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I progressi nel trattamento della degenerazione maculare

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I progressi nel trattamento della degenerazione maculare
Foglio di
informazione
professionale
Nr. 198
gennaio 2010
I progressi nel trattamento della degenerazione maculare
La degenerazione maculare legata all’età (DMLE) è una malattia che colpisce la macula, la parte centrale della retina
predisposta alla visione centrale nitida (necessaria, ad es. per leggere, scrivere, guidare). Nelle fasi iniziali, le
modificazioni degenerative di alcune strutture adiacenti situate al di sotto della macula rendono difficoltoso il
passaggio di ossigeno e di nutrienti alla retina. I detriti cellulari derivanti dai fotorecettori che normalmente vengono
metabolizzati ed eliminati dall’epitelio pigmentato (lo strato sottostante l’epitelio sensoriale) si accumulano a formare
depositi. Tali accumuli, noti come “drusen”, all’esame del fondo oculare appaiono come piccole macchie giallastre;
la presenza di queste lesioni rimane spesso asintomatica. In una parte dei pazienti la condizione progredisce verso due
forme avanzate distinte. La DMLE “secca”, meno invalidante, è caratterizzata da una atrofia della retina che può
essere limitata o diffusa (atrofia geografica); in quest’ultimo caso può condurre ad una graduale perdita della vista
nell’arco di 5-10 anni. Nella degenerazione maculare ”essudativa”si formano nuovi vasi sanguigni in prossimità o al
centro della macula dai quali fuoriescono fluidi e sangue; questo processo neovascolare essudativo si espande
rapidamente. I ripetuti episodi emorragici e di riparazione tessutale danno luogo ad una cicatrice che entro 2 anni
provoca una grave compromissione della capacità visiva.
La diffusione
Rara nella popolazione nera, la DMLE è la principale causa di perdita grave della visione centrale (cecità legale)
dopo i 65 anni nei paesi industrializzati e la terza in ordine di frequenza nel mondo. Col progressivo aumento
dell’aspettativa di vita la malattia è destinata ad aumentare. In Italia le persone con DMLE sono oltre 750.000, con
63-91.000 nuovi casi all’anno. In Europa, il 2,3% degli ultra65enni è affetto da degenerazione maculare senile
essudativa (responsabile del 90% dei casi di cecità).
I sintomi
Nelle fasi iniziali, specie se è interessato un solo occhio, la malattia non provoca sintomi apprezzabili. Si può notare
una riduzione della visione centrale, uno sfocamento delle parole nella lettura, un’area scura o vuota al centro del
campo visivo. La distorsione delle immagini è un segno premonitore della forma essudativa. Gli esami diagnostici
fondamentali sono l’esame del fondo oculare e la fluorangiografia.
Le cause
L’eziologia della DMLE non è nota con esattezza. Nel 50% circa dei casi esiste una predisposizione genetica. Il fumo
rappresenta un importante fattore di rischio: i fumatori manifestano la malattia molto prima dei non fumatori e
corrono un rischio doppio di sviluppare la forma neovascolare. Altri fattori di rischio modificabili sono l’ipertensione,
il diabete e l’ipercolesterolemia. Meno chiare appaiono le correlazioni con l’esposizione prolungata alla luce, il
fototipo “chiaro” e l’obesità.
Dieta e integratori
E’ stato anche ipotizzato che un danno cellulare ossidativo possa favorire lo sviluppo della malattia. La retina ha un
consumo di ossigeno elevato, contiene acidi grassi polinsaturi che si ossidano facilmente ed è esposta ad intense
radiazioni luminose. E’ quindi particolarmente suscettibile al danno cellulare causato dai radicali liberi e da altri
prodotti del metabolismo dell’ossigeno. In teoria, le vitamine A, C ed E, betacarotene, luteina e zeaxantina potrebbero
ridurre il rischio di DMLE attraverso un’azione antiossidante diretta. Anche lo zinco potrebbe contribuire all’effetto
antiossidante, essendo l’oligoelemento presente in maggior quantità nell’occhio e fungendo da cofattore per gli
enzimi antiossidanti. Una revisione sistematica di 9 studi prospettici di coorte e 3 studi randomizzati, controllati
(RCT) dimostra, tuttavia, che i vari antiossidanti non sono di alcuna utilità nel prevenire la degenerazione maculare
senile. L’analisi per sottogruppi di uno dei 3 RCT (l’Age-Related Eye Disease Study, AREDS) indica che una
associazione specifica di alte dosi di zinco e vitamine antiossidanti (formula AREDS: 80mg di zinco, 500mg di
vitamina C, 400unità di vitamina E, 15mg di betacarotene) potrebbe rallentare in qualche modo la progressione della
malattia già presente. Questa associazione si ritrova solo in alcuni prodotti come ad es. l’Ocuvite PreserVision che,
per coprire la posologia AREDS richiede 4 compresse al giorno (in luogo della ½ consigliata dalla scheda tecnica).
INTESA – Via Provina, 3 – 38123 Ravina (TN) – Tel. 0461 901111 – [email protected]
La formula AREDS non può essere utilizzata dai fumatori e dagli ex-fumatori: due studi hanno evidenziato un
aumento di cancro polmonare nei fumatori che assumono betacarotene. Non è raccomandabile l’impiego di
integratori con diversa composizione né l’impiego di supplementi nutrizionali può essere esteso alle persone che non
presentano segni di degenerazione maculare. In base ai dati di studi epidemiologici, chi ha problemi oculari dovrebbe
avere una dieta sana e bilanciata, particolarmente ricca in vitamine antiossidanti e carotenoidi di origine
esclusivamente alimentare, presenti nelle uova e nei vegetali verdi. Inoltre, i fumatori dovrebbero essere incoraggiati
a smettere.
Un recente RCT di ampie dimensioni (n=5.442), durato 7,3 anni, suggerisce che in donne ad alto rischio
cardiovascolare, la combinazione di acido folico (2,5mg/die), vitamina B6 (50mg/die) e B12 (1mg/die) può ridurre
l’insorgenza della malattia. Si tratta di un risultato senz’altro interessante, ma non sappiamo se sia valido per soggetti
diversi da quelli arruolati nello studio (es. uomini oppure donne senza fattori di rischio cardiovascolare). Un altro
dato da considerare è che bisogna trattare 100 donne con le caratteristiche di quelle arruolate per evitare, in 7 anni, la
comparsa di una degenerazione maculare.
I trattamenti sinora disponibili
La forma “secca” di DMLE, associata a lento deterioramento della visione centrale, non dispone di trattamenti né
curativi né preventivi. Per la DMLE “essudativa”, le possibilità terapeutiche sino a qualche anno fa erano limitate
alla terapia fotodinamica [si inietta in vena una sostanza fotosensibile (verteporfina) che va a depositarsi nei vasi
neoformati e viene attivata da un laser non termico. La reazione che ne consegue porta alla occlusione dei vasi
anomali]. La terapia fotodinamica è in grado di stabilizzare la perdita della visione centrale in una minoranza dei
pazienti, ma non previene la formazione di nuovi vasi e richiede più sedute ad intervalli di 2-3 mesi.
I farmaci anti-angiogenetici
Il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) è una proteina endogena che stimola i processi biologici che
iniziano e mantengono lo sviluppo, sia fisiologico che patologico, di nuovi vasi sanguigni, regolano la permeabilità
dei vasi e l’infiammazione. L’osservazione che in modelli animali l’iperespressione del VEGF nell’epitelio
pigmentato della retina è sufficiente per causare neovascolarizzazione ha aperto la strada all’impiego di farmaci
diretti contro il VEGF, definiti “anti-angiogenetici, alcuni già impiegati in campo oncologico [la crescita tumorale e
lo sviluppo di metastasi dipendono dalla formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) che è controllata da vari
fattori di crescita compreso il VEGF]. Per il trattamento della DMLE neovascolare sono ora disponibili due farmaci
inibitori del VEGF, il pegaptanib (Macugen) e il ranibizumab (Lucentis). Un terzo, il bevacizumab (Avastin), è
registrato solo per il trattamento del carcinoma metastatico del colon-retto e della mammella, ma è il primo farmaco
sperimentato nel trattamento della DMLE. Gli anti-VEGF vengono somministrati tramite iniezione intravitreale:
pegatanib ogni 6 settimane; ranibizumab (e bevacizumab) ogni mese; attualmente, dopo una fase di induzione di 3
dosi si fa seguire un regime di trattamento “al bisogno” basato su valutazioni cliniche e strumentali. Gli studi
controllati, randomizzati (RCT) indicano che ad un anno i due farmaci prevengono la progressione del
deterioramento visivo nella maggior parte dei pazienti, con un recupero della capacità visiva persa. Per ranibizumab il
miglioramento della vista è dimostrato in modo convincente; per pegaptanib le prove sono meno solide. La maggior
parte dei loro effetti indesiderati è correlata alla procedura di iniezione. Relativamente alla capacità visiva, la
complicanza più pericolosa è rappresentata dall’endoftalmite settica; negli studi l’incidenza era compresa tra 0,7% e
4,7%, ma nell’esperienza clinica risulta più bassa (circa 1/1.000). Gli effetti sistemici come gli eventi tromboembolici
o emorragici sembrano rari. Dopo la prima segnalazione dell’effetto terapeutico del bevacizumab nel trattamento
della DME essudativa, l’utilizzo off-label del farmaco si è enormemente diffuso, risultando a tutt’oggi il trattamento
più eseguito a livello internazionale. Dal 2005, 33 studi evidenziano in modo chiaro e inequivocabile la sua efficacia,
ma gli studi maggiori sono numericamente limitati (3 RCT) e non rendono possibile la valutazione oggettiva dei
benefici rispetto a controlli rappresentativi. L’analisi della sicurezza di bevacizumab a livello oculare e sistemico
mostra risultati sovrapponibili a pegaptanib e ranibizumab. Questi nuovi farmaci sono costosi. Macugen ha un prezzo
(ex factory) di 753 euro a confezione monodose; Lucentis di 1.100 euro a fiala; Avastin nella confezione da 100 mg
ha un prezzo di 322 euro; le unità posologiche allestite nelle farmacie ospedaliere per uso oculistico hanno invece un
costo unitario inferiore a 30 euro.
A cura del dott. Mauro Miselli
Bibliografia
VEGF Inhibition Study In Ocular Neovascolarization Clinical Trial Group. Year 2 efficacy results of 2 RCTs of pegaptanib for neovascular macular
degeneration. Ophtalmology 2006;113:1508. Rosenfeld PJ et al. Ranibizumab for neovascular age-related macular degeneration. N Engl J Med 2006;
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26:295. Chong WT. Dietary antioxidants and primary prevention of age related macular degeneration: systematic review and meta-analysis. BMJ 2007;
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Women’s Antioxidant and Folic Acid Cardiovascular Study. Arch Intern Med 2009; 169:335.
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