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«Puddu sa chi ha sparato» - Solidarietà per Capoterra

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«Puddu sa chi ha sparato» - Solidarietà per Capoterra
Venerdì 11 gennaio 2013
Edizione di venerdì 11 gennaio 2013 - Provincia di Cagliari (Pagina 25)
CAPOTERRA. Contestato il favoreggiamento, altri due rispondono del delitto
«Puddu sa chi ha sparato»
Omicidio Podda: processo al presunto testimone
Ieri udienza interlocutoria. Il procedimento entrerà nel vivo a febbraio con l'esame
dell'imputato. La vittima era stata uccisa il 2 aprile 2010 davanti al bar Baraonda.
Il mistero sull'identità degli assassini (o dell'assassino) di Giancarmine Podda è forse
custodito da un disoccupato di 48 anni di Capoterra, da sempre frequentatore dei bar e di
un certo ambiente del paese e da quasi tre anni spaventato anche dalla propria ombra.
«Molti non gradiscono la mia presenza», aveva spiegato all'Unione Sarda lo scorso
giugno. Lo vedono come delatore, qualcuno da evitare perché parla troppo.
L'ARRESTO Sguardo incerto, capelli scompigliati, giubbotto in jeans: così si presenta
Fausto Puddu nella foto segnaletica scattata dai carabinieri all'indomani del suo arresto
per favoreggiamento nell'omicidio. Lui sa tutto ma non parla: questa l'accusa che gli
contesta il pubblico ministero Alessandro Pili, convinto che l'uomo fosse presente nel bar
“Baraonda” alle 2 del mattino del 2 aprile 2010 e abbia assistito a tutta la sequenza di
sangue. L'auto che si avvicina all'ingresso, qualcuno che esplode due fucilate, una
sgommata, la fuga. A terra, morto, era rimasto quel trentenne colpevole, forse, di non
aver restituito l'incasso derivante dalla cessione di 50 grammi di cocaina.
L'UDIENZA Per il delitto sono finiti sotto accusa Enzo Garau (46 anni, proprietario del
bar “Tresette”: la notte dell'omicidio aveva avuto una discussione con la vittima per
vecchie consumazioni non pagate) e l'amico di questi Giorgio Picci (32, disoccupato).
L'inchiesta nei loro confronti è stata chiusa, il sospetto è che Garau avesse venduto lo
stupefacente alla vittima e poi assieme a Picci le avesse dato una lezione. Definitiva. Ieri
invece è cominciato il processo a Puddu: era lì, dicono gli investigatori, ma non ha il
coraggio di raccontare le cose. Così di primo mattino il suo avvocato difensore Marco Lisu
si è presentato davanti al giudice monocratico Carlo Renoldi per l'udienza di smistamento:
decine di procedimenti da aprire solo formalmente con le richieste di prova e poi da
rinviare. La posizione di Puddu sarà trattata il 28 febbraio.
LA DIFESA Ieri l'imputato non c'era, ma anche quando dovesse eventualmente
raccontare la sua versione è presumibile confermerà quanto detto su queste pagine sette
mesi fa: «Sono stato accusato ingiustamente, se avessi visto qualcosa l'avrei detto.
Quella notte avevo appena prestato la tessera sanitaria ad alcuni ragazzi che volevano
comprare le sigarette. Stavamo andando via dal Baraonda, l'ingresso è all'interno rispetto
alla strada. Mi sono fermato lì, ero di spalle. Ho sentito qualcuno dire dall'auto “chi ti
credi di essere” e poi le due fucilate. Sono scappato dentro e mi sono nascosto dietro il
bancone. Temevo entrasse qualcuno. Poi ho sentito sgommare e sono uscito. Ho
chiamato Giancarmine due volte, non rispondeva. C'era un lago di sangue. Ho temuto che
qualcuno potesse essere rimasto a guardare. Io e la proprietaria abbiamo chiuso e siamo
andati via. Non so nulla, ho paura che accada qualcosa a me e alla mia famiglia».
Andrea Manunza
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