializzate o banche internazionali
specializzate nel mercato secondario dei prestiti: è comunque la quotazione più indicativa della
valutazione di un debitore in termini di prezzo;
• il mercato del forfaiting. Si tratta di un mercato dove viene fornita la quotazione delle operazioni di
sconto pro soluto di titoli di credito con rischio su un determinato paese o debitore. Il prezzo che si forma
su tale mercato rappresenta un'indicazione estremamente utile del costo da sopportare per eliminare un
rischio di credito proprio attraverso questa operazione. Le particolarità del prezzo di un'operazione di
forfaiting sono tre: la prima è che in genere i prezzi vengono forniti in termini di tassi fissi completi alle
varie scadenze, perché così viene effettuato lo sconto pro soluto nel forfaiting; la seconda è che le
particolari modalità di raccolta per effettuare un'operazione di forfaiting rendono il relativo costo molto
più oneroso per l'istituto che effettua lo smobilizzo; la terza è che il forfaiter assume tutto il rischio senza
ricorso sul debitore ceduto, e senza la possibilità di assumere ulteriori garanzie nella documentazione
assai scarna collegata alla relativa operazione di acquisto pro soluto dei titoli cambiari. Per questi motivi
il pricing che emerge dal mercato del forfaiting risulta mediamente più oneroso rispetto ai due casi
esaminati in precedenza;
• il mercato dei credit derivatives. Su questo mercato si acquistano, e si vendono, coperture sul rischio
di credito, ed in particolare sul rischio di insolvenza (default) di paesi o di singoli debitori attraverso
contratti derivati. Come meglio si vedrà nel prossimo intervento di Silvia Sardena sulla particolare
materia, è un mercato il cui accesso non è facile per operatori non istituzionali, ma i cui prezzi forniscono
un valido parametro di riferimento per la copertura del rischio di credito.
LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO
La gestione del rischio di credito risponde a due requisiti fondamentali:
• il primo consiste tout court nell'eliminare il rischio di credito, almeno in percentuale rilevante se non al
100%. Eliminare il rischio di credito vuol dire in molti casi innanzitutto cercare di trasferirlo, se
necessario, su una contropartita che sia copribile con una garanzia assicurativa o sia “vendibile” sul
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•
•
mercato finanziario. In altri termini, se il rischio sulla controparte commerciale (l'acquirente estero in un
contratto di compravendita) non può essere garantito con un contratto di assicurazione, occorre
verificare se essa possa ricevere una garanzia da un altro soggetto (in genere una banca) dello stesso o
di un altro paese (a minor rischio) sul quale si possa costruire una copertura assicurativa o
un'operazione di finanziamento bancario che elimini (o attenui in misura percentualmente rilevante) il
rischio. Il trasferimento del rischio da una controparte generalmente ritenuta troppo rischiosa ad una il
cui rischio sia “accettabile” da un punto di vista assicurativo o “vendibile” ad una banca in un'operazione
di smobilizzo del rischio è la prima tappa della gestione del rischio stesso;
il secondo consiste in un'esigenza fondamentale dell'azienda: quando si effettua un'esportazione, specie
se con un pagamento dilazionato in un periodo medio-lungo, il problema non è solo quello di eliminare il
rischio di credito, ma anche quello di finanziare la fornitura dell'operazione stessa. Se cioè con
l'esportazione si genera un credito commerciale (da iscrivere nell'attivo del bilancio dell'azienda
esportatrice), questo credito comporta non solo un rischio, ma anche un'esigenza di finanziamento.
Quindi, la soluzione è quella di esternalizzare il credito (con un credito acquirente, che risolve il
problema scaricandolo sulla banca che lo concede direttamente al compratore) o tentare di
smobilizzare il credito fornitore con un'operazione di vendita pro soluto.
Momento assicurativo e momento finanziario sono le due tappe fondamentali della gestione del rischio.
Certamente, se una banca è disponibile ad acquistare il credito (ad esempio con un'operazione di
forfaiting) o concederlo direttamente (con la conferma di un credito documentario nel breve periodo, o
con un credito acquirente nel medio termine) entrambi i problemi vengono risolti con una sola
operazione. Se questo non è possibile (perché comunque il debitore, o il suo garante, sono ritenuti
troppo rischiosi per un'operazione di finanziamento bancario), si deve tentare di coprire il rischio
sull'acquirente o sul garante con una polizza assicurativa, e cercare in seguito di smobilizzare tale
credito in quanto coperto da un'assicurazione che ne migliora il profilo di rischio.
L'ASPETTO ASSICURATIVO
L'aspetto assicurativo è comunque fondamentale, e riguarda la maggior parte delle operazioni con debitori di
paesi ad elevato rischio.
L'assicurazione dovrà essere richiesta direttamente dall'esportatore per tutti i pagamenti a breve non assistiti
da un credito documentario confermato (l'unica forma di pagamento a breve veramente tutelata dal
rischio di credito), e per tutti i pagamenti a medio termine nella forma di credito fornitore, non smobilizzabili
con un'operazione di forfaiting.
Viceversa, sarà la banca, se lo ritiene necessario, a richiedere coperture assicurative a fronte della
concessione della conferma su un credito documentario o di un finanziamento a breve o medio termine
all'acquirente o alla sua banca.
Per queste varie tipologie di copertura assicurativa si rimanda alla parte III di Federica Brazzoduro, che
tratta appunto delle varie polizze che la Sace può concedere a banche ed esportatori.
L'ASPETTO FINANZIARIO
Le aziende che operano nel settore dei beni di consumo o delle materie prime e industriali generalmente
vendono con regolamenti nel breve termine. Le aziende che operano invece nel settore dei beni di
investimento, o addirittura degli impianti e dei lavori, vendono con regolamenti dilazionati nel medio o lungo
termine. Tutte queste imprese però hanno lo stesso problema, di finanziare le proprie forniture e di eliminare
il rischio di credito sul compratore.
Nel breve termine:
• le aziende che riescono ad ottenere regolamenti delle proprie vendite tramite crediti documentari
confermati riescono a risolvere entrambi i problemi, e a trasferire alla propria banca confermante il
problema del rischio sul debitore e sulla banca emittente del credito documentario;
• le aziende che invece non riescono ad ottenere tali strumenti di regolamento, ma devono accontentarsi
di altri non immuni dal rischio (semplici bonifici, rimesse documentate, crediti documentari non
confermati, assegni, titoli di credito) devono tentare in primis di ottenere una copertura assicurativa, ed
in seguito di ricorrere a forme tradizionali di finanziamento (finanziamenti su esportazioni assistite da
polizze assicurative). Come si vedrà in seguito, un passo avanti potrebbe essere costituito dalla polizza
Sace multiexport, sulla quale si potrebbe montare un'operazione di smobilizzo pro soluto (ma tali
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operazioni sono state finora pochissime e la loro procedura deve essere affinata, in collaborazione fra
banche, Sace ed esportatori).
Nel medio termine, le operazioni che nell'ambito del sistema di sostegno pubblico alle esportazioni sono
state organizzate per risolvere i due problemi sopra esposti sono tre (due tradizionali e la terza che è
cominciata di fatto nel 2002, e sta man mano crescendo d'importanza):
• i crediti acquirente;
• le operazioni di forfaiting;
• gli smobilizzi pro soluto di crediti fornitore, con voltura della relativa polizza Sace a favore dell'istituto
scontante.
La Circolare Simest n. 3/2003 ha di fatto ristretto le agevolazioni sulle operazioni di forfaiting a quelle con
dilazioni fra 2 e 5 anni. In particolare, è prevedibile che le operazioni con durata di rimborso superiore ai 5
anni, per le quali è diventata antieconomica un'operazione di forfaiting, verranno attirate nell'alveo delle
coperture assicurative Sace, e, principalmente in base all'importo, verranno smobilizzate o con uno sconto
pro soluto con voltura di polizza Sace oppure con la strutturazione di un credito acquirente.
Nella tavola 6 viene riportato infine un prospetto sintetico sulla gestione del rischio di credito (assicurazioni e
finanziamenti) a seconda della durata e del tipo di regolamento contrattuale.
Per ciò che riguarda in particolare la gestione del rischio di credito nelle Pmi si rimanda alla parte II di
Franco Portento.
IL CREDIT RISK MANAGEMENT
Il credit risk management consiste appunto nella gestione operativa del rischio di credito, cioè nella sua
valutazione, controllo e risoluzione attraverso operazioni assicurative e finanziarie.
Si tratta di un argomento molto vasto ed articolato, che merita una trattazione a parte che rinviamo ad un
prossimo intervento.
Si vuole qui ricordare che la gestione del rischio è una materia che riveste sempre maggiore importanza sia
nelle grandi imprese, sia nelle Pmi.
Ogni impresa si deve collocare, nei confronti del rischio di credito, a seconda delle proprie attitudini, della
propria propensione al rischio, della capacità di stare sul mercato, della conoscenza delle controparti; ma
comunque deve definire una propria politica di gestione del rischio. Anche la scelta di non effettuare
coperture è una scelta, e implicitamente vuole dire che si è disposti a correre un rischio (che l'acquirente non
paghi, o che il paese debitore ponga in essere fatti o atti che ostacolino il regolamento della vendita). Ed in
ogni caso un credito concesso ad un acquirente estero comporta un'esigenza di reperimento delle
necessarie risorse finanziarie per l'azienda esportatrice.
Il credit risk management consiste appunto nella definizione di questa politica e delle procedure da seguire a
fronte di ogni operazione con l'estero. Politica e procedure che devono essere seguite ed osservate da ogni
reparto interessato dell'azienda (produzione, commerciale estero, amministrazione e finanza).
È bene ricordare che il controllo del rischio di credito nasce non quando il contratto è in fase di esecuzione,
ma fin dalle prime fasi del dialogo con la controparte estera.
La valutazione del rischio va quindi effettuata fin dall'inizio, dall'emissione del "bid bond" o dall'impostazione
delle prime trattative con il cliente estero.
Questa regola può sembrare tanto ovvia da apparire banale, ma è opportuno ripeterla perché non sarei così
sicuro che essa venga applicata in tutte le aziende.
La sua mancata applicazione può avere gravi conseguenze: l'azienda può trovarsi in condizioni di non
firmare il contratto (e vedersi quindi confiscare il bid bond) o di non potervi dare materiale esecuzione.
È invece la fase iniziale quella nella quale è possibile valutare i termini di pagamento, e se del caso
organizzare una struttura finanziaria di supporto, o cercare di modificare alcune clausole onerose.
Certamente, la possibilità di intervenire subito presuppone l'esistenza di un buon dialogo fra la direzione
commerciale export e la direzione finanziaria. Dialogo che non è facile, perché c'è sempre il sospetto che
quest'ultima diventi il "controllore" della prima. Non è questo il punto: la direzione finanziaria deve
collaborare con quella commerciale per controllare meglio i rischi della commessa e ricercare, assieme al
cliente, le soluzioni finanziarie più idonee.
Non è esagerato dire che la prima copertura del rischio di credito avviene proprio nella fase iniziale della
negoziazione fornitore - cliente. Condizioni e termini di pagamento, se adeguati, possono a volte eliminare
quasi totalmente il rischio, se inadeguati, renderlo un problema irresolubile.
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Nella maggior parte dei casi, tuttavia, rimarrà comunque una quota di rischio di credito a carico, in prima
analisi, del fornitore, e ci si dovrà porre il quesito di come eliminarne la maggior percentuale possibile. È a
questo punto che intervengono le soluzioni di tipo assicurativo e finanziario di cui si è prima trattato.
Tavola 4 – Comparazione fra le scale di rating delle principali agenzie
Categoria
Moody's
S&P/Fitch
Investment grade superiore
Aaa
AAA
Aa1
AA+
Aa2
AA
Aa3
AAA1
A+
A2
A
A3
AInvestment grade inferiore
Baa1
BBB+
Baa2
BBB
Baa3
BBBNon investment grade
Ba1
BB+
Ba2
BB
Ba3
BBNon investment grade inferiore
B1
B+
B2
B
B3
BCaa1
CCC+
Caa2
CCC
Caa3
CCCCa
CC
C
C
Tavola 5 – Il rischio sovrano Russia: andamento del rating dal 1996 al 2004
Data
Valuta locale
Valuta estera
Dec. 5, 2002
BB+/Stable/B
BB/Stable/B
July 26, 2002
BB-/Stable/B
BB-/Stable/B
Feb. 22, 2002
B+/Positive/B
B+/Positive/B
Dec. 19, 2001
B+/Stable/B
B+/Stable/B
Oct. 4, 2001
B/Positive/B
B/Positive/B
June 27, 2001
B/Stable/B
B/Stable/B
Dec. 8, 2000
B-/Stable/C
B-/Stable/C
July 27, 2000
B-/Stable/C
SD/NM/SD
Feb. 15, 2000
CCC+/Positive/C
SD/NM/SD
May 7, 1999
CCC/Stable/C
SD/NM/SD
Jan. 27, 1999
SD/NM/SD
Sept. 16, 1998
CCC-/Negative/C
Aug. 17, 1998
CCC/Negative/C
Aug. 13, 1998
B-/Negative/C
June 9, 1998
B+/Stable/B
May 27, 1998
BB-/CW-Neg./B
Dec. 19, 1997
BB-/Negative/B
Oct. 4, 1996
BB-/Stable/B
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Tavola 6 – La gestione del rischio: assicurazioni e finanziamenti
Tipologia
dei Assicurazione
Beneficiari Finanziamento
pagamenti
Sace
o
Trade Finance pagamenti
non polizza
Sace esportatore normale credito bancario di
(0-2 anni)
coperti
a
vista multiexport
fornitura
(bonifici,
incassi,
credoc
non
confermati)
crediti fornitore a polizza
Sace esportatore smobilizzo pro-soluto con voltura
breve termine
multiexport
polizza multiexport
credoc confermati polizza linee di banca
insito nel credoc
(a
vista,
con credito a breve
impegno
di
pagamento
dilazionato)
Export Finance crediti fornitore
nessuna
forfaiting (2-5 anni)
(>2 anni)
polizza
credito esportatore smobilizzo pro-soluto con voltura
fornitore
polizza credito fornitore
crediti acquirente
polizza credito
banca
buyer's credit
acquirente
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GLOSSARIO
Project financing
È una tecnica di progettazione economica-finanziaria utilizzata per progetti ad alta intesità
di capitale, di elevato ammontare, spesso di carattere internazionale. Infatti, è spesso
utilizzato per investimenti di grandi dimensioni, caratterizzati da lunghi tempi di rientro, nel
settore elettronico, della produzione d'energia, delle telecomunicazioni, del trattamento di
rifiuti, dei trasporti.
Volatilità
È un particolare indicatore che misura la variazione del prezzo sul mercato.
Generalmente viene definito come "volatile" un mercato particolarmente attivo,
caratterizzato da movimenti di prezzo molto accentuati. Mercati molto volatili sono, per
esempio, quelli dei beni (commodities) o di particolari strumenti derivati (Futures).
La volatilità utilizza in primo luogo il concetto di "Range" inteso come distanza tra prezzo
massimo e minimo in un certo periodo di tempo.
.
Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/
Documento pubblicato su licenza di Ipsoa Editore S.r.l. – Copyright Ipsoa Editore S.r.l.
Fonte: Commercio Internazionale-Quindicinale di diritto e pratica degli scambi con l'estero, Ipsoa Editore
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