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- Villa Manin
da non perdere a Villa Manin il favoloso mallorqueño 2. Soli di notte è un esauriente “tutto Miró” dedicato ai suoi ventisette anni maiorchini, con duecentocinquanta tra dipinti, disegni, schizzi di progetti, stampe, un ampio complemento di oggetti della raccolta personale e una cinquantina di fotografie di grandi autori di Ennio Pouchard M 1. Modello dello studio di Miró a Maiorca progettato da Josep Lluis Sert 2. Firma di Joan Miró, dalla tela Paysage, 1974 1. 3. Joan Miró, Oiseaux dans un paysage 1974, cm 174x205, logo della mostra i piace il titolo Joan Miró-Soli di notte, scelto per la splendida rassegna di Villa Manin a passariano di Codroipo (a Sud-ovest di Udine), aperta fino al 3 aprile: evoca le mille fantasie dell’artista catalano, fatte di segni incrociati che forse sono stelle, e tondi rossi che nella mia suggestione possono essere soli; ma nel contempo parla del suo dichiarato bisogno di solitudine che spiega molto del suo carattere e del suo vissuto. di e con poesia. alcune delle opere qui esposte le avevo viste nell’inverno 1972-73 a roma, in una personale del Maestro - con lavori posteriori al 1956 - alla Galleria pogliani, che si trovava in via Gregoriana, proprio nell’edificio dove abitavo, ed ebbi l’inatteso privilegio di conoscere personalmente Miró. Mi meravigliai di trovarmi di fronte un uomo minuto, elegante, disponibile a concedere il suo tempo e interessato a quanto gli chiedevo, rimanendo sempre garbato e sorridente. Quello che lì vedevo era il lavoro di una mente giovane e mi stupiva che nelle opere realizzate verso gli ottant’anni mantenesse intatta un’ineffabile freschezza di pensiero e di mano. erano diverse dalle creazioni dei periodi precedenti, ma riconoscibilissime a prima vista, perché Miró rimane lo stesso anche quando cambia di contenuti e di stile. 3. EFFETTO ARTE 33 da non perdere Le MeTaMorFoSI negli anni Venti, a parigi, la sua pittura appare felice e se i segni tendono alla massima semplicità, è una semplicità sapiente, indirizzata verso una sintesi equilibrata. Già allora c’è tanta musica nelle sue creazioni, ispirate dai ritmi e timbri dei grandi innovatori del tempo nel suo fluire: da Schönberg a Webern, Maderna, Xenakis, Boulez, Stockhausen, Kagel. poi l’ondata surrealista lo travolge, tanto che per andré Breton diventa «il più surrealista di tutti noi». Quando, rientrato in Spagna, scoppia nel 1936 la guerra civile il suo spirito cambia e sfoga un dolore rabbioso in certe “pitture selvagge” dalle cromie incupite, in cui diversi critici hanno visto similitudini con i mostri goyeschi. ritornato a parigi se ne allontana appena la Francia viene occupata dai nazisti ritirandosi a Maiorca, nella casa di famiglia della madre. nel Cinquanta risente dell’influenza dell’espressionismo astratto di marca USa, avendo conosciuto pollock, Klein e de Kooning in america; e nel decennio successivo ad affascinarlo è la cultura giapponese per sollecitazioni metabolizzate in loco, a Tokio e Kyoto, in occasione della sua grande retrospettiva nel ’66: sono il profondo legame con la natura della filosofia Zen e la spiritualità insita nell’arte del disegno. all’epoca da dieci anni ormai si è stabilito definitivamente sull’isola materna, in una nuova casa a Son abrines, poco distante dal centro di palma. accanto si fa costruire uno studio, al quale rimane il nome dell’amico architetto, Sert, commisurato al concetto di spazi adeguati al suo genere di lavoro. Lì finalmente può avere sotto mano, per confrontarli con i nuovi, i dipinti rimasti in suo possesso, e forse da ciò gli arriva l’idea di dare un carattere diverso alle sue creazioni. Ma la prima reazione è negativa: brucia molti quadri e si dedica esclusivamente alla ceramica, con l’aiuto di un grande esperto, Llorens artigas, che gli rimarrà accanto per la vita. Solo nel ’60 se la sente di riprendere in mano i pennelli con furia creativa, i cui effetti si concentrano nell’energica durezza di inediti segni neri su cui la purezza dell’ambiente atavico e il calore-luce mediterraneo imprimono la loro forza. Gli serve ancora più respiro e nel 1959 compra una vicina costruzione secentesca d’origine marocchina che chiamano Son Boter. nel nuovo studio dà il via a una fase del suo lavoro espressivamente drammatica e gloriosa. dipinge tele enormi adagiate sul pavimento, stando in piedi per poter colare 4. THe reMarKaBLe MaLLorCan WorK oF Joan MIrÓ IS eXHIBITed In VILLa ManIn by ennio pouchard SoLI dI noTTe I really like the title “Joan Miró - Soli di notte” (Alone at night) that was chosen for this wonderful exposition held in the Villa Manin of Passariano di Codroipo (south-west of the city of Udine), open until the 3rd of April. This name calls to my mind the many fantastic images of the Catalan painter, made of marks that cross each other, maybe stars, and red circles that, in my imagination, could be suns. At the same time, it expresses a need for solitude that tells us a lot about 34 gennaio - febbraio 2016 his character and his life experience, about and with poetry. I had already seen some of these works in winter 1972-73 in Rome, at a solo exhibition organised at Galleria Pogliani, in via Gregoriana, in the same building where I lived, and that collected works he had produced after 1956.There, I had the unexpected pleasure to meet Joan Miró in person. I was surprised to discover he was a minute but elegant man, who was available to give me his time and interested in my questions, and who remained kind and serene at all times. What I saw there was the produce of a young mind, which was surprising since he made these works when he was around 80 years of age. He retained such an indescribable freshness in his 4. Scorcio della mostra, con Femme dans la nuit (o Femme attrappant un oiseau), 1973, pastelli, cm 265,5x185,5 5. Scorcio della mostra, con maquettes per le litografie della serie Els gossos, 1978 “ la creatività ha bisogno di un tempo equilibrato, coerente con il modo individuale di vivere il rapporto dialettico tra vita e morte ” 5. EFFETTO ARTE 35 da non perdere agevolmente il colore dal barattolo o stenderlo con pennellesse e stracci legati a lunghe aste di bambù; spesso appende le tele al muro ancora bagnate, per vederle completarsi da sole, con le colature. produce sculture, principalmente di bronzo, con l’uso ripetuto di calchi variamente assemblati, ma pure con materiali diversi: corde, cartoni, masonite, pezzi di ferro, attrezzi da lavoro o utensili per la casa, oltre, naturalmente, a quelli tradizionali, compreso il gesso, la ceramica e il cemento, e al tipico mosaico isolano di ceramiche spezzate. Ma forse più d’ogni cosa ama la grafica; ha alle spalle il Gran Premio per l’incisione della Biennale veneziana del 1954 e continua a patire la “Santa Inquietudine” legata all’aleatorietà dei processi di stampa, proprio perché di essi sapeva tutto. e finalmente a Maiorca può disporre di un laboratorio perfettamente attrezzato, dove esegue in proprio tutte le operazioni relative all’impressione delle lastre per le incisioni e le litografie, fino alla prova di stampa. È adeguatamente assistito da stampatori di vaglia: Jean Célestin, in particolare, che conosce tutto di lui e gli è complice, lo segue e aiuta, provvedendo infine alla tiratura. La MoSTra Soli di notte è un esauriente “tutto Miró” dedicato ai suoi ventisette anni maiorchini, con duecentocinquanta tra dipinti, disegni, schizzi di progetti, stampe, un ampio complemento di oggetti della raccolta personale e una cinquantina di fotografie di grandi autori (Brassaï, Bresson, Gomis, Halsmann, List, Mulas, Man ray e altri). Inaugurata sei mesi dopo la chiusura, alle Fruttiere di palazzo Tè di Mantova, di un’altra rassegna thinking and acting. These works were different from previous creations, but they were still identifiable at first sight, because Miró is always the same, even when he changes contents and style. THe MeTaMorpHoSeS His production from the 1920s, when he was living in Paris, appears serene. The lines strived to be as simple as possible, and this simplicity was supported by his knowledge, aiming to achieve a balanced synthesis. At the time, Miró already implemented a lot of music in his creations. His works followed the rhythms and the pitch of great innovators of the structure of tempo, such as Schönberg, Webern, Maderna, Xenakis, Boulez, Stockhausen and Kagel. Then he was taken over by the surrealist wave, hence becoming, as described by André Breton, 'the most surrealist among all of us'. Upon his return in Spain in 1936, the civil war started. His spirit changed and in 'savage paintings' in darker colour combinations he vented his raging pain. Critics recognised in these paintings some similarities with the monsters painted by Goya. He then returned to Paris, but decided to leave it as soon as France was occupied by the Nazis to retire in Mallorca, in his mother's family home. In 1950, after meeting Pollock, Klein and de Kooning in America, he was influenced by their abstract expressionism made in USA. In the following ten years, he became fascinated by Japanese culture, because of the input he absorbed locally visiting Tokio and Kyoto during his large scale retrospective exhibition in 1966.The deep link with nature of the Zen philosophy and the spirituality embedded in drawing as an art fascinated him. MIró had finally settled in his mother's island ten years before, in a new home in Son Abrines, not far from the centre of Palma. He had asked his friend and architect Josep Lluís Sert to build him a studio big enough to allow him to carry out his work. Finally he managed to keep his paintings at hand, to compare them with the new ones, and maybe this gave him the idea to change the character of his creations. The first results were negative. He burned many paintings and started focusing exclusively on ceramics, with the support of a great expert, Llorens Artigas, who remained on his side throughout his life. Only in 1960 he felt ready to start painting again, in a creative fury, and the effects of this could be recognised in the harsh energy of his “ un nero drammatico, un nero che è «il paradiso della pittura» e, nel medesimo tempo, la sua «ossessione», per le insondabili profondità che in sé rinserra, che sanno di silenzio e d’infinito black marks, that had gained a new strength from the surrounding untouched environment and the Mediterranean sun and heat. Mirò needed even more space, and in 1959 he bought a 1600 building, in Moroccan style, known as Son Boter. In his new studio, he started a new phase of his work, which was expressive, dramatic and glorious. He painted on huge canvases that he laid down on the floor, and standing up he poured the paint from a tin or spread it with pasting brushes and rags tied to long bamboo poles. He often hung the paintings from the wall when they were still wet, so that they completed themselves with dripping. He produced sculptures, mainly made in bronze, through castings that he assembled in different ways, and also with different kinds of materials: ropes, cardboard, Masonite, bits of iron, construction tools or housewares, as well as, of course, traditional materials including plaster, ceramics and cement and the typical island mosaic made with broken up ceramics. His greatest love, however, was probably graphic design. He received the Gran Premio award for engraving at the 1954 Venice Biennale and he suffered from a 'holy anxiety' due to the unpredictable character of the printing ” 7. prestigiosa, Miró - L’impulso creativo, la mostra è stata realizzata, come quella, con l’indispensabile contributo della Fundaciò pilar y Joan Mirò di Maiorca e curata da elvira Cámara López, che ne è la direttrice, qui affiancata, per conto dell’azienda Speciale Villa Manin e della regione Friuli Venezia Giulia, da Marco Minuz. Garantite, quindi, la genuinità e la qualità di tutto l’insieme, proveniente dalla fondazione, dagli eredi e da collezionisti privati: lo si ammiri con fiducia; e si presti pure attenzione alle proiezioni e alle fotografie in sui si vede Miró intento a spargere il suo gran nero, un nero drammatico, un nero che è «il paradiso della pittura» e, nel medesimo tempo, la sua «ossessione», per le insondabili profondità che in sé rinserra, che sanno di silenzio e d’infinito. Si leggano pure le sue espressioni entusiastiche per poter finalmente camminare 6. Senza titolo 1974, chiazze e colature di un acrilico su tela 7. Sala "Il nero e il bianco", acrilici e carboncino su tela, senza titolo e senza data, cm 174x293 a sinistra, cm 162,5x131 a destra e persino sdraiarsi sulla pittura. «per la prima volta - scriveva - avevo uno spazio, potevo disimballare casse accumulate di anno in anno»; e allora «tirando fuori tutto [...] iniziai a fare un’autocritica, per sognare, per avere allucinazioni» Ma per arrivare a questo «avevo bisogno di solitudine»; e qui la trovava. Soli di notte, ecco cosa sottintende quel titolo. Quali possono essere stati i tagli con il passato, i mutamenti, le innovazioni? Basta cavalletti; niente più surrealismo; la libertà di usare per i fondali liquidi qualsiasi, compresa la trementina sporca di colore, e di considerare forma anche 6. EFFETTO ARTE 37 da non perdere rassegna, cominciando con gli oli Oiseaux dans un paysage (1974), che è l’immagine-logo, e il piccolo Le chant de l’oiseau à la rosée de la lune, che essendo del 1956 è ancor stilisticamente legato al recente passato, nonché da un grande Mosaic a carboncino, tempera e olio del ’66, perfettamente in tema. Sono questi tuttavia tra i pochi che mi è possibile citare perché seguiti da tanti catalogati con un definitivo “Senza titolo”, tutt’al più alternati ripetitivamente con le voci “Femme”,“Tête”,“oiseau”. Fortemente suggestive “ vorrei spiegare a chi vede le mie opere perché sono così; perché ho deciso un giorno 8. segni o gli spruzzi e le chiazze dovuti a un gesto violento; l’abbandono del figurativo, lasciandone il ricordo solo nei tanti “sguardi”, più che “occhi”, distribuiti generosamente, e negli pseudo mostri fatti nascere forse inconsapevolmente; e infine l’ebbrezza di far prosperare ogni quadro come un giardino, in cui ogni tratto sia libero di crescere da sé, come un fiore, una pianta, e lo si possa curare come farebbe un giardiniere, lasciandolo respirare. di aggrapparmi all'essenza CaMMInando per Le dICIoTTo SaLe L’ordine dell’allestimento è per gruppi tipologici, con un inizio che ricorda il passato più lontano (Bosco di Beliver del 1910, una teletta con pini marittimi in un tutto di gialli e celesti), cui si contrappone un dipinto del ’73, anomalo in quanto la tela su cui Miró ha tracciato i suoi segni sintetici è un paesaggio di palma di Maiorca di autore ignoto. da lì accanto si dipana la serie dei dipinti che rientrano stilisticamente nel tema della delle cose e come mai pian piano ho eliminato tutte le realtà esterne per giungere 8. Scorcio della mostra, con (da sinistra) Tête, 1976, 100x81 cm, Senza titolo, 1979, cm 130x97, Senza titolo, 1971, cm 130x89 al Segno che costituisce 9. Joan Miró, Tela bruciata, particolare 10. Joan Miró, installazione con Tela bruciata 2, 1973, cm 130x195 un ideogramma ” 10. process. He felt he knew everything about it. Finally, in Mallorca, he was able to rely on a fully equipped workshop, where he could carry out independently all the operations connected to the impression of the slates for engravings and lithography, including the printing test. He was greatly supported by prestigious printmakers who worked alongside him. Jean Célestin, in particular, knew him inside out, partnered with him following and helping him and was in charge of the final printing. THe eXHIBITIon “Soli di notte” is an exhaustive 'Miró-all-around' exhibition, that focuses on the twenty-seven years he spent in Mallorca and includes two hundred and fifty paintings, drawings, sketches, prints, com- pleted by a number of objects from his personal collection and about fifty photos from renowned photographers (Brassaï, Bresson, Gomis, Halsmann, List, Mulas, Man Ray and more). This exhibition opened six months after the end of another prestigious exposition hosted by the Fruttiere di Palazzo Tè in Mantua, “Miró - L’impulso creativo” (The creative impulse), and was also organised with the invaluable support of the Fundaciò Pilar y Joan Mirò of Maiorca and curated by its director Elvira Cámara López, with the collaboration of Marco Minuz, on behalf of Azienda Speciale Villa Manin and of the Friuli Venezia Giulia Region.The honesty and the quality of the exhibition are guaranteed, since the artwork comes from the foundation, from Miró's heirs and from private collectors. We can confidingly admire it. We also recommend not to miss the projections and the photographs that portray Miró spreading his black paint. This black is huge and dramatic, as Miró said, it is a 'heaven for painting' but, at the same time, his 'obsession', because of the unfathomable depths that it contains, reminding us of silence and of the Infinite. Also, don't forget to read about his enthusiasm for finally being able to walk ad even lay down on his paintings. «For the first time - he wrote - I had my own space, I could unpack the crates I had accumulated year after year». And finally, «taking out all my work [...] I started a process of self-criticism, so I could dream and have hallucinations». In order to achieve this «I needed my solitude», a solitude that he was able to find in this place. This is what the title “Soli di notte” refers to. Where did he break with the past, change and innovate? He stopped using an easel and abandoned the surrealist style. He started using freely all sorts of liquids for his backgrounds, including turpentine stained with colour, and conceiving as shapes even the marks, spurts and stains produced by an abrupt movement. He set aside the figurative style, only referring to it with the many 'looks' and 'eyes' that he used widely, and with the monsters that he would create, maybe without knowledge of it. Finally, he was intoxicated by the ability to make every painting flourish like a garden, where every stroke could grow independently, like a flower or a plant. One could take care of it like a gardener, allowing it to breathe. 9. 38 gennaio - febbraio 2016 EFFETTO ARTE 39 da non perdere sono le pitture nere su bianco, lavori di un’essenzialità stupenda, al massimo grado del Miró-pittore drammatico, e la Tela bruciata, che fa parte di una serie dedicata alle analisi delle possibili volumetrie del quadro, evidenziate dai fori aperti dal fuoco e dai pezzi di telaio bruciacchiato. non mancano nel percorso le pause meditative, quasi per risponderci via via all’ipotetica domanda «dove siamo». ecco la maquette del “taller Sert”, lo Studio Sert; e la ricostruzione - nel salone centrale - di un angolo dello studio di Miró, con mobili, strumenti e oggetti (mentre nell’ambiente si diffondono i suoni di ocarine, percussioni con vasi di colore, pennelli, spatole, coltelli appartenuti a Miró, registrati da Teho Teardo, e le immagini riprese nello studio da Michele Baggio). o, ancora, la “stanza rossa” dello studio San Boter, dove l’artista amava isolarsi e riflettere; appesi alle pareti i ritratti a olio dei genitori e due fotografie: il conterraneo pablo picasso e Joan prats, amico di giovinezza, esperto di fotografia, scrittore, e suo primo mecenatecollezionista (familiarmente chiamato “il cappellaio”, per un’azienda di cui era proprietario). Su una mensola, inoltre, alcuni dei soliti pupazzetti di Maiorca. Le installazioni si completano con la trasposizione di una parete del Son Boter graffitata a carboncino e una grande teca contenente objets, acquistati in loco o trouvés, e 11. Joan Miró Joan Miró y Ferrá (Barcellona 1893 - Palma di Maiorca 1983), figlio di Miquel, orologiaio-orefice originario di Terragona, e Dolores Ferrá, nativa di Maiorca, crebbe con la passione del disegno, ma fu indirizzato dal padre agli studi commerciali e successivamente a un impiego come contabile in un negozio di spezie e aromi. incompatibile per lui, tanto da causargli un esaurimento nervoso, che curò nella tenuta familiare a Montroig del Camp, circondata da noceti e oliveti: tema che fu un motivo ricorrente nella sua arte. Seguì quindi i corsi dell’accademia Galí, a Barcellona, s’iscrisse al Circolo artistico di Sant Lluc, strinse un’amicizia per la vita con il collega Joan Prats, il pittore e incisore Enric Cristófol ricart (con il quale nel 1916 prese in affitto uno studio), il mercante d’arte Josep Dalmau (nella cui galleria esordì nel ’18 con una personale, presentando opere che rispecchiavano il suo interesse per la pittura fauve di Matisse e Derain,Vlaminck, Picabia). a Parigi dal 1920, incontrò Pablo Picasso e Tristan Tzara (con i dadaisti), nonché Masson, Leiris, artaud, Dubuffet, Éluard, Queneau e Breton (che gli aprì gli occhi alla visione surrealista). nel 1926, dopo la morte del padre, prese in affitto un nuovo studio alla Cité des Fusains, con Hans arp e Max Ernst come vicini, e con quest’ultimo realizzò le scenografie e i costumi per il Roméo et Juliette dei Ballets russes di Diaghilev, su musiche di Constant Lambert, al Théâtre Sarah Bernhardt. Due anni dopo espose nella prestigiosa galleria Bdrnheim e diventò subito famoso. 40 gennaio - febbraio 2016 12. 11. Joan Miró, Jeune fille, 1967, cm 34x33,6x9 12. Modello dello studio di Miró a Maiorca progettato da Josep Lluis Sert 13. Joan Miró fotografato da Ugo Mulas con il Ritratto di dama del Pollaiolo, all’interno del Museo Poldi Pezzoli, a Milano, 1963 comunque cari all’artista: «cose che fungono da promemoria e di cui ho bisogno per l’atmosfera che mi creano attorno». Le sculture non hanno spazi riservati e dialogano con i vuoti e con l’opera dipinta, per lo più contraddistinte da antropomorfismi resi espliciti nei titoli: bronzi ricavati in parte da calchi di oggetti d’uso e per lo più patinati di verde come, del 1967, Personnage et oiseaux (un piede su un basamento informale, con sopra una testa sormontata da un qualcosa che è poco uccello) e Horloge du vent (una scatola con dentro una specie di pentola e un cucchiaio che trapassa en- 13. Sposò a Palma di Maiorca, nel 1929, la maiorchina Pilar Juncosa, ebbe da lei, nel ’31, l’unica figlia e nel ’32, di ritorno a Barcellona, diede il via alle sperimentazioni di tecniche diverse (litografia, acquaforte, scultura e pittura su carta o su vetro) e lavorò per la scenografia del balletto di Léonide Massine Jeux d’enfants, su musiche di Bizet, per la compagnia dei Ballet russes di Montecarlo. nuovamente a Parigi nel 1936 (inizio della guerra civile spagnola), con l’invasione nazista della Francia ritornò per sempre in patria, alternando dapprima le permanenze tra Montroig e Maiorca, vicino alla madre (morta nel ’44), e dal 1956, stabilendosi in permanenza a Palma. Vivrà nella casa progettata e costruita dal cognato, in prossimità del centro, ma in luogo aperto, cui aggiungerà in breve tempo due grandi studi: il primo della sua vita e attuale sede della Fundació Pilar y Joan Miró, costruito dall’amico Josep Lluís Sert; e l’altro trasformando un’antica residenza di campagna. riverito e onorato, continuò a lavorare fino all’ultimo: porta la data del 1982 il dipinto commissionatogli per celebrare la coppa del campionato mondiale di calcio giocato in Spagna. Le sue spoglie riposano nel cimitero di Montjuïc a Barcellona, nella tomba di famiglia. EFFETTO ARTE 41 da non perdere trambe). poi, Monument dressé en plein océan à la gloire du vent (1969: piastra rettangolare con più fori, messa in verticale, con un uccello appollaiato nell’apertura più grande e una forchetta in alto), ... Ma c’è dell’altro: marmi, legni, e un assemblage “post 73”, Personnage, composto di reperti (due stecche di legno, un fondo di barile, corda e filo) lasciati al naturale. Tutto qui? ebbene, è un tutto straordinario, pieno di vita, ironico, geniale; come lo sa esprimere chi ha conosciuto a fondo il sapore e il valore della tristezza. di quel valore, a mio avviso, si manifesta un’ancor più ricca dimostrazione nella splendida raccolta di opere grafiche esposta, con le serie Homenatge a Joan Prats (tredici litografie a colori, 1971), Mallorca (nove acqueforti a colori, 1973), Els gossos (i cani, tecniche varie, 1979), le numerose copertine della rivista Derrière le Miroir (Maeght Éditeur) e altre. Tra parenTeSI La biografia di Joan Miró è costellata di frasi pronunciate o scritte nel corso dei decenni, che dicono tutto di lui, come questa: «La creatività ha bisogno di un tempo equilibrato, coerente con il modo individuale di vivere il rapporto dialettico tra vita e morte». Quel suo tempo si conclude la notte di natale del 1983, nell’addio dato con un dolce morire nel sonno, come per una buona notte. L’ospedale dov’era stato ricoverato pochi giorni prima l’ha dimesso con la diagnosi di «stato di generale insufficienza senile», del tutto inaccettabile da un «innocente col sorriso sulle labbra (quale, secondo Jacques prevert, egli era sempre stato) che passeggia nel giardino dei sogni». Qualcosa, infatti, simile a un presentimento scaramantico, gli aveva suggerito poco prima l’affermazione, diligentemente riportata dai curatori all’interno della copertina del catalogo, «Je veux m’en aller en disant merde à tout». Le più recenti delle opere esposte portano la data del 1978, l’anno in cui ricevette la Medalla d'Or de la Generalitat de Catalunya (la prima assegnata in assoluto, in quanto l’onorificenza era stata appena istituita) cui seguirono, nel ’79, la laurea honoris causa dell'Università di Barcellona (in ritardo rispetto alla Harvard University, che gliela 42 gennaio - febbraio 2016 14. aveva già concessa nel ’68) e nell’80 la medaglia d’oro delle Belle arti da re Juan Carlos. L’81 invece è ricordato per la creazione, a tutela della sua produzione artistica, della Fundación Pilar y Joan Miró a palma di Maiorca (a Barcellona esisteva dal 1972 la Fundación Joan Miró). nel poco tempo che gli rimane Miró ha ancora l’energia per dedicarsi alle sculture monumentali: Miss Chicago e Luna, sole e una stella nell’81 a Chicago, Paesaggio e uccello nell’82 a Houston, Dona y ocell (donna e uccello), alta ventidue metri e decorata a mosaico con piastrelle di ceramica, seguendo la tecnica tradizionale dei trencadís, nell’83 a Barcellona. Lui non può presenziare all’inaugurazione perché sta già male. TIrando Le SoMMe… Forse questi discorsi sulle cose belle dell’arte acquistano maggiore efficacia nel rendere quanto l’artista ha preteso da sé nel periodo maiorchino, se coadiuvati da qualche numero: in percentuali rispetto al totale qui ha prodotto il novanta per cento delle circa duecento sculture, l’ottanta degli oltre duemila lavori di grafica, il quaranta dei dipinti, una parte non precisata ma preponderante delle ceramiche, dei tessuti e delle opere pubbliche, cui vanno aggiunti i tanti libri 14. Joan Miró, Monument dressé en plein océan à la gloire du vent, 1969, cm 131x62x15 d’artista (specialità nella cui storia è uno dei massimi protagonisti), dove le sue illustrazioni dialogano con i versi di Éluard, prévert o Tzara. In catalogo i temi dei singoli testi hanno la medesima diversità dei personaggi in essi coinvolti, arrivando a essere argutamente sorprendenti. Cito il racconto dell’incisore Joan Barbará sul caso di una serie di nove lastre da lui preparate, nello studio Son Boter, per delle incisioni da effettuare in parte con la tecnica dell’acquatinta allo zucchero. per accelerare i tempi ne mise una ad asciugare all’aria aperta e si accorse tardi, ahimé, dei cani del giardiniere che, annusato lo zucchero, lo stavano leccando, zampettandoci sopra e lasciando ben visibili le impronte. desolato, mostrò il disastro al Maestro, che commentò con uno statuario «estupendo, la tierra, la tierra!»; ed Els gossos, cioè “I cani” fu il titolo che volle dare a quella preziosa serie. La storia può far sorridere, ma fa anche capire tanto della natura dell’artista, che allora aveva ottantasei anni ed era ancora avido di godere l’azzardo della vita. Villa Manin La "Stanza rossa" di Miró, nello studio Son Boter ViLLa Manin sorse nel decennio 16501660 per volontà del nobile friulano antonio Manin, come casa padronale al centro della sua azienda agricola. Modificata e ampliata nei secoli per opera di vari architetti (Giuseppe Benone, Domenico rossi, Giovanni Ziborghi e Giorgio Massari), fu la dimora estiva dell’ultimo Doge di Venezia, Ludovico iV Manin (il centoventesimo: un Paperon dei Paperoni per i beni che possedeva e scialacquava, facendosi per esempio portare a spalla su un trono per andare a buttare al popolo denaro a manciate), ospitò per circa un bimestre napoleone Bonaparte con Giuseppina Beauharnais e fu sede dei colloqui preparatori e della stipula del Trattato di Campoformido, il 17 ottobre 1797, che segnava la fine ingloriosa dell’ultra millenaria Serenissima repubblica: con il solo voto del Maggior Consiglio e senza neppure il minimo legale delle presenze, ma con le stonate e dichiarate lacrime del Doge. Pesantemente decaduta nel corso dell’ottocento, saccheggiata durante la Grande Guerra, dopo la ritirata di Caporetto, rimase in un penoso stato di abbandono fino a quando, nel 1962, l’Ente Ville Venete ne decise l’acquisto e, su proposta di aldo Frizzi, storico dell'arte e direttore dei Civici Musei di Udine, la trasformazione in prestigiosa sede di grandi mostre d'arte. L'idea incontrò il favore della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nuovo proprietario, che la riacquistò nel 1969 a nome del proprio istituto regionale Ville Venete. Le grandi mostre cominciarono nel 1971 con un memorabile omaggio al Tiepolo, nel duecentesimo anniversario della morte, che fu all’origine di una svolta radicale nella fortuna critica del Maestro. La MoSTra: Joan Miró - SoLi Di noTTE Sede: Villa Manin, Passariano di Codroipo (UD) apertura: fino al 3 aprile 2016 orari: 10-19; lunedì chiuso. apertura straordinaria lunedì 28 marzo 2016 Catalogo: Edizioni Skira (352 pagine, € 38). Testi dei due curatori, Elvira Cámara López e Marco Minuz, di Massimo Donà (musicista e docente di filosofia teoretica), David Fernandez Miró (primo dei nipoti, scomparso prematuramente tre anni fa) e Hervé Bordas (gallerista a Venezia, in Piazza San Marco). interviste: di Yvon Taillandier (pittore, scultore, scrittore) a Miró nel 1959; di Marco Minuz a Sylvano Bussotti (autore delle musiche per il Bal Miró-Miró l’Uccello luce) e alla coppia Valerio-Camilla adami (per i loro incontri con Miró nella Galerie Maeght); di Joan Punyet Miró (in ricordo del nonno) a Joan Barbará (altro incisore e amico storico). informazioni: azienda Speciale Villa Manin tel. 0432 82121 - [email protected] EFFETTO ARTE 43