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Counselling e spiritualità cristiana - ACP
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 Counselling e spiritualità cristiana Giovanna Maria Tedde Compatibilità di due vie E' davvero impossibile superare le contraddizioni, che, secondo alcuni, esisterebbero tra l'assunto di base dell'ACP, essenzialmente positivo ed ottimista, e la concezione cristiana della natura umana? O è possibile parlare, come afferma Brian Thorne1, di due tendenze correlate, di "due comunità di fede affatto incompatibili tra loro"2? La dicotomia tra corpo e mente adottata dalla filosofia occidentale a partire da Fiatone, per essere sistematizzata da Cartesio nella ben nota opposizione di res cogitans a res extensa, ed ereditata infine dalle teorie di matrice meccanicistica e riduzionistica del XX secolo, si è rivelata una "crepa", secondo la definizione di A. Macleish, nel cuore della nostra civiltà, che ha dato origine ad una conoscenza priva di sentimento; il superamento di questo paradigma è avvenuto solo in tempi recenti, grazie al contributo di scienziati come Fritjof Capra e Uva Prigogine.3L'educazione "dal collo in su" ha lasciato spazio ad un uomo totale -possiamo dire con le parole di uno studente riportate da Rogers - con "mente, cuore, anima, muscoli, e perfino genitali"4 - che per così tanto tempo è stato negato, provocando una scissione dalle spaventose conseguenze. Person-Centred Counselling; Therapeutic & Spiritual Dimensions e Person-Centred Counselling and Christian Spirtuality: the secular and the holy, London, Whurr, 1991 e 1997. D'ora in poi mi riferirò a questi testi rispettivamente come Th. Th. e Th.Cs. 2 Th. Th,p.1Q2 3 cfr. A. Zucconi - P.Howell, La promozione della salute; un approccio globale per il benessere della persona e della società, La Meridiana 2003, pp.50-51 4 Un modo di essere, PSYCHO di C. Martinelli & C. s.a.s. Firenze 1993, traduzione di M.Bonacci, p.221 1 1 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 Un esempio emblematico Questa scissione venne potenziata in ambito religioso dai dogmi. Un'eccessiva e strumentale dogmatizzazione della fede cristiana ha infatti snaturato ed oscurato, fino a renderlo spesso irriconoscibile, il contenuto del Vangelo; si proclamava indebitamente il corpo come sinonimo di male, e soltanto la mente e lo spirito capaci di compiere il bene; trascurando ad esempio episodi come quello riportato dall'evangelista Luca, in cui Gesù apre il proprio corpo alle carezze di una donna una prostituta- che, presso Simone il fariseo, gli bacia i piedi, glieli bagna con le sue lacrime, glieli asciuga con i suoi capelli, e glieli unge con della preziosissima mirra: "Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città. ..venne con un vasetto di olio profumato. ..e si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. E volgendosi verso la donna disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato." (Le 7, 36-38.44-47) E' importante notare come un momento di altissima spiritualità -il perdono dei peccati, cioè la profonda guarigione interiore- coincida con un momento di estrema fisicità; il "mito" del corpo come esclusivo veicolo di peccato, portato avanti da un dogmatismo moralistico, viene radicalmente messo in discussione: qui il corpo diventa al contrario veicolo del massimo grado di purificazione -la remissione dei peccati- e dunque di salvezza. In una società come la nostra, in cui il corpo, quasi nel tentativo di esorcizzarne la presunta connotazione peccaminosa, viene continuamente svilito, usato ed abusato, è quanto mai urgente recuperarne il valore originario -la vera e propria sacralità- reinserendolo nel rapporto armonico e dinamico con la mente e con lo spirito, e riconsiderandone così la dimensione olistica, già presente- ma ignorata o trascurata- nei fondamenti stessi della fede cristiana, come dimostra l'episodio evangelico citato. Lo stesso Rogers, negli ultimissimi anni della sua vita - che coincidono, come vedremo, con la fase del recupero della dimensione spirituale e mistica- dichiara di essersi scoperto disponibile ad una intimità fisica molto più grande, a ricevere e ad offrire contatto: "abbraccio e bacio più che nel passato uomini e donne".5 Parte prima: Rogers e la dottrina cristiana 1.1 Un problema di autoaccettazione Nella biografia di Rogers, Kirschenbaum narra un fatto occorso nel 1949. Rogers aveva quarantasette anni ed erano trascorsi sette anni dalla pubblicazione di 5 Un modo di essere, p.75 2 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 "Counselling and Psychotherapy". I concetti di accettazione ed empatia erano ben saldi ed egli era uno che riusciva a mettersi nei panni delle persone sentendocisi a suo agio e ad entrare con esse in empatia perfetta. "Carl era allora molto riservato e poco incline all'autorivelazione, questa chiusura sembrava fuori posto in un uomo che poneva l'accento sulla centralità della autenticità e della congruenza." Quando una situazione drammatica -la relazione con una cliente disturbata- provocò in lui un tale sconvolgimento, da segnare un punto di svolta nella sua vita. Tanto che uno dei membri del suo staff del Counselling Centre di Chicago, Oliver Bown, vedendolo così affranto, trovò il coraggio di proporsi come terapeuta e Rogers, nella disperazione, accettò di lavorare su se stesso fino al punto in cui riuscì a riconoscere il suo valore e addirittura a piacersi e ad essere meno timoroso di ricevere e dare amore. "E da quel momento" -afferma- la mia terapia è diventata sempre più libera e spontanea." E ciò è accaduto, dice Thorne, "a un terapeuta che da anni aiutava centinaia di persone per l'autoaccettazione, uno che era in una posizione di auto-rifiuto (self-rejecting) e che a livello profondo non era ancora arrivato all'auto accettazione"6. La relazione impossibile con questa donna aveva rivelato un uomo che non considerava se stesso affatto degno d'amore e che, come egli stesso ammise, aveva assunto un atteggiamento esteriore di competenza e di efficacia che celava un profondo senso di inferiorità. "Gli sviluppi della terapia centrata sul cliente" - continua Thorne - sono motivati dalla necessità di Carl di sfuggire a profondi sentimenti di indegnità ed inferiorità. Ma l'apparente ironia della situazione può essere facilmente compresa se pensiamo al contesto in cui Rogers visse". 1.2 La Bibbia e l'interpretazione agostiniana del peccato originale Rogers crebbe, infatti, sotto l'influenza di genitori che appartenevano a un ramo fondamentalista della Chiesa Evangelica: in casa si recitavano le preghiere ogni giorno e la Bibbia era il libro di riferimento per ogni circostanza. Uno dei brani più ricorrenti nella scelta dei testi, operata dalla madre Julia era il seguente: "Siamo divenuti tutti cosa impura I e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia, / tutti siamo avvizziti come foglie, / le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento". (Isaia 64, 5). I versetti rivelano una concezione della natura umana basata sul principio di "falleness"7, sulla considerazione, cioè, dell'essere umano come essenzialmente corrotto; concezione largamente diffusa negli ambienti evangelici, che ponevano l'accento sul giudizio di Dio e sulla punizione eterna dei peccatori che non si rivolgevano ad un Salvatore che li preservasse dalla dannazione. Questa concezione deriva dalla "disastrosa" influenza dell'interpretazione agostiniana del peccato originale. Fu S. Agostino a formulare per primo, nella Civitas 6 Th. Th. pag. 105 II termine, quasi intraducibile, indica l'ontologica predisposizione alla caduta (fall) - in senso morale e teologico- dell'essere umano. 7 3 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 Dei, la teoria secondo la quale lo stato di primigenia integrità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, sarebbe stato fatalmente incrinato dal peccato originale, destinandolo inesorabilmente alla dannazione eterna: "Dio ha creato l'uomo integro, essendo Egli stesso l'autore delle virtù e non dei vizi. Ma l'uomo, essendo divenuto corrotto per sua libera scelta, e giustamente condannato, generò una posterità nella stessa condizione di depravazione e condanna."8 Siamo ben lontani dal considerare il peccato di Adamo, distrutto dalla morte redentrice di Cristo, "felice colpa - come recita il preconio della Veglia pasquale della tradizione liturgica cattolica - che meritò di avere un così grande Redentore (...) Questa è la notte che salva dall'oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, ci consacra all'amore del Padre. Egli ha pagato per noi il debito di Adamo."9 II "lato oscuro" della dottrina agostiniana, non illuminata dallo splendore salvifico della Resurrezione, è entrato nell'inconscio collettivo della cultura occidentale, con tutto il peso dei condizionamenti sociali che ne sono derivati. Non sono mancati, tuttavia, in tempi più recenti, teologi che hanno cercato di contrastare una visione così radicalmente negativa dell'essere umano; in particolare l'anglicano Donald Allchin ha elaborato una vera e propria "controdottrina" in opposizione a quella di Agostino, quella della "Rettitudine originale", quasi certamente sconosciuta a Rogers, secondo cui l'umanità è fatta ad immagine di Dio, e pertanto partecipa della natura divina. Questa vera e propria deificazione appare con chiarezza quasi sconcertante nel Salmo 82, in cui lo stesso Creatore dice agli uomini: "Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo". Come osserva Thorne, "senza questa visione la dottrina dell'incarnazione stessa sarebbe deprivata del suo intrinseco significato e valore".10 Rogers, nonostante sapesse bene, a livello razionale, che l'autoaccettazione fosse il cuore della vita creativa, le parole di Isaia continuamente ripetute dalla madre -"tutti i nostri atti di giustizia sono panni immondi ai tuoi occhi, o Signore"- continuavano a lasciarlo nel convincimento dell'indegnità e nel sentimento dell'impossibilità di essere amato, e per quanto egli cercasse di stabilire con i suoi clienti relazioni paritarie, sentiva ancora dentro di sé l'esortazione: "esci da loro, separati!", che lo induceva ad assumere comportamenti di superiorità e di distacco.11 Al momento dell'incontro con la cliente fortemente disturbata Rogers, come sostiene Thorne, si sentiva ancora un "panno immondo", e gli sforzi per offrire agli altri una relazione terapeutica non lo avevano indotto ad amare se stesso né a rallegrarsi della natura del proprio essere; egli dovette a quel punto intraprendere l'arduo cammino verso l'autoaccettazione, ricevendo da altri l'accettazione incondizionata e la comprensione che gli era stata negata dai suoi genitori e dalla loro visione religiosa. Civitas Dei, xiii, 14 Messale festivo dei fedeli (testo ufficiale della GEI), a cura di G. Boffa, Nuova Coletti editore, Roma 1999, p.126. 10 Th.Th. p.108 11 cfr. Th. Cs, p.68 8 9 4 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 1.3 La ricerca di un rapporto personale con Cristo La seconda fase nella vita di Rogers fu segnata da un viaggio di cinque mesi in Cina, che rappresentò per lui la prima opportunità di distacco dall'angusto ambiente familiare, e soprattutto dall'ossessivo influsso esercitato dalla madre in ambito religioso. La lettera che scrisse al suo ritorno può essere considerata un vero e proprio manifesto d'indipendenza dalla tutela familiare e il tentativo di iniziare un percorso di fede personale e diretto: "è un incredibile sollievo smettere di preoccuparsi per ciò che credi di dover credere, e cominciare a studiare realmente Cristo, per scoprire se egli è davvero una persona per cui valga la pena dare la propria vita. Sono certo che questo tipo di approccio mi ha portato ad una relazione molto più profonda ed entusiastica con Lui. Per la prima volta nella mia vita mi sento ansioso di dire alle persone quello che credo di Lui e del suo meraviglioso Regno che è venuto ad stabilire. Non mi meraviglio che i suoi primi discepoli non potessero fare a meno di insegnare la buona novella."12 II ventenne Carl parla dell'"incredibile sollievo" (tremendous reìief) che gli deriva dall'aver superato un approccio formale e dogmatico con la Scrittura per passare alla ricerca di un rapporto diretto con la persona di Gesù Cristo. Questa presa di distanza dalla stretta osservanza dell'esegesi biblica non rallegrò certo i genitori, già preoccupati da una frase del diario privato del figlio, che si diceva "perplesso e confuso sulle mille cose e pensieri che riguardano Dio".13 Questa perplessità, che lo aveva portato a sperimentare "intensi sentimenti di ammirazione e devozione per la persona di Gesù Cristo"14 si risolse in un secondo momento in un rifiuto totale, che lo portò ad allontanarsi dalla Chiesa, abbandonando la facoltà di teologia per quella di psicologia. Secondo Thorne, Rogers "fuggì dalla Chiesa perché aveva sperimentato la sua dottrina e il suo ambiente umano come una prigione e detrimento per il suo sviluppo". Il sincero entusiasmo religioso giovanile fu spento sul nascere dalle cicatrici di quelle profonde ferite che nella sua infanzia gli erano state inferte da una teologia perversa e primitiva. 1.4 Quattro fasi Nell'esperienza umana e professionale di Rogers abbiamo individuato quattro fasi: la prima, quella della fanciullezza e dell'adolescenza, è dominata da un'atmosfera socio-culturale di costrizione e costante pressione psicologica, vissuta in un contesto angusto e rigidamente controllato; la seconda, in corrispondenza dei diciotto anni, in cui il suo diario personale rivela delle perplessità che destano nei genitori preoccupazione, destinata ad aumentare quando al ritorno dalla Cina, leggeranno la lettera sopra citata. Una fase, questa, di slancio vitale, di spinte autonomistiche, anche in senso intellettuale, di creatività, di entusiasmo, che lascia intravedere una possibilità di rielaborazione personale della Sacra Scrittura, e il riconoscimento di qualcosa di molto rilevante come il rispetto della persona, la scoperta del suo valore. Nella terza fase, segnata dall'abbandono della facoltà di teologia -dove egli intendeva divenire ministro cristiano- per quella di psicologia, 12 13 14 Kirsch, p.25 Kirsch, p.17 Th. Th. .102 5 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 riemergono in Rogers le ferite relative alla prima fase, e il suo rifiuto della dottrina agostiniana e dell'esperienza familiare diviene radicale.15 Ma "se ciò non fosse accaduto probabilmente né l'ACP né la terapia centrata sul cliente sarebbero mai esistiti. Le vie del Signore sono talvolta misteriose e infinite".16 Fu soltanto negli ultimi dieci anni della sua vita che Rogers ricominciò a parlare e a scrivere di esperienze mistiche e spirituali.17 E' in particolare di quest'ultima fase che ci occuperemo nella seconda parte di questo lavoro. Parte seconda: l'ACP e la dimensione spirituale 2.1 La riabilitazione della coscienza Nel capitolo sesto di "Un modo di Essere" Rogers parla dell'importanza della coscienza, della sua capacità simbolizzante, definendola "la più alta delle funzioni umane",18 e ne "La terapia centrata sul cliente" scrive: "se la coscienza ed il pensiero conscio sono considerati parte della vita (non come guida, né come freni, ma come mezzi capaci di illuminare dall'interno il processo di sviluppo), allora tutta la vita dell'uomo potrà essere esperienza unica". Thorne, amico e seguace di Rogers, che ha approfondito proprio la dimensione spirituale nel counselling, così si esprime: "la coscienza è la sola capacità lasciata agli esseri umani per cercare il significato unico della propria vita, a fronte della fatiscenza dei valori e del declino delle tradizioni ... nel deserto morale creato dal materialismo, nel quale la coscienza è abortita".19 Egli presenta quindi il lavoro dello psicoterapeuta austriaco Viktor Frankl20, secondo il quale i concetti di bene e male non corrispondono, come per tanto tempo abbiamo creduto, a ciò che si deve o non deve fare secondo un imperativo morale categorico, esterno ed anonimo, ma s'identificano rispettivamente con ciò che favorisce la piena realizzazione dell'essere e con ciò che la ostacola. Questa tesi non è affatto in contrasto con uno dei testi biblici più antichi e fondamentali per la religione ebraica, in cui Dio stesso si rivolge direttamente al suo popolo per consegnargli la Legge, cioè i principi morali fondamentali cui ispirarsi nel cammino dell'esistenza: "Camminate in tutto e per tutto per la via che il Signore vostro Dio vi ha prescritta, perché viviate e siate felici, e rimaniate a lungo nel paese di cui avrete il possesso (...) Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore perché tu sia felice ed entri in possesso della fertile terra che il Signore giurò ai tuoi padri di darti" (Deut. 5,33. 6,18) "Perché siate felici", "perché tu sia felice": questo refrain che si ripete anche in altri passi rivela l'amore paterno di Dio verso il suo popolo, e la sua preoccupazione di renderlo felice. Il bene morale coincide quindi perfettamente, come sostiene Frankl, con la realizzazione piena dell'individuo - la felicità - come dimostra anche il riferimento alla "fertile terra", che s'identifica non solo con la Terra Promessa verso cui il popolo d'Israele è in cammino, ma, a livello simbolico, con una condizione di piena cfr. Th.Th. p.108 Th.Th., p.110 17 In particolare nel capitolo Gli stati alterati della coscienza, in Un modo di essere, pp.112-113. 18 p.111 19 Th.Th., p.90 20 The unconscious God, Hodder & Stoughton, London 1977 15 16 6 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 armonia dell'uomo con se stesso e con l'universo. Frankl precisa inoltre: "la vera coscienza non ha nulla a che vedere con la paura della punizione", quell'ossessiva paura che imperava nella nostra coltura tradizionale e moralistica e che discende da un'errata interpretazione dei testi biblici. Il testo biblico, infatti, ci sorprende soprattutto perché smentisce il pregiudizio secondo cui il Dio dell'Antico Testamento è un Dio punitivo e vendicativo: nella consegna della Legge non c'è traccia né di minacce né di punizioni; Dio si pone alla pari con l'uomo, mostrandogli semplicemente le conseguenze naturali del suo comportamento: se l'agire morale ha come conseguenza la felicità, l'agire immorale non potrà che produrre il male, cioè la sofferenza dell'uomo stesso. Nel nuovo Testamento questo concetto è confermato e approfondito: "Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo, e chi teme non è perfetto nell'amore". (1 Giov, 4,18) L'apostolo Giovanni con queste parole dimostra quanto la logica divina sia distante dalla nostra misera visione "retribuzionistica"- fatta di premi e punizioni che ha reso il rapporto con Dio e con gli altri così difficile e gravoso. Questo nuovo concetto di coscienza - che non è altro, poi, che la riscoperta del suo significato originario- non è molto dissimile da quella tendenza naturale all'autorealizzazione, presente in ogni essere vivente (persino nelle patate!) che Rogers chiama tendenza attualizzante. L'Eden è nel cuore di tutti noi. 2.2 Accettazione incondizionata e agape Ne "La Terapia Centrata sul Cliente", a proposito della considerazione positiva incondizionata, Rogers parla di "un amore non possessivo o comunque tale da non soddisfare solamente i bisogni del terapeuta; di un interesse verso il cliente come una persona distinta... senza "se", senza "ma", senza "non proprio"; è questo il tipo di accettazione che viene ipotizzato necessario perché si verifichi una modificazione della personalità."21 E' straordinaria la corrispondenza di questo sentimento con l'agape cristiana, cioè l'amore fraterno che ha in sé la gioia del dare. La Legge veterotestamentaria, espressa nel noto Decalogo, è sintetizzata e compiuta nel Nuovo Testamento dal precetto della carità: "Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 5,43). Tale amore è poi descritto da S. Paolo nello splendido passo della I lettera ai Corinzi conosciuto come "Inno alla Carità", che vorrei riportare integralmente: "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la Carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la Carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la Carità, niente mi giova. 21 p. 56 7 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 La carità è paziente, è benigna la carità, non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità." ("I Cor 13, 8-13). Dopo aver sottolineato il carattere non possessivo dell'interesse del terapeuta e quindi anche del counsellor, Rogers spiega ulteriormente la natura di questa disposizione d'animo, definendola proprio col termine agape: "(...) un certo tipo di amore per il cliente, così come egli è (attribuendo qui ad amore il significato del termine teologico "agape" e non l'abituale significato romantico e possessivo).Quanto ho descritto è un sentimento non paternalistico, non superficialmente sociale; rispetta l'altra persona in quanto la considera distinta da sé, e non cerca di possederla. E' un tipo di interesse pieno di forza che non pretende nulla."22 Rogers dunque parla di amore nell'accezione di agape, e -secondo Thorne- senza l'amore non ci può essere vera accettazione incondizionata23. Sarebbe dunque l'amore la quint'essenza dell'Approccio Centrato sulla Persona. Ancora, nel paragrafo "L'ipotesi essenziale" de La Terapia centrata sul cliente Rogers dice che "uno sviluppo costruttivo della personalità si ha solamente quando il cliente coglie e sperimenta una certa atmosfera psicologica nel rapporto. Le condizioni che creano questa atmosfera non sono la cultura, la preparazione intellettuale, l'orientamento ideologico o le tecniche. Sono sentimenti o atteggiamenti che debbono essere vissuti dal terapeuta e percepiti dal cliente;"24 quando, cioè, il cliente si sente amato "come te stesso", come recita la seconda parte del precetto evangelico; l'amore dunque è la conditio sine qua non nell'ACP e a questo proposito Thorne attribuisce a Rogers il grande merito di aver trovato un modo per insegnare ad amare agli stessi cristiani, che per troppo tempo sono stati esortati a farlo senza sapere come, invitandoli a scoprire nella vita e nell'opera dello stesso Rogers un modo di amare ed essere amati che non può essere simulato e che richiede un'intensa disciplina, per offrire poi momenti di gioia sublime.25 Possiamo concludere con Rogers: "la relazione terapeutica non è priva di valori... fondamentale è quello della persona, il cliente ha valore di per sé come appunto persona nella sua unicità e nella sua alterità, e proprio quando sente ed avverte di essere preso in considerazione come persona, può cominciare a dar valore ai diversi aspetti di sé, a se stesso"26. E' dunque la centralità della persona umana, nella sua unicità e nel suo profondo rispetto, il cardine della lezione rogersiana, esattamente come lo è della concezione antropologica cristiana. Thorne illustra con molta chiarezza ed efficacia la stretta connessione presente anche in questo caso tra il 22 23 24 25 26 La Terapia p. 94 cfr. Th. Th p.93 p.96 cfr. CS, p.70 Terapia, p.276 8 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 pensiero di Rogers e il cristianesimo: "Rogers non usa il nome di Dio per paura che tale nome rievochi ancora una volta un'immagine di giudizio e di condanna (...) ma egli crede fermamente nell'effetto trasformante delle relazioni dove siano presenti accettazione, empatia e trasparenza; in breve, egli crede che l'amore funzioni. E Dio come l'autore dell'Epistola di Giovanni disse molto tempo fa- è amore."27 Sarebbe straordinario se partendo da Dio imparassimo veramente ad amare noi stessi. Conclusione: la quarta fase "Rogers nel suo profondo rispetto per gli esseri umani, e nella sua fiducia nella tendenza attualizzante, ha consentito a molti di scoprire che nel più profondo centro della persona c'è lo spirito, che da vita al sé organismico ed è aperto al trascendente. Questa scoperta, che è la vera essenza della spiritualità, si risolve spesso in un movimento verso la fede in Dio e nelle qualità divine proprie dell'uomo." Così Thorne commenta il percorso umano e professionale di Rogers, paragonandolo ad una sorta di cammino spirituale; anzi, egli è convinto che anche Rogers avrebbe seguito in maniera più chiara questo percorso, se non fosse stato segnato dalla dolorosa esperienza religiosa vissuta durante l'infanzia. Rogers stesso riconosce di aver sottovalutato la dimensione spirituale: "quando sono forse in uno stato di coscienza lievemente alterato... allora posso comportarmi in modi che non potrei giustificare razionalmente, che non hanno niente a che fare con i miei processi di pensiero. Ma questi strani comportamenti alla fine risultano essere giusti, sia pure in qualche maniera inconsueta: sembra che il mio spirito interiore abbia raggiunto e toccato lo spirito interiore dell'altro. Il nostro rapporto trascende se stesso. (...) Sono costretto ad ammettere che io, come molti altri, ho sottovalutato l'importanza di questa dimensione mistica e spirituale."28 Questa riflessione è maturata nell'ultimo periodo della sua vita -la "quarta fase" appunto- segnato dalla dolorosa esperienza della malattia e della morte della moglie Helen, che ha modificato la sua opinione anche circa la morte: essa non coinciderebbe più con la fine di ogni cosa, e ogni persona sarebbe un' essenza spirituale continua che dura oltre il tempo: "La mia opinione che la morte coincida con la fine si è modificata in seguito ad alcuni avvenimenti accaduti negli ultimi dieci anni (...) tutte queste esperienze mi hanno reso molto più aperto alla possibilità della continuazione dello spirito umano individuale - cosa questa che in altri tempi mai avrei ritenuto possibile."29 Ho la consapevolezza di aver solo accennato alle numerose corrispondenze tra l'ACP e la spiritualità cristiana, e di aver appena posto le basi per altre, più approfondite ricerche su un argomento che si è rivelato tanto vasto quanto interessante. Come abbiamo visto, la dimensione spirituale, cui nei diversi momenti della sua vita e della sua opera accenna Rogers30, in Thorne è centrale. Egli è convinto che il futuro dell'ACP dipenda proprio dalla sua capacità di inglobare il mondo della realtà spirituale e che addirittura senza l'elemento spirituale il counselling potrebbe 27 28 29 30 Cs, p.68 Un modo, p.113 Un modo, pp. 79-82 cfr. in particolare La terapia, pp. 253-254, 338 e Un modo, 113-117 9 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006 risultare monco. Per concludere con le parole dello stesso Rogers: "persino dalla fisica teorica e dalla chimica giungono alcune conferme della validità delle esperienze trascendenti, indescrivibili, inattese, trasformative - il genere di fenomeni che con i miei colleghi abbiamo osservato e sentito come concomitanti con l'Approccio centrato sulla persona. (...) Forse stiamo toccando il limite estremo della nostra capacità di trascenderci, di creare direzioni nuove e più spirituali nell'evoluzione umana."31 Bibliografia Rogers, C. R. (1980) A Way of Being, Boston, MA, Houghton Mifflin Company (trad. it. Un modo di essere, Firenze, G. Martinelli, 1993) Rogers, C. R. (1951) Client-centered therapy, Boston, Houghton Mifflin (trad. it. Terapia centrata sul cliente, Firenze, G. Martinelli, 1994 Rogers, C. R. (1976) On Personal Power, New York, Delacorte Press (trad. It. Potere personale, Roma, Astrolabio, 1978). Thorne, B. (1991) - Therapeutic and Spiritual Dimensions, London, Whurr Thorne, B. (1997) Person-Centred Counselling and Christian Spirtuality: the secular and the holy, London, Whurr Kirschenbaum, H. (1979) On Becoming Carl Rogers, New York, Delacorte Press Zucconi, A. Howell, P., (2003) La promozione della salute; un approccio globale per il benessere della persona e della società, Molfetta (BA), La Meridiana 31 Un modo, pp. 115-117 10