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Pipì a letto...No problem

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Pipì a letto...No problem
®
Pipì a letto...No problem !
Dott. Antonio Brienza
Pediatria di Gruppo Cantù
Redattore
www.amicopediatra.it
Dott. Gianni Caso
Pediatria di Gruppo Bergamo
Redattore
www.amicopediatra.it
Dott. Mario Ancona
Psicologo - Psichiatra
Psicoterapeuta
Presidente ADR
(Analisi delle Dinamiche di
Relazione)
www.formazione.it
Tutti i testi sono stati curati e redatti dal Dottor Antonio Brienza e dal Dottor Gianni Caso per
quel che concerne le informazioni mediche, e dal Dottor Mario Ancona per la parte psicologica.
C
apita che i bambini bagnino il letto durante la notte.
Si tratta di una situazione molto
più frequente di quanto i genitori
possano immaginare che, fino ai
6 anni, non dovrebbe destare allarmismo o preoccupazione nelle
famiglie. Spesso, infatti, si tratta
solo di un ritardo di maturazione
nella capacità di trattenere le urine che tende spontaneamente a risolversi con l’adolescenza.
Contesto sociale
Bagnano il letto
3 anni
6 anni
10 anni
12 anni
18 anni
adulti
La percentuale sale al 20% se si contano gli episodi sporadici riferiti ai
bambini delle elementari
La tendenza generale è quella di
spingere i bambini a bruciare le
tappe eliminando molto precocemente il pannolino e abituandoli
all’uso del vasino già intorno ai
2/3 anni, prima
dell’ingresso
nella scuola materna. Il controllo
degli sfinteri, infatti, viene considerato lo scoglio da superare
per essere considerati “grandi”.
Quando questo non avviene, la
complessità e i ritmi frenetici della vita moderna contribuiscono
ad aumentare la tensione nell’ambiente familiare e, in particolare,
nel rapporto madre-bambino,
messo a dura prova dalla perdita di preziose ore di sonno,
dai frequenti cambi di lenzuola,
da rimbrotti e colpevolizzazioni, controproducenti e ingiusti.
La situazione si complica ulteriormente quando il bambino
cresce, soprattutto nel periodo
della preadolescenza, quando le
esigenze di socializzazione e la
sensazione di non essere “come
gli altri” rischiano di comprometterne
l’autostima, la percezione di sé, le relazioni con i
coetanei e, qualche volta, anche il rendimento scolastico.
Ecco perché l’enuresi, destinata,
comunque, a risolversi spontaneamente nella gran parte dei casi,
va curata per evitare un impatto
negativo sul piano psicosociale.
L’apparato urinario
I reni sono un filtro attraverso cui
passa ogni giorno tutto il nostro
sangue che viene in gran parte
riassorbito. Quello che resta è
l’urina che, scorrendo attraverso due canaletti che scendono in
basso nell’addome (gli ureteri) si
raccoglie nella vescica in attesa di
essere emessa all’esterno: questo avviene quando apriamo una
valvola (sfintere vescicale) e contraiamo contemporaneamente un
muscolo (detrusore) che spreme
la vescica.
Cos’è l’enuresi
L’enuresi, che colpisce maggiormente i maschietti, consiste nella
perdita involontaria e completa
di urina durante il sonno a un’età
(6 anni compiuti) in cui la maggior
parte dei bambini ha ormai acquisito il controllo degli sfinteri.
Si parla di enuresi primaria
quando il bambino non ha mai
acquisito il controllo notturno e
di enuresi secondaria quando
torna a bagnare il letto dopo aver
acquisito per 6 mesi consecutivi
il controllo delle urine.
Inoltre, l’enuresi si definisce anche monosintomatica se durante
il giorno mancano sintomi quali l’esigenza di fare pipì spesso
o la perdita involontaria di urina. Quando, come avviene più
frequentemente, questi sintomi
diurni sono presenti, l’enuresi
si dice nonmonosintomatica.
Le cause
Molto spesso i genitori o i familiari di bambini che bagnano il
letto hanno presentato lo stesso problema nella loro infanzia.
Raramente, l’enuresi può essere conseguenza di una malattia sottostante che il pediatra, in
collaborazione con l’urologo pediatra, è chiamato a individuare
(cistite, stitichezza, disturbi della
respirazione notturna, ostruzione
uretrale congenita, vescica iperattiva, vescica neurologica, diabete
mellito, diabete insipido, epilessia).
Nella maggior parte dei casi,
però, non esiste una causa precisa (si parla pertanto di enuresi
idiopatica), anche se il disturbo
può essere provocato da tre meccanismi, più o meno “mescolati”
tra loro.
1 Difficoltà a risvegliarsi dal son-
no: alcuni studi dimostrano che i
bambini con enuresi faticano a svegliarsi in seguito a un rumore o a
un suono, suggerendo appunto che
vi sia un difetto nel meccanismo
nervoso che regola la sensibilità a
vari stimoli, tra cui anche il senso
di vescica piena.
2 Eccessiva produzione di
urina
durante la notte dovuta a:
- eccessiva assunzione di liquidi
prima di andare a letto.
- scarsa secrezione di un ormone
prodotto dall’ipofisi, detto ADH,
che solitamente agisce “concentrando” le urine in modo che la
notte si formi molta meno urina
che durante il giorno. In alcuni bam-
bini enuretici la produzione iniziale di minori quantità di ormone si
normalizza in ritardo rispetto agli
altri.
Eccessiva assunzione di caffeina
(contenuta, per esempio, nel tè e
nella Coca Cola).
3
Scarsa capacità notturna della
vescica a contenere le urine: in alcuni bambini che bagnano il letto
la vescica sembra svuotarsi la notte
quando ancora non è piena, forse
per uno scarso funzionamento del
muscolo (sfintere uretrale) che, contraendosi, blocca l’uscita dell’urina
dalla vescica oppure per un eccessivo funzionamento di un muscolo
(detrusore) che contraendosi spinge fuori l’urina dalla vescica.
La diagnosi
Per poter fare una diagnosi corretta e impostare un’eventuale
terapia è fondamentale una completa anamnesi, cioè la raccolta
accurata di informazioni sul problema da parte del pediatra.
Il medico porrà dapprima ai genitori alcune domande con lo scopo
di ricercare eventuali sintomi di
malattie che possono associarsi a
enuresi ed, eventualmente, potrà
decidere di prescrivere degli accertamenti.
Successivamente verrà chiesto di
fornire una serie di informazioni
riguardanti gli episodi di enuresi,
le abitudini alimentari e di assunzione di liquidi da parte del bambino, le modalità con cui urina
durante il giorno e il modo in cui
si scarica.
Il medico potrà avvalersi di un
“Diario minzionale” che il genitore dovrà compilare per un tempo minimo di 2 settimane.
Infine, verranno indagati eventuali episodi di natura psico-sociale
che potrebbero avere innescato
il problema. É importante che i
genitori riferiscano al medico il
disagio con cui il bambino e/o la
famiglia vivono la situazione, in
quanto la presenza e la gravità di
questo disagio
rappresentano
il motivo principale per cui
impostare
una terapia.
Accorgimenti
Cosa fare ?
Fino ai sei anni
Si tratta di una situazione abbastanza comune e “normale” e,
come tale, andrebbe gestita rassicurando i genitori, spesso condizionati dal fatto che famiglie ed
educatori si aspetterebbero che
un bambino non bagni più a letto entro i 3-4 anni. Sebbene, dunque, sia molto importante abituare il piccolo all’uso del vasino,
è anche bene non forzare i suoi
tempi e accompagnarlo serenamente durante questo periodo di
passaggio, eventualmente adottando semplici stratagemmi e
abitudini.
Spesso, infatti, il motivo per il
quale il piccolo bagna il letto tut-
te le notti ha a che vedere esclusivamente con una non ancora
raggiunta maturità fisiologica,
che gli impedisce di controllare
in modo automatico la minzione
anche nel sonno.
L’atteggiamento migliore da assumere, in questi casi, è la pazienza eventualmente coadiuvata
da qualche piccolo accorgimento:
Abituare il piccolo a fare la pipì
prima di andare a nanna.
Evitare di dargli latte, camomilla
o tisane nelle ore che precedono il
sonno.
Non stressarlo con inutili rimproveri e continue lamentele. In
particolare, se non sembra soffrire,
è meglio dargli ancora del tempo
prima di considerare la pipì a letto
un problema investendolo di questa consapevolezza.
Evitare di svegliare il bambino
durante la notte per accompagnarlo in bagno. Questo, probabilmente, potrebbe servire a non dover
cambiare lenzuola o coperte, ma
non sarebbe di alcun aiuto per il
bambino. Meglio optare per un
pannolino da eliminare definitivamente nel momento in cui il numero delle notti asciutte superi quello
delle notti bagnate.
Nel caso in cui il bambino torni improvvisamente a bagnare
il letto quando sembrava avere
raggiunto un buon controllo, il
motivo potrebbe essere ricercato
in cambiamenti o “traumi” intervenuti a stravolgere la sua routine (per esempio, la nascita di
un fratellino, l’inizio della scuola
materna, una malattia…). In questi casi varrebbe la pena capire
quale potrebbe essere stata la
causa scatenante (spesso di ordine psicologico) rassicurando il
bambino e i genitori. Il consiglio
è, comunque, di non sottolineare
il problema della perdita di urine per evitare di traumatizzarlo
ulteriormente compromettendo
la sua autostima. Il ritorno tem-
poraneo all’uso del pannolino
durante la notte, in attesa che il
“momento critico” venga pian piano elaborato, può essere utile.
Sopra i sei anni
Sopra i sei anni, l’enuresi andrebbe trattata per ridurre il senso di
imbarazzo e l’ansia del bambino
e il senso di frustrazione della famiglia. L’obiettivo è quello di permettere al piccolo di condurre una
vita normale e senza particolari
rinunce (campeggi, gite scolastiche, soggiorni in casa di amici...)
La terapia sarà scelta dal medico di
volta in volta, sulla base dell’orientamento diagnostico e anche delle caratteristiche del bambino
e della famiglia, tra i seguenti
possibili approcci terapeutici:
Terapia comportamentale
Allarmi notturni
Terapia farmacologica
Terapia comportamentale
Il suo obiettivo è il raggiungimento da parte del bambino di buone abitudini nello scaricarsi e nel
fare la pipì.
Raccomandazioni per la terapia
comportamentale.
Fate urinare il bambino ogni
mattina al risveglio.
Incoraggiate il bambino a non
trattenere a lungo le urine, urinando almeno ogni due ore (a
scuola almeno diverse volte), e
comunque evitando di arrivare
alla necessità irrefrenabile di fare
pipì.
Avvisate gli insegnanti, chiedendo loro che consentano al
bambino un facile accesso al bagno.
Incoraggiate il bambino a bere
molto al mattino e nelle prime ore
del pomeriggio, minimizzando
l’assunzione di liquidi dopo cena.
Incoraggiate il bambino a scaricasi ogni giorno, preferibilmen-
te dopo colazione e prima di andare a scuola.
Favorite una dieta ricca di alimenti che ammorbidiscono le feci
e priva di alimenti che favoriscono la stitichezza.
Incentivate nel bambino un’attività fisica regolare, evitando prolungate sedute davanti
alla televisione o al computer.
Questo approccio richiede
una famiglia collaborante, un
bambino motivato, pazienza
e tempo (almeno 6 mesi). I familiari devono essere consapevoli che non si tratta di una
battaglia o di una corsa al successo e che piccoli ma costanti progressi sono un obiettivo
più realistico.
Allarme notturno
Consiste nell’utilizzo di un apparecchio dotato di un sensore
che, applicato sulle mutande o
sul pigiama, attiva una suoneria
non appena il bambino comincia
a perdere urina. Viene utilizzato
soprattutto nei paesi anglosassoni e richiede anch’esso un alto
grado di collaborazione e motivazione da parte della famiglia e del
bambino.
Terapia con farmaci
La desmopressina funziona riducendo la quantità di urina prodotta di notte e sembra anche avere
un benefico effetto sulla risvegliabilità notturna del bambino.
Viene somministrata sotto
forma di compresse un’ora
prima di andare a dormire
e non presenta rilevanti
effetti collaterali purchè si rispettino alcuni
accorgimenti da prendere prima della somministrazione del farmaco che verranno
illustrati dal medico
curante.
Enuresi e Autostima
L’autostima è, in psicologia, il
modo di vedere se stessi e il grado
di fiducia nel proprio valore, nelle
proprie capacità e nella propria
importanza. Essa dipende sia da
fattori interni, cioè dalla visione
soggettiva della realtà e di sé stessi, sia da fattori esterni, come per
esempio i successi che si ottengono e la qualità dei “messaggi” di
approvazione o disapprovazione
che si ricevono dalle persone che
contano.
Nella nostra cultura, uno dei
passaggi critici nell’acquisizione
dell’autostima che il bambino si
trova ad affrontare in età prescolare è quello del raggiungimento
del controllo sfinterico. Si tratta
di un evento importante e delicato che coinvolge il bimbo e i suoi
genitori.
La reazione dei genitori di fronte all’enuresi può essere di vario
genere: possono essere presenti
rifiuto e rabbia, tentativi di sdrammatizzazione e insofferenza mal
celata. I diversi atteggiamenti possono portare a mettere il bambino
in ridicolo e a infliggere punizioni
o al contrario a riversare su di lui
maggiori attenzioni e premure.
In ogni caso il tipo di risposta
data avrà influenza sul sintomo
e sulla modulazione dell’autostima.
È molto importante aver sempre
presente che si tratta di un disturbo non volontario per cui non è
pensabile chiedere al bambino di
controllarsi.
É opportuno qui ribadire i seguenti concetti rivolti agli aspetti psicologici:
- Il bambino non va mai sgridato:
è dimostrato che il rimprovero aggrava la situazione, mentre un atteggiamento comprensivo la migliora;
- nel caso in cui anche i genitori
abbiano sofferto di enuresi, comunicarlo al bambino può avere
per lui un effetto rassicurante.
Infatti, sapere che anche il papà o
la mamma hanno avuto lo stesso
problema e lo hanno superato
è per lui di conforto e aiuta la
guarigione.
- Svegliare la notte il bambino per
farlo urinare non solo non serve a
nulla ma può essere controproducente ed essere vissuto con una
valenza punitiva: meglio mettere
un pannolino in attesa che la crescita o le eventuali terapie intraprese risolvano il problema.
Piccoli trucchi quotidiani
1 Evitare nel modo più assoluto di riprendere, umiliare o punire il bambino: il problema non dipende dalla sua volontà!
2 Parlare con lui della sua situazione rassicurandolo; se un
genitore è stato enuretico, farne partecipe il bambino può
aiutarlo a reggere la sua situazione
3 Cercare di non somministrare liquidi dopo cena
4 Fare urinare il bambino prima di andare a letto
5 Se il bambino presenta sintomi anche durante il giorno
può essere utile la ginnastica minzionale
6 Svegliare durante la notte il bambino per farlo urinare non
solo non serve a nulla, ma può essere controproducente.
L’utilizzo di un pannolino mutandina può essere utile per
rendere meno stressante la situazione sia per il bambino
che per i genitori.
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