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Trasferimento d`azienda: preesistenza e stabilità

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Trasferimento d`azienda: preesistenza e stabilità
ANCORA IN TEMA DI TRASFERIMENTO D'AZIENDA: STABILITA' E PREESISTENZA DEI REQUISITI
Con la sentenza n. 8756 del 15 aprile 2014 la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi
in merito ad una delle questioni più dibattute in tema di trasferimento d’azienda, ed in particolare
del ramo d’azienda, ossia il momento identificativo dell’oggetto del trasferimento.
Il principio, ribadito ancora una volta dalla Cassazione, della necessaria preesistenza, rispetto al
momento del trasferimento, del requisito dell’autonomia funzionale e produttiva del ramo d’azienda
contribuisce a rafforzare ulteriormente la richiesta, avanzata nella piattaforma rivendicativa dalle
Organizzazioni Sindacali del credito, di un potenziamento della procedura contrattuale di
informazione, consultazione e contrattazione con il sindacato aziendale (art. 17 del vigente CCNL).
Rafforza, in particolare, la richiesta di un momento di verifica preventiva con le OO.SS. circa la
sussistenza dei requisiti legali richiesti, appunto, per la cessione di un ramo d’azienda. Troppo
spesso le aziende sono reticenti a fornire al Sindacato tutte le informazioni, riguardanti gli assetti
organizzativi e produttivi, utili per verificare la ricorrenza, nell’operazione di esternalizzazione, del
requisito dell’autonomia funzionale. Con ciò dimostrando le aziende scarsa lungimiranza, giacché
un’ operazione di cessione di ramo di azienda che dovesse rivelare, all’esito di un eventuale vaglio
giudiziale, la carenza del suddetto requisito sarebbe dichiarata illegittima ai sensi del 2112 c.c. con
tutte le conseguenze del caso. Con la conseguenza, peraltro, che gli accordi eventualmente
intervenuti con il sindacato verrebbero travolti dalla sentenza del giudice. Uno specifico momento,
nell’ambito della suddetta procedura contrattuale, di verifica congiunta della effettiva sussistenza
del requisito dell’autonomia produttiva e funzionale rappresenterebbe, oltre che un elemento di
maggior tutela dei diritti dei lavoratori, anche una migliore garanzia della tenuta degli accordi
sindacali.
I FATTI
La vicenda processuale che ha originato la pronuncia della Corte prende le mosse dal ricorso
proposto al Tribunale di Napoli da un lavoratore che, a seguito della cessione di un ramo d’azienda,
aveva visto il trasferimento del proprio rapporto di lavoro dalla società cedente (TELECOM) alla
società acquirente (TNT Logistic) ai sensi dell’art. 2112 cod civ. Il lavoratore aveva impugnato
l’efficacia del contratto di cessione del ramo d’azienda affermando che esso non presentava il
requisito della autonomia funzionale e che, pertanto, si trattava non di trasferimento d’azienda ai
sensi dell’art. 2112 c. c., bensì di plurime cessioni dei contratti individuali di lavoro ex art. 1406 c.
c., il che comportava il necessario consenso del creditore-lavoratore per legittimare la cessione del
contratto.
La Corte d'appello di Napoli, con sentenza depositata il 22 marzo 2012, aveva confermato la
decisione di primo grado che, accogliendo il ricorso, aveva dichiarato inefficace il contratto di
cessione di ramo d'azienda ex art. 2112 cod. civ., ed aveva ordinato alla società cedente di
ripristinare il rapporto di lavoro con il ricorrente.
La Corte di merito ha osservato che il ramo d'azienda trasferito non era preesistente alla cessione;
che esso non era dotato di autonoma funzionalità; che in realtà il ramo ceduto era stato individuato
come tale soltanto al momento del trasferimento; che non si trattava di cessione di ramo d'azienda,
bensì di uno "smembramento di un unico servizio", dal momento che anteriormente al
trasferimento, non esistevano diverse strutture funzionalmente autonome inerenti alla logistica,
bensì una sola struttura che si occupava dei diversi settori, che poi venne smembrata in occasione
della cessione. Non poteva dunque applicarsi la disciplina dettata dall'art. 2112 cod. civ. né
potevano trasferirsi i singoli rapporti di lavoro in assenza di consenso dei lavoratori.
La società cedente ha impugnato tale decisione ricorrendo alla Corte di Cassazione.
Resiste con controricorso il lavoratore.
I MOTIVI DELLA DECISIONE
La Cassazione, respingendo il ricorso proposto dalla società cedente, ha confermato il proprio
prevalente orientamento, affermando che il requisito dell’autonomia produttiva e funzionale del
ramo d’azienda oggetto del trasferimento deve essere preesistente all’atto del trasferimento stesso,
non potendosi creare una struttura produttiva ad hoc al momento della cessione. La stessa Corte
richiama, a conferma del suo dictum, il suo precedente orientamento (Cass. 20422/2012, Cass.
21697/2009; Cass. 21481/2009; Cass. 13270/2007).
Con la pronuncia in commento la Suprema Corte mostra la sua intenzione di non rimettere in
discussione l’oramai consolidato principio della “preesistenza” dell’autonomia funzionale e
produttiva del ramo d’azienda, richiamando, a dimostrazione di ciò, le proprie decisioni sul punto
risalenti a ben sette anni fa.
Vale la pena ricordare, per inciso, che alcuni interpreti avevano fatto derivare dal testo del quinto
comma dell’art. 2112 c.c. (così come novellato dal D. Lgs n. 276/2003), nella parte in cui dispone
“Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì' al trasferimento di parte dell'azienda,
intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività' economica organizzata,
identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento", la
legittimità del trasferimento del ramo d’azienda la cui autonomia funzionale fosse, per così dire,
“confezionata” dal cedente e dal cessionario anche solo al momento della cessione. Ma tale
interpretazione è stata poi “smentita” dal prevalente orientamento della giurisprudenza della Corte
di Cassazione che ha sempre richiesto come requisito indefettibile del legittimo trasferimento del
ramo ai sensi del 2112 c.c. quello della preesistenza, rispetto al momento del negozio traslativo,
della sua autonomia produttiva e funzionale.
Ad avviso di chi scrive l’importanza della pronuncia del 15 aprile 2014 non consiste tanto nella
riaffermazione di un principio di diritto enunciato più volte in precedenza (e ben conosciuto agli
addetti ai lavori), quanto piuttosto nell’aver ribadito tale principio a distanza di un mese dalla
sentenza della Corte di Giustizia Europea del 6 marzo 2014, C-458/12. Con questa pronuncia,
intervenuta a seguito del rinvio pregiudiziale del Tribunale di Trento, la Corte Europea, richiamando
la Direttiva 2001/23 (recepita in Italia prima con la legge delega 30/2003, per poi trovare
disposizioni attuative con il D.lgs 276/2003), aveva confermato - secondo l’ interpretazione di
alcuni commentatori (tra cui non ci annoveriamo) - la validità dell’identificazione del ramo ceduto
al momento del trasferimento. In tal modo affermando, sempre a detta di quei commentatori, la
possibilità di costituire il ramo senza che lo stesso abbia precedentemente palesato la propria
autonomia funzionale e produttiva, e quindi assecondando il disposto del novellato quinto comma
dell’art. 2112 c.c. secondo cui si avrebbe trasferimento d’azienda anche per quell’attività economica
organizzata identificata come tale “dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento”.
Ancora va rimarcato non solo il dato della contiguità temporale del pronunciamento della
Cassazione rispetto alla sentenza della Corte di Giustizia, ma il fatto che a quest’ultima la
Cassazione fa espresso riferimento nello sviluppare le sue argomentazioni per affermarne la
coerenza con il principio della preesistenza ancora una volta ribadito dalla Cassazione.
Riteniamo utile a questo punto riportare per esteso il ragionamento della Suprema Corte nel cui
contesto è contenuto il suddetto riferimento.
“ Questa Corte ha più volte affermato che per "ramo d'azienda", ai sensi dell'art. 2112 cod. civ. (sia
nel testo anteriore, sia in quello modificato, in applicazione della Direttiva CE n. 50/98, dal D.Lgs.
2 febbraio 2001, n. 18, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame), come tale
suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di
azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in
occasione del trasferimento, conservi la sua identità. Il che presuppone una preesistente realtà
produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc
in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo
preclusa l'esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate
fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla
volontà dell'imprenditore e non dall'inerenza dei rapporti di lavoro ad un razza di azienda già
costituito (v. Cass. 6 aprile 2006, n. 8017; Cass. 1 febbraio 2008 n. 2489 nonché, in controversie
pressoché analoghe alla presente, sempre relative a cessione di rami d'azienda da Telecom S.p.A. a
TNT Logistic S.p.A., Cass. 4 dicembre 2012 n. 21711; Cass. 2 settembre 2013 n. 20095; Cass. 3
ottobre 2013 n. 22627; Cass. 4 ottobre 2013 n. 22742).
Ne discende che si applica la disciplina dettata dall'art. 2112 c.c., anche in caso di cessione di
parte dello specifico settore aziendale, purché si tratti di un insieme, organicamente finalizzato ex
ante all'esercizio dell'attività. di impresa, con autonomia funzionale di beni e strutture già esistenti
al momento del trasferimento, e dunque non solo teorica o potenziale.
La recente sentenza della Corte di giustizia LTE 6 marzo 2014 n. C-458/ 12 conferma quanto detto.
Da essa risulta infatti che: a) non si ha trasferimento dì ramo d'azienda qualora il ramo non
preesista alla cessione (dispositivo, n. 1; considerato n. 32); b) in tal caso spetta all'ordinamento
nazionale di garantire il lavoratore (dispositivo, n. 1; considerato n. 39).
In presenza dei presupposti sopra indicati, si considerano fare parte del ramo d’azienda anche i
dipendenti che prestano la loro attività per la produzione dì beni e servizi del ramo, e quindi anche
i loro rapporti vengono trasferiti dal cedente al cessionario, ai sensi dell'art. 2112 c.c. senza
necessità di un loro consenso, fermo restando, come osservato sub n 5, che il lavoratore può far
valere in giudizio la non configurabilità del trasferimento di un ramo d'azienda nella ipotesi in cui
manchino i presupposti previsti dalla legge e, quindi, l'inefficacia della cessione del contratto di
lavoro in assenza del suo consenso, tenuto conto del pregiudizio che può derivargli da una cessione
operata ad un soggetto non solvibile e che comunque non gli assicuri la continuità del rapporto.
1 richiamati principi di diritto sono stati correttamente applicati dalla sentenza impugnata.
La Corte di Napoli ha escluso che il ramo d'azienda ceduto fosse preesistente alla cessione
rilevando che esso era stato individuato ed identificato come tale soltanto al momento del
trasferimento.
Inoltre, il ramo ceduto non costituiva una articolazione funzionalmente autonoma, idonea ad essere
utilmente collocata sul mercato.
Al riguardo, ad avviso della Corte territoriale, il contratto di cessione non forniva alcun elemento
utile per individuare il ramo di azienda ceduto, al di fuori di un mero richiamo a beni materiali ed
immateriali genericamente destinati allo svolgimento dei servizi di magazzinaggio, allestimento
ordini, consegna e distribuzione del materiale. Né emergeva alcuna netta distinzione, nell'ambito
della struttura di logistica operativa trasferita, tra tale ramo e quello organizzativo e decisionale,
risultando peraltro che la struttura operativa era del tutto priva di poteri decisionali. L'azienda
aveva smembrato il servizio di logistica, trattenendo per sé le strutture e le risorse destinate alle
scelte strategiche, provvedendo solo al momento della cessione a creare un ramo privo di
autonomia. Inoltre, come era emerso dalla prova testimoniale, il settore ceduto non aveva mai
operato in favore di soggetti diversi da Telecom; per la maggior parte dei materiali la gestione era
rimasta alla Telecom, mentre talune attività inerenti al ramo ceduto venivano svolte anche dalla
società cedente.
In definitiva, secondo il giudice d'appello, non si era trattato di un trasferimento di ramo d'azienda,
quanto piuttosto dello "smembramento" di un servizio che, costituito in precedenza da un'unica
struttura "logistica", era stato in parte trasferito a TNT, previa creazione di un apposito ramo al
momento della cessione, senza che questo fosse in grado di mantenere una propria organizzazione
di beni e persone ai fini dei conseguimento di specifiche finalità produttive dell'impresa.
Luigi Verde
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