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Ivana De Negri: un`amica del Saharawi
opinioni sotto le righe CCaalleennddaarriioo ddeelllee ggiittee ttuurriissttiicchhee ee ddeeii ssooggggiioorrnnii m maarree -- m moonnttaaggnnaa 22001111 di sergio f. giampaoli 16/17 luglio Trenino rosso del Bernina € 230 La direzione Auser prega di prenotarsi per tempo. La responsabile è la sig.ra Mida (338.4932066). Ivana De Negri: un’amica del Saharawi intervista raccolta da gabriella molli Il 3 luglio del 2011 il nostro presidente, Ovidio Iozzelli detto Giovannino, ha felicemente compiuto ottant’anni. Per parlare di lui che ha vissuto la politica militante (e non di politica, come certamente vorrebbe sottolineare) non basterebbero le colonne dell’intero giornalino. Quindi, non sto qui adesso a impasticciarmi con le date, come minimo ne sbaglierei alcune. Dirò soltanto che portava ancora i pantaloni corti quando scelse o meglio forse sarebbe più giusto dire fu scelto, dalla politica. Iniziò nelle commissioni interne della “Pertusola” dove ha lavorato fino all’età della pensione, ricavandone come tanti suoi compagni di lavoro il triste regalo del saturnismo. Per più di vent’anni è stato in consiglio comunale con passione e determinazione, prima da semplice consigliere e poi da assessore. Da sempre attivo nel volontariato in Amnil, è tuttora vice presidente provinciale. Nei primi anni ’90, ha ricoperto il delicato ruolo di coordinatore all’Auser della Spezia. Con la fusione dell’antica Arca con l’odierna Auser, ne è diventato poi presidente, carica che ancora ricopre oggi. Come dicevo, avrò certamente dimenticato qualcosa e me ne scuso. Ma ora la chiudo qui, caro Ovidio solo perché non ho più spazio. Tanti auguri, presidente. Ciao, alla prossima. N° 27 (luglio 2011) Responsabile: s. f. giampaoli (gfs) Hanno collaborato: mara borzone, gino cabano, anna ferrari, alfredo lupi (sio-cà), nera meucci, gabriella molli, raimondo pagano, roberto zambelli. da sin: G. Mondini, M. Vincenzi , I. De negri, L. Ragonesi Ci sono volti di donne che fanno parte del tessuto sociale di Lerici con una partecipazione non “urlata”, ma ricca di significato. Fra queste c’è Ivana De Negri D. Tu sei stata “in politica” e lo sei ancora, ma il tuo ruolo oggi non è attivo. Ti manca? R. Ho sempre pensato che fare politica sia un modo di vivere, nel tentativo, non sempre facile, di far corrispondere i nostri comportamenti personali alle idee che esprimiamo a parole. In modo più diretto sono stata impegnata nel sindacato e come amministratore del comune di Lerici. L’impegno nella P.I. mi ha permesso di realizzare obiettivi importanti grazie al rapporto proficuo con la scuola del nostro territorio. Dopo quindici anni dico che l’ho amato molto questo ruolo, ma non mi manca. D. 1992-2007. Quali ricordi hai? R. Mi è difficile metterli a fuoco uno per uno. Di quei quindici anni mi restano le emozioni dei rapporti personali con i miei collaboratori, con i bambini, con i genitori e con tutti i miei concittadini. D. Tu hai al tuo attivo un lungo lavoro svolto in ospedale, che cosa ti ha lasciato dentro questa esperienza? R. Ho compreso quanto sia importante crescere professionalmente e nel contempo non dimenticare mai che i pazienti sono persone con un patrimonio di sentimenti, valori, emozioni che hanno bisogno di un profondo rispetto. D. Qualcosa è cambiato oggi nella scuola? R. C’è stato un effetto Gelmini-Tremonti. La scuola sta diventando un luogo dequalificato di esclusione. Lo ha capito bene il nostro Presidente della Repubblica che spesso ci ricorda come istruzione e cultura siano il perno di una nazione democratica che aspiri ad avere un futuro. C’è in atto nel nostro paese un attacco frontale alla scuola pubblica, dall’asilo all’università. E’ un progetto sottile e pericoloso D. Fra le tue esperienze c’è quella dell’incontro con il popolo Saharawi. Anche quest’anno un gruppo di bambini sarà presente nel nostro comune da 4 al 16 luglio. Che cosa ti ha regalato questa esperienza? R. I bambini saharawi ”ambasciatori di pace” sono da più di dieci anni un simbolo e per me un momento di cooperazione. Rappresentano un popolo che da oltre trent’anni vive in un deserto inospitale perchè il Marocco ha occupato la loro terra. Un popolo che ha scelto la strada della lotta non violenta, la strada delle risoluzioni che non arrivano. I bambini saharawi sono diversi dai nostri, eppure uguali: amano tornare là perchè ci sono madri, padri, nonni. Sono stata nei campi profughi, ho condiviso la vita sotto le loro tende. Ho riscoperto la voglia di combattere battaglie al femminile perchè ho capito che i diritti conquistati dalle donne nel nostro paese non sono ancora patrimonio di tutti. Mi sono convinta ancora di più che solo le donne (figlie, madri, mogli, nonne) sapranno rinnovare la politica. Iniziative come quella della primavera appena trascorsa “Se non ora, quando” sono su questa scia e mi vedono fortemente partecipe. D. C’è qualcuno che vuoi ricordare in questo percorso di sostegno al popolo saharawi? R. Un amico d’infanzia, un collega in ospedale, un grande uomo: Gianni Mondini. Che è stato presidente dell’Auser provinciale e sempre presente per il sostegno e l’accoglienza dei bambini saharawi. Grande Gianni, non ti dimenticheremo mai. La scuola del maestro Dorino di nera meucci Nei primi anni del 1900 a San Terenzo la scuola non era in un unico edificio. Le aule erano sparpagliate in varie abitazioni del paese, anche lontane fra loro: le aule di prima e di seconda vicino al castello, la terza in Via Trogu, (allora via Nazionale), la quarta e la quinta (per chi ci arrivava) in via XX Settembre. Il maestro Dorino che, con il Parroco ed il farmacista, era fra i notabili del paese, insegnava in una terza maschile in via Trogu, su per le scale della Melania. Era un locale spazioso, con una fila di banchi neri, al centro una cattedra, in un angolo un vecchio organetto ed alla parete una carta geografica dell’Italia da poco unita. In classe si parlava dialetto tranne che per le occasioni speciali come appunto la “visita del signor Direttore”. Il maestro Dorino, a suo modo, cercò di preparare gli alunni al grande evento: -Allora ragazzi ci siamo tutti questa mattina? Domani verrà in visita il signor Direttore, mi raccomando quando entra vi dovete alzare in piedi e dire : “Buongiorno signor Direttore”. Poi restate fermi e zitti, parlate solo se siete interrogati. Domani a scuola verranno solo quelli che dico io: Doreto, Pipistrello, Piè da Zè, Ciodenda, Pagiae, Pisceta, Smanin ( n.d.r. Osman mio padre). Questi erano i soprannomi che il maestro dava ai ragazzi. Gli altri staranno a casa e andranno in campagna a fare un po’ di legna per mia moglie. A proposito, mi è stato riferito che ieri qualcuno di voi è andato a rubare le susine. Attenzione a non farlo nella mia campagna, altrimenti per punizione scriverete per una mattinata intera. -Ritornando al Direttore, ripassatevi la poesia, la tabellina e se vi domanda come è morto Umberto I, non dovete rispondere come dite sempre a me:”sei anni fa vicino a Milano”, ma, è meglio che ve lo scriviate :” Umberto I fu ucciso a Monza per mano anarchica nel 1900”. Tu non venire a scuola scalzo, cercati un paio di zoccoli sulla spiaggia o altrimenti fasciati i piedi come se ti fossi fatto male. Allora, avete capito tutto? Dobbiamo fare bella figura. L’indomani mattina arriva il Direttore, entra in classe, i ragazzi tutti in piedi: “Buon giorno signor Direttore”, si siedono e stanno zitti. Il Direttore parla un po’ con il maestro, poi passa fra i banchi, vede il ragazzo con un piede fasciato, perché ha trovato uno zoccolo solo, e chiede : “ cosa hai fatto al piede”? Mi è venuto un “pisciacane” signor Direttore risponde lo scolaro. Il Direttore non capisce, allora il maestro spiega che a forza di camminare scalzi sugli scogli vengono le bolle sotto ai piedi. Poi il Direttore chiede al maestro del perché ci sono così pochi scolari e Dorino, pronto: Sa signor Direttore in paese ci sono dei casi di tifo.Tifo ??? Chiede il Direttore spaventato. Che ore sono? Si è fatto tardi, devo visitare un’altra scuola, in un altro paese. Mi dispiace risponde il maestro, i ragazzi volevano farsi interrogare, sarà per un’altra volta. Certamente, certamente dice il Direttore, che per paura del contagio si affretta ad andarsene. Per questa volta è andata bene ragazzi dice il maestro ora sono stanco, fatevi due disegnini mentre io schiaccio un pisolino, mi raccomando non fate chiasso, tra poco andiamo a casa. Il commercio lericino nel 1834 di gino cabano Nel numero 21 del nostro giornalino avevamo pubblicato la prima parte dell'elenco tratto dal Quadro statistico degli Alberghi, Osterie, Bettole, Cantine, Taverne, Locande, Trattorie, Venditori di birra e di acquavite, Caffé, Bigliardi e simili esistenti nel Comune di Lerici in maggio 1834 “. In quel numero, si descrivevano gli esercizi di Serra e Pugliola. L'esposizione attuale continua con la documentazione inedita che fotografa uno squarcio di vita santerenzina. Nomi, luoghi, mestieri che fanno rivivere una piccola parte della nostra storia locale. Stiamo percorrendo San Terenzo e le sue vie nell'anno 1834. Perfetti Pietro gestisce una bettola Chiamata “Speranza” nella strada del filo, al centro del paese; l’esercizio esiste dal 1819. Il titolare è ammogliato con due figli minori e ha una possidenza di lire 180. Inoltre, è titolare di una bottega di commestibili da cui trae un annuo lucro di lire 50. Di professione è contadino giornaliero. Azzarini Antonio gestisce dal 1819, nel luogo denominato dal canale, una bettola chiamata “La fortuna”. E’ ammogliato e con figli di minore età. Ha una possidenza di 2000 lire, una bottega di commestibili con una rendita di 50 lire. Di professione è marinaio pescatore. Paoletti Maria Anna nel carrobio del filo nel centro del paese, dall’anno 1832 è la titolare della bettola chiamata "Clorida", è maritata con un figlio di minore età e ha una possidenza di 4000 lire spettanti al di lei suocero con cui abita.Rossi Antonio gestisce una bettola nel luogo detto al cantone denominata "La provvidenza", esistente nel luogo dall’anno 1819. Antonio è vedovo e ha tre figli che non abitano con lui. Non possiede nulla e ha una bottega di alimentari che gli rende 50 lire. Perfetti Teresa è maritata con quattro figli di minore età; nella strada della Chiesa, nel centro del paese gestisce una bettola dal 1830. L’esercente ha una possidenza di lire 1000 e una bottega di commestibili con un introito annuo di lire 50; il marito è marinaio. Ratti Bonifazio, nella strada dritta, nel centro del paese, dal 1819 è titolare della bettola “Croce di Malta”. Di professione è calafatto, ha una possidenza di lire 2000 e una bottega di commestibili da cui ricava 60 lire l’anno. Il Ratti, che ha sei figli minori è gravato di una pensione di lire 50 per il mantenimento di sua madre. Ronchero Giuseppe è titolare della bettola chiamata “Concordia”, nel luogo detto dal Chiostro, nel centro del paese e già esistente dal 1826. Il Ronchero è ammogliato, con cinque figli minori e ha una possidenza di 4000 lire. Gestisce una bottega di commestibili da cui rileva 60 lire annue e per suo conto, fa il mulattiere, con un ricavo annuale di 200 lire. Perfetti Pietro nella strada del Filo, dall'anno 1832 è un rivenditore di acquavite; fa il contadino, è ammogliato e ha due figli minori. La sua possidenza ammonta a lire 180 e gestisce una bottega di commestibili da cui ricava 50 lire annue. Perfetti Angela, dal 1825 è titolare del caffé “La Provvidenza” dal Canale, nel centro del paese. Non possiede nulla, ha quattro figli e una figlia maritata fuori casa; il marito è marinaio pescatore. Tutti i gestori godono di buona reputazione, ma i locali non sono puliti e sono in contravvenzione. Da oltre 20 anni la Liguria fa parte del regno di Sardegna che impone ai comuni il censimento, il controllo e le motivazioni che ne giustificano l'apertura. Per tutti gli esercizi trova un'identica motivazione: si rende necessario per la quantità della popolazione che in San Terenzo all'epoca conta 1112 persone. Un elenco apparentemente freddo e statistico da cui comunque traspare e si può immaginare la "vita" di un popolo. (continua) Accadeva tanti anni fa Dalla rivista “Il Mandolino” anno IV n°17 del 1895 Lerici. La sera del 1° luglio ebbe luogo nello Stabilimento balneario del Lido una serata musicale, data dal Circolo Mandolinistico di Lerici, in unione a distinte balneanti, cultrici di musica, fra cui la contessa Brambilla che accompagnò al pianoforte, il maestro Sgallari e l’allievo Borghetti, mandolini, i quali eseguirono la serenata Astro fulgido, del M° Francia. Nel concerto si eseguì l’Aida di G. Navone, la Fata bruna, lo Scottisch di Sgallari ed il Pizzicato del Maestro… Appendice (12) ( lungo racconto di gfs) Il pranzo è finito. Ci alziamo. Ma ho come l’impressione che si stesse chiudendo una vita in quarant’otto ore, tanto era il tempo trascorso dal suo arrivo all’aereoporto di Pisa. Ciò nonostante, tentavo i tempi supplementari prima del fischio finale. Poi a un tratto, come ci avesse ripensato, disse: <Su quegli appunti ho scritto di voi, di noi, come eravamo e come avremmo voluto essere. Ho scritto delle storie senza mai finirle. Ecco, forse sono tornato per poterle finire. E tu mi devi aiutare>. Certo, risposi, poco convinto. Io sono l’ultimo rimasto. Ho assistito alla disgregazione del nostro gruppo. Ho gioito per le gioie e sofferto per i dolori dei nostri amici di cui sono venuto a conoscenza. Non ora, però, ma domani quando ci saremo riposati a casa mia, visto che non hai prenotato l’ albergo. (continua ) Uno sguardo all’autore g-ristorante da “Paolino” di via gerini La signora Bassignani La signora Bassignani, con i piedi e con le mani, ti raduna in un baleno tutto Santerenzo in pieno. di alfredo lupi (sio-ca’) Vincenzo Colucci (Ischia 1898/ 1968), Lerici, olio su t ela, cm. 76 x 85, 1933, coll. Prefettura della Spezia, fot. Moreno Carbone di mara borzone Il 2 giugno è stato presentato il volume La collezione di opere d’arte della Prefettura della Spezia 1928 – 2010, a cura di chi scrive; fra queste, alcune sono da collegare al Premio del Golfo della Spezia, che si tenne a Lerici nel ’33, quindi, dal ’49 al ’65, a Lerici e La Spezia. In particolare una coppia di tele dipinte da Vincenzo Colucci, Lerici e Portovenere (olio su tela, cm. 76 x 85, Lerici in b. a d. è firmata V. COLUCCI / LERICI XI, prestito dalla Prov. d. Spezia), datate 1933 ed eseguite in coincidenza con il Premio hanno valore storico. La pennellata ricorda l’ultimo Impressionismo, e si rifà ai protagonisti del “ritorno all’ordine”, come ad esempio De Pisis e Tosi. Nel periodo fra le due guerre, infatti, il criterio collezionistico adottato dalla maggior parte delle istituzioni privilegiava autori graditi al regime e iscritti ai Sindacati Fascisti, lontani tanto dalle avanguardie, quanto dal Simbolismo e dal Liberty, considerati decadenti dal regime. In Lerici la ricerca cromatica si fonda sul contrasto fra il rosso delle facciate e il verde di colline e mare, smorzato dal grigio di cielo e molo; l’atmosfera lericina, colta nella sua quotidianità e nella sua particolare luminosità un po’ liquida, induce a riflettere sui cambiamenti: paragonate al dipinto di Colucci, le colline appaiono oggi “rapallizzate”, la palazzata è fiancheggiata da auto e déhors, ma i colori delle facciate sono tornati quelli del ’33, e tira la stessa aria del ‘33. Vincenzo Colucci (Ischia 1898 - 1968), allievo di Casciaro, espose alle Biennali di Venezia del ‘26, ‘36 e ‘42, alle prime tre Quadriennali Nazionali romane (III’, ‘39; IV, ‘43; VI, ‘51; VII, ‘55) e alle varie Mostre Sindacali milanesi, fiorentine e napoletane. Partecipò alla prima edizione del Premio Nazionale di Pittura Golfo della Spezia nel ’33 e contribuì alla sua ripresa esponendovi nel ‘49, ‘51 e ’55. Questo è l’inizio della canzoncina che Fino Fedi ha dedicato a questa gentile vecchia signora che con fermezza è riuscita a bloccare la rimozione e distruzione della “fontana di Biscaretti”. Nell’odierna Piazza della Libertà era stata inaugurata nel 1892 una colonna in marmo bianco contornata dalle quattro lapidi che, dopo l’abbattimento del monumento da parte dei fascisti santerenzini, sono state recuperate e sistemate sul muro della scuola elementare. Dopo lo scoppio di Falconara del 28 settembre 1922 è stata collocata nella stessa piazza anche una fontana, all’epoca unica in tutto il paese, che ha preso il nome dall’Ammiraglio Guido Biscaretti conte di Ruffia, il quale ebbe in quell’occasione, direttamente dal re, l’incarico di coordinare gli aiuti per la ricostruzione di Santerenzo, dopo la grave sciagura. Biscaretti, oltre a coordinare i lavori di costruzione delle due case in viale della Vittoria e dell’asilo infantile ha fatto costruire anche un acquedotto che portava acqua dal monte di Canarbino fino al paese. La fontana di Biscaretti per molti anni è stato il centro vitale del paese ed ha perso la sua importanza soltanto quando hanno costruito l’odierno acquedotto e hanno portato l’acqua in tutte le case, come del resto è accaduto per il lavatoio di Via Garibaldi. L’Amministrazione comunale, eravamo nel 1940, vista la non indispensabilità della fontana pensò di rimuoverla e inviò “Lela il cantoniere” , al secolo Giuseppe Bacchioni, per eseguire il lavoro. Per descrivere “il Lela” ci vorrebbe un articolo a parte, unico addetto alle strade e fognature del comune, uomo rude della Serra, aveva un aspetto che faceva paura, ma un cuore tenero come un bambino, amava i suoi boschi, gli uccelli e tutti gli animali e passava gran parte del suo tempo libero ad ascoltarli ed osservarli. Quella mattina il Lela, con pala e piccone, di buonora si apprestava a smontare la fontana, ignaro del putiferio che avrebbe creato. Al primo piano del palazzo, sopra il bar Oriani di oggi, proprio di fronte alla fontana, abitava la signora Clarice Bassignani, già anziana maestra in pensione, vedova fin dal 1918 di Giuseppe Damassa.. La signora Bassignani affacciatasi al terrazzo e accortasi delle intenzioni del Lela, cominciò ad urlare come se stesse assistendo ad un delitto e con la fermezza e la decisione che la distingueva riuscì in poco tempo a radunare una folla che la spalleggiò. Il povero Lela dovette riprendersi pala e piccone e tornare da chi lo aveva mandato. Negli anni ‘50 la fontana fu rimossa e spostata verso la Chiesa per far posto “all’autolinea”, ma quando nel 1970 finalmente si adottò l’attuale senso unico di circolazione, la fontana ostacolava la strada e l’autolinea era inutile e pertanto furono demolite entrambe. I pezzi della fontana sepolti a monte delle case popolari non furono più ritrovati, ad onor del vero, non erano di gran valore estetico, ma soltanto affettivo per noi santerenzini. Si è riparlato più volte di ricostruire una fontana in Piazza della Libertà, qualcuno l’ha anche disegnata, qualcun altro ha fatto persino un modellino, ma per ora ci teniamo la piazza così com’è. AAU USSE ER R--AAR RC CAA Presidente: Ovidio Iozzelli Il cartellone dell’Estate Auser 16/17 luglio: “Miss Velona” 30 giugno: concerto rock de i “I Gatti” 6 agosto a Falconara “Il nonno e il bambino” FFiilloo dd’’AArrggeennttoo I numeri del Filo d’Argento Lerici sono: 0187964208 oppure 347.3092994 (sevizio di trasporto per anziani autosufficienti per servizi, visite mediche, ospedaliere e ricoveri nella provincia). Il servizio sociale è gratuito per tutti i tesserati Auser di Lerici . Attivo dalle 9:00 alle 18:00. Per risparmiare a-Il cinema Astoria, prevede lo sconto di € 2 sul prezzo del biglietto. b-L’oreficeria Morselli, sconterà del 5% sull’oro e il 10% sull’oreficeria. c-Al Ristorante Hotel del Golfo per un pranzo dall’antipasto alla frutta basteranno € 20. e-Macelleria Vara (carni e merce biologica) di via Gerini praticherà uno sconto del 10% sulla spesa totale. f-Fiori Juna di pia.zza Garibaldi, praticherà uno sconto del 10% su fiori, piante. g- Ristorante “Da Paolino” di via Gerini 40, 10% di sconto su pranzo o cena h- Marco&Rino Parrucchieri- in via Cavour 71 sconto del 10% Corso di lingua inglese martedì e mercoledì ore 20.30 – 22 giovedì ore 18 – 19.30 Per maggiori informazioni: 0187-968396 oppure 338.1010208 corso di computer dalle ore 17 alle 19 +- La rubrica delle stelle Gianoni (parte seconda) di raimondo pagano E’stato anche un antesignano nella pubblicità; nel primo dopoguerra infatti aveva posizionato alcuni altoparlanti sulle palme limitrofe al bar, sulle quali spiccava la scritta Radio Oriel (di Masino Rossi, titolare dell’allora negozio di elettricità in via Roma) e dai quali trasmetteva, oltre alle radiocronache del giro di Francia che appassionavano i concittadini, alcune strofette pubblicitarie. “L’aragosta o il fritto misto / non li trovi da Callisto / ma da Gino il taverniere / che fa anche il cameriere”. Ovvio il riferimento a Calloni della Calata. Ricordo una notte nella quale, svegliato da rumori e sportomi dalle finestre, lo avevo visto ricavare un cunicolo nella strada comunale, passare dei cavi per raggiungere il giardino d’estate, ricoprire il tutto, riposizionare e compattare dell’asfalto lavorando sino al primo mattino (mi vien da sorridere pensando alle attuali normative sui lavori in corso). Negli ultimi tempi, con il contributo di esperti locali, aveva trasformato un piccolo pullman in una specie di camper super attrezzato, con il quale aveva effettuato un viaggioavventura nel medio Oriente. Quando ha lasciato il bar è andato ad abitare in una villetta alla Venere azzurra, trascinandosi dietro una specie di zoo ; aveva diversi animali ai quali si rivolgeva come a una persona dicendo: > Vedrai che ti troverai bene nella nuova sistemazione>. E chi per caso assisteva non poteva certo ridere! Credo infine che sia stata la prima persona a pagare la parcella al proprio avvocato, che lo aveva patrocinato in una causa persa, con un sacco di monetine, in senso letterale. Forse sarà perché a noi anziani ricorda un periodo tutto sommato spensierato e divertente, una figura così fuori dalle righe piena di inventiva e anticonformista suscita simpatia. Mi piace ricordarlo tutto impegnato a provare il percorso della gara automobilistica S.Terenzo-La Serra , con la fida Ardea , oppure nelle evoluzioni con gli sci d’acqua, con tanti lericini ad assistere strabiliati. (fine) di roberto zambelli (Società Astronomica Lunae) Non è difficile individuare nel cielo la posizione della Lira, nonostante le sue piccole dimensioni. Basta guardare, verso la fine del mese, proprio sopra la nostra testa (zenit), per trovare un piccolo parallelogramma al cui vertice si trova una stella bianca molto luminosa, la più brillante di quel tratto di cielo: Vega (Alpha Lyrae). Il nome deriva dall’arabo “ عقاولا رسنلاannasr al-wāqi‘, avvoltoio che plana”, già riportata nell’Almagesto di Tolomeo (II secolo dopo Cristo). Dista 25 anni luce, quindi, si fa per dire, molto vicina a noi. E’ circa 2 volte più massiccia e circa 37 volte più luminosa del nostro sole. Per effetto della precessione degli equinozi, che è la rotazione dell'asse terrestre attorno alla sua verticale (immaginate una trottola che gira) Vega andrà a occupare il posto della stella Polare, fra circa 12000 anni, indicando il Nord. L’intero ciclo dura complessivamente 26000 anni. Dal punto di vista mitologico questo asterismo è ricco di storie fantastiche, tra le più belle, commoventi e tragiche rispetto a tutti i racconti legati alle altre costellazioni. Assiri, Accadi, Babilonesi, Greci, Romani e anche i Cinesi avevano fatto a gara per dare un senso a quelle poche stelline. Nell’antica Cina quel piccolo parallelogramma fu paragonato a un telaio che le donne cinesi erano solite usare per confezionare gli abiti nuziali. E nominarono Vega come “la stella della tessitrice”. Naturalmente la tessitrice era interpretata da una donna giovane e bellissima che rispondeva al nome di “Chi Niu”. Un bel giorno Chi Niu si avvicinò a un ruscello poco distante da casa per rinfrescarsi dalla calura estiva, e la sua attenzione fu catturata dal suono di un flauto che emetteva una musica dolcissima proveniente dall’altra sponda. Lo sguardo si volge verso il magico suono e scorge un magnifico esemplare di pastore. Chi Niu non ci pensa due volte e in men che non si dica attraversa il rio e cattura il “guardiano dei buoi celesti”. Normalmente una storia come questa dovrebbe finire così: i due si innamorano, si sposano e… vissero felici e contenti. Ma noi sappiamo bene che non è così, infatti… Chi Niu e Chien Niou, (il nome del bovaro) erano così belli e così felici che finirono per suscitare le ire e l’invidia della solita regina cattiva, sempre presente nelle favole. Ma non crediate, anche ai nostri giorni non si scherza. Per dividerli tracciò nel cielo un solco (la via Lattea) che fece diventare il piccolo ruscello un fiume d’argento impetuoso impossibile da traversare. La tragedia si era compiuta, come impone il manuale del mitologo, accompagnata da sofferenze e strazianti lacrimoni. Fortunatamente, come diceva il grande Cicerone: “finchè c’è vita c’è speranza”. Ecco ora intervie un’anima buona, il padre di Chi Niu, imperatore del cielo che, vedendo la figlia così sofferente e infelice, decide di concederle, una sola volta all’anno, di traversare il fiume d’argento per ricongiungersi con Chien Niou (la stella Altair nella costellazione dell’Aquila). Per farlo ordina ad alcune colombe di disporsi a forma di ponte per agevolare il passaggio. E’ un po’ poco ma, è sempre meglio di niente! Nel cielo, in effetti, le due costellazioni della Lira e dell’Aquila sono divise dalla via Lattea e il ponte è rappresentato dalla costellazione della Sagitta che unisce i due asterismi. Nel prossimo articolo la parola passerà ai Greci, la cui tragicità sarà mortale, e, come vedremo, sarà proprio il caso di dirlo… (continua) A.Tonelli: conferenze in Sicilia di anna ferrari Invitato dalla Wisdom University di San Francisco, Angelo Tonelli ha tenuto una serie di conferenze in inglese nell'ambito di un corso itinerante nelle aree archeo- logiche della Sicilia, organizzato dai professori Jim Garrison e Robert Mayer, in collaborazione con la musicista Alessandra Belloni, esperta di musica mediterranea e in particolare di pizzica e taranta. Tonelli ha parlato di Demetra fondatrice dei Misteri Eleusini e della Grande Madre mediterranea a Tindari, della tragedia greca nel Teatro di Siracusa e del rapporto tra sapienza di oriente e occidente ad Agrigento. Particolarmente significativa la sua lettura rituale, in un cratere dell'Etna, dei testi di Empedocle, il sapiente sciamano che, secondo la leggenda decise di morire lanciandosi nel vulcano, per riunirsi con l’Origine di tutte le cose. Serata speciale all’Auser-Arca Un appuntamento tenuto il 16 giugno, intitolato “Sing a song” ha riscosso tanto successo. Organizzato da Raffaella Coglitore (della segreteria dell’Auser) con la collaborazione di Luca Marzano, ha visto la presenza di un ospite d’onore: Emmone Crocini. Tanti gli applausi: la giuria ha premiato Sara Milazzo e dopo di lei Michele Toccafondo. Hanno contribuito al successo di questa serata Auser tante persone che meriterebbero un ringraziamento. Ci scusiamo di non poterli citare tutti per mancanza di spazio.