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Vincolo della continuazione e reato associativo

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Vincolo della continuazione e reato associativo
Vincolo della continuazione e reato associativo
Questione
Tizio è un valente e robusto pugile di successo, che dopo anni di onorata
carriera, inizia a perdere numerosi incontri, e dunque sceglie di non gareggiare più. Non avendo alcuna istruzione adeguata, né formazione professionale, non sa come tirare avanti nella vita, dunque decide di trovare una
donna agiata da sposare per vivere di rendita. Non si avvede, tuttavia, che
la donna che prende in moglie è la cugina di Caio, un noto uomo d’affari
dedito, in realtà, alle estorsioni, mediante associazione criminosa, il quale gli fa una proposta a cui non può sottrarsi. Questi, infatti, ha intenzione
di costituire ogni mese nuove diramazioni del sodalizio criminale, dotate
di propria autonomia, in diverse regioni italiane, e finalizzate ad estendere l’attività estorsiva ed i relativi illeciti profitti. Chiede, dunque, a Tizio di
associarsi ogni mese in ciascuna delle costituende associazioni, allo scopo
di fare da «persuasore estorsivo» nei confronti delle vittime. Tizio accetta
di aderire, offrendosi, in ciascuna compagine, di prestare la propria opera di «convincimento» nelle azioni estorsive dei diversi sodalizi. A seguito
di indagini di polizia, tuttavia, l’attività criminosa viene scoperta ed i relativi responsabili chiamati a rispondere penalmente, compreso Tizio, il quale si rivolge ad un legale per avere lumi in merito alle possibili conseguenze penali della propria condotta. Il candidato, assunte le vesti del legale di
Tizio, rediga relativo parere motivato, soffermandosi sulla possibilità che
le diverse condotte penalmente rilevanti poste in essere dal nostro asserito
cliente possano essere avvinte dal vincolo della continuazione.
Il candidato ricerchi le disposizioni normative rilevanti
per la soluzione del quesito ricavandole dalla lettura attenta della questione.
Costruire un parere motivato - Penale
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Norme rilevanti e collegamenti
• Art. 81 e 416 cod. pen.
Art. 81 (Concorso formale. Reato continuato) cod. pen.
È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino
al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.
Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.
Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la
recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non
può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave
Art. 416 (Associazione per delinquere) cod. pen.
Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che
promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con
la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all’associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica
la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Se l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e
602, nonché all’articolo 12, comma 3bis, del testo unico delle disposizioni concernenti
la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica la reclusione da cinque a quindici anni
nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma.
Se l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600bis,
600ter, 600quater, 600quater.1, 600quinquies, 609bis, quando il fatto è commesso in
danno di un minore di anni diciotto, 609quater, 609quinquies, 609octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due
a sei anni nei casi previsti dal secondo comma.
Il candidato ricerchi ora la giurisprudenza pertinente al
caso concreto (dai codici commentati) preferibilmente sotto gli articoli indicati; inoltre annoti eventuali indicazioni
dottrinarie riferite al caso da risolvere.
Vincolo della continuazione e reato associativo
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Massime di giurisprudenza e orientamenti dottrinali
Giurisprudenza
• Cass. 8064/1992; 7957/1985; 18037/2004; 2529/1992; 1587/2000; 10930/1996;
2167/1994; 6851/2016
•La condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere, per essere punibile,
non può esaurirsi in una manifestazione positiva di volontà del singolo di aderire alla
associazione che si sia già formata, occorrendo invece la prestazione, da parte dello
stesso, di un effettivo contributo, che può essere anche minimo e di qualsiasi forma e
contenuto, purché destinato a fornire efficacia al mantenimento in vita della struttura o
al perseguimento degli scopi di essa (Cass., sez. I, 24-6-1992, n. 8064).
•La responsabilità per la partecipazione ad un’associazione per delinquere può essere
affermata anche se l’associato non ha preso parte a nessuna delle imprese delittuose
condotte a termine dall’associazione (Cass., sez. IV, 10-9-1985, n. 7957).
•La unicità del disegno criminoso, necessaria per la configurabilità del reato continuato
e per l’applicazione della continuazione in fase esecutiva, non può identificarsi con la
generale tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose, atteso che le singole violazioni devono costituire parte integrante di un unico programma deliberato nelle linee
essenziali per conseguire un determinato fine, richiedendosi, in proposito, la progettazione ab origine di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro
caratteristiche essenziali. Deve, dunque, escludersi che una tale progettazione possa essere presunta sulla sola base del medesimo rapporto di contrasto esistente tra i soggetti passivi e l’autore degli illeciti, come pure sulla base dell’identità o dell’analogia dei
singoli reati o di un generico contesto delittuoso, ovvero ancora della unicità della motivazione o del fine ultimo perseguito, occorrendo invece che il requisito in questione trovi dimostrazione in specifici elementi atti a far fondatamente ritenere che tutti gli episodi siano frutto realmente di una originaria ideazione e determinazione volitiva (Cass.,
sez. II, 19-4-2004, n. 18037).
•Il solo dato costituito dalla omogeneità dei reati da taluno commessi in tempi diversi è
certamente indicativo di una particolare attitudine del soggetto a commettere azioni criminose della medesima indole e, quindi, rivelatore di una accentuata pericolosità sociale, ma non vale a far ritenere, in mancanza di altri e più sostanziali elementi, che i detti reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo. (Fattispecie in cui, sulla base di tale principio, è stata ritenuta legittima l’esclusione
del vincolo della continuazione, chiesto in sede esecutiva) (Cass., sez.I, 1-6-1992, n.
2529).
•In tema di reato continuato, tra gl’indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non
possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene
protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo;
anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici purché siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo
che cementa le singole violazioni (Cass., sez. I, 20-4-2000, n. 1587).
Pareri di diritto penale
Artt. 416 e 81 cod. pen.
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Costruire un parere motivato - Penale
•Può essere legittimamente affermata l’appartenenza nel tempo di un soggetto a associazioni diverse del medesimo stampo e negato il vincolo di continuazione tra le successive adesioni, pur ritenendosi attribuibile al soggetto, senza soluzione di continuità, la qualifica propria degli appartenenti al quel genere di associazioni criminose (nel caso di
specie quella di camorrista) poiché non è sufficiente a radicare il vincolo della continuazione un generico piano di attività delinquenziale che si manifesta nel proposito di adesione e sodalizi di futura costituzione (Cass., sez.V, 20-12-1996, n. 10930).
•L’istituto della continuazione è inapplicabile ad una pluralità di associazioni per delinquere formatesi in relazione a situazioni, nuove ed impreviste, essendo queste incompatibili con l’identità del diniego criminoso che caratterizza l’istituto medesimo. (Nella
specie, relativa a rigetto di ricorso, la S.C. ha osservato che la sentenza impugnata aveva chiarito «come la dinamicità della formazione dei gruppi associativi dipendesse dalla novità delle situazioni che di volta in volta si creavano, alle quali i vari soggetti reagivano aggregandosi in modo diverso ed inserendo nelle varie associazioni soggetti nuovi») (Cass., sez. I, 21-2-1994, n. 2167).
•In tema di continuazione, qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi criminosi, è possibile ravvisare il vincolo della continuazione tra i reati associativi solo a seguito di una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro
concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione, non essendo a tal fine sufficiente la valutazione della natura
permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo di reato e delle condotte
criminose (Cass., sez. VI, 22-2-2016, n. 6851).
Dottrina
[Mantovani, Fiandaca-musco, Garofoli]
Il fenomeno del reato continuato è sicuramente quello più frequente nella prassi applicativa e rinviene la sua peculiarità nella circostanza che si è in presenza di una pluralità
di azioni od omissioni (la qual cosa lo riavvicinerebbe alla figura del concorso materiale)
unificate nell’ambito di un medesimo disegno criminoso.
La funzione dell’istituto è quella di introdurre un trattamento sanzionatorio più mite, che
trova la sua ratio nel fatto che nel reato continuato la riprovevolezza complessiva dell’agente viene ritenuta minore rispetto ai normali casi di concorso di reati, proprio in funzione
dell’unitaria risoluzione programmatica. Nel reato continuato, il legame temporale è indice dell’esistenza di un legame logico tra i reati dal momento che esiste una stretta interdipendenza tra la persistenza dell’identico disegno criminoso ed il decorrere del tempo. Per
cui, più ampio sarà l’intervallo di tempo tra le condotte illecite e più ardua risulterà la prova del loro inserimento in un identico disegno criminoso.
Il candidato, raccolto il materiale utile, rediga uno schema
del parere e lo segua per non perdere memoria della ricerca fatta.
Vincolo della continuazione e reato associativo
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SCHEMA DI SVOLGIMENTO DEL PARERE
1.Il reato continuato: profili disciplinari.
3.Vincolo della continuazione fra le diverse partecipazioni: la sentenza
risolutiva della questione (Cass. 6851/2016): «In tema di continuazione, qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi criminosi, è possibile ravvisare il vincolo della continuazione tra
i reati associativi solo a seguito di una specifica indagine sulla natura
dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità
nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla
loro formazione, non essendo a tal fine sufficiente la valutazione della natura permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo
di reato e delle condotte criminose».
• Caso de quo: le diverse condotte di partecipazione al reato di Tizio potranno essere avvinte dal vincolo della continuazione.
Seguendo lo schema redatto, il candidato rediga il parere,
evidenziando la giusta soluzione, specificando altresì la linea difensiva più utile alla persona assistita.
Pareri di diritto penale
2.L’associazione per delinquere, con particolare riferimento alla condotta partecipativa.
Costruire un parere motivato - Penale
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PARERE
1. La formulazione del richiesto parere presuppone una sintetica analisi
dell’istituto la cui applicabilità al caso concreto costituisce oggetto di valutazione: la continuazione fra reati.
L’art. 81, comma secondo, c.p. definisce come reato continuato la condotta di «…chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno
criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di
diverse disposizioni di legge».
Il reato continuato, insieme a quello abituale e permanente, si colloca
nell’ampia categoria dei reati di durata per il cui perfezionamento e consumazione è necessario che la condotta sia reiterata nel tempo con o senza soluzione di continuità, in modo omogeneo o eterogeneo, a seconda che vi
sia la violazione reiterata della stessa norma penale o di una pluralità di norme. Tuttavia, nell’ambito di questa categoria, il reato continuato ha una propria autonomia dovuta alla disciplina particolare che lo considera a certi fini
reato unico, ad altri fini reato plurimo, a seconda delle conseguenze favorevoli al reo.
Quanto alla sua natura giuridica, dunque, è ormai consolidato l’orientamento che configura il reato continuato quale particolare ipotesi di concorso di reati che va considerato unitariamente solo per gli effetti espressamente previsti dalla legge, come quelli relativi alla determinazione della pena,
mentre, per tutti gli altri effetti non espressamente previsti, la considerazione unitaria può essere ammessa esclusivamente a condizione che garantisca
un risultato favorevole al reo (Cass., 20 luglio 2010, n. 28192).
Gli elementi costitutivi dell’istituto, desumibili dalla lettera della legge sono
la pluralità di azioni od omissioni concretanti ciascuna di esse un reato autonomo, un medesimo disegno criminoso e la pluralità di violazioni della
stessa o di diverse disposizioni di legge.
La pluralità di condotte va valutata in senso giuridico e non naturalistico,
in quanto può accadere che azioni od omissioni, che sul piano materiale appaiono plurime, diano luogo ad una condotta unitaria sotto il profilo giuridico. In tal senso, in dottrina, si fa l’esempio del furto compiuto con ripetuti atti d’impossessamento in tempi contigui: qui non si hanno più reati in
continuazione tra loro, bensì un unico delitto di furto.
Le condotte unificate possono essere realizzate anche in tempi diversi. Su
questo ultimo inciso si è appuntato un dibattito legato, peraltro, alla stessa
ratio dell’istituto. Ci si è chiesti se la possibile realizzazione non contestuale
dei reati avesse spostato il fondamento dell’istituto dal legame cronologico
a quello logico anche in virtù della centralità attribuita al carattere della medesimezza del disegno criminoso.
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Altro problema è rappresentato dal contenuto da attribuire all’espressione medesimo disegno criminoso che costituisce il fulcro del reato continuato.
Secondo un primo indirizzo, l’espressione andrebbe tradotta come «rappresentazione mentale anticipata dei singoli reati posti in essere dall’agente», a cui si affiancherebbero una rappresentazione psichica dell’intera attività delittuosa e la volizione dei singoli episodi criminosi. Tuttavia, la sola rappresentazione e deliberazione generica dell’attività delittuosa non potrebbe,
comunque ritenersi sufficiente ed andrebbe sempre accompagnata da una
programmazione iniziale delle modalità e dei mezzi di esecuzione del reato.
Tale ultima attività non dovrebbe comunque spingersi fino al punto di un’analitica anticipata individuazione di tutti i segmenti realizzativi delle singole
condotte considerate. Ciò eviterebbe, tra l’altro, l’erronea identificazione del
reato continuato con la tendenza generale di un soggetto a porre in essere
determinati reati.
In tal senso, ha precisato la Cassazione che la mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie, anche se dovuta ad una determinata scelta di vita, o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare
nel tempo secondo contingenti opportunità, non integra di per sé l’unitaria
e anticipata ideazione di più condotte costituenti illecito penale, già insieme
presenti alla mente del reo, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81,
secondo comma, c.p. (Cass. 24-9-2014, n. 39222).
Si ritiene, altresì, che l’accertamento circa l’esistenza di un medesimo disegno criminoso tra più reati, tra i quali si asserisca il vincolo di continuazione, deve essere riferito al momento dell’ideazione e deliberazione del primo dei reati in senso cronologico, a nulla rilevando che questo abbia avuto
una reiterazione in più episodi nel corso di un ampio arco di tempo (Cass.
5-4-2011, n. 13611). Peraltro, l’elevato arco di tempo all’interno del quale
sono stati commessi più reati non esime il giudice dall’onere di verificare se
la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi
di reato connessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto
degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale (in tal senso, Cass. 26-3-2013, n. 14348).
Di contro, altra dottrina ritiene che tale generica rappresentazione e programmazione dei reati debba essere caratterizzata dall’unicità dello scopo,
verso il quale le singole condotte dovrebbero essere funzionalmente protese. Tale ultimo orientamento trova accoglimento nella più recente giurisprudenza della Cassazione, la quale afferma, fra l’altro, che l’unicità del disegno
criminoso può essere riconosciuta anche tra reati non omogenei, in quanto
la continuazione dei reati ha fondamento prevalentemente psicologico, essendo sufficiente che i diversi reati siano unificati dalla presenza di un ele-
Pareri di diritto penale
Vincolo della continuazione e reato associativo
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Costruire un parere motivato - Penale
mento finalistico, ossia dall’unicità dello scopo che l’agente si è prefissato, il
quale è rinvenibile anche dal contesto logico-temporale di commissione dei
reati (Cass. 6-4-2006, n. 12357).
Si è, infine, affermato sul tema che l’identità del disegno criminoso è apprezzabile sulla base degli elementi costituiti dalla distanza cronologica tra
i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, essendo a tal fine sufficiente la sola constatazione di alcuni
soltanto di essi, purché significativi (Cass.12-3-2013, n. 11564).
A prescindere, comunque, dall’impostazione preferita il dato comune è
che alla programmazione dell’attività delittuosa si aggiunge la volizione delle singole condotte criminose, la qual cosa rende ictu oculi incompatibile la
disciplina del reato continuato con i reati colposi (si veda anche Cass. 17-22012, n. 6579).
La continuazione può essere, invece, ravvisata tra contravvenzioni, ma
solo se l’elemento soggettivo ad esse comune sia il dolo e non la colpa, atteso che la richiesta unicità del disegno criminoso è di natura intellettiva e
consiste, come visto, nella ideazione contemporanea di più azioni antigiuridiche programmate nelle loro linee essenziali (in tal senso, fra le altre, Cass.
5-3-2013, n. 10235).
Terzo ed ultimo elemento costitutivo è rappresentato dalla pluralità delle violazioni di legge. L’originaria formulazione dell’art. 81, comma secondo,
c.p. restringeva l’ambito di operatività del reato continuato alle violazioni
della stessa disposizione di legge, anche se di diversa gravità. Il D.L. 11-41974, n. 99 (conv. dalla L. 7-6-74, n. 220) lo ha esteso anche alle violazioni
di disposizioni di legge diverse, tant’è che in dottrina si è proposta, da alcuni, la distinzione tra reato continuato omogeneo e reato continuato eterogeneo o, da altri, si ritiene più corretto parlare di continuazione di reati.
Il regime sanzionatorio previsto per il concorso formale di reati e per il
reato continuato è quello del cd. cumulo giuridico che, a mente dell’art.
81, c.p. comporta l’applicazione della pena «…che dovrebbe infliggersi per la
violazione più grave aumentata sino al triplo».
Peraltro, ai sensi del comma 3 dell’art. 81, sia in caso di concorso formale che di reato continuato, la pena non potrà mai essere superiore a quella
che sarebbe applicabile in base al cumulo materiale delle pene stabilite per
i reati in concorso formale o in continuazione.
2. Merita un cenno disciplinare, altresì, la fattispecie di reato di cui è chiamato a rispondere il nostro asserito cliente, prevista e punita dall’art.416 c.p.,
sotto la rubrica «Associazione per delinquere». Rinviando a quanto sopra riportato per la lettera della relativa previsione, si puntualizza che il reato in
esame si realizza quando tre o più persone si associano allo scopo di com-
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mettere più delitti. Il reato sussiste per il solo fatto di partecipare all’associazione (come nel caso del nostro asserito cliente).
L’«associazione» ai fini della norma non richiede una organizzazione con
distribuzione specifica dei compiti e delle singole mansioni criminose, ma è
sufficiente quel minimo di organizzazione, anche soltanto rudimentale, che
serva ad attuare la continuità del programma criminoso avuto di mira; non
è necessaria neppure l’esistenza di capi, promotori, costitutori ed organizzatori, che è considerata dal legislatore come una mera eventualità, né la preventiva distribuzione delle mansioni e l’esistenza di un luogo abituale di riunione, la predisposizione dei mezzi e la divisione del ricavato tra gli associati.
Perché l’associazione, come sopra delineata, possa considerarsi rilevante
ai fini della norma in esame, occorre che ad essa partecipino almeno tre persone, ciascuna delle quali sia consapevole di far parte di un tale sodalizio.
Nel computo rientrano gli incapaci di intendere e di volere (a norma dell’art.
112 c.p. anche i non imputabili rientrano fra i concorrenti).
La condotta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 416 c.p. varia a seconda del ruolo rivestito dall’autore nell’ambito della compagine associativa, il
quale, se interno alla struttura, assume lo status di partecipe a tutti gli effetti. Un intervento a Sezioni Unite della Suprema Corte ha identificato il «partecipe» in colui che, risultato inserito stabilmente ed organicamente nella
struttura organizzativa, non solo è ma fa parte della stessa, ricoprendo l’effettivo ruolo in cui viene immesso ed assolvendo ai compiti assegnati affinché l’associazione raggiunga i suoi scopo (Cass., Sez. Un., n. 33748/2005).
La partecipazione, in definitiva, si traduce nel contributo, ancorché minimo,
in qualsiasi forma e contenuto, alla vita della struttura associativa in vista dello scopo prefissato. È quindi configurabile una forma di partecipazione anche se il soggetto si sia limitato a prestare la propria adesione, con l’impegno di mettere a disposizione la propria opera. La giurisprudenza ritiene non
necessario che il contributo offerto dall’associato sia indispensabile, potendo essere anche minimo e di qualsiasi forma o contenuto (Cass. 11-2-2010,
n. 5424). Inoltre l’affermazione di responsabilità per il reato di associazione
a delinquere non presuppone la commissione dei reati-fine, essendo sufficienti l’esistenza della struttura organizzativa ed il carattere criminoso del
programma (Cass. 25-5-2010, n. 19702).
3. Tutto ciò premesso, è possibile procedere alla formulazione del richiesto parere, partendo da una valutazione della rilevanza penale della condotta posta in essere da Tizio. I sodalizi a cui Tizio decide di aderire sono tipiche associazioni per delinquere, finalizzate ad attività estorsiva. Come anticipato, è configurabile una forma di partecipazione anche se il soggetto si
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Costruire un parere motivato - Penale
sia limitato a prestare la propria adesione, con l’impegno di mettere a disposizione la propria opera (come nel nostro caso, in cui Tizio si offre, in ciascuna compagine, di prestare la propria opera di «convincimento» nelle azioni estorsive dei diversi sodalizi).
Inoltre è irrilevante che ancora Tizio non abbia posto in essere alcuna
estorsione, in quanto, come appena detto, il reato non presuppone la commissione dei reati-fine, essendo sufficienti l’esistenza della struttura organizzativa ed il carattere criminoso del programma.
Assumendo per dimostrata la rilevanza penale della condotta di Tizio a
titolo di partecipazione ad associazione per delinquere, ci si chiede se le relative condotte, poste in essere in tempi diversi, possano essere avvinte dal
vincolo della continuazione. Orbene, sulla possibilità di ritenere sussistente
tale vincolo in presenza di plurime condotte partecipative ad associazione
criminosa, appare illuminante fare riferimento ad un significativo pronunciamento della Cassazione, chiamata ad esprimersi in relazione ad una vicenda in tutto analoga a quella appena esposta (sentenza 6851/2016) In tale
asserto giurisprudenziale, si afferma (richiamando altra consolidata giurisprudenza in materia) che l’istituto della continuazione si fonda sul riconoscimento del medesimo disegno criminoso, che deve individuarsi nella anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti
nella mente del reo nella loro specificità. Tale unitaria ideazione può essere
ricostruita sulla base di una serie di indici, quali la distanza cronologica tra
i fatti, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo — onde accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni. Peraltro va rimarcato che quando la continuazione deve essere valutata con riferimento a più reati associativi, il vincolo della continuazione non può essere ravvisato in relazione a sodalizi formatisi in presenza di situazioni nuove e impreviste, incompatibili con l’identità del disegno criminoso.
Correlativamente ben può disconoscersi il vincolo della continuazione a
fronte della riconosciuta appartenenza da parte di un soggetto ad associazioni diverse del medesimo stampo, non essendo sufficiente a radicare il vincolo un generico piano di attività delinquenziale che si manifesta nel proposito di adesione a sodalizi di futura costituzione. Ciò significa, a ben guardare, che per ravvisare il vincolo della continuazione, a fronte della riconosciuta appartenenza di un determinato soggetto a sodalizi criminosi, non è sufficiente far riferimento alla tipologia del reato e all’omogeneità della condotta, ma occorre specificamente indagare sulla natura dei vari sodalizi, sulla
concreta operatività degli stessi e sulla loro continuità nel tempo, in modo
che possa dirsi che l’iniziale deliberazione criminosa ha trovato espressione
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Alla luce di tale asserto giurisprudenziale, può ritenersi ammissibile il
vincolo della continuazione fra le varie condotte partecipative poste in
essere da Tizio, la cui iniziale deliberazione criminosa ha trovato espressione concreta proprio nella sua progressiva adesione ad una pluralità di organizzazioni (peraltro oggetto specifico del suo disegno criminoso, unitamente alla tempistica di adesione ed ai caratteri del suo contributo alla realizzazione dei reati-fine).
Pareri di diritto penale
concreta nella progressiva appartenenza di un soggetto ad una pluralità di
organizzazioni.
In tale quadro assume peculiare rilievo sia il profilo della contiguità temporale sia quello della individuazione della compagine che concorre alla formazione del sodalizio, elementi certamente idonei a disvelare l’originaria unicità del momento deliberativo e il suo passaggio alla concreta fase attuativa.
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