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La contessa del pane. Cultura al Quadrato marinai N°82

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La contessa del pane. Cultura al Quadrato marinai N°82
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20011
Il punto
21 febbraio Fète du citron a Mentone € 80
Dal 15 al 21 aprile Madrid e Castiglia € 780
Responsabile del turismo sig.ra Mida (338-4932066)
sergio f. giampaoli
La contessa del pane. Cultura al Quadrato marinai
di gabriella molli
Non so quanti lericini delle ultime
generazioni, abbiano calpestato
gli antichi percorsi del nostro territorio (alcuni risalenti alla preistoria) o abbiano un’ idea, seppur
vaga di dove geograficamente
siano collocati. Eppure, non sanno che cosa stanno perdendo. Col
tempo, purtroppo, per gli smottamenti dovuti alle piogge, la vegetazione che invade senza controllo e l’incuria trascinata per anni,
questi ‘siti’ potrebbero cancellare
per sempre, assieme alle tracce
di questo antico ingegno, anche la
nostra memoria. Non basterà,
statene
certi,
neppure
l’importante e documentata bibliografia sugli scaffali della nostra Biblioteca di via Gerini (su
cui documentarsi) a tenerli in vita. Eppure, questo patrimonio
storico-culturale potrebbe rappresentare un buon volano per
innescare un fecondo sviluppo turistico in questo settore, ritenuto
a torto minore. E invece gradito
ai turisti stranieri.
Certo, bisognerebbe investire soldi e intelligenze per colmare questo deficit e consentirne la crescita civile della nostra comunità.
Ciao, alla prossima.
N°82 (febbraio2016)
redazione sergio f. giampaoli (gfs).
hanno collaborato a questo numero:
enrico calzolari, gino cabano,
michele iozzelli, gabriele lancini,
margherita manfredi, gabriella molli,
raimondo pagano, francesco pelillo,
euro puntelli.
C’è un libro di Emilio Longhi, che circa vent’anni fa è uscito promosso dalla
P.A. di Lerici, intitolato ‘La Contessa
del pane’. Ora è stato riedito e presentato dalla poetessa Donatella Zanello
presso la sede dell’Associazione Marinai d’Italia, sezione Ivo Borghetti. Chi
è la ‘Contessa del pane’ e perché è così
importante conoscere questo libro?
Non tutti sanno che Luisa Malaspina
del ramo di Fosdinovo, avendo sposato
il conte Angelo Serafino de Benedetti,
apparteneva all’antica famiglia nobiliare ligure attestata in Genova, Sarzana e
Lerici. Rappresentata oggi da Filippo
de Benedetti che vive nella villa di
Barcola. Dove, ha raccontato Donatella
Zanello, nella Cappella, riposano le
spoglie della contessa e di altri nove
membri del casato nobile. Quindi ha
ben sottolineato, questo libro di Emilio
Longhi costituisce un documento sia
evocativo che divulgativo e potrà fornire elementi di riflessione e di approfondimento storico su un brandello di
storia lericina. Emilio Longhi, amegliese ricercatore, scrittore profondamente innamorato del suo territorio e
di quello lericino, ha descritto ne ‘La
contessa del pane’ prima la donna e
poi la nobildonna. Che Zanello ha definito generosa e caritatevole, sensibile
e sofferente per la mancanza di eredi,
condannata
alla
solitudine
per
l’impossibilità di essere madre, e che,
sostenuta dalla fede, visse donando ai
più deboli. Nel libro viene delineata in
modo molto visivo la situazione di
grande disagio sul territorio nella metà
dell’800’è un quadro di luoghi (la Villa del Fodo alla Rocchetta di Lerici, la
Villa di Barcola, Lerici, il molo, Tragià, La Bellavista) dove si svolge ‘un
piccolo mondo antico’ nel quale il
tempo si è fermato. Dunque un libro
che andrebbe letto a scuola, perché
tornare indietro significa collegarsi con
le trasformazioni vissute di un luogo e
leggerne la storia. Si scoprono nel libro, ha ben sottolineato Zanello, le storie degli anziani marinai, i ricordi di
Bartrò e Giambà, figure ‘ieratiche’ che
narrano antiche leggende e superstizioni popolari, storie di streghe e gio-
vani marinai, racconti di tempeste e
naufragi. E vi è una bellissima descrizione di Tragià con un carnevale mascherato e un ballo in un carosello di
colori e suoni. Si racconta che nella
Villa di Barcola il 24 agosto 1853, i
Conti de Benedetti ricevono con molti
onori la visita della Regina Maria Adelaide. Don Atanasio, novello Don Abbondio lo ha definito Zanello, in versione più coraggiosa e severa, ecco che
sale la collina fino alla Villa di Barcola
per celebrare la Messa solenne, alla
quale presenziano i notabili del borgo,
tra i quali anche Domenico Porro, il
nostromo più importante di Lerici,
fondatore della Società Marittima di
Mutuo
Soccorso.
Due
parole
sull’autore: Emilio Longhi, politicamente impegnato, amegliese di nascita,
scrittore di tante opere di narrativa, ha
al suo attivo un testo sulle antiche rogazioni del territorio di Ameglia, con i
percorsi di fede. E vanta anche la ricostruzione su mappa dei luoghi amegliesi che portano le tracce della loro
storia.
Il mistero del ghetto di Lerici
margherita manfredi
La recente questione dell’errata iscrizione in ebraico apposta sulla lapide nel
Ghetto di Lerici durante la Giornata
della memoria nel gennaio 2013, comparsa in un articolo del Secolo XIX in
data 15 Gennaio 2016, mi porta a spiegare quanto è successo.Sono necessarie
alcune premesse: tutto inizia in seguito
una nota di Alessandro Manfredi sul
Circolo culturale multimediale La Rotonda nel 2012. Devo dire due parole
su Circolo. E’ una pagina web, inserita
nel social network face book nata nel
2012 da un’idea di Filippo Pagano e gestita oltreché da lui, da me, da Alessandro e inizialmente anche da Angelisa
Pugnaloni, che si propone di trattare argomenti storici e culturali inerenti Lerici, il territorio e il Golfo. La pagina è
consultabile al seguente indirizzo
mail:https://www.facebook.com/circolo
larotonda/. Attualmente comprende più
di 100 note culturali, molte immagini
(foto e dipinti) e ha più di 300 iscritti.
Ma torniamo al problema: nella nota del
2012 Alessandro approfondisce in modo accurato la storia del Ghetto lericino
dalla sua nascita, l’anno di istituzione è
il 1676, anche se i primi ebrei sono attestati nel nostro borgo sin dal XV sec
come conferma un inequivocabile Giovanni de Saulo, podestà a Lerici nel
1487, sino alla scomparsa degli ultimi
ebrei lericini nei primi decenni del ‘900.
I cognomi Saione, Spagnol, Tedeschi,
Baracchini, Barenco, De Benedetti,
Vallero, Brondi (Brondi da cristiano,
Polacco o Pollak da ebreo), Funaro,
Brusacà attestano ancora oggi la loro
antica presenza. La nota utilizza riferimenti bibliografici vari e soprattutto il
fondamentale testo di Valerio M. Botto
Nel cuore di Lerici ed.Cinque Terre. La
“microstoria” composta da Botto e anche da Manfredi che in questo caso rivisita le pagine di Botto ci permette di recuperare esplorando le antiche mura, le
case, le cucine del ghetto, un senso di
comunità vissuta secoli fa ma che ancora può rivivere se conservata e protetta.
Nel 1985 il prof. Enrico Calzolari aveva
ipotizzato la presenza di una comunità
di maestri fonditori ebrei che erano già
a Lerici dal XVI sec. A conferma di ciò
che già scriveva il Poggi in Lerici e il
suo Castello riferendo che fra il 1507 e
il 1508 vennero costruiti diversi cannoni in bronzo. Gli stralci dell’articolo che
ho riportato sono necessariamente solo
un piccolo assaggio della lunga ed esaustiva nota. Torniamo al problema : circa
un mese fa sul Circolo , l’articolo è tornato ad acquistare rilievo grazie
al’intervento di alcuni positivi commenti da parte di iscritti. Fra questi, uno in
particolare poneva il sospetto (poi rivelatosi fondato) che la scritta in ebraico sulla lapide fosse stata incisa in modo rovesciato,
al contrario. Danila Paganini, studiosa di
storia ebraica aveva confermato l’errore,
ma Alessandro ha sciolto ogni dubbio consultando il Centro di Cultura Ebraica di
Roma. Questa è la risposta: “sì la scritta è
in effetti al contrario. E’ corretta quella che
mi manda e che doveva essere incisa.
Quella che risulta incisa effettivamente invece è sbagliata, perchè le lettere sono state
riportate da sinistra a destra e non viceversa (Se vede le lettere sono le stesse ma esattamente al contrario). Ad ogni modo il
significato della frase è: quartiere ebraico
antico. Un saluto cordiale Micol Temin”.
Chiarito l’equivoco, a questo punto non
resta che cambiare l’iscrizione!
(la scritta sopra è errata, sotto corretta)
Per chi fosse interessato questo è
l’indirizzo mail della nota:
https://www.facebook.com/notes/circoloculturale-multimediale-la-rotonda/lacomunit%C3%A0-ebraica-di-lerici-notadi-alessandro-manfredi/297168633677404
murarie, i resti del bottaccio di uno dei
tanti mulini della zona. Dopo aver attraversato un entratore, si sbuca su un secondo tornante della strada militare. La
prosecuzione del tragitto è poco oltre e
inizia con alcuni gradini di pietra, segnalati da un cartello di legno, le cui scritte
sono ormai sbiadite. Il cammino, su un
fondo di terra battuta, è comunque agevole, anche se ristretto fra i confini di
due abitazioni. Quella inferiore, sulla sinistra, sorge sul fondo di una cava abbandonata, la cui coltivazione è comunque ancora ben visibile. La via riprende a
salire e occorre prestare attenzione a
qualche sasso più instabile; una conversione sulla destra evidenzia come il percorso originario sia stato deviato, poco
male perché il lieve allungamento è
compensato dalle opere di manutenzione
effettuate, anche se bisogna segnalare
qualche asse di legno un po’ sconnessa.
Siamo entrati in un bosco di lecci piuttosto radi e, tra gli alberi, si vede di sfuggita il mare. Giungiamo a un terzo tornante
della carrozzabile, che dobbiamo seguire
per un centinaio di metri sino a incrociare la strada per il Debbio affiancata dalla
traccia di un sentiero che, ancora pochi
decenni fa, portava ai resti di una torre
colombiera, ormai completamente diroccata e dimenticata. Sull’altro lato, invece,nei pressi di un idrante, troviamo il
sentiero 2g (prenderà quanto prima la
denominazione 426). (continua)
Il gioco degli scacchi
Il sentiero della Resistenza (1)
gabriele lancini
euro puntelli
Da questo numero, per alcuni mesi, descriverò il “Sentiero della Resistenza”, il percorso che consentiva ai partigiani di raggiungere la Val di Magra da Lerici, evitando le più frequentate, e conseguentemente
controllate, strade provinciali. L’inizio del
tragitto è in località “Le Catene” ma, così
come la Resistenza cominciò, in effetti,
vent’anni prima, all’avvento della tirannide
fascista, ritengo sia importante compiere
una piccola digressione per scendere sulla
provinciale sino alla lapide che commemora l’assassinio di Gabriele Paita, ucciso il
16 febbraio 1922 nella difesa dell’abitato
della Serra dall’assalto di una squadraccia.
Al principio della strada militare del 1883,
dove le catene sbarravano il passo ai non
autorizzati, due pietre miliari evidenziano
il sentiero 462, che parte come scalinata di
cemento, a ridosso di una muraglia che,
come nella poesia di Montale, ha in cima
cocci aguzzi di bottiglia. Dopo un gomito,
attraversiamo il tracciato di una vecchia
mulattiera, il cui ramo destro, intercluso fra
due appezzamenti di terreno, è stato recentemente salvato da un incauto tentativo di
appropriazione. Il sentiero giunge a toccare
un primo tornante della strada militare ma,
dopo il civico 1 di Località Codina, la scalinata riprende a salire tra i campi e le ville;
interessante notare sulla destra, fra opere
Problema:
Il Bianco nuove e matta in tre mosse
Il bianco ha un notevole vantaggio materiale, il nero inevitabilmente soccomberà, ma non in meno di tre mosse
Soluzione:
1) Ad3xa6 =h6-h5.
2)Aa6xb7+=Tb8xAb7.
3)Db6xTb7#. (scacco matto.)
Il giorno in cui il gallo ha …
gino cabano
Era una di quelle giornate che nella
vita non dimentichi più. Un mercoledì, un giorno feriale del 15 febbraio
del 1961, cinquantacinque anni fa; a
quel tempo avevo 10 anni. Al mattino, di buon'ora, salimmo con mia
madre, mio nonno, gli zii, i maestri e i
compagni di scuola, verso il monte
Rocchetta; ci accompagnava il canto
del gallo e il primo cinguettio degli
uccelli. Per strada, incontrammo altre
persone che stavano salendo verso il
monte. Ormai se ne parlava da giorni
e ognuno di noi ragazzi, con l'aiuto
degli insegnanti, avevamo passato
buona parte delle ore scolastiche impegnati nelle spiegazioni del fenomeno; l'eclissi totale di sole; un fenomeno astronomico unico del suo genere
nel XX secolo. Molto più tempo avevamo dedicato alla preparazione dei
vetri affumicati con la fiamma della
candela; operazione più facile a dirsi
piuttosto che a farsi. Alcuni di noi, i
più fortunati, disponevano dei vetri
scuri delle maschere da saldatori che
provenivano dai cantieri o dall'Arsenale. Un altro sistema per non danneggiarsi gli occhi, consisteva nell'osservare il fenomeno riflesso all'interno di un catino riempito d'acqua.
L’avvenimento fu considerato così
importante che i direttori e i presidi
delle scuole lasciarono a casa gli alunni e fu così anche per alcune attività lavorative; il nostro direttore ci aveva ordinato di rientrare alla fine
della seconda ora, subito prima
dell’intervallo. Una volta giunti al
vecchio rustico che apparteneva alla
mia famiglia, rimanemmo in attesa
seduti, chi sotto il pergolato ormai
spoglio, chi a cavalcioni del muro. I
giornali avevano scritto che il fenomeno avrebbe avuto inizio dalla
Francia; il sole si era già sollevato
dalle Apuane. La brezza fresca che di
prima mattina, ci aveva accompagnato per tutta la salita dalla Serra al
monte Rocchetta, rapidamente si era
trasformata in un soffio gelido che ti
avvolgeva il corpo e l’oscurità inesorabilmente si avvicinava sopraffacendo la minuscola valle dei castagni sottostante, a grandi falcate e oscurando
l'Appennino. Erano circa le 8,35 ; il
cielo era diventato pesante e cupo, ma
si intravedevano le stelle, e la campagna era immersa in un silenzio da brividi freddi. Lontano, solo il latrare solitario di un cane, In me, in noi, ansia,
attesa, inquietudine. A quell'età, vedere attraverso il vetro il disco lunare ricoprire completamente il sole e poi
tutt'intorno una corona di luce viva e
sfolgorante, lasciava credere di aver
visto la creazione. Poi, quando la luna
veloce scivolò via dal disco solare, si
sentirono chiaramente alcuni galli
cantare per salutare con noi la luce
che tornava e la campagna ripopolarsi
dei suoi rumori consueti. (continua a
pag. 4)
Gli amici del Bar Jolly
raimondo pagano
Intorno alla metà degli anni ’50 io e altri amici coetanei frequentavamo il Bar Jolly,
gestito dalla famiglia Belloni, persone affabili che lavoravano sodo. In estate quando il
lavoro aumentava notevolmente arrivavano i
rinforzi dall’Emilia, loro terra d’origine. Il
nostro gruppo frequentava il bar grazie
all’amicizia con Carlo, nostro coetaneo, cosa
che ci permetteva di giocare a carte o di sedere nei tavolini esterni, pur consumando
poco, viste le ridotte possibilità. In estate era
il nostro luogo d’adozione, con qualche insofferenza da parte del sig.Ennio, che non
vedeva di buon occhio l’occupazione di tavolini da parte di consumatori poco più che
occasionali. In effetti “a se runeven e palanche per catae finarmente er famoso Arlecchino” si trattava di un affogato di dimensioni considerevoli, con una ciliegina in bella mostra sulla sommità. Era il gelato preferito in particolare da uno di noi, “che i se le
deganeva” “(deganae = gustare con estrema
lentezza per assaporarne il piacere). Diventati più grandi il Bar Jolly finì per diventare
il nostro abituale luogo d’incontro e, vista la
maggior disponibilità di denaro, anche le nostre consumazioni aumentarono. Sotto
quest’ultimo profilo quando, nella gestione,
entrarono Ricà e Bè (Riccardo Tamberi ed
Emilio Calloni), portatori di notevole esperienza, acquisita in bar di Prima classe a
bordo di navi da crociera, alla tradizionale
offerta di bevande si aggiunsero aperitivi
dal sapore caraibico, caipirinha, cuba libre,
tequila sunrise. Soltanto io, sapendo che si
sarebbe arrabbiato, ordinavo “una menta con
acqua minerale” senza ottenere alcuna risposta. Allora lamentavo: “ma questo è un pubblico esercizio o no”, al che Ricà (te me
manchi caro amigo) si rivolgeva a Carlo:
“daghe sta menta se no a ghe tio er bicé” !
Mi piace chiudere questo breve ricordo con
un aneddoto, che mi fa ancora sorridere.
Mentre attraversava la strada uno degli amici venne investito di striscio da una motoretta, cadendo a terra e rimanendo lungo disteso. Preoccupati accorremmo prontamente,
ma ci rendemmo conto che, tranne qualche
abrasione, non doveva avere nulla di serio.
Sembrava intontito e lo aiutammo a sollevarsi, facendolo sedere all’interno del locale.
Lo interrogammo per accertare che fosse
ben cosciente, chiedendogli insistentemente
se volesse un po’ d’acqua ottenendo sempre
un rifiuto “a sto ben..a sto ben”. (continua a
pag. 4).
AUSER-ARCA
Presidente: Raffaella Coglitore
Comunicato della redazione
I lettori interessati, possono trovare i numeri
perduti di ‘ausergiornalino’ sul sito:
www.comune.lerici.sp.it
FFiilloo dd’’AArrggeennttoo
I numeri del Filo d’Argento Lerici sono: 0187964208 oppure
3381606952 (sevizio di trasporto per anziani autosufficienti
per servizi, visite mediche, ospedaliere e ricoveri nella provincia). Il servizio sociale è a offerta libera e individuale per
tutti i tesserati Auser di Lerici .
Attivo dalle 9:00 alle 18:00.
Per risparmiare
a-L’oreficeria Morselli, sconterà del 5% sull’oro e il 10%
sull’oreficeria.
b-Al Ristorante Hotel del
Golfo
per
un
pranzo
dall’antipasto alla frutta basteranno € 20.
c-Fiori Juna di pia.zza Garibaldi, praticherà uno sconto
del 10% su fiori, piante.
d- Ristorante “ da Paolino”
di via Gerini 40
10% di sconto su pranzo o
cena
e- Marco&Rino Parrucchieri- via Cavour,71 sconto del
10% .
CORSI AVVIATI
LINGUA INGLESE
(mercoledì ore 17.00)
CORSO DI FOTOGRAFIA
(venerdì ore19.00
CORSO D’ INFORMATICA
(lunedì ore 17.00)
Per maggiori informazioni
c/o Auser-Arca tel. 0187964208
+
Storia della nostra P.A (2)
enrico calzolari
Si noti come l’ultimo punto della Regola
dei Templari, scritta da San Bernardo,
vietava di baciare qualsiasi donna, anche
la madre la sorella, per non perdere la
concentrazione verso le promesse fatte.
Successivamente vi furono problemi di
rappresentanza popolare all’interno delle
confraternite, sorsero contrasti, rischi di
eresie, rischio di opposizione al potere politico. Con Lutero e le sue tesi (1517) emerse che la salvezza avveniva per la Fede e per la Grazia, e quindi si impoverì il
concetto della salvezza attraverso le opere, come spiegato nella Lettera di Giacomo, il primo vescovo di Gerusalemme.
La chiesa mise sotto stretto controllo le
confraternite. Ma in quel periodo, a Lerici, nasceva la “Compagnia di
Sant’Erasmo fra i marinai e i padroni”
(Statuto del 1629), anche se un primo documento del 1526, redatto in casa del Notaro Giovanni Maria Cartoccio, nel borgo
pisano, tratta della consegna di una bombarda di bronzo ai frati agostiniani di Maralunga perché la fondessero per ricavarne
una campana da suonare nelle notti burrascose, per salvare i marinai dal naufragio.
Fu il Cardinal Borromeo a dare una regola
comune a tutte le confraternite nel 1569,
dopo che nel Concilio di Trento si deliberò il controllo sulle Confraternite (1563).
Con il 1700 la chiesa mise le confraternite
sotto il controllo diretto del Vescovo per
le nomine dei responsabili, e finì così la
rappresentatività popolare. Nel contempo
vi fu l’istituzione dei cimiteri pubblici
(1750) e cessò la sepoltura nelle chiese.
Venne poi la Rivoluzione francese con
l’Illuminismo, sorsero le prime Società di
Mutuo Soccorso, e le Confraternite persero importanza. La Massoneria e il Socialismo, i movimenti della classe operaia,
dettero vita ad un associazionismo non
più legato alla religione. Nelle Guerre di
Indipendenza vi furono molti morti e feriti, e il medico militare napoletano Ferdinando Palasciano fu il primo a curare feriti di parte avversa. Nasceva così l’idea di
curare i feriti di entrambe le parti ed
Henry Dunant, uno svizzero, organizzò il
Volontariato della donne lombarde, da cui
poi deriverà la Carta Fondamentale della
Croce Rossa (1863). Va detto che nella
battaglia di Solferino vi furono QUARANTAMILA FERITI! Nella bandiera
della nostra associazione è rimasta memoria della iniziale fondazione della Croce
Rossa, ed è l’unica a livello nazionale a
chiamarsi ‘Croce-Rosso-Bianca’. Forse i
primi fondatori misero nella bandiera una
croce rossa, ma essendosi poi generata la
confusione con il marchio internazionale,
dovettero modificarla, e decisero di inserirvi anche la denominazione di croce
bianca. Va detto che nel 1865 nacque a
Pietrasanta la prima Società di Pubblica
Assistenza, col nome di Croce Verde,
differenziandosì così dalla Croce Rossa.
A Lerici esisteva anche la Congregazione di Carità, che elargiva sussidi ai poveri, che ebbe anche un contributo di
Mazzini da Londra nel 1863, per costruire il nuovo ospedale. E prima ancora esisteva l’Ospedale del Crocifisso, fondato nel 1619 dal sacerdote Bernardino
Bibolini; questo era ubicato in Via Cavour, ove ancora si nota una bella immagine della Crocifissione. Il nuovo ospedale fu poi costruito più grande in
quella che è oggi la Caserma dei Carabinieri, ed era denominato Ospedale dei
Santi Pietro e Paolo. Nei paesi rivieraschi dediti alla navigazione a vela si trovano sempre gli ospedali, per curare soprattutto le malattie tropicali (lazzareti).
(continua)
HIDE PARK RAP
(ricordando Vasco Bardi)
gfs
Domenica 10 gennaio si è svolta a Lerici la manifestazione HIDE PARK
RAP. Nonostante il cattivo tempo che
ha costretto gli organizzatori a posticipare la manifestazione che prevedeva
anche la tradizionale mostra di pittura,
(l’evento era previsto per sabato 9),
tutto è filato liscio. Una tradizione ormai quinquennale che è bene ricordare, era stata ideata da Vasco Bardi,
poeta e velista scomparso il 5 maggio
del 2013. Ne fanno parte anche una serie di eventi intitolati I SABATI DEL
POETA dei quali due appuntamenti da
tenersi in estate, precisamente a luglio,
e con la poesia dialettale in agosto
contemporaneamente alla mostra di
pittori provenienti dalla provincia e oltre. Ma la manifestazione, aggiunge
Marco Raiti vice presidente dell’Associazione Culturale Stabilis (anche
questa ideata da Vasco) e a cui terrei
molto è la ‘Settimana della Cultura’.
che ormai è un incontro atteso e consolidato da oltre otto anni al castello di
San Terenzo nella seconda metà
d’agosto. Purtroppo nel 2015 non si è
potuto svolgere per questioni burocratiche. Dalla nuova amministrazione ci attendiamo la possibilità di
continuare il progetto di Vasco, confida Raiti sottolineando con forza che i
problemi ci sono e sono molti. Dobbiamo all’ operosità di tanti e tra questi voglio citare a nome di tutti e per la
sua ‘giovinezza’ il pittore Catello Marianni, se riusciamo in qualche modo a
tirare avanti con qualche soddisfazione. Certo, se ricevessimo un piccolo aiuto anche dalle autorità locali
potremmo allargare le nostre prospettive coinvolgendo altre espressioni artistiche e soprattutto, affrontare con
più serenità il futuro. Per finire e per la
cronaca, un discreto pubblico appas-
sionato e divertito, nonostante il fred
do pungente ha resistito fino alla fine
sotto il dehor del ristorante la Calata.
E questa è una solida ragione per la
quale, Raiti possa continuare in qualche modo ad arricchire il paese di eventi.
Marco Raiti
******************
(Il giorno che il gallo…)
segue da pag. 3
Negli anni a venire, ho capito il senso
di ciò che voleva dire Archiloco, uno
tra i più grandi lirici greci, quando in
una sua opera, menzionando un’eclissi
di sole probabilmente avvenuta il 6 aprile del 648 a.C. scriveva : “Di cose
non ve n'è alcuna che non ci si possa
attendere, né che si possa escludere
con giuramento. né che susciti meraviglia, da quando Zeus, padre degli
Olimpi di mezzogiorno fece notte, avendo nascosto la luce del sole che
splendeva e un agghiacciante terrore
invase gli uomini. Da allora tutte le
cose diventano credibili e attendibili
per gli uomini.”Il gallo aveva visto
due albe e cantato due volte e io
c’ero! (g.c).
******************
(Gli amici del Bar Jolli)
segue da pag. 3
All’ultima nostra profferta, “te vei
quarcò”; pensavamo all’acqua o a un
bicchierino di liquore ma ci sentimmo
rispondere: “e va ben aloa..na pasta e
na bira”. Indovinate dove lo abbiamo
mandato… (r.p)
La curiosità è la
scintilla che accende
la vita.
michele iozzelli
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