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Domenico Dara Breve trattato sulle coincidenze
Domenico Dara Breve trattato sulle coincidenze Pages 368 ISBN 978 8865943045 Book Excerpt and Translation Sample: pages 10-12 Breve trattato sulle coincidenze © 2014 Nutrimenti English Translation © Isobel Butters Foreign Rights Dora Di Marco [email protected] Nutrimenti, 2014 Il postino del paese era un uomo solitario, senza ambizione, che alla passione per i pensieri astrusi univa quella per le lettere d’amore. Le riconosceva senza aprirle, come se portassero impressa sulla busta l’impronta degli amanti. Ne aveva viste d’ogni tipo: eleganti, posticce, scritte dietro un volantino di campagna elettorale e su pezzi di carta igienica, sull’ultima pagina strappata di un romanzo o sulla carta del pane ancora sporca di farina. Le lettere d’amore che fanno diventare tutti poeti e che non fanno dormire, le lettere d’amore magiche che ripetono le stesse cose ma sempre con parole diverse, ce- sellate con cura come se l’imperfezione d’una lettera fosse più temibile del più temibile rivale. Le lettere d’amore che apriva più delicatamente, per ultime... Tre ore e mezza prima della capitolazione di Colajizzu, il postino aveva svuotato il sacco della posta per disporre le lettere secondo l’ordine di consegna. Di fronte a sé non c’era un cumulo di carte ma un campionario di sentimenti umani: sogni irrealizzati, desideri inconfessati, promesse ritrattate, dichiarazioni, ingiurie, ricordi, nostalgie, speranze, parole scritte in solitudine che attraverso di lui giungevano a destinazione, ed egli si inorgogliva di essere la fase finale e decisiva del compiersi di un destino. Quella mattina, quasi alla fine dello smistamento, gli capitò tra le mani una lettera insolita. Era una busta di carta spessa, chiusa con un sigillo di ceralacca rossa su cui era impressa una !. Non aveva mai visto lettere a quel modo, e roso dalla curiosità di aprirla, la sistemò nella tasca interna del borsone. Indossò il berretto e cominciò il giro consueto. Quando decise di impiegarsi postino, non immaginava che quel lavoro senza arte né vocazione lo avrebbe portato così vicino ai segreti degli uomini, e allora cercava di svolgerlo nel migliore dei modi. Per fare il postino non basta avere gambe buone e spalle salde: bisogna intuire il contenuto delle lettere e conoscere i caratteri della gente, e poi trovare un equilibrio: dosare, attardare, affrettare, sorridere, distrarre... Curava ogni particolare: se, per esempio, doveva recapitare una dichiarazione d’amore a un destinatario assente, infilava la lettera nella fessura del portone, in alto, ben visibile, in modo che il fortunato potesse coglierla allungando una mano, come si fa con un frutto sul ramo. Se, al contrario, si trattava di una lettera d’addio gonfia di tristezza, le riservava l’umile condizione degli annunci di morte, la infilava sotto la porta, sperando che il destinatario, entrando in casa, la calpestasse e lasciasse impressa sulla busta l’orma, monito di sconforto e desolazione. Il postino di Girifalco era degno rappresentante di una categoria la cui lunga e decorosa storia risale addirittura a Ermete, argheifonte, deorum nuntium, figlio di Dio, messaggero occhio acuto e datore di beni, che calzando sandali belli e d’oro sul mare andava simile a un gabbiano che caccia i pesci, por- tato dal vento, con in mano la verga che gli uomini affascina. Così il postino camminava per le vie della sua mappa quotidiana, e tra buongiorni, saluti e ambasciate, pensava alla luna. Era il 7 aprile 1969, e aveva letto sul giornale che gli americani ci stavano arrivando. Guardò verso il cielo: forse in un tempo lontano i postini avrebbero recapitato la posta fin lì sopra... Del viaggio sulla luna Giovannuzzu non sapeva niente. Costretto in carrozzella da una poliomielite, trascorreva la vita su un balcone a vedere gli uomini dall’alto: obbligato a stare seduto per tutta la vita, aveva scelto di vivere al primo pia- no perché così poteva guardare il mondo da una prospettiva che non gli apparteneva più, riempiendo il sacco vuoto dell’esistenza con i frammenti di vite altrui che rubava dall’alto del suo osservatorio: i litigi, i tradimenti, le passioni, i volti e le gesta della strada erano la sua vita passata, presente, futura. Per lui il mondo era tutto ciò che si poteva guardare. “Avete sentito che andiamo sulla luna, Giovannuzzu?”. Il postino raccontava a tutti la storia dell’imminente allunaggio, e così sembrava Zaratustra che dal monte scende tra gli uomini a rivelare la verità, ma invece del pastore incontrò Carruba, l’attacchino, con l’immancabile stecchino tra i denti, che andava affiggendo manifesti della Democrazia cristiana. La serenità era finita: Girifalco, che per il resto del tempo sembrava uno sporcìgghiu in letargo, si risvegliava in occasione del terremoto e delle elezioni comunali, e fortuna che i terremoti non erano a cadenza quadriennale. Domenico Dara Short Treatise on Coincidences Translation by Isobel Butters Nutrimenti, 2014 The village postman was a solitary man with no ambition but a passion for abstruse thoughts and love letters. He recognised them without opening them, as if they bore the mark of their lovers on the envelope. He’d seen all sorts: elegant, artificial, written on the back of an electoral flyer, on pieces of toilet paper, on the last page of a novel and on bread paper still covered in flour. Love letters that make everyone a poet and prevent sleep, magical love letters that repeat the same things but always using different words, polished with care as if the imperfection of the letter were to be feared more than the most fearful rival. He opened the love letters with greater delicacy, last of all ... Three and a half hours before Colajizzu capitulated, the postman had arranged the letters in order of delivery. In front of him was not a pile of papers but a sample of human feelings: unrealised dreams, unconfessed desires, withdrawn promises, declarations, insults, memories, nostalgia, hopes, words written in solitude that through him reached their destination. He was proud of being the final and decisive phase of a destiny in the making. That morning just before he finished sorting he came across an unusual letter. The envelope was thick, closed with a red wax seal with an ! on it. He had never seen letters like that, and, bursting with curiosity he put it in the inner pocket of his postbag. He put on his cap and started his usual round. When he decided to become a postman, he never imagined that such an undemanding job would bring him an intimacy with people’s secrets, and he tried to do his work as well as he possibly could. It was not enough to have good legs and solid shoulders to be a postman: you had to guess the contents of the letter and know people’s characters, and then find the right balance: measuring, delaying, hurrying, smiling, distracting... He paid attention to every detail. If, for example, he had to deliver a declaration of love to someone who was away, he stuck the letter in the crack of the door, high up, well in view, so the lucky person could stretch out and take it as if picking fruit from a branch. If, on the other hand, it was a goodbye letter filled with woe, he treated it like an obituary, sliding it under the door and hoping that the recipient would trample on it, leaving their footprint, full of discouragement and misery. The postman of Girifalco was a fitting representative of a trade whose long and worthy history goes right back to Hermes, Argeiphóntes, deorum nuntium, son of God, sharp-eyed messenger and giver of good things who in fine sandals of gold travelled across the sea like a seagull hunting for fish, carried by the wind and holding the spellbinding caduceus. So the postman walked the streets of his daily map, and between good mornings, greetings and embassies, he thought of the moon. It was 7 April 1969 and he had read in the newspaper that the Americans were coming. He looked up in the sky: perhaps in a time long gone postmen delivered their post all the way up there... Giovannuzzu knew nothing about travelling to the moon. Forced by polio into a wheelchair, he spent his existence on a balcony watching people from above. Obliged to be seated forever he had decided to live on the first floor because that way he could watch the world from a perspective that was no longer his, filling the empty sack of his existence with fragments of the lives of others that he stole from his observation post high up: the fights, the betrayals, the passions, the faces and the gestures of the street were his past, his present and his future. To him the world was everything that could be seen. “Have you heard we’re going to the moon, Giovannuzzu?”. The postman told everyone the story of the imminent landing, as if Zarathustra were coming down from the mountain to reveal the truth, but rather than the shepherd he met Carruba, the bill sticker, toothpick as always between his teeth as he went around putting up posters for the Christian Democrat party. Peace was over: Girifalco, which for the rest of the time seemed like a hedgehog in hibernation, woke up when there was an earthquake and when there were local elections and it was just as well that earthquakes did not happen on a regular four-yearly basis.