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Bassi tassi diventati un droga
PRIMO PIANO Sabato 30 Gennaio 2016 13 Si accrescono i dubbi sulla idoneità delle politiche della Fed e delle banche centrali Bassi tassi diventati un droga Di cui il sistema finanziario non può più fare a meno DI MARIO LETTIERI* E PAOLO RAIMONDI** E merge sempre più chiaramente che, per far fronte agli effetti della grande crisi finanziaria globale, il metodo e le politiche della Federal Reserve e delle altre banche centrali non funzionano. Noi lo abbiamo, in verità, sostenuto da sempre. Ora non siamo soli. Adesso anche gli economisti della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, che coordina tutte le banche centrali, lo affermano. La Fed e le altre , in primis la Bce, hanno affrontato il fenomeno delle tre B, la bassa crescita, la bassa inflazione e i bassi tassi di interesse, con una politica monetaria espansiva. Hanno enfatizzato gli aspetti ciclici della domanda ritenendo le prolungate politiche di Quantitative easing atte a far crescere la domanda e i consumi riattivando un certo dinamismo economico. In realtà tale approccio ci sembra semplicistico e di breve respiro. Ciò, purtroppo, ha indotto anche a minimizzare l’importanza dei problemi di bilancio e della necessità di una corretta allocazione delle risorse. Questi sono i veri impedimenti alla crescita, i fattori che operano lentamente ma i cui effetti si accumulano nel tempo. Infatti una «recessione patrimoniale» o dei saldi di bilancio (balance sheet recession) si verifica quando imprese altamente indebitate tagliano gli investimenti e le attività per abbattere i livelli del loro debito. Solitamente ciò coincide con la diminuzione permanente delle produzioni e con una ripresa molto debole. Simili processi, che si generano dopo lo scoppio della bolla finanziaria, nascondono anche il fatto che già prima della crisi la crescita economica non era di fatto sostenibile. La crisi del settore immobiliare, che ha vissuto una crescita spasmodica, ne è un esempio. Inoltre nel periodo precedente lo scoppio della crisi si era avuto una grande espansione del credito e di altri strumenti finanziari che hanno indotto una erronea allocazione delle risorse a danno della crescita economica. Si consideri che, ad esempio, molta forza lavoro è stata assorbita dal settore delle costruzioni che ha una produttività più bassa della media. Perciò in una «recessione patrimoniale» la domanda debole non è il solo problema e la cura monetaria non può essere l’unica risposta. La questione più importante era e rimane la necessità di risistemare i bilanci ed operare delle riforme strutturali per facilitare una migliore allocazione delle risorse e sostenere la ripresa degli investimenti reali. CARTA CANTA Livio Bergonzi prende in mano il gruppo Toto DI ANDREA GIACOBINO V alentina e Paolo Toto, figli dell’imprenditore Carlo, fanno un passo indietro nella gestione della holding di famiglia e richiamano in servizio un manager che aveva già lavorato per il gruppo di Chieti. Qualche settimana fa, infatti, si è riunita l’assemblea di Toto Holding, presieduta da Paolo e nel cui board figurano Valentina e papà Carlo oltre a Lelio Scopa: Paolo e Valentina avevano fin qui anche ripartite fra loro le deleghe di gestione. Da 4 amministratori, spiega Paolo nel verbale d’assemblea, si è deciso di passare a 5 per «cogliere l’occasione di poter coinvolgere nella gestione una figura manageriale di spessore, di fiducia per la proprietà e di comprovata esperienza». È così entrato nel board Livio Bergonzi, già direttore generale di Air One e di Toto Costruzioni. Subito dopo, l’assemblea il nuovo consiglio allargato ha visto Paolo e Valentina rimettere le rispettive deleghe che avevano assunto nel giugno scorso. A Bergonzi sono state Sul fronte dei bilanci, purtroppo, si è accentuato la crescita del debito. E non solo quello dei governi per sostenere le varie operazioni di salvataggio e i cosiddetti stimoli economici. Grazie anche ai bassi tassi di interesse la Fed ha permesso una crescita spettacolare dei crediti in dollari concessi quindi date ampie deleghe di gestione in quanto nuovo amministratore delegato. Il manager era entrato a far parte del gruppo Toto nel 2003, dopo aver operato sino al 1989 nel gruppo Fiat, prima in Impresit e poi in Fiat Impresit nella finanza centralizzata. Dal 1990 al 2001 ha ricoperto la carica di direttore centrale amministrazione e controllo del gruppo Impregilo, di cui è poi stato presidente e amministratore delegato e per conto di Impregilo è stato membro del board di Aeroporti di Roma. Fin.Priv. (1,65% di Mediobanca) distribuisce 3,6 mln di dividendo Buone soddisfazioni di fine anno per i sei grandi soci di Fin.Priv., la finanziaria che detiene l’1,65% di Mediobanca e che è presente nel patto di sindacato dell’istituto. Qualche giorno prima della fine dello scorso anno, infatti, l’assemblea della società, presieduta dall’amministratore unico Franco Zambon, ha deciso di negli Usa e nel resto del mondo, soprattutto nelle economie emergenti. Infatti i prestiti in dollari detenuti da imprese economiche non bancarie fuori degli Usa hanno raggiunto i 9,8 trilioni! I bassi tassi di interesse sono diventati una droga di cui il sistema finanziario pensa di non poter fare a meno. Nel distribuire agli azionisti un dividendo di quasi 3,6 milioni di euro rispetto ai 2,1 mln incassati lo scorso anno, in misura proporzionale alle quote possedute. Fin. Priv. con un capitale di 20 mln vede come soci Fonsai (Unipol) col 20% mentre Assicurazioni Generali, Fca, Italmobiliare, Pirelli & C. e Telecom Italia si spartiscono equamente il resto delle quote. Il dividendo è stato attinto per larga parte dai 3,4 mln di profitto d’esercizio e per il restante dagli utili portati a nuovo che residuano per 880 mila€: l’utile del bilancio, chiuso a fine dello scorso novembre, è frutto dell’incasso della cedola della quota in Mediobanca. Fin.Priv. che nell’attivo evidenzia crediti verso enti creditizi sotto forma di liquidità depositata temporaneamente su c/c bancari e depositi vincolati per 7,6 mln, ha mantenuto in carico i 14,34 mln di titoli dell’istituto di Piazzetta Cuccia a 91,09 mln pari a 6,35€ ad azione. Tra le voci dell’attivo di Fin.Priv., che fu costituita nel 1996 e la cui sede legale è la stessa dell’istituto di Piazzetta Cuccia, compare un finanziamento soci in conto capitale pari a 94,24 mln. contempo però ciò ha abbassato largamente i margini di profitto delle stesse banche, incentivato la propensione a rischi più alti e inflazionato i prezzi di molti titoli, a cominciare da quelli trattati nelle borse. Tutto ciò ha creato pericolosi sbilanciamenti in particolare in quelle economie che subiscono gli effetti fi- DAL MASSACRO ARMENO, AI GULAG, A POL POT, A RWANDA E A QUELLO IN ATTO OGGI È sacrosanto il giorno della Memoria Ma perché non ricordare gli altri eccidi? DI I MARCO CASTORO l giorno della memoria è sacro. Serve a ricordare gli orrori dell’Olocausto e dei campi di concentramento. Un martirio di 6 milioni di ebrei. La pagina più brutta del Novecento. Una tragedia che non deve essere mai dimenticata. Ma quello subito dagli ebrei non è l’unico genocidio compiuto a danno di innocenti. Uomini, donne e bambini colpevoli solo di appartenere a una razza, a un’etnia o di essere dissidenti. Di Hitler nella storia ce ne sono stati diversi. Proviamo a dare un’occhiata solo all’ultimo secolo, tralasciando gli eccidi compiuti dagli Antichi Romani, dagli Egiziani, dagli Ottomani, dai grandi imperatori, dai barbari e dai conquistadores come Cortés nei confronti di indigeni, aztechi e indios in primis. Cristiani masacrati - Il secolo comincia con il genocidio del popolo armeno di fede cristiana. Deportazioni in massa, oltre un milione e mezzo di morti uccisi dai turchi, seppure Erdogan non abbia mai ammesso il massacro. Anzi ogni qualvolta che uno Stato ha provato a ricordarlo si è rischiato l’incidente diplomatico. I russi eliminati durante la dittatura comunista di Stalin sono stati 20 milioni. Il genocidio dei gulag. I cristiani hanno pagato a caro prezzo nel mondo la scelta di abbracciare la fede del Vangelo. Anche in Cina a inizio Novecento il tributo di vittime fu elevato durante la ribel- lione dei Boxer. Ma i cristiani uccisi in Senegal furono ancora di più. Quasi 2 milioni a causa del blocco imposto dal governo di Khartum all’arrivo degli aiuti umanitari destinati al Sudan meridionale. Popoli sterminati - Sono stati i regimi dittatoriali a compiere stragi di interi popoli. Hitler e Stalin hanno avuto diversi emulatori. Tra purghe e lavori forzati si stimano almeno 48 milioni di cinesi caduti sotto il regime di Mao. Un milione i comunisti indonesiani eliminati sul finire a cavallo tra gli anni ’60 e ‘70. Tra il 1975 e il 1979 il regime di terrore voluto dai Khmer rossi di Pol Pot fu responsabile di un milione di cambogiani morti. L’America Latina ha un’alta percentuale di morti anche con i regimi del Novecento, non solo sotto i colpi dei conquistadores. Un milione i desaparecidos delle dittature militari a fine XXI secolo. I più recenti - Negli ultimi anni non potremo mai scordare quanto accaduto in Rwanda, Burundi, Iraq e a Srebrenica; gli eccidi criminali compiuti sugli iracheni da Saddam Hussein e dal generale serbo Ratko Mladic durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina nei confronti dei musulmani bosniaci. Una data, l’11 luglio del 1995, che in pochi ricordano perché non c’è nessun giorno della memoria per questo eccidio. Come per tutti quelli che hanno visto il martirio dei cristiani. Lanotiziagiornale.it nali delle politiche della Fed. Per quanto riguarda il settore bancario, tale politica, invece di operare con strumenti di lungo termine per sanare situazioni finanziarie gonfiate e risolvere certe insolvenze, ha spregiudicatamente continuato a effettuare operazioni ad alto rischio. Lo si vede in particolare nell’atteggiamento aggressivo delle «too big to fail» in Usa. In Europa ciò appare nei comportamenti, mai veramente sanzionati, della Deutsche Bank, la banca N.1 dei derivati speculativi, coinvolta in innumerevoli indagini per frode e malversazioni a livello mondiale, e anche nell’incapacità di governare nel nostro paese i 200 miliardi di sofferenze e le crisi delle piccole banche regionali. La Bri mette sull’avviso che nei prossimi mesi l’economia globale, già calata, sarà influenzata negativamente anche da tre nuove evoluzioni: 1) la Cina che si muove verso un modello differente di crescita più orientata verso il mercato interno), 2) la prospettiva che i prezzi delle commodity rimangano a livelli più bassi e per un lungo periodo, 3) la crescente divergenza nella politica monetaria delle economie dominanti, dove la Fed aumenta i tassi di interesse mentre la Bce continua la sua politica accomodante con tassi addirittura decrescenti. È per questo che gli economisti della Bri - e noi con loro - sono arrivati a denunciare come miope e irresponsabile chi pensa che «quello che succede fuori dai miei confini non mi interessa». *già sottosegretario all’Economia **economista