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La filiera legno-energia
La filiera legno-energia Aspetti salienti dello stato dell’arte e prospettive Autori del testo Andrea Bordoni Assessorato all’Agricoltura - Regione Marche Emilio Romagnoli ASSAM Ester Foppa Pedretti Giuseppe Toscano Giorgio Rossini Eugenio Cozzolino SAIFET - Università Politecnica delle Marche Coordinamento Scientifico Prof. Giovanni Riva [email protected] Per informazioni Emilio Romagnoli ASSAM - Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche Trasferimento dell’Innovazione, Comunicazione e Progetti Comunitari via Alpi, 2 - 60100 ANCONA - Tel. 071 808216 e- mail: [email protected] ISBN 978-88-8249-082-9 GIANCARLO RIPESI EDITORE Stampato su carta riciclata 1 La filiera legno- energia............................................................................................. 8 5.1.3 IL MOTORE A VAPORE. .............................................................................................101 2 Le biomasse utilizzabili.............................................................................................. 12 SCHEDA 11 - Teleriscaldamento. ..............................................................................105 2.1 2.2 2.3 2.4 Le risorse naturali............................................................................................................. 13 SCHEDA 1 - Siepi e bordature...................................................................................... 20 Le coltivazioni dedicate da biomassa......................................................................... 23 Le fonti legnose residuali................................................................................................. 29 Residui delle lavorazioni agroindustriali.................................................................. 34 6 delle filiere legno-energia.................................................................................. 109 3 La preparazione dei combustibili legnosi....................................................... 36 6.1 6.2 6.3 Organizzazione delle filiere........................................................................................109 Alcuni casi di riferimento............................................................................................... 111 Aspetti tecnico economici.............................................................................................. 112 SCHEDA 12 - Analisi di alcune esperienze di minireti di Teleriscaldamento. ................................................................................ 115 SCHEDA 13 - Il modello di contracting. ................................................................123 ALLEGATI...........................................................................................................................124 Allegato 1 - Unità di misura ed equivalenze.........................................................124 Allegato 2 - Piano di Sviluppo Rurale (nelle Marche per lo sviluppo della filiera legno energia)..............................125 Allegato 3 - Autorizzazioni - Scheda informativa Energia da biomassa Regione Marche..................................................................................................................128 Allegato 4 - Zone climatiche........................................................................................129 Bibliografia e siti web di riferimento........................................................................131 SCHEDA 2 - Produttività dei Cantieri e Costi di Lavorazione...................... 39 SCHEDA 3 - Contenuto idrico e umidità del legno............................................. 43 3.1 I combustibili legnosi più diffusi............................................................................... 45 3.1.1 Legna in pezzi........................................................................................................................ 46 3.1.2 Cippato...................................................................................................................................... 50 SCHEDA 4 - Siti di Stoccaggio del cippato. ........................................................... 58 3.1.3 Pellet........................................................................................................................................... 60 3.1.4 Briquettes................................................................................................................................. 63 SCHEDA 5 - Certificazione e qualità dei combustibili...................................... 66 SCHEDA 6 - Potere calorifico del legno e umidità. ............................................ 70 3.2 Costo dei combustibili legnosi e accenni al mercato.......................................... 71 3.2.1 Legna. ........................................................................................................................................ 71 3.2.2 Cippato...................................................................................................................................... 71 3.2.3 Pellet........................................................................................................................................... 72 3.2.4 Bricchette................................................................................................................................. 74 4I processi di conversione del legno in energia. .......................................... 75 4.1 Combustione......................................................................................................................... 75 SCHEDA 7 - Combustione del carbonio................................................................... 78 4.1.1 Combustione ad uso domestico/familiare. ............................................................... 79 SCHEDA 8 - L’accumulo inerziale (puffering)...................................................... 81 4.1.2 Combustione di piccola e media potenza. ................................................................ 83 SCHEDA 9 - Le ceneri....................................................................................................... 86 4.2 Gassificazione e pirolisi.................................................................................................... 88 SCHEDA 10 - Le emissioni............................................................................................. 91 5Applicazioni ed usi energetici della biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive. .................................................................................95 5.1 Sistemi di cogenerazione (CHP)................................................................................ 95 5.1.1 Il Turbogeneratore Orc...................................................................................................... 99 5.1.2 Il Motore Stirling................................................................................................................100 Le prospettive di sviluppo a livello locale Premessa Questo volume fa parte di una collana divulgativa dedicata al tema dell’energia ottenuta da fonti rinnovabili di origine agricola e forestale realizzata dall’Assessorato Agricoltura della Regione Marche in collaborazione con l’ASSAM ed il Dipartimento SAIFET dell’Università Politecnica dalle Marche. La filiera legna-energia assomma le caratteristiche di essere una delle filiere più poliedriche, versatili, capillari, tradizionali, che se da un lato ne rendono semplice la presentazione, dall’altro la ricerca di sue declinazioni significative manifesta tutto il suo grado di complessità nel ricercare assetti duraturi e sostenibili ambientalmente ed economicamente. Nelle strategie per lo sviluppo delle fonti rinnovabili ai fini energetici, ai diversi livelli europei e nazionali si è fatto molto affidamento sull’utilizzo delle fonti lignocellulosiche per la produzione di energia e in particolare di energia termica, grazie alle caratteristiche anzidette e alla disponibilità, sicuramente teorica, che anche il nostro paese presenta. Difatti già oggi vi sono alcuni segmenti con un intenso sviluppo, quale l’utilizzo della filiera del pellet ad uso domestico che ha fatto diventare il mercato italiano del pellet terzo in Europa con 1,2 Mt nel 2009. Altri segmenti, come le reti di teleriscaldamento (anche di piccole dimensioni), fanno fatica a svilupparsi, portando difatti ad un utilizzo di combustibile legnoso a poco più di 100 kg/procapite, che è uno/due ordine di grandezza in meno rispetto agli altri paesi (siamo quint’ultimi nell’UE25). Allo stesso tempo oltre l’80% dei consumi di combustibili legnosi è rappresentato da “legna da ardere” in consumi domestici, che, ancora una volta, da una chiara dimensione delle possibilità di razionalizzazione e sviluppo della filiera legnoenergia. La breve delineazione dello stato dell’arte e di alcune prospettive riportate nei capitoli, confidiamo possano essere da stimolo per una maggiore produzione di energia da biocombustibili lignocellulosici, in particolare termica. 6 7 Il legno rappresenta una importante forma di accumulo dell’energia solare, grazie alla reazione della fotosintesi clorofilliana, il meccanismo con cui le piante producono carboidrati sfruttando la luce del sole. La combustione del legno libera l’energia immagazzinata dalla fotosintesi producendo energia: a) Rinnovabile - Il legno è da considerarsi rinnovabile quando i suoi ritmi di sfruttamento siano paragonabili a quelli della sua rigenerazione, a differenza dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) per i quali il loro utilizzo significa sfruttare in tempi brevissimi fonti energetiche che si rinnovano in milioni di anni. b) CO2 - neutrale - quando i ritmi di prelievo sono paragonabili alla rigenerazione, l’utilizzo del legno non contribuisce all’incremento in atmosfera di CO2 - il bilancio della CO2 liberata con la combustione si può considerare pari a quella sottratta all’atmosfera durante la fase di crescita della pianta; diversamente, l’utilizzo di combustibili fossili produce una immissione netta di CO2 in atmosfera. A parità di energia prodotta, il bilancio della CO2 immessa in atmosfera utilizzando il gasolio è circa 15 volte maggiore (8,5 volte maggiore per il metano) rispetto a quella emessa dalla combustione del legno. c) Non impattante - la produzione della fonte energetica legno è l’unico processo, che mentre si sviluppa in modo appropiato, genera un miglioramento dell’ambiente e degli aspetti paesaggistici con ricadute positive sulla gestione del territorio. d) Pulita - Allo stato attuale la combustione del legno con le moderne tecnologie produce emissioni nettamente inferiori a quelle delle tecnologie più tradizionali (anche se vi sono ulteriori e necessari margini di miglioramento). e) Sicura - attuando una corretta pratica di prelievo l’uso del legno non produce danni ambientali diretti, anzi si possono realizzare dei benefici, quali ad es. la manutenzione del bosco; inoltre lo sviluppo del legno-energia riduce i rischi ambientali legati allo sfruttamento dei combustibili convenzionali (sversamento di idrocarburi liquidi nelle acque e nel suolo, maree nere, esplosioni di gas). 8 f) Decentrata e distribuita - l’uso del legno nelle filiere legno-energia consente un maggior controllo sociale; possono avere una ampia diffusione territoriale; si possono sviluppare in prossimità rispetto ai consumatori; possibilità di utilizzo di fonti legnose sono riscontrabili pressochè ovunque. g) Economica - il legno è tra le fonti di energia più convenienti; il costo dell’energia primaria ricavabile dal legno è attualmente inferiore a quello di tutte le altri fonti energetiche. Nel 2007 circa il 34,0% dei consumi mondiali d’energia primaria è rappresentato dal petrolio, il 26,5% è rappresentato dal carbone e il 20.9% dal gas naturale, per un totale da fonti fossili pari all’81,4%. Il restante 18,6 è costituito da energia elettrica prodotta da fcombustibili e rifiuti rinnovabili (9,6% circa,), da idroelettrico (2,2% circa), da rifiuti non rinnovabili (0,2%), da altre rinnovabili (0,7%), da nucleare (5,9%). La filiera legno- energia 1 - La filiera legno- energia Il peso delle singole fonti è molto diverso tra le aree geografiche. Per quanto riguarda le biomasse si va dall’incidenza minima del Giappone (intorno all’1%) a quella massima dell’India (superiore al 35%). L’incidenza delle biomasse nell’Unione Europea a 27, nel 2007 è stata pari a 67,1 Mtep rispondente a al 4,5% ed è meno della metà di quella a livello mondiale dove ovviamente si fa sentire il peso dei Paesi in Via di Sviluppo (escluso Medio Oriente) dove è relativamente elevato il consumo delle fonti tradizionali ad uso energetico. Anche in Europa vi è una forte differenza nell’incidenza della biomasse sui consumi. I Paesi del Centro-Nord Europa sono all’avanguardia nello sfruttamento delle biomasse come fonte energetica: in particolare i Paesi scandinavi, ma anche Francia, Belgio e Austria, con livelli d’incidenza delle biomasse superiori al 10%, realizzati installando grossi impianti di cogenerazione e teleriscaldamento alimentati a biomasse. La Svezia e l’Austria, che contano su una lunga tradizione d’utilizzo della legna da ardere, hanno continuato ad incrementare tale impiego sia per riscaldamento sia per teleriscaldamento, fornendo un grande stimolo alle piantagioni di bosco ceduo. Nonostante l’elevato potenziale di cui dispone, nel quadro europeo dell’utilizzo energetico delle biomasse, l’Italia si pone in una condizione di scarso sviluppo insieme con Portogallo, Grecia e Spagna. La figura 1.1, che mette in relazione l’energia primaria prodotta da combustibili legnosi, espressa in kWh/abitante con la ricchezza prodotta PIL/abitante, evidenzia che, nel caso europeo, la scelta della biomassa come fonte energetica non è strettamente correlata alla povertà (come accade nelle altre parti del mondo) ma a scelte culturali e strategiche, oltre che essere ovviamente legata alla disponibilità territoriale. 9 La filiera legno- energia In particolare Italia e Gran Bretagna presentano livelli di produzione di energia procapite da combustibili legnosi molto inferiori sia rispetto a paesi con lo stesso livello di “ricchezza”, sia rispetto a paesi più “ricchi”. Fig. 1.2 - Produzione pro-capite di energia primaria da biomasse solide nei paesi UE25. Fonte: EurObserv’ER, 2009 Fig. 1.1 - Rapporto tra energia primaria prodotta da combustibili legnosi e ricchezza procapite. In un recente studio di EuroObservER ponendo la la produzione di energia da biomasse solide, espressa in tep1, in rapporto agli abitanti si può osservare nella figura 1.2 che l’Italia è quint’ultima nell’UE27 con solo 0,032 tep prodotte da biomasse solide per abitante. La produzione di energia prodotta da biomasse solide (tep/abitante) rapportata ad un combustibile legnoso, ad es. legna M30 (umidità = 30%, vedi Scheda 3.2), in Italia corrisponde a circa. 109 kg di legna M30 per abitante e per anno, rispetto ai 479 kg della Francia ed ai 4.611 kg della Finlandia. 1 Tonnellata equivalente di petrolio (vedi anche Allegato 1) 10 11 La biomassa combustibile a base legnosa può essere ottenuta da un’ampia varietà di fonti - sia primarie che secondarie. Primarie - sono quelle collegate direttamente all’attività biologica, cioè alla fissazione di energia solare in un prodotto strutturalmente complesso quale il legno. Secondarie - sono invece quelle residuali, condizionate essenzialmente dall’attività umana. Le fonti secondarie producono spesso grosse quantità di biomassa legnosa che può essere disponibile a condizioni particolarmente favorevoli. Il loro contributo è particolarmente elevato dove si concentrano l’industria, le prime lavorazioni e le produzioni agroindustriali. Le fonti legnose possono essere riassunte nella seguente tabella 2.1, che mette in relazione le fonti con le categorie di combustibili da esse derivate, o anche secondo lo schema proposto nella figura 2.1. BIOMASSE E POTENZIALE USO ENERGETICO NELLA FILIERA LEGNO ENERGIA Le biomasse utilizzabili 2 - Le biomasse utilizzabili Tab. 2.1 - Inquadramento delle fonti legnose Fonti Tipologia legnose naturali Primarie legnose coltivate Secondarie 12 legnose residuali Combustibile Utilizzazioni boschive commerciali Allestimenti commerciali, cippato, densificati Taglio del bosco ceduo Allestimenti commerciali, cippato, densificati Sfolli e diradamenti Cippato, densificati Ripulitura di fossi e scarpate naturali Cippato, densificati Arboricoltura da legno Allestimenti commerciali, cippato, densificati Arboricoltura lineare e assiepamenti Allestimenti commerciali, cippato, densificati Short Forestry Rotation (SFR) Cippato, densificati Imballaggi legnosi Cippato, densificati Potatura del verde urbano Cippato, densificati Residui della lavorazione del legno Cippato, densificati Potature e espianti di frutteti Cippato, densificati Residui di lavorazioni agroindustriali Utilizzi tal quale, cippato, densificati Fig. 2.1 - Diverso dettaglio di aggregazione con alcuni esempi specifici di biomasse ligno-cellulosiche nell’ambito di ciascuna fonte precedentemente indicata. 2.1 - Le risorse naturali Le foreste di tipo tradizionale costituiscono il maggior serbatoio di biomassa, almeno in termini quantitativi. Il loro potenziale è enorme (vedi tab. 2.2), ma l’utilizzo di questo potenziale è ostacolato molto spesso dalle condizioni di marginalità che caratterizzano molti boschi. Normalmente, nei nostri territori, tutte le aree più accessibili sono già state investite dalle colture agrarie o da un’urbanizzazione crescente. Le foreste che sono restate tali devono la loro sopravvivenza ad un’accessibilità limitata2, che rende difficoltoso anche un eventuale sfruttamento energetico, pur se effettuato razionalmente ed in maniera ecosostenibile. Spesso, le colture legnose non forestali e le colture arboree fuori foresta possono fornire biomassa combustibile a costi minori, perchè offrono condizioni favorevoli all’impiego di tecnologie più efficienti. La distanza di esbosco è generalmente limitata, e spesso si può accedere in campo direttamente con i mezzi di trasporto - riducendo la movimentazione del legname ad un concentramento sommario. Per questo motivo, la rosa delle possibili fonti di approvvigionamento dovrebbe sempre includere tutte le colture legnose presenti all’interno di un ipotetico bacino di raccolta. 2 Più di recente anche a misure di protezione e di tutele dei patrimoni naturali 13 14 Le biomasse utilizzabili 1,09 0,35 0,17 0,15 0,25 Canna (Arundo donax) PCS: equivale all’energia solare catturata e conservata in 1 kg di legno, senza considerare la parte ipogea. PCI: Equivale all’energia che può essere concretamente ricavata da 1 kg di legno, senza considerare la parte ipogea. 12058 514,98 17,17 30.000 3880 165,73 18,21 9.100 650 14 Eucalipto 1893 80,86 18,21 4.440 740 6 Cerro 1612 68,84 18,21 3.780 630 6 Faggio 2771 118,33 18,21 6.500 500 13 Castagno 2331 99,56 17,17 5.800 290 20 Pioppo 3317 141,63 19,68 7.200 450 16 Douglasia 1990 85,01 19,68 4.320 360 12 Pino strobo 1437 61,40 19,68 3.120 390 8 Abete rosso Abete bianco 8 380 3.040 19,68 59,82 1400 47,31 x 310 = oltre 1.100 t/gasolio 0,21 0,30 0,18 0,13 0,12 % Col/ha/anno kg gasolio GJ/ha MJ/kg kg/ha kg/ m3 m3 /ha Specie Energia solare ricevuta Accresimento medio Massa Volumica Sostanza secca PCS Energia immagazzinata in 1 anno Un aspetto importante quindi è il tipo di intervento che ha analoga importanza al tipo di coltura (applicato a un bosco o a una coltura non forestale) perchè determina la quantità di biomassa prelevata, le sue caratteristiche ed il costo del prelievo. Tab. 2.2 - Captazione energetica annuale media di alcuni boschi (da Zilli, 2002) Nelle nostre condizioni appenniniche, ogni anno un ettaro di bosco produce un quantitativo di legno nuovo pari a 3,5 - 8,5 t/anno (circa 8 - 20 MWh/ (ha*anno)), sufficienti a riscaldare 5 classi di una scuola elementare di un piccolo centro. Rendimento della fotosintesi Anche gli interventi fuori foresta offrono vantaggi non monetari - al pari della selvicoltura. Infatti, se la manutenzione dei boschi offre importanti benefici in termini di prevenzione degli incendi forestali, difesa dall’erosione e immobilizzazione dell’anidride carbonica, il recupero di biomassa residuale da colture non forestali risolve gravi problemi di smaltimento, con effetti altrettanto seri sulla godibilità dei luoghi e sulla produzione di CO2. 15 Tab. 2.3 - Fonti legnose naturali, prodotti combustibili ottenibili e quantitativi potenziali ai fini energetici Fonti legnose Tipologia di prodotti ottenibili Il compito è stato svolto mediante, l’acquisizione e la sistematizzazione di informazioni diffuse sul territorio e la costituzione di mappe di attitudine per la produzione di biomassa, dedicata e/o residuale, ad utilizzo energetico e attraverso la definizione di un modello con cui trattare informazioni tecnico-economiche utili ad individuare filiere agro energetiche operanti su base territoriale (bacini e/o distretti agroeenergetici). Quantitativi (1) t/ha di t.q. - utilizzazioni boschive commerciali Allestimenti commerciali, cippato da ramaglie e cimali, densificati 15 - 50 - taglio del bosco ceduo Allestimenti commerciali, cippato da ramaglie e cimali, densificati 70 - 120 - sfolli e primi diradamenti cippato da ramaglie e cimali, densificati 30 - 70 - ripulitura fossi scarpate e aree fluviali cippato da ramaglie e cimali, densificati 60 - 120 Le biomasse utilizzabili Nella tabella 2.3 si inquadrano le colture e gli interventi che si prestano meglio a fornire biomassa combustibile, nonchè i quantitativi, derivanti da: popolamenti forestali, arboricoltura da legno, ripulitura fossi, alvei e scarpate fluviali. 1) Quantitativi riferiti, rispettivamente, a cicli temporali tipici di prelievo La figura 2.2, seguente è tratta da un recente progetto dell’ASSAM3 che aveva il compito di sviluppare una valutazione quali-quantitativa della biomassa agricola e/o forestale utilizzabile per la produzione di energia e di definire, in prima approssimazione, i criteri per la definizione di distretti territoriali vocati alla produzione di biomassa per la produzione di energia (altresì distretti territoriali) con caratteristiche tecnico-economico favorevoli allo sviluppo di filiere agroenergetiche o silvoenergetiche. Fig. 2.2 - Carta dell’attitudine dei boschi marchigiani alla produzione della biomassa per la filiera legno- energia. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M La figura 2.2 è uno dei risultati finali, quali sintesi dello studio sviluppato e mette in evidenza, tra le altre cose, una alta attitudine alla produzione e quindi al prelievo dei boschi marchigiani nella provincia di Pesaro-Urbino. 3 ASSAM, 2009 - Progetto “Valutazione del potenziale energetico della biomassa di origine agroforestale e criteri per la definizione di bacini agroenergetici nella Regione Marche”. Probio (2006) 16 17 Le biomasse utilizzabili …”Il ritorno del bosco su buona parte dell’Appennino marchigiano è auspicabile considerando che la Regione Marche ha il primato della più alta percentuale di seminativi sull’intera superficie territoriale regionale, pari al 47% contro il 36% dell’Italia centrale ed il 30% del territorio nazionale; si deve poi considerare che la superficie regionale è costituita per 2/3 da territori montani ed alto collinari e che quindi buona parte dei seminativi sono localizzati in ambienti marginali sia da un punto di vista colturale che economico. Il bosco dovrebbe essere reinsediato per ragioni ecologiche ed ambientali soprattutto nelle aree collinari della fascia costiera dove attualmente dominano i seminativi e sono presenti ridotti lembi boscati lineari”…. Fonte: Regione Marche “Inventario e carta regionale della regione Marche Relazione generale”, 2000 … “Dal punto di vista della produzione di biomasse forestali ad uso energetico, le aree collinari possono inoltre essere di grande interesse per contribuire alle problematiche indotte dal global warming (Protocollo di Kyoto), con riferimento ai crediti di carbonio generabili dagli impianti forestali e dall’uso delle biomasse derivate dalla Short (Medium) Rotation Forestry, impianti a turno medio-breve per la produzione del quantitativo calorico necessario al proprietario per il mantenimento di caldaie a biomassa forestale o mista, o per la vendita aziendale di parte della biomassa legnosa e della biomassa agricola in eccesso rispetto al fabbisogno per autoconsumo. 18 La produzione di legno fuori foresta è un imprescindibile fattore di sviluppo per l’agricoltura marchigiana, soprattutto a seguito della riforma della PAC (si pensi agli effetti della medesima sulla cerealicoltura) ed alla crisi di alcune produzioni per effetto delle scelte comunitarie in merito alle OCM (si pensi agli effetti di recenti decisioni in merito sulla bieticoltura). Vaste superfici che sino a poco tempo fa avevano la loro coltura di elezione possono essere interessate da investimenti produttivo-legnosi; la scarsa sperimentazione sul territorio regionale di impianti e tecniche colturali ad hoc rende per ora la forestazione produttiva un obiettivo da perseguire, non potendosi però valutare appieno la risposta e l’interesse dell’utenza, ma soprattutto le soddisfazioni colturali e reddituali degli investitori. Le opere di afforestazione, riforestazione ed agroforestazione sono una delle azioni chiave del Piano (azione 8) che concorre all’incremento del sink annuale e totale di carbonio (par. 3.3 degli Accordi sottoscritti nella COP 7 di Marrakesh). La ricerca, la miglior progettualità e la formazione degli imprenditori risulteranno anche questi elementi chiave per un maggior successo degli impianti che si realizzeranno in futuro rispetto a quelli realizzati con i regolamenti comunitari passati, e rappresentano specifiche azioni del Piano (azioni 5 e 6)”.… Fonte: Regione Marche - Piano forestale regionale, 2009, pag. 59 19 Un’azienda agroenegergetica potrebbe essere vista come un’azienda agricola multifunzionale, nella quale le siepi e le bordure potrebbero assumere un aspetto non trascurabile. L’importanza di queste strutture naturalistiche è molto importante al punto che negli ultimi anni, se non sono preesistenti, ci si preoccupa di realizzarle, il più delle volte con finalità prevalenti di tipo paesaggistico. Difatti l’importanza di tali strutture naturali è molto più ampia ed è schematizzabile nelle seguenti funzioni: -- Biodiversità; -- Beneficio paesaggistico; -- Frangivento; -- Controllo dell’erosione; -- Fitodepurazione; -- Captazione della CO2; -- Contenimento della deriva dei fitofarmaci; -- Integrazione del reddito (contributi); -- Integrazione del reddito (miele, funghi, tartufi, frutti selvatici, selvaggina, ecc.); -- Produzione di biomassa legnosa. Una agricoltura che stà vivendo un progressivo abbandono della cura del territorio in riferimento ad un minor impegno complessivo nella regimazione delle acque e delle sistemazioni agrarie, strettamente collegato alla riduzione del reddito da agricoltura; -- Questi appezzamenti sono sempre più inseriti in una “campagna urbanizzata” che richiama sempre più un bisogno di “ambiente” per bilanciare l’urbanizzazione; -- La qualità della biomassa prodotta e ceduata è molto spesso superiore a quella di tutti gli altri tipi di biomassa da coltivazione dedicata. Le specie arboree più diffuse sono la robinia, il frassino, il platano, l’ontano, tra le quail si possono intervallare specie arbustive quail il nocciolo, il biancospino, il prugnolo. Gli interventi di assiepamento possono essere fatti sia consolidando strutture preesistenti oppure, più convenientemente, rinaturalizzando razionalmente fossi, scarpate, bordi di campi coltivati. I costi di realizzazione di siepi da energia sono chiaramente molto variabili dipendendo da molti fattori quali la tipologia di piante, la qualità del materiale vivaistico, l’investimento di piante per metro lineare le cure nel primo anno di impianto, ecc… I costi di realizzazione, quindi, indicativamente si possono stimare in 2,5-4 €/metro lineare4. Produttività media di turni di ceduazioni di 6-7 anni di assiepamenti razionali: Focalizzando rispetto alla funzione di produzione di biomassa legnosa, si può rilevare che una strategia di sostegno per la creazione di siepi e bordure nelle aziende agricole, potrebbe integrarsi in tutte le filiere agroenergetiche. -- Siepe di robinia, 4-6 t t.q./ 100 m lineari (M50) -- Siepe di platano, 7-10 t t.q./ 100 m lineari (M50) Apparentemente si tratta di un “ritorno al passato” (dopo la lunga fase dell’agricoltura intensiva tesa alla massimizzazione della PLV, che ha portato ad un abbattimento delle “tare” per lasciare spazio a cantieri agricoli complessi ed altamente efficienti) in realtà da qualche anno, si vedono diversi strumenti comunitari e la PAC spingere nella direzione della rinaturalizzazione del paesaggio agrario ed in una maggiore azione di tutela del territorio. Il potenziale contributo di siepi e bordure in termini quantitativi può essere interessante, se si considerano i seguenti aspetti gestionali e produttivi di un sistema arboreo lineare da biomassa sul nostro territorio: I costi di prelievo sono generalmente bassi e sono riferiti normalmente a cantieri rinvenibili nell’azienda (motosega, trattore con rimorchio). L’eventuale uso di cantieri più complessi ha anch’esso dei costi di esercizio relativamente bassi per la facile raggiungibilità delle piante e di conseguenza per la buona resa oraria che si riesce ad ottenere. Indicativamente, in assenza di finanziamento per i costi di impianto5 si può ritenere che il primo turno di taglio serva a pareggiare i costi di impianto sostenuti mentre i turni successivi potranno garantire un reddito netto di circa 300-400 € /100 m lineari per turno, riferiti al valore commerciale della legna. -- 20 -- Le caratteristiche del territorio sono mediamente molto favorevoli. Un quadro di frammentazione e polverizzazione delle aziende molto diffuse; appezzamenti quindi medio-piccoli, quindi una maglia poderale piccola con un elevato sviluppo perimetrale. Le biomasse utilizzabili Scheda 1 - Siepi e bordure 4 Usando piantine di piccole dimensioni di 1, max 2 anni di vivaio. 5 Attualmente diverse Regioni hanno inserito nei PSR 2007-2013 misure agro ambientale per la realizzazione di assiepamenti e arboricoltura di pianura. 21 Mentre ben più alto sarebbe il vantaggio economico riferito al combustibile fossile eventualmente sostituito: ~ 10 t legna M30 ricavabile da 200 m di siepe => 34 MWh6 => 1250 € (prezzo di mercato legna 125 €/t 7) 34 MWh da metano => 3400 m3 => 2380 € (costo metano 0,7 €/Nm3) 34 MWh da gasolio => 3,18 t di gasolio => 2862 € (costo gasolio 900 €/t) Tab.2.4 - Fonti legnose da arboricoltura da legno, tipo di prodotti combustibili ottenibili e quantitativi potenziali ai fini energetici Fonti legnose Tipologia di prodotti ottenibili 2.2 - Le coltivazioni dedicate da biomassa Le specie destinabili a coltivazioni dedicate per alimentare filiere energetiche sono molteplici e distinguibili per cicli di vita, per tipologia di struttura vegetale, per tipologia di biomasse combustibili ottenibili. Nella tabella 2.5 sono riassunte alcune specie utilizzate in sistemi SRF (short rotation forestry) che maggiormente hanno suscitato l’interesse in ipotesi bioenergetiche. Il prodotto combustibile ottenibile dalle coltivazioni SRF è normalmente un cippato che viene realizzato direttamente in campo. Tab. 2.5 - Fonti lignocellulosiche da coltivazioni dedicate (SRF), e potenziali produttivi annuali Quantitativi (1) t/ha di t.q. Coltura Produzione s.s. (t/ha) Ciclo - pioppeti cippatura ex tondello da cartiera 35 - 50 - pioppeti cippato da ramaglie e cimali 40 - 50 Pioppo taglio biennale * P 15 - pioppeti cippato da ceppaie 15 - 20 Pioppo taglio annuale P - noceti cippato da ramaglie e cimali 25 - 40 Eucalipto - ciliegeti cippato da ramaglie e cimali 25 - 40 legna e cippato 4-8 - Specie diverse (platano, acero, olmo, pioppo, frassino, salice, robinia) Le biomasse utilizzabili La legna prodotta da circa. 170-200 metri lineari di siepe può soddisfare il fabbisogno termico annuale di una abitazione rurale (caldaia di 30 kW). Considerati i turni di ceduazione (5-7 anni) sono necessari circa 1000 metri complessivi di siepe per l’autosufficienza. range Produzione stimata (t/ha) Umidità biomassa (%) PCI (GJ/ ts.s.) media s.s. biomassa stimata medio 25 20 15 27 45 20,1 9 13 11 11 22 50 20,1 P 15 20 17,5 12 24 50 18,6 Robinia P 10 15 12,5 11 22 50 17,8 Salice P 10 15 12,5 11 22 50 18,7 * rapportato all’anno. Valori più probabili raggiungibili nei nostri ambienti. 1) Quantitativi riferiti, ripsettivamente, a cicli temporali tipici di prelievo 6 34 MWh sono il fabbisogno di energia termica di una abitazione di 200-300 m2, con consumi energetici medio-alti. 7 Il vantaggio difatti è ancora maggiore perchè il costo del prelievo della legna dalla siepe è significativamente più basso del suo prezzo di mercato. 22 Ancora più numerose sono le colture erbacee che sono state interessate in una logica di produzione di biomassa ad uso energetiche da colture dedicate. Nella tabella 2.6, sono riassunte quelle di cui vi sono le esperienze più significative sui nostril territori. Peraltro solo per alcune di esse vi sono state concrete esperienze di filiere operative e funzionanti. Molte sono in progetto e probabilente nei prossimi anni l’interesse si focalizzerà sono su alcune di esse e vi saranno anche processi di ottimizzazione della tecnica, percorsi di miglioramento genetico, ottimizzazione della meccanizzazione e della logistica. In merito ai due ultimi aspetti, sicuramente vi sono dei grossi passi da sviluppare; attualmente la biomassa 23 Le biomasse utilizzabili necessita spesso di un condizionamento in campo per abbattere il tenore dell’umidità, quindi la biomassa viene imballata o trinciata per arrivare ad un combustibile che ancora presenta problematiche non marginali nella fase di stoccaggio (fermentazioni, riscaldamento) e nella logistica (basso peso specifico apparente). Tab. 2.6 - Fonti lignocellulosiche da coltivazioni erbacee dedicate, e potenziali produttivi annuali Coltura Ciclo Produzione s.s. (t/ha) range media Produzione t.q. (t/ha) range media Umidità alla raccolta (%) biomassa Produzione stimata (t/ha) P.c.i. teorici (GJ/t s.s.) range *Stimata s.s. biomassa media Umidità (%) Canapa A 8 15 12 27 60 43 70 75 30 12 20 15,9 Kenaf A 10 20 15 15 80 48 35 75 35 15 48 15,9 Sorgo da fibra A 22 28 25 73 112 93 70 75 40 24 93 16,9 Canna comune P 20 35 28 36 88 62 45 60 40 25 62 17,5 Cardo P 10 15 12 13 21 17 20 30 20 12 17 15,6 Miscanto P 15 30 23 18 43 31 15 30 25 23 31 17,0 Panico P 10 25 18 15 42 29 35 40 35 15 23 15,9 Fig. 2.3 - Produzioni energetiche ettariali di alcune colture da biomasse in rapporto ai rispettivi valori di umidità al momento della trasformazione in biocombustibili Nella figura 2.4 il potenziale energetico è messo in relazione con i costi di produzione che sono stati necessari per ottenerlo. In una fascia di potenziale energetico intorno a 7 tep/ha il Panico si distacca dalle altre colture (Pioppo, Kenaf, Miscanto, Canapa) per avere dei costi diretti di produzione relativamente contenuti. Canna e Sorgo da fibra presentano costi di produzione tra i più elevati che però sono compensate da un livello di produzione di biomassa e quindi di energia potenziale tra i più elevati. A = annuale; P = poliennale (durata stimata di 10 anni) (*) dopo eventuale condizionamento in campo Le tre figure che seguono si propongono di mettere in relazione la produttività delle colture da biomassa prese in considerazione con due aspetti fondamentali, uno tecnico logistico relativo alla umidità e l’altro economico relativo ai costi di produzione ettariali. Nella figura 2.3 si osserva innanzitutto che tutte le colture energetiche alla fase di raccolta, sia direttamente o per effetto di un processo di condizionamento (che quindi incide sui costi), presentano un tenore di umidità inferiore al 50%; si può notare che il Miscanto presenta un interessante equilibrio tra potenziale energetico e umidità. Sorgo e Canna sono interessanti per l’alto potenziale produttivo e un tenore di umidità più gestibile, rispetto al pioppo. Fig. 2.4 - Produzioni energetiche ettariali di alcune colture da biomasse in rapporto ai rispettivi costi di produzione 24 25 Le biomasse utilizzabili Il costo stimato per produrre una tep (vedi figura 2.5) da biomasse dedicate può ragionevolmente essere compreso tra 59 € e 158 € con le colture prese in considerazione (costo medio 93,8 €/tep), sulla base di diverse esperienze di coltivazioni e in una logica di sistemi di coltivazione che tengono in debito conto il rapporto output/input tra energia immessa e ricavata dal sistema. Tra le colture che presentano anche interessanti livelli di produttività ad ettaro si segnala il Sorgo da fibra (tra le annuali), la Canna comune e il Panico (tra le poliennali). Sono queste le colture erbacee di cui difatti si hanno i maggiori riscontri operativi. Tra le colture SRF il pioppo presenta un interessante potenziale che però deve fare i conti, più delle colture precedentemente citate, con la vocazionalità del territorio, potendo in condizioni ottimali (terreni sciolti e falde affioranti) raggiungere livelli produttivi molto interessanti (per ulteriori informazioni su queste colture vedere anche il volume della stessa collana “Biomasse ad uso energetico”). Dal lavoro di ASSAM, in precedenza citato, che aveva anche l’obiettivo di elaborare una carta attitudinale alla produzione di agroenergia a scala regionale e un modello per il dimensionamento di filiere locali è stato definito un modello multiparametrico che tenesse conto di disponibilità, vincoli e vocazionalità dei suoli, è stata estratta la figura 2.6 che mette in evidenza come per il Pioppo ci sia una attitudine alla coltivazione limitata alle zone di fondovalle dei bacini. Mentre più ampia è l’attitudine alla coltivazione della Robinia (vedi fig. 2.7), che interessa una ampia zona nella fascia verso la costa, in particolare nelle provincie PesaroUrbino e Ancona. Fig. 2.6 - Carta dell’attitudine del territorio marchigiano alla coltivazione del Pioppo SRF. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M Fig. 2.5 - Costi indicativi di produzione di un tep equivalente derivante da diverse coltivazioni dedicate per biomasse 26 27 Le fonti legnose residuali trattate di seguito sono solo alcune tra quelle teoricamente utilizzabili per usi energetici. La scelta è stata fatta cercando di coniugare un punto di vista tecnico (che pone le biomasse indicate da destinare ad uso energetico quale proposta accettabile nell’ambito delle biomasse possibili) con la difficoltà che comunemente si riscontra nell’operatività di chi si accinge ad utilizzare queste risorse. Si tratta di biomasse residuali, che in alcuni casi orbitano nel campo dei rifiuti (tab. 2.7) ma che presentano, se razionalmente e correttamente gestite, tutte le caratteristiche di non pericolosità e di compatibilità con un recupero energetico. Ancora più diffuse e comuni sono le biomasse agricole residuali (tab. 2.8). Le biomasse utilizzabili 2.3 - Le fonti legnose residuali Tab. 2.7 - Fonti legnose da verde pubblico, ripulitura fossi, scarpate e aree fluviali, tipo di intervento praticabile e potenziali produttivi Quantitativi (1) Colture Tipologia di prodotti ottenibili Verde pubblico cippato da cippatura di potatura 80 - 250 (kg/pianta) cippato da cippatura integrale 60 - 120 Ripulitura fossi, scarpate e aree fluviali t/ha di t.q. 1) Quantitativi riferiti a cicli temporali tipici di prelievo Fig. 2.7 - Carta dell’attitudine del territorio marchigiano alla coltivazione della Robinia SRF. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M Tab. 2.8 - Principali caratteristiche e potenzialità di alcune biomasse agricole residuali facilmente rinvenibili sul nostro territorio Produzioni tipiche Umidità alla raccolta Carbonio Ceneri PCI tt.q./(ha*anno) % % su s.s. % su s.s. MJ/kg ss Paglia frumento tenero 3-6 14 - 20 7 - 10 17,2 - 17,6 Paglia frumento duro 3-5 14 - 20 5 - 10 17,2 - 17,6 Paglia altri cereali autunno-vernini 3 - 5,5 14 - 20 5 - 10 13,8 - 17,6 Culmi di girasole 2-5 14 - 20 8,8 - 12,9 15,2 - 17,9 Sarmenti vite 3-4 45 - 55 2-4 18,0 - 18,4 Frasche di olivo 1 - 3,5 50 - 55 5-7 18,4 - 18,8 Residui potatura altri fruttiferi 2 - 4,5 35 - 45 9 - 13 18,0 - 18,4 Sottoprodotto agricolo 28 45,6 - 48,4 42,7 - 46,8 47,6 - 49,3 29 I residui di potatura annuale dei fruttiferi, tal quali, in particolare nei moderni frutteti con alberi di dimensioni sempre più ridotte, difficilmente sono utilizzabili in caldaie di piccole dimensioni, ma considerando gli espianti dei frutteti a fine ciclo, una azienda frutticola mista di 10-15 ettari con cicli disetanei dovrebbe avere legna a sufficienza per alimentare una caldaia di 30 kW tutti gli anni. Peraltro sono presenti caldaie predisposte per l’utilizzo di ramaglie densificate in ballette di piccole dimensioni. In comprensori intensamente frutticoli non è raro riscontrare servizi specializzati di raccolta dei residui di potatura e degli espianti con relativa concentrazione di biomassa legnosa residuale che possono ambire ad alimentare caldaie più grandi, eventualmente a servizio di minireti di teleriscaldamento o per produrre combustibili densificati. Le biomasse utilizzabili La figura 2.8, derivante dallo studio ASSAM già citato, sulla base di una stima pari a 3,88 t/ha di residui cerealicoli, mette in evidenza una loro significativa concentrazione di disponibilità teorica nella provincia di Ancona. In generale, mettendo insieme i residui della coltivazione del girasole, nell’area centrale della Regione vi è un potenziale rilevante di biomasse residuali a basso valore di umidità facilmente addensabili (balloni) e altrettanto facilmente stoccabili. Fig. 2.8 - Superfici (ha) cerealicole e i relativi sottoprodotti per ciascun comune della regione. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M Fig. 2.9 - Superfici (ha) a girasole e i relativi sottoprodotti per ciascun comune della regione. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M 30 Esempio di caldaia alimentabile con diversi biocombustibili, da fonti primarie e residuali, e con possibilità di utilizzo di forme addensate, tipo ballette di residui di potatura. Ditta Equador Snc (BO) (34-250 kW) 31 Le biomasse utilizzabili Nella figura 2.10 si può osservare che la disponibilità dei residui potenzialmente derivanti dalla potatura dei fruttiferi e decisamente più limitata rispetto ai residui dei cereali e del girasole. Solo nella parte più a sud della regione (provincie di Ascoli P. e Fermo ) è presente un’area con una concentrazione interessante. Fig. 2.12 - Superfici (ha) ad olivo e i relativi sottoprodotti per ciascun comune della regione. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M Fig. 2.10 - Superfici (ha) a fruttiferi e i relativi sottoprodotti per ciascun comune della regione. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M Con densità territoriali simili a quelli dei fruttiferi per territorio comunale (dell’ordine di circa 1000 t di residui/area Comune) la quantità di residui di potatura di vite (fig. 2.11) e olivo (fig. 2.12) è però molto più diffusa sul territorio, in particolare l’ampia fascia collinare che degrada verso il mare. Fig. 2.11 - Superfici (ha) vitate e i relativi sottoprodotti per ciascun comune della regione. Fonte: Elaborazione Centro Operativo Servizio Suoli - A.S.S.A.M 32 33 I residui delle lavorazioni agroindustriali, presentano anch’essi delle oggettive difficoltà di inquadramento, valutazione e stima. Nella maggior parte dei casi seguono il circuito dei rifiuti urbani e/o speciali. Il destino prevalente, quando non finiscono in discarica, è il recupero di materia nel processo di compostaggio; altri destini sono il recupero e riutilizzo come “materie prime secondarie” con recupero di materia (es. olio di vinaccioli, marndorla di semi di drupacee) Tab. 2.9 - Principali caratteristiche di alcune biomasse legnose residuali dalle lavorazioni industriali facilmente rinvenibili sul nostro territorio Residui della lavorazione industriale Incidenza sul prodotto principale Umidità Massa volumica apparente Carbonio Ceneri PCI % sul t.q. % kg/m3 % su s.s. % su s.s. MJ/kg ss Sanse esauste 22 - 28 15 - 20 400 - 500 45,8 - 54,4 4-6 17,6 - 18,4 Vinacce esauste 25 - 30 40 - 65 250 - 500 50,4 - 55,7 5-7 16,5 - 17,4 Noccioli pesca 4-8 12 - 15 350 - 550 50,8 - 57,6 1-3 16,9 - 17,8 Gusci noci e nocciole 50 - 55 12 - 15 350 - 550 50,0 - 55,0 0,5 - 2 16,9 - 17,8 Le biomasse utilizzabili 2.4 - Residui delle lavorazioni agroindustriali Fig. 2.13 - Da sinistra verso destra, nocciolino di sansa, gusci di nocciole, noccioli di pesca, vinacce esauste. Tra questi scarti ne esistono alcune tipologie altamente vocate al recupero energetico (tab. 2.9), quali i gusci derivanti dalla lavorazione della frutta secca, le sanse che in alcune realtà (spesso all’interno dello stesso stabilimento di produzione) sono in grado di alimentare produzioni energetiche di tutto rispetto (sono stati del resto storicamente recuperati ai fini energetici, basti pensare alla carbonizzazione della sansa e gusci di nocciole, fatta fino a pochi anni fa, utilizzata poi nei bracieri per il riscaldamento in ambienti familiari rurali); anche le vinacce ed i vinaccioli presentano cicli di recupero interessanti. 34 Gusci di noci e nocciole sono combustibili facilmente stoccabili e conservabili per il loro basso contenuto di umidità. Sono inoltre facilmente reperibili in alcune aree ad intensa coltivazione delle colture e/o lavorazione della frutta secca. 10 t di gusci sono sufficienti a soddisfare il consumo di un caldaia 30 kW per un funzionamento di 1.200 ore. Fig. 2.14 - Esempi di caldaie (Ditta Dalessandro - AP) con funzionamento standard a pellet, mais, cereali, noccioli d’oliva e tutte quelle biomasse granulari non superiori ad 8 mm di diametro, adattabili anche per il funzionamento con cippato, noccioli di frutta (pesche, albicocche, prugne). 35 La prima opzione è praticata soprattutto nella potatura del verde urbano, dove si preferisce semplificare il cantiere per ridurre l’ostacolo alla viabilità; mentre in tutti gli altri casi è preferibile trasformare il residuo in una forma più facilmente manipolabile. Le biomasse lignocellulosiche richiamate nel capitolo precedente necessitano di uno o più interventi per renderle più funzionali all’utilizzo e alla trasformazione energetica. Sono pertanto necessari interventi in grado di far diventare la biomassa naturale, coltivata o residuale un combustibile. Fig. 3.1 - Schematizzazione del condizionamento, quale insieme di azioni necessarie per poter trasformare convenientemente le biomasse in biocombustibili. Fig. 3.3 - Harvester La preparazione dei combustibili legnosi 3 - La preparazione dei combustibili legnosi Fig. 3.4 - Cippatrice di grande potenza in azione all’imposto Da un punto di vista operativo, la raccolta si articola nelle seguenti fasi: È necessaria pertanto una fase di raccolta che consiste nel movimentare un certo materiale dal luogo in cui esso è disponibile a quello in cui è possibile caricarlo sui mezzi per il trasporto. Quindi considerando che i prodotti agro-forestali8 sono trasportati quasi esclusivamente su automezzi, la fase di raccolta si considera conclusa quando essi avranno Fig. 3.2 - Forwarder in azione raggiunto un piazzale di carico adiacente ad una strada camionabile. Tale piazzale è detto imposto e la sua superficie può essere la più varia (da un semplice allargamento della sede stradale, fino ad uno o più ettari). La biomassa arborea può essere raccolta e caricata sui mezzi di trasporto tal quale, cioè senza subire alcuna trasformazione, oppure può subire una o più lavorazioni, che hanno lo scopo di facilitarne la movimentazione. 8 Si tralascia il caso delle biomasse legnose residuali che presentano una complessita difficilmente riconducibile a schematismi di carattere generale 36 -- Abbattimento; Concentramento; Movimentazione; Trasformazione Non sempre queste operazioni sono tutte necessarie, così come è variabile la loro sequenza, soprattutto per quanto riguarda l’eventuale trasformazione, che può avvenire prima, dopo o durante la movimentazione. È necessario, quindi organizzare opportunamente le diverse operazioni in sistemi di lavoro così da evitare ogni rallentamento della catena di lavorazione che andrebbe inevitabilmente ad incidere sui costi del combustibile finale, fino a rendere antieconomico il prelievo. La biomassa puó presentarsi in una gran varietà di forme: potature, ramaglie, fusti sottomisura, grossi fusti non commerciali. Pertanto è evidente che un’operazione come l’abbattimento, ad esempio, sarà necessaria nel caso dei fusti in piedi, e superflua in quello delle ramaglie. Analogamente, l’eventuale processo di trasformazione dovrà essere adeguato al tipo di residuo: la sminuzzatura è più adatta alle piante intere, la frantumazione alle ramaglie grosse e l’imballatura a quelle sottili. Nella realtà le situazioni sono spesso più complesse per le condizioni fisiche stazionali, soprattutto per quanto riguarda la giacitura del terreno e la disponibilità di infrastrutture. Ad esempio le cippatrici transitano e operano male il terreno pendente, ed in questo caso viene meno la possibilità di trasformare la biomassa prima della movimentazione. Analogamente la viabilità determina la distanza di movimentazione, e può condizionare la scelta dell’intero sistema di lavoro. 37 Infine, molto dipende dalla preparazione del personale e dalla disponibilità di attrezzature meccaniche. In teoria, è possibile modificare quest’ultimo fattore con maggiore facilità, soprattutto per quanto riguarda l’acquisto di macchinario adeguato, in pratica, ciò avviene solo quando il nuovo mercato della biomassa energetica diventa così importante da giustificare massicci investimenti per la nascita di ditte specializzate. In molti casi, il costo di raccolta e trasformazione è abbastanza limitato. Ciò che manca è un mercato capace di assorbire questo materiale in quantità rilevanti, tali da giustificare i necessari investimenti per meccanizzare i cantieri di raccolta. Le trasformazioni più comuni sono: -- depezzatura (taglio del materiale lungo in sezioni accorciate) -- sminuzzatura (riduzione in frammenti regolari, tramite strumento a coltelli) -- frantumazione (riduzione in frammenti irregolari, tramite strumento a martelli) -- compattazione/imballatura (compressione del materiale sciolto in pacchi più regolari e compatti) La figura 3.6 riusssume le principali classi dimensionali derivanti da processi di Fig. 3.5 - Da sinistra, operazioni di depezzatura, cippatura in piattaforma e raccolta e addensamenti di sarmenti di vite in ballette di piccole dimensioni. condizionamento che una biomassa legnosa puo ricevere; le frazioni più grossolane hanno un utilizzo combustibile diretto mentre per le frazioni più fini (polvere di legno, segature) si aggiungono processi di compattazione che portano a forme e dimensioni ulteriori di combustibili densificati. Fig. 3.6 - Classi dimensionali di combustibili legnosi. 38 Scheda 2 - Produttività dei Cantieri e Costi di Lavorazione La produttività dei cantieri forestali è estremamente variabile, e fondamentalmente dipende da: -- Caratteristiche del terreno, del bosco e delle infrastrutture; -- Tipo di intervento; -- Macchinario impiegato; -- Professionalità degli operatori. Chiaramente i migliori risultati si ottengono nel taglio raso delle piantagioni, generalmente situate in terreno pianeggiante. In queste condizioni è possibile meccanizzare tutte le operazioni in modo adeguato, ottenendo un’elevata produttività oraria. La preparazione dei combustibili legnosi Occorre, ancora, considerare attentamente il valore ecologico/naturalistico dell’ambiente in cui si opera, perchè questo può imporre particolari restrizioni sul modo di operare e sul macchinario utilizzabile. L’impiego di mezzi cingolati, ad esempio, spesso è vietato nei boschi cedui, ma spesso è accettato nei pioppeti. Quando si opera in montagna, la produttività cala drasticamente, specialmente se l’intervento consiste in un taglio selettivo. In queste condizioni l’economicità delle operazioni dipendono dalla vicinanza di una strada su cui possano transitare i mezzi di esbosco. In mancanza di infrastrutture adeguate, l’intervento risulta troppo oneroso ed il bosco resta abbandonato. In ogni caso, anche dove esistono le infrastrutture, la selvicoltura montana può competere con l’arboricoltura delle pianure adiacenti solo dove offre assortimenti di un certo pregio. Questo ovviamente non è il caso del cippato. Occorre quindi sempre verificare se ci sono risorse disponibili in pianura, prima di affrontare le difficoltà di prelievi in montagna. Chiaramente in presenza di infrastrutture adeguate, un cantiere ben organizzato può produrre cippato anche nei boschi di montagna, restando entro il prezzo massimo offerto oggi da molti impianti: 60 - 70 €/t, (M40-M50). In linea di massima si possono fornire alcuni campi di variazione per le produttività di abbattimento, esbosco e cippatura (riassunti nella tab. scheda 2.1). L’abbattimento direzionale effettuato con motosega consente una produttività variabile tra le 0,8 e le 5 t/ora, escludendo l’eventuale sramatura e depezzatura. La produttività supera facilmente le 10 t/ora, se il motoseghista è assistito da un secondo operatore a bordo di un escavatore cingolato, arrivando a 50 t/ora nei pioppeti specializzati. In questo caso, l’escavatore serve anche ad accumulare le piante in mucchi compatti, agevolando l’esbosco. In alternative alla coppia motoseghista-escavatore, si può utilizzare un escavatore dotato di testa di abbattimento, che è più comodo e soprattutto molto più sicuro. In ogni caso, l’impiego dell’escavatore è limitato ai terreni pianeggianti. Anche l’esbosco delle piante intere è condizionato da produttività estremamente variabili in funzione delle condizioni di lavoro. In terreno meccanizzabile, l’esbosco su brevi distanze può essere effettuato: 39 con un escavatore, che spesso raggiunge una produttività oraria di 12-15 t/ora, -- con un trattore con pinza posteriore quando la distanza supera i 50-60 m (su 150 m un buon trattore da 100 kW riesce ad esboscare anche 7 t/ora, a patto che le piante siano state concentrate in fastelli di dimensioni adeguate) ; -- si può utilizzare un trattore con verricello, dove il terreno è al limite dell’accessibilità, in questi casi però si hanno prestazioni inferiori: 2,5-3 t/h. Per la cippatura il divario tra la produttività delle diverse soluzioni che è possibile adottare è ancora maggiore. In linea generale produttività e potenza sono strettamente collegate in un rapporto direttamente proporzionale. Recenti studi hanno dimostrato che la produttività della sola cippatura dipende essenzialmente da due fattori: la potenza massima della cippatrice e le dimensioni del materiale cippato. Al crescere di questi due fattori cresce anche la produttività della macchina. Naturalmente, la produttività del cantiere di cippatura dipende anche da altre considerazioni, quali la mobilità della cippatrice e il luogo di cippatura, imposto o letto di caduta. In linea di massima, una cippatrice produce di più se è impiegata all’imposto e se gode di una buona mobilità. Per la cippatura industriale, i dati indicano una produttività variabile tra le 10 e le 30 t/h, sempre che la cippatrice sia alimentata con una gru. Se la pezzatura media lavorata è molto grossa e la cippatrice adeguatamente potente si possono raggiungere le 400 t/h. Viceversa, la produttività delle cippatrici leggere alimentate manualmente supera di rado la soglia delle 30 t/h, ed in genere resta molto al di sotto. Tab. scheda 2.1 - Range di produttività di diversi tipi di interventi Operazione Abbattimento direzionale Esbosco di piante intere 40 Cippatura Macchine Operatività Note 0,8-5 t/h senza sramatura e depezzatura 10 t/h fino a 50 t/h, nei pioppeti specializzati 1 operatore con motosega operatore + assistente Escavatore In terreno meccanizzabile e distanze inferiori a 50-60 m 12-15 t/h Trattore con pinza posteriore distanze intorno ai 150 m 7 t/h Trattore con verricello Terreni ai limiti dell’accessibilità in spazi ampi, all’imposto Cippatrice leggera alimentata a mano anche in piazzole e aree di vegetazione diradate Con pezzature grosse fino a 40 t/h < 3 t/h Una misura della variabilità della cantieristica forestale che può essere utilizzata per il prelievo del legno e per la preparazione di assortimenti mercantili (escluso i processi di addensamento) si può rilevare dalla tabella scheda 2.2, laddove è evidente la grande variabilità di costo delle macchine ma evidentemente con capacità operative significativamente diverse per le stesse funzioni. Tab. scheda 2.2 - Costi di macchine e attrezzature per il primo condizionamento della biomassa legnosa Operazione/Macchina/Attrezzo Prezzo macchina/attrezzo Variazione (€) Abbattimento/raccolta/prelievo/trasporto all’imposto min. max Motosega 500 1.000 Trattore con verricello 48.000 65.000 Harvester 300.000 370.000 Harvester ibrido 220.000 260.000 Forwarder 180.000 270.000 Skidder 120.000 150.000 Processore su trattore 70.000 80.000 Processore su escavatore 220.000 240.000 Cippatrice piccola 4.000 38.000 Cippatrice media 15.000 80.000 Cippatrice grande 35.000 250.000 Segalegna 2,5-3 t/h 10-30 t/h Prep.ne assortimenti mercantili/combustibili Produttività con motosega Cippatrice industriale alimentata con gru La preparazione dei combustibili legnosi -- almeno 100 kW 600 2.100 Spaccalegna 2.000 15.000 Combinate (sega-spacca) 8.000 75.000 Trasporto per utilizzo Trattore con rimorchio 53.000 85.000 Autocarro con benna 110.000 150.000 41 Dove: Pu = peso del legno umido; Ps = peso del legno anidro M rappresenta la misura normalmente impiegata nella compravendita dei combustibili legnosi. L’umidità del legno anidro si indica con la lettera u, è un valore %, ed esprime la massa di acqua presente in rapporto alla massa di legno anidro. Le due seguenti formule consentono di calcolare u a partire da M e viceversa. 1) u = 100 x M/(100 - M); 2) M% = 100 x u/(100 + u) La preparazione dei combustibili legnosi M = (Pu - Ps) x 100/Pu Il grafico seguente rappresenta le relazioni riportate dalle precedenti formule 1) e 2). Aspetti Produttività Prezzi (€/t di t.q.) Turni/disponibilità anni Vincoli Punti di forza Punti di debolezza Boschi cedui Cure colturali, manutenzione bosco 35 - 65 varie 35 - 70 15 - 25 2-4 t/(ha · anno) 12 - 25 Impatti ambientali, Accessibilità accessibilità 35 - 65 1-2 t/(100ml · anno) Assiepamenti, arboricoltura lineare Ogni anno/ ciclo coltura 15 - 40 2-5 t/(ha · anno) Residui di potatura e espianti 2-5 30 - 45 8-16 t/(ha · anno) Forestazione a ciclo breve Riduzione costi di smaltimento; integrazione del reddito Diversificazione uso di terreni; specializzazzione; incentivi pubblici Costo di opportunità suoli, risorse idriche Presenza di contaminazioni Costi di opportunità suoli, suoli vocati (pioppo), qualità del cippato Costi di sottrazione _ Impatti ambientali positivi; valore paesaggistico e naturalità; ridotti costi impliciti di manodopera Diseconomie di scala; Tare improduttive; tare improduttive; disagi alle operazioni disagi alle operazione colturali colturali; manodopera specializzata Qualità della Grandi superfici; biomassa; bilancio impatti ambientali CO2 positivo, positivi potenziale notevole Diseconomie di scala; costi cantieristica; manodopera specializzata >4 Tab. 3.1 - Quadro di sintesi dei principali aspetti delle biomasse lignocellulosiche considerate Il contenuto idrico del legno si indica con le lettere M e/o w, è un valore %, ed esprima la massa di acqua presente in rapporto alla massa di legno fresco: Riduzione costi di smaltimento; integrazione del reddito Selezione materiale, percorsi differenziati, dichiarati e autorizzati continua 10 - 30 _ Sottoprodotti industriali Ad esempio ipotizzando che la massa di un legno fresco appena tagliato sia per metà di sostanza legnosa e per metà di acqua, abbiamo che il contenuto idrico del legno (M%) è pari al 50% e l’umidità del legno (u%) è del 100%; analogamente un cippato M30 presenta una umidità del legno (u%) del 43%. Presenza di contaminazioni; aspetti burocratici; accettabilità sociale Riduzione costi di smaltimento Selezione materiale, percorsi differenziati, dichiarati e autorizzati continua 15 - 20 _ Raccolta differenziata La presenza di acqua nel legno influenza, sotto molti aspetti, le peculiarità del combustibile legno. Esiste un valore di equilibrio dinamico tra il contenuto del legno lasciato ad essiccare e l’umidità dell’ambiente, che si attesta intorno al 20%. A tali livelli è presente solo l’acqua di saturazione legata alle emicellulose e alle fibre di cellulosa e lignina; mentre l’acqua di imbibizione, presente nei vasi e nelle cavità parenchimatiche, è praticamente assente. Presenza di contaminazioni; aspetti burocratici; accettabilità sociale 43 42 Scheda 3 - Contenuto idrico e umidità del legno Legno M50 -15% in volume Legno M25 Durante la stagionatura fino a valori del contenuto idrico intorno al 35% non si hanno riduzioni del volume del legno; mentre quando si inizia a perdere l’acqua di saturazione si ha anche una ”contrazione” del legno che varia tra specie e specie e può assumere valori tra il 10 e il 20% di riduzione rispetto al volume iniziale (vedi anche tab. 3.13). Il contenuto idrico del legno riduce grandemente il potere calorifico del legno, in quanto parte dell’energia liberata dal processo di combustione è utilizzata per l’evaporazione dell’acqua e difatti non disponibile per l’uso termico desiderato. Per ogni kg di acqua evaporata si consumano 2,44 MJ (pari all’energia di circa 0,2 - 0,3 kg di legna secca). Il legno viene impiegato come combustibile nelle sue diverse tipologie naturali, subendo diverse trasformazioni per assumore infine diverse caratteristiche e forme. Le piu diffuse trasformazioni del legno in biocombustibili sono riferibili alle seguenti tipologie: -- Legna in pezzi -- Cippato -- Pellet -- Briquettes/bricchette UNI ha pubblicato le Specifiche Tecniche UNI/TS 11263:2007 “Biocombustibili solidi - Caratterizzazione del pellet a fini energetici” e UNI/TS 11264:2007 “Biocombustibili solidi - Caratterizzazione della legna da ardere, bricchette e cippato” sviluppate dal Comitato Termotecnico Italiano Energia & Ambiente (CTI). Vedi tabb. 3.2, 3.4, 3.8 La preparazione dei combustibili legnosi 3.1 - I combustibili legnosi più diffusi Molto più articolato è il panorama dei biocombustibili solidi di derivazione dal legno e dalle biomasse lignocellulosiche, che possono trovare, in alcuni casi, anche utilizzi diretti senza condizionamenti; la tabella 3.2 ne riassume alcuni più diffusi, senza pretesa di essere esaustiva. Tab. 3.2 - Principali tipologie commerciali dei biocombustibili solidi (fonte: CTI-PROBIO) Il contenuto idrico del legno influenza, inoltre, la “fluidità” del combustile (nel caso di cippato e pellet); la conservabilità; la possibilità di destinazione energetica (generalmente le caldaie di grandi dimensioni hanno più possibilita di sviluppare processi di combustione ancora efficienti con biomasse con valori di umidità elevati). Combustibile Metodo di preparazione Bricchette Ø > 25 mm compressione in una pressa a pistone Pellet Ø < 25 mm estrusione Agglomerati sferoidali Ø < 50 mm centrifugazione Combustibile in polvere (polverino) < 1 mm macinatura Segatura 1-5 mm taglio con strumenti affilati Cippato 5-100 mm taglio con strumenti affilati Scaglie varia Ciocchi/tronchetti/tondelli Tondo lungo frantumazione con strumenti non affilati 100-1000 mm taglio con strumenti affilati > 500 mm taglio con strumenti affilati compressione in parallelepipedi compressione in parallelepipedi Balle 0,1 m 3 Balloni 3,7 m 3 Rotoballe 2,1 m3 compressione in cilindri Minirotoballe 0,8 m compressione in cilindri Fascine varia Tronchi virtuali 5-6 m Corteccia varia Paglia sminuzzata 44 Dimensione tipica 3 allineamento e legatura 3 10-200 mm Semi o granella varia Gusci e noccioli 5-15 mm compressione in cilindri residui da scortecciamento degli alberi taglio durante la raccolta essiccazione nessuna preparazione 45 L’ottenimento di legna in pezzi necessita di una serie di operazioni più o meno complesse in funzione della collocazione degli alberi da cui essa deriva. In linea generale comprende le seguenti fasi: -- Abbattimento - consiste nella nel taglio al piede dell’albero e nella sua collocazione a terra. È una operazione che può essere fatta con attrezzature relativamente semplici (motosega) o complesse (harvester); -- Allestimento - comprende le fasi di sramatura e depezzatura. -- Concentrazione - a seconda della collocazione delle piante abbattute possono essere necessarie operazioni di concentrazione delle piante intere o dei prodotti della fase di allestimento (rami e tronchi più o meno depezzati) per la definitiva riduzione in combustibili (legna in pezzi, cippato). La movimentazione per la concentrazione può avvenire con diverse modalità in dipendenza della condizione del letto di caduta rispetto all’imposto (luogo di raccolta e deposito. -- Normalmente la legna da ardere viene ridotta in pezzi di diametro compreso tra 5 e 30 cm e lunghi circa 1 m. Questa ultima pezzatura presenta diversi vantaggi: Una ulteriore lavorazione della legna a pezzi è la sua spaccatura in senso longitudinale che viene applicata alle pezzature con diametri maggiori che viene fatta meccanicamente con spaccatrici o con “taglia-spacca” combinate. Spesso alla legna a pezzi si accompagna la stagionatura che può durare circa 1 anno, portando l’umidità della legna a circa il 25%; nel caso di stagionature più prolungate (2 anni) l’umidità si può ridurre fino al 15%. L’utilizzo di questo combustibile per riscaldamento è prevalente in ambito rurale o montano, a livello domestico e più raramente in qualche caldaia con alimentazione di tipo manuale e con relativamente bassa efficienza energetica (50-60%). -- Facilità di accatastamento, -- Facilità di misura e stima, -- Maneggevolezza anche per una sola persona, -- Possibilità di usare macchine semiautomatiche agevolatrici per la realizzazione di rotoballe, Assortimento -- Facilità di trasporto su camion e rimorchi. Tale pezzatura (1 m) può essere utilizzata in alcune caldaie (con potenze almeno di 50 kW), viene usata nei forni di pizzerie, ma più comunemente questa pezzatura viene divisa in due parti da 50 cm (caminetti, caldaie, forni) in 3 parti da 33 cm (caminetti, forni) in 4 parti (stufe, termo cucine). La preparazione dei combustibili legnosi 3.1.1 - Legna in pezzi Tab. 3.3 - Rapporti di conversione legno/legna Legno tondo Spacconi Legna spaccata corta m3 msa msa msr 1 m3 tondame 1,00 1,4 1,2 2,0 1 msa spacconi di 1 m 0,70 1,0 0,8 1,4 1 msa legna spaccata corta 0,85 1,2 1,0 1,7 1 msr legna spaccata corta 0,50 0,7 0,6 1,0 La massa volumica sterica è un’unità di misura tipica delle biomasse legnose e consiste nel peso di un volume di 1 m3 di ammassi di combustibili legnosi tal quali (legna da ardere, cippato e pellet) che presentano al loro interno degli spazi vuoti, più o meno grandi in funzione della loro pezzatura e della loro forma. Si esprime come: kg/msr; t/msr; o t/msa. 46 47 Metro stero accatastato (msa) Metro stero alla rinfusa (msr) La legna da ardere è classificata rispetto all’origine e provenienza, dimensione e pezzatura, contenuto idrico e tipo di legno e/o composizione dell’assortimento mercantile. Tab. 3.4 - Classificazione della legna da ardere in base alla normativa UNI/TS 11264:2007. Origine e provenienza Tronchi di conifera e latifoglia Tipologia commerciale Legna da ardere Dimensione o pezzatura: CODIFICA L (mm) D (mm) - Lunghezza (L) P200 - < 200 < 20 - Spessore (D) Ø max del singolo pezzo P200 200 ± 20 40 ÷ 150 P250 250 ± 20 40 ÷ 150 P330 330 ± 20 40 ÷ 160 Contenuto idrico (M o w) Tipo di legno (composizione) 48 Fonte: CTI - SC09 - Biocombustibili, specifiche e raccomandazioni (www.cti2000.it) La preparazione dei combustibili legnosi Specifiche per CIOCCHI e TRONCHETTI di qualità (legna da ardere) Origine: 1.1.2 - Tronchi (Latifoglie, Conifere, Miscele e miscugli) Umidità: M20 Dimensioni: P200, P250, P330 o P1000 Specie: indicare se latifoglie o conifere Classe di qualità: nessuna traccia significativa di muffa o marciume; superficie di taglio netta e regolare; Densità energetica: legno di latifoglie E1700 (Ear ≥ 1700 kWh/m3 impilato); se legno di conifere o miscuglio di latifoglie e conifere E1300 (Ear ≥ 1300 kWh/m3 impilato) Tab. 3.5 - Vantaggi e svantaggi della LEGNA IN PEZZI Vantaggi Svantaggi Facilità di reperimento sul mercato Difficoltà di automatizzazione del caricamento della caldaia. Facilità di accatastamento e stoccaggio Basso rendimento energetico delle apparecchi termici predisposti per questa tipologia di combustibile Minori costi rispetto ai combustibili legnosi densificati Continua necessità di rimozione delle ceneri (legnetti da accensione) P500 500 ± 20 60 ÷ 250 P1000 1000 ± 20 60 ÷ 350 CODIFICA % M20 ≤ 20% Pronta all’uso M30 ≤ 30% Stagionata al coperto M40 ≤ 40% Stagionata in bosco M65 ≤ 65% Basso costo dell’energia primaria Legno fresco (appena tagliato in bosco) Indicare la specie legnosa o se si tratta di legno di latifoglie o di conifere o loro miscuglio 49 Il legno “ridotto in scaglie”, cippato (dall’inglese chipped) ha avuto una notevole diffusione nel corso degli ultimi anni grazie alla possibilità di rendere automatizzata l’alimentazione delle caldaie per effetto della riduzione della legna in pezzi di piccole dimensioni (fluidificazione). Per mezzo della cippatura si ha un migliore sfruttamento della biomassa disponibile, dato che si può cippare anche quel materiale che non potrebbe essere trasformato in alcun assortimento convenzionale perchÈ piccolo o difettoso. Difatti la cippatura consente di recuperare un 15-20% di biomassa che altrimenti sarebbe abbandonata in bosco come residuo. Cippare anche questo materiale non solo aumenta la resa ad ettaro, ma risolve lo spinoso problema dei residui di utilizzazione, che le misure di prevenzione degli incendi boschivi impongono di asportare o eliminare. La cippatura consente di ridurre il volume apparente degli scarti forestali, agevolandone la movimentazione e il trasporto. Una tonnellata di cippato fresco occupa circa tre metri cubi, contro i dieci necessari per contenere la stessa quantità di ramaglia tal quale. Chiaramente, questo vale solo per il materiale minuto, perchè il volume occupato dal cippato è viceversa sempre superiore, mediamente il doppio, all’ingombro di un peso equivalente di legname tondo (vedi figura 3.7). La conseguenza logica è che conviene cippare ramaglia, scarti e piante di piccole dimensioni, mentre è meglio allestire in tondelli le piante medio-grosse, in particolare con distanze di trasporto elevate. Fig. 3.7 - La cippatura delle ramaglie consente la riduzione del loro volume ad 1/3 di quello originario; invece la cippatura di tronchi interi aumenta il massa sterica del cippato di 1/3, fino a raddoppiarla. 50 Il cippato per essere tale deve derivare da una operazione di taglio e non di sfibratura, in tal senso le macchine “sfibratrici” nate per sminuzzare il legno, secondo superfici irregolari per aumentare l’area per l’attacco microbico, ed avviarlo a processi di compostaggio non sono adatte a produrre un cippato idoneo ad essere veicolato, in coclee ad esempio, in impianti automatizzati (vedi figura 3.8). La preparazione dei combustibili legnosi 3.1.2 - Cippato Fig. 3.8 - A sinistra cumulo di cippato di buona qualità realizzato con cippatrice; a destra materiale legnoso derivante da un processo di sfibratura. In quest’ultimo caso il combustibile può creare dei problemi nella fase di alimentazione della caldaia, in presenza di sistemi di gestione del combustibile progettati per cippato regolare e tagli netti (vedi riquadro). Esistono diverse cippatrici sul mercato di varia potenza e in grado di lavorare dimensioni di tronchi fino a 35 cm di diametro; possono essere automotrici o partate dalle trattrici agricole. La capacità di lavoro delle cippatrici è anch’essa molto variabile, passando da qualche t/h a qualche decina di t/h (tabb. 3.6, 3.7 e fig. 3.9). Tab. 3.6 - Classificazioni di massimo delle cippatrici Potenza cippatrici Capacità di lavoro Ø tronchi * Caratteristiche Piccola Fino a 2,5 t/h Fino a 20 cm Attacco a tre punti sul trattore con attacco alla p.d.p. o con motore a scoppio autonomo (~ 50 kW) Media Fino a 6,5 t/h Fino a 30 cm Allestite su rimorchi mono-biasse; con motore a scoppio autonomo, (50 - 120 kW) Grande fino a 8 t/h fino a 30 cm Allestite su rimorchi o autocarri, generalmente con motore autonomo (> 130 kW) (*) I tronchi grossi fanno riferimento a piante fuori standard, o malate, e/o comunque difficilmente destinabili all’industria del legno. 51 Tipologia di Cippatrici Disco Tamburo Vite o coclea Dimensione chips (cm) Caratteristiche 0,5 - 4,5 Sistema di taglio a lame e controlame; regolabile Fino a 6,5 Organo di taglio cilindrico con coltelli; prodotto più eterogeneo Fino a 8 Sistema di taglio a vite senza fine con bordi taglienti; adatta a lavorare tronchi e fusti interi. Fig. 3. 10 - Scaglie di cippato e suoi rapporti dimensionali. Omogeneità - Un aspetto importante del cippato è la sua omogeneità di pezzatura che deve essere garantita tramite vagliatura, in quanto ciascun sistema di trasporto del combustibile alla caldaia opera in sicurezza nell’ambito di alcune tolleranze dimensionali, che è opportuno soddisfare (tab. 3.10). La preparazione dei combustibili legnosi Tab. 3.7 - Tipologie di organo cippatore e relative capacità di lavoro Tab. 3.8 - Classi dimensionali del cippato (UNI CEN/TS 14961:2007) Composizione granulometrica percentuale Classi dimensionali (mm) Frazione principale Frazione fine Frazione grossolana > 80% < 5% < 1% P16 3,15 ≤ P ≤ 16 <1 > 45 P45 3,15 ≤ P ≤ 45 <1 > 63 P63 3,15 ≤ P ≤ 63 <1 > 100 P100 3,15 ≤ P ≤ 100 <1 > 200 Fig. 3.9 - Relazione tra la potenza (Hp) delle cippatrici con il diametro del legno che riescono a cippare; diametro che a sua volta è influenzato dal contenuto idrico del legno. Il cippato è quindi una riduzione del legno in scaglie e presenta una sua caratterizzazione morfologica (dimensione e omogeneità dimensionale) e qualitativa. Dimensione - Per quanto riguarda la dimensione (forma) dei chips, questa dipende molto dal tipo di macchina utilizzata; in linea di massima i chips hanno una lunghezza compresa tra 15 e 50 mm, con una larghezza pari a 1/2 della lunghezza e uno spessore compreso tra 1/5 e 1/10 della lunghezza (vedi fig. 3.10). Inoltre il cippato in funzione della prevalenza di certi valori di pezzatura si può distinguere orientativamente in: -- fine -- grossolano 52 Fig. 3.11 - Esempi di classi dimensionali di cippato (P16 e P45) a confronto Qualità - Per quanto riguarda gli aspetti qualitativi, in relazione al legno di partenza, si può distinguere: -- cippato bianco (legna scortecciato) -- cippato marrone (legna con corteccia) -- cippato verde (legna con corteccia e foglie) 53 Il cippato, ma in generale le biomasse legnose e i conseguenti combustibili vengono gestiti spesso in una logistica di tipo volumetrico, è pertanto utile familiarizzare con alcuni rapporti di conversione tra gli assortimenti legnosi ed i combustibili (tab. 3.9); conoscere le differenze tra le varie essenze legnose in riferimento alla rispettiva massa volumica (tab. 3.10); nonché qualche misura della variabilita della massa volumica in rapporto all’umidità (tab. 3.11 e fig. 3.13). Tab. 3.9 - Rapporti di conversione legno/legna/cippato Assortimento -- -- Pezzatura - il cipppato sottile è più facilmente degradabile rispetto a quello grossolano che si essicca meglio grazie ad una maggiore presenza di spazi vuoti e quindi ad una maggiore aereazione; 1 m3 tondame Legno tondo Spacconi Legna spaccata corta m3 msa msa 1,0 1,4 1,2 Cippato fino Cippato medio msr msr msr 2,0 2,5 3,0 Umidità - valori di umidità intorno al 50% predispongono il cippato ad attacchi di xilofagi in poche ore; La preparazione dei combustibili legnosi Umidità - Altro aspetto importante è l’umidità del cippato che è bene non sia superiore al 30%. Il cippato forestale opportunamente prodotto e messo in cumulo riesce a raggiungere più rapidamente i valori di umidità indicati, rispetto al legno che lo ha generato. I microrganismi xilofagi si sviluppano solo con certe temperature ed umiditá, e la riduzione dell’umidità rappresenta sempre una forte limitazione al loro sviluppo. Quando si scende sotto il 30% la “fermentazione” subisce infatti un forte rallentamento. Inoltre il grado di deterioramento del cippato è strettamento collegato ai seguenti aspetti: Tab. 3.10 - Massa volumica (kg/m3) media del legno allo stato anidro (ÖNORM* B 3012) -- -- Condizioni di stoccaggio - deve avvenire in ambienti aperti, ventilati (meglio se coperti da tettoia), in cumuli non molto grandi per garantire una rapido passaggio di aria; Specie legnosa - il cippato soggetto a compattazione come il pioppo (e particolarmente quelli SRF a cicli brevi) è maggiormente degradabile rispetto alle conifere. Le conseguenti perdite di massa possono raggiungere il 15 - 25 % della s.s. Latifoglie Conifere Pioppo 410 Pino cembro 400 Tremolo 450 Abete bianco 410 Ontano 490 Abete rosso 430 Salice 520 Douglasia 470 Tiglio 520 Pino silvestre 510 Nocciolo 560 Larice 550 Acero 590 Pino nero 560 Betulla 640 Olmo 640 Frassino 670 Quercia 670 Faggio 680 Robinia 730 Cerro 740 (*) ÖNORM B 3012 - Österreichisches Normunginstitut (Istituto austriaco di normazione) Fig. 3.12 - Cumuli di cippato con evidenti effetti di autocombustione (area evidenziata) - fenomeni che si verificano con umidità elevate e incidenze della corteccia relativamente alta, aspetti tipici del cippato da SRF in ceduazioni a turni brevi, senza essiccazione. 54 55 Umidità Faggio Pino M legno tondo legna spaccata P330 cippato * legno tondo legna spaccata P330 cippato * % kg/m3 kg/msa kg/msr kg/m3 kg/msa kg/msr 0 680 422 280 490 316 202 10 704 437 290 514 332 212 20 730 453 300 541 349 223 30 798 495 328 615 397 253 40 930 578 383 718 463 295 50 1117 694 454 861 556 354 Fonte: rielaborazione da Hartmann H., 2007 (*) con riferimento a 1 m3 tondo = 2,43 msr di cippato Specifiche per CIPPATO di qualità Origine: 1.1.2- Tronchi (Latifoglie, Conifere, Miscele e miscugli) Umidità: M20 o M30 Dimensioni: P16, P45 o P63 Densità energetica: E0.9 (Ear > 900 kWh/m3 alla rinfusa) Fonte: CTI - SC09 - Biocombustibili, specifiche e raccomandazioni Tab 3.12 - Vantaggi e svantaggi del CIPPATO Vantaggi Svantaggi Alimentazione automatizzata della caldaia Complessa organizzazione di filiera Costi più bassi rispetto agli altri assortimenti legnosi Costi di acquisto dedicati a sistemi di stoccaggio e alimentazione, ancora relativamente elevati Opportunità di utilizzare ulteriori porzioni di bosco, altrimenti lasciate ingestite Pericoli di fermentazione con valori di umidità > 30% La preparazione dei combustibili legnosi Tab. 3.11 - Masse volumiche e steriche di alcuni assortimenti di due specie forestali in rapporto all’umidità Basso costo dell’energia primaria Fig. 3.13 - La figura evidenza il campo di variazione della relazione tra m3 di cippato e massa del materiale. Questi dipendono anche dal tipo di essenza oltre che dall’umidità e dalle dimensioni delle scaglie. La linea inferiore è quella alla quale fare normalmente riferimento per i materiali utilizzati normalmente nelle centrali (fonte: CTI). 56 57 La preparazione dei combustibili legnosi Scheda 4w - Siti di stoccaggio del cippato Tutti gli impianti alimentati a cippato necessitano di un locale/silo per lo stoccaggio del combustibile. Dimensioni e caratteristiche del silo sono molto variabili, poiché dipendono sia dalla potenza della caldaia sia dal livello di autonomia di funzionamento previsto per l’impianto. Per le caldaie di piccola taglia, si possono utilizzare semplici serbatoi posizionabili nel locale caldaia. Per impianti di taglia medio-grande, invece, è indispensabile utilizzare spazi (al coperto) dedicati all’immagazzinamento del cippato, come stanze-magazzino e depositi interrati. Le grandi centrali a cippato utilizzano interi capannoni per lo stoccaggio del combustibile. Un criterio che può essere usato per un calcolo di massima del volume necessario per lo stoccaggio del combustibile è quello della seguente formula: Volume del locale di stoccaggio (m3) = (0,7 ÷ 0,9) x potenza della caldaia (kW) La soluzione più comune e facile da realizzare, per lo stoccaggio al di fuori del locale caldaia, prevede l’utilizzo come silo di una stanza preesistente, adiacente al locale caldaia. Nel caso questa soluzione non fosse praticabile, si possono realizzare strutture esterne in legno o altri materiali, appoggiate su una base in cemento, anche in questo caso adiacenti al locale caldaia. Spesso le stanze-silo sono interrate: questo consente un migliore accesso ai mezzi di trasporto del cippato (autocarri, trattori) che possono scaricare agevolmente il combustibile atraverso apposite aperture. È importante evitare che nel silo possano verificarsi infiltrazioni d’acqua, che comprometterebbero la qualità del cippato e di conseguenza problemi all’alimentazione della caldaia. Le pareti e le porte devono essere resistenti sia al fuoco che alla eventuale pressione esercitata dal combustibile depositato. 58 Fig. scheda 4.1 - Immagini di soluzioni e organizzazione di depositi di cippato interrati. 59 D.Lgs. n.152 del 03 Aprile 2006 - “Norme in materia ambientale” (Allegato X alla parte V, parte II, sezione 4 - “Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo”): Tipologia di provenienza: a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate; b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole; c) non dedicate; d) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura; e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica La preparazione dei combustibili legnosi 3.1.3 - Pellet di legno vergine: f) granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti; g) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli. L’ideazione del pellet è dovuta al settore specifico dell’alimentazione animale. Successivamente alla crisi energetica mondiale degli anni ’70 l’utilizzo del pellet passa dall’ambito tipico della mangimistica a quello nuovo dei combustibili per il riscaldamento: tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 negli Stati Uniti e in Canada vengono costruiti alcuni insediamenti industriali e inizia la produzione di pellet di legno come combustibile per il riscaldamento. Il termine pellet è riferito ad una forma specifica, più opportunamente si tratta di “Biocombustibile addensato in genere di forma cilindrica ottenuto comprimendo della biomassa sminuzzata finemente con o senza l’ausilio di additivi di pressatura” (Probio, 2004). Quindi la composizione del pellet, cioè la biomassa polverizzata, può essere la più varia (la normativa di riferimento è il D. Lgs. n.152 del 03 Aprile 2006, vedi riquadro) e ovviamente tale variabilità influisce anche marcatamente sulle caratteristiche del biocombustibile finale. Per pellet quindi sinteticamente si intende: -- Cilindri di diametro variabile tra 6-10 mm; lunghezza tra 10-50 mm -- Prodotti da “farina di legna” pressata a circa 100 bar -- Densità 600-700 kg/m3 Fig. 3.14 - Variabilità dimensionale del pellet nella normativa UNI/TS 11263:2007 6 mm 50 mm 60 Trasporto Caricamento Macinazione Essiccazione Pressatura Condizionamento Vagliatura Raffreddamento Confezionamento/ trasporto Fig. 3.15 - Schema illustrativo di tutte le tipiche fasi di un processo di pellettizzazione, immagini di macchine e di dettaglio della fase di pressatura della farina di legno e degli apparati preposti 61 Un’altra forma di combustibile legno cellulosico densificato di dimensioni superiori al pellet sono le briquettes, che vengono realizzate con diversi materiali e in diverse forme (fig. 3.17). Più in dettaglio, abbiamo: -- Prodotto della compressione di biomassa essiccata (10-15% di umidità) e triturata/polverizzata. -- Materiali utilizzati (segatura, paglia, pula di riso, gusci di noci, gusci di caffè, cippato, ecc) con più o meno presenza di additivi. Il processo di produzione delle briquettes, analogamente al pellet, necessita di trattamenti e condizionamenti delle matrici di partenza. In genere si tratta di mescole, magari con un prodotto prevalente, che quindi richiedono una omogeneità della mescola, aspetto che deve eventualmente interessare anche gli additivi; le mescole (o i materiali che la compongono) devono essere previamente essiccate prima della compressione. La preparazione dei combustibili legnosi 3.1.4 - Briquettes Fig. 3.16 - Esempi di pellettizzatrici - A sinistra pellettizzatrice mod. MIDI-A CE (prod. 350/450 kg/ora) 30 kW, completa di modulo insaccamento compatto mod. COMPACT - 70 (costo IVA esclusa € 69.000); a destra pellettizzatrice mod. N-MICRO/A (Produzione 30-100 Kg/ora) potenza attiva installata 5,5 kW (costo IVA esclusa € 13.000) Fonte - www.novapellet.it; fonte costi http://www.makxilia.biz/pellet-macchine-c-78.html Tab. 3.13 - Vantaggi e svantaggi del PELLET Vantaggi Svantaggi Alimentazione caldaia automatizzata Complessa organizzazione di filiera Alto potere calorifico per unità di peso Aumento del costo unitario dell’energia primaria rispetto agli altri combustibili legnosi Elevata densità apparente Basso contenuto di umidità Omogeneità fisica e energetica del materiale Processo di produzione complesso ma flessibile Possibilità di valorizzazione del pellet di qualità 62 Fig. 3.17 - I processi di compattazione per la formazione delle bricchette si basano sullo stesso principio sul pellet anche se le bricchette si trovano nelle più svariate forme 63 Vantaggi La preparazione dei combustibili legnosi Tab. 3.14 - Vantaggi e svantaggi delle BRICCHETTE Svantaggi Facilità di stoccaggio Difficoltà sulle garanzia di origine dei componenti Facilità di approvvigionamento Dispendi di energie di realizzazione Elevata automazione Prezzi più elevati Valorizzazione di biomasse residuali Fig. 3.18 - A sinistra Bricchettatrice (motori da 5,5/11 kW, capacità di lavoro da 15/210 kg /ora); a destra Macinatore (motore 9 kW, 80/170 Kg/ora). I prezzi indicativi per la sola macchina bricchettatrice variano da 9.000 € a 22.000 €, produzione oraria, da 15Kg/ora fino ad un massimo di 190-210Kg/ora (in funzione del tipo di materiale). I prezzi indicative del macinatore, vanno dai 10.000 € ai 25.000 € del modello più grande; le produzioni vanno dai 50Kg/ora fino ai 200-250Kg/ora Fonte: www.prodeco-srl.com Possibilità di utilizzo di biomasse residuali a bassa densità energetica in caldaie di piccole dimensioni Tab. 3.15 - Principali caratteristiche fisiche di alcuni combustibili legnosi Parametri u.m. Pellet Cippato Briquettes Lunghezza mm 10 - 50 15 - 50 varie Diametro/larghezza mm 6 - 10 7,5 - 25 varie Altezza mm - 1,5 - 10 varie Massa volumica kg/m3 1150 - 1400 - 900 - 1100 Massa sterica kg/msr 600 - 650 220 - 350 680 - 850 % 6 - 12 30 10 - 15 Contenuto idrico (w) Specifiche per BRICCHETTE di legno di qualità Origine: 1.2.1.1 Legno non trattato (legno vergine) privo di corteccia Umidità: M10; Massa volumica: DE1.0 - 1.00 ÷ 1.09 (kg/dm3) Dimensioni: varie; Ceneri: A0.7 - ≤0.7% Additivi: < 2% della sostanza secca. Sono ammessi quali additivi solo prodotti di derivazione agricola e forestale che non siano stati chimicamente modificati. Tipo e quantità di agente legante: deve essere sempre indicato Densità energetica: E4.7 (Ear ≥ 4,7 kWh/kg = 16,9 MJ/kg) Fonte: CTI - SC09 - Biocombustibili, specifiche e raccomandazioni 64 65 Certificazioni di origini e sostenibilità È in continua crescita la richiesta dei consumatori di legna “di qualità”, cioè di combustibili legnosi provenienti da fonti sicure, da boschi e piantagioni gestiti in modo “sostenibile”. Si sono sviluppati nel tempo, per far fronte a tali esigenze, dei sistemi di certificazione dell’origine gestiti da Enti indipendenti. Un primo sistema di certificazione ha riguardato la gestione delle proprietà boschiva e forestale secondo criteri di buona gestione ed etico-sociali. Il legname da tali provenienze viene marchiato è quindi riconoscibile. Un secondo sistema mette insieme la gestione del fonti legnose con i processi di lavorazione per ottenere i combustibili legnosi. Questo sistema viene denominato Chain of Custody - CoC. In Italia le certificazioni di cui ci si può avvalere sono: --- In Italia in base alla natura e provenienza della materia prima e alle sue proprietà chimico-fisiche, attualmente esistono le seguenti normative tecniche di riferimento: -- UNI/TS 11264:2007 Biocombustibili solidi - Caratterizzazione di legna da ardere, briquette e cippato (tab. 3.18). -- UNI/TS 11263:2007 Biocombustibili solidi - Caratterizzazione del pellet ai fini energetici (tab. 3.19). -- A (senza additivi); A (con additivi); B; C ( tabella 3.19) - Raccomandazione tecnica CTI - R 04/5 - Pellet (superata dalla UNI/TS 11263:2007 per il pellet) -- Pellet GOLD (basato su norme CEN 14961, ONORM M 7135, DINplus e sui limiti introdotti dal Pellet Fuel Institute) - AIEL - Pellet La preparazione dei combustibili legnosi Scheda 5 - Certificazione e qualità dei combustibili PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes) Lo schema di certificazione forestale PEFC in Europa è fondato su tre principi fondamentali: -- il rispetto dei Criteri e degli Indicatori definiti nelle Conferenze Ministeriali per la protezione delle foreste in Europa (Helsinki 1993, Lisbona 1998) che hanno dato avvio al cosiddetto “Processo pan-europeo”; l’applicazione a livello regionale o di gruppo (anche se è comunque possibile un’adesione individuale); le verifiche ispettive e la certificazione affidate ad una terza parte indipendente ed accreditata. http://www.pefc.it/ Certificazioni di origine: FSC (Forest Stewardship Council) Il marchio FSC identifica i prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. http://www.fsc-italia.it/ Qualità dei combustibili legnosi Gli aspetti tecnici della qualità dei combustibili sviluppati da Enti preposti sono molteplici; alcuni paesi (Austria, Svezia, Germania), con una più antica e solida tradizione del legno come combustibile, sono stati dei capostipiti ed hanno svolto un ruolo di riferimento (tab. 3.16). 66 67 N.B. *) relativo al materiale secco; **) in desposito proibiti proibiti ≤ 18% ≤ 6,0% - ≥ 18,0 MJ/kg * ≤ 0,08% ≤ 0,6% ≤ 0,04% - - - - - - - ≤ 0,5% - ≥ 18,0 MJ/kg * ≤ 0,04% ≤ 0,3% ≤ 0,02% - - - - - - - - falegno non contaminato ≥ 1,0 kg/d m3 ≤ 12% - - ≥ 1,0 kg/d m3 - Durabilità/ polveri in % (< 3mm) Densità (US) Contenuto d’acqua Contenuto di ceneri Contenuto tot. di umidità Potere calorifico Zolfo Azoto Cloruro Arsenico Cadmio Cromo Argento Mercurio Piombo Zinco Alogenati organici estraibili Impurità Agenti leganti - Corteccia Compressa Austria ÖNORM 7135 Legno compresso ≥ 500Kg/m ** ≤ 1,5 - ≤ 105 ≤ 1,5% ≤ 10% ≥ 16,9 MJ/kg * ≤ 0,08% - ≤ 0,03% - - - - - - - - - ≥ 500Kg/m ** ≤ 1,5 - ≤ 12% ≤ 1,5% ≤ 12% ≥ 16,9 MJ/kg * da indicare - da indicare - - - - - - - - - quantità e genere devono essere dichiarati ≤ 0,03% ≤ 0,08% ≥ 16,9 MJ/kg * ≤ 10% ≤ 0,7% - ≤ 10% ≤ 0,8 ≥ 600Kg/m ** Gruppo 1 Svezia SS 18 71 20 Gruppo 2 Gruppo 3 briquette: pellet: Ø 20-120 mm, lunghezza max. lunghezza max. lunghezza max. Ø di 3-4 mm, 4 * Ø ** 5* Ø 6* Ø lunghezza max. lunghezza max. 400 mm 100 mm Bulk density Dimensioni Specifiche A con additivi Categoria B C ≤ 1,5% ≤ 12% 1-1,4 g/m3 > 30 15-30 10-16 < 16 <5 > 10 cm Ø 6-10 3-7 1-4 0,4-1 ≥ 17,5-19,5 MJ/kg * < 0,08 < 0,3 ≤ 0,03% < 0,8 mg/kg < 0,5 mg/kg < 8 mg/kg < 5 mg/kg < 0,05 mg/kg < 10 mg/kg < 100 mg/kg < 3 mg/kg - - - - - <1% - < 0,5% ≥ 639Kg/m ** 6-7,5 mm Ø < 3,6 cm Premium USA Pellet Fuels Insitute Standard 6-7,5 mm Ø < 3,6 cm - < 0,5% - - < 3% - - - - - - - - - - - - - - - La preparazione dei combustibili legnosi HP1 HP2 HP3 HP4 HP5 Categ. di lunghezza (cm) Germania DIN 51731 Tab. 3.17 - Comparazione tra gli standard di qualità per i pellet in diversi paesi (UMBRA GmbH - modificata CTI Unità Tab. 3.16 - Caratterizzazione dei pellet Parametro A senza additivi D ≤ L ≤ 4xD 10±0,5≤ D ≥ 25±1,0 - Materie prime ammesse per la Categoria B D = 8±0,5 - Biomassa Legnosa (1) non trattata - Biomassa erbacea (2) non trattata - Frutti e semi (3) non trattati - Miscele e miscugli delle categorie precedenti (b) D ≤ L ≤ 4xD - Tronchi di latifoglie (1.1.2.1) - Tronchi di conifere (1.1.2.2) - Legno non trattato dell’industria del legno privo di corteccia (1.2.1.1) - Legno non trattato post-consumo privo di corteccia (1.3.1.1) - Miscele e miscugli delle categorie precedenti (b) D = 6±0,5 - D ≤ L ≤ 5xD Origine (a) D = 8±0,5 ≤ 15 D ≤ L ≤ 4xD indicare il valore D = 6±0,5 ≤ 10 D ≤ L ≤ 5xD ≥ 1,5 D = 8±0,5 ≤ 10 D ≤ L ≤ 4xD ≥ 0,7 D = 6±0,5 ≤ 10 D ≤ L ≤ 5xD ≥ 0,7 mm % peso t.q. ≥ 90,0 mm % peso s.s. ≥ 95,0 Diametro (D) Umidità ≥ 97,7 Lunghezza (L) Ceneri ≥ 97,7 Indicare il valore Indicare il valore % peso ≤ 0,3 indicare il valore Indicare il valore 1,0 ≤ 0,3 Durabilità meccanica ≤ 0,03 Indicare tipologia e quantità (c) ≤ 0,3 1,0 ≤ 0,03 Indicare il valore ≤ 1,0 % peso s.s. ≤ 0,05 ≥ 550 Non presenti Agenti leganti % peso s.s. ≤ 0,05 620 ≤ BD ≤ 720 Indicare il valore % peso Azoto ≤ 0,05 620 ≤ BD ≤ 720 ≥ 16,2 (≥ 3870) % peso m.p. Cloro % peso s.s. 620 ≤ BD ≤ 720 ≥ 16,9 (≥ 4039) Polveri Zolfo Kg/m3 ≥ 16,9 (≥ 4039) Densità apparente BD MJ/Kg t.q. (kcal/Kg t.q.) PCI T.q. = tal quale; s.s. = sostanza secca; m.p. = massa pressata (a) Definizioni tratte dalla classificazione CEn per le biomasse (allegato A) a cui la numerazione tra parentesi fa riferimento: tra le materie prime consentite sono escluse quelle che hanno subito un trattamento diverso da quello meccanico secondo quanto stabilisce la legislazione vigente. (b) Vanno indicate le tipologie e le percentuali in peso delle diverse biomasse impiegate. (c) Sono ammessi come agenti leganti eslusivamente i materiali descritti al Capitolo 2 “scopo e campo diapllicazione (p.e. amido di mais, olio vegetale grezzo estratto mediante sprematura meccanica). È necessario specificarne tipologia e quantità impiegata. Un determinato tipo di pellet appartiene ad una determinata categoria tra quelle definite in tabella 1 se il valore medio di ogni parametro è compreso nel relativo intervallo specificato per quella categoria. Se anche un solo parametro non rientra nel range di valori definito per una categoria, il pellet dovrà essere classificato come appartenente alla categoria prevista in base al valore assunto dal parametro stesso. 69 68 3.2 - Costo dei combustibili legnosi e accenni al mercato La relazione tra il potere calorifico del legno e il suo contenuto idrico si può esprimere con la seguente formula (Hartmann et al, 2000): 1) PCM = (PC0 x (100 - M) - 2,44 x M)/100 Dove PC0 = 18,5 MJ/kg (legno anidro); 2,44 sono i MJ necessari per l’evaporazione di ogni kg di H2O; M è il contentuto idrico del legno. 3.2.1 - Legna La figura scheda 6.1 visualizza le relazioni della 1) in un range di contenuto idrico M% tra 0 e 60%. La legna prodotta dalle piattaforme logistico-commerciali viene venduta normalmente con valori di contenuto idrico M20 o M30, nelle pezzatura più varie, anche spaccata. Negli ultimi tempi si è diffusa la vendita all’ingrosso di legna accatastata in bancali 1x1x1m oppure 1x1x1,8m, con indicazioni specifiche. A dettaglio per i piccoli consumatori si trova legna spaccata M20, P250 o P330 in cartoni o sacchi di rete del peso di 5 - 15 kg/confezione. Tab. 3.18 - Costi indicativi della legna Combustibili Cippato M30 ; PC 12,22 MJ/kg Specifiche u.m. Legna da ardere M30, P250-1000 €/t 70 120 Legna da ardere M20, P330-500 €/t 110 140 M50 €/t t.q. 10 20 M20, Pvarie €/t 60 90 La preparazione dei combustibili legnosi Scheda 6 - Potere calorifico del legno e umidità Valori di mercato Assiepamenti Piante in piedi Legna appena tagliata M50; PC 8,03 MJ/kg Legna Legna di ontano M20, P2000 €/t 80 90 Legna di ontano M20, P330-500 €/t 100 130 3.2.2 - Cippato Fig. scheda 6.2 - Relazione tra contenuto idrico M e potere calorifico Nel processo di stagionatura della legna appena tagliata (M50; PC 8,00 MJ/kg) fino ad arrivare a legna stagionata (M30; PC 12,2 MJ/kg) si ha un recupero di potere calorifico del 35,8%. La tabella scheda 6.2 riporta contenuto idrico e PCI tipici del legno di alcune situazione di condizionamento considerabili di riferimento. Il mercato del cippato e il relativo prezzo si sviluppa normalmente in riferimento ad un prezzo base riferito ad un determinato valore minimo del contenuto idrico (M)9. Sulla base dei due elementi fissati si calcola il prezzo dell’energia primaria10 e si producono tabelle come la seguente. Tab. scheda 6.2 - Contenuto idrico e potere calorifico del legno Condizioni del legno PCI % kWh/kg Anidro 0 5,2 18,7 Essiccato al chiuso 8 4,7 16,9 Essiccato all’aperto (per 2-3 anni) 15 4,3 15,5 Essiccato all’aperto (per un’estate) 30 3,4 12,2 40 - 60 2,8 - 1,6 10,8 - 5,8 Fresco (appena tagliato) 70 Contenuto idrico (M) MJ/kg 9 Nelle centrali di grosse dimensioni in genere sono accettati cippati con variazione di M molto ampi e quindi il prezzo del cippato segue quanto previsto dalla tabella, mentre per piccole caldaie difatti il range di variazione di M accettabile è molto più contenuta e al di fuori di essa il cippato viene rifiutato dall’acquirente. 10 In questo esempio fissato a 25 €/MWh, ma chiaramente soggetto a contrattazione e al mercato. 71 Dimensione impianti Utilizzatori Caratteristiche cippato Piccoli e medi impianti termici - Cippato da essenze boschive - Cippato da industrie del legno < 1 MWt Prezzo €/msr €/t da a da a M30, P16-45 17 24 64 96 M20, P16-45 12 20 48 80 Centrali di teleriscaldamento 1-10 MWt M20-30, Pvarie 8 18 32 72 Grandi centrali elettriche > 10 MWt M20-50, Pvarie 0 10 0 40 N B: posto, in via esemplificativa, per tutti 1 msr = 0,25 t Tab. 3.20 - Esempio di tabella di riferimento per il calcolo del prezzo del cippato Contenuto idrico PCI Prezzo di riferimento dell’energia primaria Prezzo del cippato M MWh/t €/MWh €/t < M20 3,98 < M25 3,69 < M30 3,40 < M35 3,11 < M40 2,81 < M45 2,52 < M50 2,23 99,50 92,25 25,00 85,00 77,75 70,25 63,00 55,75 Figura 3.20 - Stime consumo nazionale di pellet (fonte: AIEL) Nei paragrafi precedenti è stato fatto riferimento al grande dinamismo e variabilità del prodotto pellet; anche dalla Scheda 5 sulla certificazione dei combustibili emerge il potenziale di diversificazione di questo biocombustibile. Tutto questo si riversa sul mercato con una grande variabilià di proposte commerciali, il cui approfondimento merita una trattazione a se stante. e fortemente diversificati. Si stima, tuttavia, un’importazione netta, riferita al 2009, superiore alle 300.000 t, l’import gioca, quindi, un ruolo fondamentale per l’approvvigionamento nazionale. Dal 2003 ad oggi il consumo nazionale di pellet è sestuplicato (fig. 3.20). In Europa, nel 2007, la produzione di pellet è stata pari a 6,3 milioni, di cui 3 milioni destinati al consumo domestico. In Italia fonti FIRE e AIEL censiscono oltre 80 produttori di pellet distribuiti in quasi tutte le regioni italiane (con una prevalenza nelle regione del nord). Nella tabella 3.21 sono riportate quelli che operano nelle Marche. Il prezzo del pellet (di prodotto certificato) indicativamente può essere compreso tra: Tab. 3.21 - Elenco di produttori di pellet nelle Marche (fonti: AIEL, 2009 e FIRE, 2009) 3.2.3 - Pellet -- prezzo all’ingrosso: 120 e 180 €/t -- prezzo al dettaglio: 180 e 300 €/t (in sacchi da 5 - 15 kg) Secondo AIEL, attualmente operano sul mercato all’incirca 90 aziende produttrici, situate per il 60% nel Nord Italia. Circa il 73% del pellet viene prodotto al Nord, particolarmente in Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. 72 La preparazione dei combustibili legnosi Per l’anno 2009 la produzione di pellet è stata stimata pari a 1.200.000 t. (completamente assorbita dal mercato nazionale. La produzione non è, tuttavia, sufficiente a far fronte all’elevata domanda, che viene soddisfatta da pellet di produzione estera. La quota di pellet importato da altri paesi è di difficile determinazione, anche a causa del fatto che i canali di importazione sono numerosi Tab. 3.19 - Prezzi del cippato in realzioni agli utilizzatori finali Nome sociale Prov. Marchio Sito web Eurocom srl PU Eurocom pellet www.eurocompellet.com Geoagriforest PU LA.PLA.FER.CART.srl AP Fiordipellet Paci&Pagliari PU Santini Paolo Costruzioni Antine PU www.laplafercart.it www.santinigroup.com 73 Per il mercato delle bricchette valgono le stesse considerazioni di complessità fatte per il pellet. Rispetto a quest’ultimo presenta sicuramente un dinamismo di mercato inferiore, ma la maggiore variabilità del prodotto porta ad elementi di complessità superiori che rendono il mercato e la formazione del prezzo attualmente più aleatoria. Dal punto di vista della proposta logistico-commerciale, all’ingrosso è diffusa la vendita a bancali delle stesse dimensioni della legna a pezzi, quasi sempre incellofanati; al dettaglio le bricchette vengono proposta in scatole o sacchi di plastica tendenzialemnte trasparenti del peso di 5-15 kg. 4 - I processi di conversione del legno in energia I processi per la conversione dei biocombustibili legnosi in energia termica o Il prezzo delle bricchette indicativamente può essere compreso tra: -- prezzo all’ingrosso: 120 e 150 €/t (accatastate su pallet); -- prezzo al dettaglio: 130 e 180 €/t (sfuse o in cartoni di 10 - 15 kg). I processi di conversione del legno in energia 3.2.4 - Bricchette Fig. 4.1 - Filiera dei combustibili legnosi basata su combustione e gassificazione (Fonte: Itabia, 2005) elettrica sono schematicamente riassunti nella figura 4.1. 4.1 - Combustione La combustione rappresenta sicuramente il primo processo termochimico per l’utilizzo dei biocombustibili lignocellulosici a fini energetici, sia per aspetti temporali (millenario l’utilizzo per il riscaldamento domestico del legno) che di diffusione in quanto ancora oggi ca. 1/3 della popolazione mondiale usa la legna come combustibile domestico. Il processo di combustione La combustione è una reazione di ossidazione (vedi anche Scheda 5), in cui il combustibile (legna, cippato, pellet) è la sostanza che si ossida (riducente), il comburente (l’ossigeno) è l’ossidante. C e H presenti nel biocombustibile in presenza di O2, vengono ossidati con formazione di CO2 e H2O mentre si libera energia; si parla di combustione completa quando tutte le componenti ossidabili risultano ossidate e questo si 74 75 1. Evaporazione dell’acqua (riscaldamento, essiccazione): il combustibile aumenta di temperatura per effetto della fiamma e del calore del focolare; raggiunti i 100° C il legno comincia a perdere l’umidità residua; 2. Pirolisi o gassificazione: dai 150° - 250° C inizia l’evaporazione dei composti del legno (idrocarburi), il legno cambia struttura aumentando la sua porosità (carbone di legno). 3. Combustione dei componenti volatili: a 500° - 600° C i componenti volatili (gas), che rappresentano circa il 75% del combustibile, iniziano a essere combusti. Tra 700° e 1400° C la maggior parte dell’energia è stata liberata sotto forma di calore, con l’ossidazione della componente volatile. L’obiettivo del processo di combustione è dunque quello di massimizzare l’efficienza limitando il più possibile la perdita di energia, sotto forma di monossido di carbonio (CO) e di gas incombusti, utilizzando apparecchiature sempre più sofisticate. Negli ultimi anni il progresso tecnologico ha prodotto soluzioni tecniche in grado di ottenere una combustione dei combustibili legnosi ottimale ed emissioni confrontabili (vedi anche Scheda 10) con quelle delle caldaie a combustibili fossili. Nelle caldaie a combustibili legnosi di ultima generazione le alte temperature che vengono raggiunte nella camera di combustione (circa 800° 900° C), determinano infatti una combustione molto efficace con un rendimenti termici superiori all’85-90%, per effetto della possibilità di controllare e regolare il processo. Un esempio è costituito dall’adozione della sonda LAMBDA11. Le tecnologie di combustione risultano quindi essere abbastanza consolidate. Il rendimento energetico, che fino a qualche anno a non superava il 30-50% (caminetti, piccole stufe, caldaie) in quanto il calore prodotto veniva in gran parte disperso nel camino, negli ultimi anni è stato migliorato in modo significativo il rendimento energetico di stufe, camini e caldaie (fig. 4.2). I processi di conversione del legno in energia realizza quando > 1 ( = aria totale/ aria stechiometrica). Il processo di combustione del legno si può quindi sintetizzare nella reazione chimica di ossidazione del legno il quale cede la propria energia liberando calore. Il processo di combustione avviene schematicamente in tre fasi successive, in funzione della temperatura: Fig. 4.2 Nelle due figure (fonte: BLT Wieselburg, 2005) risulta evidente il notevole progresso, delle piccole caldaie, fatto nell’arco degli ultimi 30 anni che hanno portato i rendimenti intorno al 90% e ridotto le emissionidi CO in modo notevole 11 La sonda Lambda legge il livello di O2 nei fumi ed in funzione di questo consente di regolare l’aria comburente. 76 77 4.1.1 - Combustione ad uso domestico/ familiare -- caricamento manuale (legna, addensati); -- caricamento automatico (cippato, pellet, semi, scarti). Per quanto riguarda la combustione della biomassa ai fini del solo riscaldamento, le soluzioni impiantistiche più utilizzate sono le stufe e le piccole caldaie, che possono essere utilizzate in sostituzione delle tradizionali caldaie a gas o a gasolio. Queste possono essere alimentate con diverse tipologie di biomassa per dimensioni e provenienza, quali il legno (in pezzi, cippato, trucioli o segatura), pellets, mais, noccioli, ecc… È anche possibile distinguere tre categorie di apparecchi per sviluppare processi di combustione, prevalentemente sulla base della potenza e secondariamente sul grado di complessità: -- ad uso domestico/familiare -- piccola/media potenza -- per teleriscaldamento (con o senza cogenerazione) Normalmente vi è corrispondenza tra quelli ad uso domestico/familiare con quelli a caricamento manuale. Le usuali potenzialità di tali sistemi di riscaldamento vanno da potenze di focolare da meno di 10 kW fino a 150 kW, con efficienze termiche comprese tra 80% e 90% e possono soddisfare il riscaldamento domestico di ambienti di varia grandezza (abitazioni civili da 1 a 20-25 appartamenti o edifici con esigenze termiche simili). I modelli più moderni prevedono il mantenimento della camera di combustione in depressione per mezzo di un elettroventilatore che assicura un miglior tiraggio dei fumi e una maggiore efficienza di combustione. Il controllo dell’alimentazione è poi regolato da centraline elettroniche che garantiscono il corretto rapporto tra combustibile e comburente; altre presentano sistemi di controllo della combustione mediante la sonda lambda. Nella figura 4.3 è schematizzata una moderna caldaia con tutti i Scheda 7 - Combustione del carbonio Nel processo di combustione il carbonio può combinarsi con ossigeno o con aria dando ossido di carbonio (CO) o anidride carbonica (CO2) a seconda che la combustione avvenga in difetto o in eccesso di ossigeno. 1) C + 1/2 O2 = CO (ΔG¡ = -26.420 - 21,34 T) 2) C + O2 = CO2 (ΔG¡ = - 94.050 - 0,69 T) Temperatura di ignizione del carbonio: tendenzialmente bassa 150° C. Le temperature massime teoriche raggiungibili nelle due reazioni con aria sono differenti: -- nella combustione a CO2 si possono ottenere temperature di 2200° C, -- nella combustione parziale a CO si ottengono temperature dell’ordine dei 1100° C. Le reazioni 1) e 2) sono legate dall’equilibrio di Boudouard secondo il quale: 3) C + CO2 <=> 2 CO La reazione è spostata verso la formazione di CO2 sino a temperature dell’ordine di 700° C, mentre a temperature superiori è spostata verso la formazione di CO. Per quanto riguarda i meccanismi di reazione tra l’ossigeno ed il carbonio, si tratta di una reazione eterogenea che è legata all’area superficiale specifica del carbone, ai fenomeni di adsorbimento e desorbimento sul carbone dell’ossigeno e dei 78 I processi di conversione del legno in energia prodotti della combustione. Gli apparecchi termici a combustibili ligno-lignocellulosici si possono distinguere in apparecchi a: suoi componenti. Nelle caldaie a carica manuale anche se sono possibili carichi di potenza parziale minima intorno al 50% della potenza nominale, è consigliato l’installazione di un accumulo inerziale (puffer) che rende più regolare il funzionamento del sistema. 79 Scheda 8 - L’accumulo inerziale (puffering) Per una ottimizzazione dei rendimenti e un più efficiente uso dell’energia, in particolare nelle caldaie a pezzi di legna, è consigliabile l’installazione di un accumulo inerziale che deve essere opportunamente dimensionato in funzione di una serie di parametri termotecnici. Il puffer consente quindi di: -- assorbire i picchi di richiesta termica; -- programmare il riscaldamento degli ambienti per le prime ore del mattino e disporre di maggiori quantità di acqua sanitaria con una sola carica di legna; -- integrare l’impianto con un sistema solare termico (*); -- ottimizzare la combustione riducendo in numero delle accensioni; -- allungare la vita alla caldaia. I processi di conversione del legno in energia Fig. 4.3 - Dettaglio dei componenti di una piccola caldaia a cippato. Il dimensionamento del puffer dovrebbe essere sviluppato secondo la formula definita dalla norma EN 303-5: VSp = 15 x TB x QN x (1 - 0,3 x Qh/Qmin) VSp TB QN Qmin Qh 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. Coperchio Caldaia Centralina con display Aria secondaria Bruciatore SCI-Refrattorio Griglia Bruciatore Coclea affioramento cippato Sistema pulizia griglia Motoriduttore coclea estrazione Motore serranda antincendio Chiusura serranda antincendio Motoriduttore coclea caldaia 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. Coclea di estrazione Riduttore estrazione Pala di acciaio Disco mobile Serranda pulizia Sonda lambda Aspiratore fumi Motore movimento griglie Leverismi movimento griglia Cassetto raccolta polveri Cassetto raccolta ceneri Capacità del serbatoio [l] Periodo di combustione [h] Potenza termica nominale [kW] Potenza termica minima [kW] Carico di riscaldamento medio edificio [kW] Impianto termico e puffer (Guntamatic) Esempio: Villetta di campagna Periodo di combustione - TB = 7 h (Combustibile - legna M20) Potenza termica nominale - QN = 30 kW Potenza termica minima Qmin = 15 kW (50% potenza nominale) Carico di riscaldamento medio edificio - Qh = 10 kW di circa 250 m3 (Edificio recente) Capacità del serbatoio - Vsp (l) = 15 x 7 x 30 x (1 - 0,3 x 10/15) = 1.470 litri è opportuno sovradimensionare di un 20% installando un puffer intorno a 1.700 litri 80 81 (*) La connessione tra l’impianto solare termico e una caldaia alimentata a biomassa legnosa, consente di ridurre le accensioni occasionali o addirittura di spegnere la caldaia in estate con evidenti vantaggi pratici e questo si può tradurre 4.1.2 - Combustione di piccola e media potenza Il controllo del processo di combustione della biomassa assume una valenza maggiore e, di conseguenza, un grado di sofisticazione più alto qualora questo sia adibito alla produzione di energia elettrica o anche di calore in quantità utili al I processi di conversione del legno in energia in risparmi significativi del combustile legnoso, indicativamente nell’ordine del 20-40% del fabbisogno annuo. teleriscaldamento. La buona tecnica vorrebbe che la scelta dei sistemi di combustione venisse fatta sulla base della specificità del combustibili. Le tecnologie impiantistiche utilizzate per la piccola-media combustione della biomassa sono quasi esclusivamente rappresentate da caldaie a griglia (mobile o fissa) 12. Tab. 4.1 - Principali tipologie di focolari automatici delle caldaie a griglia Principio Focolari alimentati alimentati per caduta Focolare sottoalimentato Tipologia Potenza (KW) Combustibile utilizzabile griglia ribaltabile 15 ÷ 30 pellet (cippato calibrato) braciere a tazza 6 ÷ 30 pellet braciere a tunnel > 10 pellet 10 ÷ 2.500 cippato, pellet 12 Altri tipi di forni quali quelli a tamburi rotanti e a letto fluido sono rinvenibili per potenze maggiori di 10 MWt. 82 83 I processi di conversione del legno in energia Fig. 4.4 - A sinistra caldaia a griglia fissa; a destra schema caldaia a griglia mobile Fig. 4.5 - Schema di forno a griglia fissa 1. zona di essicazione 2. zona di gassificazione 3. zona di ossidazione 4. camera primaria 5. camera secondaria 6. scambiatore 7. bruciatore ausiliario 8. spintore idraulico 9. ventilatori aria primaria 10. ventilatori aria secondaria 11. ventilatori aria terziaria 12. coclea estrazione cenere Fig. 4.6 - Alcuni principali dettagli costruttivi di una caldaia a griglia mobile Fig. 4.5 - Schema di forno a griglia mobile Focolari alimentati lateralmente (coclea, spintore) griglia a rullo laminato 4 ÷ 450 cippato, pellet griglia fissa (con raccoglitore di cenere), griglia ribaltabile > 25 cippato, pellet griglia mobile (a scalini, rotativa) 15 ÷ 20.000 cippato, pellet, altro… Fonte: modificato da Aiel, 2009 Per le caldaie a griglia, oltre alla camera primaria di combustione, è sempre prevista una seconda zona di combustione dove si perfeziona e si completa l’ossidazione dei composti gassosi e dei residui solidi volatili. Le griglie mobili provvedono all’avanzamento dei solidi, al recupero delle ceneri e soprattutto al mescolamento della biomassa per migliorarne il contatto con l’aria. Si utilizza solitamente un eccesso d’aria che va da 80% a 120%. Per raffronto tra alcune tipologie impiantistiche delle griglie, si riportano di seguito le rispettive caratteristiche prestazionali (tab. 4.2). 84 85 Tipologia di impianto Tipo di alimentazione Gamma di potenza ottimale Campo di regolazione della potenza Rendimento nominale % (kW) % % Umidità Tipo di combustibile combustibile Impianti a griglia fissa Inferiore Secco 10 - 35 100 3.000 40 - 100 75 - 80 Impianti a griglia fissa Inferiore Umido 20 - 45 100 3.000 40 - 100 70 - 75 Ceneri normali avanzamento arretramento secco umido 10 - 65 500 3.000 30 - 100 80 - 85 e/o correttivo per innalzare il pH di suoli acidi grazie alla presenza di metalli alcalini (Na, K)e alcalino-terrosi (Ca, Mg) 16. Impianti a griglia mobile Scheda 9 - Le ceneri Le ceneri derivanti da processi di combustione della biomassa sono classificate come “rifiuti speciali non pericolosi” ai sensi del D.lgs. 152/2006 (parte IV); sono inserite nella categoria rifiuti inorganici proveniente da processi termici con il codice CER [10.00.00] 13 e, più in dettaglio, ceneri pesanti CER [10.01.01] e ceneri leggere [10.01.03]. Per questi materiali è possibile una gestione con procedure semplificate 14. Il DM 186/2006 15 stabilisce le possibilità di recupero con procedure semplificate, quali: -- produzione di conglomerati cementizi o industria di laterizi (13.2); -- produzione di compost (16.1); -- produzione di fertilizzanti in conformità alla L. 748/’84 (18.1); -- recuperi ambientali, previo valutazioni con test di cessione del rifiuto. Le ceneri possono essere valutate e utilizzate razionalmente dal punto di vista agronomico. Peraltro i riferimenti normativi sull’agricoltura biologica D.Lgs. 220/’95 (di recepimento del Reg. CEE 2092/91) sull’utilizzo di “prodotti per la concimazione e l’ammendamento impiegabili in agricoltura biologica” fa riferimento alla cenere di legno vergine. Da un punto di vista strettamente agronomico abbiamo un possibile uso della cenere come concime, riportando al suolo gli elementi asportati dalle biomasse da essi prelevate; come ammendante 13 Solo se provenienti da legna non trattata con vernici e solventi 14Se la cenere fosse classificata come sottoprodotto di un processo controllato di combustione di biomasse legnose non contaminate si potrebbero escludere da un percorso di smaltimento. 15DM 5 Aprile 2006, n 186. Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi ammissibili alle procedure semplificate di recupero energetico di cui al DM 5/2/1998 86 Ceneri vetrificate Durante il processo di combustione per effetto delle alte temperature le ceneri subiscono prima un “rammollimento” che può portare ad una vera e propria fusione (vetrificazione) delle particelle. Pertanto l’utilizzo di combustibili che presentano un basso valore di fusione delle ceneri determina un aumento dei fenomeni di incrostazione delle griglie e degli elementi scambiatori. Inoltre i processi di fusione su griglia alterano i flussi di aria, determinano il surriscaldamento della griglia, aumentano i fenomeni di corrosione. I processi di conversione del legno in energia Tab. 4.2 - Caratteristiche prestazionali e di operatività di vari sistemi di combustione Tali problematiche possono essere risolte, oltre che con l’utilizzo di combustibili meno problematici, con una azione di raffreddamento della griglia; con sistemi automatici di pulizia della griglia; con una azione sul ricircolo dei fumi; con l’uso di additivi 17. La definizione di “sottoprodotto” sopra citata è stata di recente modificata dal DLgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, il quale all’art. 183, comma 1, lettera p, riprende quella precedente, modificandola leggermente. Secondo la nuova definizione, perchè sia possibile classificare “sottoprodotto” anzichè “rifiuto” lo scarto e residuo, avviato ad un altro ciclo produttivo (produzione del prodotto “metano”) deve rispettare tutto quanto di seguito enunciato: -- deve essere generato da un processo produttivo, pur non essendone l’oggetto principale; 16 Le ceneri provenienti da caldaie domestiche possono opportunamente essere distribuite nel giardino o nell’orto familiare e in loro indisponibilità nel contenitore del verde della raccolta differenziata. 17Additivi a base di Ca e Mg possono portare ad un aumento del punto di fusione delle ceneri. 87 -- l’impiego in altro processo produttivo deve essere certo sin dalla fase della sua produzione e integrale. Il processo in cui lo scarto è reimpiegato deve essere preventivamente individuato e definito; il sottoprodotto deve avere caratteristiche merceologiche e di qualità ambientale tali da garantire che il suo uso non generi un impatto ambientale qualitativo e quantitativo diverso da quello ammesso e autorizzato nell’impianto di destinazione. -- le caratteristiche di compatibilità ambientale di cui sopra devono essere possedute dal sottoprodotto sin dal momento della sua produzione; non sono consentiti trattamenti o trasformazioni preliminari al loro reimpiego a tale scopo; -- il sottoprodotto abbia un valore economico di mercato. più alto contenuto di carbonio assieme ai prodotti gassosi. La gassificazione si realizza in eccesso di combustibile e può essere schematizzata in quattro fasi: essiccamento, pirolisi, ossidazione/combustione, riduzione (fig. 4.7). Nelle prime due, che possono essere considerate immediate, irreversibili e in serie temporanea, si ha rispettivamente l’evaporazione dell’umidità, eventualmente Tab. scheda 9.1 - Ceneri e relativi punti di fusione di alcune biomasse combustibili Ceneri Punto di fusione PC0 % ss °C MJ/kg Abete rosso * 0,6 1426 18,8 Faggio * 0,5 1340 18,4 Pioppo SRF 1,8 1335 18,5 Miscanto 3,9 973 17,6 Residui di potatura vite 3,4 1450 19,8 Paglia di frumento 5,7 998 17,2 Derivazione combustibile I processi di conversione del legno in energia -- (*) con corteccia 4.2 - Gassificazione e pirolisi Il processo di gassificazione è dato da un insieme di reazioni e di processi termofisici che consentono di ottenere prodotti gassosi a partire da combustibili solidi, per effetto del contatto di questi ultimi con agenti gassificanti (aria, ossigeno, vapor d’acqua, anidride carbonica o miscele di tali gas). Questo può essere realizzato in condizioni di eccesso di aria (0 < < 1). Quando l’agente gassificante presenta un contenuto di ossigeno nullo ( = 0), si parla di pirolisi, processo orientato alla produzione di prodotti liquidi e solidi a 88 Fig. 4.7: schematizzazione di un processo di gassificazione (fonte: http://www. gekgasifier.com); le quattro fasi rappresentate non sono necessariamente in ordine, ma presentano fasi di sovrapposizione. presente nel combustibile, e la degradazione termica dello stesso. Nelle ultime due fasi si svolgono rispettivamente le reazioni di ossidazione e di riduzione. Le prime fasi, dove prevale la formazione di monossido di carbonio e di anidride carbonica, consentono di ricavare il calore di reazione necessario a sviluppare le altre che hanno, invece, carattere fortemente endotermico e i cui prodotti sono prevalentemente ossido di carbonio, idrogeno, metano e gas combustibili a più 89 tar, char e ceneri, si ottiene una miscela di CO, H2, CO2, H2O, N2 e CH4. Il gas così prodotto ha un potere calorifico generalmente compreso tra 4000 e 10.000 kJ/Nm3, che lo rende un combustibile direttamente impiegabile in caldaie, motori o turbine a gas per la produzione di calore ed energia elettrica. In alternativa, può costituire un buon prodotto di base per la sintesi di metanolo e suoi derivati, o ammoniaca. Attualmente le tecnologie di gassificazione di biomasse sono innumerevoli, distinguendosi tra loro soprattutto in base alla finalità per le quali sono realizzate, ossia in base alla qualità e alla quantità di prodotto che si vuol ottenere. I processi di conversione del legno in energia alto peso molecolare. A seguito di un opportuno processo di pulizia, finalizzato all’abbattimento di Le varie condizioni di esercizio che si possono instaurare sono infatti tutte funzione della produzione di un determinato tipo di gas piuttosto che un altro e dell’uso successivo che di tale gas si intende fare. Nella figura 4.8 sono schematizzati i principali processi di gassificazione. Fig. 4.8: rappresentazione dei quattro processi di gassificazione più diffusi. Fonte: http://www.gekgasifier.com). Presenza di zolfo nei combustibili Nelle forme di: --S --S organico --solfuri e disolfuri FeS2 --solfati CaSO4 - incombustibile S combustibile - aumenta l’inquinamento (SOx), aumenta la capacità corrosiva dei fumi (H2SO4). S incombustibile - diminuisce il potere calorifico (aumento delle ceneri). 90 91 Durante il processo di combustione oltre a CO2, H2O e all’energia si generano anche una serie di inquinanti che sono di seguito brevemente descritti. Biossido di carbonio (meglio noto come anidride carbonica - CO2): è il prodotto principale della combustione dei composti organici (carbone, legno, olio, biocarburanti, petrolio e carburanti fossili) ed è alla base del fenomeno dell’“effetto serra”. È un gas incolore e inodore; non è tossico in sè, ma non è respirabile e quindi in ambiente saturo può provocare la morte per asfissia. Monossido di carbonio (CO): è un composto che si genera nelle zone della camera di combustione dove la quantità di combustibile è troppo elevata in rapporto all’aria e quindi all’ossigeno. È un indice della qualità di combustione. Il monossido di carbonio è inodore, incolore, insapore e anche tossico. Alte concentrazioni possono provocare nell’uomo lo stato di incoscienza e persino la morte per asfissia Ossidi d’azoto (NOx): sono il risultato delle alte temperature raggiunte nella camera di combustione (sopra i 1200° C, la loro presenza è significativa) in presenza di eccesso di aria e quindi di ossigeno e azoto. In piccola parte possono essere dovuti all’azoto organico contenuto nel combustibile (trascurabile in oli e biodiesel). Interagendo con l’umidità atmosferica possono formare acido nitroso e acido nitrico ed essere quindi responsabili delle cosiddette “piogge acide”. Gli NOx appaiono in condizioni opposte a quelle che causano la creazione di particolato e CO e il loro controllo non è agevole. Ossidi di zolfo (SOx): si formano in presenza di zolfo nel combustibile e sono generalmente costituiti al 98% da diossido di zolfo (o anidride solforosa - SO2) mentre il resto è triossido di zolfo (SO3). Come gli NOx, anche gli SOx sono precursori di composti acidi (responsabili dell’acidificazione delle piogge). La principale fonte di inquinamento è costituita dalla combustione di combustibili fossili (carbone e derivati del petrolio), in cui lo zolfo è presente come impurezza, mentre i combustibili vegetali, che sono caratterizzati da un bassissimo contenuto di zolfo, sono sicuramente preferibili da questo punto di vista. Il biossido di zolfo è un forte irritante delle vie respiratorie; un’esposizione prolungata a concentrazioni anche minime può comportare faringiti, affaticamento e disturbi a carico dell’apparato sensorio. Composti organici volatili (COV): fanno parte del più vasto raggruppamento degli idrocarburi dei quali costituiscono la frazione volatile. I composti organici volatili comprendono tutte le sostanze organiche d’origine naturale o antropica che si trovano nell’aria allo stato di vapore o di gas. Comprendono anche aldeidi (formaldeide e acetaldeidi), alcani, alcheni, composti aromatici (benzene 1-3 butadiene, toluene), molti dei quali sono conosciuti come cancerogeni. Concorrono alla produzione dello smog fotochimico. Dei composti organici volatili fa parte 92 anche la frazione volatile degli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici). I composti organici volatili presenti nei gas esausti provengono principalmente dalla combustione incompleta di molecole di combustibile e olio lubrificante. I processi di conversione del legno in energia Scheda 10 - Le emissioni Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA): fanno parte dei composti organici aromatici, quindi degli idrocarburi totali, e sono composti organici principalmente a 2-4 anelli aromatici. Sono precursori dei Nitro-IPA, altamente mutageni. Gli idrocarburi policiclici aromatici a 2 anelli si trovano sempre nella fase gassosa mentre quelli a tre o quattro anelli aromatici si possono trovare in parte allo stato gassoso, in parte adsorbiti sulla superficie del particolato. Particolato (PM): La fase solida dei fumi è formata principalmente da aggregati, simili a spugne, di particelle sferiche a base di carbonio, ceneri (cioè materiale minerale incombustibile), eventuali sostanze organiche adsorbite e solfati inorganici. Tutti questi elementi possono essere combinati con altre sostanze condensate. Si differenzia a seconda del diametro delle particelle in PM10, PM2,5 e PM1. L’insieme delle particelle sospese in atmosfera è definito come P.M. (dall’inglese “Particulate Matter”), o materiale particellare particolato sospeso P.T.S. (Polveri Totali Sospese). Il loro diametro è compreso tra 0,005 µm e 150 µm, all’interno di questo intervallo le polveri sono distinte in: -- particelle grossolane: con diametro superiore ai 10 µm; -- particelle fini (PM10): con diametro inferiore ai 10 µm -- particelle finissime (PM2,5); con diametro inferiore ai 2,5 µm Le polveri PM10 e PM2,5 presentano un interesse sanitario superiore rispetto alle polveri grossolane perchè tanto più piccola è la dimensione delle particelle, tanto maggiore è la loro capacità di penetrare nell’apparato respiratorio. 93 Tab. scheda 10.1 - Classi di rendimento delle caldaie per potenze nominali (UNI EN 303-5) Rendimento Potenza nominale (kW) Classe 1 Classe 2 Classe 3 10 53,00 63,00 73,00 50 57,20 67,20 77,20 100 59,00 69,00 79,00 150 60,06 70,06 80,06 200 60,81 70,81 80,81 250 61,39 71,39 81,39 300 61,86 71,86 81,86 La UNI EN 303-5 prevede anche dei limiti di emmissioni in relazione al tipo di alimentazione, se manuale o automatica e alle classi di potenza (tab. scheda 10.2). Tab. scheda 10.2 - Limiti di emissioni per le tre classi di rendimento (UNI EN 303-5) mg /Nm3 al 10% di O2 Alimentazione Potenza nominale (kW) CO Classe 1 94 Classe 2 COV Classe 3 Classe 1 Classe 2 Polveri totali Classe 3 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Manuale Automatica <50 25000 8000 5000 2000 300 150 >50÷100 12500 5000 2500 1500 200 100 >100÷300 12500 2000 1200 1500 200 100 <50 12500 8000 5000 2000 300 150 >50÷150 12500 5000 2500 1500 200 100 >150÷300 12500 2000 1200 1500 200 100 200 180 150 La legislazione italiana in vigore sui limiti di emissioni fa riferimento al D. Lgs. 152/2006. In particolare nell’allegato 1, parte III, vengono stabiliti i valori per specifiche tipologie di impianti e in particolare al sotto capitolo 1.1 quelli per impianti nei quali sono utilizzati combustibili solidi, di cui all’Allegato X, tra cui le biomasse combustibili (vedi tab. scheda 10.3). Dal confronto dei valori dei limiti delle emissioni riportati nelle tabella UNI EN 303-5 e la legislazione italiana appare evidente la necessità di un aggiornamenti di quest’ultima. Tab.scheda 10.3- Limiti di emissioni, ai sensi del D. Lgs. 152/2006, per l’utilizzo di biomasse combustibili - espressi in mg/Nm3, con tenore di O2 nell’effluente gassoso dell’11%. Potenza termica nominale EMISSIONI 35-150 kW 0,15-3 MW 3-6 MW 6-20 MW > 20 MW Polveri totali 200 100 30 30 30 COT (carbonio organico totale) — — — 30 20 10* CO (monossido di carbonio) — 350 300 250 150* 200 100* NO2 (ossidi di azoto) — 500 500 400 300* 400 200* SOx (ossidi di zolfo) — 200 200 200 200* Applicazioni ad usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive Le concentrazioni di polveri fini in aria raggiungono valori elevati soprattutto durante la stagione invernale in presenza di condizioni che impediscono la dispersione degli inquinanti. Per il controllo delle emissioni delle caldaie adibite al riscaldamento con potenza nominale < 300 kW, la normativa italiana fa riferimento alla UNI EN 303-5 (di recepimento della norma europea EN 303-5). Tale norma prevede dei limiti di emissione distinguendo tra alimentazione manuale e automatica, e classi di rendimento della caldaia (tab. scheda 10.1). La classe 3 è quindi quella che prevede i livelli di rendimento più alti in rapporto alle varie potenze nominali. * valori medi giornalieri 5 - Applicazioni ed usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive 5.1 - Sistemi di cogenerazione (CHP) La cogenerazione da biomasse legnose, cioè la generazione combinata di calore ed energia elettrica (CHP, Combined Heat and Power), si realizza attraverso processi termici chiusi, nei quali la combustione della biomassa e la generazione 95 elettrica sono separati da uno stadio di trasferimento del calore dai gas surriscaldati a un fluido di lavoro impiegato nel ciclo di generazione dell’energia elettrica. Nell’ipotesi di produzione separata, supponendo di produrre 35 unità di energia elettrica con una centrale termoelettrica avente un rendimento elettrico di circa il 40% e 50 unità di calore utile con una caldaia avente un rendimento termico pari a circa l’ 80%, si avrebbe un consumo di combustibile pari a 140 unità di combustibile. Pertanto, nel caso di produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore, necessitano 140 unità di combustibile anzichè le 100 richieste dall’impianto di cogenerazione. La generazione di energia elettrica (EE) dalle biomasse, per essere energeticamente e ambientalmente sostenibile, dovrebbe essere vincolata alla produzione di energia termica sulla base del seguente assunto: Il risparmio di energia primaria conseguibile con la cogenerazione è dunque pari, nell’ipotesi considerate, al 28%. Le macchine utilizzate nei processi cogenerativi sono: -- sarebbe opportuno produrre energia elettrica solo quando viene richiesta anche energia termica. -- il motore Stirling 20-100 kWe -- il motore a vapore 50-1200 kWe Diversamente il processo porta alla dissipazione e quindi allo spreco di significative quantità di energia. La CHP, quindi, imporrebbe la valorizzazione contemporanea di calore ed EE, ma questo non è sempre facile da realizzare. -- il turbogeneratore ORC (Organic Rankine Cycle) 250-1500 kWe Per chiarire il significato di risparmio energetico connesso ad un impianto cogenerativo rispetto alla produzione separata delle medesime quantità di energia utile, si illustra l’esempio riportato nella figura 5.1. Un impianto cogenerativo, che produce 35 unità di energia elettrica e 50 unità di calore utile, consumi a 100 unità di combustibile. Il rendimento termodinamico complessivo di conversione, inteso come rapporto tra l’energia utile prodotta (35 + 50) e l’energia primaria del combustibile utilizzato (100), risulta dell’85%. -- quantità di energia termica e di energia elettrica che si deve produrre; -- rapporto tra potenza elettrica e termica richiesta dalle utenze; -- temperatura di utilizzo e tipo di fluido caldo richiesti dalle utenze. Fig. 5.1 - Schematizzazione del risparmio di energia primaria derivante dalla cogenerazione (CHP) rispetto alla produzione separata di energia (fonte: GSE, 2010) 96 Fig. 5.1b - Ciclo Rankine Applicazioni ad usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive Fig. 5.1a - Turbina a vapore La scelta del processo è in relazione a diversi aspetti: Per orientare la scelta tra processi e differenti esigenze è stato definito l’Indice elettrico (k), dove il parametro k=Ee/Et, e dato dal rapporto tra l’energia elettrica e quella elettrica prodotta da un determinato impianto CHP. L’indice elettrico 97 caldaia a griglia per bruciare cippato di legno. Alcune caratteristiche tecniche e prestazionali sono espresse nella tabella seguente. Tab. 5.1 - Prestazioni della centrale a biomassa a Tirano (SO) Potenza termica caldaia Produzione di energia elettrica Efficienza Temperatura fumi in uscita dalla caldaia Temperatura fumi in atmosfera Fig. 5.2 - Schema della centrale Wärtsilä non convertito è poi recuperato mediante scambiatori a superficie, realizzando così il processo di cogenerazione. Il rendimento energetico di un ciclo Rankine per piccoli - medi impianti varia tra 10 e 25% (kWe/kWt) a cui si può aggiungere il recupero termico pari a circa 45 - 50% della potenza termica del combustibile. Di seguito sono riportate alcune informazioni (schemi e alcune caratteristiche tecniche) di centrali di cogenerazione a biomassa, di esempi applicativi delle due tecnologie citate. 6 MW 1.1 MW 4 kWh termici + 1 kWhe/2 kg biomassa 170° C 40° - 45° C Temperatura minima di mandata dell’acqua 62° C Temperatura massima di ritorno dell’acqua 92° C Esempio 2 - È dato da un impianto della Wärtsilä alimentato anch’esso con cippato di legno e residui di potatura il cui contenuto di umidità può arrivare anche fino al 65%. L’energia elettrica prodotta attraverso un ciclo Rankine è pari a 1.5 MWe, mentre l’energia termica prodotta è pari a 9 MW. Il fluido vettore di tale ciclo è portato a temperature massime di 480° C e pressioni massime di 26 bar, mentre lo scambio termico al condensatore si realizza ad una temperatura tra 90° e 115° C. La maggiore particolarità di tale centrale è data dal sistema a griglia (vedi fig. 5.3) a forma conico-circolare, formata da una serie di anelli concentrici che ruotano alternativamente in senso orario e antiorario. Applicazioni ad usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive presenta dei valori tipici per ciascuna soluzione impiantistica. I più comuni sistemi di cogenerazione accoppiati alle centrali di combustione delle biomasse sono le turbine a vapore, sistemi cioè che realizzano un ciclo Rankine di produzione di energia meccanica convertita poi in elettricità. Il calore Il combustibile è alimentato dal centro della griglia e, grazie al movimento Esempio 1 - Riguarda la centrale a biomassa di Tirano (SO) che utilizza una Fig. 5.3 - Griglia BioGrate L’aria primaria è come sempre insufflata dal basso, al di sotto del combustibile, mentre la restante è alimentata direttamente in fiamma. Fig. 5.4 - turbogeneratore ORC Fonte: http://www.turboden.eu 98 99 5.1.1 - Il turbogeneratore orc La combustione della biomassa (primo ciclo) avviene in una normale caldaia a griglia mobile che impiega l’olio diatermico come fluido termovettore di calore. Esso offre numerosi vantaggi, tra cui: la bassa pressione nella caldaia, l’elevata inerzia, la stabilità nelle variazioni di carico, sistemi di regolazione e controllo semplici e affidabili. La temperatura utilizzata (circa 300° C) nella parte calda dell’impianto assicura lunga durata all’olio diatermico. Nell’evaporatore, per mezzo dell’olio diatermico, il fluido di lavoro delle macchine viene vaporizzato e surriscaldato. Successivamente entra nel condensatore dove il calore recuperato è usato per produrre acqua calda a circa 80° - 90° C, un livello di temperatura idoneo al teleriscaldamento e ad altri usi a bassa temperatura (essiccazione del legno, essiccazione di segatura con successiva pellettizzazione, raffreddamento attraverso impianti ad assorbimento). I turbogeneratori ORC, che utilizzano l’ olio siliconico come fluido di lavoro, hanno dimostrato un’efficienza elettrica netta del 18% circa, quando operano con temperature nominali dell’ acqua di raffreddamento (60°/80° C). L’ORC è in grado di funzionare bene anche a carico parziale, fino al 10% del carico nominale, con un’ottima efficienza (rendimento pressochè costante per carichi fini al 50% del carico nominale). Il rendimento complessivo del sistema dipende dall’efficienza della caldaia ad olio diatermico e dalla presenza dell’economizzatore. Rendimenti della caldaia ad olio diatermico (energia disponibile all’ olio/ potere calorifico inferiore) superiori all’80% sono possibili con le moderne caldaie ad olio diatermico portando ad un’efficienza elettrica globale fino al 23%. Quando l’economizzatore è installato, l’efficienza termica generale può raggiungere il 90%. 5.1.2 - Il motore Stirling Il ciclo Stirling è un processo termodinamico che trasforma l’energia termica in energia meccanica. Il motore Stirling fa parte del gruppo dei motori ad espansione (o motore ad aria calda), in cui i movimenti dello stantuffo non derivano dalla combustione interna di un combustibile, ma sono il risultato dall’espansione di una massa costante di un gas riscaldato da una fonte esterna alla macchina (caldaia). Il gas impiegato nel motore Stirling è normalmente elio, ma viene utilizzato anche idrogeno. Ad esempio nella caldaia avviene la combustione della biomassa legnosa; i gas 100 combusti così generati vengono in contatto con lo scambiatore di calore del motore Stirling, dove una parte del contenuto energetico è usata per fare espandere il gas di lavoro nel motore. Il calore residuo dei fumi viene utilizzato per la produzione di energia termica. Il rendimento elettrico di un impianto CHP con motore Stirling è attualmente del 12-20%, in dipendenza del livello tecnologico della macchina. L’attenzione di alcune decine di aziende ed enti coinvolti nello sviluppo degli Stirling, è legata soprattutto ai seguenti aspetti: -- elevati rendimenti di conversione energetica, almeno da un punto di vista teorico18; -- possibilità di utilizzare virtualmente qualsiasi fonte di energia fossile o rinnovabile; -- combustione esterna che consente un migliore controllo delle emissioni e limita la rumorosità rispetto, ad esempio, ai motori endotermici; -- fabbisogno di manutenzione potenzialmente modesto19 (alcuni prototipi sono stati fatti funzionare anche per più di 50.000 ore con interventi molto limitati); Tuttavia, i motori Stirling non hanno ancora raggiunto il “market breakthrough” nella produzione su larga scala, anche se è opinione di diversi produttori che vi si possa arrivare nel breve - medio termine20. Al momento attuale i motori Stirling vengono prodotti in piccolissime serie per applicazioni speciali21 o per finalità di R&S. Il combustibile più utilizzato è il gas naturale, mentre le applicazioni a biomassa sono molto ridotte. L’esperienza reperibile ha interessato generatori con potenza variabile da poche centinaia di W fino a 600 kWe, con valori più frequenti nel campo 5-50 kWe. In quest’ultimo caso i rendimenti elettrici variano dal 21 al 28%. Applicazioni ad usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive degli anelli, è distribuito uniformemente su tutta la superficie disponibile. Durante la combustione il materiale è poi trasportato verso i bordi della griglia da dove, successivamente, ricadono le ceneri che sono raccolte nella zona sottostante. 18 I modelli più sofisticati potrebbero raggiungere il 35-40%. Si tratta quindi di valori alla portata dei gruppi elettrogeni a ciclo Diesel della potenza superiore ai 200-300 kW e delle turbine a vapore di dimensione elevata (almeno un centinaio di MW). Tutavia i rendimenti sono strettamente dipendenti dalla temperatura della sorgente fredda e come l’esigenza di recuperare del calore a livelli di temperatura interessanti (80-90° C) riduce sensibilmente i valori indicati. 19 I presupposti derivano dall’assenza di scoppi veri e propri all’interno del motori e dal fatto di confinare la combustione in una caldaia, dove possono essere meglio controllati i fenomeni di imbrattamento delle superfici. Tuttavia i motori Stirling più prestanti sono caratterizzati da elevate pressioni di esercizio e da temperature medie di certi elementi nettamente superiori a quelli riscontrabili nei motori a combustione interna. 20 È peraltro da precisare che ad oggi le previsioni e gli annunci di un imminente ingresso sul mercato di varie aziende sono stati ripetutamente disattesi e che la grossa industria si è sempre disinteressata al tema. 21 Gli attuali impieghi sono sostanzialmente militari e riguardano, a esempio, l’utilizzo di cascami termici in alcuni sottomarini o la costruzione di gruppi elettrogeni particolarmente silenziosi e meno rilevabili all’infrarosso (applicazioni militari). 101 Relativamente semplice. Elevata richiesta di manodopera Dipende dalla pressione di lavoro. Semplice se il fluido di lavoro è aria Semplice Limiti operativi più evidenti i) alimentazione automatica difficoltosa; i) è necessaria acqua trattata; i) praticamente non reperibili a prezzi ragionevoli i) praticamente non reperibili per le piccole potenze ii) transitori avvio - fermata lunghi; ii) i modelli più semplici sono a pistoni ma difficili da reperire iii) il combustibile va preparato Macchina per la regolazione delle dimensioni del combustibile Impianto per trattamento acqua Dipende dal tipo della caldaia Soluzione tecnica Gassificatori a attualmente letto fisso raccomandata Il livello tecnologico dipende dalla pressione del vapore Le soluzioni costruttive sono numerose Caldaia a olio diatermico operante a 250°-300° C Tipo biomassa Piccoli prismi (dimensioni di un pacchetto di sigarette) Qualsiasi tipo in dipendenza della caldaia Qualsiasi tipo in dipendenza della caldaia Qualsiasi tipo in dipendenza della caldaia Rese (%) 2,5-3 m3 di gas/ kg di legno; 1011 m3 sono pari all’energia di un kg di gasolio Dalla biomassa all’elettricità: 10%; Dalla biomassa all’elettricità (ciclo a elio): 20-30%; Dalla biomassa all’elettricità: 10-20% Tecnologie migliorate: 10-20% Ciclo ad aria: 5% 5.1.3 - Il motore a vapore Nei grandi impianti, il motore a vapore può rappresentare un’alternativa alla turbina a vapore. Il motore a pistoni a vapore è modulare e realizzabile in diverse configurazioni da uno fino a sei cilindri per motore e in base ai parametri del vapore prodotto, sono applicati motori monostadio o multistadio. Il rapporto fra pressione in ingresso e in uscita è tipicamente 3, fino ad un massimo di 6, per uno stadio di espansione. La pressione in ingresso è tipicamente compresa tra 6 e 60 bar e in uscita varia da 0 a 25 bar. L’efficienza del motore dipende dai parametri del vapore. Si va dal 6-10% fino al 12-20% rispettivamente per i monostadio e i multistadio. Tab. 4.7 - Panoramica su alcune tecnologie utilizzabili per la realizzazione di microgeneratori a biomassa. Tecnologia Flessibilità operativa 102 Gassificatori per biomassa solida Macchine Rankine accoppiate a caldaie a biomassa Macchine Stirling accoppiate a caldaie a biomassa Macchine ORC accoppiate a caldaie a biomassa Medio - bassa Media Media Media Macchine ausiliarie Applicazioni ad usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive Gestione Fonte: Rielaborazione da CTI, 2001 per quello che riguarda le centrali a biomassa di potenza superiore ai 10 MW e condotte nella norma presentano rendimenti elettrici medi dell’ordine del 25% (netto alla rete, quindi includendo autoconsumi e perdite di trasformazione) con minimi che dovrebbero essere superiori al 22% e massimi del 27-28%. I migliori rendimenti del settore sono dell’ordine del 32-35% (con punte del 40%) e vengono conseguiti negli impianti esistenti nel nord Europa che operano a pressioni elevate (oltre 100-120 bar) e con tecnologie (caldaie e turbine) di elevato rendimento (letti fluidi che limitano la perdita al camino e macchine pluristadio). Facendo riferimento al rendimento del 25%, il consumo tipico di combustibile è 103 1,52 t di biomassa al 45% di umidità per MWh ceduto alla rete, essendo l’umidità media al 45% un valore molto comune nella pratica. Ponendo un costo medio della biomassa a questa umidità pari a di 45-55 €/t risulta che: incidenza combustibile circa 67-82 €/MWh (media: 75 €/MWh) Ritenendo che i costi di produzione in centrali di potenza superiore ai 10 MWe siano dell’ordine dei 140 €/MWh, risulta che l’incidenza del combustibile è del 50-60% (55% circa in media). Applicazioni ad usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive e pari a: Turbina a vapore ORC Motore a vapore Sistemi di generazione Rendimento elettrico % 5 ÷ 15 15 ÷ 24 10 ÷ 30 Rendimento termico % 0 ÷ 60 0 ÷ 80 0 ÷ 60 Rendimento complessivo Range di potenza > 150 > 250 > 25 kW 10 ÷ 80 15 ÷ 80 5 ÷ 75 % •assenza di vapore acqueo, semplificazione tecnologica e burocratica •bassa manutenzione •trasportabile in container •rendimento elettrico costante ai carichi parziali •funzionamento automotizzato e controllabile in remoto •elevata affidabilità. •semplicità •affidabilità •rendimento elettrico abbastanza costante ai carichi parziali. •alto costo dell’investimento; •caldaia con circuito ad olio diatermico; •smaltimento dell’olio diatermico esausto. •costo d’investimento; •utilizzo di vapore acqueo; •per la gestione è richiesto personale patentato; •rendimento condizionato dalla pressione di immissione del vapore. Svantaggi •elevata affidabilità di esercizio; •elevato numero di ore di utilizzo dell’impianto; •moderati oneri di manutenzione; •costi di investimento relativamente bassi. Fig. scheda 11.1 - Schema di un sistema di teleriscaldamento •sensibile riduzione del rendimento ai carichi parziali; •impianto complesso; •è richiesto personale patentato per il presidio dell’impianto in continuo; •taglie minime generalmente grandi per impianti di cogenerazione; •spesso richiedono caldaie “fuori serie”. Vantaggi Tab. 4.8 - Riepilogo delle caratteristiche principali dei processi cogenerativi trattati 1,14 t di biomassa al 30% di umidità per MWh ceduto alla rete; 105 104 pari a: Il calore che si ricava dalla combustione in caldaia dei combustibili da biomassa, può essere utilizzato per il teleriscaldamento, che è un sistema che provvede alla produzione ed alla distribuzione a distanza del calore, mediante l’uso di un opportuno fluido vettore. Per sua natura, quindi, il teleriscaldamento risponde ad un criterio di centralizzazione del servizio calore e può essere asservito sia ad esigenze di riscaldamento ambientale di agglomerati urbani sia alla fornitura diretta di calore ad impianti industriali ed eventualmente anche per esigenze di processo. Un impianto centralizzato di teleriscaldamento è sinteticamente strutturato nelle seguenti componeneti (fig. scheda 11.1): -- centrale termica; -- linee di distribuzione dell’acqua calda; -- sottostazioni di utenza; -- Impianto di climatizzazione delle abitazioni. La centrale termica è dimensionata in base al fabbisogno termico dell’utenza da servire, mediato in tempi giornalieri, mensili o annuali. Va poi valutata l’efficienza di combustione della stessa e quella dell’impianto in centrale. Le linee di distribuzione dei fluidi in partenza dalla centrale termica vengono realizzate con tubazioni preisolate (fig. scheda 11.2), indispensabili per i tratti interrati, per limitare le perdite di calore nel trasporto dell’acqua calda dalla centrale termica alle unità termiche periferiche (fig. scheda 11.3). Le perdite di calore lungo le tubazioni di mandata rappresentano, infatti, il maggior limite alla fattibilità dei sistemi di teleriscaldamento, in quanto esse rendono economicamente non sostenibile la realizzazione di reti di riscaldamento eccessivamente lunghe (temperatura minima di ritorno del fluido vettore circa pari a 60°-70° C). Fig. scheda 11.2 - Sezione trasversale di una tubazione per il teleriscaldamento La sottostazione è collocata negli spazi comuni (vani scale o corridoi) dell’edificio, all’esterno degli appartamenti, così che le operazioni di manutenzione avvengono agevolmente e senza disturbo per gli utenti. Applicazioni ad usi energetici delle biomasse legnose, utilizzi diffusi e prospettive Scheda 11 - Teleriscaldamento Adottando impianti di teleriscaldamento è possibile utilizzare meno combustibile e conseguire una gestione ottimizzata del sistema specie per quello che riguarda il controllo delle emissioni. Tale riduzione di emissioni è dovuta al migliore controllo della combustione e alla possibilità di utilizzare impianti di depurazione dei fumi. Va anche sottolineato il vantaggio della notevole affidabilità e continuità d’esercizio che un impianto centralizzato può assicurare, ed il non trascurabile beneficio socio-economico derivante dall’incremento dell’occupazione locale durante la realizzazione ed esercizio dell’impianto (vedi Scheda 12. - Analisi Fig. scheda 11.3 - Struttura tipica e organizzazione delle componenti all’interno di una canalizzazione di teleriscandamento 106 107 Vantaggi del teleriscaldamento Riduzione inquinamento ambientale Minore biocombustibile utilizzato Maggiore rendimento dell’impianto Maggiore affidabilità complessiva del sistema Vantaggi per l’occupazione locale Risparmio della bolletta energetica per l’utente 6. - Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legnoenergia 6.1 - Organizzazione delle filiere La realizzazioni di filiere legno-energia vantaggiose su accordi, organizzazioni logistiche e/o riorganizzazioni che devono vedere partecipi tutti i soggetti economici e istituzionali. Le ragioni per stimolare nuovi soggetti progetti sono di tipo: -- sociale e territoriale22; -- tecnico-organizzativo; -- economico; -- fiscale. In tutte le filiere che si sono sviluppate nelle realtà più evolute sono presenti tecnologie, professionalità e strutture dedicate alla filiera. Sono cose che certamente si sviluppano e si accompagnano con i processi evolutivi della crescita delle filiere, ed è generalmente necessaria un’azione di start-up capace di rendere più agevole il percorso. 22Aspetto spesso trascurato che porta quasi inevitabilmente alla sindrome NIMBY - Not In My Back Yard, letteralmente “Non nel mio cortile”. 108 Alcuni esempi, riportati di seguito, di “nuove” professionalità che abbracciano tutti gli aspetti della filiera, saranno utili a chiarirne l’importanza (vedi il box “Il contracting in Austria” a pag. 115 e la Scheda 13). Il primo livello di “nuova” professionalità da mettere in campo è la capacità di divulgazione e comunicazione del significato di produzione energetica da fonti rinnovabili. La mancanza di conoscenza della reale portata di questo tipo di filiera è il primo (e spesso insormontato) ostacolo che si interpone sullo sviluppo di nuovi progetti. La conoscenza è necessaria e va realizzata a tutti i livelli, non solo al cittadino con una struttura informativa di carattere generale23, ma anche in modo più mirato agli eventuali attori della filiera, dal produttore delle biomassa fino ad arrivare al funzionario dell’Ente locale che deve seguire le pratiche autorizzative necessarie. Allo stesso tempo, la comunicazione di questi temi non deve essere affidata esclusivamente ad alcune professionalità specifiche altamente specializzate ma è assolutamente opportuno che siano più professionalità differenziate che sviluppino il loro contributo informativo e critico dall’angolatura della propria competenza. Vi sono poi gli aspetti agroforestali della produzione della biomassa. Nelle analisi di carattere generale e relative alle possibili specie da destinare alle colture energetiche, emerge che questi aspetti non sono di per sè risolutivi o determinanti per la vitalità di una filiera. È invece importante la professionalità agricola e forestale con la sua capacità di messa a punto di itinerari tecnici calati sulle specifiche realtà territoriali, che garantisce il successo e lo sviluppo24. Anche in questo caso le competenze devono essere ampie e complesse. Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia di alcune esperienze di minireti di riscaldamento). Tuttavia le filiere, per essere accettate ed essere durature (cioè sostenibili), non possono essere condotte nella sola logica di massimizzare la produzione o massimizzare la qualità; al contrario, nei propri itinerari devono comprendere aspetti ecologici/ ambientali ed energetici e, quindi, è importante che ci siano sensibilità e competenze di questa natura. La movimentazione e il trasporto, possono avere una incidenza economica sul prezzo della biomassa non trascurabile. La cantieristica per poter sviluppare 23 L’importanza è l’attualità di questo tema è parte degli sforzi che la UE mette in campo per agevolare lo sviluppo delle FER. 24 Vogliamo rimarcare che nel nostro paese lo sviluppo delle filiere bio-energetiche è relativamente “giovane” e che le risorse messe a disposizione in R&S in questo settore sono relativamente “insignificanti” rispetto ad altri comparti; particolare ancora più penalizzante per le ambizioni e il ruolo che si vorrebbe affidare alle filiere stesse. 109 La qualità della biomassa può essere fortemente compromessa nelle stesse fasi di raccolta (con macchine non adeguate) e nelle fasi di movimentazione e di stoccaggio. Queste attività vanno pensate in strettissima integrazione a monte e a valle della filiera, e tanto più integrate quanto più grandi sono le dimensioni della fase finale. Appare evidente che questo pezzo di filiera deve essere gestita da professionisti dotati di opportuni mezzi, così come peraltro accade nei paesi più evoluti nel settore. Inoltre, le problematiche dello stoccaggio spesso possono richiedere da parte della centrale di trasformazione energetica ulteriori servizi di questa natura alla componente agricola o logistica della filiera, che se opportunamente gestite possono far acquisire valore aggiunto al settore primario. La capacità di programmazione non riguarda solo le componenti più strettamente connesse alle filiere (agricoltori, trasportatori) ma anche quelli che hanno una funzione di indirizzo. A parte le problematiche di accettabilità sociale a cui si è fatto riferimento più volte, alcune scelte non sono indifferenti rispetto allo sviluppo e al successo delle filiere agro-energetiche. Ad esempio, il teleriscaldamento di un determinato complesso può risultare economicamente non realizzabile se calato su una realtà preesistente (costi eccessivi di realizzazione della rete), ma assolutamente affrontabile in sede di progettazione e approvazione di un nuovo Insediamento Produttivo. Allo stesso modo, la collocazione di una centrale termica di medio-grande dimensione deve, tra le altre cose più strettamente tecniche, tener conto anche delle situazioni infrastrutturali esistenti e/o da realizzare, della vocazionalità del territorio circostante (vincoli) e quindi avvalersi di tutti gli strumenti o crearne ad hoc per programmare uno sviluppo ordinato e duraturo. Per gli aspetti di più stretta dipendenza dalla componente agricola territoriale circostante alla centrale, occorre tener conto, oltre che della vocazionalità dei terreni, anche degli aspetti strutturali delle aziende stesse per capire le reali possibilità realizzative, e prevedere le difficoltà di adattamento e di trasformazione delle aziende. 6.2 - Alcuni casi di riferimento L’operatività delle filiere legno-energia deve essere calata nel contesto territoriale e ovviamente la sua strutturazione assume impegni differenti in funzione della tipologia di impianto. Nella tabella 6.1 vengono riassunte alcune condizioni di operatività di massima che consentono un rapido inquadramento dell’entità dei fattori che sono toccati dall’opzione bioenergetica, e quindi sono un primo orientamento che poi deve essere opportunamente approfondito. Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia capacità di lavoro considerevoli a costi contenuti, necessita di macchine specialistiche e costose, quasi sempre non alla portata economica di un singolo agricoltore/forestale (come riportato nel capitolo 3 e più in dettaglio nella tab. 3.2). Inoltre, il loro utilizzo deve essere opportunamente programmato per sviluppare il numero adeguato di ore di lavoro per ammortizzare il relativo costo. Tab. 6.1 - Tipici range operativi di impianti per la produzione di bioenergia di vario tipo e scala (IEA, 2007c) Tipo di impianto Calore - piccolo Range di produzione di calore (t) o elettricità (e) e ore di operatività annue 100-250 kWt Biomassa combustibile richiesta (qt di s.s./anno) Movimentazione veicoli per trasporto biomassa all’impianto (1) Superficie richiesta per la produzione di biomassa (% del totale dentro un raggio specifico) (1) 40-60 3-5 volte all’anno 1-3% entro 1 km di raggio 2000 h 110 111 Calore - grande 10-140 volte all’anno 100-1.200 3000 h 500 kWe-2 MWe Cogenerazione piccolo 150-500 volte all’anno 1.000-5.000 5-10% entro 2 km di raggio 1-3% entro 5 km di raggio 4000 h 5-10 MWe Cogenerazione medio 30.000-60.000 5-10 volte al giorno 5-10% entro 10 km di raggio 5000 h 20-30 MWe Elettricità - grandi 90.000-150.000 25-50 volte al giorno 7000 h 2-5% entro 50 km di raggio 1. Richieste di trasporto e superficie agricola per soddisfare la richiesta annuale di biomassa di diversi tipi di impianti. Le rese in biomassa, prodotta da piantagioni forestali, residui agricoli o coltivazioni erbacee dedicate, si suppongono tra 5 e 10 t/anno di s.s. Con la tabella 6.2 si intende proporre un quadro di riferimento del costo dell’energia primaria producibile con alcuni biocombustibili legnosi ponendoli a confronto con le alternative più diffuse riferite ai combustibili fossili. Dall’osservazione dei dati emerge con evidenza che l’energia primaria producibile, ad es. con cippato da residui di lavorazione del legno, è 3,5 volte meno costosa di quella ottenuta con il metano. In generale i biocombustibili delle filiere legno energia presentano un costo del kWh primario relativamente basso che consente difatti di affrontare le opzioni di sviluppo della filiera legna-energia in termini realistici ed economici. Va tuttavia tenuto presente che i costi di investimenti degli impianti a biomassa sono nettamente superiori a quelli alimentati con combustibile fossile. Tab. 6.2 - Costi dell’energia primaria di diversi combustibili 112 q u.m. 1 t M30 3,40 80,00 23,53 1,23 Cippato SRF 1 t M50 2,23 50,00 22,42 1,17 Cippato da residui lav. legno 1 t M20 3,92 75,00 19,13 1,00 Pellet (certificato) 1 t M10 4,60 200,00 43,48 2,27 Briquettes 1 t M10 4,40 140,00 31,82 1,66 Metano (3) 100 m3 1,00 66,00 66,00 3,45 GPL (4) 1000 l 6,39 830,00 129,89 6,79 Gasolio agricolo 1 t 10,70 690,00 64,49 3,37 86,92 4,54 Gasolio 1 t 10,70 930,00 riscaldamento (1) per esemplificazione non viene considerato il rendimento della caldaia (2) escluso il costo di trasporto alla caldaia (3) 1 kg = 5,8 l (20° C; 216 bar) (4) 1 m3 = 2 kg = 4 l Tab. 6.3 - Confronto del costo dell’energia utile di quattro opzioni di caldaia 6.3 - Aspetti tecnico-economici Combustibile Cippato di legna (P1645) Umidità Energia producibile Costo combustibile (2) Costo energia producibile M MWh (1) € €/MWh (1) Rapporto tra costi dell’energia primaria Impianti e voci di costo U.M. Legna (1) Cippato (2) Pellet Metano (3) MWh/u.m. 3,4 3,4 4,6 9,6 kW 100 100 100 100 1 PCI 2 Potenza della caldaia 3 Ore di funzionamento annue h 1500 1500 1500 1500 4 Rendimento stagiogale impianto % 76 80 85 90 5 Energia primaria MWh/a 150 150 150 150 6 Energia utile prodotta MWh/a 114 120 127,5 135 7 Costo di Investimento € 45000 65000 40000 13000 9 Durata dell’investimento anni = a 15 15 15 15 8 Saggio di interesse % 5 5 5 5 10 Costo del capitale €/a 2085 3012 1854 602 Legna a pezzi stagionata 1 t M25 3,69 125,00 33,88 1,77 11 Fabbisogno combustibile u.m./a 44 44 33 15625 Legna a pezzi fresca 1 t M50 2,23 85,00 38,12 1,99 12 Prezzo del combustibile €/u.m. 125 80 200 0,66 13 Spesa annua combustibile €/a 5515 3529 6522 10313 Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia 250 kWt-1 MWe 113 Energia elettrica consumata €/a 50 200 100 30 15 Spese pulizia €/a 150 150 150 110 16 Manutenzione ordinaria e straord. €/a 300 400 200 100 17 Costi totali annui (= 10+13+14+15+16) €/a 8100 7292 8825 11155 18 Costo energia utile (= 17/6) (CEU) €/MWh 71,05 60,76 69,22 82,63 19 Quota CEU relativa al costo di produzione energetica €/MWh 22,68 31,35 18,07 6,24 20 Quota CEU relativa al combustibile €/MWh 48,37 29,41 51,15 76,39 21 Incidenza costo di prod.ne energ.ca /CEU % 31,9 51,6 26,1 7,6 22 Incidenza costo combustibile /CEU % 68,1 48,4 73,9 92,4 1) Legna M30, P330; 2) cippato M30, P16-45; 3) metano 9,6 kWh/m3 La tabella 6.3 propone un confronto, per ipotesi di fabbisogni energetici di piccole dimensioni, a parità di potenza (100 kW) e a parità di ore di funzionamento all’anno (1.500 ore/anno). Il minor costo dell’investimento necessario per l’opzione “metano” erode gran parte del vantaggio competitivo del costo dell’energia primaria dei combustibili legnosi, visto in precedenza (tab. 6.2), ma il costo dell’energia utile (CEU) più basso risulta essere ancora quello derivante dalla caldaia alimentata a cippato M30, P16.45, con un costo di circa 61 €/MWh contro gli 83 €/MWh della caldaia alimentata a metano. Si puo anche notare che a queste dimensioni di potenza delle caldaie quelle a pellet recuperano in competitività in termini di costo dell’energia utile (era più ampia la differenza in termini di energia primaria con il cippato la forbice vista in tab. 6.2). Il contracting - il caso Austria A partire dagli anni 80 in Austria il numero di impianti di mini-reti di teleriscaldamento, di potenza terrmica compresa tra 100 e 5.000 kW ha avuto uno sviluppo considerevole basato su alcune leve fondamentali: ----- un fertile contesto socio-culturale; lo sviluppo della tecnologia del cippato; l’intraprendenza di agricoltori e operatori agroforestali; un deciso accompagnamento della politica e delle amministrazioni locali. In particolare rispetto a quest’ultimo punto si registra un caso di eccellenza in Stiria, laddove con i contratti legno-energia (holzenergie contracting) decisamente promossi dalla Camera dell’Agricoltura e delle Foreste della Stiria e dall’Agenzia Energetica Regionale sono stati sviluppati in poco più di un decennio, a partire dal 1995, oltre 100 casi di contratti legno-energia; circa 12 MWt installati; circa 32.000 msr di cippato locale valorizzato; numerosi posti di lavoro locale. In tutti questi casi gli agricoltori e operatori agroforestali, in forma associata, non forniscono solo la materia prima (commodity) ma un SERVIZIO CALORE, creando condizioni di maggiore convenienza per le loro imprese e per i cittadini utenti del servizio stesso, oltre ad un contributo positivo di natura ambientale edenergetico. Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia 14 Sulla base dei dati presentati in tabella 6.3 si rileva che il costo unitario dell’energia utile da biomasse legnose è più competitivo rispetto alle fonte fossili. Lo è tanto di più quanto più è facilmente reperibile la biomassa e/o più costosa la fornitura di metano. Osservando l’incidenza del costo del combustibile sul costo dell’unità di energia utile, che risulta maggiore per il metano rispetto ai combustibili legnosi, si deduce che analoghe variazioni sul costo dei combustibili comportano aumenti di CEU ancora più sfavorevoli per il combustibile fossile. 114 115 Lo sviluppo di minireti di teleriscaldamento alimentate a combustibili legnosi e/o ligno-cellulosici è una realtà consolidata in molti paesi europei, dove viene realizzata con elevati standard di funzionamento di controllo sulla sicurezza e sulle emissioni. In Italia ha avuto un importante sviluppo in Alto-Adige, solo più di recente si stanno sviluppando esperienze interessanti nell’appennino centrale. Lo sviluppo di questi impianti produce importanti e differenti vantaggi: -- tradizionali; risparmio di combustibili fossili; riduzione delle emissioni di CO2; corretta manutenzione del bosco; recupero di biomasse residuali. economici - abbassamento del costo del kWh termico per le utenze; valorizzazione delle biomasse residuali; ritorni economici su scala locale. -- sociali - valorizzazione di maestranze locali; partecipazione delle comunità locali; sviluppo di cultura ambientale; incentivo alla replicabilità per altre comunità. Chiaramente lo sviluppo di tali reti è più facilmente raggiungibile e si avvantaggia di un contesto favorevole individuabile in alcuni aspetti strutturali, economici e sociali: 116 presenza di boschi e foreste nell’intorno; -- presenza di soggetti interessati alla produzione e vendita del cippato; -- disponibilità di residui legnosi; -- disponibilità degli amministratori locali a promuovere il progetto; -- disponibilità degli amministratori locali aessere parte delle utenze; -- possibilità di realizzazioni di nuovi insediamenti; -- -- assenza di una rete di metano; -- una politica di incentivi; ristrutturazioni di rilievo nei centri storici; -- realizzazione di processi di informazione e formazione; ambientali - riduzione delle emissioni rispetto ai sistemi -- -- -- una buona coesione sociali. REGIONE MARCHE Nella Regione Marche25 di recente sono state avviate esperienze di minireti alimentate a biomasse locali. Di seguito vengono raccolte alcune informazioni tratte dal progetto Woodland Energy www. probiowoodlandenergy.it a cui ha partecipato anche la regione Marche, con affidamento delle attività ad ASSAM26. Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia Scheda 12 - Analisi di alcune esperienze di minireti di teleriscaldamento Impianto di Amandola (AP) Ad Amandola è stato installato un impianto a legno cippato per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria dell’unità ospedaliera che assolve alle funzioni di poliambulatorio, distretto sanitario e degenza ospedaliera di medicina e chirurgia. In precedenza il fabbisogno dell’intera struttura era assicurato da 3 caldaie a metano con potenza termica di circa 900 kW. Il nuovo impianto a biomasse è stato realizzato nelle vicinanze della centrale termica preesistente e degli altri locali tecnici ed è costituito da due corpi di fabbrica sovrapposti, costruiti in cemento armato. La struttura superiore è adibita allo stoccaggio del cippato mentre la struttura inferiore ospita due caldaie da 498 kW ciascuna. 25 La Regione Marche con il Decreto del Dirigente della Posizione di Funzione “Tutela del Territorio e Sviluppo Rurale” n. 231 del 12 luglio 2006, ha affidato all’ASSAM la realizzazione dei progetti interregionali Woodland Energy (WLE) 26 Alcuni dati tecnici delle minireti delle Marche sono tratte da “La filiera legno-energia - Risultati del progetto interregionale Woodland Energy”, ed. ARSIA, 2009. 117 Le caldaie sono Kob Pyrot della potenza di 498 kW ciascuna. Non sono collegate a nessuna rete di teleriscaldamento ma riescono a soddisfare le esigenze di riscaldamento di locali aventi un volume complessivo pari a 10.000 m3. Vengono utilizzate biomasse provenienti sia da colture dedicate prodotte nell’azienda agricola di proprietà dell’Amministrazione comunale di Apiro, sia da fonti esterne, che si trovano in ogni caso a una distanza massima di circa 40 km dal comune. È stata inoltre avviata la coltivazione di pioppo a ciclo breve (SRF) su una superficie di 11 ettari, con il primo taglio previsto per i primi mesi del 2009. Quando l’impianto di pioppo sarà a regime, il fabbisogno energetico sarà soddisfatto in parte dalla quantità di biomassa legnosa proveniente dallo stesso, mentre la parte rimanente verrà da scarti legnosi di origine agricola. Impianto di Apiro (MC) La centrale termica a biomasse è stata realizzata per produrre energia termica a servizio di alcuni edifici pubblici di proprietà dell’Amministrazione comunale, situati nel centro storico del comune e raggiunti da una rete di teleriscaldamento. Gli edifici interessati (17.500) m3 sono: il palazzo comunale, la scuola elementare, il teatro, la scuola media, la casa di riposo, la chiesa di San Francesco. Per ciascuno di questi edifici è stato comunque mantenuto anche il precedente sistema di riscaldamento per assicurare piena garanzia di fornitura di calore in caso di possibili guasti o di fermo tecnico della centrale. La realizzazione della centrale L’impianto è costituito da una caldaia con potenza complessiva di 1,4 MW termici e da una rete di teleriscaldamento, divisa in due linee, della lunghezza complessiva di 1,5 km per il raggiungimento degli edifici sopra citati. Recentemente si è iniziato a valutare la possibilità di potenziare l’impianto, per produrre energia elettrica in cogenerazione. Lo stoccaggio della biomassa, di produzione propria o acquistata, è effettuato in strutture dell’azienda comunale, di capacità pari alla biomassa necessaria per un intero anno. Il silo adiacente la centrale consente invece un’autonomia di circa un mese. La biomassa viene prelevata da tale camera mediante una griglia mobile L’impianto è funzionale ed il cippato utilizzato è di origine forestale ma, per ora, è prodotto fuori zona. La proprietà dell’impianto è dell’Azienda ospedaliera (ASUR), la quale ha appaltato a terzi la gestione della stessa. 118 termica ha comportato, oltre all’installazione degli impianti dedicati alla produzione di energia e al suo trasporto, anche interventi edili e opere di sistemazione urbana che hanno consentito di limitare l’impatto visivo della centrale. Per favorire l’avvio della filiera locale, è iniziato il processo di conversione dell’azienda agricola comunale dal tradizionale indirizzo colturale alla produzione di biomassa ligno-cellulosica a utilizzo energetico. Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia Il vecchio impianto è messo in parallelo con il nuovo impianto a biomasse e l’integrazione viene effettuata tramite un sistema di pompaggio dalla nuova centrale a quella esistente, dove sono presenti i collettori per l’alimentazione delle varie utenze a servizio dell’ospedale. La soluzione adottata, anche se ridondante, eleva la soglia di sicurezza, in caso di anomalia o di manutenzione del sistema a biomassa. 119 Il comune di Apiro (MC) è il gestore dell’impianto che è costituito da una caldaia del modello Uniconfort BioKraft/1200 della potenza di 1.392 kW. L’impianto, tramite una rete di teleriscaldamento di 1.500 m di lunghezza, riscalda diversi locali con un volume complessivo di 17.500 m3. Il consumo anno di cippato è pari a circa 400 t. Impianto di Esanatoglia (MC) L’impianto a biomassa realizzato nel comune di Esanatoglia è posto al servizio degli edifici scolastici comunali. Il piccolo centro didattico comunale è costituito da due edifici prospicienti, ciascuno di due piani. Il sito, che ospita il deposito del cippato e la nuova centrale termica, è posto nel sotterraneo della scuola materna. La centrale a metano preesistente, costituita da due caldaie della potenza complessiva di 300 kW termici, è stata traslocata in appositi locali vicini a entrambi i poli didattici con lo scopo di attivarla in caso di necessità, in soccorso alla caldaia a biomassa. È stato realizzato un sistema di teleriscaldamento con tubazioni di mandata/ritorno che collega la centrale a biomassa con i rispettivi centri didattici, distanti circa 100 m, collegato anche alla vecchia centrale. La parte relativa all’approvvigionamento di biomassa è, per ora, in fase di organizzazione e comunque difficilmente, in tempi brevi, sarà possibile dare l’avvio alla filiera corta. L’ipotesi, formulata in sede di progettazione di filiera e basata sulla possibilità di utilizzare il legno residuale delle operazioni di governo e manutenzione delle foreste demaniali, non è riuscita ancora a concretizzarsi. Per conto, si sono attivati degli imprenditori locali che raccolgono e pretrattano biomassa residuale reperito sul territorio La struttura che ospita l’impianto è costituita essenzialmente da due corpi in cemento armato collegati tra di loro da un sistema a coclea. La prima struttura è adibita a stoccaggio e ha la parte superiore alla quota del piano stradale. La seconda struttura, adiacente, ospita la caldaia del modello Metalref di 330 kW di potenza. 120 Altre recenti esperienze di sviluppo di minireti di teleriscaldamento nell’appennino centrale, a seguito di alcuni monitoraggi effettuati offrono alcuni elementi di analisi e valutazione (fonte ARSIA27). Le informazioni che seguono riassumono alcune caratteristiche delle minireti Grafico 1 realizzate. Località Anno di realizzazione Potenza installata Lunghezza rete Costo rete Utenze Volume riscaldato Investimento lordo kW m € n° m3 € Camporgiano 2006 540 300 51.000 2 7.800 285.000 Loro Ciuffena 2006 500 270 90.000 4 16.000 337.885 Cetica 2006 350 575 36.277 12 12.000 213.185 Casole d’Elsa 2006 540 100 25.000 1 16.650 351.754 Monticiano 2006 500 100 30.280 2 3.500 335.024 Fivizzano - 220 320 - 3 6.300 143.000 Rincine - 320 130 19.300 3 4.500 153.900 È interessante valutare gli elementi comuni tra le esperienze sviluppate in quanto realizzate in un contesto temporale ravvicinato e in contesti ambientali sufficientemente confrontabili. Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia azionata dalla caldaia stessa. Il sistema di alimentazione è pertanto automatizzato, in modo da richiamare biomassa all’occorrenza senza perdite di efficienza. La biomassa in ingresso è costituita da una miscela di diverse tipologie di cippato, con un contenuto d’acqua intorno al 15-20%; in particolare si tratta di cippato proveniente da legno di conifere, da potature invernali di vite, olivo e del verde urbano comunale. Grafico 2 Le potenze impegnate - Sebbene ci sia una differenza di potenza delle caldaie che va da 220 a 540 kW, il grafico 1 mostra una buona linearità, in questo intervallo, del costo dell’investimento lordo per kW di potenza installato, che risulta pari 616 €/kW. Le componenti delle minireti - La maggiore variabilita della lunghezza delle reti, del numero di utenze allacciate, nonchè la differente volumetria riscaldata fanno si che ci sia meno proporzionalità dell’investimento lordo per metro cubo riscaldato, difatti il campo di variazione è tra 18 e 96 €/m3 (media ponderata pari a 35,60 €/m3). Il grafico 2 mette in evidenza la variabilità. L’impianto, gestito dal Comune di Esanatoglia (MC), possiede una rete di teleriscaldamento lunga 100 m che è in grado di riscaldare locali con un volume complessivo di 4.455 m3. Livelli di utilizzo annuo - Con investimenti lordi più o meno simili, intorno a 30 €/ m3 (grafico 3) riscaldato, sono stati conseguiti in impieghi annui degli impianti molto diversi, da 400 a 1400, a connotare ampi margini di utilizzo della caldaia a parità di costi. Potere calorifico effettivo dei combustibili - Dal raffronto tra i quantitativi di REGIONE TOSCANA 27 Le informazioni tecniche delle schede sono tratte da “Le minireti di teleriscaldamento a cippato in Toscana. L’esperienza dei GAL toscani”, ed. ARSIA, 2009 121 cippato utilizzato e l’energia termica effettivamente erogata emerge una decisa linearità tra le varie centrali che fanno si che il il valore dell’energia ricavabile dal legno in condizioni operative sia pari a 2,66 MWh/ t. Grafico 4 Le prospettive di sviluppo a livello locale delle filiere legno-energia Grafico 3 Fig. scheda 13.1 - Modulo mobile adatto a piccole soluzioni di contracting * E.S.Co: Energy Service Company 122 123 Allegato 2 - Piano di Sviluppo Rurale (nelle Marche per lo sviluppo della filiera legno energia) Allegato 1 - Unità di misura ed equivalenze A livello regionale sono presenti normative di settore a supporto della filiera legno-energia nel Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 sono previste misure che incentivano la produzione e l’impiego di biomasse agroforestali ad uso energetico. I multipli delle unità di misura: k (kilo) = mille (103 ) M (Mega) = milione (106 ) PSR Regione Marche - Obiettivi Agroenergetici - ASSE III 2.1.1 Diversificazione in attività non agricole G (Giga) = miliardo (109 ) T (Tera) = mille miliardi (1012 ) P (Peta) = milione di miliardi (1015 ) Sottomisura b) La misura prevede la concessione di un aiuto in conto capitale destinato al cofinanziamento di investimenti strutturali aziendali materiali ed immateriali destinati al perseguimento dei seguenti obiettivi specifici: “Promuovere e favorire la differenziazione delle attività dell’azienda agricola, attraverso lo sviluppo di nuovi settori e nuovi prodotti, fra i quali le utilizzazioni no food delle produzioni agricole e la produzione di energia da fonti rinnovabili”. - Considerare inoltre prioritario il recupero dell’energia termica prodotta, in caso di impianto di cogenerazione. Investimenti ammissibili in ambito agro energetico - Energia da biomassa agroforestale: -- Cantiere di lavoro finalizzato alla raccolta e alla coltivazione della biomassa; -- Impianti per la trasformazione fisica del prodotto (cippatrici, pellettizatrici); -- Caldaie per l’ottenimento di energia termica; -- Trasformazione congiunta dell’energia elettrica; -- Reti di teleriscaldamento; -- Cantiere di lavoro per lo smaltimento del sottoprodotto della conversione energetica. Le principali unità di misura: -- 1 caloria = 4,187 Joule (J); -- 1 Joule = 0,000278 watt -- watt (W) = 1 J /s -- 1 kW = 1.000 Watt -- 1 kWh = 1 kilowattora -- 1 kWh = 3,6 * 106 J = 3.600.000 J -- MWh = Megawattora = 0,860 Gcal -- MW = Megawatt = 1.000 kW -- 1 GJ = 0,239 Gcal = 0,278 MWh -- 1 Gcal = 4,187 GJ = 1,163 MWh -- 1 MWh = 3,600 GJ = 0,860 Gcal Equivalenze tra unità di misura di energia 124 Allegati ALLEGATI kj kcal kWh tep 1 kj 1 0,2388 0,000278 23,9 x 10-9 1 kcal 4,1868 1 0,001163 0,1 x 10-6 1 kWh 3.600 860 1 86 x 10-6 1 tep 41,9 x 106 10 x 106 11,63 x 103 1 Vincoli e/o limitazioni - Gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, ammissibili al finanziamento previsto dalla presente misura/azione, non devono superare la potenza di 1 MW. 2.1.2 Creazione e sviluppo di microimprese non agricole Obiettivi Agroenergetici - Incentivare lo sviluppo di micro imprese nel settore energetico favorendo l’incremento dei redditi delle aziende agricole connesse, tramite la produzione di energia da fonti rinnovabili. Obiettivo: “Crescita delle attività commerciali esercitate da microimprese delle aree rurali attraverso, sia la qualificazione e l’aggregazione delle imprese esistenti, 125 Ammissibili oltre ai costi materiali anche costi per il conseguimento di certificazione aziendale. Il modello delenergetica contracting è una forma contrattuale di gestione di una centrale Intensità e tipologia di aiuto termica che prevede la vendita di energia (termica), da parte di un SOGGETTO Sono concessi aiuti gli investimenti ammissibili una intensità del: ATTUATORE o un per SOGGETTO GESTORE ad una con UTENZA. -Nel - 50% degli investimenti ammissibili, relativi alle azioni cuiun alleSOGGETTO lettere a), b) caso che la vendita di energia termica sia praticadida e c), realizzati nelle di cui E.S.Co.; all’articolo lettera punto i), delda Reg. ATTUATORE si tratta di zone un modello nel36, caso in cuia), viene praticata un (CE) 1698/05; SOGGETTO GESTORE si tratta di un modello di Contratto di Prestazione -- 40% degli investimenti ammissibili, relativi alle azioni di cui alle lettere a), b) Energetica (EPC) e c), realizzati in altre aree. Modello -- 40% contracting-E.S.Co* degli investimenti ammissibili, relativi all’azione di cui alla lettera d), Il SOGGETTO ATTUATORE: realizzati nelle zone di cui all’articolo 36, lettera a), punto i), del Reg. (CE) -- sostiene l’investimento per la realizzazione della centrale termica in grado di 1698/05; produrre l’energia termica necessaria relativi per l’utenza; -- 30% degli investimenti ammissibili, all’azione di cui alle lettera d), -- èrealizzati responsabile della completa gestione dell’impianto, che alimenta con il in altre aree. biocombustibile (cippato); L’aiuto è concesso alle condizioni previste dalla normativa “de minimis” di cui al -Regolamento - esegue len°manutenzioni ordinarie2006. e straordinarie previste dalla legge, 1998 del 15 dicembre avvalendosi di personale tecnico specializzato. 2.2.1 Servizi essenziali per la popolazione rurale L’UTENZA: -- sottoscrive un contratto con cui si impegna a pagare una tariffa concordata per Obiettivi l’unitàAgroenergetici di energia termica (MWh), a sua volta erogata e contabilizzata con -- moderni Incentivare l’utilizzo da parte di Enti Pubblici all’uso di fonti energetiche sistemi (contacalorie). rinnovabili creando opportunità di sviluppo per il settore agro energetico. Vantaggi per l’utenza: -- Realizzazione di impianti pubblici per la produzione dell’energia da -- non sostiene l’investimento iniziale per rendere operativo l’impianto termico biomasse. o per la sostituzione in caso di impianti -- Incentivare la diffusione di impianti peresistenti; la produzione di energia termica e/o -- elettrica non ha oneri per la gestione dell’impianto da fonti rinnovabili presso gli Entistesso; pubblici. -- paga el’energia volta che questa è stata utilizzata/consumata. Intensità tipologiauna di aiuto Sono concessi aiuti per i costi ammissibili con una intensità del: Normalmente il SOGGETTO -- 80% del costo totale ammissibile per gli investimenti di cui alla lettera 1-a) ATTUATORE garantisce anche un risparmio all’UTENZA calcolato rispetto al per i soggetti pubblici e del 60% per soggetti privati; livello di consumi precedenti e al combustibile impiegato. -- 80% del costo totale ammissibile per gli investimenti di cui alla lettera 1-c), Garantisce continuità ed efficienza al servizio fornito (servizio primario) e soddisfa 1-d e 2-a per i soggetti pubblici e del 40% per soggetti privati; le richieste energetiche dell’utenza. -- 70% del costo massimo ammissibile per gli investimenti di cui alla lettera 1-b); -- tassi di contributo decrescente per i 5 anni di intervento, fino ad un massimo del 100%, 80%, 60%, 40%, e 20% delle spese effettivamente sostenute per la erogazione dei servizi di nuova costituzione di cui alle lettere 1-a), 1-c) e 1-d). è connessa ad alcuna attività produttiva o commerciale del beneficiario, il massimale dell’aiuto sarà stabilito nelle Disposizioni Attuative del PSR. -- 126 In tutti gli altri casi l’aiuto è concesso alle condizioni previste dalla normativa “de minimis” di cui al Regolamento n.1998 del 15 dicembre 2006. In questa misura è prevista l’erogazione dell’anticipo con le modalità stabilite dall’articolo 56 del Reg. (CE) 1974/06. Allegati che la loro nuova Scheda 13- Ilcostituzione”. modello di contracting Vincoli e/o limitazioni -- Gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, ammissibili al finanziamento previsto dalla presente misura/azione, non devono superare la potenza di 1 MW e l’energia calorica prodotta dev’essere utilizzata soltanto da strutture pubbliche. -- Almeno l’80% del prodotto trasformato deve essere conferito nell’ambito di un progetto di filiera. -- Sono esclusi dall’intervento Comuni con più di 5000 abitanti ed una densità abitativa pari o superiore a 150 abitanti/kmq. Per maggiori informazioni su quanto previsto dal PSR della Regione Marche in tema di agro energie si veda quando riportato nel documento “Analisi tecnico - normativa delle biomasse ad uso energetico” a cura di Andrea Bordoni, Andrea Rossi, Adele Finco e nel sito http://www.agri.marche.it/Aree%20 tematiche/agroenergie/default.htm 127 Qualora si decida di investire nella costruzione di un impianto alimentato da fonti rinnovabili sono necessarie due tipologie di autorizzazioni: 1. la prima è un’autorizzazione unica per la messa in opera dell’impianto ed è in relazione alle soglie di Potenza Nominale dell’impianto (in kWe). 2. la seconda è un’autorizzazione per le emissioni in atmosfera. Autorizzazione Unica Per quanto riguarda la prima autorizzazione ai sensi del DL n.159 del 1 Ottobre 2007, gli impianti al di sotto delle soglie individuate dalla Tabella seguente non sono soggetti ad autorizzazione, ma ad una Denuncia di Inizio Attività (D.I.A). Soglie al di sotto delle quali è richiesta la D.I.A. Fonte Soglia (kWe) Eolico 60 Solare Fotovoltaico 20 Idraulica 100 Biomasse 200 Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas 250 La L.R. 14 Aprile 2004, n.7 “Disciplina della procedura di impatto ambientale” stabilisce la competenza regionale al rilascio dell’autorizzazione per gli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda, ad esclusione degli impianti solari per la produzione di energia da conversione fotovoltaica e gli impianti solari termici, impianti termici o a celle a combustibile per la produzione di energia elettrica o termica, con potenza complessiva superiore a 50 MW. Fonte: http://www.agri.marche.it/Aree%20tematiche/agroenergie/Analisi%20 tecnico%20-%20normativa%20delle%20biomasse%20ad%20uso%20 energetico.pdf Allegati Allegato 3 - Autorizzazioni - Scheda informativa sull’Energia da biomassa - Regione MARCHE Allegato 4 - Zone climatiche La zona climatica sulla base dei Gradi giorno (Ai sensi del DPR n.412 del 26-081993 e s.m.i.) definisce il periodo dell’anno e il numero massimo di ore giornaliere ìn cui è consentito l’accensione degli impianti di riscaldamento (salvo ordinanze dei Comuni in casi di condizioni climatiche particolarmente avverse). L e provincie della Regione Marche sono tutte situate nella ZONA D. Per quegli impianti che superano le soglie riportate in tabella (per le biomasse: > 200 kWe), si deve richiedere l’autorizzazione unica, che ha lo scopo di riunire a livello burocratico le varie autorizzazioni, tramite una Conferenza dei Servizi, a cui possono partecipare: -- Regione (Settore Ambiente e Territorio) -- Provincia (Settore Ambiente e Territorio o Agricoltura) -- Comune (Settore Edilizia o Urbanistica o Ambiente) -- ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente, per competenza su rumore, spandimento, ecc.) -- ASL (Azienda Sanitaria Locale, per competenza su rumore, spandimento, ecc.) -- Altri soggetti (Genio Civile, Consorzio di Bonifica, ecc.) Gli impianti di produzione di energia elettrica da biomassa sono soggetti ad autorizzazione unica di cui al DLgs 387/03. La legge 24 Ottobre 2007, n.244 integrando l’art.12 comma 5, del DLgs 387/03 stabilisce che gli impianti da biomassa cui la capacità di generazione sia inferiore ai 200 kW sono soggetti a D.I.A. (artt. 22-23 Testo Unico D.P.R. 6 Giugno 2001, n.380 e successive modifiche) e che gli impianti per la produzione di energia alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, cui la capacità di generazione sia inferiore ai 250 kW sono soggetti a D.I.A. (artt. 22-23 Testo Unico D.P.R. 6 Giugno 2001, n.380 e successive modifiche). 128 129 15 ottobre - 15 aprile 1 novembre - 15 aprile 15 novembre - 31 marzo 1 dicembre - 15 marzo Periodo di accensione Oltre 3000 Tra 2100 e 3000 Tra 1400 e 2100 Tra 900 e 1400 Tra 600 e 900 Fino a 600 Gradi giorno (1) 24 14 12 10 8 6 Ore/die massime di accensione 1 dicembre - 31 marzo Nessuna limitazione AA.VV., 2006. “Energia dalle biomasse - Le tecnologie, i vantaggi per i processi produttivi, i valori economici e ambientali”. Ed. AREA Science Park - Progetto Novimpresa. 245 pp.. Allegati Tabella A 5.1 - Zone climatiche e relative caratteristiche Zone Climatiche ZONA A ZONA B ZONA C ZONA D ZONA E ZONA F AA.VV., 2002. “Biomasse agricole e forestali per uso energetico” (Atti convegno 28-29/9/2000). AGRA-Editrice, 399 pp.. AA.VV., 2009. “Biomasse ad uso energetico - Principali aspetti per la valorizzazione energetica delle biomasse coltivate e residuali”. Ed. ASSAM, 91 pp. AIEL, 2009. “Legno e cippato - produzione requisiti qualitativi e compravendita”. www.biomasstradecentres.eu AIEL, 2007. “Biocombustibili, produzione ed uso energetico in agricoltura”. AIEL, 2007. “L’energia del legno. Nozioni, concetti e numeri di base”. Regione Piemonte - Assessorato Politiche per la Montagna, Foreste e Beni Ambientali. Angelini L., Ceccarini L., Bonari E., 1999. “Resa, composizione chimica e valutazione energetica della biomassa di specie erbacee annuali per la produzione di energia”. Ed. Bona S.. Atti XXXIII Convegno Annuale Società Italiana di Agronomia. Le colture non alimentari. Legnaro (PD). APAT, 2006. “Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2004, National Inventory Report, Rapporto 47”, Roma. [online] URL: http://www.apat.gov.it/site/_ contentfiles/00143300/143306_rapporto_2006_70.pdf. APAT, 2003. “Le biomasse legnose. Un’indagine sulle potenzialità del settore forestale italiano nell’offerta di fonti di energia”. Rapporto n.30. Provincie interessate Lampedusa, Linosa, Porto Empedocle Agrigento; Catania, Crotone, Messina, Palermo, Reggio Calabria,, Siracusa, Trapani Bari, Benevento, Brindisi, Cagliari, Caserta, Catanzaro, Cosenza, Imperia, Latina, Lecce, Napoli, Oristano, Ragusa, Salerno, Sassari, Taranto Ancona, Ascoli Piceno, Avellino, Caltanissetta, Chieti, Firenze, Foggia, Forlì, Genova, Grosseto, Isernia, La Spezia, Livorno, Lucca, Macerata, Massa, Carrara, Matera, Nuoro, Pesaro-Urbino, Pescara, Pisa, Pistoia, Prato, Roma, Savona, Siena, Teramo, Terni, Verona, Vibo Valentia, Viterbo Alessandria, Aosta, Arezzo, Asti, Bergamo, Biella, Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Como, Cremona, Enna, Ferrara, Cesena, Frosinone, Gorizia, L’Aquila, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Modena, Novara, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Piacenza, Pordenone, Potenza, Ravenna, R. Emilia, Rieti, Rimini, Rovigo, Sondrio, Torino, Trento, Treviso, Trieste, Udine, Varese, Venezia, Verbania, Vercelli, Vicenza Belluno, Cuneo 1.I gradi giorno sono le unità di misura utilizzate per individuare le zone climatiche; rappresentano la somma delle sole differenze positive giornaliere tra la temperature dell’ambiente fissata convenzionalmente a 20° C e la temperature media giornaliera esterna. 130 Bibliografia e siti web di riferimento ANPA e ONR, 2001. I rifiuti del comparto agroalimentare. Studio di settore, Rapporti 11/2001, ANPA - Unità Normativa Tecnica. ARSIA, 2009. “Le minireti di teleriscaldamento a cippato in Toscana - L’esperienza del GAL toscani”. Quaderno 33, 109 pp. ARSIA, 2009. “La certificazione forestale: lo schema PEFC. Quaderno 21, 163 pp. ARSIA, 2004. “Le colture dedicate ad uso energetico: il progetto Bioenergy Farm”. Quaderno 6, 160 pp.. 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