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Anche il laboratorio “sbaglia”

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Anche il laboratorio “sbaglia”
Anche il laboratorio “sbaglia”
P
er molto tempo l’attenzione prevalente dei laboratori di analisi si è orientata sulla necessità di minimizzare l’errore analitico.
Conseguentemente, la qualità di un laboratorio era identificata con capacità di fornire risultati precisi (ripetibili) ed
accurati.
Oggi, la disponibilità di sistemi analitici e metodologie
sempre più avanzate ha drasticamente migliorato la qualità analitica, riducendo cause e frequenza di errore.
In realtà, la misurazione della imprecisione (scostamento
dei valori misurati dal valore medio) e della inaccuratezza
(scostamento dei valori misurati dal “valore vero”), pur
restando criterio fondamentale di valutazione, non descrive la qualità complessivamente espressa da una struttura
di diagnostica di laboratorio nella erogazione delle prestazioni che, ricordiamo, hanno inizio nel momento in cui
l’utente accede al servizio e si concludono con l’utilizzo
clinico del referto.
stazione, intesa come controllo di tutte le fasi del processo che concorrono alla formazione del risultato finale e
del suo corretto utilizzo.
L’errore di laboratorio, pertanto, deve essere visto essenzialmente come “errore totale” (interessa tutte le fasi del
processo) il cui controllo concorre a determinare la qualità del servizio erogato.
L’errore totale di laboratorio è stato rappresentato come
una clessidra (Fig. 1) la cui strozzatura centrale racchiude gli errori analitici, a bassa frequenza; le espansioni
superiore ed inferiore comprendono invece le fasi di richiesta di esame e preanalitica e, rispettivamente, postanalitiche e di utilizzo clinico che, complessivamente, determinano il 99% degli errori di laboratorio.
L’errore di laboratorio ha spesso rilevanti conseguenze
nella gestione di un paziente:
Può indurre iter diagnostici non necessari (TAC,
RNM, ulteriori indagini di laboratorio, visite specialistiche, manovre invasive);
Può determinare modificazioni della terapia o l’avvio
di terapie incongrue.
La diversa incidenza delle tipologie di errore prima richiamate porta alla ovvia valutazione che le fasi pre e post
analitiche, quelle di formulazione della richiesta e di utilizzo clinico del dato di laboratorio devono rappresentare i
punti strategici di intervento e di miglioramento.
L’adozione di idonei sistemi di qualità che impongano il
monitoraggio delle fasi pre e post analitiche, il miglioramento delle modalità di comunicazione tra clinici e patologi, l’adozione di protocolli che garantiscano appropriatezza delle richieste, l’aggiornamento e la formazione
continua sono sicuramente gli strumenti utili per trasformare l’errore di laboratorio in opportunità di miglioramento e di crescita professionale. (a.l.g.)
Sommario
ANCHE IL LABORATORIO “SBAGLIA”
1
EMATURIA: COME DIAGNOSTICARLA
2
ANALISI DEL SEDIMENTO URINARIO: C’È QUAL-
3
COSA DI NUOVO
Fig.1 : Errori di laboratorio nelle fasi di attività
Negli ultimi anni, infatti, si è sempre più affermato per le
strutture che erogano prestazioni sanitarie il concetto di
“Qualità Totale (TQ)”: l’attenzione si è cioè spostata dalla
nozione di “qualità del risultato” (la qualità del dato analitico, nel caso del laboratorio) a quella di qualità della pre-
I SEGRETI DELL’ OSSO
4
DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA AMENORREA E
MENOPAUSA: DOSARE SOLO L’ FSH
5
SOMATOTROPO, SOMATOMEDINE E SOMATOSTA- 6
TINA
LA MALATTIA CELIACA
1
7
LabNews
EMATURIA: COME DIAGNOSTICARLA
I
l riscontro occasionale di ematuria va affrontato considerando che una certa percentuale
di persone (10/25% in relazione al sesso ed
all’età) presenta una “microematuria” costante o variabile, senza alcuna causa apparente (questa eliminazione fisiologica corrisponde in media a 1-2 eritrociti per
campo microscopico: ingrandimento 400x)). Tuttavia si
può presumere che la maggior parte delle patologie
che si manifestano con ematuria franca siano state
precedute da un periodo di microematuria asintomatica, durante il quale la malattia poteva essere trattata
con maggior successo. Poiché non esiste un netto
spartiacque tra l’ematuria fisiologica e quella patologica, utili possono risultare alcuni criteri per definire una
ematuria che necessita di ulteriori approfondimenti
diagnostici :
• rilievo di oltre 3 eritrociti per campo microscopico
in almeno due campioni di urine su tre, prelevati in
assenza di febbre e con corrette modalità di raccolta (getto intermedio della prima urina del mattino in assenza nelle 12/48 ore precedenti di sforzi
fisici o sessuali e di manovre diagnostiche strumentali traumatiche)
• osservazione anche di un solo episodio di marcata
microematuria (50-100 eritrociti per campo);
• episodio di ematuria macroscopica.
Prima di porre diagnosi di ematuria è necessario escludere una pigmenturia dovuta ad emoglobina, a
porfiria, a mioglobina, oppure a farmaci
(es.Rifampicina,Primachina etc.) o alimenti (rabarbaro,
barbabietole) ed escludere una contaminazione proveniente dalla vagina o ulcere del meato.
L’eta’ del paziente è un criterio importante per indirizzare il clinico nelle ulteriori indagini. Si potrebbero pertanto suddividere i pazienti con ematuria in 3 fasce di età:
Pazienti sopra i 40 anni
L’ematuria microscopica che compare nei soggetti più
anziani deve essere trattata con lo stesso impegno di
un’ematuria franca. I primi accertamenti dovrebbero
comprendere l’urinocoltura, l’esame citologico e la cistoscopia.
Il 20% circa dei casi è affetto da patologie importanti e
la metà almeno di esse sono neoplasie maligne. I pa-
zienti a cui non viene posta diagnosi vanno tenuti
sotto controllo; circa il 2% svilupperà lesioni significative entro 3 anni.
Il carcinoma a cellule di transizione dell’urotelio, il carcinoma del parenchima renale, il cancro della prostata
sono le neoplasie di maggior riscontro. Nella storia di
queste malattie l’ematuria franca rappresenta quasi
sempre un evento tardivo.
Altra frequente causa di microematuria è rappresentata
dal trattamento con anticoagulanti specialmente in soggetti con anomalie urologiche precedentemente non
riconosciute.
E’ stato constatato inoltre che l’ematuria microscopica
è significativamente più frequente nei forti fumatori.
Pazienti al di sotto dei 40 anni
Per tali soggetti e’ utile un esame clinico completo che
comprenda anche la misurazione della pressione arteriosa ed eventuali accertamenti che possano escludere una cistite batterica (più frequente nella donna), una
prostatite cronica (specialmente se l’ematuria è ricorrente), una glomerulonefrite, una calcolosi.
In assenza di cause riconosciute e di un quadro clinico
suggestivo, l’ematuria si definisce “essenziale o benigna”.
In questo gruppo solo il 2% dei pazienti presenta una
patologia neoplastica.
Una ulteriore causa di ematuria è rappresentata dallo
sforzo prolungato (atleti fondisti per esempio). In questi
casi l’ematuria scompare dopo adeguato periodo di
riposo (48 ore circa).
Spesso dopo un trauma si può avere ematuria e talvolta l’intensità risulta sproporzionata rispetto alla lesione
o può persistere più a lungo di quanto ci si possa aspettare; in tal caso si può sospettare una lesione non
riconosciuta delle vie urinarie.
Bambini
Molto di rado l’ematuria è legata ad una patologia di
interesse chirurgico, pertanto l’indagine dovrebbe essere diretta verso il parenchima renale. La causa più
frquente è costituita da una glomerulonefrite. In questo
(Continua a pagina 3)
Tabella 1: Cause di falsi positivi e falsi negativi nella ricerca di sangue con strisce reattive
FALSI NEGATIVI
FALSI POSITIVI
ERRORI DI ANALISI
CHIMICA
INTERFERENZE
Attività perossidasica dei contaminanti
batterici (ritardo nell’esecuzione dell’esame)
Contaminazione con agenti ossidanti
(ipoclorito es.)
Urine molto alcaline
Emoglobinuria
Cistinuria
Mioglobinuria
Coloranti azoici (colorano la striscia
di blu)
2
Urine ad elevato
peso specifico
Acido Ascorbico
urinario >0.28mmol/L
PSEUDOEMATURIE
Mestruazioni
Lesioni del prepuzio e del
meato
Esplorazione rettale recente
LabNews
(Continua da pagina 2)
Metodiche Diagnostiche
caso e’ importante la valutazione della morfologia dei
globuli rossi; quelli di origine “non-glomerulare” sono
tipicamente conformati a disco con l’emoglobina uniformemente distribuita; quelli di provenienza glomerulare
sono frammentati, piccoli, distorti per le alterazioni morfologiche legate al passaggio attraverso la membrana
basale del glomerulo; inoltre spesso nel sedimento si
osservano dei cilindri.
Raramente nel bambino l’infezione delle vie urinarie si
limita a causare ematuria microscopica di solito vi e’
anche un certo grado di piuria
Nei bambini affetti da drepanocitosi spesso si può avere micro o macroematuria.
Come nell’adulto, spesso l’ematuria può essere di tipo
benigno.
Il nefroblastoma, tumore tipico dell’infanzia (rappresenta
il 13% delle neoplasie maligne non leucemiche) è accompagnato quasi sempre da un sanguinamento macroscopico.
Test con strisce reattive: la striscia reattiva che viene
comunemente usata per la ricerca del sangue nelle
urine misura di fatto l’emoglobina: è leggermente più
sensibile all’emoglobina libera rispetto a quella presente
nei globuli rossi.
Il test si basa sull’attività perossidasi-simile dell’emoglobina che catalizza la reazione tra il diisopropil-benzene
diidroperossido e la 3,3',5,5'-’tetrametilbenzidina. Il colore che si sviluppa va dall’arancio al verde fino al blu per
quantità elevate di sangue.Il metodo si dimostra molto
accurato tuttavia in alcuni casi si possono avere risultati
falsamente positivi o negativi come riportato in tabella
1.
Per tali motivi la striscia reattiva è utilizzabile solo come
test orientativo di screening .
La corretta diagnosi di microematuria si basa esclusivamente sulla osservazione diretta, citofluorimetrica (vedi
nota successiva) o microscopica di globuli rossi nell’urina; l’osservazione in contrasto di fase permette inoltre
una valutazione accurata della morfologia eritrocitaria.
Per concludere, di fronte ad un soggetto che non lamenta sintomi chiari, ma che presenta una microematuria persistente e’ necesario indagare i seguenti aspetti: intensità e momento di comparsa dell’ematuria; natura di eventuali sintomi, anche se sfumati; familiarità e
abitudini di vita; patologie e terapie concomitantI.
(C.R.J.Woodhouse Valutazione dell’ematuria microscopica Medico paziente 1994 p332-339)
(R. Ragni l’ematuria: problemi diagnostici Medico e
paziente 1999 p17) (a.l.)
Analisi del sedimento urinario: c’è qualcosa di nuovo
Attualmente il nostro Laboratorio si avvale per la lettura del sedimento urinario di un analizzatore automatico che
abbinando il principio della citofluorimetria con la rilevazione impedenziometrica, è in grado di identificare direttamente e contare i seguenti elementi: globuli rossi, globuli bianchi, cellule epiteliali, batteri, miceti, cristalli e spermatozoi.
Grazie a questo strumento la maggioranza delle urine
Elementi conteggiati Elementi osservati al
ELEMENTI
viene processata in modo automatico, lasciando alla
al citofluorimetro
microscopio ottico
lettura al microscopio solo i campioni che necessitano
0-70/uL
assenti
di approfondimento o ulteriori indagini.
CELL. EPITELIA80-159.9/uL
disc. numero
Tale lettura ha permesso la riduzione di quelle variabili
LI
160-319.99/uL
numerose
preanalitiche ed analitiche che rendono poco accurata
e scarsamente riproducibile la quantificazione microsco2.5-4.99/uL
rari
CILINDRI
pica di elementi figurati urinari.
8-14.99/uL
disc. numero
I risultati ottenuti nella lettura citofluorimetrica del sedimento urinario risultano più accurati e riproducibili, con
CRISTALLI
60-99.9/uL
disc. numero
risultati qualitativamente paragonabili a quelli raggiunti
in ematologia con i sistemi automatici di conteggio. Il
0-20/uL
assenti
dato che appare potenzialmente di maggior interesse
40-79.99/uL
10-20/campo
clinico è rappresentato dalla espressione dei risultati dei
EMAZIE
160-319.99/uL
40-80/campo
diversi conteggi in valore assoluto/unità di volume anziché in elementi/campo. In quest’ultimo caso, infatti,
0-20/uL
assenti
grande è l’influenza delle variabili preanalitiche ed anali80-159.99/uL
20-40/campo
LEUCOCITI
tiche prima citate e vi è, inoltre, un discreto grado di
160-319.99/uL
40-80/campo
soggettività nella espressione del risultato (10/15; 40/80
700-999.9/uL
alcuni
elementi/campo etc.).
FLORA BATTE1000-2999.9/uL
numerosi
A tale proposito si allega tabella derivante da uno stuRICA
dio condotto nel nostro Laboratorio, che illustra alcuni
0-19.9/uL
assenti
esempi di dati di correlazione fra il n° di elementi conMICETI
60-99.9/uL
disc. numero
teggiati dallo strumento e il n° di elementi rilevati al microscopio ottico (400x). (a.l.)
3
LabNews
I segreti dell’osso
L
o studio dei
marcatori
biochimici del
metabolismo osseo ha avuto, in tempi recenti un
notevole impulso a causa della aumentata incidenza
delle patologie ossee.
Tra queste, l’osteoporosi assume particolare rilievo
anche per gli elevati costi sociali che comporta.
La diagnostica biochimica dell’osteoporosi utilizza
attualmente numerosi marcatori: fosfatasi acida tartrato resistente, cross-link piridinolinici, Ntelopeptide del collagene di tipo I, cross-laps, idrossiprolina, galattosio-idrossilisina. Tale fatto rende
necessaria un’attenta valutazione del tipo di informazione offerta dai “nuovi marcatori” rispetto a quelli
tradizionali.
In questo contesto si inserisce il confronto tra determinazione dell’idrossiprolina urinaria, test molto noto
e diffuso e i cross-link piridinolinici, marcatori di più
recente introduzione.
scono impiegare campioni di urine delle prime 2 ore
del mattino, dopo un digiuno di 12 ore per eliminare
interferenze alimentari. Inoltre i risultati ottenuti dovrebbero essere corretti per le dimensioni corporee
e riportati alla concentrazione di creatinina .
I cross-link, sono piccole molecole che stabiliscono
legami covalenti tra le catene alfa di una stessa molecola o di due molecole diverse di collagene, rendendo in tal modo stabile la matrice extracellulare e
consentendo di ottenere la resistenza meccanica
tipica dei tessuti connettivi.
La formazione dei cross-link avviene a partire da
due aminoacidi: la lisina e l’idrossilisina i quali, attraverso una serie di reazioni, danno luogo a composti
complessi detti cross-link non riducibili, tipici del
collagene maturo.
Matrice:
urina
Campione: Prima o seconda urina della
mattina, raccolta prima delle
10
L’idrossiprolina (HYP), aminoacido derivante dalla
idrossilazione post-traslazionale della prolina durante la sintesi del collagene, è presente in questo tessuto in elevata percentuale (circa il 13%) .Durante il
processo di degradazione della matrice organica
dell’osso l’HYP viene immessa in circolo ed è presente nel sangue come aminoacido libero o contenuta in piccoli peptidi.
L’organismo non riutilizza per la sintesi di nuovo
collagene l’ HYP rilasciata e quindi la molecola libera viene degradata dal fegato o escreta nelle urine;
la forma legata a peptide passa direttamente nelle
urine.
Alcune considerazioni limitano l’uso del dosaggio
dell’HYP urinaria, tuttora richiesto presso il nostro
laboratorio come unico marker del riassorbimento
osseo:
¾Scarsa specificità: l’HYP è presente non solo
nel collagene di tipo I tipico dell’osso ma anche in
altri tipi di collagene. Generalmente si assume che
l’HYP dosata sia di origine scheletrica in quanto il
turn-over osseo è superiore a quello dei tessuti molli. Tale assunzione, vista la diffusione dell’HYP nei
vari tessuti diversi dall’osso, appare piuttosto approssimativa.
¾Interferenze alimentari: l’HYP presente negli
alimenti viene assorbita rapidamente ed escreta
nelle urine . E’ noto che per un accurato dosaggio
dell’HYP è necessario sottoporre il paziente ad una
dieta a basso contenuto di collagene per i 3 giorni
precedenti la raccolta.
¾Problematiche di tipo analitico: nelle urine l’HYP
si ritrova in piccole quantità; infatti solo il 10-25%
della quantità rilasciata dalla degradazione del collagene osseo. Inoltre i campioni di urina devono
essere sottoposti ad idrolisi acida, pretrattamento
reso necessario dal fatto che il 90% dell’HYP presente nelle urine è in forma di piccoli peptidi.
¾Diverse modalità di raccolta: generalmente per
questo dosaggio vengono impiegate le urine delle
24 ore, comportando un notevole disagio da parte
dei pazienti non ospedalizzati, alcuni clinici preferi-
Molecola
dosata:
Desossipiridinolina (DPD)
Unità di
misura:
Nanomoli di DPD / millimoli
di creatinina
Valori atte- Donne: 3.0-7.4 nM DPD/
si:
mM creatinina
Uomini: 2.3-5.4 nM DPD/
mM creatinina
Impiego:
Marcatore del riassorbimento osseo
Applicazio- Malattie caratterizzate da un
ni cliniche: aumentato turn-over osseo:
•
Morbo di Paget
•
Osteopatia secondaria a carcinomi
•
Osteodistrofia renale
•
Osteomalacia
•
Ipertiroidismo
•
Ipercalcemia da immobilizzazione
•
Malattie del tessuto
connettivo
•
Osteoporosi
Nei vari tessuti possono prevalere i cross-link derivanti dalla lisina o quelli derivanti dall’idrossilisina,
così per esempio mentre i primi si trovano soprattutto nella cute i secondi sono concentrati a livello dell’osso e della cartilagine. I cross-link maturi che si
formano dall’idrossilisina sono la Piridinolina (PYR)
e la Deossipiridinolina (DPD), entrambi caratterizzati da una struttura contenente un anello piridinolinico.
(Continua a pagina 5)
4
LabNews
Diagnosi differenziale tra amenorrea e menopausa:
dosare solo l’FSH?
(Continua da pagina 4)
La PYR e la DPD hanno una diversa distribuzione
nel corpo umano.
La PYR è il cross-link predominante ed è presente
nel collagene di tipo I dell’osso, nel collagene di
tipo II della cartilagine, nei tendini e, in piccole
quantità, nel connettivo dell’aorta, del polmone e
dell’intestino.
La DPD invece è quasi del tutto specifica per il
collagene di tipo I dell’osso e della dentina. Nell’uomo il rapporto PYR/DPD a livello dell’osso è
costante ed è uguale a 3.5:1. I cross-link piridinolinici sono liberati durante il processo di degradazione del collagene e sono eliminati con le urine.
La maggior parte degli studi ha riportato che il 40%
dei cross-link piridinolinici si trova in forma libera
nelle urine.
Alcune proprietà caratteristiche di queste molecole fanno sì che esse possano essere considerate
come marcatori specifici del riassorbimento osseo:
¾vengono rilasciate solo dal collagene maturo
extracellulare, quindi il loro dosaggio è dotato di
elevata specificità (la comparabilità tra il rapporto
presente nell’osso e quello presente nelle urine
suggerisce che i cross-link dosati nelle urine siano
prevalentemente di origine ossea);
¾non sono soggette a metabolismo;
¾non vengono riutilizzate nella sintesi del collagene;
¾la quantità dosata nelle urine non è influenzata da fattori dietetici;
¾sono dosabili direttamente e con metodologia
di facile esecuzione, senza necessità di pretrattamento del campione..
Nell’ambito dei cross-link piridinolinici la DPD, pur
essendo presente in concentrazione minore rispetto alla PYR, è più specifica per l’osso rispetto alla
PYR.
La DPD è quindi è considerata un buon predittore
del riassorbimento osseo e, nel caso della osteoporosi, correla inversamente con la densità minerale ossea (BMD). Infatti, la combinazione BMD +
dosaggio della DPD migliora la capacità di predire
chi è ad elevato rischio di fratture.
Il dosaggio della DPD è di utilità clinica nella valutazione della risposta alla terapia farmacologica
nel trattamento dell’osteoporosi: la riduzione di
DPD urinaria viene utilizzata per confermare la
compliance al trattamento previsto.
Concludendo: da studi recenti e da esperienze
compiute negli ultimi anni in ambito clinico si può
affermare che esistono le condizioni per eliminare
il dosaggio di un marcatore obsoleto e notoriamente poco specifico, quindi inaccurato, come l’idrossiprolina, e di introdurre nella pratica di laboratorio
la determinazione di analiti, quali i cross-link piridinolinici, nella fattispecie la DPD, le cui caratteristiche ormai note consentono di ottenere indubbi
vantaggi ai fini clinici. (a.p.)
G
li ormoni della fertilità maggiormente utilizzati
per la discriminazione tra amenorrea secondaria e menopausa sono l’ormone follicolo stimolante (FSH), l’ormone luteinizzante (LH) e il 17-betaestradiolo (E2).
Non sempre però l’aggravio di costi comportato da indagini multiple è giustificato da una maggiore efficienza diagnostica.
Sulla base di queste considerazioni è stato condotto recentemente uno studio (A. Chiecchio, et al. L’efficacia dei
saggi ormonali nella diagnosi di amenorrea e menopausa.
Ligand Assay 3:275-277, 1998), che ci è parso interessante e del quale qui riportiamo i punti salienti.
Gli autori hanno valutato in 111 donne in menopausa e
111 donne amenorroiche (con stato clinicamente accertato in entrambi i casi) i livelli di FSH, LH ed E2, calcolando
con procedimenti statistici i valori di efficienza diagnostica
per ognuno dei tre dosaggi, da soli o variamente combinati.
Da ricordare che per efficienza diagnostica si intende la
proporzione di classificazioni totali clinicamente corrette.
La potenzialità di discriminazione tra amenorrea e menopausa associata ai tre dosaggi, utilizzati singolarmente o
in combinazione, è descritta dai valori medi di efficienza
diagnostica riportati in tabella.
Si può notare come nessuna delle combinazioni di dosaggi risulta significativamente superiore a quella del singolo
dosaggio per FSH.
Lo studio è considerato ancora preliminare (gli autori si
ripromettono di ampliare la casistica e di approfondire
ulteriormente l’analisi statistica dei dati), ma sembra sia
già possibile concludere che l’aggiunta al dosaggio per
FSH di quello per E2 o per LH, o di entrambi i dosaggi,
non porta ad un incremento di efficacia nella diagnosi. Se
un’informazione sulla concentrazione di E2 circolante potrebbe rivelarsi utile al ginecologo per stabilire un’eventuale terapia sostitutiva, l’aumento di costo comportato dal
dosaggio per LH non sembra comunque giustificabile.
(m.b.)
Efficienza diagnostica dei dosaggi singoli e combinati nella discriminazione amenorrea-menopausa
Dosaggio
Classificazioni corrette totali %
FSH
96
LH
86
E2
72
FSH+LH
94
FSH+E2
97
LH+E2
92
FSH+LH+E2
96
Modalità di richiesta ed importo del ticket:
DPD urinaria o cross-link
£ 30.000
5
LabNews
SOMATOTROPO, SOMATOMEDINE E SOMATOSTATINA
I
stica di laboratorio del deficit di somatotropo è basata principalmente sulla valutazione della capacità
secretoria dell’ipofisi per il Gh ed utilizza test funzionali o prove di stimolo, che si dividono in:
1. test fisiologici: concentrazione integrata, esercizio fisico, picco del sonno
2. test farmacologici: carico di glucosio, stress
ipoglicemico insulinico, infusione di aminoacidi
(arginina), stimolo con clonidina, stimolo con
GHRH
La più frequente patologia dovuta a iperincrezione
di Gh, è rappresentata dall’acromegalia(AM), la cui
diagnosi è principalmente clinica.
Nell’AM l’azione del Gh, prodotto in eccesso da un
adenoma ipofisario, si esplica dopo la fusione delle
epifisi ossee.
La iperincrezione di Gh precedente la chiusura
epifisaria determina gigantismo.
Poiché il somatotropo è un ormone che tipicamente aumenta in condizioni di stress o di affaticamento fisico, nella diagnosi di adenoma Gh secernente
occorre effettuare i prelievi per i dosaggi con il paziente in condizione di riposo ed in almeno tre periodi differenti della giornata; valori costantemente
elevati sono da considerarsi patologici; risposte
paradosse a test di stimolo (TRH o GnRH) e/o l’assenza del picco notturno di Gh, confermano la
diagnosi.
Il dosaggio della IGF1 risulta di fondamentale importanza in entrambi i gruppi di patologie: un unico
valore basale di IGF1 dà una indicazione sulla produzione di Gh nelle 24/36 ore precedenti, indipendentemente dalla pulsatilità dell’ormone somatotropo.
In bambini privi di Gh ed in terapia con l’ormone, i
livelli di IGF1 correlano, almeno inizialmente, con
la velocità di crescita; livelli plasmatici di IGF1 vengono pertanto utilizzati per monitorare a breve, ma
anche a lungo termine, la risposta in vivo al trattamento con Gh
Praticamente tutti i pazienti affetti da acromegalia
presentano livelli elevati di IGF1, che sembrano
correlare con l’attività della malattia anche in pazienti con livelli di Gh inferiori a 10 ng/ml; il dosaggio dell’ IGF1 viene utilizzato nel follow-up post
chirurgico, in quanto 2/3 giorni dopo asportazione
dell’adenoma i valori di IGF1 devono rientrare nel
range di normalità, e durante terapia medica, con
valori di IGF1 che devono mantenersi costantemente bassi. (c.f.)
l Gh (Growth hormone) o somatotropo,
molecola proteica sintetizzata dalle cellule somatotrope dell’ipofisi anteriore, presenta livelli plasmatici elevati durante la vita fetale
e nei primi giorni dopo la nascita.
Successivamente tali valori diminuiscono per mantenersi bassi durante tutta l’infanzia e aumentare
poi notevolmente durante la pubertà e l’adolescenza (anche per lo stimolo degli ormoni gonadici).
Nella fase adolescenziale tardiva si ha nuovamente un calo di Gh che rimane costante fino ai trenta
anni, per poi diminuire in maniera progressiva.
Il 90% delle azioni del Gh sulle cartilagini di accrescimento, che permettono all’osso di allungarsi,
sono mediate dall’ IGF1 (Insulin Like Growth Factor 1), polipeptide del gruppo delle Somatomedine,
prodotto ubiquitariamente a livello tissutale in seguito a stimolazione di recettori specifici di membranada parte del Gh stesso; altri effetti prettamente metabolici del Gh sono iperglicemizzanti e
lipolitici.
Il Gh è caratterizzato da secrezione pulsatile, con
periodicità da tre a quattro ore, determinata dalla
produzione alternata a livello ipotalamico di GHRH
(Growth Hormone Releasing Hormone), ad azione
stimolante, e somatostatina, ad azione inibente; i
sistemi adrenergico e colinergico, a loro volta, regolano la produzione di questi neuroormoni: sia il
Gh che l’IGF1 esercitano lo stesso tipo di autoregolazione a livello ipotalamico.
La patologia Gh dipendente si suddivide in
•
Malattie da deficit di Gh
•
Malattie da ipersecrezione di Gh
Tra le patologie del primo gruppo, che determinano
deficit o ritardo staturale, ricordiamo:
1.deficit assoluto di Gh per difetto congenito di
sintesi o per lesioni nella regione ipotalamo/
ipofisaria, con valori di ormone basali e dopo stimolo costantemente bassi
2.difetto di secrezione parziale, con deficit di
produzione spontanea di ormone ma risposta ai
test funzionali di stimolazione farmacologica
3.“ipopituitarismo transitorio familiare” o “ipofisi
pigra” con risposta adeguata a test di stimolazione
fisiologica
4.difetto di recettori per Gh, caratteristico del
nanismo di Laron, con elevatissimi valori di Gh e
livelli di IGF1 estremamente bassi
5.difetto di IGF1, per cause generalmente genenetiche, caratteristico dei pigmei
Dal momento che valori bassi di Gh possono essere presenti anche nei soggetti normali, la diagno-
6
LabNews
LA MALATTIA CELIACA
L
a malattia celiaca od enteropatia da glutine è
una condizione caratterizzata da intolleranza
permanente al glutine, complesso proteico contenuto nel frumento nell’orzo e nella segale. L’organo bersaglio è la mucosa dell’intestino tenue.
Clinicamente questa malattia è accompagnata da manifestazioni molto diverse come l’anemia, l’osteoporosi o l’epilessia.
Lo sviluppo della celiachia dipende da due fattori: il primo,endogeno, che è la predisposizione genetica ed il secondo, esogeno, costituito dal glutine. Il glutine comprende
una famiglia di proteine vegetali, le prolammine, contenute
nel frumento (gliadine), nell’orzo (ordeine) e nella segale
(secaline); è ancora dubbia la tossicità legata alle prolammine presenti nell’avena (avenine).
La predisposizione all’intolleranza al glutine viene trasmessa geneticamente attraverso il Sistema Maggiore di Istocompatibilità (HLA).
L’azione patogena del glutine nei soggetti geneticamente
predisposti è svolta a livello della mucosa intestinale grazie
anche all’azione dell’enzima transglutaminasi ed alla conseguente produzione di autoanticorpi antimucosa intestinale.
In passato la celiachia era considerata una malattia tipica
dell’infanzia. La forma classica di celiachia esordisce duran-
DIAGNOSI DI LABORATORIO:
•
Il dosaggio degli anticorpi antigliadina (AGA) di
classe IgG e IgA ha rappresentato per anni il test
maggiormente utilizzato nella diagnosi di celiachia.
La scarsa sensibilità e specificità ne sconsigliano
attualmente l’uso.
•
La ricerca in immunofluorescenza degli anticorpi
antiendomisio (EMA) rappresenta un test di buona
sensibilità e di elevata specificità.
•
Il dosaggio immunoenzimatico degli anticorpi anti
transglutaminasi (tTG) è di recente introduzione.
L’iter diagnostico consigliato, in caso di sospetta celiachia
è il seguente:
-screening con la ricerca degli EMA;
-conferma sierologica con il test della tTG;
-conferma bioptica.
te i primi anni di vita, generalmente dopo alcune settimane
o mesi dall’inizio di assunzione di cereali da parte del bam(Continua a pagina 8)
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LabNews
Orari per il pubblico
(Continua da pagina 7)
bino. I sintomi consistono in una diarrea cronica, rallentamento della crescita, inappetenza marcata e talora vomito.
L’introduzione di una dieta contenente cereali privi di glutine come riso o mais porta
nel giro di poche settimane alla scomparsa della sintomatologia conseguente ad una
completa normalizzazione della mucosa (celiachia tipica).
Accanto a questa forma si descrive una malattia “atipica”, che si manifesta tardivamente senza una chiara sintomatologia intestinale, ma con manifestazioni che interessano altri organi od apparati come ad esempio la bassa statura, l’anemia isolata o il
ritardo puberale.
La forma “silente” comprende i casi che vengono diagnosticati in modo occasionale a
seguito di accertamenti sierologici in soggetti che apparentemente non presentano
alcuna evidente sintomatologia. Esiste anche una forma “potenziale”, che è caratterizzata dalla positività ai marcatori sierologici (EMA) in presenza di un aspetto normale
della mucosa intestinale; questi casi devono essere seguiti nel tempo perchè possono
sviluppare, anche a distanza di anni, una tipica enteropatia celiaca.
Una volta stabilita con esattezza la presenza della malattia, il paziente viene avviato
alla dieta aglutinata che lo condurrà nel giro di alcuni mesi ad un totale stato di benessere.
La risposta alla dieta necessita di essere verificata anche con dati di laboratorio, che
suggeriscano non solo che i principali parametri nutrizionali si siano normalizzati, ma
anche che la funzione globale dell’intestino sia ripristinata. In passato veniva utilizzato
un test semplice e non invasivo quale il test allo xilosio che è però poco sensibile e
specifico. Oggi allo scopo si usa il dosaggio degli EMA, o il test della tTG anche se non
esiste una correlazione lineare tra aumento degli anticorpi circolanti e severità del danno della mucosa intestinale e quindi una loro negatività non necessariamente implica
una perfetta normalità dei villi intestinali. Pertanto, se si vuole documentare il completo
ritorno alla norma della mucosa intestinale è ancora indispensabile la biopsia intestinale. (p.p.
Prelievi Poliambulatorio:
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Tel 223014
Fax 223355
Dalle 10.30 alle 18.30
Modalità di richiesta ed importo del ticket
EMA
AGA
AGA G
tGT
antiendomisio
antigliadina IgA
antigliadina IgG
transglutaminasi
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£ 22.100
£ 22.100
£ 22.100
ESAMI NON PIU’ ESEGUITI
hanno collaborato:
Antonio La Gioia
Maria Bombara
Carlo Falciani
Antonella Leoni
Cinzia Martinelli
Angela Matteucci
Adriana Palla
Patrizia Petricci
Gerardina Russo
Fabrizio Torsi
Gabriele Turelli
Laboratorio di
Patologia Clinica
Viale Alfieri 36
57100 Livorno
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Alfa 1 antitripsina
C1q esterasi
Proteina legante il retinolo
APO E
Alfa 1 microglobulina
CIC
APO A
Lp(a)
Alfa 2 macroglobulina
Sottoclassi IgG
APO B
Idrossiprolina
Alcuni degli esami sovraelencati, pur mantenendo una loro validità clinica in alcune
particolari condizioni, a causa della bassa
richiesta e del relativo alto costo, non soddisfanno il requisito di buon rapporto costo/beneficio.
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Fiorentina
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Dalle 7.30 alle 13
Distretto Stagno
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Dalle 11 alle 12
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