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Fame di energia - Missio Famiglie
RISORSE DA SFRUTTARE D O S S I E R di Chiara Pellicci [email protected] Fame di energia uesta terra ha abbastanza risorse per tutti, ma non per l’avidità di tutti» sosteneva Gandhi quasi un secolo fa. Effettivamente già allora l’ingordigia del cosiddetto Primo mondo lasciava intendere che al resto del pianeta restassero solo le briciole. Così, dal secondo dopoguerra in poi, lo squilibrio tra Nord e Sud del mondo nella disponibilità di qualunque risorsa è andato aumentando. Ad oggi, limitandoci a fotografare il solo utilizzo di energia, la situazione è descritta da questi dati: su una popolazione mondiale di 6,5 miliardi di persone, 2,5 miliardi non dispone di risorse energetiche per i bisogni primari e 1,5 miliardi non ha accesso all’energia elettrica; circa l’utilizzo dei combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale), la media dei consumi nei Paesi ricchi è di otto volte superiore a quella nei Paesi in via di sviluppo e di 15 volte superiore a quella nei soli Stati più poveri. In altre parole, finora l’accaparramento delle fonti energetiche è avvenuto sfruttando al massimo ogni possibilità senza pensare al futuro, né all’altra parte di umanità. Lo afferma anche Papa Benedetto XVI nell’En- » «Q MENTRE IL MONDO SI INTERROGA SULL’OPPORTUNITÀ DELL’ENERGIA NUCLEARE IN SEGUITO AL DISASTRO GIAPPONESE DI FUKUSHIMA ED ASSISTE IMPOTENTE ALL’AUMENTO VERTIGINOSO DEI PREZZI DEI CEREALI, IL FABBISOGNO DI RISORSE ENERGETICHE DEL PIANETA AUMENTA IN MODO ESPONENZIALE. ALL’IRREFRENABILE CORSA ALL’ENERGIA DEI PAESI DEL NORD DEL MONDO SI AGGIUNGE QUELLA, ALTRETTANTO VERTIGINOSA, DEI PAESI EMERGENTI. COME E DOVE TROVARE LE RISORSE PER TUTTI? POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 29 RISORSE DA SFRUTTARE NELLA FOTO: Pannelli solari installati sui tetti di una casa di Le Marin, Martinica - Antille francesi. ciclica Caritas in Veritate, quando al paragrafo 49 scrive: «L’accaparramento delle risorse energetiche non rinnovabili da parte di alcuni Stati, gruppi di potere e imprese costituisce un grave impedimento per lo sviluppo dei Paesi poveri. Questi non hanno i mezzi economici né per accedere alle esistenti fonti energetiche non rinnovabili né per finanziare la ricerca di fonti nuove e alternative». E poi aggiunge: «La comunità internazionale ha il compito imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione anche dei Paesi poveri, in modo da pianificare insieme il futuro». Considerando proprio i Paesi poveri e, più in particolare, quelli emergenti (come Brasile, India e Cina) dove la richiesta di energia è in crescita vertiginosa, è stato cal- 30 POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 colato che continuando con questi ritmi le riserve mondiali di petrolio e gas si potrebbero esaurire fra 50 anni circa e quelle di carbone fra due secoli. DISPUTE SUL NUCLEARE Ad oggi l’85% dell’energia consumata a livello mondiale proviene dai combustibili fossili: non c’è da meravigliarsi, quindi, se l’uomo è alla ricerca spasmodica di nuove risorse. Tra queste c’è il tanto dibattuto “nucleare”, che si ottiene riproducendo il processo fisico della fissione in speciali reattori all’interno di centrali che devono garantire la massima sicurezza. A seguito del disastro giapponese di Fukushima, il dibattito sul nucleare è tornato con prepotenza alla ribalta. Lo spettro dell’incidente di Chernobyl, di cui D O S S I E R costruzione (il governo nel 2008 stimò tre miliardi di euro per impianto), sia al grande problema delle scorie nucleari, che rimangono radioattive fino a 100mila anni e devono essere trattate con particolari accorgimenti dai costi altissimi, pena la contaminazione dell’ambiente circostante. E poi resta il problema della sicurezza degli impianti: ammesso che vengano prese tutte le precauzioni indispensabili per un ottimo funzionamento delle centrali, c’è comunque da non trascurare le eventuali calamità naturali. Lo dice anche il fisico nucleare e Premio Nobel Carlo Rubbia, che in seguito all’incidente di Fukushima – pur precisando di non aver mai detto che il nucleare vada spazzato via - ha chiesto «un momento di riflessione profonda sui motivi che ci hanno portato a questa situazione anomala». Aggiungendo: «In molti non si sarebbero aspettati un evento del genere in un Paese come il Giappone. È vero che c’è stato uno tsunami, ma un fenomeno del genere lo abbiamo visto in passato anche a Messina. Fenomeni così eccezionali accadono ovunque». LA BIOENERGIA quest’anno si ricorda il 25esimo anniversario, si è diffuso nuovamente in tutto il mondo tanto che alcuni Stati – come ad esempio la Germania - hanno preso provvedimenti per garantire una maggior sicurezza o addirittura chiudere gli impianti più vecchi. Anche in Italia – dove era già in calendario per il 12 e 13 giugno un referendum per l’abrogazione della legge che prevede la costruzione di nuove centrali nucleari – il dibattito si è rinvigorito. Alcuni sostengono che l’energia prodotta con tale metodo sia una buona soluzione per spezzare la schiavitù dai combustibili fossili. Altri affermano che per fare a meno del petrolio e del gas e garantire l’intero fabbisogno nazionale dovrebbe essere costruita una centrale nucleare a settimana per i prossimi 120 anni: un numero spropositato, se si pensa sia alle spese per la Il nucleare non è l’unica forma di energia alternativa al fossile. Negli ultimi anni sta prendendo sempre più campo la bioenergia, ovvero quella che viene prodotta da biomassa, cioè da ogni materiale organico diverso da petrolio, carbone e gas naturale. La maggior parte della bioenergia viene prodotta da biocombustibili, ovvero da carburanti ottenuti da coltivazioni ad hoc, come granturco e canna da zucchero. Ad oggi il 40% del mais coltivato nel mondo viene utilizzato per la produzione di etanolo, un biocarburante. Solo in Europa la massiccia diffusione di colture dedicate alla produzione di bioenergia ha fatto sì che negli ultimi anni non sia più garantito il fabbisogno agricolo dei suoi cittadini e che venga assegnato al Vecchio continente il titolo di maggior importatore mondiale di alimenti. Così, se da un lato la bioenergia permette ai Paesi che non possiedono giacimenti fossili di produrre autonomamente una parte delle risorse energetiche necessarie, dall’altro l’aumento di produzione di energia da biomassa non è poi così positivo. L’incremento considerevole della domanda di biocarburanti ha portato, infatti, ad un notevole aumento dei prezzi dei cereali - trasformati ormai da derrate alimentari a prodotti da macero - e lo ha legato a quello del petrolio: nello scorso marzo la Fao (Food and Agriculture Organization) ha registrato » POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 31 RISORSE DA SFRUTTARE SOPRA: Una contadina taglia la canna da zucchero in una piantagione nei pressi della città di San Paolo in Brasile. I biocombustibili prodotti dalle coltivazioni della canna da zucchero e granturco sono alla base della produzione di gran parte della bioenergia. un incremento del 37% dei prezzi dei beni alimentari (rispetto al marzo 2010) e la crescita di ogni punto percentuale corrisponde ad un milione di poveri in più nel computo mondiale. Non solo: in termini di dispendio energetico, la produzione di bioenergia si è rivelata poco efficiente. Conti alla mano, infatti, per coltivare un ettaro di mais si consumano circa otto milioni di Calorie e si ottiene l’equivalente in energia di nove milioni di Calorie: una resa scarsa, pensando che in termini alimentari un ettaro di mais produce nove tonnellate di granturco, che corrispondono a 90mila piatti di polenta o al nutrimento di 100 maiali per un anno. IL BIODIESEL PARLA PORTOGHESE In Brasile, il maggior produttore di biodiesel al mondo, il primato nella produzione di etanolo è sempre stato dipinto come un fiore all’occhiello, perché la bioenergia viene considerata tra le energie “verdi”, cioè ecologiche. Ma una recente ricerca universitaria ha evidenziato le gravi problematiche che si riscontrano a livello locale, sia per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori coinvolti nel processo di produzione del bio-alcol, sia 32 per le conseguenze sugli ecosistemi. Con il loro studio, i tre ricercatori dell’Università federale - Wendell Ficher Teixeira Assis, Marcos Cristiano Zucarelli, Lucia Schild Ortiz - hanno contribuito al dibattito internazionale sulla bioenergia, dando spazio all’America del Sud e in particolar modo ai soggetti “senza voce”, cioè quelli che nella catena di produzione di biocombustibili stanno nelle posizioni più basse: contadini, esponenti indigeni, lavoratori delle distillerie, cooperative agricole. Ne è scaturito un quadro preoccupante, che colora di tinte rosse e nere quell’energia da sempre considerata verde: il rosso del sangue per le sofferenze dei contadini costretti a subire soprusi e ingiustizie e il nero dell’illegalità che di fatto è diventata pratica comune nella produzione di biodiesel. ENERGIA “VERDE” MACCHIATA DI ROSSO E NERO «È inaccettabile che un’energia dichiarata pulita sia causa di un tale impatto socio-ambientale» afferma uno dei lavoratori intervistati dai ricercatori Assis, Zucarelli e Ortiz. Questa e tante altre voci raccolte fanno un » (segue a pag. 34) POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 D O S S I E R SOGNI AMARI DELL’AGRO-BUSINESS BRASILIANO Q uesta vicenda affonda le radici in anni lontani e si colloca nello Stato del Maranhão, da sempre in lotta per non “perdere” l’ultima posizione in quasi tutti gli indici di sviluppo brasiliani. Tutto nasce nella periferia di Presidente Dutra con l’azione di un attivista politico che comincia a radunare famiglie richiamate qui dalle sirene dell’urbanizzazione o cacciate dalle campagne a causa dell’espansione dei nuovi latifondi, quelli dell’agro-business brasiliano che insegue gli interessi del Primo Mondo. L’obiettivo è assicurarsi un pezzo di terra nel municipio di Tuntum per vivere di agricoltura e costruire un futuro per i propri figli. C’è da sapere che la Costituzione brasiliana sancisce il carattere sociale della terra: quando una proprietà è dichiarata improduttiva può essere espropriata senza obbligo d’indennizzo. Solo Dio sa quanti milioni di ettari sono tuttora improduttivi in Brasile, ma solo Dio sa anche se è mai stato espropriato un solo ettaro. Normalmente, quando il governo acquisisce queste terre, le paga più o meno a prezzo di mercato. Dopo numerosi tentativi di esproprio falliti per vari motivi, nell’ottobre 2005 un gruppo di circa 60 famiglie decide di accamparsi sul margine della statale, accanto alla proprietà rivendicata: poco più di 12mila ettari appartenenti ad un latifondista. Negli anni Settanta quest’area era stata oggetto di grossi investimenti legati al “Piano pro-alcol”, quel pro- NELLA FOTO: Le famiglie accampate accanto alla proprietà terriera di Tuntum durante una messa. getto brasiliano - sviluppato in seguito alla crisi petrolifera mondiale – che prevedeva una massiccia produzione di biocombustibili. La crisi passò, l’alcol non risultò così conveniente, l’area venne abbandonata, ma i finanziamenti governativi rimasero nelle casse del latifondista e l’area a tutt’oggi è pignorata per i debiti contratti con le banche. Nonostante queste inadempienze finanziarie e il sostanziale abbandono dell’area da più di 15 anni, il proprietario continua a ventilare strumentalmente l’ipotesi di una ripresa della produzione di etanolo. Questo pretesto è diventato un incubo per le famiglie, perché nel momento in cui hanno presentato ufficialmente la richiesta di esproprio, il governo Lula stava lanciando in grande scala il nuovo piano brasiliano di produzione di etanolo in nome di un pre- sunto minor impatto ecologico. Così dopo cinque anni e mezzo dall’apertura del processo di esproprio, quelle famiglie non avevano ancora ricevuto niente e vivevano abbandonate in mezzo alla foresta in baracche provvisorie. Attraverso il sindacato dei contadini, erano riuscite ad entrare nel Piano governativo “Fame Zero” per cui ogni famiglia riceveva un pacco di viveri al mese. Se avessero voluto, certamente sarebbero ancora mendichi ai bordi della statale, con la “nobile” elemosina del governo federale. Invece, dopo circa dieci mesi, a seguito di una riflessione piuttosto animata, una quarantina di famiglie ha deciso di entrare nella proprietà, cominciando a produrre autonomamente, per sollecitare le autorità e forzare il processo di regolare insediamento. ± POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 33 RISORSE DA SFRUTTARE Questo gesto, però, ha por tato all’abbandono da parte del sindacato e ha peggiorato le precarie condizioni di vita di queste persone, costrette a vivere come animali nel cuore della foresta, praticamente isolate dalle principali vie di comunicazione, soprattutto nel semestre delle piogge. Ma la cosa più tragica è che, nel corso di questi anni, attraverso varie pressioni, l’Istituto per la Colonizzazione e la Riforma agraria ha formalmente riconosciuto che, dei 12mila ettari, solo poco più di tremila possono essere espropriati e assegnati alle famiglie. Per tre volte l’intero processo è transitato nell’ufficio del Presidente della Repubblica per la regolare firma dell’esproprio, ma regolarmente il plico è ritornato nel Maranhão per contestazioni pretestuose. In realtà da fonti parallele si è saputo che il proprietario del latifondo, per ostacolare l’iniziativa, continua a sedurre il triste ritratto della produzione di alcol da monocolture: coltivazioni che necessitano di spazi immensi provocando l’espulsione dei contadini dalle loro terre e una drastica diminuzione dei cereali da destinare all’alimentazione umana e animale. Nel Mato Grosso do Sul, uno Stato del Brasile meridionale, l’estensione delle coltivazioni di canna da zucchero – per esempio - ha costretto il Paese a diventare importatore di ortaggi e frutta. Ancora: nel Triângulo Mineiro, una regione dello Stato di Minas Gerais, si è verificata una massiccia emigrazione di contadini, depauperati dei loro raccolti, e degli allevatori, privati dei loro pascoli. I ricercatori raccolgono anche denunce di soprusi e violazioni dei diritti dei lavoratori impiegati nella catena di produzione del bio-diesel: l’agro-industria va alla ricerca di manodopera nelle aree più povere del Brasile, dove vengono reclutate maestranze da impiegare come tagliatori di canna, lusingandole con un futuro assicurato. Ma presto i lavoratori si accorgono delle 34 POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 governo con la promessa di una futura, quanto improbabile, ripresa della coltivazione della canna da zucchero per produrre “l’eco-compatibile” etanolo. Ciò basta per far marcire nella foresta una quarantina di disperate famiglie contadine. Nonostante tutto ogni anno si rinnova una grazia evangelica: la gioia che nasce al ripetersi del “miracolo del grano” o meglio “del riso”, quando nei giorni del raccolto si sente affermare con orgoglio: «Finalmente possiamo mangiare del lavoro delle nostre mani, senza dipendere dall’elemosina del governo». Se Lula, prima, e Dilma Raussleff, adesso, avessero il coraggio di guardare negli occhi questi contadini, forse il Brasile avrebbe un Pil minore, ma anche meno problemi sociali nelle sue immense periferie. Marco Bassani Fidei donum della Diocesi di Milano dure condizioni a cui sono costretti: turni troppo lunghi, mancanza di assistenza medica, alloggi sovraffollati, pessime condizioni igieniche, assenza di tutela sindacale. Un’altra grave conseguenza dell’eccessivo sviluppo dell’industria del biodiesel riguarda l’ambiente: oltre alla deforestazione illegale della zona atlantica, si denuncia la riduzione della portata dei corsi d’acqua, sempre più sfruttati dalle coltivazioni in continuo aumento, la distruzione di aree boschive a seguito di incendi dolosi, la conseguente fuga della fauna, un avanzamento della frontiera agricola fino a pochi metri dalle abitazioni. Chi vive qui soffre di gravi problemi di salute per l’utilizzo di prodotti chimici e pesticidi e per la contaminazione delle fonti d’acqua e delle altre colture destinate all’alimentazione. L’ALTERNATIVA C’È Se l’energia da combustibili fossili è destinata a finire e quella da biocombustibili è tutt’altro che “pulita”, che D O S S I E R SOPRA: Il cancelliere tedesco Angela Merkel sorvola in elicottero il parco eolico offshore "Baltic 1" nelle acque del Mar Baltico. SOTTO: Condutture di gas naturale nelle Ande cilene. soluzioni restano? L’alternativa c’è è si chiama “energia rinnovabile”. In molti Paesi del mondo, soprattutto dove scienza e tecnologia sono più sviluppate, si stanno diffondendo impianti per l’utilizzo di energia solare ed eolica. In Germania e nei Paesi del Nord Europa per esempio – rivestono già oggi un ruolo importante. In zone dove l’esposizione al sole è ben maggiore, i risultati sarebbero migliori: per il deserto del Sahara c’è un progetto di sviluppo energetico legato ad impianti solari in grandi dimensioni. Se l’energia rinnovabile è il futuro del mondo, anche quella alternativa lascia intravedere spiragli di luce. In Messico è in funzione un impianto che produce biocarburante utilizzando alghe, acqua di mare e anidride carbonica (CO2), un gas presente nell’atmosfera e responsabile del surriscaldamento del pianeta. Anche in Italia alcuni importanti istituti di tecnologia si dedicano alla ricerca di nuove forme di energia. Per esempio: al Politecnico di Torino, in seguito allo studio di reazioni piezonucleari (cioè sui nuclei degli ele- » POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 35 D O S S I E R RISORSE DA SFRUTTARE SOPRA: Un campo di girasoli in prossimità della centrale nucleare di Jaslovske Bohunice in Slovacchia. menti chimici che compongono le rocce), si sta studiando una modalità per trasformare le pietre in fonte di energia nucleare pulita, senza scorie radioattive. I ricercatori del Dipartimento di Ingegneria strutturale, infatti, sono arrivati alla conclusione che, sottoponendo alcune rocce granitiche e basaltiche a una pressione meccanica tale da provocarne la frattura, si ha un’emissione di neutroni che produce energia. Se la scoperta ha dell’incredibile, per quanto riguarda le applicazioni pratiche si è ancora alle prime battute: necessitano di tempi lunghi per essere sviluppate. Un’altra fonte di energia alternativa arriva dallo sviluppo di un’idea realizzata circa dieci anni fa, quando un ricercatore americano, John Turner, creò la prima foglia artificiale: alla base dell’invenzione c’è la riproduzione della fotosintesi clorofilliana da incanalare in un processo di produzione energetica. Oggi un gruppo di 36 POPOLI E MISSIONE - GIUGNO 2011 ricercatori del Massachusetts Institute of Technology di Boston, coordinato dal professore Daniel Nocera, ha concretizzato l’idea di Turner: un solo esemplare di nuovo prototipo di foglia artificiale potenzialmente potrebbe soddisfare la necessità energetica giornaliera di una casa in un Paese in via di sviluppo, perché con meno di quattro litri d’acqua si riesce a generare energia per 45 ore in modo costante. L’immediata fruibilità dell’invenzione ha già fatto muovere un gigante indiano della tecnologia con lo scopo di costruire celle per diffondere l’energia in zone dell’Asia e dell’Africa scarsamente fornite. Per una volta, forse, saranno le popolazioni del Sud del mondo a beneficiare per prime di un’innovazione tecnologica, sovvertendo quella logica di accaparramento di energia che sinora ha regolato i rapporti tra Nord e Sud del mondo senza dare a quest’ultimo la possibilità di costruire il proprio futuro.