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Capitolo 10 Prove di laboratorio
113 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Questo capitolo tratta delle prove di laborario che servono per ricavare i parametri da introdurre nei modelli. Inizialmente vengono affrontate le condizioni al contorno, sia con riguardo alle azioni applicate che alle condizioni di drenaggio; in seguito vengono illustrati i tipi di prove ed i risultati delle “prove di taglio diretto” e delle “prove di compressione cilindrica” erroneamente chiamate “prove triassiali”. Condizioni di sollecitazione al contorno Le prove di laboratorio sui provini di terreno devono essere fatte nelle condizioni più controllabili possibile. Il provino viene appoggiato su una base alla quale vengono applicate delle sollecitazioni che possono essere di natura diversa: di tipo deformativo o tensionale. Sullo stesso provino si eseguono misure della risposta: si possono misurare forze o spostamenti. Gli spostamenti sono differenze di misure di lunghezza. CONTROLLO DEGLI SPOSTAMENTI: a tale campione può essere imposto uno spostamento δ e di conseguenza vengono misurati gli sforzi che si generano al suo interno. Figura 10.1 CONTROLLO DELLE FORZE (O DI PRESSIONE): al provino viene applicata una pressione p inserendo tra la struttura rigida e il campione una sorta di camera d’aria; conosciamo il valore dello stato di pressione e possiamo misurarne le caratteristiche deformative. Figura 10.2 Il significato di queste due modalità di condotta delle prove è evidente se riportiamo in un grafico i risultati delle prove, rispettivamente in condizioni di controllo di carico ed in condizioni di controllo di spostamento. Con le prove condotte in condizioni di controllo di forze prendiamo un provino, andiamo ad incrementare le forze e misuriamo gli spostamenti. Quando viene raggiunto il carico massimo il campione si rompe bruscamente e la prova si interrompe. La prova edometrica è un esempio di prova eseguita con controllo di forza, nella quale la deformazione laterale è impedita. Figura 10.3 Con le prove eseguite in condizioni di controllo di spostamenti si mette il provino tra i piani di una pressa molto rigida e vengono imposti gli spostamenti mediante un motore passo−passo che procede con una certa velocità. In questo caso si misura la forza che il campione oppone. Si vede in questo modo il comportamento del campione anche dopo aver raggiunto il valore massimo del carico. Dopo il valore massimo si riducono i carichi che il campione sopporta. Con questo tipo di prove si ottengono i grafici F−δ con la parte discendente della curva. Figura 10.4 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 114 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Condizioni di drenaggio nelle prove di laboratorio. Una parte importante delle prove di laboratorio è il controllo delle condizioni di drenaggio. Utilizziamo il seguente schema non preoccupandoci di come sono imposte le azioni al provino, ma poniamo la nostra attenzione all’acqua, alla sua pressione ed al suo volume. Figura 10.5 Distinguiamo due tipi di prove: 1. PROVE IN CONDIZIONI DRENATE (D) Il rubinetto è aperto. ∆u=0 I carichi sono applicati in modo tale che è possibile dissipare le pressioni interstiziali. ∆V≠0 C’è una variazione di volume del campione, che misuro leggendo il livello dell’acqua nella buretta. Posso sapere esattamente di quanto varia il volume del provino perché il campione è saturo S=1. 2. PROVE IN CONDIZIONI NON DRENATE (U) Il rubinetto è chiuso. ∆u≠0 Misuro al manometro le variazioni di pressione interstiziale. ∆V=0 La variazione di volume è nulla. Riproduco in questo modo le condizioni iniziali di un processo di consolidazione, nel momento in cui applico i carichi. Da notare le lettere maiuscole che identificano il tipo di prova derivano dai vocaboli in Inglese D drained (drenata), U undrained (non drenata). Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 115 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Tipi di prove. Quelle che abbiamo visto sono le condizioni per le prove che generalmente vengono eseguite a carico dei campioni di terreno. Si possono sottoporre i campioni a prove che differiscono fra loro per gli stati di sollecitazione o deformazione applicati. Possiamo distinguere due classi di prove. 1. La prima classe di prove è caratterizzata dalla coincidenza fra gli assi principali delle tensioni e delle deformazioni e dall’assenza di rotazione degli assi principali durante la prova. 2. La seconda classe di prove è caratterizzata dalla rotazione delle direzioni principali durante la prova e sono utilizzate principalmente per le misure di resistenza. Le presentiamo nel paragrafo delle prove di taglio. COMPRESSIONE TRIASSIALE VERA: provino cubico sollecitato sulle 3 facce con pressioni diverse σa≠σb≠σc. COMPRESSIONE CILINDRICA TRIASSIALE erroneamente chiamata TRIASSIALE o TRIASSIALE CONVENZIONALE: σb=σc≠σc. COMPRESSIONE SEMPLICE O MONOASSIALE : σb=σc=0 , σa≠0 è un caso particolare della compressione cilindrica triassiale, è quella usata per il cls e l’acciaio. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 116 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO STATO PIANO DI COMPRESSIONE : σc=0. COMPRESSIONE ISOTROPA : σa=σb=σc. Per quanto riguarda le prove a controllo di pressione si possono avere: COMPRESSIONE EDOMETRICA : éa≠0 ér=0. COMPRESSIONE DI DEFORMAZIONE PIANA : éa≠éb éc=0. Tutte queste prove presentano uno svantaggio sostanziale; durante la prova stessa le direzioni principali lungo le quali vengono applicati gli sforzi non variano e quindi le tensioni tangenziali che vengono imposte sono nulle. Esistono prove che considerano anche lo sforzo di taglio. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 117 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Prove di taglio PROVA DI TAGLIO DIRETTO Sono qui rappresentati lo schema della prova di taglio diretto e la modalità di rottura del provino. Figura 10.6 PROVA DI TAGLIO SEMPLICE Sono qui rappresentati lo schema della prova di taglio semplice e come il provino si distorce. Figura 10.7 PROVA DI TORSIONE, O PROVA CON CILINDRO CAVO Si può applicare un carico esterno, un carico assiale ed un momento torcente. Il carico interno al cilindro può essere diverso da quello esterno. Figura 10.8 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 118 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Prova di taglio diretto L’apparecchio per eseguire le prove di taglio diretto è detto scatola di taglio diretto o anche scatola di Casagrande ed è identico ad un edometro per quanto attiene la fase di consolidazione del campione. Di seguito ne disegniamo lo schema. Figura 10.9 In laboratorio il provino ha una base quadrata di lato 60mm e un’altezza di 20−30mm. Il provino è completamente immerso in acqua in modo che non si formino menischi e si annullino le pressioni al contorno. Le prove di taglio diretto sono sempre prove in condizioni drenate, cioè viene condotta molto lentamente in modo che si dissipino le pressioni interstiziali. Le prove di taglio diretto si dividono in due fasi: I FASE: CONSOLIDAZIONE APPLICHIAMO N MISURIAMO δv Durante la prima fase applichiamo un carico costante N e misuriamo lo spostamento verticale δv. La prova è identica ad una prova edometrica. Quando gli incrementi di spostamento tendono a zero il processo di consolidazione è concluso. Noi utilizziamo la curva logt, δv per controllare il processo di consolidazione. La fase di consolidazione dura 24 ore e vengono applicati a tempi prestabiliti dei carichi che sono via via il doppio del precedente. II FASE: TAGLIO APPLICHIAMO δh MISURIAMO T CONDIZIONI DRENATE (u=0) Durante la seconda fase applichiamo δh mediante un motore a velocità costante e misuriamo T. I risultati vengono riportati direttamente in un grafico δh ,T. Anche questa seconda fase avviene in condizioni drenate, cioè viene condotta in modo estremamente lento; se la prova fosse veloce le pressioni interstiziali non avrebbero il tempo di dissiparsi e noi non possiamo conoscerne l’entità. Entriamo nel dettaglio della seconda fase chiedendoci a quale velocità deve avanzare la scatola di taglio per ottenere che la prova sia effettivamente drenata anche durante la fase di taglio. Lo spazio da percorrere δh è di 3−5mm per ottenere i valori di resistenza a taglio di picco mentre δh è di 7−9mm per ottenere i valori ultimi, infine δh è dell’ordine di 10cm per ottenere i valori di resistenza residua e si ottiene riportando a zero la scatola di taglio numerose volte. Il tempo deve essere valutato in modo coerente con la fase di consolidazione. Dal diagramma cedimento−tempo in scala semilogaritmica determino cv con il metodo di Casagrande, detto anche metodo del logaritmo. In queso modo potrei utilizzare cv in modo parametrico se tutte le prove utilizzassero lo stesso strumento standardizzato, e otterrei la velocità del motore dividendo cv [m2/s] per δh [m]. Altrimenti in modo più generale ricavo dallo stesso diagramma t50 e con questo v=δh / t50. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 119 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Con la prova di taglio diretto riscontriamo due tipi di comportamento. 1. COMPORTAMENTO CONTRAENTE. Durante la prova ad un progressivo aumento di δh corrisponde un incrudimento del materiale, cioè T cresce via via sempre meno; contemporaneamente si riscontra un cedimento verticale del campione, per questo lo riportiamo verso il basso in un apposito grafico. Quello che si riscontra è che al crescere di δh il provino si addensa fino a raggiungere un valore uniforme. Questo è il comportamento tipico del terreno che in passato non ha subito carichi superiori a quelli applicati nella prova. Riscontriamo un comportamento contraente nelle: ARGILLE: normalmente consolidate NC, debolmente consolidate SABBIE: sciolte, poco addensate Figura 10.10 2. COMPORTAMENTO DILATANTE. Durante la prova ad un aumento di δh corrisponde un aumento dello sforzo di taglio T fino al raggiungimento di un valore di picco detto resistenza di picco, all’ulteriore aumento di δh il terreno diventa meno resistente, la resistenza decade verso il valore più contenuto della resistenza ultima. Per quanto riguarda la dimensione verticale del campione, inizialmente riscontriamo un cedimento verticale, ma abbastanza presto si manifesta il comportamento dilatante, cioè un aumento di spessore del provino. La correlazione tra i due fenomeni si ha in corrispondenza della resistenza di picco che corrisponde al punto di flesso della curva dei cedimenti. È da notare come la resistenza ultima nei provini che manifestano comportamento dilatante tende alla resistenza ultima dei provini con comportamento contraente, tali provini si riferiscono allo stesso terreno, ma hanno subito carichi diversi prima di sottoporli alla prova di taglio. Riscontriamo un comportamento contraente nelle: ARGILLE: fortemente preconsolidate, Figura 10.11 SABBIE: dense Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 120 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Può essere utile riportare in un grafico l’indice dei vuoti e in funzione degli spostamenti orizzontali δh e non dei cedimenti verticali δv. Il fatto interessante è che entrambi i materiali convergono allo stesso valore di porosità al crescere di δh, cioè alla stessa resistenza ultima, graficamente ho lo stesso asintoto orizzontale. Questa comportamento è importante perché ha delle conseguenze sulle caratteristiche meccaniche dei materiali e sui parametri che assumeremo per il modello del terreno. Figura 10.12 Se riportiamo i risultati di una prova di taglio diretto sul piano di Mohr. Riporteremo delle coppie di valori medi (τ, σ) e non dei cerchi perché durante la prova non abbiamo valori uniformi di T ed N. Riporto per alcuni campioni sia i valori di picco che i valori ultimi. Per valori contenuti della tensione verticale σI i valori di resistenza di picco e di resistenza ultima sono nettamente distinti, per valori maggiori di tensione verticale i due valori coincidono. I valori di resistenza ultima stanno su una retta passante per l’origine. Indichiamo con îI l’ANGOLO DI ATTRITO, questo parametro sintetizza il comportamento del terreno che aumenta la propria resistenza all’aumentare dello sforzo normale. Indichiamo con cI il COEFFICIENTE DI COESIONE, che esprime la resistenza al taglio del terreno senza che vi sia applicato alcun sforzo normale. Figura 10.13 A seconda della retta interpolatrice, al variare del livello di tensione σI a cui mi riferisco, ottengo îI p e cI p diversi. Per il calcolo delle opere geotecniche utilizzo i valori îI , cI di picco o i valori di resistenza ultima? La risposta non è affatto scontata, comunque impieghiamo i valori di resistenza di picco per i materiali sovraconsolidati in quanto sarebbe eccessivamente cautelativo utilizzare i valori di resistenza ultima che si manifestano solo in prossimità della rottura. Utilizzo i valori di resistenza ultima qualora lo stato di sollecitazione è talmente elevato da non permettere il manifestarsi lo scavalco dei grani e che comporta direttamente la rottura degli stessi. Non si utilizzano neppure i valori della resistenza residua se non nel caso in cui ho un frana che si era arrestata ed ora si rimette in moto. Solitamente con un fenomento d’instabilità di nuova formazione nelle parti più in alto della superficie di scorrimento ancora non si sono mobilitate le resistenze ultime che il piede già inizia a muoversi; per cui dovremo utilizzare un valore intermedio fra quello ultimo e quello di picco. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 121 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Prova di compressione cilindrica Figura 10.14 Volgarmente chiamata triassiale o triassiale convenzionale. La prova viene eseguita all’interno di una cella triassiale. Lo stato tensionale isotropo nella cella, cioè la pressione dell’acqua che vi pompiamo, lo indichiamo con σ2 , σ3 “sigma o tensioni principali 2 e 3”, σr “sigma radiale” e con σc “sigma di cella”. Lo stato tensionale deviatorico, cioè la pressione esercitata dal pistone, lo indichiamo con q, con σ1 “sigma o tensione principale 1” indichiamo lo sforzo verticale globale che include q e σc: σ1=σc+q. LA MEMBRANA non serve a tenere assieme il provino, anche se a volte è costituito da sabbia incoerente, essenzialmente serve per applicare una pressione laterale isotropa al terreno. Se non ci fosse la membrana l’acqua della cella sarebbe a diretto contatto con l’acqua all’interno del provino. La pressione dell’acqua della cella si trasmetterebbe all’acqua del provino. La membrana serve per trasmettere la tensione efficace al provino. I ∆ u=∆ σ r B∆ σ r =∆ σ r La prova triassiale si sviluppa in due fasi: FASE 1: Si applica uno stato di sforzo isotropo, una compressione isotropa, ed a seconda che i rubinetti siano aperti o chiusi e che la prova sia sufficientemente lenta si ha una prova CONSOLIDATA “C” oppure NON CONSOLIDATA “U”. FASE 2: Si porta a rottura il campione con i rubinetti chiusi o aperti. Ciò avviene comprimendo il provino con il pistone cioè si applica uno sforzo di taglio, uno sforzo deviatorico, con la contemporanea presenza della pressione laterale convenzionale, che viene mantenuta costante. La prova può essere DRENATA “D” o NON DRENATA “U”. Sebbene si abbiano 4 combinazioni ci sono solo 3 tipi di prove. Le prove di compressione triassiale possono essere di 3 tipi: 1. non consolidata, non drenata (U,U) 2. consolidata, drenata (C,D) 3. consolidata, non drenata (C,U) Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 122 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Fase 1: applicazione del carico isotropo in condizioni drenate con consolidazione Si consegue la consolidazione applicando una pressione σr (=σc) alla cella triassiale. I rubinetti sono aperti e la prova è drenata. Viene applicato uno stato tensionale uniforme in tutte le direzioni σr (stato di sollecitazione isotropo). Per effetto della pressione applicata all’istante t=0 il provino tende a subire una variazione di volume, ma a causa della resistenza al moto dell’acqua nei pori del materiale la variazione di volume non può essere istantanea: per ∆V =0 t=0 Nell’istante t=0 il provino non subisce alcun effetto meccanico in quanto la variazione di volume è nulla; l’incremento dello stato di sollecitazione interessa la fase liquida e lo scheletro solido non subisce alcuna deformazione: per Figura 10.15 ∆ V =0 t=0 I ∆ σ r =0 I ∆ u=∆ σ r B∆ σ r =∆ σ r Istantaneamente si può dire che la prova è come quella di tipo non drenato perché il drenaggio necessita un tempo finito per potersi verificare. Col trascorrere del tempo si attiva un processo di consolidazione e questo teoricamente termina in un tempo ∞ . Al trascorrere del tempo, l’acqua esce, e la pressione neutra si scarica sullo scheletro solido. Con il trascorrere del tempo la sovrappressione si trasferisce dalla fase liquida allo scheletro solido inducendo sullo stesso una variazione di volume. per t→ ∞ ∆ u=0 I ∆ σ r =∆ σ r ∆ V ≠0 Per consentire la consolidazione del provino deve essere realizzata una prova di tipo drenato. La prima fase della prova triassiale ha termine quando il volume d’acqua V nella buretta non varia più. Figura 10. 16 L’andamento della deformazione volumetrica è simile a quello della prova in condizioni edometriche, ci è utile per controllare che la prova si sia svolta correttamente, che sia giunta a conclusione la prima fase. Fase 2: applicazione dello sforzo di taglio In questa seconda fase si porta a rottura il provino applicando uno sforzo assiale di compressione (detto anche deviatorico o di taglio) mediante il pistone. La pressione laterale convenzionale (detta anche di cella o radiale o isotropa) rimane costante σr=σc=cost. I rubinetti possono essere chiusi o aperti: otteniamo così una rottura rispettivamente in condizioni non drenate o drenate. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 123 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Prova non consolidata, non drenata (U,U) Nella PRIMA FASE viene applicato il carico isotropo, ma il rubinetto è chiuso: viene impedita l’uscita dell’acqua. Nell’ipotesi che il terreno sia saturo S=1, la variazione di volume è nulla. ∆V =0 Se la variazione di volume è nulla non si osserva nessun effetto meccanico: il terreno rimane indeformato. Questo significa che non si hanno variazioni di tensioni efficaci. I ∆ σ =0 Più correttamente ricordando che il carico è isotropo si può scrivere in termini di invarianti: p= σ 1A2σ 3 pI = = σ c A2 σ c 3 I I σ 1 A2 σ 3 3 =σ c 3 q=σ 1Bσ 3=0 I ∆ p =0 ∆ q I =0 Ricordando che: p= pI Au ∆ p=∆ pI A∆ u ∆ p=∆ u con ∆ pI =0 Si vede che ∆p corrisponde alla pressione di cella. Visto che con l’applicazione del carico isotropo la variazione di volume è nulla, lo stato tensionale rimane inalterato, allora la pressione applicata si scarica per intero sull’acqua ed il provino rimane indisturbato. L’effetto che si ottiene dall’applicazione della pressione isotropa esterna è l’aumento della pressione dell’acqua all’interno del provino; in altre parole la pressione di cella σc qualunque valore abbia si scarica sull’acqua interstiziale. Nella SECONDA FASE si applica uno sforzo assiale sul pistone mantenendo il rubinetto chiuso visto che la prova non è drenata. La pressione laterale viene mantenuta costante. Si applica q=σ Bσ c , cioè lo sforzo verticale globale è σ1 e q è la quantità aggiunta. 1 ∆ u t =0 q=σ 1Bσ 3= N A N è lo sforzo sul pistone. Dato che i rubinetti sono chiusi, la variazione di volume è nulla. ∆V =0 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 124 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Prova consolidata, drenata (C,D) Viene eseguita la PRIMA FASE con l’applicazione del carico di cella o isotropo in condizioni drenate in modo da permettere la consolidazione. Con la SECONDA FASE incrementiamo la pressione assiale mantenendo costante quella laterale. ∆ σ a =∆ σ 1>0 ∆ σ c =∆ σ r=∆ σ 3=0 σ3 tensione principale massima La prova viene condotta con velocità ridotta in modo che la prova possa essere considerata effettivamente drenata. Le sollecitazioni sono applicate in modo così lento che le tensioni interstiziali hanno il modo di dissiparsi. Una prova con terreni a grana fine dura da una settimana a 10 giorni, anche se prendiamo il provino più piccolo φ 76mm, h 38mm e con due pietre porose in modo da dimezzare il percorso di drenaggio e di conseguenza il tempo di consolidazione. Con queste prove posso definire effettivamente un tensione assiale ed una radiale e questa volta va meglio che non con la prova di taglio diretto perché ho dei valore uniformi. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 125 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Prova consolidata, non drenata (C,U) Nella PRIMA FASE avviene la consolidazione isotropa del campione: con l’applicazione della pressione di cella, essa immediatamente si trasferisce sull’acqua, ma questa volta i rubinetti sono aperti e l’acqua incomincia a defluire: quando le sovrapressioni sono completamente dissipate il fenomeno cessa e contestualmente si ha una riduzione di volume. Nella SECONDA FASE, in cui si ha l’applicazione della compressione deviatorica, i rubinetti vengono chiusi, realizzando così le condizioni non drenate. Il taglio è applicato attraverso un deviatore: lo sforzo assiale maggiore di quello radiale. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 126 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Come varia la pressione interstiziale durante la prova non drenata Eseguiamo una prova di compressione cilindrica (o prova triassiale) non drenata sia in fase 1 che in fase 2. In prove non drenate, con condizioni di terreno saturo, la variazione di volume è nulla e quindi tutto l’incremento dello stato tensionale si scarica sulla fase liquida. La variazione ∆u di pressione può essere determinata dalla seguente relazione semiempirica8: Skempton (1957) ∆ u=B ∆ σ r A A ∆ σ a B∆ σ r Componente isotropa dello stato di sforzo totale: ∆ σr Componente deviatorica dello stato di sforzo totale: ∆ σ a B∆ σ r In questa relazione intervengono due parametri: A e B. Questa relazione ci mostra che la pressione neutra varia per l’applicazione di uno stato di sforzo isotropo ma anche per l’applicazione di uno stato di sforzo deviatorico. Durante la prima fase della prova di compressione cilindrica (o prova triassiale) lo stato di sollecitazione è di tipo isotropo, in altre parole σa=σr, cioè σa=σb=σc allora la formula di Skempton si riduce a: ∆ u=B ∆ σ r e B è un parametro che dipende dal grado di saturazione del terreno: S =0 S =1 BY0 B=1 Da questa prima fase potremo ricavare il parametro B, visto che misuriamo la variazione di pressione ∆u ad un manometro e la pressione di cella ∆σr ad un’altro: B= ∆u ∆ σr Il coefficiente A tiene conto come per effetto dell’applicazione della componente deviatorica degli sforzi abbiamo una variazione delle pressioni neutre, ma non solo. NOTA BENE: Se il provino è secco, o almeno non saturo, essendo l’aria comprimibile il carico applicato può provocare anche una variazione di volume anche nel caso di prova non drenata e il carico viene trasferito quasi per intero sullo scheletro solido. Durante la fase 2 della prova cilindrica condotta in condizioni non drenate: la pressione di cella è costante ∆σr=0, cioè e varia solamente lo sforzo assiale ∆σa. Allora la formula di Skempton diventa: ∆ u=B A∆ σ a Possiamo così ricavare A: A= ∆u B ∆σ a Nel modello di Skempton quando applichiamo lo sforzo di taglio rimane il coefficiente A. Il coefficiente A dipende da molti fattori. Vediamo com’è influenzato il valore del coefficiente A dal tipo di struttura del provino: 1. con grani a struttura sciolta, 2. con grani a struttura molto addensata. 8 A. Burghignoli, Lezioni di meccanica delle terre pp.180−183 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 127 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO 1. Se lo sforzo di taglio viene applicato ad un terreno dalla struttura poco densa i grani tendono ad entrare negli spazi presenti tra un granello e l’altro. Questo effetto tende a provocare una riduzione del volume ∆V<0 . A seguito di questo teorema, osservando che le deformazioni volumetriche sono impedite, nasce una componente di pressione neutra aggiuntiva che tende a bilanciare la variazione volumetrica precedente. In definitiva una sollecitazione tagliante applicata ad un terreno poco denso incrementa il livello di tensione neutra mantenendo inalterato il volume del provino. Una struttura sciolta a cui si applica uno sforzo di taglio τ provoca ∆ V =0 ∆ u>0 Il volume vorrebbe diminuire ma non può allora aumenta la pressione 2. A causa dell’applicazione degli sforzi di taglio in un terreno dalla struttura molto addensata la tendenza dei granelli è quella di reciproco scavalcamento; il volume tende ad aumentare e il fenomeno viene detto DILATANZA (dipende dal grado di addensamento del terreno). Siccome però la variazione di volume è impedita allora nasce una variazione di pressione neutra negativa che tende a bilanciare l’effetto della dilatanza. La tensione tangenziale applicata ad un terreno molto addensato tende a diminuire il livello di pressione neutra mantenendo inalterato il volume del provino. Una struttura molto addensata a cui si applica uno sforzo di taglio τ provoca ∆ V =0 ∆ u<0 Il volume vorrebbe aumentare per via di qualche scorrimento ma non può allora diminuisce la pressione Sappiamo che A è un parametro che qualifica la variazione di pressione neutra a seguito dell’applicazione di una sollecitazione tangenziale τ. Possiamo quindi dire secondo questi semplici ragionamenti che : A>0 PER TERRENI A STRUTTURA SCIOLTA: argille normalmente o debolmente sovraconsolidate sabbie sciolte poco addensate A<0 PER TERRENI A STRUTTURA MOLTO ADDENSATA: argille fortemente preconsolidate sabbie dense NOTA BENE: Si può osservare che il parametro A non si mantiene costante durante la prova in quanto varia il livello della pressione neutra applicata. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 128 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO I risultati delle prove drenate sono del tipo seguente: In questi diagrammi si vede la differenza di comportamento dei materiali a struttura sciolta dai materiali a struttura densa. Per quanto riguarda gli sforzi tangenziali vediamo che i terreni densi presentano un comportamento instabile, cioè si arriva ad un valore massimo dello sforzo di taglio ed in seguito la resistenza diminuisce. I materiali a struttura sciolta non presentano questa instabilità in quanto lo sforzo tangenziale è una funzione sempre crescente; per òa→∞ i due tipi di materiale presentano un asintoto orizzontale comune. Siccome stiamo trattando le prove drenate allora i provini sono interessati da variazioni volumetriche. Per i materiali a struttura sciolta abbiamo una progressiva diminuzione di volume. Per i materiali a struttura densa inizialmente si osserva una leggera diminuzione di volume, ma superato un certo livello di deformazione assiale abbiamo una inversione della tendenza con aumento del volume del provino. Figura 10.17 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 129 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO I risultati delle prove non drenate presentano degli andamenti simili ai precedenti, ma interessano delle grandezze diverse. Per quanto riguarda l’andamento degli sforzi tangenziali può essere fatto un discorso simile al caso precedente l’unica cosa che cambia sono i valori degli sforzi. Il secondo diagramma in questo caso rappresenta l’andamento delle pressioni neutre in quanto essendo la prova non drenata la variazione di volume è nulla e le tensioni applicate si scaricano sulla fase liquida. Il rapporto tra le quantità che vengono misurate in questi diagrammi rappresenta il valore assunto dal coefficiente A della formula di Skempton durante la prova. A questo punto per le due tipologie di prova possiamo andare a studiare il percorso seguito nel piano delle tensioni p, q oppure pI,qI. Figura 10.18 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 130 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Prova drenata: percorso delle tensioni totali ed efficaci Nel tatto OA viene applicata al provino una tensione assiale uguale a quella radiale e quindi la tensione tangenziale che viene introdotta è nulla. Nel tratto AB il provino viene sottoposto ad un incremento della sola tensione assiale fino ad arrivare alla condizione di rottura. Dobbiamo osservare che in questo caso essendo la prova drenata la pressione neutra si mantiene nulla per cui il tratto AIBI delle tensioni efficaci coincide con quello delle tensioni totali. Figura 10.19 Prova non drenata: percorso delle tensioni totali ed efficaci Se la prova è non drenata la fase di carico AB che introduce le tensioni tangenziali è tale per cui la curva delle tensioni totali si differenzia dalla curva delle tensioni efficaci. Questo è dovuto al fatto che una variazione di volume nulla provoca una variazione di pressione neutra. Il tratto di curva AIBI è relativo ad un terreno sovraconsolidato, infatti la variazione di pressione neutra ∆u risulta prima positiva e poi negativa all’aumentare di q la curva AIBII è relativa ad un terreno normalconsolidato in quanto la variazione di pressione neutra è sempre positiva. Figura 10.20 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 131 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Criterio di rottura di Mohr−Coulomb Nelle pagine precedenti abbiamo discusso le prove che vengono eseguite su un provino di terreno e abbiamo studiato l’andamento delle risposte che esso forniva in funzione della tipologia della prova e del grado di consolidamento del terreno. Vediamo ora il criterio di Mohr−Coulomb applicato alle diverse prove. Iniziamo con le prove consolidate drenate CD. Consideriamo un unico campione da cui otteniamo tre provini sottoposti ad uno stato tensionale assiale ed uno radiale ed analizziamo il comportamento in corrispondenza di diversi valori della tensione radiale σrI. Le prove che abbiamo qui rappresentato sono quelle tipiche dei terreni fortemente addensati; ognuna di esse è stata condotta per un determinato valore della tensione radiale σrI, tra una prova e l’altra cambia esclusivamente il valore della σrI. Per ogni prova eseguita sul terreno nel piano di Mohr è possibile tracciare il cerchio in corrispondenza del valore massimo dello sforzo sollecitante il provino durante la prova. Figura 10.21 Operando in questo modo sul piano di Mohr possono essere riportati diversi cerchi, di solito tre, che rappresentano la condizione di rottura per il terreno in corrispondenza di valori diversi della tensione radiale σrI. Una volta riportati alcuni cerchi relativi alla condizione di rottura del terreno è possibile tracciare la curva d’inviluppo di questi cerchi la quale può essere approssimata ad una retta che è definita da due parametri cI e îI. La retta può essere rappresentata tramite la seguente equazione: I I τ f =c Aσ ⋅tan î I Gli stati compatibili per il terreno sono quelli per cui risulta: τ≤τ f e questa condizione rappresenta il CRITERIO DI ROTTURA DI MOHR−COULOMB. Figura 10.22 cI COEFFICIENTE DI COESIONE îI ANGOLO DI ATTRITO Attenzione che cI e îI non sono dei parametri che definiscono delle proprietà fisiche del terreno, ma sono dei coefficienti che utilizziamo per rappresentare le capacità di resistenza del terreno (tentativo di descrizione del comportamento meccanico). Questi parametri infatti dipendono dalle condizioni di drenaggio del provino e anche dal suo grado di saturazione. Per mettere in evidenza questo aspetto si può considerare una serie di prove non consolidate e non drenate (UU). In questo caso è conveniente riportare il comportamento del terreno in funzione delle tensioni totali e non di quelle efficaci. Faremo delle prove con diversi valori della tensione radiale, ma la condizione di rottura fornisce un cerchio per ogni prova che presenta il medesimo diametro ( σa−σr ). Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 132 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Vediamo ora di eseguire delle prove in condizioni non drenate UU e di completa saturazione del provino S=1. Questo significa che un incremento della tensione radiale σr si trasferisce completamente sulla fase liquida presente nel terreno mantenendo inalterate le tensioni efficaci del provino; per questo motivo rimangono immutate le condizioni di rottura. Se la rappresentazione di queste prove fosse stata fatta facendo riferimento alle tensioni efficaci allora avremmo ottenuto un unico cerchio di Mohr rappresentativo di tutte le condizioni di rottura. In termini di tensioni totali la condizione di rottura del terreno può essere espressa dalla relazione: τ=cu îu =0 con Nel caso in cui la prova non drenata fosse eseguita su un provino di terreno non saturo (S<1) allora in questo caso la variazione di volume non è più nulla; questo significa che una variazione di tensione applicata non provoca solamente una variazione delle pressioni neutre, ma anche un cambiamento delle tensioni efficaci. Essendo il provino non saturo all’interno dei pori oltre all’acqua è presente anche aria la quale ammette una elevata comprimibilità e quindi anche se le condizioni di prova sono non drenate è ammessa comunque una variazione di volume e quindi un incremento delle tensioni efficaci. Operando delle prove secondo queste condizioni sul piano di Mohr otteniamo dei cerchi, rappresentativi della condizione di rottura, che saranno progressivamente crescenti all’aumentare della tensione radiale. Figura 10.23 Un provino non saturo con prova non drenata 1 piccola ∆V≠0 1 S <1 ∆ σ I3>0 B<1 Figura 10.24 ∆σI≠0. ∆ V <0 ∆ u<∆ σ 3 î u >0 Man mano che viene incrementata la tensione radiale le condizioni del provino si modificano, e quindi il comportamento sopra descritto per la condizione di rottura si modifica. All’aumentare della tensione σr diminuisce il volume dell’aria quindi aumenta il grado di saturazione S inoltre in base alla legge di Henry aumenta la solubilità dell’aria nell’acqua che provoca un ulteriore aumento della saturazione S. Questi due effetti tendono a portare il grado di saturazione ad un valore unitario, quindi la curva limite relativa alla condizione di rottura tende a diventare orizzontale. Nell’intervallo in cui S<1 la curva limite non è una retta ma se l’intervallo di tensioni non è sufficientemente elevato è possibile determinare un valore di cu e îu approssimati. Dobbiamo osservare che la condizione di rottura per un provino è valida sia per gli stati tensionali positivi che per quelli negativi. Figura 10.25 Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 133 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Facciamo ora qualche considerazione sulle prove consolidate e poi condotte a rottura in condizioni non drenate CU. Supponiamo di riportare i tre cerchi di Moh di tre provini ottenuti da un certo campione: otteniamo sul piano di Mohr un grafico che assomiglia a quello delle prove condotte in condizioni drenate, ma ha un significato diverso. Ricordo che questo tipo di prove può servire per valutare il comportamento di un terreno di fondazione, quindi un terreno consolidato nel tempo per la presenza dei carichi della costruzione, quando avvenga un sisma, cioè una sollecitazione che non permette alcuna dissipazione delle sovrapressioni interstiziali. Da notare il pedice CU che accompagna i parametri della prova. Figura 10.26 Gli stati compatibili per la resistenza del terreno possono essere espressi nel modo seguente: τ ≤c I Aσ I tan î Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 134 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Anche per le prove triassiali definiamo un GRADO DI SOVRACONSOLIDAZIONE il quale differisce da quello definito per le prove edometriche per l’utilizzo degli invarianti dello stato di sforzo efficace anziché delle tensioni efficaci. Lo si indica sempre con OCR dalle iniziali dei termini inglesi Over Consolidated Ratio. I OCR= pc pI Se OCR=1 il provino si dice normalconsolidato. Se 1<OCR<2 il provino si dice debolmente sovraconsolidato o normalconsolidato. Se OCR>2 il provino si dice fortemente sovraconsolidato. Consideriamo delle prove di compressione triassiali consolidate e non drenate (CU). I vari provini vengono consolidati a valori diversi di tensione di preconsolidazione pIc e dopo vengono portati a rottura senza essere preventivamente scaricati. Incrementando la pressione di consolidazione pIc si osserva che la prova da origine a delle curve di resistenza via via maggiori. I I p= I σ 1A2 σ 2 3 q I =σ 1I Bσ I3 Se rappresentiamo le curve di carico relazionate alla pressione di consolidazione pIc allora gli andamenti delle tre prove coincidono. Vediamo ora queste prove nel piano pI, qI; in tale piano possiamo rappresentare la retta di stato critico che definisce le condizioni di rottura del provino. Per diversi valori della pressione di consolidazione pIc individuiamo diverse posizioni sull’asse pI alle quali corrisponde uno sforzo tangenziale nullo. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 135 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO Da queste posizioni viene incrementato il carico fino ad arrivare alla condizione di rottura del provino; il percorso seguito può essere diverso a seconda che la prova avvenga in condizioni drenate o meno. Se la prova avviene in condizioni drenate (CD) allora la variazione di tensioni coincide con la variazione delle tensioni efficaci. La prova viene condotta con un incremento di σ1 mantenendo inalterato il valore di σ3: ∆ σ 1≠0 ∆ σ 3=0 Se la prova è drenata possiamo allora dire che: I I ∆ σ 1 =∆ σ 1≠0 ∆ σ 3=0 Da cui si ricava che: I I ∆p= I 1 I I 3 ∆ q =∆ σ B∆ σ =∆ σ I ∆ σ 1 A2 ∆ σ 2 3 I = ∆ σ1 3 I 1 Facendo il rapporto di queste due espressioni: ∆ qI ∆ pI =3 Nel caso in cui la prova fosse non drenata allora la sua conduzione avviene comunque con: ∆ σ 1≠0 ∆σ 3=0 però tali variazioni non si riflettono allo stesso modo sulle tensioni efficaci. Nasce una variazione di pressione neutra che definisce un percorso diverso per portare a rottura il provino. Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2. 136 CAPITOLO 10: PROVE DI LABORATORIO (Questa pagina è intenzionalmente bianca.) Appunti di GEOTECNICA. Versione 1.3. A cura di GIUSEPPE DELLANA. Redatti con l’ausilio di StarOffice Writer 5.2. Linux 2.2.17. Mandrake 7.2.