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Fabrizio Dei: turismo lento

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Fabrizio Dei: turismo lento
Opinioni sotto le righe
sergio f. giampaoli
C
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15/16 Settembre – Lago Maggiore e Lago D’Orta
€ 190
Per qualsiasi informazione contattare la sig,ra Mida (338- 4932066)
Con ogni probabilità anche questa volta, a prestare ascolto ai vari monitoraggi scientifici che sono stati pubblicati
nelle pagine dei quotidiani locali, non
ne caveremo un ragno dal buco. Il dato
certo, tra conferme e smentite, è che noi
cittadini-utenti delle spiagge, non sappiamo adeguarci alle leggi del vivere civile. E non fa certamente bene
all’immagine del paese, quello che accade di ascoltare sotto i pini (polemiche
e “mogugni”) . Un’ accurata vigilanza
agli scarichi, soprattutto quelli “abusivi”e non, si rende più che mai necessaria. In tal modo si potrebbe risolvere
preventivamente il problema che si presenta puntuale ogni estate, o almeno
contenerlo nei parametri di sicurezza.
Ma ora, parliamo d’altro. Non dimenticheremo facilmente questo agosto, che
ci ha regalato la gioia di vincere il
“Palio del golfo”, con i senior e le
splendide ragazze dell’armo femminile,
Applauditi anche nella bella puntata alla Rotonda di “Lericini nel mondo”.
Brava la Cristina, che capeggia un
gruppo molto forte, ora alla ricerca di
fondi per diventare ente culturale. Intanto ci avviamo all’ultima tappa
dell’estate lericina che terminerà domenica 14 ottobre, con il sesto Memorial Gianluca Paganini. Se il tempo regge, cito in ordine: Lerici legge il mare Mytiliade - Festival internazionale della
gastronomia riempiranno piazza Garibaldi.
Ciao, alla prossima.
N° 41 settembre 2012
responsabile sergio f. giampaoli (gfs)
hanno collaborato a questo numero:
colombo bongiovanni, gino cabano,
enrico calzolari, marco greco,
alfredo lupi (sio-cà), gabriella molli,
daniela paduano, euro puntelli
Fabrizio Dei: turismo lento
(testo raccolto da gabriella molli)
Fabrizio
Dei
Turismo lento. Due parole colme di significato lanciate martedì 17 luglio in
una affollata iniziativa serale dedicata
dall’assessore Olga Tartarini al tema
“Ritorno al territorio e impresa sostenibile” presente il sindaco Marco Caluri.
Dietro a queste due parole, un lericino:
Fabrizio Dei. Laureato in Filosofia, ha
vissuto a lungo all'estero dove ha lavorato come insegnante, maturando nel contempo esperienze culturali in diversi
campi. Sensibile osservatore dei costumi
e attento ai temi ambientali, eccolo presente a Lerici, (dove ora è ritornato a vivere) fra i fondatori del neonato Gas Lerici-Piazza.
D. Cosa intendi per "turismo lento"?
R. "Turismo lento" è una definizione entrata nel linguaggio corrente ed esprime
un insieme di comportamenti che si ispirano al criterio della "sostenibilità" e del
rispetto verso l'ambiente. Il "turista lento" è contemporaneamente fruitore e osservatore attento, guarda e si interroga,
apprezza il paesaggio, il mare, la "biodiversità" (anche in cucina!), frequenta
spiagge e sentieri, ma vuole anche capire, ha una curiosità culturale nel senso
più ampio del termine ed è portatore di
una rinnovata sensibilità verso l'ambiente.
D. Proviamo a definire il "turista lento"?
R. In cinque punti, ecco il "turista lento".
1. Osserva l'insieme e i dettagli, sa di
muoversi in mezzo a una quantità
innumerevole di forme di vita, di
organismi che non gli appartengono e
che deve rispettare.
2. Riconosce nella natura la propria
storia evolutiva, capisce che la natura
è un "sistema" e sente di farne parte.
3. Osserva le testimonianze del lavoro
umano, distingue fra l'antropico e il
naturale e vuol capire come, nelle
diverse epoche, si è costruito questo
rapporto.
4. Vede nel lavoro umano la storia di
un luogo e si interessa ai fatti accaduti,
antichi e recenti.
5. Riconosce alle generazioni future lo
stesso suo diritto a vivere in un
ambiente integro e riconoscibile, non
alterato da interventi violenti e non
impoverito nelle sue forme di vita. Il
"turista lento" conosce i propri doveri.
D. Quali riflessi porterebbe nel territorio di Lerici il "turismo lento"?
R. La protezione dell'ambiente funziona se diventa una risorsa economica.
La filosofia del "turismo lento" va sostenuta con progetti adeguati. Il repertorio è vasto e sperimentato.
D. Puoi fare qualche esempio?
R. Pensiamo al parco di Montemarcello, che può diventare un volano per
l'economia locale. Intanto si può intervenire sui percorsi. Percorsi attrezzati
con spazi per pittori e fotografi; percorsi per trecking, free climbing o per
lo studio della biodiversità; percorsisalute con gradi diversi di difficoltà e
accorgimenti ergonomici per chi ne ha
bisogno; una "passeggiata zen" per la
meditazione; un percorso per nonvedenti in cui si utilizzano pavimentazioni, materiali, vegetazione e sculture
tattili poste con una cadenza ritmica
(in giro per l'Europa se ne fanno di
splendidi, vere opere d'arte, ricche di
dettagli raffinati e sorprendenti). Si
possono attrezzare superfici per la lettura all'aperto o per il birdwatching.
Questi interventi convivono con la
manutenzione degli uliveti e con il ricupero della "biodiversità". Temi, a
Lerici, di attualità. L'importante è mettere insieme la tutela del territorio con
l'impresa e l'occupazione e lavorare
con la fantasia e la curiosità.
Appendice
L’olio extravergine
(racconto lungo n°25)
enrico calzolari
Scendiamo le rampe di
Fosdinovo che il sole è
calato da un pezzo. Fino
al bivio che indica la via
Aurelia neanche una parola, solo la radio racconta qualcosa su una
stazione mal posizionata.
Non ho voglia di tornare
alla pensione, dice Luigi.
Neppure io di tornare a
casa, rispondo spegnendola. Mi bastano pochi
minuti per invertire la
marcia e fare rotta per
Marinella. Un lungo
viale illuminato, quasi
privo di traffico, ci porta
velocemente verso le
spiagge. Siamo arrivati.
E’ una serata dolcissima.
Il tempo di toglierci le
scarpe e via di corsa a
piedi nudi sulla rena,
verso il bagnasciuga.
Tutto intorno è calma
piatta. Neppure una bava
di vento increspa la superficie del mare. Si sente solo il monotono borbottio della risacca che
ricopre le nostre impronte dietro di noi. Passeggiamo e parliamo del
niente. Poi improvvisamente il discorso scende
a volo radente sul nostro
passato. Risalendo i ricordi inevitabilmente
s’incontrano le facce e i
nomi di chi ha contribuito a comporre una storia
che un po’ ci accomuna.
Ci sembra di udire il fragore dei giochi, le voci
delle mamme e gli odori
di minestre calde che si
spandono dalle finestre
aperte sull’aia. E’ un infinito rosario che si
sgrana tra emozioni e
rimpianti. Ci siamo noi,
ci siamo tutti, i vivi e i
morti. E ancora ci portiamo addosso quel certo profumo che non va
più via. In silenzio, torniamo alla macchina.
Nel cielo, una splendida
luna tra rare nubi illumina le Apuane.
di gfs
(continua)
Periodicamente qualcuno
manifesta un grido di dolore sullo stato di abbandono
di Barbazano. Questo dolore è ancora più grande per
chi conosce tutto, o quasi
tutto, sull'oliveto medioevale e sul suo olio. Un antico proverbio recitava, in
termini di eccellenze gastronomiche, "olio di Barbazano, formaggio di
Compiano e vino delle
Cinque Terre". Il formaggio di Compiano, paese che
è al di là del passo di Cento
Croci verso il Parmense,
altro non era che il formaggio attuale "grana padano", stagionato dal vento
di mare che, perduta l'umidità, scendeva a valle riscaldandosi. L'olio di Barbazano era già celebre
quando la verrucola fortificata era possedimento pisano e questo prodotto di
grande qualità "extravergine" veniva usato per
scambi commerciali con
i Saraceni (1222).
Ancora più tardi, dopo la
Battaglia della Meloria
(1284) i Genovesi, nuovi
padroni di queste terre, cedevano ai mercanti arabi
olio di Barbazano in cambio di "zucaro de Babilonia" (1222) e di "zucaro de
Cipro" (1301). Il poeta Petrarca, che transitava per
Lerici quando si recava ad
Avignone (aveva avuto
come compagno degli
studi in seminario un discendente della famiglia
Sceptem di Trebiano, che
poi divenne cardinale di
Genova) decantò due volte
nei suoi scritti l'olio extravergine di Barbazano:
"ei vien recandoti un picciol vaso del più molle di
tutti i liquori, vo' dire olio,
che spontaneo e vergine,
come dicono stillò, senza
che mano il premesse, dalle olive de' nostri colli, ove
direi che, lasciata Atene,
fosse venuta abitare la trovatrice dell'olio Minerva
se, già è tempo, ne miei libri dell'Africa a Porto Venere e a Lerici sulla riviera
di Genova non l’avessi
collocata (lettera del 23
aprile 1347 scritta da Valchiusa).
Anche lo scrittore David
Herbert Lawrence ha descritto l'oliveto di Barbazano: "non hai idea di
quanto siano belli gli ulivi,
così grigi, così delicatamente tristi; fanno continuamente pensare al Nuovo Testamento. Quando
mi reco a Telaro per la posta, mi aspetto ogni volta
di incontrare Gesù che discorre con i propri discepoli, mentre passeggia a
mezza costa sopra il mare,
sotto gli alberi grigi e luminosi" (lettera del 18 dicembre 1913 a Will E.
Hopkin). E dire che per un
certo periodo signore di
Barbazano e Portesone era stato Branca Doria, personaggio entrato nella Divina Commedia.
E che dire circa i contratti
agrari di Portesone, che furono studiati anche da accademici di storia dell'economia dell'Unione Sovietica, per comparare i
valori dell'affitto in natura
con i successivi contratti
di affitto in moneta?
Con simili testimonianze,
amministratori locali e regionali capaci di valorizzare il loro territorio, avrebbero saputo ottenere fondi
europei per creare attorno
a Barbazano un parco letterario polivalente, acquistandolo dai privati che
non lo utilizzano.
Il Castello del Poggio
(appunti di C. Bongiovanni)
Un primo modesto Castello sorge sul poggio prima
del 1174 (v. Pace 1-31174). L’attuale è posteriore al 1241 (per alcuni al
1223), iniziato dai Pisani.
Genova lo completa dopo
il 1256.
In seguito viene ripetutamente consolidato e ristrutturato.
Gli ultimi imponenti lavori
risalgono al 1555 e sono
attuati dall’Officio di San
Giorgio.
Sorto come bastione difensivo, diviene nel sec.xv un
carcere per personaggi di
rilievo.
90 anni fa lo scoppio di Falconara
alfredo lupi (sio-cà)
Il 28 settembre 1922 (ore 02.52). Mentre sta infuriando un temporale con fulmini e tuoni, si sente un boato tremendo, la collina di Falconara esplode come
fosse un vulcano spento da anni che si
risveglia tutto d’un colpo. Una pioggia
di detriti e sassi di ogni dimensione si
riversa sulle case di San Terenzo cogliendo i suoi abitanti nel sonno. Quando giorni dopo si raccolgono i morti in
chiesa e all’albergo Nettuno (le uniche
costruzioni ancora in piedi) si contano
144 cadaveri. Ma a questo numero andranno aggiunti i morti qualche giorno
dopo negli ospedali di La Spezia, Sarzana e Pontremoli. I feriti non vennero
mai conteggiati, ma furono senz’altro
più di 800, molti dei quali sopravvissero
con invalidità permanenti. Il paese contava allora circa 2400 abitanti. quindi si
può facilmente supporre che ogni famiglia ebbe un lutto o un ferito.Cosa era
successo? La batteria di Falconara, costruita nel 1877, con i suoi 18 cannoni
aveva il compito di proteggere il tratto
di mare da Lerici alla diga foranea da
eventuali attacchi di navi nemiche. Alla
fine della prima guerra mondiale era stata trasformata in una polveriera e quella
fatidica notte saltò in aria con tutte le
sue 1500 tonnellate di esplosivo e munizioni. La causa fu subito attribuita a un
fulmine e anche la successiva inchiesta
governativa confermò questa ipotesi.
Ma i nostri nonni non furono mai pienamente convinti da
questa troppo facile spiegazione e costruirono fantasiose storie attorno a un
probabile sabotaggio.
Trionfo lericino
Abbiamo atteso ben 26 anni per tornare a
vincere il Palio del golfo. Ma questa volta,
con due “poker d’ assi”, abbiamo fatto saltare il banco. Grazie ragazzi.
Senior: G.Liberatore, A. Aluisini, F. Scantamburlo, F.Sassi, F. La valle (timoniere)
Armo femminile: C. Lazzoni, S. Pintus, T.
Marone, S. Galletti, S. Eva Di Cicco (timoniere). All. Paolo Lavalle
Due parole dopo l’aperitivo d’autore
con Colombo Bongiovanni
di gmolli
Perchè due parole su questo lericino
doc? Che titolo ho per parlare di un
mito come lui? Perché anche se sono
considerata una lericina non-doc perchè nata ad Aulla, sono una lunigianese-doc che crede nei miti. Bongiovanni
per Lerici è un mito perchè ha fatto
un’azione di scavo non solo dal punto
storico, ma anche dal punto di vista
antropologico, entrando in quella
spessa cortina di micro-eventi che gli
storici non sempre indagano. E lo ha
fatto da uomo di fede nell’uomo, soprattutto con spirito laico. Insomma
da cattolico che non disdegna la cultura laica. L’ho individuato subito,
appena arrivata a Lerici ormai sessantadue anni fa, come un personaggio da tener d’occhio. Come diceva il
professor Lotti in prima magistrale, ho
maturato una mia “lente” speciale su
fatti-cose-persone, che mi ha condotta
negli ultimi venticinque anni sulla via
del giornalismo. Ebbene con questa
lente ho “sempre” osservato Colombo
Bongiovanni da lontano, ma “sempre”
attenta a catturare una sua iniziativa,
un suo giudizio, perchè “sempre” circostanziati e focalizzati su una Lerici
da amare di più e, conseguentemente,
da conoscere di più.
Questo ha fatto nel tempo “il professore”, che poi ho scoperto “professore” non è mai stato in termini legali,
ma docente virtuale, che ha insegnato
canto gregoriano e portato avanti un
lungo lavoro di ricerca. E quando ha
cominciato ad avvicinarmi (il primo
passo lo ha fatto lui) mi sono sentita
molto fiera: nonostante tanti mi avessero detto più volte che non ero una
lericina doc, lui mi ha considerata una
pari. Ho capito allora che aveva esplorato le mie ricerche e creduto al
mio amore per questo territorio. Perchè di amore per Lerici si tratta ogniqualvolta si cerca la sua storia, si
analizzano i suoi costumi e anche i
suoi piatti. Quando Colombo Bongiovanni ha scritto il suo importante vocabolario del dialetto lericino, ha regalato alla comunità un pezzo della
sua vita e di questo amore. E io ho voluto dirglielo in una lettera aperta, riportata nel suo dizionario-sintesi di
lericinità da tenere nel cassetto.
All’aperitivo d’autore del Bar Perla,
dedicato a Bongiovanni, oltre
all’assessore alla cultura Olga Tartarini che ha fortemente voluto questi
incontri estivi, c’erano tanti lericini e
tanti turisti, catturati dal personaggio.
E la bibliotecaria Carla Giunchi ha
distribuito un piccolo quadro sintetico
della storia di Lerici, coniato per
l’occasione
da
Bongiovanni.
L’ennesimo regalo ai lericini.
Rubrica del benessere
dott. d daniela paduano
AUSER-ARCA
PPrreessiiddeennttee:: O
Ovviiddiioo IIoozzzzeellllii
(naturopata)
Il cartellone della musica
Altri nutrienti fondamentali e di cui spesso si
va in carenza seguendo un’alimentazione
non equilibrata e poco varia sono: LE VITAMINE. Il loro fabbisogno è variabile, ma
sempre comunque di piccolissime quantità.
Poiché l’organismo umano non può sintetizzarle, devono necessariamente essere introdotte con gli alimenti. Una dieta variata,
che comprenda alimenti freschi e poco
manipolati garantiscono un adeguato apporto vitaminico. La cottura prolungata e la
conservazione possono provocare perdite totali o parziali di questi principi nutritivi. Le
principali fonti vitaminiche sono tutta la
verdura e la frutta fresca, cereali integrali
e biologici (farro, kamut, riso, orzo, miglio,
avena, segale, mais, amaranto, grano saraceno, quinoa), legumi, uova, carni, i Latticini.
I Minerali
I sali minerali, come le vitamine, svolgono
funzione regolatrice sulle funzioni biologiche cellulari; sono introdotti con gli alimenti
e una loro carenza può determinare malattie.
I sali minerali più importanti sono:
- Calcio, Fosforo, Magnesio, Ferro. Il calcio si trova prevalentemente nei semi di sesamo, nei semi di girasole, nei semi di zucca, nella salvia, nella rucola e in tantissimi
altri alimenti, oltre che nel latte e nei suoi
derivati; il fosforo è presente in moltissimi
alimenti, in particolare nella frutta secca e
nei formaggi; il magnesio è contenuto specialmente nelle verdure (bietole, spinaci,
cavolfiori). Il ferro: si trova in tutti i vegetali verdi, nei legumi (in particolare lenticchie e ceci), nella frutta secca, oltre che
nelle carni, nel fegato, nel tuorlo d’uovo. A
questo punto un’alimentazione equilibrata
e variata garantisce in genere un sufficiente
apporto di sali minerali.Abbiamo visto quante volte “frutta e verdura fresca, secca o di
stagione” rappresentano la maggiore fonte
di minerali e vitamine, fondamentali per il
buon funzionamento dell’intero organismo.
Quindi: frutta, verdura cruda e cotta, frutta
e semi oleosi non manchino mai sulla nostra tavola!E per ultimo, ma non meno importante…beviamo
più
acqua!!
Anche se negli anni d’argento la voglia di
bere può diminuire, non bisogna dimenticare
che siamo fatti prevalentemente di acqua:
due terzi del nostro corpo sono costituiti da
acqua, l'acqua è all'interno e all'esterno delle
nostre cellule e quasi tutte le reazioni chimiche e biologiche dell'organismo avvengono
in soluzioni acquose. Diviene intuitivo che
non si possa stare bene se non siamo sufficientemente idratati. Quindi…beviamo almeno 1 - 1,5 litri di acqua al giorno, che
corrispondono a 4-6 bicchieroni!
(terza e ultima parte)
Arrivederci
a
ottobre
FFiilloo dd’’AArrggeennttoo
I numeri del Filo d’Argento Lerici
sono:
0187964208
oppure
347.3092994 (sevizio di trasporto
per anziani autosufficienti per servizi, visite mediche, ospedaliere e
ricoveri nella provincia). Il servizio
sociale è a offerta libera e individuale per tutti i tesserati Auser di Lerici
.
Attivo dalle 9:00 alle 18:00.
Per risparmiare
a-Il cinema Astoria, prevede lo sconto
di € 2 sul prezzo del biglietto.
b-L’oreficeria Morselli, sconterà del 5%
sull’oro e il 10% sull’oreficeria.
c-Al Ristorante Hotel del Golfo per un
pranzo dall’antipasto alla frutta basteranno € 20.
d-Fiori Juna di pia.zza Garibaldi, praticherà uno sconto del 10% su fiori,
piante.
e-Ristorante “ da Paolino” di via Gerini 40
10% di sconto su pranzo o cena
f-Marco&Rino Parrucchieri- via Cavour,71
sconto del 10% .
Corso di lingua inglese
Corso di fotografia
Corso di computer
Riprenderanno in autunno
Per maggiore informazione
c/o Auser-Arca
Tel. 0187-964208
Un maestro di un’Arte perduta
I segni del territorio
+0
di euro puntelli
marco greco
gino cabano
+-La xilografia è l’arte di incidere con il
bulino su tavolette di legno duro.
Un delicato lavoro di intaglio di un
negativo per evidenziare i neri a rilievo e ottenere i bianchi. Il risultato si
ottiene inchiostrando opportunamente
la matrice sulla quale si stende carta
umida che si pressa a mano o con torchio. Giovanni Mardersteig delle Officine Grafiche Bodoni di Verona, scriveva a Leonardo Farina:“La Piccola
Passione del Dürer, da Lei stupendamente reincisa, fu pubblicata in Germania, in un edizione di oltre centomila copie; io sono comunque entusiasta
del suo lavoro che avrei piacere di ristampare la Piccola Passione in una
edizione molto limitata, in torchio a
mano, su carta bagnata. La prego d
farmi sapere a quale indirizzo debbo
mandare il suo esemplare dei legni
stampati, è molto prezioso e non voglio correre il rischio che vada perduto. L’avevo con me a Londra per confrontarlo con il migliore esemplare di
prova esistente, e posso assicurarLe
che la stampa da me eseguita sarebbe
almeno all’altezza di quella prova, ed
in alcuni soggetti addirittura la supererebbe.” Nascono così i137 pregevoli
esemplari numerati, contenenti le 37
tavole düreriane, proprio come le avrebbe rifatte il Grande Maestro di
Norimberga. Siamo nel 1971,e il maestro Farina autorizza la stampa limitata, proprio come la prima edizione che
risale al 1511. Un’opera grandiosa,
che come l’originale, a fronte delle
stampe, raccoglie le 36 poesie in latino
del frate benedettino Benedictus Chelidonio, appositamente commissionate
dal Dürer, per illustrare le scene della
Piccola Passione. Ora si trova nel museo di Norimberga.
Leonardo Farina, perché è di lui che
stiamo scrivendo, nasce a Marcaria, un
piccolo paese di Ospitaletto, nel mantovano, il 4 Aprile del 1905 e con la
famiglia si trasferisce a Milano. Farina
è Mantovano di origine, vissuto a Milano ma di adozione lericina. Nel capoluogo lombardo, la vita non è facile,
ma dopo una serie di umili mestieri, il
giovane, incline al disegno, trova lavoro come garzone di bottega presso uno
studio d’incisione. Contemporaneamente frequenta l’Accademia di Brera
dove si perfeziona nel disegno. Con le
capacità acquisite, in proprio, si dedica
all’incisione industriale, dove per lui,
nulla sembra impossibile da incidere.
Nel 1961 abbandona il lavoro, Milano,
e preso dalla passione della sua arte,
sceglie la Liguria per dedicarsi esclusivamente alla xilografia.
Leonardo Farina
(autoritratto)
Il piccolo “Stelvio”
Una chiesa, un castello, una villa sono
spesso detti ‘monumentali’ perchè costituiscono un monumento storico artistico
di enorme pregio e perché custodiscono
una certa“Ilquantità
beni mobili
Pertuso” di
di Arnold
Böcklinartistici
e architettonici
lo rendono
tale. Tutti
(incontro che
di Ulisse
con Calipso)
“Il Pertuso”
di Arnold Böcklin
gli elementi
architettonici,
per esempio
di Ulisse
con Calipso)
quelli di(incontro
un castello,
hanno
nome precisi
che vengono da molto lontano e che li
identificano precisamente. Saperne qualcuno può aiutarci a ‘leggere’ tra le mura
di un castello la sua tormentata storia.
Andiamo ora a elencare un piccolo e utile dizionario del medioevo:
“BERTESCA”. Dal latino medievale
‘brittisca’ Una chiesa, un castello, una
villa sono spesso detti ‘monumentali’
perchè costituiscono un monumento storico artistico di enorme pregio e perché
custodiscono una certa quantità di beni
mobili artistici e architettonici che lo
rendono tale. Tutti gli elementi architettonici, per esempio quelli di un castello,
hanno nome precisi che vengono da molto lontano e che, probabilmente da ‘brittus’ (bretone). Opera leggera in legno o
muratura detta anche ‘garitta’, fatta a
torretta, costruita a piombo o sporgente
da un muro fortificato, per migliorare le
funzioni di guardia, di avvistamento e di
offesa dell’assediante.
Con lo stesso nome si usò anticamente
chiamare anche la ‘ventiera o mantelletta’, cioè un pannello di legno ruotante su
un pezzo orizzontale, collocato fra merlo
e merlo che serviva per proteggere il tiratore. “CADITORIA” (o Piombatoia).
E’ un vano con un buco sul pavimento
posto tra i beccatelli o sul lato inferiore
della bertesca per bersagliare a piombo
con pietre, pece, acqua bollente
l’assediante che iniziava la scalata alle
mura e che cercava di forzare la porta.
“MARCAPIANO”. Cordolo che si osserva sulla muratura esterna. A volte è
posto in corrispondenza di un piano di
calpestio interno, in altri casi delimita
due differenti tecniche di costruzione.
“ARCHETTI PENSILI”. Elementi perlopiù decorativi. Alternati a face aggettanti, possono essere utilizzati anche con
funzione strutturale sulla parte terminale
di una torre o di una cortina muraria. In
questo modo si poteva creare una struttura ‘a sporgere’ che oltre ad essere decorativa, era anche funzionale all’offesa
tramite tiri laterali e piombo.
“BECCATELLI”. Mensola sporgente in
mattoni o pietra che sostiene piccole
strutture ad archi (vedi sopra) o il parapetto sul quale poggia, nei castelli e nelle
rocche, la merlatura aggettante.
Di recente, grazie alla passione di un
gruppo di amanti della mountain-byke,
nella collina dei Branzi è stato ripulito
un vecchio sentiero militare che, per la
sua conformazione a tornanti potrebbe
essere paragonato a un piccolo Stelvio.
Al termine del tratto cementato
della salita che, costeggiando il canale
di Redarca, dalla strada per la Rocchetta
conduce alla villa del Fodo, appena sulla
sinistra nascono due sentieri. Il secondo,
più diretto e segnalato come 467, si inserisce nel Percorso della Resistenza e
sbocca di fronte alle casette della Gruzza
dei Branzi. Il primo, quello che ci interessa, inizia leggermente più in basso e,
con il tornante iniziale, si inoltra in un
fitto bosco di lecci che, fino a pochi anni
fa, era reso impenetrabile da una barriera di fusti di erica ai quali la crescita degli alberi circostanti aveva tolto prima la
luce e poi la vita. Dopo un’ottantina di
metri, il cammino si apre in un taglio di
bosco di servizio alla linea elettrica ma,
ben presto, si rientra nel folto per compiere la prima svolta. A valle del secondo tornante compaiono i primi muretti a
secco che ci rivelano, insieme alla conformazione, l’origi- naria funzione di
mulattiera del nostro percorso al servizio
della guarnigione di stanza alla batteria
dei Monti Branzi. La seconda svolta avviene proprio al limite del taglio e qui si
dovrà fare attenzione a non proseguire
diritti su una traccia prospiciente di sentiero che si perde ben presto nella boscaglia. Negli ultimi due tornanti la presenza di pini marittimi rende, se possibile, ancora più folta la vegetazione al
punto che la luce del sole non riesce a
penetrare fra le chiome neppure a mezzodì rendendo il cammino buio e silenzioso come nelle più compatte abetine.
Finalmente, quasi al termine del percorso, si sbocca in una radura: alla nostra
sinistra si può osservare l’antico lavatoio
della truppa, mentre, poco più in là sulla
destra una pietra miliare completata ma
mai messa in posa documenta
l’improvviso abbandono del sito. Pochi
passi e rientriamo nello sterrato per i
Monti Branzi: una zona caratterizzata da
una notevole fioritura primaverile di cisti e di ginestre. A questo punto si può
scendere sino alle casette della Gruzza,
ma è consigliabile salire sulla sinistra i
duecento metri che ci separano dalla cima del monte per osservare i resti della
batteria ed ammirare lo splendido panorama del golfo.
Pensieri & parole
Una celebrazione che manca e
potrebbe sostituire tutte le altre
quella “Nazionale della Cultura”.
michele iozzelli
(continua)
(continua)
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