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Counselling e spiritualità cristiana - ACP

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Counselling e spiritualità cristiana - ACP
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
Counselling e spiritualità cristiana
Giovanna Maria Tedde
Compatibilità di due vie
E' davvero impossibile superare le contraddizioni, che, secondo alcuni,
esisterebbero tra l'assunto di base dell'ACP, essenzialmente positivo ed ottimista, e la
concezione cristiana della natura umana?
O è possibile parlare, come afferma Brian Thorne1, di due tendenze correlate, di
"due comunità di fede affatto incompatibili tra loro"2?
La dicotomia tra corpo e mente adottata dalla filosofia occidentale a partire da
Fiatone, per essere sistematizzata da Cartesio nella ben nota opposizione di res
cogitans a res extensa, ed ereditata infine dalle teorie di matrice meccanicistica e
riduzionistica del XX secolo, si è rivelata una "crepa", secondo la definizione di A.
Macleish, nel cuore della nostra civiltà, che ha dato origine ad una conoscenza priva
di sentimento; il superamento di questo paradigma è avvenuto solo in tempi recenti,
grazie al contributo di scienziati come Fritjof Capra e Uva Prigogine.3L'educazione
"dal collo in su" ha lasciato spazio ad un uomo totale -possiamo dire con le parole di
uno studente riportate da Rogers - con "mente, cuore, anima, muscoli, e perfino
genitali"4 - che per così tanto tempo è stato negato, provocando una scissione dalle
spaventose conseguenze.
Person-Centred Counselling; Therapeutic & Spiritual Dimensions e Person-Centred Counselling
and Christian Spirtuality: the secular and the holy, London, Whurr, 1991 e 1997. D'ora in poi mi
riferirò a questi testi rispettivamente come Th. Th. e Th.Cs.
2
Th. Th,p.1Q2
3
cfr. A. Zucconi - P.Howell, La promozione della salute; un approccio globale per il
benessere della persona e della società, La Meridiana 2003, pp.50-51
4
Un modo di essere, PSYCHO di C. Martinelli & C. s.a.s. Firenze 1993, traduzione di M.Bonacci,
p.221
1
1
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
Un esempio emblematico
Questa scissione venne potenziata in ambito religioso dai dogmi. Un'eccessiva e
strumentale dogmatizzazione della fede cristiana ha infatti snaturato ed oscurato,
fino a renderlo spesso irriconoscibile, il contenuto del Vangelo; si proclamava
indebitamente il corpo come sinonimo di male, e soltanto la mente e lo spirito
capaci di compiere il bene; trascurando ad esempio episodi come quello riportato
dall'evangelista Luca, in cui Gesù apre il proprio corpo alle carezze di una donna una prostituta- che, presso Simone il fariseo, gli bacia i piedi, glieli bagna con le sue
lacrime, glieli asciuga con i suoi capelli, e glieli unge con della preziosissima mirra:
"Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una
peccatrice di quella città. ..venne con un vasetto di olio profumato. ..e si rannicchiò
piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi
capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. E volgendosi verso la donna disse
a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non mi hai dato l'acqua
per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi
capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha
cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei
mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti
peccati, poiché ha molto amato." (Le 7, 36-38.44-47) E' importante notare come un
momento di altissima spiritualità -il perdono dei peccati, cioè la profonda
guarigione interiore- coincida con un momento di estrema fisicità; il "mito" del
corpo come esclusivo veicolo di peccato, portato avanti da un dogmatismo
moralistico, viene radicalmente messo in discussione: qui il corpo diventa al
contrario veicolo del massimo grado di purificazione -la remissione dei peccati- e
dunque di salvezza. In una società come la nostra, in cui il corpo, quasi nel tentativo
di esorcizzarne la presunta connotazione peccaminosa, viene continuamente svilito,
usato ed abusato, è quanto mai urgente recuperarne il valore originario -la vera e
propria sacralità- reinserendolo nel rapporto armonico e dinamico con la mente e
con lo spirito, e riconsiderandone così la dimensione olistica, già presente- ma
ignorata o trascurata- nei fondamenti stessi della fede cristiana, come dimostra
l'episodio evangelico citato.
Lo stesso Rogers, negli ultimissimi anni della sua vita - che coincidono, come
vedremo, con la fase del recupero della dimensione spirituale e mistica- dichiara di
essersi scoperto disponibile ad una intimità fisica molto più grande, a ricevere e
ad offrire contatto: "abbraccio e bacio più che nel passato uomini e donne".5
Parte prima: Rogers e la dottrina cristiana
1.1 Un problema di autoaccettazione
Nella biografia di Rogers, Kirschenbaum narra un fatto occorso nel 1949. Rogers
aveva quarantasette anni ed erano trascorsi sette anni dalla pubblicazione di
5
Un modo di essere, p.75
2
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
"Counselling and Psychotherapy". I concetti di accettazione ed empatia erano ben
saldi ed egli era uno che riusciva a mettersi nei panni delle persone sentendocisi a
suo agio e ad entrare con esse in empatia perfetta. "Carl era allora molto riservato e
poco incline all'autorivelazione, questa chiusura sembrava fuori posto in un uomo
che poneva l'accento sulla centralità della autenticità e della congruenza." Quando
una situazione drammatica -la relazione con una cliente disturbata- provocò in lui
un tale sconvolgimento, da segnare un punto di svolta nella sua vita. Tanto che
uno dei membri del suo staff del Counselling Centre di Chicago, Oliver Bown,
vedendolo così affranto, trovò il coraggio di proporsi come terapeuta e Rogers,
nella disperazione, accettò di lavorare su se stesso fino al punto in cui riuscì a
riconoscere il suo valore e addirittura a piacersi e ad essere meno timoroso di
ricevere e dare amore. "E da quel momento" -afferma- la mia terapia è diventata
sempre più libera e spontanea." E ciò è accaduto, dice Thorne, "a un terapeuta che
da anni aiutava centinaia di persone per l'autoaccettazione, uno che era in una
posizione di auto-rifiuto (self-rejecting) e che a livello profondo non era ancora
arrivato all'auto accettazione"6. La relazione impossibile con questa donna aveva
rivelato un uomo che non considerava se stesso affatto degno d'amore e che, come
egli stesso ammise, aveva assunto un atteggiamento esteriore di competenza e di
efficacia che celava un profondo senso di inferiorità. "Gli sviluppi della terapia
centrata sul cliente" - continua Thorne - sono motivati dalla necessità di Carl di
sfuggire a profondi sentimenti di indegnità ed inferiorità. Ma l'apparente ironia
della situazione può essere facilmente compresa se pensiamo al contesto in cui
Rogers visse".
1.2 La Bibbia e l'interpretazione agostiniana del peccato originale
Rogers crebbe, infatti, sotto l'influenza di genitori che appartenevano a un ramo
fondamentalista della Chiesa Evangelica: in casa si recitavano le preghiere ogni giorno
e la Bibbia era il libro di riferimento per ogni circostanza. Uno dei brani più ricorrenti
nella scelta dei testi, operata dalla madre Julia era il seguente:
"Siamo divenuti tutti cosa impura I e come panno immondo sono tutti i nostri
atti di giustizia, / tutti siamo avvizziti come foglie, / le nostre iniquità ci hanno
portato via come il vento". (Isaia 64, 5).
I versetti rivelano una concezione della natura umana basata sul principio di
"falleness"7, sulla considerazione, cioè, dell'essere umano come essenzialmente
corrotto; concezione largamente diffusa negli ambienti evangelici, che ponevano
l'accento sul giudizio di Dio e sulla punizione eterna dei peccatori che non si
rivolgevano ad un Salvatore che li preservasse dalla dannazione.
Questa concezione deriva dalla "disastrosa" influenza dell'interpretazione
agostiniana del peccato originale. Fu S. Agostino a formulare per primo, nella Civitas
6
Th. Th. pag. 105
II termine, quasi intraducibile, indica l'ontologica predisposizione alla caduta (fall) - in senso morale e
teologico- dell'essere umano.
7
3
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
Dei, la teoria secondo la quale lo stato di primigenia integrità dell'uomo, creato ad
immagine e somiglianza di Dio, sarebbe stato fatalmente incrinato dal peccato
originale, destinandolo inesorabilmente alla dannazione eterna: "Dio ha creato
l'uomo integro, essendo Egli stesso l'autore delle virtù e non dei vizi. Ma l'uomo,
essendo divenuto corrotto per sua libera scelta, e giustamente condannato, generò una
posterità nella stessa condizione di depravazione e condanna."8 Siamo ben lontani dal
considerare il peccato di Adamo, distrutto dalla morte redentrice di Cristo, "felice
colpa - come recita il preconio della Veglia pasquale della tradizione liturgica cattolica
- che meritò di avere un così grande Redentore (...) Questa è la notte che salva
dall'oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, ci consacra all'amore del
Padre. Egli ha pagato per noi il debito di Adamo."9
II "lato oscuro" della dottrina agostiniana, non illuminata dallo splendore
salvifico della Resurrezione, è entrato nell'inconscio collettivo della cultura
occidentale, con tutto il peso dei condizionamenti sociali che ne sono derivati. Non
sono mancati, tuttavia, in tempi più recenti, teologi che hanno cercato di
contrastare una visione così radicalmente negativa dell'essere umano; in
particolare l'anglicano Donald Allchin ha elaborato una vera e propria "controdottrina" in opposizione a quella di Agostino, quella della "Rettitudine originale",
quasi certamente sconosciuta a Rogers, secondo cui l'umanità è fatta ad
immagine di Dio, e pertanto partecipa della natura divina. Questa vera e propria
deificazione appare con chiarezza quasi sconcertante nel Salmo 82, in cui lo stesso
Creatore dice agli uomini: "Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo". Come
osserva Thorne, "senza questa visione la dottrina dell'incarnazione stessa sarebbe
deprivata del suo intrinseco significato e valore".10
Rogers, nonostante sapesse bene, a livello razionale, che l'autoaccettazione
fosse il cuore della vita creativa, le parole di Isaia continuamente ripetute dalla
madre -"tutti i nostri atti di giustizia sono panni immondi ai tuoi occhi, o
Signore"- continuavano a lasciarlo nel convincimento dell'indegnità e nel
sentimento dell'impossibilità di essere amato, e per quanto egli cercasse di
stabilire con i suoi clienti relazioni paritarie, sentiva ancora dentro di sé
l'esortazione: "esci da loro, separati!", che lo induceva ad assumere
comportamenti di superiorità e di distacco.11
Al momento dell'incontro con la cliente fortemente disturbata Rogers, come
sostiene Thorne, si sentiva ancora un "panno immondo", e gli sforzi per offrire
agli altri una relazione terapeutica non lo avevano indotto ad amare se stesso né a
rallegrarsi della natura del proprio essere; egli dovette a quel punto intraprendere
l'arduo cammino verso l'autoaccettazione, ricevendo da altri l'accettazione
incondizionata e la comprensione che gli era stata negata dai suoi genitori e dalla
loro visione religiosa.
Civitas Dei, xiii, 14
Messale festivo dei fedeli (testo ufficiale della GEI), a cura di G. Boffa, Nuova Coletti editore, Roma
1999, p.126.
10
Th.Th. p.108
11
cfr. Th. Cs, p.68
8
9
4
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
1.3 La ricerca di un rapporto personale con Cristo
La seconda fase nella vita di Rogers fu segnata da un viaggio di cinque mesi in
Cina, che rappresentò per lui la prima opportunità di distacco dall'angusto
ambiente familiare, e soprattutto dall'ossessivo influsso esercitato dalla madre in
ambito religioso. La lettera che scrisse al suo ritorno può essere considerata un
vero e proprio manifesto d'indipendenza dalla tutela familiare e il tentativo di
iniziare un percorso di fede personale e diretto: "è un incredibile sollievo
smettere di preoccuparsi per ciò che credi di dover credere, e cominciare a
studiare realmente Cristo, per scoprire se egli è davvero una persona per cui valga
la pena dare la propria vita. Sono certo che questo tipo di approccio mi ha portato ad
una relazione molto più profonda ed entusiastica con Lui. Per la prima volta nella mia
vita mi sento ansioso di dire alle persone quello che credo di Lui e del suo
meraviglioso Regno che è venuto ad stabilire. Non mi meraviglio che i suoi primi
discepoli non potessero fare a meno di insegnare la buona novella."12
II ventenne Carl parla dell'"incredibile sollievo" (tremendous reìief) che gli deriva
dall'aver superato un approccio formale e dogmatico con la Scrittura per passare alla
ricerca di un rapporto diretto con la persona di Gesù Cristo. Questa presa di distanza
dalla stretta osservanza dell'esegesi biblica non rallegrò certo i genitori, già
preoccupati da una frase del diario privato del figlio, che si diceva "perplesso e
confuso sulle mille cose e pensieri che riguardano Dio".13 Questa perplessità, che lo
aveva portato a sperimentare "intensi sentimenti di ammirazione e devozione per la
persona di Gesù Cristo"14 si risolse in un secondo momento in un rifiuto totale, che lo
portò ad allontanarsi dalla Chiesa, abbandonando la facoltà di teologia per quella di
psicologia. Secondo Thorne, Rogers "fuggì dalla Chiesa perché aveva sperimentato la
sua dottrina e il suo ambiente umano come una prigione e detrimento per il suo
sviluppo". Il sincero entusiasmo religioso giovanile fu spento sul nascere dalle
cicatrici di quelle profonde ferite che nella sua infanzia gli erano state inferte da una
teologia perversa e primitiva.
1.4 Quattro fasi
Nell'esperienza umana e professionale di Rogers abbiamo individuato quattro
fasi: la prima, quella della fanciullezza e dell'adolescenza, è dominata da
un'atmosfera socio-culturale di costrizione e costante pressione psicologica, vissuta in
un contesto angusto e rigidamente controllato; la seconda, in corrispondenza dei
diciotto anni, in cui il suo diario personale rivela delle perplessità che destano nei
genitori preoccupazione, destinata ad aumentare quando al ritorno dalla Cina,
leggeranno la lettera sopra citata. Una fase, questa, di slancio vitale, di spinte
autonomistiche, anche in senso intellettuale, di creatività, di entusiasmo, che lascia
intravedere una possibilità di rielaborazione personale della Sacra Scrittura, e il
riconoscimento di qualcosa di molto rilevante come il rispetto della persona, la
scoperta del suo valore. Nella terza fase, segnata dall'abbandono della facoltà di
teologia -dove egli intendeva divenire ministro cristiano- per quella di psicologia,
12
13
14
Kirsch, p.25
Kirsch, p.17
Th. Th. .102
5
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
riemergono in Rogers le ferite relative alla prima fase, e il suo rifiuto della dottrina
agostiniana e dell'esperienza familiare diviene radicale.15 Ma "se ciò non fosse
accaduto probabilmente né l'ACP né la terapia centrata sul cliente sarebbero mai
esistiti. Le vie del Signore sono talvolta misteriose e infinite".16 Fu soltanto negli ultimi
dieci anni della sua vita che Rogers ricominciò a parlare e a scrivere di esperienze
mistiche e spirituali.17 E' in particolare di quest'ultima fase che ci occuperemo nella
seconda parte di questo lavoro.
Parte seconda: l'ACP e la dimensione spirituale
2.1 La riabilitazione della coscienza
Nel capitolo sesto di "Un modo di Essere" Rogers parla dell'importanza della
coscienza, della sua capacità simbolizzante, definendola "la più alta delle funzioni
umane",18 e ne "La terapia centrata sul cliente" scrive: "se la coscienza ed il pensiero
conscio sono considerati parte della vita (non come guida, né come freni, ma come
mezzi capaci di illuminare dall'interno il processo di sviluppo), allora tutta la vita
dell'uomo potrà essere esperienza unica". Thorne, amico e seguace di Rogers, che ha
approfondito proprio la dimensione spirituale nel counselling, così si esprime: "la
coscienza è la sola capacità lasciata agli esseri umani per cercare il significato unico
della propria vita, a fronte della fatiscenza dei valori e del declino delle tradizioni ...
nel deserto morale creato dal materialismo, nel quale la coscienza è abortita".19 Egli
presenta quindi il lavoro dello psicoterapeuta austriaco Viktor Frankl20, secondo il
quale i concetti di bene e male non corrispondono, come per tanto tempo abbiamo
creduto, a ciò che si deve o non deve fare secondo un imperativo morale categorico,
esterno ed anonimo, ma s'identificano rispettivamente con ciò che favorisce la piena
realizzazione dell'essere e con ciò che la ostacola. Questa tesi non è affatto in
contrasto con uno dei testi biblici più antichi e fondamentali per la religione ebraica,
in cui Dio stesso si rivolge direttamente al suo popolo per consegnargli la Legge, cioè
i principi morali fondamentali cui ispirarsi nel cammino dell'esistenza: "Camminate
in tutto e per tutto per la via che il Signore vostro Dio vi ha prescritta, perché viviate e
siate felici, e rimaniate a lungo nel paese di cui avrete il possesso (...) Farai ciò che è
giusto e buono agli occhi del Signore perché tu sia felice ed entri in possesso della
fertile terra che il Signore giurò ai tuoi padri di darti" (Deut. 5,33. 6,18) "Perché siate
felici", "perché tu sia felice": questo refrain che si ripete anche in altri passi rivela
l'amore paterno di Dio verso il suo popolo, e la sua preoccupazione di renderlo felice.
Il bene morale coincide quindi perfettamente, come sostiene Frankl, con la
realizzazione piena dell'individuo - la felicità - come dimostra anche il riferimento
alla "fertile terra", che s'identifica non solo con la Terra Promessa verso cui il
popolo d'Israele è in cammino, ma, a livello simbolico, con una condizione di piena
cfr. Th.Th. p.108
Th.Th., p.110
17
In particolare nel capitolo Gli stati alterati della coscienza, in Un modo di essere,
pp.112-113.
18
p.111
19
Th.Th., p.90
20
The unconscious God, Hodder & Stoughton, London 1977
15
16
6
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armonia dell'uomo con se stesso e con l'universo.
Frankl precisa inoltre: "la vera coscienza non ha nulla a che vedere con la paura
della punizione", quell'ossessiva paura che imperava nella nostra coltura
tradizionale e moralistica e che discende da un'errata interpretazione dei testi
biblici. Il testo biblico, infatti, ci sorprende soprattutto perché smentisce il
pregiudizio secondo cui il Dio dell'Antico Testamento è un Dio punitivo e
vendicativo: nella consegna della Legge non c'è traccia né di minacce né di
punizioni; Dio si pone alla pari con l'uomo, mostrandogli semplicemente le
conseguenze naturali del suo comportamento: se l'agire morale ha come
conseguenza la felicità, l'agire immorale non potrà che produrre il male, cioè la
sofferenza dell'uomo stesso. Nel nuovo Testamento questo concetto è confermato e
approfondito:
"Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore,
perché il timore suppone un castigo, e chi teme non è perfetto nell'amore". (1 Giov,
4,18)
L'apostolo Giovanni con queste parole dimostra quanto la logica divina sia
distante dalla nostra misera visione "retribuzionistica"- fatta di premi e punizioni che ha reso il rapporto con Dio e con gli altri così difficile e gravoso. Questo nuovo
concetto di coscienza - che non è altro, poi, che la riscoperta del suo significato
originario- non è molto dissimile da quella tendenza naturale all'autorealizzazione,
presente in ogni essere vivente (persino nelle patate!) che Rogers chiama tendenza
attualizzante. L'Eden è nel cuore di tutti noi.
2.2 Accettazione incondizionata e agape
Ne "La Terapia Centrata sul Cliente", a proposito della considerazione positiva
incondizionata, Rogers parla di "un amore non possessivo o comunque tale da non
soddisfare solamente i bisogni del terapeuta; di un interesse verso il cliente come una
persona distinta... senza "se", senza "ma", senza "non proprio"; è questo il tipo di
accettazione che viene ipotizzato necessario perché si verifichi una modificazione
della personalità."21
E' straordinaria la corrispondenza di questo sentimento con l'agape cristiana,
cioè l'amore fraterno che ha in sé la gioia del dare. La Legge veterotestamentaria,
espressa nel noto Decalogo, è sintetizzata e compiuta nel Nuovo Testamento dal
precetto della carità: "Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 5,43). Tale amore è
poi descritto da S. Paolo nello splendido passo della I lettera ai Corinzi conosciuto
come "Inno alla Carità", che vorrei riportare integralmente:
"Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la Carità,
sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della
profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della
fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la Carità, non sono nulla. E se
anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma
non avessi la Carità, niente mi giova.
21
p. 56
7
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
La carità è paziente,
è benigna la carità,
non è invidiosa la carità,
non si vanta, non si gonfia,
non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità." ("I Cor 13, 8-13).
Dopo aver sottolineato il carattere non possessivo dell'interesse del terapeuta e
quindi anche del counsellor, Rogers spiega ulteriormente la natura di questa
disposizione d'animo, definendola proprio col termine agape: "(...) un certo tipo di
amore per il cliente, così come egli è (attribuendo qui ad amore il significato del
termine teologico "agape" e non l'abituale significato romantico e
possessivo).Quanto ho descritto è un sentimento non paternalistico, non
superficialmente sociale; rispetta l'altra persona in quanto la considera distinta da sé,
e non cerca di possederla. E' un tipo di interesse pieno di forza che non pretende
nulla."22
Rogers dunque parla di amore nell'accezione di agape, e -secondo Thorne- senza
l'amore non ci può essere vera accettazione incondizionata23. Sarebbe dunque l'amore
la quint'essenza dell'Approccio Centrato sulla Persona. Ancora, nel paragrafo
"L'ipotesi essenziale" de La Terapia centrata sul cliente Rogers dice che "uno sviluppo
costruttivo della personalità si ha solamente quando il cliente coglie e sperimenta
una certa atmosfera psicologica nel rapporto. Le condizioni che creano questa
atmosfera non sono la cultura, la preparazione intellettuale, l'orientamento
ideologico o le tecniche. Sono sentimenti o atteggiamenti che debbono essere vissuti
dal terapeuta e percepiti dal cliente;"24 quando, cioè, il cliente si sente amato "come te
stesso", come recita la seconda parte del precetto evangelico; l'amore dunque è la
conditio sine qua non nell'ACP e a questo proposito Thorne attribuisce a Rogers il
grande merito di aver trovato un modo per insegnare ad amare agli stessi cristiani,
che per troppo tempo sono stati esortati a farlo senza sapere come, invitandoli a
scoprire nella vita e nell'opera dello stesso Rogers un modo di amare ed essere amati
che non può essere simulato e che richiede un'intensa disciplina, per offrire poi
momenti di gioia sublime.25
Possiamo concludere con Rogers: "la relazione terapeutica non è priva di valori...
fondamentale è quello della persona, il cliente ha valore di per sé come appunto
persona nella sua unicità e nella sua alterità, e proprio quando sente ed avverte di
essere preso in considerazione come persona, può cominciare a dar valore ai diversi
aspetti di sé, a se stesso"26. E' dunque la centralità della persona umana, nella sua
unicità e nel suo profondo rispetto, il cardine della lezione rogersiana, esattamente
come lo è della concezione antropologica cristiana. Thorne illustra con molta
chiarezza ed efficacia la stretta connessione presente anche in questo caso tra il
22
23
24
25
26
La Terapia p. 94
cfr. Th. Th p.93
p.96
cfr. CS, p.70
Terapia, p.276
8
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
pensiero di Rogers e il cristianesimo: "Rogers non usa il nome di Dio per paura che tale
nome rievochi ancora una volta un'immagine di giudizio e di condanna (...) ma egli
crede fermamente nell'effetto trasformante delle relazioni dove siano presenti
accettazione, empatia e trasparenza; in breve, egli crede che l'amore funzioni. E Dio come l'autore dell'Epistola di Giovanni disse molto tempo fa- è amore."27
Sarebbe straordinario se partendo da Dio imparassimo veramente ad amare noi
stessi.
Conclusione: la quarta fase
"Rogers nel suo profondo rispetto per gli esseri umani, e nella sua fiducia nella
tendenza attualizzante, ha consentito a molti di scoprire che nel più profondo
centro della persona c'è lo spirito, che da vita al sé organismico ed è aperto al
trascendente. Questa scoperta, che è la vera essenza della spiritualità, si risolve
spesso in un movimento verso la fede in Dio e nelle qualità divine proprie
dell'uomo." Così Thorne commenta il percorso umano e professionale di Rogers,
paragonandolo ad una sorta di cammino spirituale; anzi, egli è convinto che anche
Rogers avrebbe seguito in maniera più chiara questo percorso, se non fosse stato
segnato dalla dolorosa esperienza religiosa vissuta durante l'infanzia. Rogers stesso
riconosce di aver sottovalutato la dimensione spirituale: "quando sono forse in
uno stato di coscienza lievemente alterato... allora posso comportarmi in modi che
non potrei giustificare razionalmente, che non hanno niente a che fare con i miei
processi di pensiero. Ma questi strani comportamenti alla fine risultano essere
giusti, sia pure in qualche maniera inconsueta: sembra che il mio spirito interiore
abbia raggiunto e toccato lo spirito interiore dell'altro. Il nostro rapporto
trascende se stesso. (...) Sono costretto ad ammettere che io, come molti altri, ho
sottovalutato l'importanza di questa dimensione mistica e spirituale."28
Questa riflessione è maturata nell'ultimo periodo della sua vita -la "quarta
fase" appunto- segnato dalla dolorosa esperienza della malattia e della morte
della moglie Helen, che ha modificato la sua opinione anche circa la morte: essa
non coinciderebbe più con la fine di ogni cosa, e ogni persona sarebbe un' essenza
spirituale continua che dura oltre il tempo: "La mia opinione che la morte
coincida con la fine si è modificata in seguito ad alcuni avvenimenti accaduti
negli ultimi dieci anni (...) tutte queste esperienze mi hanno reso molto più aperto
alla possibilità della continuazione dello spirito umano individuale - cosa questa
che in altri tempi mai avrei ritenuto possibile."29
Ho la consapevolezza di aver solo accennato alle numerose corrispondenze tra
l'ACP e la spiritualità cristiana, e di aver appena posto le basi per altre, più
approfondite ricerche su un argomento che si è rivelato tanto vasto quanto
interessante. Come abbiamo visto, la dimensione spirituale, cui nei diversi momenti
della sua vita e della sua opera accenna Rogers30, in Thorne è centrale. Egli è convinto
che il futuro dell'ACP dipenda proprio dalla sua capacità di inglobare il mondo della
realtà spirituale e che addirittura senza l'elemento spirituale il counselling potrebbe
27
28
29
30
Cs, p.68
Un modo, p.113
Un modo, pp. 79-82
cfr. in particolare La terapia, pp. 253-254, 338 e Un modo, 113-117
9
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
risultare monco. Per concludere con le parole dello stesso Rogers: "persino dalla fisica
teorica e dalla chimica giungono alcune conferme della validità delle esperienze
trascendenti, indescrivibili, inattese, trasformative - il genere di fenomeni che con i
miei colleghi abbiamo osservato e sentito come concomitanti con l'Approccio centrato
sulla persona. (...) Forse stiamo toccando il limite estremo della nostra capacità di
trascenderci, di creare direzioni nuove e più spirituali nell'evoluzione umana."31
Bibliografia
Rogers, C. R. (1980) A Way of Being, Boston, MA, Houghton Mifflin Company (trad. it.
Un modo di essere, Firenze, G. Martinelli, 1993)
Rogers, C. R. (1951) Client-centered therapy, Boston, Houghton Mifflin (trad. it. Terapia
centrata sul cliente, Firenze, G. Martinelli, 1994
Rogers, C. R. (1976) On Personal Power, New York, Delacorte Press (trad. It. Potere
personale, Roma, Astrolabio, 1978).
Thorne, B. (1991) - Therapeutic and Spiritual Dimensions, London, Whurr
Thorne, B. (1997) Person-Centred Counselling and Christian Spirtuality: the secular
and the holy, London, Whurr
Kirschenbaum, H. (1979) On Becoming Carl Rogers, New York, Delacorte Press
Zucconi, A. Howell, P., (2003) La promozione della salute; un approccio globale per il
benessere della persona e della società, Molfetta (BA), La Meridiana
31
Un modo, pp. 115-117
10
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