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INF5-07 aggiorn
Aggiornamenti / Ebn Le attività del Centro studi Evidence Based Nursing,
nato per diffondere quei processi che permettono agli infermieri di assumere le migliori
decisioni cliniche attraverso l’analisi delle ricerche e della letteratura scientifica,
la loro esperienza professionale e l’attenzione ai bisogni del paziente
A Bologna
l’assistenza infermieristica
basata sull’evidenza
Evidence based nursing (Ebn) costituisce una potente strategia di
formazione autogestita, fornendo
la base per aiutare il professionista a trovare quelle risposte che ogni caso sollecita: è
giusto quello che sto facendo? Potrei farlo
meglio? Ci sono alternative a questo trattamento? Che cosa può avere provocato questo problema? Quale potrebbero essere le
reazioni della persona che sto assistendo?
L’Ebn fornisce una strategia, una metodologia operativa per trovare le risposte ai bisogni di sapere che nascono dalla attività assistenziale infermieristica. Mette nelle condizioni di formulare nel modo corretto un
quesito, così da trovarne la migliore risposta. Questo avviene attraverso la ricerca e lo
studio della migliore letteratura disponibile su quel caso, a cui fa seguito il confronto
con la propria esperienza professionale, le
proprie conoscenze cliniche, la rivalutazione continua della performance professionale e delle risposte del paziente.
Paolo Chiari* e Patrizia Taddia** ci raccontano in questa intervista l’esperienza del
S.Orsola-Malpighi, che da nove anni forma
gli infermieri sull’utilizzo della metodologia
dell’Ebn.
L’
Dottor Chiari, con quale obiettivo è stato
creato il Centro studi Ebn del S.OrsolaMalpighi?
Il Centro è stato attivato alla fine del 1998
per diffondere le prove di efficacia per
l’assistenza infermieristica, l’Evidence based
nursing, appunto. Le principali finalità del
24
L’infermiere 5/2007
Centro sono formative,
divulgative e di ricerca.
Gli obiettivi che vengono perseguiti sono la
diffusione in Italia della metodologia Ebn,
l’individuazione e la
disseminazione delle evidenze scientifiche,
il contributo alla realizzazione della clinical
governance nell’ambito del Policlinico e la
produzione di ricerca scientifica.
Il presupposto fondamentale, che guida tutta l’attività del Centro, è la necessità di rendere le informazioni libere all’accesso di tutti i professionsti. Ovvero fare in modo che
tutto quello che i singoli professionisti producono di documentata efficacia sia messo
liberamente a disposizione della comunità
professionale.
Dottoressa Taddia, in cosa consiste questo
materiale di documentata efficacia?
Revisioni della letteratura, ad esempio, realizzate da gruppi di professionisti su temi di
proprio interesse per il miglioramento dell’assistenza e sui quali vengono poi prodotti degli evidence report. Ancora, schede tecniche per gli infermieri e altri professionisti
sui singoli aspetti dell’intervento assistenziale, ma anche un’informazione rivolta ai pazienti, attraverso guide
pieghevoli su particolari argomenti di salute.
Al Centro vengono
inoltre elaborati linee guida e protocolli basati su prove di efficacia, rivolte sia per
l’Azienda che ad altre istituzioni interessate. È stato fatto, ad esempio, per la prevenzione e il trattamento delle lesioni da decubito, così come per le indicazioni per la prevenzione delle cadute dei pazienti ricoverati in ospedale.
Ci occupiamo poi di tradurre gli articoli
scientifici, gli abstract e le maggiori guide
internazionali di interesse infermieristico,
per metterle a disposizione dei nostri professionisti.
P.C.: All’interno dell’Azienda il Centro offre supporto ai gruppi di lavoro aziendali
sulla progettazione e conduzione di progetti di ricerca, nonché sulla produzione di protocolli di gestione di interventi assistenziali.
Inoltre, consulenza metodologica e di supporto ai gruppi aziendali sul governo clinico, la cui rete aziendale fa riferimento al
Centro per la progettazione e conduzione
delle attività di miglioramento della qualità
dell’assistenza infermieristica, ostetrica e riabilitativa.
Organizziamo poi corsi di formazione su diverse tematiche connesse all’Ebn e alla metodologia della ricerca quali, ad esempio, i
corsi Ecm sull’Ebn, i corsi di Alta formazione universitaria sull’insegnamento dell’EBN
e il Master di I livello sull’Ebn e la Metodologia della ricerca clinico-assistenziale.
P.T.: Al momento siamo anche impegnati,
come direzione del Servizio infermieristico,
| Aggiornamenti / Ebn
tecnico e riabilitativo, a portare avanti progetti di sviluppo professionale, come, ad
esempio, la formazione e l’inserimento degli infermieri case manager nei reparti e servizi del Policlinico; la progettazione della
cartella infermieristica cartacea e informatizzata; la sorveglianza delle lesioni da decubito con gestione delle attività di consulenza alle unità operative, di formazione del
personale e di ricerca.
P.C.: I progetti sono molti e richiedono
finanziamenti, oltre che l’impegno di numerosi professionisti. Ma per l’Azienda è
una spesa vantaggiosa e anche tutti i professionisti che collaborano oltre il loro
orario di lavoro lo fanno con passione. Il
servizio che viene reso dal Centro giusti-
Come accedere
al progetto ECCE-InFAD
Al Centro è dedicato in particolare
l’impegno di un dirigente delle professioni
sanitarie (ricercatore dell’Università di
Bologna in regime convenzionale); un
coordinatore infermieristico; due
infermiere dedicate alla conduzione di
progetti della direzione del Servizio
infermieristico, tecnico e riabilitativo; una
logopedista dedicata all’area delle
traduzioni delle linee guida e del supporto
dei progetti dell’area riabilitativa del
Policlinico; un’infermiera specializzata in
fica sia le spese che l’impegno orario, perché è dimostrato come abbia ampie ricadute positive sulla motivazione e soddisfazione dei professionisti, sull’appropriatezza, l’efficacia e la qualità dell’assistenza e
su tanti elementi che, anche se non immediatamente quantificabili in termini
economici, sono fondamentali per la crescita e lo sviluppo di un’assistenza sanitaria moderna.
Tutti i materiali prodotti dal Centro e dai
suoi collaboratori sono diffusi gratuitamente in internet tramite il sito
www.evidencebasednursing.it o www.ebn1.eu
* ricercatore universitario, responsabile Centro
studi EBN della direzione del Servizio infermieristico, tecnico e riabilitativo – Azienda
ospedaliera Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola Malpighi
** dirigente delle professioni sanitarie, direttore
del Servizio infermieristico, tecnico e riabilitativo – Azienda ospedaliera Universitaria di
Bologna, Policlinico S. Orsola Malpighi
wound care dedicata al settore di sorveglianza
delle lesioni da decubito.
Tra i professionisti non specificatamente
dedicati al Centro, ma che forniscono un
importante contributo di collaborazione, vi
sono un coordinatore infermieristico
distaccato al Centro per un giorno alla
settimana dall’Istituto Ortopedico Rizzoli di
Bologna, una quindicina di formatori senior e
junior che, oltre alla loro attività nelle unità
operative dell’ospedale, svolgono attività di
docenza nei corsi realizzati dal Centro presso il
Policlinico o in altre aziende e istituzioni
sanitarie italiane e svizzere e, infine, circa
duecento tra infermieri, ostetriche,
fisioterapisti, logopedisti e dietisti, che
partecipano a tutte le attività del gruppo.
Altro punto di forza del Centro Studi EBN
sono una cinquantina di collaboratori esterni
al Policlinico. Professionisti italiani che, pur
lavorando in diverse città e paesi di Italia,
partecipano “a distanza” o con incontri in
sede ad attività del Centro quali le
traduzioni, le revisioni e la produzione di
evidence report.
Il Centro svolge anche attività collaborative di
tipo consulenziale, formative e documentali
per aziende sanitarie e alcune associazioni
professionali, come la Federazione dei Collegi
Ipasvi, l’Aniarti e l’Aislec.
L’infermiere 5/2007
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Studi ed esperienze La divisa identifica. È il primo strumento di comunicazione con il
paziente, che attraverso la divisa riconosce il ruolo professionale dell’infermiere. Ecco i risultati
di un sondaggio sulle uniformi, per capire i gusti e le necessità percepite dagli infermieri
Divise ma non divisi.
L’abito di lavoro dell’Infermiere
a cura di Franco Raineri
Infermiere, Biella, Presidente di AIOL,
Consigliere IPASVI Biella,
Docente a. c. Università degli Studi
del Piemonte Orientale.
Estratto dallo studio condotto da Aiol
(Associazione Infermierionlinewww.infermierionline.net)1
e discussioni che nascono e si sviluppano in
internet, sui principali forum infermieristici,
fraiqualiquellomessoadisposizionedaAiol,
toccano molti argomenti relativi alla professione e
unodeimaggiormentesentiti,riguardala riconoscibilità dell’infermiere all’interno del proprio
ambito lavorativo e, più in generale, della sua
visibilità sociale. Seguendo queste discussioni
(thread) ci si rende conto di quanto, nelle varie realtà sanitarie italiane, frequentemente si
faccia confusione circa l’identificazione dei
singoli operatori sanitari, in relazione al ruolo e alle competenze specifiche. Confermano
questa impressione una lunga serie di articoli giornalistici, per lo più di cronaca, nei quali il termine “infermiere” è usato a sproposito, accomunando sotto questo nome chiunque porti una divisa ospedaliera e non sia medico.
Indubbiamente, la riconoscibilità dell’infermiere è figlia della competenza e del comportamento professionale, ma è anche importante mettere l’utente nelle condizioni di poter
identificare l’interlocutore e individuare, perciò, l’operatore più adatto, al fine di garantire il diritto all’assistenza, competenza e privacy, fondamentale nei delicati ambiti della salute e dell’intimità della persona. La divisa usa-
L
ta durante il lavoro, che in molte realtà è identica proprio per tutti gli operatori, è individuata come una causa importante di difficoltà. Ad essa, si associa la necessità di ricercare
un segnale forte d’unità tra le varie anime del
nursing, un richiamo a valori condivisi che costituiscano l’essenza di un gruppo professionale. Queste considerazioni hanno fatto nascere l’idea di pensare alla creazione di una
linea guida italiana per una uniforme standard, valida su tutto il territorio nazionale.
Aiol ha raccolto questa idea e ha costituito un
gruppo di lavoro preposto, chiamato Da divise ad uniformi, con lo scopo di eseguire una ricerca in tal senso, interrogando la normativa
e la letteratura nazionale ed internazionale,
alla ricerca di riferimenti.
È stato, inoltre, completato un sondaggio su
scala nazionale: il sondaggio Da divise ad uniformi, rivolto a capire i gusti e le necessità percepite, in merito, dall’infermiere italiano.
Maggiore è la riconoscibilità della categoria
professionale e del singolo operatore, maggiormente sono tutelati i diritti del cittadino,
che saprà sempre a chi si sta rivolgendo. Nel
caso dell’infermiere, la riservatezza e la privacy sono aspetti tutelati anche dal Codice
deontologico e dal Patto infermiere-cittadi-
Tabella 1
Provenienze
partecipanti mediante
form on-line
1
Gruppo di lavoro creato in seno ad Aiol, coordinato
da Ivan Cabrini, Infermiere, Bergamo - Socio Collaboratore Aiol, e composto da: Mariagiovanna Pasculli, Infermiere, Rimini, Consigliere Aiol e Consigliere Ipasvi Rimini; Claudia Giovannelli, Infermiere, Anzio (Roma) – già Consigliere e Webmaster Aiol
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L’infermiere 5/2007
48% Nord Italia
24% Sud Italia e isole
17% Centro Italia
11% non noto
Provenienze
partecipanti mediante
form via fax
41% Nord Italia
32% Sud Italia e isole
22% Centro Italia
5% non noto
Provenienze
partecipanti alla
raccolta moduli
distribuiti sul campo
88% Nord Italia
3% Centro Italia
2% Sud Italia e isole
7% non noto
| Aggiornamenti / Studi ed esperienze
Grafico 1 - Provenienza di questionari per tipologia di ambiti operativi
no. Dalla lettura del nostro Codice deontologico si assume che la comunicazione è al centro del rapporto con la persona, in tutte le sue
forme e in tutti gli ambiti operativi. Anche il
proprio abito di lavoro ha un peso rilevante
sulla comunicazione.
Il diritto/dovere di informare si basa sul rapporto di fiducia che si instaura tra la persona
assistita e l’équipe assistenziale; quindi, un corretto modo di porsi, anche nelle forme non
verbali, è un valore per tutte le figure che si
avvicendano al suo capezzale. Un altro aspetto riguarda “il non nuocere al paziente”, che
si realizza anche attraverso una corretta gestione del proprio abito di lavoro, potenziale
veicolo d’infezioni ospedaliere.
LA REVISIONE DELLA LETTERATURA
La ricerca è stata effettuata in internet, tramite il metamotore di ricerca Trip; tramite le
banche di linee guida, quali Ncg, Sign, Nzgg,
Rcn, Pplg ecc., tramite le banche dati secondarie Bandolier e Joanna Briggs Insitute; tramite le banche dati primarie Cinahl, Pub-Med,
Embase.
Nella ricerca sono state utilizzate le parole
chiave nurse, uniform, clothes, professional image,
combinate in vario modo tra loro.
La stringa image and nurse and uniform ha restituito gli articoli maggiormente inerenti all’argomento. Gli articoli anteriori l’anno 1990 sono stati scartati per il rischio di obsolescenza.
Sono risultati attinenti un buon numero di articoli e alcune ricerche e sondaggi nella popolazione, quasi tutti lavori provenienti dai
Paesi anglosassoni, dai quali si evince che la
percezione del ruolo dell’infermiere è influenzata da diversi fattori, tra cui l’età, il sesso dell’utente e il suo livello culturale. Si può affermare che l’essere riconoscibile, ovvero il
Grafico 2 - Preferenza relativa al colore della divisa
proiettare un’immagine professionale riconducibile al proprio specifico ruolo, è importante sia per l’infermiere che per il malato.
Un’eccellente sintesi di questo panorama di
documenti la possiamo trovare nell’unica vera e propria linea guida trovata: Guidance on
uniforms and clothing worn in the delivery of
patient care pubblicata nell’aprile 2005 dal
Royal College of Nursing (www.rcn.org.uk/mrsa).
Accanto a una meticolosa dissertazione sulle
tematiche del decoro e della riconoscibilità
professionale, questo documento è validato
da numerosi studi di carattere epidemiologico applicati all’utilizzo dell’abito di lavoro.
La tradizione britannica nel campo della visibilità sociale della professione appare più radicata rispetto al nostro Paese, dove c’è frequentemente confusione e associazione a vecchi stereotipi. Sono molti i motivi che permettono un’elevata riconoscibilità professionale
dell’infermiere nei Paesi anglosassoni, fra i
quali si può, a tutto diritto, annoverare il possesso di una divisa tradizionale.
Questa condizione permette di rendere gli infermieri riconducibili al loro ruolo, al primo
sguardo.
QUANDO L’UNIFORME È SCONSIGLIATA
In alcuni contesti e ambiti lavorativi la divisa
è sconsigliata; i principali esempi sono i seguenti.
1) L’ambito psichiatrico territoriale e strutture semiresidenziali. Dopo la riforma della
180/76 gli operatori psichiatrici escono dalle
istituzioni ospedaliere e si pongono in una dimensione che è al fianco dei pazienti in un
percorso che li accompagna nel processo della riabilitazione e integrazione sociale. La scelta di non indossare la divisa è determinata da
più fattori, primo fra tutti è che pone delle di-
stanze all’interno della relazione terapeutica,
che sono percepite dall’utente e dalla società. Accompagnare il paziente nei luoghi del
sociale indossando una divisa, significherebbe ostacolare l’integrazione del paziente attraverso un’etichettatura inappropriata. Altro
motivo che ne sconsiglia l’uso sta nella inefficacia e nel non senso della divisa stessa in
quanto la psichiatria opera all’interno di una
dimensione più psichica che fisica, pertanto
non si rischiano esposizioni a infezioni e contagi particolari. Per quel che riguarda gli accorgimenti sulla riconoscibilità e sulla trasparenza, anche con riferimento a quanto generalmente prefissato dalla carta dei servizi dei
DSM, è sufficiente l’esposizione di un cartellino di riconoscimento.
2) L’ambito pediatrico. L’impatto che
l’ospedalizzazione produce sul bambino è spesso caratterizzato da sentimenti di paura e di
chiusura alla comunicazione. Questo aspetto
è già studiato da tempo, per cercare di migliorare la compliance dei piccoli pazienti. In alcune realtà italiane e sull’esempio di realtà
extranazionali, si adottano camici multicolori, con buoni risultati nel miglioramento dell’umore e della reciproca comunicazione. Caratterizzare l’uniforme standard dell’infermiere in unità di degenza o servizi dell’area pediatrica, coi personaggi dei cartoni animati o
temi fantasia, contribuisce ad “umanizzare” la
figura dell’operatore sanitario.
3)
L’emergenza
extraospedaliera.
L’emergenza extraospedaliera è caratterizzata da un forte componente di pericolo ambientale. Per questo l’uniforme in dotazione
deve essere rigorosamente adeguata agli standard del settore antinfortunistico. In particolare la giacca, le calzature, i pantaloni, le magliette e il caschetto anti-infortunistico.
L’infermiere 5/2007
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Aggiornamenti / Studi & Esperienze
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4) Assistenza domiciliare. Nell’assistenza a domicilio del malato grande attenzione deve essere posta all’aspetto epidemiologico. Considerati i continui spostamenti e i conseguenti
rischi di veicolo delle infezioni, molti colleghi
segnalano l’uso dei camici monouso di TNT
limitatamente alle manovre che prevedono il
contatto col paziente o che espongano al rischio di contaminazione. Questo impone che
il camice debba essere riposto in apposita busta impermeabile e se esiste il rischio di contaminazione, smaltito in struttura sanitaria.
Alcuni colleghi hanno ottenuto che pantaloni, maglie, giacche e calzature siano fornite
dal datore di lavoro e lavate dalle apposite lavanderie alle opportune temperature. Gli studi epidemiologici hanno evidenziato il rischio
di diffusione di germi patogeni, se il vestiario
è lavato presso il domicilio dell’operatore sanitario. Pertanto questa eventualità è da evitarsi.
5) La sala operatoria. In questo ambito il numero di ricambi deve essere elevato e proporzionato alla mole di lavoro. L’operatore non
deve in nessun caso uscire e rientrare dal quartiere operatorio con l’uniforme in uso per la
2
3
seduta operatoria. È necessario che utilizzi
un’uniforme apposita, custodita separatamente nell’apposita area filtro. Al rientro è rimossa nello spogliatoio/filtro e, dopo opportune
manovre igieniche (lavaggio mani, ecc.), è indossata la divisa in uso specifico per la sala.
Inopportuno appare l’uso del cartellino rimuovibile in sala operatoria, per ovvi motivi
pratici ed epidemiologici: da utilizzare la stampa dei dati sul tessuto, come da capitolo apposito. Per l’uniforme in uso fuori dal contesto operatorio, ci pare logico proporre l’uso
della medesima utilizzata da tutti gli altri infermieri.
IL SONDAGGIO
DA DIVISE AD UNIFORMI
SCOPI E METODOLOGIA
• Associazione proponente: Aiol (Associazione
Infermierionline)
• Finalità: studiare la percezione degli infermieri italiani riguardo all’opportunità di
creare una linea guida per la divisa unica.
Indagare le preferenze in merito ad essa
• Popolazione: infermieri e studenti in Infermieristica, su territorio nazionale
• Strumento di raccolta dati: questionario, restituibile tramite le seguenti modalità:
1. form on-line, con cui i colleghi potevano
esprimere il loro parere direttamente tramite internet
2. scheda scaricabile on-line, da compilare
ed inviare via fax2
3. moduli distribuiti sul campo3
• Diffusione: tramite il sito web
http://www.infermierionline.net , Collegi
Ipasvi provinciali, Aziende sanitarie, sindacati di categoria, contatti personali
• Inizio della raccolta dati: gennaio 2006
• Termine della raccolta dati: gennaio 2007
• Elaborazione dei dati: da febbraio a marzo
2007
• Numero moduli raccolti: 1.015
• Data e luogo di presentazione lavoro: 21 aprile
2007, Primo Congresso nazionale Aiol - Candelo (Biella)
I RISULTATI
In questa sede focalizziamo l’interesse sui dati generali dell’indagine.
La maggior parte degli infermieri partecipanti al sondaggio proviene dal Nord Italia; a se-
Tra coloro che hanno collaborato diffondendo l’informativa tramite il proprio sito web e/o riviste, particolari ringraziamenti a: Nursesarea.it, Nursind Bergamo, Nursing Up, Collegi Ipasvi provinciali di Bergamo, Ferrara, Genova, Reggio Emilia, Sassari, Aniarti, Emergency Magazine, Infermiere della Tuscia, InfermieristicaMente.
Tre le realtà in cui il modulo è stato distribuito e restituito “brevi manu”, particolari ringraziamenti vanno: alla AO “Bolognini” di Seriate, al Collegio Provinciale Ipasvi
di Ferrara ed a “Ospedale di Sassuolo SpA”.
Grafico 3 - Preferenza sulle caratteristiche relative alla vestibilità
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L’infermiere 5/2007
Grafico 4 - Preferenze sui sistemi di chiusura delle divise
| Aggiornamenti / Studi & Esperienze
Grafico 5 - Preferenza sui dati da inserire nei cartellini
guire, rispettivamente Sud/Isole e Centro (tab.
1). La percentuale più elevata lavora in degenze ospedaliere pubbliche/private o in strutture residenziali per anziani; hanno risposto
numerosi anche colleghi impegnati nel settore dell’emergenza (per i quali è stata prevista
anche una sezione apposita nel sondaggio).
Alcuni questionari provengono da colleghi
appartenenti a settori particolari, quali strutture semiresidenziali per anziani, servizi per
diversamente abili, radiologie ecc., raggruppati nella voce “altro” (graf. 1).
Dalla lettura dei dati non emerge una netta
preferenza su un colore che prevale decisamente sugli altri. Il classico bianco non appare particolarmente gradito, a favore del colore blu nelle sue varie gradazioni (graf. 2); a li-
4
Grafico 6 - Preferenza sulle modalità di applicazione dei dati sui cartellini
vello internazionale, soprattutto nel mondo
anglosassone, questo colore è tra i più diffusi. Nel Regno Unito, ad esempio, è il colore
che identifica l’infermiere.
Per quanto riguarda l’apertura, quella anteriore è stata la preferita, anche se non è esclusa la soluzione a casacca chiusa; quest’ultima,
come specificato da alcuni, ha lo svantaggio
di costringere a sfilarla dalla testa, rischiando il contatto con materiale contaminante
(graf. 3).
Tra i sistemi di apertura prevalgono i classici
bottoni; sono gradite anche le clips metalliche (graf. 4).
I colleghi apprezzano cartellini che riportano
qualifica, cognome, nome e matricola (graf.
5). Un numero significativo di preferenze è
andato anche all’utilizzo del medesimo schema, ma con apposizione della sola iniziale del
cognome, specificando (soprattutto coloro
che lavorano nel campo del Pronto soccorso
e della Psichiatria) i rischi connessi all’eccessiva indicazione di dati personali4.
Appare interessante la stampa diretta sull’uniforme (graf. 6), con caratteri ad alta visibilità,
dei dati di riconoscimento; evitando così problemi di carattere epidemiologico e l’utilizzo
di spille e altri strumenti, potenzialmente dannosi durante le manovre assistenziali.
Negli ambiti in cui si utilizzano i cartellini di
riconoscimento di tipo classico, i partecipanti li suggeriscono in materiale plastico, non
poroso e facilmente decontaminabile. Alcusegue a pag. 30
Il Garante della Privacy è intervenuto nel dicembre 2000 (“Provvedimenti a carattere generale” – 11 dicembre 2000) e nell’ottobre 2006 (deliberazione n. 53 del
23 novembre 2006) con apposite linee guida, definendo che il cartellino dei lavoratori deve indicare la qualifica professionale (ndr: infermiere, coordinatore infermieristico, ecc) ed il numero di matricola, accanto alla fototessera. Egli sostiene l’inutilità di dare troppe indicazioni, che andrebbero a ledere la privacy del lavoratore, sostenendo sia sufficiente un identificativo atto a risalire ad eventuali responsabilità individuali. Si tratta, perciò, di una questione aperta e controversa.
Grafico 7 - Preferenza sull’identificativo professionale
Grafico 8 - Preferenza sui caratteri distintivi delle divise
L’infermiere 5/2007
29
Previdenza Siglato un accordo tra Enpapi, Enpam e Fondo complementare sanità
per consentire l’adesione allo stesso di professionisti operanti nella vasta area sanitaria
Enpapi ha firmato lo scorso 30 luglio,
Il fondo
L’presso il ministero del Lavoro e della
Previdenza sociale, alla presenza del ministro
integrativo sanità Cesare
Damiano, l’accordo di adesione al
Fondo pensione complementare a
si allarga
capitalizzazione per gli esercenti le professioni
sanitarie (Fondo sanità).
agli infermieri
Si tratta del nuovo fondo previdenziale che,
dal 16 giugno scorso, l’Assemblea dei delegati
dell’Ente nazionale di prevenza e assistenza
dei medici e odontoiatri (Enpam) ha istituito in
sostituzione del Fondo di previdenza
complementare a capitalizzazione dei dentisti.
Consentendo così, ai sensi del Dlgs
252/2005, anche ad altri professionisti
dell’area sanitaria di aderirvi.
A firmare l’Accordo, per l’Enpapi, è stato il
presidente dell’Ente Mario Schiavon.
“Concordo con il ministro Damiano nel
ritenere l’atto ufficiale compiuto dall’Ente che
rapprento una scelta emblematica e di
indirizzo per tutti gli altri enti previdenziali
privati, e non solo nel settore sanitario”, ha
segue da pag. 29
ni specificano che i ganci devono essere a
morsetto, con chiusura a pressione. Non è
molto amato l’uso della fototessera. L’utilizzo
dell’identificativo “infermiere” stampato ad
alta visibilità sull’uniforme è preferito a “infermiere/nurse”, anche se alcuni si soffermano a sottolinearne l’utilità nei confronti di
una società sempre più multietnica. Altri temono che “nurse”, in Italia, possa essere confuso col termine “balia” (graf. 7 a pag. 29).
Il colore unico e riservato per categoria
professionale sanitaria, spesso indicato unitamente alle scritte ad alta visibilità sul tessuto, sono ritenuti importanti da un alto
numero di partecipanti al sondaggio (graf.
8 a pag. 29). Questo, accanto ai commenti positivi annotati negli spazi appositi, ci
conforta sulla recettività dei colleghi riguardo all’argomento.
Riguardo alla tematica della riconoscibilità
del professionista infermiere, oltre alle caratteristiche della divisa, tra gli ulteriori sug30
L’infermiere 5/2007
gerimenti annotati nell’apposito spazio dai
colleghi, sono da segnalare:
• la necessità dell’apposizione di un cartellone recante l’organigramma infermieristico e delle figure di supporto in un luogo visibile dell’UO/servizio.
• la preparazione e distribuzione, a degenti
e caregivers, all’atto del ricovero ospedaliero, di un opuscolo recante le principali
notizie utili alla permanenza in ospedale,
indicando a quali figure professionali è possibile rivolgersi, come riconoscerle dall’uniforme e quali principali categorie
d’informazioni si possono ottenere da
ognuna.
CONCLUSIONI
L’immagine professionale, in special modo
considerando l’importante evoluzione normativa degli ultimi decenni, è una componente non trascurabile della figura infermieristica.
L’uniforme contribuisce a migliorare la pro-
dichiarato Schiavon a margine dell’incontro. “In
un momento cruciale per la riforma della
previdenza – ha aggiunto – la volontà di
migliorare le prestazioni pensionistiche
attraverso lo strumento di fondi pensione
comuni non solo accentua il ricorso fiducioso
al secondo pilastro previdenziale – la pensione
complementare – ma innova
significativamente anche il sistema
pensionistico italiano. Proponiamo quella
stabilita da Enpapi ed Enpam con il ‘Fondo
sanità’, una best practice, a partire dal nostro
settore sanitario, agli altri enti previdenziali,
nonché a Ordini, Collegi e Albi professionali,
per realizzare fin dalla pratica una reale ed
attesa riforma previdenziale”.
Secondo i calcoli del ministero del Lavoro, il
Fondo annovera oltre un milione di
potenziali iscritti: 400.000 medici, 340.000
infermieri nonché 160.000 farmacisti e
veterinari e 350.000 tra psicologi, biologi,
fisioterapisti e altre categorie professionali
della sanità.
pria riconoscibilità nei confronti dell’utenza e promuove l’identificazione del singolo
operatore nel proprio ruolo professionale.
L’abito di lavoro è un vero e proprio “strumento operativo”, atto a difendere
l’operatore dall’aggressione di agenti patogeni, con cui viene frequentemente a contatto durante la pratica quotidiana e deve
essere usato correttamente, per non diventare un veicolo d’infezioni nosocomiali.
È necessario, ad ogni modo, tenere in considerazione le situazioni in cui l’uniforme
può incrementare il sentimento di paura o
fungere da barriera alla comunicazione con
l’utenza, al fine di affrontarle in modo adeguato.
In Italia, la popolazione infermieristica è interessata all’argomento “divisa unica” e lo
ritiene importante per i fini succitati.
Il presente elaborato, frutto di un’indagine
durata un anno, ha lo scopo di stimolare il
dibattito e creare le basi riguardo alla necessità di adottare una linea guida nazionale in
Fly UP