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Ivana De Negri: un`amica del Saharawi

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Ivana De Negri: un`amica del Saharawi
opinioni sotto le righe
CCaalleennddaarriioo ddeelllee ggiittee ttuurriissttiicchhee ee ddeeii ssooggggiioorrnnii m
maarree -- m
moonnttaaggnnaa 22001111
di sergio f. giampaoli
16/17 luglio Trenino rosso del Bernina
€ 230
La direzione Auser prega di prenotarsi per tempo. La
responsabile è la sig.ra Mida (338.4932066).
Ivana De Negri: un’amica del Saharawi
intervista raccolta da gabriella molli
Il 3
luglio del 2011 il
nostro
presidente, Ovidio
Iozzelli detto
Giovannino, ha felicemente compiuto
ottant’anni. Per parlare di lui che ha
vissuto la politica militante (e non di
politica, come certamente vorrebbe
sottolineare) non
basterebbero
le
colonne dell’intero giornalino. Quindi,
non sto qui adesso a impasticciarmi
con le date, come minimo ne sbaglierei
alcune. Dirò soltanto che portava ancora
i pantaloni corti quando scelse o
meglio forse sarebbe più giusto dire fu
scelto, dalla politica. Iniziò nelle
commissioni interne della “Pertusola”
dove ha lavorato fino all’età della
pensione, ricavandone come tanti suoi
compagni di lavoro il triste regalo del
saturnismo. Per più di vent’anni è stato
in consiglio comunale con passione e
determinazione, prima da semplice
consigliere e poi da assessore. Da
sempre attivo nel volontariato in Amnil,
è tuttora vice presidente provinciale. Nei
primi anni ’90, ha ricoperto il delicato
ruolo di coordinatore all’Auser della
Spezia. Con la fusione dell’antica Arca
con l’odierna Auser, ne è diventato poi
presidente, carica che ancora ricopre
oggi. Come dicevo, avrò certamente
dimenticato qualcosa e me ne scuso. Ma
ora la chiudo qui, caro Ovidio solo
perché non ho più spazio. Tanti auguri,
presidente.
Ciao, alla prossima.
N° 27 (luglio 2011)
Responsabile: s. f. giampaoli (gfs)
Hanno collaborato:
mara borzone, gino cabano,
anna ferrari, alfredo lupi (sio-cà),
nera meucci, gabriella molli,
raimondo pagano, roberto
zambelli.
da sin: G. Mondini, M. Vincenzi , I. De negri, L. Ragonesi
Ci sono volti di donne che fanno parte del tessuto sociale
di Lerici con una partecipazione non “urlata”, ma ricca di
significato. Fra queste c’è Ivana De Negri
D. Tu sei stata “in politica” e lo sei ancora, ma il tuo ruolo
oggi non è attivo. Ti manca? R. Ho sempre pensato che
fare politica sia un modo di vivere, nel tentativo, non
sempre facile, di far corrispondere i nostri comportamenti
personali alle idee che esprimiamo a parole. In modo più
diretto sono stata impegnata nel sindacato e come
amministratore del comune di Lerici. L’impegno nella P.I.
mi ha permesso di realizzare obiettivi importanti grazie al
rapporto proficuo con la scuola del nostro territorio. Dopo
quindici anni dico che l’ho amato molto questo ruolo, ma
non mi manca.
D. 1992-2007. Quali ricordi hai?
R. Mi è difficile metterli a fuoco uno per uno. Di quei
quindici anni mi restano le emozioni dei rapporti
personali con i miei collaboratori, con i bambini, con i
genitori e con tutti i miei concittadini.
D. Tu hai al tuo attivo un lungo lavoro svolto in ospedale,
che cosa ti ha lasciato dentro questa esperienza?
R. Ho compreso quanto sia importante crescere
professionalmente e nel contempo non dimenticare mai
che i pazienti sono persone con un patrimonio di
sentimenti, valori, emozioni che hanno bisogno di un
profondo rispetto.
D. Qualcosa è cambiato oggi nella scuola? R. C’è stato un
effetto Gelmini-Tremonti. La scuola sta diventando un
luogo dequalificato di esclusione. Lo ha capito bene il
nostro Presidente della Repubblica che spesso ci ricorda
come istruzione e cultura siano il perno di una nazione
democratica che aspiri ad avere un futuro. C’è in atto nel
nostro paese un attacco frontale alla scuola pubblica,
dall’asilo all’università. E’ un progetto sottile e pericoloso
D. Fra le tue esperienze c’è quella
dell’incontro con il popolo
Saharawi. Anche quest’anno un
gruppo di bambini sarà presente
nel nostro comune da 4 al 16
luglio. Che cosa ti ha regalato
questa esperienza?
R. I bambini saharawi ”ambasciatori di pace” sono da più di dieci
anni un simbolo e per me un
momento
di
cooperazione.
Rappresentano un popolo che da
oltre trent’anni vive in un deserto
inospitale perchè il Marocco ha
occupato la loro terra.
Un popolo che ha scelto la strada
della lotta non violenta, la strada
delle risoluzioni che non arrivano.
I bambini saharawi sono diversi
dai nostri, eppure uguali: amano
tornare là perchè ci sono madri,
padri, nonni. Sono stata nei campi
profughi, ho condiviso la vita sotto
le loro tende.
Ho riscoperto la voglia di
combattere battaglie al femminile
perchè ho capito che i diritti
conquistati dalle donne nel nostro
paese non sono ancora patrimonio
di tutti. Mi sono convinta ancora
di più che solo le donne (figlie,
madri, mogli, nonne) sapranno
rinnovare la politica. Iniziative
come quella della primavera
appena trascorsa “Se non ora,
quando” sono su questa scia e mi
vedono fortemente partecipe.
D. C’è qualcuno che vuoi ricordare in questo percorso di
sostegno al popolo saharawi?
R. Un amico d’infanzia, un
collega in ospedale, un grande
uomo: Gianni Mondini. Che è
stato
presidente
dell’Auser
provinciale e sempre presente per
il sostegno e l’accoglienza dei
bambini saharawi. Grande Gianni,
non ti dimenticheremo mai.
La scuola del maestro Dorino
di nera meucci
Nei primi anni del 1900 a San Terenzo la
scuola non era in un unico edificio. Le aule
erano sparpagliate in varie abitazioni del
paese, anche lontane fra loro: le aule di prima
e di seconda vicino al castello, la terza in Via
Trogu, (allora via Nazionale), la quarta e la
quinta (per chi ci arrivava) in via XX
Settembre.
Il maestro Dorino che, con il Parroco ed il
farmacista, era fra i notabili del paese,
insegnava in una terza maschile in via Trogu,
su per le scale della Melania. Era un locale
spazioso, con una fila di banchi neri, al centro
una cattedra, in un angolo un vecchio
organetto ed alla parete una carta geografica
dell’Italia da poco unita. In classe si parlava
dialetto tranne che per le occasioni speciali
come appunto la “visita del signor Direttore”.
Il maestro Dorino, a suo modo, cercò di
preparare gli alunni al grande evento:
-Allora ragazzi ci siamo tutti questa mattina?
Domani verrà in visita il signor Direttore, mi
raccomando quando entra vi dovete alzare in
piedi e dire : “Buongiorno signor Direttore”.
Poi restate fermi e zitti, parlate solo se siete
interrogati.
Domani a scuola verranno solo quelli che
dico io: Doreto, Pipistrello, Piè da Zè,
Ciodenda, Pagiae, Pisceta, Smanin ( n.d.r.
Osman mio padre). Questi erano i soprannomi
che il maestro dava ai ragazzi.
Gli altri
staranno a casa e andranno in campagna a fare
un po’ di legna per mia moglie. A proposito,
mi è stato riferito che ieri qualcuno di voi è
andato a rubare le susine. Attenzione a non
farlo nella mia campagna, altrimenti per
punizione scriverete per una mattinata intera.
-Ritornando al Direttore, ripassatevi la poesia,
la tabellina e se vi domanda come è morto
Umberto I, non dovete rispondere come dite
sempre a me:”sei anni fa vicino a Milano”,
ma, è meglio che ve lo scriviate :” Umberto I
fu ucciso a Monza per mano anarchica nel
1900”.
Tu non venire a scuola scalzo, cercati un paio
di zoccoli sulla spiaggia o altrimenti fasciati i
piedi come se ti fossi fatto male. Allora, avete
capito tutto? Dobbiamo fare bella figura.
L’indomani mattina arriva il Direttore, entra in
classe, i ragazzi tutti in piedi: “Buon giorno
signor Direttore”, si siedono e stanno zitti.
Il Direttore parla un po’ con il maestro, poi
passa fra i banchi, vede il ragazzo con un
piede fasciato, perché ha trovato uno zoccolo
solo, e chiede : “ cosa hai fatto al piede”? Mi è
venuto un “pisciacane” signor Direttore
risponde lo scolaro. Il Direttore non capisce,
allora il maestro spiega che a forza di
camminare scalzi sugli scogli vengono le bolle
sotto ai piedi.
Poi il Direttore chiede al maestro del perché ci
sono così pochi scolari e Dorino, pronto: Sa
signor Direttore in paese ci sono dei casi di
tifo.Tifo ??? Chiede il Direttore spaventato.
Che ore sono? Si è fatto tardi, devo visitare
un’altra scuola, in un altro paese.
Mi dispiace risponde il maestro, i ragazzi
volevano farsi interrogare, sarà per un’altra
volta. Certamente, certamente dice il
Direttore, che per paura del contagio si affretta
ad andarsene.
Per questa volta è andata bene ragazzi dice il
maestro ora sono stanco, fatevi due disegnini
mentre io schiaccio un pisolino, mi
raccomando non fate chiasso, tra poco
andiamo a casa.
Il commercio lericino nel 1834
di gino cabano
Nel numero 21 del nostro giornalino avevamo
pubblicato la prima parte dell'elenco tratto dal
Quadro statistico degli Alberghi, Osterie,
Bettole, Cantine, Taverne, Locande, Trattorie,
Venditori di birra e di acquavite, Caffé,
Bigliardi e simili esistenti nel Comune di
Lerici in maggio 1834 “. In quel numero, si
descrivevano gli esercizi di Serra e Pugliola.
L'esposizione attuale continua con la
documentazione inedita che fotografa uno
squarcio di vita santerenzina. Nomi, luoghi,
mestieri che fanno rivivere una piccola parte
della nostra storia locale. Stiamo percorrendo
San Terenzo e le sue vie nell'anno 1834.
Perfetti Pietro gestisce una bettola Chiamata
“Speranza” nella strada del filo, al centro del
paese; l’esercizio esiste dal 1819. Il titolare è
ammogliato con due figli minori e ha una
possidenza di lire 180. Inoltre, è titolare di una
bottega di commestibili da cui trae un annuo
lucro di lire 50. Di professione è contadino
giornaliero. Azzarini Antonio gestisce dal
1819, nel luogo denominato dal canale, una
bettola chiamata “La fortuna”. E’ ammogliato
e con figli di minore età. Ha una possidenza di
2000 lire, una bottega di commestibili con una
rendita di 50 lire. Di professione è marinaio
pescatore. Paoletti Maria Anna nel carrobio
del filo nel centro del paese, dall’anno 1832 è
la titolare della bettola chiamata "Clorida", è
maritata con un figlio di minore età e ha una
possidenza di 4000 lire spettanti al di lei
suocero con cui abita.Rossi Antonio gestisce
una bettola nel luogo detto al cantone
denominata "La provvidenza", esistente nel
luogo dall’anno 1819. Antonio è vedovo e ha
tre figli che non abitano con lui. Non possiede
nulla e ha una bottega di alimentari che gli
rende 50 lire. Perfetti Teresa è maritata con
quattro figli di minore età; nella strada della
Chiesa, nel centro del paese gestisce una
bettola dal 1830. L’esercente ha una
possidenza di lire 1000 e una bottega di
commestibili con un introito annuo di lire 50;
il marito è marinaio. Ratti Bonifazio, nella
strada dritta, nel centro del paese, dal 1819 è
titolare della bettola “Croce di Malta”. Di
professione è calafatto, ha una possidenza di
lire 2000 e una bottega di commestibili da cui
ricava 60 lire l’anno. Il Ratti, che ha sei figli
minori è gravato di una pensione di lire 50
per il mantenimento di sua madre. Ronchero
Giuseppe è titolare della bettola chiamata
“Concordia”, nel luogo detto dal Chiostro, nel
centro del paese e già esistente dal 1826. Il
Ronchero è ammogliato, con cinque figli
minori e ha una possidenza di 4000 lire.
Gestisce una bottega di commestibili da cui
rileva 60 lire annue e per suo conto, fa il
mulattiere, con un ricavo annuale di 200 lire.
Perfetti Pietro nella strada del Filo, dall'anno
1832 è un rivenditore di acquavite; fa il
contadino, è ammogliato e ha due figli minori.
La sua possidenza ammonta a lire 180 e
gestisce una bottega di commestibili da cui
ricava 50 lire annue. Perfetti Angela, dal 1825
è titolare del caffé “La Provvidenza” dal
Canale, nel centro del paese. Non possiede
nulla, ha quattro figli e una figlia maritata
fuori casa; il marito è marinaio pescatore.
Tutti i gestori godono di buona reputazione,
ma i locali non sono puliti e sono in
contravvenzione. Da oltre 20 anni la Liguria fa
parte del regno di Sardegna che impone ai
comuni il censimento, il controllo e le
motivazioni che ne giustificano l'apertura. Per
tutti gli esercizi trova un'identica motivazione:
si rende necessario per la quantità della
popolazione che in San Terenzo all'epoca
conta
1112
persone.
Un
elenco
apparentemente freddo e statistico da cui
comunque traspare e si può immaginare la
"vita" di un popolo.
(continua)
Accadeva tanti anni fa
Dalla rivista “Il Mandolino”
anno IV n°17 del 1895
Lerici. La sera del 1° luglio ebbe luogo
nello Stabilimento balneario del Lido
una serata musicale, data dal Circolo
Mandolinistico di Lerici, in unione a
distinte balneanti, cultrici di musica,
fra cui la contessa Brambilla che
accompagnò al pianoforte, il maestro
Sgallari
e
l’allievo
Borghetti,
mandolini, i quali eseguirono la
serenata Astro fulgido, del M° Francia.
Nel concerto si eseguì l’Aida di G.
Navone, la Fata bruna, lo Scottisch di
Sgallari ed il Pizzicato del Maestro…
Appendice (12)
( lungo racconto di gfs)
Il pranzo è finito. Ci alziamo. Ma ho come
l’impressione che si stesse chiudendo una vita
in quarant’otto ore, tanto era il tempo
trascorso dal suo arrivo all’aereoporto di
Pisa. Ciò nonostante, tentavo i tempi
supplementari prima del fischio finale. Poi a
un tratto, come ci avesse ripensato, disse: <Su
quegli appunti ho scritto di voi, di noi, come
eravamo e come avremmo voluto essere. Ho
scritto delle storie senza mai finirle. Ecco,
forse sono tornato per poterle finire. E tu mi
devi aiutare>. Certo, risposi, poco convinto.
Io sono l’ultimo rimasto. Ho assistito alla
disgregazione del nostro gruppo. Ho gioito
per le gioie e sofferto per i dolori dei nostri
amici di cui sono venuto a conoscenza. Non
ora, però, ma domani quando ci saremo
riposati a casa mia, visto che non hai
prenotato l’ albergo.
(continua )
Uno sguardo all’autore
g-ristorante da “Paolino” di via gerini
La signora Bassignani
La signora Bassignani,
con i piedi e con le mani,
ti raduna in un baleno
tutto Santerenzo in pieno.
di alfredo lupi (sio-ca’)
Vincenzo Colucci (Ischia 1898/ 1968),
Lerici, olio su t ela, cm. 76 x 85, 1933,
coll. Prefettura della Spezia,
fot. Moreno Carbone
di mara borzone
Il 2 giugno è stato presentato il volume
La collezione di opere d’arte della
Prefettura della Spezia 1928 – 2010, a
cura di chi scrive; fra queste, alcune
sono da collegare al Premio del Golfo
della Spezia, che si tenne a Lerici nel
’33, quindi, dal ’49 al ’65, a Lerici e
La Spezia. In particolare una coppia di
tele dipinte da Vincenzo Colucci, Lerici e Portovenere (olio su tela, cm. 76
x 85, Lerici in b. a d. è firmata V. COLUCCI / LERICI XI, prestito dalla
Prov. d. Spezia), datate 1933 ed eseguite in coincidenza con il Premio
hanno valore storico. La pennellata ricorda l’ultimo Impressionismo, e si
rifà ai protagonisti del “ritorno
all’ordine”, come ad esempio De Pisis
e Tosi. Nel periodo fra le due guerre,
infatti, il criterio collezionistico adottato dalla maggior parte delle istituzioni privilegiava autori graditi al regime e iscritti ai Sindacati Fascisti,
lontani tanto dalle avanguardie, quanto
dal Simbolismo e dal Liberty, considerati decadenti dal regime. In Lerici la
ricerca cromatica si fonda sul contrasto fra il rosso delle facciate e il verde
di colline e mare, smorzato dal grigio
di cielo e molo; l’atmosfera lericina,
colta nella sua quotidianità e nella sua
particolare luminosità un po’ liquida,
induce a riflettere sui cambiamenti:
paragonate al dipinto di Colucci, le
colline appaiono oggi “rapallizzate”, la
palazzata è fiancheggiata da auto e déhors, ma i colori delle facciate sono
tornati quelli del ’33, e tira la stessa
aria del ‘33. Vincenzo Colucci (Ischia
1898 - 1968), allievo di Casciaro,
espose alle Biennali di Venezia del
‘26, ‘36 e ‘42, alle prime tre Quadriennali Nazionali romane (III’, ‘39;
IV, ‘43; VI, ‘51; VII, ‘55) e alle varie
Mostre Sindacali milanesi, fiorentine e
napoletane. Partecipò alla prima edizione del Premio Nazionale di Pittura
Golfo della Spezia nel ’33 e contribuì
alla sua ripresa esponendovi nel ‘49,
‘51 e ’55.
Questo è l’inizio della canzoncina che Fino
Fedi ha dedicato a questa gentile vecchia
signora che con fermezza è riuscita a bloccare
la rimozione e distruzione della “fontana di
Biscaretti”.
Nell’odierna Piazza della Libertà era stata
inaugurata nel 1892 una colonna in marmo
bianco contornata dalle quattro lapidi che,
dopo l’abbattimento del monumento da parte
dei fascisti santerenzini, sono state recuperate e
sistemate sul muro della scuola elementare.
Dopo lo scoppio di Falconara del 28 settembre
1922 è stata collocata nella stessa piazza anche
una fontana, all’epoca unica in tutto il paese,
che ha preso il nome dall’Ammiraglio Guido
Biscaretti conte di Ruffia, il quale ebbe in
quell’occasione, direttamente dal re, l’incarico
di coordinare gli aiuti per la ricostruzione di
Santerenzo, dopo la grave sciagura. Biscaretti,
oltre a coordinare i lavori di costruzione delle
due case in viale della Vittoria e dell’asilo
infantile ha fatto costruire anche un acquedotto
che portava acqua dal monte di Canarbino fino
al paese.
La fontana di Biscaretti per molti anni è stato il
centro vitale del paese ed ha perso la sua
importanza soltanto quando hanno costruito
l’odierno acquedotto e hanno portato l’acqua in
tutte le case, come del resto è accaduto per il
lavatoio di Via Garibaldi.
L’Amministrazione comunale, eravamo nel
1940, vista la non indispensabilità della
fontana pensò di rimuoverla e inviò “Lela il
cantoniere” , al secolo Giuseppe Bacchioni,
per eseguire il lavoro. Per descrivere “il Lela”
ci vorrebbe un articolo a parte, unico addetto
alle strade e fognature del comune, uomo rude
della Serra, aveva un aspetto che faceva paura,
ma un cuore tenero come un bambino, amava i
suoi boschi, gli uccelli e tutti gli animali e
passava gran parte del suo tempo libero ad
ascoltarli ed osservarli. Quella mattina il Lela,
con pala e piccone, di buonora si apprestava a
smontare la fontana, ignaro del putiferio che
avrebbe creato. Al primo piano del palazzo,
sopra il bar Oriani di oggi, proprio di fronte
alla fontana, abitava la signora Clarice
Bassignani, già anziana maestra in pensione,
vedova fin dal 1918 di Giuseppe Damassa.. La
signora Bassignani affacciatasi al terrazzo e
accortasi delle intenzioni del Lela, cominciò ad
urlare come se stesse assistendo ad un delitto e
con la fermezza e la decisione che la
distingueva riuscì in poco tempo a radunare
una folla che la spalleggiò. Il povero Lela
dovette riprendersi pala e piccone e tornare da
chi lo aveva mandato. Negli anni ‘50 la fontana
fu rimossa e spostata verso la Chiesa per far
posto “all’autolinea”, ma quando nel 1970
finalmente si adottò l’attuale senso unico di
circolazione, la fontana ostacolava la strada e
l’autolinea era inutile e pertanto furono
demolite entrambe. I pezzi della fontana sepolti
a monte delle case popolari non furono più
ritrovati, ad onor del vero, non erano di gran
valore estetico, ma soltanto affettivo per noi
santerenzini. Si è riparlato più volte di
ricostruire una fontana in Piazza della Libertà,
qualcuno l’ha anche disegnata, qualcun altro ha
fatto persino un modellino, ma per ora ci
teniamo la piazza così com’è.
AAU
USSE
ER
R--AAR
RC
CAA
Presidente: Ovidio Iozzelli
Il cartellone dell’Estate Auser
16/17 luglio: “Miss Velona”
30 giugno: concerto rock
de i “I Gatti”
6 agosto a Falconara
“Il nonno e il bambino”
FFiilloo dd’’AArrggeennttoo
I numeri del Filo d’Argento Lerici
sono:
0187964208
oppure
347.3092994 (sevizio di trasporto
per anziani autosufficienti per
servizi, visite mediche, ospedaliere
e ricoveri nella provincia). Il
servizio sociale è gratuito per tutti i
tesserati Auser di Lerici .
Attivo dalle 9:00 alle 18:00.
Per risparmiare
a-Il cinema Astoria, prevede lo sconto
di € 2 sul prezzo del biglietto.
b-L’oreficeria Morselli, sconterà del
5% sull’oro e il 10% sull’oreficeria.
c-Al Ristorante Hotel del Golfo per
un pranzo dall’antipasto alla frutta
basteranno € 20.
e-Macelleria Vara (carni e merce
biologica) di via Gerini praticherà uno
sconto del 10% sulla spesa totale.
f-Fiori Juna di pia.zza Garibaldi,
praticherà uno sconto del 10% su
fiori, piante.
g- Ristorante “Da Paolino” di via Gerini
40,
10% di sconto su pranzo o cena
h- Marco&Rino Parrucchieri- in via
Cavour 71 sconto del 10%
Corso di lingua inglese
martedì e mercoledì
ore 20.30 – 22
giovedì
ore 18 – 19.30
Per maggiori informazioni:
0187-968396 oppure 338.1010208
corso di computer
dalle ore 17 alle 19
+-
La rubrica delle stelle
Gianoni
(parte seconda)
di raimondo pagano
E’stato anche un antesignano nella
pubblicità; nel primo dopoguerra
infatti aveva posizionato alcuni
altoparlanti sulle palme limitrofe al
bar, sulle quali spiccava la scritta
Radio Oriel (di Masino Rossi, titolare
dell’allora negozio di elettricità in via
Roma) e dai quali trasmetteva, oltre
alle radiocronache del giro di Francia
che appassionavano i concittadini,
alcune
strofette
pubblicitarie.
“L’aragosta o il fritto misto / non li
trovi da Callisto / ma da Gino il
taverniere / che fa anche il
cameriere”. Ovvio il riferimento a
Calloni della Calata. Ricordo una
notte nella quale, svegliato da rumori
e sportomi dalle finestre, lo avevo
visto ricavare un cunicolo nella
strada comunale, passare dei cavi per
raggiungere il giardino d’estate,
ricoprire il tutto, riposizionare e
compattare dell’asfalto lavorando
sino al primo mattino (mi vien da
sorridere pensando alle attuali
normative sui lavori in corso). Negli
ultimi tempi, con il contributo di
esperti locali, aveva trasformato un
piccolo pullman in una specie di
camper super attrezzato, con il quale
aveva
effettuato
un
viaggioavventura nel medio Oriente. Quando
ha lasciato il bar è andato ad abitare
in una villetta alla Venere azzurra,
trascinandosi dietro una specie di zoo
; aveva diversi animali ai quali si
rivolgeva come a una persona
dicendo: > Vedrai che ti troverai
bene nella nuova sistemazione>. E
chi per caso assisteva non poteva
certo ridere! Credo infine che sia
stata la prima persona a pagare la
parcella al proprio avvocato, che lo
aveva patrocinato in una causa persa,
con un sacco di monetine, in senso
letterale. Forse sarà perché a noi
anziani ricorda un periodo tutto
sommato spensierato e divertente,
una figura così fuori dalle righe piena
di inventiva e anticonformista suscita
simpatia. Mi piace ricordarlo tutto
impegnato a provare il percorso della
gara automobilistica S.Terenzo-La
Serra , con la fida Ardea , oppure
nelle evoluzioni con gli sci d’acqua,
con tanti lericini ad assistere
strabiliati.
(fine)
di roberto zambelli (Società Astronomica Lunae)
Non è difficile individuare nel cielo la
posizione della Lira, nonostante le sue
piccole dimensioni. Basta guardare, verso la
fine del mese, proprio sopra la nostra testa
(zenit),
per
trovare
un
piccolo
parallelogramma al cui vertice si trova una
stella bianca molto luminosa, la più brillante
di quel tratto di cielo: Vega (Alpha Lyrae).
Il nome deriva dall’arabo “‫ عقاولا رسنلا‬annasr al-wāqi‘, avvoltoio che plana”, già
riportata nell’Almagesto di Tolomeo (II
secolo dopo Cristo). Dista 25 anni luce,
quindi, si fa per dire, molto vicina a noi. E’
circa 2 volte più massiccia e circa 37 volte
più luminosa del nostro sole. Per effetto della
precessione degli equinozi,
che è la
rotazione dell'asse terrestre attorno alla sua
verticale (immaginate una trottola che gira)
Vega andrà a occupare il posto della stella
Polare, fra circa 12000 anni, indicando il
Nord. L’intero ciclo dura complessivamente
26000 anni. Dal punto di vista mitologico
questo asterismo è ricco di storie fantastiche,
tra le più belle, commoventi e tragiche
rispetto a tutti i racconti legati alle altre
costellazioni.
Assiri, Accadi, Babilonesi, Greci, Romani e
anche i Cinesi avevano fatto a gara per dare
un senso a quelle poche stelline. Nell’antica
Cina quel piccolo parallelogramma fu
paragonato a un telaio che le donne cinesi
erano solite usare per confezionare gli abiti
nuziali. E nominarono Vega come “la stella
della tessitrice”. Naturalmente la tessitrice era
interpretata da una donna giovane e
bellissima che rispondeva al nome di “Chi
Niu”. Un bel giorno Chi Niu si avvicinò a un
ruscello poco distante da casa per rinfrescarsi
dalla calura estiva, e la sua attenzione fu
catturata dal suono di un flauto che emetteva
una musica dolcissima proveniente dall’altra
sponda. Lo sguardo si volge verso il magico
suono e scorge un magnifico esemplare di
pastore. Chi Niu non ci pensa due volte e in
men che non si dica attraversa il rio e cattura
il “guardiano dei
buoi celesti”. Normalmente una storia come
questa
dovrebbe finire così: i due si
innamorano, si sposano e… vissero felici e
contenti. Ma noi sappiamo bene che non è
così, infatti… Chi Niu e Chien Niou, (il nome
del bovaro) erano così belli e così felici che
finirono per suscitare le ire e l’invidia della
solita regina cattiva, sempre presente
nelle
favole. Ma non crediate, anche ai nostri
giorni non si scherza. Per dividerli
tracciò nel cielo un solco (la via Lattea)
che fece diventare il piccolo ruscello un
fiume d’argento impetuoso impossibile
da traversare. La tragedia si era
compiuta, come impone il manuale del
mitologo, accompagnata da sofferenze e
strazianti lacrimoni. Fortunatamente,
come diceva il grande Cicerone:
“finchè c’è vita c’è speranza”. Ecco
ora intervie un’anima buona, il padre di
Chi Niu, imperatore del cielo che,
vedendo la figlia così sofferente e
infelice, decide di concederle, una sola
volta all’anno, di traversare il fiume
d’argento per ricongiungersi con Chien
Niou (la stella Altair nella costellazione
dell’Aquila). Per farlo ordina ad alcune
colombe di disporsi a forma di ponte per
agevolare il passaggio. E’ un po’ poco
ma, è sempre meglio di niente! Nel
cielo, in effetti, le due costellazioni della
Lira e dell’Aquila sono divise dalla via
Lattea e il ponte è rappresentato dalla
costellazione della Sagitta che unisce i
due asterismi. Nel prossimo articolo la
parola passerà ai Greci, la cui tragicità
sarà mortale, e, come vedremo, sarà
proprio il caso di dirlo…
(continua)
A.Tonelli: conferenze in
Sicilia
di anna ferrari
Invitato dalla Wisdom University di
San Francisco, Angelo Tonelli ha tenuto
una serie di conferenze in inglese
nell'ambito di un corso itinerante nelle
aree archeo- logiche della Sicilia,
organizzato dai professori Jim Garrison
e Robert Mayer, in collaborazione con
la musicista
Alessandra
Belloni,
esperta di musica mediterranea e in
particolare di pizzica e taranta. Tonelli
ha parlato di Demetra fondatrice dei
Misteri Eleusini e della Grande Madre
mediterranea a Tindari, della tragedia
greca nel Teatro di Siracusa e del
rapporto tra sapienza di oriente e
occidente ad Agrigento. Particolarmente
significativa la sua lettura rituale, in un
cratere dell'Etna,
dei testi di
Empedocle, il sapiente sciamano che,
secondo la leggenda decise di morire
lanciandosi nel vulcano, per riunirsi
con l’Origine di tutte le cose.
Serata speciale all’Auser-Arca
Un appuntamento tenuto il 16
giugno, intitolato “Sing a song” ha
riscosso tanto successo. Organizzato da
Raffaella Coglitore (della segreteria
dell’Auser) con la collaborazione di
Luca Marzano, ha visto la presenza
di un ospite d’onore: Emmone
Crocini. Tanti gli applausi: la giuria
ha premiato Sara Milazzo e dopo di
lei Michele Toccafondo. Hanno
contribuito al successo di questa
serata Auser tante persone che
meriterebbero un ringraziamento. Ci
scusiamo di non poterli citare tutti
per mancanza di spazio.
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