La contessa del pane. Cultura al Quadrato marinai N°82
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La contessa del pane. Cultura al Quadrato marinai N°82
C moonnttaaggnnaa Caalleennddaarriioo ddeelllee ggiittee ttuurriissttiicchhee ee ddeeii ssooggggiioorrnnii m maarree -- m 20011 Il punto 21 febbraio Fète du citron a Mentone € 80 Dal 15 al 21 aprile Madrid e Castiglia € 780 Responsabile del turismo sig.ra Mida (338-4932066) sergio f. giampaoli La contessa del pane. Cultura al Quadrato marinai di gabriella molli Non so quanti lericini delle ultime generazioni, abbiano calpestato gli antichi percorsi del nostro territorio (alcuni risalenti alla preistoria) o abbiano un’ idea, seppur vaga di dove geograficamente siano collocati. Eppure, non sanno che cosa stanno perdendo. Col tempo, purtroppo, per gli smottamenti dovuti alle piogge, la vegetazione che invade senza controllo e l’incuria trascinata per anni, questi ‘siti’ potrebbero cancellare per sempre, assieme alle tracce di questo antico ingegno, anche la nostra memoria. Non basterà, statene certi, neppure l’importante e documentata bibliografia sugli scaffali della nostra Biblioteca di via Gerini (su cui documentarsi) a tenerli in vita. Eppure, questo patrimonio storico-culturale potrebbe rappresentare un buon volano per innescare un fecondo sviluppo turistico in questo settore, ritenuto a torto minore. E invece gradito ai turisti stranieri. Certo, bisognerebbe investire soldi e intelligenze per colmare questo deficit e consentirne la crescita civile della nostra comunità. Ciao, alla prossima. N°82 (febbraio2016) redazione sergio f. giampaoli (gfs). hanno collaborato a questo numero: enrico calzolari, gino cabano, michele iozzelli, gabriele lancini, margherita manfredi, gabriella molli, raimondo pagano, francesco pelillo, euro puntelli. C’è un libro di Emilio Longhi, che circa vent’anni fa è uscito promosso dalla P.A. di Lerici, intitolato ‘La Contessa del pane’. Ora è stato riedito e presentato dalla poetessa Donatella Zanello presso la sede dell’Associazione Marinai d’Italia, sezione Ivo Borghetti. Chi è la ‘Contessa del pane’ e perché è così importante conoscere questo libro? Non tutti sanno che Luisa Malaspina del ramo di Fosdinovo, avendo sposato il conte Angelo Serafino de Benedetti, apparteneva all’antica famiglia nobiliare ligure attestata in Genova, Sarzana e Lerici. Rappresentata oggi da Filippo de Benedetti che vive nella villa di Barcola. Dove, ha raccontato Donatella Zanello, nella Cappella, riposano le spoglie della contessa e di altri nove membri del casato nobile. Quindi ha ben sottolineato, questo libro di Emilio Longhi costituisce un documento sia evocativo che divulgativo e potrà fornire elementi di riflessione e di approfondimento storico su un brandello di storia lericina. Emilio Longhi, amegliese ricercatore, scrittore profondamente innamorato del suo territorio e di quello lericino, ha descritto ne ‘La contessa del pane’ prima la donna e poi la nobildonna. Che Zanello ha definito generosa e caritatevole, sensibile e sofferente per la mancanza di eredi, condannata alla solitudine per l’impossibilità di essere madre, e che, sostenuta dalla fede, visse donando ai più deboli. Nel libro viene delineata in modo molto visivo la situazione di grande disagio sul territorio nella metà dell’800’è un quadro di luoghi (la Villa del Fodo alla Rocchetta di Lerici, la Villa di Barcola, Lerici, il molo, Tragià, La Bellavista) dove si svolge ‘un piccolo mondo antico’ nel quale il tempo si è fermato. Dunque un libro che andrebbe letto a scuola, perché tornare indietro significa collegarsi con le trasformazioni vissute di un luogo e leggerne la storia. Si scoprono nel libro, ha ben sottolineato Zanello, le storie degli anziani marinai, i ricordi di Bartrò e Giambà, figure ‘ieratiche’ che narrano antiche leggende e superstizioni popolari, storie di streghe e gio- vani marinai, racconti di tempeste e naufragi. E vi è una bellissima descrizione di Tragià con un carnevale mascherato e un ballo in un carosello di colori e suoni. Si racconta che nella Villa di Barcola il 24 agosto 1853, i Conti de Benedetti ricevono con molti onori la visita della Regina Maria Adelaide. Don Atanasio, novello Don Abbondio lo ha definito Zanello, in versione più coraggiosa e severa, ecco che sale la collina fino alla Villa di Barcola per celebrare la Messa solenne, alla quale presenziano i notabili del borgo, tra i quali anche Domenico Porro, il nostromo più importante di Lerici, fondatore della Società Marittima di Mutuo Soccorso. Due parole sull’autore: Emilio Longhi, politicamente impegnato, amegliese di nascita, scrittore di tante opere di narrativa, ha al suo attivo un testo sulle antiche rogazioni del territorio di Ameglia, con i percorsi di fede. E vanta anche la ricostruzione su mappa dei luoghi amegliesi che portano le tracce della loro storia. Il mistero del ghetto di Lerici margherita manfredi La recente questione dell’errata iscrizione in ebraico apposta sulla lapide nel Ghetto di Lerici durante la Giornata della memoria nel gennaio 2013, comparsa in un articolo del Secolo XIX in data 15 Gennaio 2016, mi porta a spiegare quanto è successo.Sono necessarie alcune premesse: tutto inizia in seguito una nota di Alessandro Manfredi sul Circolo culturale multimediale La Rotonda nel 2012. Devo dire due parole su Circolo. E’ una pagina web, inserita nel social network face book nata nel 2012 da un’idea di Filippo Pagano e gestita oltreché da lui, da me, da Alessandro e inizialmente anche da Angelisa Pugnaloni, che si propone di trattare argomenti storici e culturali inerenti Lerici, il territorio e il Golfo. La pagina è consultabile al seguente indirizzo mail:https://www.facebook.com/circolo larotonda/. Attualmente comprende più di 100 note culturali, molte immagini (foto e dipinti) e ha più di 300 iscritti. Ma torniamo al problema: nella nota del 2012 Alessandro approfondisce in modo accurato la storia del Ghetto lericino dalla sua nascita, l’anno di istituzione è il 1676, anche se i primi ebrei sono attestati nel nostro borgo sin dal XV sec come conferma un inequivocabile Giovanni de Saulo, podestà a Lerici nel 1487, sino alla scomparsa degli ultimi ebrei lericini nei primi decenni del ‘900. I cognomi Saione, Spagnol, Tedeschi, Baracchini, Barenco, De Benedetti, Vallero, Brondi (Brondi da cristiano, Polacco o Pollak da ebreo), Funaro, Brusacà attestano ancora oggi la loro antica presenza. La nota utilizza riferimenti bibliografici vari e soprattutto il fondamentale testo di Valerio M. Botto Nel cuore di Lerici ed.Cinque Terre. La “microstoria” composta da Botto e anche da Manfredi che in questo caso rivisita le pagine di Botto ci permette di recuperare esplorando le antiche mura, le case, le cucine del ghetto, un senso di comunità vissuta secoli fa ma che ancora può rivivere se conservata e protetta. Nel 1985 il prof. Enrico Calzolari aveva ipotizzato la presenza di una comunità di maestri fonditori ebrei che erano già a Lerici dal XVI sec. A conferma di ciò che già scriveva il Poggi in Lerici e il suo Castello riferendo che fra il 1507 e il 1508 vennero costruiti diversi cannoni in bronzo. Gli stralci dell’articolo che ho riportato sono necessariamente solo un piccolo assaggio della lunga ed esaustiva nota. Torniamo al problema : circa un mese fa sul Circolo , l’articolo è tornato ad acquistare rilievo grazie al’intervento di alcuni positivi commenti da parte di iscritti. Fra questi, uno in particolare poneva il sospetto (poi rivelatosi fondato) che la scritta in ebraico sulla lapide fosse stata incisa in modo rovesciato, al contrario. Danila Paganini, studiosa di storia ebraica aveva confermato l’errore, ma Alessandro ha sciolto ogni dubbio consultando il Centro di Cultura Ebraica di Roma. Questa è la risposta: “sì la scritta è in effetti al contrario. E’ corretta quella che mi manda e che doveva essere incisa. Quella che risulta incisa effettivamente invece è sbagliata, perchè le lettere sono state riportate da sinistra a destra e non viceversa (Se vede le lettere sono le stesse ma esattamente al contrario). Ad ogni modo il significato della frase è: quartiere ebraico antico. Un saluto cordiale Micol Temin”. Chiarito l’equivoco, a questo punto non resta che cambiare l’iscrizione! (la scritta sopra è errata, sotto corretta) Per chi fosse interessato questo è l’indirizzo mail della nota: https://www.facebook.com/notes/circoloculturale-multimediale-la-rotonda/lacomunit%C3%A0-ebraica-di-lerici-notadi-alessandro-manfredi/297168633677404 murarie, i resti del bottaccio di uno dei tanti mulini della zona. Dopo aver attraversato un entratore, si sbuca su un secondo tornante della strada militare. La prosecuzione del tragitto è poco oltre e inizia con alcuni gradini di pietra, segnalati da un cartello di legno, le cui scritte sono ormai sbiadite. Il cammino, su un fondo di terra battuta, è comunque agevole, anche se ristretto fra i confini di due abitazioni. Quella inferiore, sulla sinistra, sorge sul fondo di una cava abbandonata, la cui coltivazione è comunque ancora ben visibile. La via riprende a salire e occorre prestare attenzione a qualche sasso più instabile; una conversione sulla destra evidenzia come il percorso originario sia stato deviato, poco male perché il lieve allungamento è compensato dalle opere di manutenzione effettuate, anche se bisogna segnalare qualche asse di legno un po’ sconnessa. Siamo entrati in un bosco di lecci piuttosto radi e, tra gli alberi, si vede di sfuggita il mare. Giungiamo a un terzo tornante della carrozzabile, che dobbiamo seguire per un centinaio di metri sino a incrociare la strada per il Debbio affiancata dalla traccia di un sentiero che, ancora pochi decenni fa, portava ai resti di una torre colombiera, ormai completamente diroccata e dimenticata. Sull’altro lato, invece,nei pressi di un idrante, troviamo il sentiero 2g (prenderà quanto prima la denominazione 426). (continua) Il gioco degli scacchi Il sentiero della Resistenza (1) gabriele lancini euro puntelli Da questo numero, per alcuni mesi, descriverò il “Sentiero della Resistenza”, il percorso che consentiva ai partigiani di raggiungere la Val di Magra da Lerici, evitando le più frequentate, e conseguentemente controllate, strade provinciali. L’inizio del tragitto è in località “Le Catene” ma, così come la Resistenza cominciò, in effetti, vent’anni prima, all’avvento della tirannide fascista, ritengo sia importante compiere una piccola digressione per scendere sulla provinciale sino alla lapide che commemora l’assassinio di Gabriele Paita, ucciso il 16 febbraio 1922 nella difesa dell’abitato della Serra dall’assalto di una squadraccia. Al principio della strada militare del 1883, dove le catene sbarravano il passo ai non autorizzati, due pietre miliari evidenziano il sentiero 462, che parte come scalinata di cemento, a ridosso di una muraglia che, come nella poesia di Montale, ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Dopo un gomito, attraversiamo il tracciato di una vecchia mulattiera, il cui ramo destro, intercluso fra due appezzamenti di terreno, è stato recentemente salvato da un incauto tentativo di appropriazione. Il sentiero giunge a toccare un primo tornante della strada militare ma, dopo il civico 1 di Località Codina, la scalinata riprende a salire tra i campi e le ville; interessante notare sulla destra, fra opere Problema: Il Bianco nuove e matta in tre mosse Il bianco ha un notevole vantaggio materiale, il nero inevitabilmente soccomberà, ma non in meno di tre mosse Soluzione: 1) Ad3xa6 =h6-h5. 2)Aa6xb7+=Tb8xAb7. 3)Db6xTb7#. (scacco matto.) Il giorno in cui il gallo ha … gino cabano Era una di quelle giornate che nella vita non dimentichi più. Un mercoledì, un giorno feriale del 15 febbraio del 1961, cinquantacinque anni fa; a quel tempo avevo 10 anni. Al mattino, di buon'ora, salimmo con mia madre, mio nonno, gli zii, i maestri e i compagni di scuola, verso il monte Rocchetta; ci accompagnava il canto del gallo e il primo cinguettio degli uccelli. Per strada, incontrammo altre persone che stavano salendo verso il monte. Ormai se ne parlava da giorni e ognuno di noi ragazzi, con l'aiuto degli insegnanti, avevamo passato buona parte delle ore scolastiche impegnati nelle spiegazioni del fenomeno; l'eclissi totale di sole; un fenomeno astronomico unico del suo genere nel XX secolo. Molto più tempo avevamo dedicato alla preparazione dei vetri affumicati con la fiamma della candela; operazione più facile a dirsi piuttosto che a farsi. Alcuni di noi, i più fortunati, disponevano dei vetri scuri delle maschere da saldatori che provenivano dai cantieri o dall'Arsenale. Un altro sistema per non danneggiarsi gli occhi, consisteva nell'osservare il fenomeno riflesso all'interno di un catino riempito d'acqua. L’avvenimento fu considerato così importante che i direttori e i presidi delle scuole lasciarono a casa gli alunni e fu così anche per alcune attività lavorative; il nostro direttore ci aveva ordinato di rientrare alla fine della seconda ora, subito prima dell’intervallo. Una volta giunti al vecchio rustico che apparteneva alla mia famiglia, rimanemmo in attesa seduti, chi sotto il pergolato ormai spoglio, chi a cavalcioni del muro. I giornali avevano scritto che il fenomeno avrebbe avuto inizio dalla Francia; il sole si era già sollevato dalle Apuane. La brezza fresca che di prima mattina, ci aveva accompagnato per tutta la salita dalla Serra al monte Rocchetta, rapidamente si era trasformata in un soffio gelido che ti avvolgeva il corpo e l’oscurità inesorabilmente si avvicinava sopraffacendo la minuscola valle dei castagni sottostante, a grandi falcate e oscurando l'Appennino. Erano circa le 8,35 ; il cielo era diventato pesante e cupo, ma si intravedevano le stelle, e la campagna era immersa in un silenzio da brividi freddi. Lontano, solo il latrare solitario di un cane, In me, in noi, ansia, attesa, inquietudine. A quell'età, vedere attraverso il vetro il disco lunare ricoprire completamente il sole e poi tutt'intorno una corona di luce viva e sfolgorante, lasciava credere di aver visto la creazione. Poi, quando la luna veloce scivolò via dal disco solare, si sentirono chiaramente alcuni galli cantare per salutare con noi la luce che tornava e la campagna ripopolarsi dei suoi rumori consueti. (continua a pag. 4) Gli amici del Bar Jolly raimondo pagano Intorno alla metà degli anni ’50 io e altri amici coetanei frequentavamo il Bar Jolly, gestito dalla famiglia Belloni, persone affabili che lavoravano sodo. In estate quando il lavoro aumentava notevolmente arrivavano i rinforzi dall’Emilia, loro terra d’origine. Il nostro gruppo frequentava il bar grazie all’amicizia con Carlo, nostro coetaneo, cosa che ci permetteva di giocare a carte o di sedere nei tavolini esterni, pur consumando poco, viste le ridotte possibilità. In estate era il nostro luogo d’adozione, con qualche insofferenza da parte del sig.Ennio, che non vedeva di buon occhio l’occupazione di tavolini da parte di consumatori poco più che occasionali. In effetti “a se runeven e palanche per catae finarmente er famoso Arlecchino” si trattava di un affogato di dimensioni considerevoli, con una ciliegina in bella mostra sulla sommità. Era il gelato preferito in particolare da uno di noi, “che i se le deganeva” “(deganae = gustare con estrema lentezza per assaporarne il piacere). Diventati più grandi il Bar Jolly finì per diventare il nostro abituale luogo d’incontro e, vista la maggior disponibilità di denaro, anche le nostre consumazioni aumentarono. Sotto quest’ultimo profilo quando, nella gestione, entrarono Ricà e Bè (Riccardo Tamberi ed Emilio Calloni), portatori di notevole esperienza, acquisita in bar di Prima classe a bordo di navi da crociera, alla tradizionale offerta di bevande si aggiunsero aperitivi dal sapore caraibico, caipirinha, cuba libre, tequila sunrise. Soltanto io, sapendo che si sarebbe arrabbiato, ordinavo “una menta con acqua minerale” senza ottenere alcuna risposta. Allora lamentavo: “ma questo è un pubblico esercizio o no”, al che Ricà (te me manchi caro amigo) si rivolgeva a Carlo: “daghe sta menta se no a ghe tio er bicé” ! Mi piace chiudere questo breve ricordo con un aneddoto, che mi fa ancora sorridere. Mentre attraversava la strada uno degli amici venne investito di striscio da una motoretta, cadendo a terra e rimanendo lungo disteso. Preoccupati accorremmo prontamente, ma ci rendemmo conto che, tranne qualche abrasione, non doveva avere nulla di serio. Sembrava intontito e lo aiutammo a sollevarsi, facendolo sedere all’interno del locale. Lo interrogammo per accertare che fosse ben cosciente, chiedendogli insistentemente se volesse un po’ d’acqua ottenendo sempre un rifiuto “a sto ben..a sto ben”. (continua a pag. 4). AUSER-ARCA Presidente: Raffaella Coglitore Comunicato della redazione I lettori interessati, possono trovare i numeri perduti di ‘ausergiornalino’ sul sito: www.comune.lerici.sp.it FFiilloo dd’’AArrggeennttoo I numeri del Filo d’Argento Lerici sono: 0187964208 oppure 3381606952 (sevizio di trasporto per anziani autosufficienti per servizi, visite mediche, ospedaliere e ricoveri nella provincia). Il servizio sociale è a offerta libera e individuale per tutti i tesserati Auser di Lerici . Attivo dalle 9:00 alle 18:00. Per risparmiare a-L’oreficeria Morselli, sconterà del 5% sull’oro e il 10% sull’oreficeria. b-Al Ristorante Hotel del Golfo per un pranzo dall’antipasto alla frutta basteranno € 20. c-Fiori Juna di pia.zza Garibaldi, praticherà uno sconto del 10% su fiori, piante. d- Ristorante “ da Paolino” di via Gerini 40 10% di sconto su pranzo o cena e- Marco&Rino Parrucchieri- via Cavour,71 sconto del 10% . CORSI AVVIATI LINGUA INGLESE (mercoledì ore 17.00) CORSO DI FOTOGRAFIA (venerdì ore19.00 CORSO D’ INFORMATICA (lunedì ore 17.00) Per maggiori informazioni c/o Auser-Arca tel. 0187964208 + Storia della nostra P.A (2) enrico calzolari Si noti come l’ultimo punto della Regola dei Templari, scritta da San Bernardo, vietava di baciare qualsiasi donna, anche la madre la sorella, per non perdere la concentrazione verso le promesse fatte. Successivamente vi furono problemi di rappresentanza popolare all’interno delle confraternite, sorsero contrasti, rischi di eresie, rischio di opposizione al potere politico. Con Lutero e le sue tesi (1517) emerse che la salvezza avveniva per la Fede e per la Grazia, e quindi si impoverì il concetto della salvezza attraverso le opere, come spiegato nella Lettera di Giacomo, il primo vescovo di Gerusalemme. La chiesa mise sotto stretto controllo le confraternite. Ma in quel periodo, a Lerici, nasceva la “Compagnia di Sant’Erasmo fra i marinai e i padroni” (Statuto del 1629), anche se un primo documento del 1526, redatto in casa del Notaro Giovanni Maria Cartoccio, nel borgo pisano, tratta della consegna di una bombarda di bronzo ai frati agostiniani di Maralunga perché la fondessero per ricavarne una campana da suonare nelle notti burrascose, per salvare i marinai dal naufragio. Fu il Cardinal Borromeo a dare una regola comune a tutte le confraternite nel 1569, dopo che nel Concilio di Trento si deliberò il controllo sulle Confraternite (1563). Con il 1700 la chiesa mise le confraternite sotto il controllo diretto del Vescovo per le nomine dei responsabili, e finì così la rappresentatività popolare. Nel contempo vi fu l’istituzione dei cimiteri pubblici (1750) e cessò la sepoltura nelle chiese. Venne poi la Rivoluzione francese con l’Illuminismo, sorsero le prime Società di Mutuo Soccorso, e le Confraternite persero importanza. La Massoneria e il Socialismo, i movimenti della classe operaia, dettero vita ad un associazionismo non più legato alla religione. Nelle Guerre di Indipendenza vi furono molti morti e feriti, e il medico militare napoletano Ferdinando Palasciano fu il primo a curare feriti di parte avversa. Nasceva così l’idea di curare i feriti di entrambe le parti ed Henry Dunant, uno svizzero, organizzò il Volontariato della donne lombarde, da cui poi deriverà la Carta Fondamentale della Croce Rossa (1863). Va detto che nella battaglia di Solferino vi furono QUARANTAMILA FERITI! Nella bandiera della nostra associazione è rimasta memoria della iniziale fondazione della Croce Rossa, ed è l’unica a livello nazionale a chiamarsi ‘Croce-Rosso-Bianca’. Forse i primi fondatori misero nella bandiera una croce rossa, ma essendosi poi generata la confusione con il marchio internazionale, dovettero modificarla, e decisero di inserirvi anche la denominazione di croce bianca. Va detto che nel 1865 nacque a Pietrasanta la prima Società di Pubblica Assistenza, col nome di Croce Verde, differenziandosì così dalla Croce Rossa. A Lerici esisteva anche la Congregazione di Carità, che elargiva sussidi ai poveri, che ebbe anche un contributo di Mazzini da Londra nel 1863, per costruire il nuovo ospedale. E prima ancora esisteva l’Ospedale del Crocifisso, fondato nel 1619 dal sacerdote Bernardino Bibolini; questo era ubicato in Via Cavour, ove ancora si nota una bella immagine della Crocifissione. Il nuovo ospedale fu poi costruito più grande in quella che è oggi la Caserma dei Carabinieri, ed era denominato Ospedale dei Santi Pietro e Paolo. Nei paesi rivieraschi dediti alla navigazione a vela si trovano sempre gli ospedali, per curare soprattutto le malattie tropicali (lazzareti). (continua) HIDE PARK RAP (ricordando Vasco Bardi) gfs Domenica 10 gennaio si è svolta a Lerici la manifestazione HIDE PARK RAP. Nonostante il cattivo tempo che ha costretto gli organizzatori a posticipare la manifestazione che prevedeva anche la tradizionale mostra di pittura, (l’evento era previsto per sabato 9), tutto è filato liscio. Una tradizione ormai quinquennale che è bene ricordare, era stata ideata da Vasco Bardi, poeta e velista scomparso il 5 maggio del 2013. Ne fanno parte anche una serie di eventi intitolati I SABATI DEL POETA dei quali due appuntamenti da tenersi in estate, precisamente a luglio, e con la poesia dialettale in agosto contemporaneamente alla mostra di pittori provenienti dalla provincia e oltre. Ma la manifestazione, aggiunge Marco Raiti vice presidente dell’Associazione Culturale Stabilis (anche questa ideata da Vasco) e a cui terrei molto è la ‘Settimana della Cultura’. che ormai è un incontro atteso e consolidato da oltre otto anni al castello di San Terenzo nella seconda metà d’agosto. Purtroppo nel 2015 non si è potuto svolgere per questioni burocratiche. Dalla nuova amministrazione ci attendiamo la possibilità di continuare il progetto di Vasco, confida Raiti sottolineando con forza che i problemi ci sono e sono molti. Dobbiamo all’ operosità di tanti e tra questi voglio citare a nome di tutti e per la sua ‘giovinezza’ il pittore Catello Marianni, se riusciamo in qualche modo a tirare avanti con qualche soddisfazione. Certo, se ricevessimo un piccolo aiuto anche dalle autorità locali potremmo allargare le nostre prospettive coinvolgendo altre espressioni artistiche e soprattutto, affrontare con più serenità il futuro. Per finire e per la cronaca, un discreto pubblico appas- sionato e divertito, nonostante il fred do pungente ha resistito fino alla fine sotto il dehor del ristorante la Calata. E questa è una solida ragione per la quale, Raiti possa continuare in qualche modo ad arricchire il paese di eventi. Marco Raiti ****************** (Il giorno che il gallo…) segue da pag. 3 Negli anni a venire, ho capito il senso di ciò che voleva dire Archiloco, uno tra i più grandi lirici greci, quando in una sua opera, menzionando un’eclissi di sole probabilmente avvenuta il 6 aprile del 648 a.C. scriveva : “Di cose non ve n'è alcuna che non ci si possa attendere, né che si possa escludere con giuramento. né che susciti meraviglia, da quando Zeus, padre degli Olimpi di mezzogiorno fece notte, avendo nascosto la luce del sole che splendeva e un agghiacciante terrore invase gli uomini. Da allora tutte le cose diventano credibili e attendibili per gli uomini.”Il gallo aveva visto due albe e cantato due volte e io c’ero! (g.c). ****************** (Gli amici del Bar Jolli) segue da pag. 3 All’ultima nostra profferta, “te vei quarcò”; pensavamo all’acqua o a un bicchierino di liquore ma ci sentimmo rispondere: “e va ben aloa..na pasta e na bira”. Indovinate dove lo abbiamo mandato… (r.p) La curiosità è la scintilla che accende la vita. michele iozzelli