Comments
Transcript
LA SVOLTA PRAGMATICA - Lettere e Filosofia
LA SVOLTA PRAGMATICA: LA TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI LA CONVERSAZIONE Filosofie della Comunicazione AA 2013-2014 Paolo: “Ciao, sono Paolo e tu?” Francesca: “Io no” Paolo: “Scusa, sai dov’è Piazza Duomo?” Francesca: “Certo che lo so!” Paolo: “C’è un ladro in biblioteca!!” Francesca: “Ah sì? E che legge?” Paolo: “Che cosa stai suonando?” (rivolto a Francesca che, di fronte a lui, sta suonando il piano) Francesca: “Il piano” Da: Bianchi, C. (2003: 3) COMPETENZA PRAGMATICA Cosa non ha funzionato? Francesca I. Ha ben compreso il significato letterale (Competenza semantica tradizionale) II. Ha ben compreso la composizione sintattica (Competenza sintattica) III. Sembra NON CAPIRE L’USO che Paolo fa delle frasi (Competenza pragmatica) TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI SPEECH ACT THEORY Distinzione fra il significato di un enunciato e il modo in cui l'enunciato è usato: la sua forza (FREGE Begriffsschrift,1879; Der Gedanke,1918) Il proferimento di un enunciato può essere considerato come l'esecuzione di un atto [K. BÜHLER, Sprachtheorie (1934); A. GARDINER, Theory of Speech and Language, (1932)] + FUNZIONI del linguaggio K. BÜHLER (1934); R. JAKOBSON, Linguistics and Poetics, (1960); HALLIDAY (1975) DUE POSSIBILI SENSI DELLA PRAGMATICA INFLUENZA DEL CONTESTO SULLA PAROLA Modo in cui il contesto ci permette di definire il contenuto degli enunciati che usiamo Es. “Il problema di Paolo sono i calcoli” INFLUENZA DELLA PAROLA SUL CONTESTO: PARLARE = AGIRE Capacità degli enunciati che usiamo (il cui contenuto ci è evidente) di agire sul contesto: modificazione di stati di cose. Dimensione sociale del linguaggio (atti regolati da norme, convenzioni o consuetudini) Varietà degli usi discorsivi: affermazioni, ordini, domande, minacce etc… ORIGINI DELLA PRAGMATICA Filosofia del linguaggio ideale G. Frege (1848-1925), B. Russell (1872-1970), G. E. Moore (1873-1958), ‘primo’ L. Wittgenstein (1889-1951), A. Tarski (1902-1983) (differenze teoriche più o meno profonde) Paradigma semantico dominante Linguaggio formale per la scienza (evoca la Characteristica universalis leibniziana), privo dell’equivocità e delle imperfezioni del linguaggio ordinario Forma linguistica = Forma logica Identità pensiero/linguaggio Nel lavoro scientifico e filosofico deve essere sostituito al ‘pericoloso’ linguaggio ordinario. L’uso teorico e scientifico: precede e fonda l’uso dialogico/discorsivo/comunicativo della lingua Viene privilegiata la dimensione descrittiva e rappresentativa del linguaggio: una frase rappresenta uno stato di cose ed è vera/falsa a seconda che lo stato di cose sia/non sia realizzato nel mondo. Il significato letterale è considerato prioritario rispetto al significato figurato (‘anomalia’). Si ignorano fatti linguistico-cognitivi essenziali, come la deissi, l’ironia, la metafora (‘anomalie’). TUTTAVIA…. G. FREGE, Ideografia (1879) Principio di contestualità (linguistica e situazionale) Senso e riferimento non sono indipendenti dall’USO. “Ora sta nevicando”; “Ieri ero molto stanca”… Distinzione tra SENSO FORZA (assertoria) Pensiero espresso dall’enunciato, contenuto concettuale Modo in cui l’enunciato viene usato: “Vieni?”; “Vieni!!” ORIGINI DELLA PRAGMATICA Filosofia del linguaggio ordinario ‘Secondo’ L. Wittgenstein (Blue and Brown Books, 1933-35/ Ricerche filosofiche, 1953), J. Austin (1911-1960), P. Grice (1913-1988), P. Strawson (1919-2006) Frase Unità grammaticale, strumento utilizzato dal parlante (TYPE). Enunciato USO, realizzazione concreta della frase, in forma orale e scritta (TOKEN). Può essere vero o falso. Non serve esclusivamente a descrivere stati di cose (senso cognitivo), ma anche a compiere atti istituzionali e linguistici (senso pragmatico) ATTI LINGUISTICI (SPEECH ACTS) • J. L. Austin, How to do Things with Words, pubblicato postumo (Oxford, 1962); raccolta di lezioni tenute ad Harvard. PARLARE È AGIRE Il riferimento all’USO di un enunciato implica considerare il CONTESTO, il SOGGETTO, l’ UDITORIO. PRIMA IMPORTANTE DISTINZIONE GIÀ IN AUSTIN (1950), TRUTH (IN: PHILOSOPHICAL PAPERS, 1970) Atti performativi Atti constativi Condizioni di ‘felicità’/ ‘infelicità’ Condizioni di verità/falsità “Vi dichiaro marito e moglie” “Il gatto è sul tappeto” “Battezzo questa nave G. Frege” “Mia cugina ha i capelli rossi” “Ti auguro Buone Feste” “La neve è bianca” DIFFERENZA TRA PERFORMATIVI E CONSTATIVI “L'enunciato constativo ha, sotto il nome tanto caro ai filosofi di asserzione, la proprietà di essere vero o falso. Al contrario, l'enunciato performativo non può mai essere né l'uno né l'altro […] serve a compiere un'azione. Formulare un enunciato di questo tipo equivale a compiere l'azione”. (J.L. Austin, 1962) IMPORTANTE! Nozione di asserzione: LINGUAGGIO = RAPPRESENTAZIONE L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus (1921): La proposizione è immagine di un possibile stato di cose. CRITERI GRAMMATICALI PER GLI ENUNCIATI PERFORMATIVI Verbo alla I persona singolare del presente indicativo attivo: “Io prometto..”; “Io battezzo..”; “Vi dichiaro marito e moglie”. Verbo alla II o III persona del presente indicativo passivo: “Siete autorizzati ad entrare..”; “I passeggeri sono pregati di..” Verbo impersonale: “Si consiglia di tenere i cani legati al guinzaglio”. Il proferimento può essere preceduto da “con ciò” (hereby). ‘Felicità’ del performativo ‘Infelicità’ del performativo Esiste una procedura convenzionale che include l'atto di pronunciare certe parole. “Io divorzio da te” In una società occidentale tale performativo sarebbe nullo. Persone/circostanze appropriate. “Sì, lo voglio” Detto in un bar alla presenza del cameriere Esecuzione completa e corretta della procedura. “Ok, se proprio insisti” Detto all’ufficiale o al sacerdote durante la cerimonia nuziale Intenzione (tale nozione sarà centrale in Strawson, Grice, Sperber e Wilson) “Mi congratulo con te per il successo” (In realtà provo invidiaINSINCERITÀ) Intenzione Testamento redatto sotto minaccia (ABUSO) Da: Bianchi, C. (2003: 59 ss.) RIPENSAMENTO DELLA DISTINZIONE PERFORMATIVO/CONSTATIVO - - Le condizioni di infelicità/felicità sono applicabili anche agli enunciati constativi “Il gatto è sul tappeto” (ma effettivamente non c’è e/o non l’ho realmente visto= INSINCERITÀ) “I figli di Giovanni sono calvi” (ma Giovanni non ha figli= secondo Austin si dovrebbe parlare piuttosto di NULLITÀ) Non esiste un criterio grammaticale distintivo: gli enunciati performativi possono assumere varie forme grammaticali: Performativo esplicito Performativo implicito “Ti ordino di andartene” “Vattene!” “La invito a prestare attenzione” “Attenzione!” “Le auguro buone vacanze” “Buone vacanze” DALL’ATTO PERFORMATIVO ALL'ATTO LINGUISTICO “Il gatto è sul letto” atto locutorio Proferire l’enunciato conformemente alle regole di una lingua (italiano) atto illocutorio Invitare a giocare col gatto; chiedere di farlo scendere; accusare di averlo fatto salire etc… atto perlocutorio Usare la frase come invito a giocare, ma ottenere l’effetto di speventare l’interlocutore allergico ai gatti (!) ATTO LOCUTORIO (LOCUTIONARY ACT) I. atto fonetico (proferire suoni) II. atto fatico (proferire enunciati conformi al lessico/ sintassi di una determinata lingua) atto rhetico: atto fatico provvisto di un senso e di un riferimento. III. NON è SUFFICIENTE a spiegare cosa accade quando comunichiamo, quando compiamo un atto linguistico, perché non include la dimensione contestuale. ATTO ILLOCUTORIO (illocutionary act) FORZA illocutoria “Eseguire un atto locutorio è […] anche e eo ipso eseguire un atto illocutorio […] Quindi nell'eseguire un atto locutorio eseguiremo anche un atto come: fare una domanda o rispondere a essa, fornire un'informazione o un'assicurazione o un avvertimento, annunciare un verdetto o un'intenzione, formulare una condanna, assegnare una nomina o fare un appello o una critica, compiere un'identificazione o dare una descrizione […] Fa una gran differenza se stavamo consigliando, o soltanto suggerendo, effettivamente ordinando, se stavamo promettendo in senso stretto oppure solo annunciando un'intenzione vaga”. How to Do Things with Words, Oxford 1962, tr. it.1987: 74). LOCUZIONE/ILLOCUZIONE TEORIA DELLE FORZE ILLOCUTORIE “Austin […] con terminologia ripresa da Frege usa l’espressione ‘forza illocutoria’ (illocutionary force) per riferirsi al fatto che nel proferire un certo enunciato viene compiuto un certo atto illocutorio. Egli contrappone così la forza al significato locutorio (Austin, 1962: 98-100)”. (Sbisà, 2009) ATTO PERLOCUTORIO (PERLOCUTIONARY ACT) Dire qualcosa può produrre effetti sui sentimenti, sui pensieri, sulle azioni dell’interlocutore. Prescinde dalle convenzioni (le conseguenze suscitate dall'atto linguistico non hanno connessione regolare con il tipo di forza illocutoria) Dipende dalle circostanze in cui viene compiuto. Può essere compiuto anche ricorrendo alla sola gestualità. Ex. “Esca per cortesia!” Forza illocutoria: la persona esce. Effetto perlocutorio: la persona si offende/arrabbia... CLASSIFICAZIONE DELLE FORZE ILLOCUTORIE DEGLI ENUNCIATI (AUSTIN, 1962) o Verdettivi: emissione di un verdetto o di una valutazione (analizzo, stimo, valuto…). o Esercitivi: esercitazione di poteri e diritti (es. designo, nomino, battezzo, dichiaro aperto, annuncio...). o Commissivi: promettere, assumersi un impegno (prometto, faccio voto, prendo l’impegno di…). o Comportativi: atteggiamenti e comportamento sociale (chiedo scusa, ringrazio, benedico…). o Espositivi: esposizione delle proprie opinioni, argomentare nel corso di discussioni (affermo, illustro, rispondo, descrivo…). CLASSIFICAZIONE DELLE FORZE ILLOCUTORIE “DIREZIONE DI ADATTAMENTO” (J. SEARLE 1975) o o o o o Rappresentativi: espressione delle proprie credenze sul mondo (asserire, concludere...); conformità delle parole al mondo. Dichiarativi: modificazione di stati del mondo (convenzioni, istituzioni/ruoli sociali); conformità bidirezionale: “le dichiarazioni cercano di far sí che linguaggio e mondo combacino”. Espressivi: espressione di sentimenti, stati psicologici (“Mi scuso”, “Ti ringrazio”….); non si riscontra adattamento. Direttivi: usati per indurre a fare/non fare qualcosa “Ti ordino”, “È vietato”…); conformità del mondo alle parole. Commissivi: impegno a fare qualcosa nel futuro (promettere, incaricarsi, scommettere….); conformità del mondo alle parole. PAUL GRICE (1913-1988) LA CRITICA AL “MODELLO DEL CODICE” L’idea alla base del MODELLO DEL CODICE è che un parlante compie un atto linguistico quando manifesta pubblicamente un’intenzione e l’atto ha successo quando quell’intenzione è riconosciuta dall’ascoltatore. Assunti teorici del modello del codice (come sviluppato nella teoria chomskiana): 1. Tutto ciò che vuole essere comunicato intenzionalmente deve essere codificato; 2. Le lingue sono codici che servono a svolgere le funzioni di codifica (produzione) e decodifica (comprensione); 3. Per ogni pensiero che si vuole comunicare linguisticamente è necessario che esista una frase identica a quel pensiero rispetto al contenuto (“linguaggio del pensiero”); 4. Teoria della mente modulare di Jerry Fodor (1983). Criticando questo modello, che è anche alla base della filosofia del linguaggio tradizionale, specie di area analitica, Grice opera una distinzione tra significato naturale e significato non naturale. Nel primo il rapporto tra il segno e l’oggetto cui si riferisce è naturale, non arbitrario e atemporale; siamo, cioè, nell’ambito della significazione (come in Quelle nuvole nere significano pioggia; Quelle macchie rosse significano rosolia). Nel secondo il rapporto è arbitrario e convenzionale e siamo nella sfera della comunicazione intenzionale (come in Il suono della campanella a scuola indica che la lezione è finita). SIGNIFICATO DELL’ENUNCIATO/DEL PARLANTE Grice distingue anche tra significato del parlante (speaker’s meaning, ciò che vuole dire il parlante) e significato dell’enunciato (utterance’s meaning, ciò che vogliono dire letteralmente le parole): nella conversazione le parole pronunciate dicono molto di più del loro significato letterale. La riduzione del significato all’intenzione del parlante permette di accettare espressioni apparentemente devianti sotto l’aspetto della letteralità (metafore e usi figurati in genere), a patto che l’interlocutore sia in grado di cogliere ciò che il parlante vuole effettivamente intendere. È possibile fare uso di significati occasionali, ma in generale il significato del parlante tende a conformarsi alle convenzioni vigenti in una comunità. La conversazione è una pratica messa in atto da agenti razionali, è un’impresa razionale di cooperazione. PRINCIPIO DI COOPERAZIONE E MASSIME Da ciò discende il principio di cooperazione: «Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato», che si articola in quattro massime della conversazione: 1) Massima della quantità Dai un contributo tanto informativo quanto è richiesto. Non dare un contributo più informativo di quanto è richiesto. 2) Massima della qualità Tenta di dare un contributo che sia vero. Non dire ciò che credi falso. Non dire ciò di cui non hai prove adeguate. 3) Massima della relazione Sii pertinente. 4) Massima del modo Sii perspicuo. Evita l’oscurità. Evita l’ambiguità. Sii breve. Sii ordinato nell’esposizione. IMPLICATURE CONVENZIONALI Non essendo regole tassative, le massime possono essere violate e allora gli interpreti, dando per scontato che il parlante stia cooperando, attiveranno delle procedure inferenziali per individuare il significato del parlante; procederanno, nei termini di Grice, sfruttando il meccanismo dell’implicatura. Le implicature convenzionali sono proposizioni associate stabilmente (cioè in ogni contesto) a determinate espressioni. es. 1. Giovanni è proprio testardo. Che vuoi farci, è sardo… Implicazione di senso comune: “I sardi sono testardi” es. 2. Ti ha detto così? Non ti fidare, è un politico. Implicazione di senso comune: “I politici non dicono la verità” IMPLICATURE CONVERSAZIONALI Sono le proposizioni che, in un determinato contesto, possono essere comunicate senza essere dette in modo esplicito, in funzione di certe convenzioni sociali. Es. 1. Es. 2 • A. «Andiamo al cinema?» • B. «Sono stanca» (Gianni De Michelis) Hai mai pensato di iscriverti al Partito socialista? • Domanda: andranno al cinema? Perché sì/no? (Massimo Cacciari) No, grazie, sono ricco di famiglia Cosa ha voluto dire Cacciari? CHE SUCCEDE QUANDO SI VIOLANO LE MASSIME? Violazione Massima A Violazione Massima C • Pippo: “Ti piace il corso di diritto?” • Tizio: “Sai se Gianni e Laura stanno insieme?” • Paola: “È un corso di diritto” • Caio: “Hai visto che bella giornata?” Cosa ha voluto dire Paola? Cosa ha voluto dire Caio? CONCLUSIONE PROVVISORIA • Le massime funzionano anche quando vengono violate; • Il loro potere comunicativo sta nel gioco fra la massima e le possibili implicature sollecitate dal contesto; • Per giocare il gioco delle massime è necessario mettere in funzione il principio di carità: quel che è stato detto deve avere un senso (l’inferenza logica: se… allora).