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I Partiti Politici Europei Riflessioni sulla situazione

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I Partiti Politici Europei Riflessioni sulla situazione
I Partiti Politici Europei
Riflessioni sulla situazione politica dell’Unione
Per affrontare il tema dei partiti politici europei potrebbe essere utile partire dalla
metafora che Steve Wolinetz ha qualche tempo fa evocato a questo proposito: la
storia di Sherlock Holmes e del cane che non abbaia mai di notte. Tale analogia
suggerisce che, sino ad oggi, è stata l'assenza e non la presenza di veri partiti
“europeisti” ad essere significativa; e suggerisce altresì che è proprio studiando tale
assenza che si possono dischiudere alcuni “misteri” sull'UE e sul processo di
integrazione.
E' ancora valido oggi questo giudizio? In parte si. Ancora oggi i veri partiti radicati
nella società sono i partiti nazionali, che controllano direttamente i processi di
selezione e di nomina nei gruppi e nei partiti politici europei. Non da ultimo, essi
controllano anche molti processi e molte scelte all’interno degli stessi gruppi del PE,
sia per quanto riguarda gli incarichi che l’elaborazione delle politiche.
Questa assenza è pertanto attribuibile, in larghissima parte, ad un’eccessiva
presenza europea dei partii politici nazionali. Ma se è così, allora è evidente che
l’assenza dei partiti politici europei dall’arena politica nazionale è un problema di
offerta e non di domanda. Non è cioè un problema legato a ciò che gli elettori
vogliono, ma a ciò che viene loro offerto.
Ne discende una conclusione importante: per un’Europa più democratica occorre
cambiare l’offerta politica. E’ possibile prevedere un simile sviluppo nell’Europa di
oggi? Il contesto istituzionale odierno offre qualche indicazione:
1) La costituzionalizzazione dei partiti politici europei è ormai una realtà: da
Maastricht ad oggi, la vita democratica dell’UE ha completato un percorso
importante.
2) Inoltre, lo statuto dei partiti politici europei delinea un’importante distinzione di
ruoli tra i gruppi ed i partiti, anche riguardo alle risorse, anche se molto ridotte
per i secondi.
3) La società civile si sta rafforzando. Ma contrariamente ai giudizi affrettati che
se ne danno, questo è un’occasione importante e feconda per i partiti
europei! Non si può continuare a pensare che le crescenti spinte delle
istituzioni europee verso la società civile attraverso il richiamo al dialogo alla
partecipazione - sia che esse provengano dalla Commissione (Libro Bianco
sulla Governance), dal Consiglio (Dichiarazione di Laeken) o dalla
Convenzione / CIG (codificazione del ruolo della società civile) - siano
d’ostacolo alla crescita dei partiti politici europei. Al contrario, sono processi
1
4) paralleli, talmente legati ed interdipendenti che gli stessi partiti politici europei
devono spingersi molto di più verso la società civile. Il Partito Democratico
Europeo, ad esempio, l’ha capito ed ha previsto la possibilità di adesione
diretta di cittadini/e, associazioni ed organizzazioni. In generale, sarebbe
opportuno che i partiti vedessero in maniera positiva, anziché in modo
preoccupato, i vari fenomeni associativi.
5) La situazione politica europea ci offre uno scenario controverso, con le
famiglie politiche attuali che manifestano sempre di più segni di
inadeguatezza. Le incoerenze all’interno di PSE e PPE, soprattutto sulla
dimensione politica dell’Europa, abbondano ed aumentano. Questa
incertezza programmatica si riflette anche in una sorta di “chiusura” verso
l’esterno: si consideri con quanta riluttanza questi gruppi guardano alla
possibilità di “cedere sovranità” ai partiti politici europei.
Tra l’altro, non sfugge ormai più a nessun osservatore che gli schieramenti
attuali in Europa sono in larga parte superati e, comunque, non
rappresentano più le grandi tendenze del nostro tempo. La contrapposizione
Socialisti / Democristiani è ormai obsoleta e nuove vocazioni si delineano:
entrambi il PPE ed il PSE hanno perso la propria carica europeista e sono
ambigui sul progetto politico europeo. La nuova frattura sembra essere tra
riformisti e conservatori, declinata però in chiave europea e quindi tra
europeisti ed euroscettici.
In questo contesto, sono concepibili tre tipologie di partiti europei, riassumibili in tre
scenari del tutto realistici:
1. Partiti europei come cassa di risonanza per leader nazionali.
2. Partiti europei come rete che apporta un valore aggiunto ai partiti politici
nazionali nella misura e nei limiti in cui questi ultimi decidono di avvalersene.
3. Partiti europei come veicoli e motori per la creazione di un “demos” europeo,
basato sul modello dei partiti di massa. Partiti, cioè, che presentano propri
candidati e ricevono l’adesione diretta di cittadini ed associazioni.
Quest’ultimo è il modello ideale del PDE.
Ciò che distingue il dispotismo illuminato dalle democrazie sono proprio i partiti
politici e la loro competizione politica. La competizione politica è stata essenziale
per la democratizzazione degli Stati Uniti d’America e per le democratizzazioni
europee. Possono permanere divergenze sui tempi e sulle modalità di questo
sviluppo, ma i partiti politici europei sono imprescindibili per il materializzarsi di una
“identità” europea. Sussistono senza dubbio problemi significativi in questo senso. Per
alcuni, si propongono di seguito possibili vie d’uscita:
1. Le elezioni europee, rispetto al loro decorso passato, devono concentrarsi
sempre più su temi europei quali politica economica, sicurezza, ruolo UE nel
mondo e sfide della società multietnica.
2
2. In Italia va anche risolto il problema ulteriore di una distanza cronica ed
eccessiva tra elettori ed eletti. Una riflessione sul sistema elettorale dovrebbe
essere dedicata a questo problema specifico e portare, ottimisticamente già
per le prossime elezioni, ad un nuovo meccanismo.
3. I mass media dedicano un’attenzione
opportunistica alle vicende europee.
sporadica,
superficiale
ed
4. I partiti politici europei potrebbero avere un ruolo specifico nel risolvere un
problema risalente: dare finalmente un contenuto politico alle elezioni
europee. Se è vero che a livello nazionale si vota (spesso) per un Primo
Ministro, a livello europeo questo non è ancora mai accaduto. Tuttavia,
grazie al Trattato di Nizza ed alla Costituzione Europea, non c’è più motivo
perché questo non accada in futuro: i partiti politici europei potrebbero infatti
presentare propri candidati alla Presidenza della Commissione.
5. Nel Parlamento Europeo c’è un’applicazione eccessiva del principio
proporzionale (metodo d’Hondt). Nell’assegnazione degli incarichi di
responsabilità si dovrebbero attribuire i 2/3 a chi vince. Non si suggerisce il
passaggio ad un sistema maggioritario puro, ma ad un sistema che valorizzi la
maggioranza in seno al Parlamento.
6. La procedura di codecisione andrebbe perfezionata e resa più coerente col
principio maggioritario. Invece di prevedere alla seconda lettura una
maggioranza assoluta dei membri del Parlamento, si dovrebbe omologare
questo passaggio alla prima ed alla terza lettura, in cui si richiede la
maggioranza semplice.
7. Deve prevedersi, secondo modalità ben precise e circoscritte, la possibilità di
procedere allo scioglimento del Parlamento Europeo, nel quadro di un’azione
di responsabilizzazione dello stesso già incoraggiata dalla Commissione Prodi.
Via Boncompagni, 93
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