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Vescica instabile ed enuresi

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Vescica instabile ed enuresi
PERUGIA 1999 - Aggiornamento monografico
Vescica instabile ed enuresi
LEOPOLDO PERATONER
Unità Operativa di Pediatria, Ospedale S. Maria degli Angeli, Pordenone
Negli ultimi anni le conoscenze sull’enuresi hanno conosciuto importanti sviluppi e alcune contraddizioni (mappatura di
geni responsabili; possibile rapporto col sistema ipotalamo-ipofisario e specificamente col ciclo nictemerale della adiuretina o coi suoi recettori; instabilità vescicale; sperimentazioni terapeutiche). Questo contributo contiene le notizie più
recenti ed essenziali e propone, in un campo in cui ancora lo spazio dell’opinabilità resta grande, un approccio terapeutico basato sul buon senso e sulla evidenza, da parte di un medico che ha alle spalle molti anni di lavoro sul campo
e una coscienza critica sviluppata.
NOTE DI FISIOPATOLOGIA “SPICCIOLA”
Con il termine di “immaturità vescicale”, ormai oggi un po’ fuori moda, Averous indicava un comportamento minzionale particolare, che può essere alla base di un complesso di manifestazioni cliniche diverse: cistiti recidivanti, enuresi
notturna, incontinenza diurna, più recentemente anche nelle bambine con batteriuria asintomatica1.
Questa denominazione (“immaturità”) esprime bene la natura evolutiva di
questa situazione, che da momento fisiologico di passaggio diventa persistente
negli anni e causa di manifestazioni come quelle prima citate. Nella Figura 1
sono riportate le fasi di maturazione della funzione vescico-uretrale: quando non
avviene o avviene in ritardo il passaggio
dalla II alla III fase (il comportamento
dell’adulto) si possono verificare, anche
se non obbligatoriamente si verificano,
le manifestazioni cliniche di cui stiamo
parlando.
Se facciamo riferimento all’enuresi in
particolare potremmo, utilizzando un
modello volumetrico, individuare in un
unico fattore la variabile che condiziona
la comparsa del sintomo: potremmo
chiamarlo “fattore di risveglio”. Questo
fattore è condizionato sostanzialmente
dalla funzionalità di due meccanismi
neurologici: lo stimolo afferente (detrusore - SNC) e quello efferente (la risposta inibitoria cortico-pontina - detrusore). Questo presupposto sta alla base
della terapia cosiddetta “comportamentale” o “condizionante”, qualsiasi siano
gli strumenti utilizzati, come si vedrà.
Medico e Bambino 10/1999
IMMATURE BLADDER AND NOCTURNAL ENURESIS
(Medico e Bambino 18, 623-625, 1999)
Key words
Immature bladder, Nocturnal enuresis, Desmopressin, Alarm devices
Summary
Immature bladder is a physiologic condition in infants and toddlers. In the great majority of
cases, nocturnal enuresis is accompanied by signs of immature bladder (urgency, frequency, day incontinence etc.) during daytime. Treatment with alarm devices are effective
in 70% of cases, while bladder training is successful in 50% of cases and desmopressin
(DDAVP) in 25% of cases. DDAVP is an effective drug, although not free from side effects.
It should be considered as an adjunctive approach to a behavioural strategy for bladder
control, rather than a causal therapy.
Completamente diverso è l’approccio
di chi utilizza il trattamento ormonale
(DDAVP), che ha come unico scopo ovviamente quello di ridurre il volume delle urine prodotte nelle ore notturne, e di
non arrivare al riempimento vescicale
che provochi la comparsa della minzione. L’ipotesi patogenetica che l’enuresi
notturna fosse una conseguenza di un
difetto di secrezione notturna di ormone
antidiuretico è stata smentita, o per lo
meno ridimensionata, da studi successivi. È possibile che il DDAVP abbia una
attività anche sui mediatori (PGE2 in
particolare) della contrattilità detrusoriale, simile a quella dell’indometacina2.
Ci sono situazioni organiche (Tabella
I) che condizionano la comparsa di sintomatologia minzionale (incontinenza)
che solo superficialmente può essere
confusa con una incontinenza funzionale
o pseudo-funzionale (alcuni casi di enuresi notturna, minzione vaginale). Da
non dimenticare anche la possibilità che
l’enuresi sia espressione di una poliuria.
Non sarà in genere difficile, in base a
una anamnesi mirata e a un esame obiettivo accurato, escludere le cause organiche riportate nella Tabella I o una sindrome poliuro-dipsica. Per quest’ultima,
in alcuni casi con anamnesi non chiara
sarà, sufficiente misurare il peso specifico sulle urine del mattino.
IL TRATTAMENTO
I due filoni di trattamento che abbiamo visto succedersi a ondate successive
sono quello comportamentale, quello ormonale negli anni ‘80, e di nuovo quello
comportamentale-motivazionale.
L’approccio ormonale (DDAVP). Ha alcune caratteristiche che hanno facilitato
certamente il suo successo commerciale: la maneggevolezza senza importanti
rischi di tossicità (facendo un minimo di
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PERUGIA 1999 - Aggiornamento monografico
attenzione all’ovvio rischio di iperidratazione), la non necessaria collaborazione
del bambino alla terapia, l’efficacia in
buona parte dei casi (raramente peraltro
totale). Non mancano tuttavia aspetti negativi: il costo e la quasi inevitabilità della ripresa del sintomo alla sospensione.
Una revisione della letteratura recente ci permette di arrivare ad alcune valutazioni di efficacia abbastanza definitive.
Moffat et al. fanno una revisione di 18
studi controllati3 e concludono che:
❏ l’efficacia è estremamente variabile
nei diversi studi (da 10 a 91% dei casi);
❏ complessivamente il 25% del totale
dei casi ha una risposta definibile ottima;
❏ non ci sono differenze significative di
risposta in relazione alle dosi usate né ai
criteri di selezione delle casistiche.
Più recentemente due studi “aperti”
ma molto numerosi quantificano in modo abbastanza attendibile l’efficacia.
Hjalmas et al.4, valutando il farmaco sul
lungo termine in 399 bambini, concludono che:
❏ il 7% sono non responders e il 13% full
responders;
❏ tra i partial responders il 48% aumentano il numero delle notti asciutte di più
del 50%;
❏ il 19% resta asciutto anche dopo la sospensione del farmaco (ma una scomparsa del sintomo del 18% per anno è
quello che si osserva anche senza alcun
trattamento!).
Chiozza et al.5 valutano nel breve termine in 237 bambini che:
❏ un miglioramento (aumento del n° di
notti asciutte > 50%) si osserva nel 70%
dei casi complessivamente;
❏ c’è una differenza significativa di risposta tra la dose di 20 mcg e quella di
40 mcg.
I numeri riportati dai due studi non
sono molto diversi e questo ne dimostra
indirettamente l’attendibilità. Si conferma ancora tuttavia la transitorietà, che
peraltro sembrava ovvia anche a priori,
dell’indubitabile effetto farmacologico.
Nessuna tossicità grave è stata segnalata
nei due studi.
L’approccio comportamentale. La più
“vecchia” (ma tuttora valida) metodica è
quella dell’allarme, che ha dimostrato
una buona percentuale di successi completi o quasi (attorno al 70% in 3-6 mesi
di utilizzazione, con una percentuale di
recidive alla sospensione inferiore al
30%), ma con un certo drop-out per incapacità di tollerare l’apparecchietto da
parte del bambino o della famiglia.
Recentemente sono comparse valuta-
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zioni anche di una metodica meno standardizzabile, il cosiddetto condizionamento attivo o training minzionale (esercizi proposti inizialmente da Kegel e da
Hellstrom per la rieducazione del piano
perineale, e successivamente modificati). L’approccio che personalmente utilizzo, e che mi pare possa essere utilizzato
da qualsiasi pediatra, è riportato nella
Tabella II.
Il presupposto clinico che sta alla base della sua utilizzazione è che un “disturbo” in senso lato della minzione sia
presente nella quasi totalità dei casi: una
buona anamnesi minzionale (Tabella
III) permette di “scoprire” queste anomalie della minzione in quasi tutti i bambini enuretici. Le conseguenze pratiche
di questo dato sono che:
❏ è molto dubbio se esista veramente
l’enuresi monosintomatica;
❏ non sono mai necessari accertamenti
urodinamici.
Le caratteristiche di questo approccio
sono sintetizzabili in:
❏ necessità di una forte collaborazione
da parte del bambino (compliance difficile);
❏ necessità di molto tempo e anche di
una certa attitudine, come vedremo, da
parte del pediatra;
❏ efficacia anche nel lungo termine (recidive alla sospensione del training poco
frequenti);
❏ basso costo.
In ogni caso questo trattamento sembra ovviamente più “fisiologico” e più in
grado di aumentare l’autostima da parte
del bambino, di quello che… ce la fa (in
fondo “ci sono riuscito con le mie forze”), che non il subire più o meno passivamente un farmaco.
Un recente studio “pilota” di Kruse et
al, che utilizza sostanzialmente lo stesso
tipo di training riportato nella Tabella II,
dimostra l’efficacia a brevissimo termine
di questo approccio in più del 50% dei casi6. E questa è anche la mia, seppur non
ancora quantificata, esperienza: con la
certezza che l’efficacia è condizionata
quasi unicamente dalla compliance del
bambino.
CONCLUSIONI
L’approccio al bambino enuretico, come risulta chiaro da quanto detto finora,
può essere di diverso tipo e la scelta delle metodiche non può non tener conto di
alcuni fattori che la condizionano: la disponibilità di tempo e di controlli (da
parte del medico e della famiglia), le atti-
CAUSE ORGANICHE
(MALFORMATIVE E ACQUISITE)
DI INCONTINENZA URINARIA
Cause organiche
❏ Uretere ectopico
❏ Estrofia vescicale
❏ Epispadia
❏ Ostruzioni uretrali
❏ Traumi uretrali
Cause neurologiche
❏ Spina bifida
❏ Tethered cord
❏ Lesioni midollari acquisite
(traumi, neoplasie, mielite)
Tabella I
MODALITÀ
DEL TRAINING MINZIONALE
❏ Spiegazione del meccanismo minzionale
❏ Diario: orari minzioni
registrazione dei sintomi
❏ Riconoscimento dello stimolo vescicale
(non uretrale)
❏ Minzioni più ravvicinate di quanto rilevato anamnesticamente
❏ Esercizi di controllo del pavimento pelvico (contrazione-rilasciamento sec.
Kegel)
❏ Misurazione cc di ogni minzione durante la giornata, oppure
❏ Minzioni ad orario fisso
Tabella II
ANAMNESI MINZIONALE
NEI BAMBINI CON ENURESI
(DOMANDE DA ESPLICITARE
UNA PER UNA)
Sintomi suggestivi
di “instabilità detrusoriale”
❏ Urgenza
❏ Pollachiuria
❏ Flusso pronto e scrosciante
❏ Movimenti/posizioni per reprimere
lo stimolo
❏ Incontinenza diurna da urgenza
Sintomi suggestivi
di deficit di svuotamento
❏ Difficoltà ad iniziare la minzione
(uso del torchio addominale)
❏ Minzione lunga e debole
❏ Flusso interrotto/irregolare
❏ “Spinte” durante la minzione
❏ Compressione dell’addome
durante la minzione
❏ Non soddisfazione post-minzionale
❏ Cosiddetta “pigrizia”
❏ Difficoltà a mingere in assenza
di stimolo
Tabella III
Medico e Bambino 10/1999
Vescica instabile ed enuresi
Meccanismo funzionale
I
VESCICA
“INFANTILE”
(AUTOMATICA)
• riflesso spinale
• nessun controllo centrale
II
VESCICA
“IMMATURA”
• presa di coscienza
del riempimento vescicale
• conflittualità tra stimolo
e volontà di continenza
III
VESCICA
“ADULTA”
Tipo di minzione
Tracciato flussometrico
EMG
-minzioni piccole e frequenti
FLUSSO URINARIO
VOLUME URINARIO
• inibizione centrale (corticale,
pontocerebellare e mesencefalica) sul detrusore
EMG
-minzioni più rare e volontarie
- piccole “fughe”
- enuresi notturna
FLUSSO URINARIO
VOLUME URINARIO
EMG
-aumento del volume vescicale
- continenza diurna e notturna
FLUSSO URINARIO
VOLUME URINARIO
Figura 1. Fasi di maturazione della funzione vescico-uretrale (da voce bibliografica 1, modificata).
tudini del pediatra stesso, il grado di capacità del bambino a collaborare. Quello
che non può mancare è una certa “elasticità” da parte del pediatra nel modificare
le linee di condotta e adattarle alla situazione concreta che si trova a curare, al
bambino e al suo contesto in particolare.
In questo senso una scaletta di comportamento che solitamente seguo di fronte
a questo bambino è la seguente:
❏ tentativo di training “semplice” (I parte della Tabella II);
❏ passaggio a training più “aggressivo”
(II parte della Tabella II);
❏ associazione al training del DDAVP.
L’uso del farmaco da solo è da riservare, quando si è dimostrato utile, ai momenti in cui è più importante che il bambino rimanga asciutto.
Non mi rimane che rispondere ad alcune domande che ci si fa quando un
bambino con enuresi ci viene portato.
Quando sono necessari accertamenti di
laboratorio o strumentali?
A parte, come già detto, un esame
delle urine con PS al mattino (per escludere una poliuria primaria), non sono
necessari altri accertamenti. In qualche
caso con incontinenza o altri sintomi
diurni insolitamente importanti può essere utile documentare un’alterazione
ecografica della vescica (spessore della
parete) o un suo difetto di svuotamento.
Gli esami urodinamici, se si escludono i
casi in cui ci sia un forte sospetto di una
vescica neurologica, come già detto non
vanno mai fatti.
A quale età iniziare un qualsiasi trattamento?
A mio parere non c’è un’età limite, anche se la maggior parte degli autori indi-
Medico e Bambino 10/1999
ca tra i 6 e gli 8 anni l’età in cui val la pena di occuparsene. Credo che il criterio
possa essere quello della presa di coscienza del problema da parte del bambino stesso, e che la preoccupazione e
l’ansia dei genitori possa essere non considerata un motivo di per sé per iniziare
un trattamento. La spiegazione del problema e la tranquillizzazione sul futuro
sono obbligatorie in qualsiasi età.
Ci sono cose che devono essere fatte prima
di fare quanto è stato detto in precedenza?
Una cosa fondamentale è la correzione della eventuale stipsi, tanto più se accompagnata da encopresi: si tratta di
una associazione tutt’altro che rara. Ancora, deve essere ragionevolmente data
l’ indicazione di evitare l’uso del pannolone notturno: il suo uso andrebbe contro l’obiettivo di responsabilizzare il
bambino sul suo comportamento; questo senza essere punitivi ovviamente. Un
ultimo punto riguarda la riduzione dell’apporto di liquidi alla sera, anche se
non tutti ritengono che questo provvedimento abbia qualche utilità.
Gli altri farmaci proposti in passato sono
ancora utili?
In pratica nessuno spazio ha l’ossibutinina, sia per la sua dimostrata scarsa
efficacia sull’enuresi, sia per l’entità degli effetti collaterali rilevabili, che seppure transitori, ne limitano l’uso. L’imipramina invece, che sappiamo da dati storici essere un farmaco di buona efficacia
in un certo numero di casi, viene ormai
da tutti considerata troppo squilibrata
nel rapporto costi/benefici.
Che cosa fare nei casi “resistenti a tutto”?
Attendere e riprovare dopo qualche
tempo è l’unico consiglio che so dare; è
facile che con l’età cresca anche il grado
di consapevolezza e la collaborazione a
qualsiasi terapia che, come ho già detto
in precedenza, è una condizione essenziale alla sua efficacia.
Bibliografia
1. Averous M: Le syndrome d’immaturité vésicale. J Urologie 91, 257-267, 1985.
2. Sener F, Hasanoglu E, Soylemezoglu O:
Desmopressin versus indomethacin treatment in primary nocturnal enuresis and the
role of prostaglandins. Urology 52, 878-881,
1998.
3. Moffat MEK, Harlos S, Kirshen AJ, Burd L:
Desmopressin acetate and nocturnal enuresi:
how much do we know? Pediatrics 92, 420425, 1993.
4. Hjalmas K, Hanson E, Hellstrom AL, Kruse
S, Sillan U: Long-term treatment with desmopressin in children with primary monosymptomatic nocturnal enuresis: an open multicentre study. Br J Urol 82, 704-709, 1998.
5. Chiozza ML, Del Gado R, Di Toro R et al:
Italian multicentre open trial on DDAVP
spray in nocturnal enuresis. Scand J Urol
Nephrol 33, 42-48, 1999.
6. Kruse S, Hellstrom AL, Hjalmas K: Daytime bladder disfunction in therapy-resistant
nocturnal enuresis. Scand J Urol Nephrol 33,
49-52, 1999.
MESSAGGI CHIAVE
L’instabilità vescicale è riconoscibile nella
maggior parte dei casi di enuresi notturna; è dubbio che esista un’enuresi “veramente” monosintomatica.
L’approccio terapeutico comportamentale
con allarme o meglio con training minzionale è il più efficace, anche se richiede un
impegno maggiore rispetto a quello con
DDVPA. Quest’ultimo va considerato un
trattamento sintomatico, utilizzabile anche
in via complementare, con ragionevole
prudenza.
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