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BAMBINI E TECNOLOGIA: ISTRUZIONI PER L`USO Magari non

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BAMBINI E TECNOLOGIA: ISTRUZIONI PER L`USO Magari non
BAMBINI E TECNOLOGIA: ISTRUZIONI PER L’USO
Magari non sanno ancora allacciarsi le scarpe o andare in bici, ma utilizzano alla perfezione
smartphone e tablet. Sono i bambini digitali. Ma qual è la dose giusta di vita digitale per un
bambino? Finora i pediatri americani raccomandavano “niente elettronica prima dei due anni e non
più di due ore per i bimbi più grandi” ma attualmente gli stessi pediatri americani rivedono le loro
precedenti indicazioni: quel che conta non è il tempo passato davanti a uno schermo, ma la qualità
dei contenuti. E i genitori dovrebbero dare il buon esempio. Come si è arrivati a questo cambio di
posizione? Facciamo un po’ di ordine.
Il grido d'allarme arriva da alcune mamme su forum specializzati: “Aiutatemi, mio figlio sa usare
smartphone e tablet ma ancora non impara ad allacciarsi le scarpe!! Come posso fare?”. Sono
sempre più i genitori preoccupati perché i propri bambini (dagli 0 ai 13 anni) passano sempre più
tempo con computer, smartphone, tablet e altre diavolerie elettroniche. Sono i bambini digitali,
“evoluzione” di quei nativi digitali che nel 2001 fecero il loro ingresso sul palcoscenico sociologico
ed educativo mondiale.
Il termine nativi digitali venne coniato dallo statunitense Mark Prensky, sociologo ed esperto di
educazione statunitense, per indicare la prima generazione di bambini cresciuta a pane e computer
(o altri dispositivi elettronici come console e videogame). I bambini digitali, invece, nascono un
decennio dopo circa, con l'arrivo dell'iPad. Il tablet Apple, a differenza degli smartphone, aveva uno
schermo sufficientemente grande e luminoso da attirare l'attenzione dei piccoli e permetter loro di
giocare senza affaticare troppo la vista. Dall'altro lato era molto più semplice e intuitivo da utilizzare
rispetto a un pc: già a 18 mesi i bambini potevano capire il funzionamento di questi dispositivi e
iniziare a utilizzarli con un genitore al loro fianco.
Se i nativi digitali erano quei bambini cresciuti nell'era dell'informatica di massa e della diffusione
di computer casalinghi, i bambini digitali appartengono alla cosiddetta terza generazione digitale:
quella cresciuta tra smartphone e tablet, ADSL e Internet mobile, touchscreen e app.
Succede così che i bambini imparino prima a riconoscere e lanciare una app, piuttosto che
allacciarsi le scarpe o andare in bicicletta. Una ricerca commissionata da AVG, software che realizza
antivirus e altri programmi per la sicurezza del computer, rivela che oltre il 50% dei bambini tra i 2
e i 5 anni di età sa già come giocare con un gioco per tablet di livello base, mentre appena l’11% di
loro sa come ci si allacciano le scarpe.
Ormai gran parte dei bambini, anche di pochi anni, riesce ad utilizzare con apparente disinvoltura
il sistema touchscreen dello smartphone o del tablet quasi si trattasse di un sesto senso innato.
Capita spesso di vedere piccoli che muovono a difficoltà i primi passi senza il sostegno dei genitori,
ma già capaci di giocare con le loro app preferite o perfettamente in grado di cambiare schermata
e lanciare un episodio di Peppa Pig che i genitori sono soliti mostrargli.
Secondo lo psicologo Jerome Bruner è tutto merito della cosiddetta capacità di rappresentazione
enattiva. Nei primi anni di vita, quando il linguaggio non ha assunto il ruolo pervasivo che ha a
partire dai 5-6 anni di età, i bambini classificano gli oggetti del mondo con parole o simboli, ma con
le funzioni per cui vengono utilizzati e i gesti compiuti solitamente nel corso del loro utilizzo. Le loro
mani sono il prolungamento dei loro pensieri (le mani sono gli strumenti dell'intelligenza umana,
diceva Maria Montessori) e ciò gli permette di utilizzare con assoluta naturalezza il touchscreen di
questi dispositivi.
Recentemente, diversi quotidiani e siti internet, tra cui La Repubblica e l’Huffington Post, hanno
pubblicato un articolo che verte su questo argomento riportando uno studio fatto da pediatri.
L’American Accademy of Pediatrics e la Canadian Society of Pediatrics affermano che i bambini da 0
a 2 anni non dovrebbero essere esposti alla tecnologia, dai 3 ai 5 anni l’esposizione dovrebbe essere
di un’ora al giorno, mentre dai 6 ai 18 anni non più di due ore al giorno. La realtà, però, è che i
bambini e i giovani fanno uso della tecnologia 4-5 volte in più dell’ammontare di ore raccomandato,
con conseguenze serie e spesso pericolose per la vita (Kaisee Foundation 2010, Active Healthy Kids
Canada 2012).
Gli apparecchi portatili (cellulari, tablet, giochi elettronici) hanno aumentato sensibilmente
l’accessibilità e la tecnologia, soprattutto da parte di bambini ancora molto piccoli. A questo punto
nasce l’appello di alcuni specialisti, tra cui Cris Rowan, ergoterapeuta pediatrica e autrice di Virtual
Child, Andrew Doan, neuroscienziato e autore di Hooked on Games, Hilarie Cash, direttrice di
reStart, programma di recupero per la dipendenza da internet e autrice di Video Games & Your Kids,
con il contributo dell'American Academy of Pediatrics e dalla Canadian Pediatric Society. Nel
tentativo di assicurare un futuro sostenibile a tutti i bambini, fanno appello ai genitori, agli
insegnanti e ai governi affinché proibiscano l’uso di dispositivi elettronici ai bambini sotto i 12 anni.
Magari tutto ciò è anche troppo esagerato, ma gli studiosi elencano 10 motivi, sostenuti dalla
ricerca, che giustificano questa messa al bando.
1. Rapida crescita del cervello: tra 0 e 2 anni, il cervello dei bambini triplica le sue dimensioni
e continua a svilupparsi rapidamente almeno fino a 21 anni. Lo sviluppo precoce del cervello
è determinato da stimoli esterni o mancanza degli stessi. È stato dimostrato che la
stimolazione su un cervello in sviluppo, generata dalla sovraesposizione alla tecnologia
(cellulari, internet, iPad, TV) può essere associata a deficit delle funzioni esecutive e
dell’attenzione, a ritardi cognitivi, apprendimento compromesso, aumento dell’impulsività
e diminuzione della capacità di autoregolarsi, che può tradursi in scatti d’ira (Pagini 2010).
2. Ritardi nello sviluppo: l’uso della tecnologia limita il movimento e questo può causare ritardi
nello sviluppo. Attualmente, un bambino su tre inizia la scuola con ritardi relativi allo
sviluppo che influenzano negativamente l’alfabetizzazione e i risultati scolastici. Il
movimento migliora l’attenzione e la capacità di apprendimento (Ratey 2008).
3. Obesità sempre più diffusa: l’esposizione alla TV e ai videogiochi è associata all’aumento
dell’obesità. I bambini che hanno dispositivi elettronici in camera da letto riportano il 30% in
più di casi di obesità (Feng 2011). Il 30% dei bambini obesi svilupperà il diabete, inoltre le
persone obese sono più esposte al rischio di ictus e infarto, che riducono gravemente
l’aspettativa di vita.
4. Privazione di sonno: il 60% dei genitori non controlla l’uso della tecnologia dei propri figli e
il 75% dei bambini hanno apparecchi tecnologi in camera. Il 75% dei bambini di 9 e 10 anni
non dorme abbastanza, tanto che il rendimento scolastico ne risente in maniera drammatica
(Boston College 2012).
5. Malattie mentali: l’uso eccessivo della tecnologia è uno dei fattori causali dell’aumento di
depressione infantile, ansia, disturbo dell’attaccamento, deficit di attenzione, autismo,
disturbo bipolare, psicosi e comportamento problematico (Bristol University 2010, Mentzoni
2011, Shin 2011, Liberatore 2011, Robinson 2008).
6. Aggressività: i contenuti violenti dei media possono generare aggressività nel bambino
(Anderson 2007). I bambini più piccoli sono sempre più esposti a episodi di violenza sessuale
e fisica dai media attuali. Gli Stati Uniti hanno definito la violenza nei media un rischio per la
salute pubblica a causa del suo impatto sull’aggressività infantile.
7. Demenza digitale: i contenuti sempre più veloci dei media possono contribuire allo sviluppo
di deficit dell’attenzione e alla diminuzione della concentrazione e della memoria, poiché il
cervello elimina le tracce neuronali dalla corteccia frontale. I bambini che non riescono a
prestare attenzione, non imparano (Small 2008).
8. Dipendenze: i genitori sempre più incollati alla tecnologia si allontanano dai propri figli.
Quando manca l’attaccamento genitoriale, i bambini possono aggrapparsi ai dispositivi
elettronici e questo può causare dipendenza. Un ragazzo su 11, tra gli 8 e i 18 anni, è
dipendente dalla tecnologia (Gentile 2009).
9. Emissione di radiazioni: a maggio 2011, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha
classificato i cellulari e altri dispositivi wireless come un rischio a causa dell’emissione di
radiazioni. Nell'ottobre del 2011 James McNamee ha lanciato un allarme: "I bambini sono
più sensibili a un'intera gamma di fattori rispetto agli adulti perché il loro cervello e sistema
immunitario sono ancora in fase di sviluppo, quindi non si può affermare con certezza che il
rischio sia identico per adulti e bambini" (Globe e Mail 2011).
10. Insostenibilità: il modo in cui i bambini sono cresciuti ed istruiti alla tecnologia non sono più
sostenibili (Rowan 2010). I bambini sono il nostro futuro, ma non c'è futuro per i giovanissimi
che abusano della tecnologia. Un approccio di "squadra" è urgente e necessario per ridurre
l'uso della tecnologia da parte dei bambini.
Come detto in precedenza, queste sono le linee guida lanciate dalla dottoressa Cris Rowan e dal
suo gruppo di lavoro. Sono estreme e come tali vanno valutate con attenzione, perché fanno
riferimento a delle situazioni particolari, in quanto basterebbe un po’ di moderazione, le cosiddette
“mezze misure”, per non vivere nell’allarme. Ed infatti molti specialisti si allontanano da questa
visione così drammatica della situazione.
Più che frenare, conviene invece indirizzare i genitori a ciò che può essere un uso più corretto
delle tecnologie da parte dei bambini. Oltre tutto, ammette l’AAP (American Academy of
Pediatrics), gli studi sulla "dose giornaliera consigliata" di tecnologia a uso e consumo dei bimbi
hanno finora dato risultati poco convincenti. Sono stati riportati sopra gli avvertimenti sui potenziali
danni del tempo eccessivo dedicato a queste forme di tecnologia, che vanno da possibili disturbi
dello sviluppo per i bambini molto piccoli (quando si ritiene che l’interazione con le persone debba
essere assolutamente prevalente rispetto a quella con l'elettronica) a rischi vari, per esempio di
sovrappeso e obesità per i più grandi, che stando seduti di fronte a computer e videogiochi
sottraggono tempo allo sport e al movimento, oltre che per la mancata interazione “in vivo” con i
coetanei. A sostenere le raccomandazioni c’erano anche le preoccupanti statistiche di uno studio
della Kaiser Family Foundation, un’organizzazione no-profit che si occupa di temi legati alla salute,
secondo cui il bambino americano medio passa quasi 8 ore davanti a uno schermo, e gli adolescenti
fino a 11.
Le "vecchie" linee guida risalgono al 2011, e precedono quindi la grande esplosione e il successo
commerciale di super smartphone e tablet, ormai in mano a una buona fetta dei bambini prima
ancora che tolgano il pannolino. «Ma senza un’evoluzione, quelle linee guida saranno presto
obsolete e non avranno più niente a che fare con la realtà» è il nuovo punto di partenza dell’AAP.
La società dei pediatri non ha ancora rilasciato nuove linee guida alternative, ma ha
individuato alcuni messaggi chiave per i genitori che sicuramente le future indicazioni formali
dovranno contenere.
Vista la crescita costante del fenomeno, sempre più scienziati sociali e psicologi si interessano al
fenomeno. E, a dispetto degli allarmismi solitamente generati da notizie del genere, ci tengono a
sottolineare che i vantaggi dell'utilizzo di smartphone e altri dispositivi digitali sono superiori
rispetto ai rischi. A patto, naturalmente, di non esagerare. "Cominciano a essere utili”, afferma il
professor Giuseppe Riva, docente di psicologia dei nuovi media presso l'Università Cattolica di
Milano, “dai 18 mesi, ma solo sfruttandone l'interattività. Se si usano solo per guardare i cartoni,
diventano tv portatili, con tutti i rischi dello stare tante ore immobili davanti a uno schermo". I rischi
principali individuati dal docente universitario milanese possono essere raggruppati in tre
macroaree. Da un lato il pericolo che il prolungato utilizzo di smartphone e tablet porti ad
un affaticamento eccessivo della vista; dall'altro il pericolo che il piccolo si isoli psicologicamente e
crei un mondo popolato dagli eroi dei giochi e delle app che utilizza solitamente; infine un problema
legato ai costi di alcune app e dei sistemi di acquisto in-app.
Al netto di ciò, però, la precoce capacità di utilizzare dispositivi tecnologicamente avanzati
permette ai piccoli di sviluppare capacità cognitive fuori dal comune. “È vero che il multitasking
comporta una diminuzione della capacità di attenzione; d'altra parte però stimola lo sviluppo di
una maggiore capacità di integrazione cognitiva delle informazioni che si gestiscono
contemporaneamente, con una maggiore produttività. Tutto dipende dal compito che si deve
svolgere”.
In sintesi, dicono i pediatri, i nuovi media sono solo un “ambiente” diverso: i bambini fanno sui
tablet quello che hanno sempre fatto prima, anche se solo virtualmente. Gli effetti possono essere
positivi o negativi, ma il mezzo in sé non va demonizzato. Quello che però i genitori possono e
dovrebbero fare è comportarsi da genitori: stabilire regole d’uso e dare il buon esempio, decidendo
che alcuni tempi e zone siano liberi dalla tecnologia per tutta la famiglia, per esempio i pasti, i
momenti dedicati a fare qualcosa insieme, o la camera da letto. Uno dei timori dell’eccesso di vita
digitale per i più piccoli è che sia un ostacolo allo sviluppo del linguaggio. Le ricerche
neuroscientifiche dicono che essere esposti passivamente al linguaggio, per esempio guardando la
televisione, non ne favorisce l’acquisizione, che al contrario necessita di interazione costante con gli
adulti. Per questo motivo, una app che favorisca il gioco e lo scambio è sicuramente meglio di una
con cui il bambino si intrattiene da solo. Altro messaggio importante è che la qualità dei contenuti
è più importante della piattaforma utilizzata e del tempo passato a intrattenersi. Ci sono applicazioni
e giochi che possono avere un importante contenuto educativo e anzi favorire alcune competenze.
Sono consigli di buon senso del tutto in linea con quanto per esempio suggerisce in Italia
l’Associazione culturale pediatri. Oppure con le indicazioni messe a punto da Giorgio Tamburlini e
Valeria Balbinot del Centro per la salute del bambino: le tecnologie digitali non sono da
demonizzare; come qualunque altra tecnologia presentano dei rischi ma offrono anche numerose
opportunità che non ha senso far perdere ai bambini e ai ragazzi.
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