L`assistenza al paziente adulto traumatizzato toracico in terapia
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L`assistenza al paziente adulto traumatizzato toracico in terapia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE DIPARTIMENTO DI SCIENZE MEDICHE E BIOLOGICHE Corso di Laurea in Infermieristica Sede di Pordenone TESI DI LAUREA L'ASSISTENZA AL PAZIENTE ADULTO TRAUMATIZZATO TORACICO IN TERAPIA INTENSIVA: STUDIO DESCRITTIVO Relatore: Studente: Dott. COIZ FRANCESCO SCARPOLINI GIULIA Anno Accademico 2012 – 2013 1 2 ABSTRACT Titolo: “L'assistenza al paziente adulto traumatizzato toracico in terapia intensiva: studio descrittivo” Relatore: dott. Coiz Francesco Laureando: Scarpolini Giulia Background I pazienti traumatizzati toracici rappresentato per gli operatori sanitari dei casi complessi e impegnativi in quanto le lesioni possono evolvere più o meno rapidamente e minacciare persino la vita del paziente. Le fratture costali sono le lesioni maggiormente associate al trauma toracico, soprattutto a quello contusivo e la causa principale nei pazienti adulti è la caduta accidentale. É stato osservato che più elevato è il numero di coste fratturate più aumentato è il rischio di mortalità e se queste lesioni sono associate a dolore non ben controllato possono favorire l'insorgenza di ulteriori complicanze quali: riduzione della motilità toracica, del volume inspiratorio e dell'espansione toracica. Un altro fattore di rischio che aumenta la mortalità è l'età anziana (> 65 anni) e le comorbidità associate. Tali caratteristiche portano spesso questi pazienti a dover essere ricoverati in terapia intensiva. Il monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente è un’importante aspetto dell’atti vità infermieristica al fine di riconoscerne il deterioramento. L'utilizzo di uno strumento che consenta un ac certamento del rischio che presentano i pazienti traumatizzati può guidare gli infermieri all'uso di strategie assistenziali e gestionali mirate (es. Chest Wall Trauma Scoring System, Rib Fracture Scoring System). Il monitoraggio e il trattamento del dolore e l'attuazione di interventi rivolti alla riabilitazione respiratoria in questi pazienti sono fondamentali perchè possono migliorare sensibilmente il loro decorso clinico e possono influenzarne gli outcome. Obiettivo Definire la rilevanza del fenomeno e gli outcome clinici dei pazienti con trauma toracico ricoverati in terapia intensiva, il contributo infermieristico ed individuare se esistono associazioni misurabili tra interventi infermieristici ed outcome. Materiali e metodi Nel presente studio, di tipo descrittivo, sono stati inclusi tutti i pazienti adulti (>19 anni), con trauma toracico, con una valutazione della Glasgow Coma Scale (GCS) ≥ 14, accolti nelle terapie intensive dell'Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU) di Udine e nell'Azienda Ospedaliera di Pordenone (AOSMA). 3 La raccolta dati è stata effettuata attraverso l'analisi delle cartelle cliniche relative a pazienti ricoverati dal 01/01/13 al 30/06/13. Risultati I pazienti arruolati nello studio sono 27, di cui 25 maschi (92.6%) e 2 femmine (7.4%). La loro età media è di 51.5 anni. I pazienti che hanno riportato fratture costali, seppur di diverso numero, sono 25 (92.6%). La principale causa che ha portato al trauma è per 18 casi l'incidente stradale (66.7%). La durata media della degenza in terapia intensiva è di circa 10 giorni e l'esito, al termine della stessa, maggiormente rilevato è il trasferimento in altre UU.OO. o verso altri presidi ospedalieri in 26 casi (96.3%). Si è verificato un solo decesso (3.7%), mentre nessun paziente è stato riammesso in terapia intensiva (0%). I pazienti classificati con CWTSS ≥ 7 oppure RFS ≥ 9 sono correlati in modo statisticamente significativo con tempi di degenza in terapia intensiva e di VAM più elevati. I pazienti intubati sono stati 17 (63%) e la loro durata media di ventilazione invasiva è di circa 7 giorni. I pazienti che hanno utilizzato gli incentivatori respiratori sono 9 (33.3%), con una media di circa 2 cicli di ginnastica respiratoria al giorno. I casi sottoposti a NIV sono 8 (29.6%), con una media di circa 2 cicli di ventilazione al giorno. I pazienti con un numero > di 4.8 valutazioni NRS giornaliere presentano una correlazione statisticamente significativa con un minor numero di giorni di degenza in terapia intensiva (p 0.045). Conclusioni Circa un quarto dei pazienti giunti in ospedale per trauma toracico entra in terapia intensiva e coloro che lo fanno richiedono un’assistenza specifica e competente inerente: il monitoraggio dei parametri vitali, il con trollo e il trattamento del dolore e contestuali interventi rivolti al recupero della funzionalità respiratoria. Un maggior numero di valutazioni del dolore al giorno è correlato ad un minor tempo di degenza in terapia intensiva. L'uso di incentivatori e NIV non comporta una riduzione significativa del tempo di degenza. E’ necessario studiare con più precisione l’efficacia di alcuni interventi e per farlo la documentazione clinica e assistenziale deve essere più completa. Parole chiave Trauma toracico, Nursing, Terapia Intensiva 4 INDICE INTRODUZIONE 7 CAPITOLO 1 1.1 – Il trauma toracico 1.1.1 – Definizione ed Epidemiologia 9 1.1.2 – Il trauma toracico contusivo 10 1.1.3 – Le lesioni ossee 12 1.1.4 – I fattori di rischio 13 1.2 – Le complicanze del trauma toracico 14 1.3 – Diagnostica 16 1.4 – La gestione del trauma toracico 1.4.1 – Trattamento extraospedaliero 18 1.4.2 – Trattamento ospedaliero 1.4.2.1 – Trattamento del dolore 20 1.4.2.2 – Tecniche di ventilazione 22 1.4.2.3 – Incentivatori respiratori 23 1.4.2.4 – Stratificazione del rischio 24 1.4.2.5 – Ruolo dell'infermiere nella gestione del 26 paziente adulto traumatizzato toracico CAPITOLO 2 2.1 – Materiali e metodi 2.1.1 – Obiettivo generale 31 2.1.2 – Obiettivi specifici 31 2.1.3 – Disegno di studio e selezione del campione 31 2.1.4 – Strumenti 33 2.1.5 – Analisi statistica 34 2.2 – Risultati 2.2.1 – Caratteristiche demografiche 35 2.2.2 – Caratteristiche del campione 35 2.2.3 – Interventi infermieristici 37 5 2.2.4 – Analisi di rischio 37 2.3 – Discussione 41 2.4 – Limiti dello studio 46 CONCLUSIONE 47 BIBLIOGRAFIA 49 TABELLE E GRAFICI 53 ALLEGATI 58 6 INTRODUZIONE Le lesioni toraciche includono traumi al tronco, in particolare alla parete toracica, ai polmoni, al cuore, ai grossi vasi sanguigni e all'esofago 1. Il trauma toracico contusivo, la tipologia di lesione più frequente, trova le sue cause più comuni negli incidenti stradali e nelle cadute accidentali; questo tipo di danno è seguito dalle lesioni penetranti provo cate da armi, oggetti taglienti e collutazioni 1, 2. Il trauma toracico, secondo solo a quello cranico e midollare, rappresenta la causa di circa il 20% di tut te le morti di natura traumatica1. Le lesioni toraciche possono rappresentare un pericolo immediato per la vita, peggiorare in breve tempo o essere innocue2. Queste sono rappresentate in primis dalle fratture costali, seguite da quelle allo sterno, alle scapole e alle clavicole3. I pazienti anziani incorrono più facilmente in fratture alle costole, in quanto l'età avanzata comporta un maggiore rischio di caduta e fragilità dello scheletro, legata ad osteoporosi. É stimato che tra tutti i pa zienti ricoverati che hanno coste rotte, gli over 65 ne rappresentino il 54% 3. Un altro elemento considerato rischioso, assieme al numero di fratture costali e all'età avanzata, nel decorso clinico del trauma toracico è la comparsa di polmonite che, se non trattata a dovere, aumenta del 4% il tasso di mortalità dei pazienti che ne sono colpiti 4. La conseguenza imminente e più frequente di trauma toracico è il dolore che, se non adeguatamente sedato, si protrae anche a causa del movimento fatto dal paziente per respirare e compromette in maniera severa la corretta funzionalità polmonare, fino all'instaurarsi dell'insufficienza respiratoria 3. Per tutte le ragioni descritte tali pazienti possono dover ricorrere al ricovero in terapia intensiva: infatti la lesione provocata può essere evidente ma anche subdola e il peggioramento può rivelarsi immediato; per poterlo identificare e affrontare nel modo migliore, il personale sanitario deve essere abile nell'individuare i problemi prioritari e nell'erogare le migliori cure 5. Per le loro caratteristiche, questi pazienti sono spesso vigili e collaboranti e in alcuni casi più anziani. Questo li rende una categoria specifica dei pazienti di terapia intensiva, in quanto possono e devono partecipare attivamente al loro processo di cura. Essi richiedono un’assistenza competente e personalizzata. Lo scopo che si propone questo lavoro di tesi è di analizzare alcune peculiarità dell'assistenza infermieristica rivolta a pazienti adulti con trauma toracico accolti nelle terapie intensive di due ospedali regio nali. In particolare quelli legati all’influenza dell’assistenza sul monitoraggio e trattamento del dolore, sul riconoscimento e la risposta al deterioramento respiratorio e sui precoci approcci alla riabilitazione respiratoria. 7 8 CAPITOLO 1 1.1 IL TRAUMA TORACICO 1.1.1 DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA Per “trauma” si intende la lesione di una o più parti dell'organismo prodotta da una causa esterna in modo rapido e violento; rappresenta una condizione multidisciplinare perchè diverse sono le figure professionali che si prendono cura del paziente traumatizzato1. Il torace rappresenta la seconda zona corporea più colpita in caso di evento traumatico dopo il cranio, in tutte le fasce di età; un trauma toracico può alterare le normali funzioni del sistema respiratorio e cardiovascolare 2, la cui compromissione è causa di elevata mortalità3. Il trauma toracico può variare per gravità, spaziando da semplici lividi o singole fratture a lesioni interne più o meno severe4 ed è causato principalmente da incidenti stradali in persone con età inferiore ai 45 anni, mentre da cadute accidentali in persone anziane3. Due studi concordano nel definire il trauma toracico la prima causa di morte nelle persone con età inferiore ai 45 anni5,6. I meccanismi responsabili all'origine di questo tipo di trauma sono: rapide accelerazioni o decelerazioni, impatti diretti tra la persona e una qualsiasi superficie e gli schiacciamenti violenti. Nel primo caso infatti gli organi e i tessuti vengono sottoposti a forze che li trazionano oltre le loro capacità fisiologiche, causando in essi fissurazioni, lacerazioni o rotture fatali. Negli impatti diretti invece si riscontrano maggiormente fratture ossee che interessano costole, sterno, clavicole e scapole6. Per la popolazione generale emergono dati contrastanti; Carrier et al. considerano il trauma toracico la seconda lesione traumatica più frequente7, Hill e Davies lo definiscono come un'entità ben conosciuta e vista all'interno del Dipartimento di Emergenza e come la terza causa di morte nella popolazione generale con un'incidenza tra il 20 ed il 35% tra i traumi maggiori 5, infine Keough e Pudelek lo stimano al quinto posto tra le principali cause di morte6. Anche l'Italia sta lavorando ad un documento che contenga i dati dei traumi sul territorio nazionale ma al momento solo poche regioni hanno iniziato a raccoglierli in modo sistematico. Se si vogliono ottenere informazioni precise attualmente si può consultare il Registro regionale Traumi Gravi stilato dalla regione Emilia-Romagna, diventato ufficialmente operativo dall'ottobre 2006. 9 Dai dati raccolti si evince che i pazienti con trauma grave che hanno avuto un trattamento in terapia intensiva sono 1081, il maggior numero di casi si concentra, indipendentemente dal genere, nella classe di età 19-40 anni, seguita da quella > 70 anni, la mortalità alla dimissione dalla terapia inten siva è del 12,0% mentre la mortalità intraospedaliera è del 15,1%. Tra le cause registrate gli incidenti da traffico rappresentano il 64,2% dei casi, seguiti dalle cadute accidentali (20,3%)8. 1.1.2 IL TRAUMA TORACICO CONTUSIVO Con trauma toracico contusivo si intende la lesione più frequente derivante da trauma toracico; esso è infatti causato nella quasi totalità dei casi da eventi come incidenti stradali o cadute accidentali e in minoranza da colluttazioni o atti violenti, durante i quali il torace colpisce con forza un oggetto contundente o una superficie, danneggiandosi1. Nel primo caso l'elevata velocità di impatto fa sì che i tessuti e gli organi interni si scontrino con strutture fisse come lo sterno da cui può derivare un sanguinamento, una contusione o la rottura; in entrambi i casi l'impatto diretto può causare lesioni ossee come fratture costali, sternali o scapolari6. Il trauma toracico contusivo è rilevato nel 25% di tutte le vittime traumatizzate ed è secondo solo al trauma cranico e spinale come principale causa di morte 1,5,6. Battle et al. scrivono che globalmente questa tipologia di trauma interessa il 10% di tutti i pazienti traumatizzati e il tasso di mortalità registrato è del 20%4. Le lesioni toraciche traumatiche possono rivelarsi delle minacce immediate per la vita, peggiorare nelle prime ore o possono essere innocue2. Due studi sono concordi nel definire le seguenti come le 12 lesioni più pericolose (“the deadly dozen”): contusione polmonare, volet costale, pneumotorace, pneumotorace aperto ed iperteso, emotorace, tamponamento cardiaco, rottura dell'aorta, contusione cardiaca, contusione tracheo-bronchiale, rottura del diaframma e lesione esofagea6,9 . La contusione polmonare, riscontrata nel 75% dei pazienti traumatizzati, è la lesione più frequente che si verifica in seguito a trauma chiuso. Si identifica attraverso ecchimosi del parenchima polmonare in seguito ad un forte urto; possono seguire emorragie, edema interstiziale ed alveolare. Maggiore è il grado di severità della contusione polmonare, maggiore sarà il danno ventilatorio conseguente; ciò è aggravato dal fatto che nell'87% dei pazienti che presentano questo problema è stata rilevata almeno un'altra lesione toracica associata che aggrava maggiormente la già compromessa funzionalità respiratoria9. 10 Il volet costale consiste nella frattura di due o più costole contigue in almeno due punti; queste rotture creano un segmento costale mobile, che genera un movimento paradosso durante la ventilazione10. Il lembo che si è formato infatti non segue i movimenti fisiologici prodotti dai muscoli respiratori e dal diaframma ed in particolare nel momento dell'inspirazione affonda, squilibrando la capacità di produrre una pressione intrapleurica negativa, mentre durante l'espirazione si solleva. Il volet costale rappresenta la lesione più severa che può avvenire in seguito a trauma contusivo con un tasso di mortalità del 20%11. Il pneumotorace che segue ad un trauma toracico è causato più spesso dalla lacerazione del parenchima polmonare da parte di una costola fratturata; la perdita di pressione negativa fa sì che il polmone collassi parzialmente o totalmente e che lo spazio intrapleurico si riempia d'aria 9,10. Il pneumotorace si definisce aperto quando c'è diretto contatto tra lo spazio pleurico e l'atmosfera; mentre quello iperteso rappresenta un serio problema se non viene identificato e trattato nell'immediato 9. In questo caso infatti l'aria si accumula nello spazio pleurico senza però fuoriuscirne, causando un aumento della pressione intratoracica e la compressione dei grossi vasi, dei polmoni, del cuore e della trachea, compromettendo la ventilazione e diminuendo la gittata cardiaca9. Nell'emotorace il meccanismo di formazione è lo stesso del pneumotorace e presenta le stesse ripercussioni ma in questo caso lo spazio tra le pleure viene invaso dal sangue9. Il tamponamento cardiaco avviene quando un crescente volume di sangue e fluidi si accumula nello spazio virtuale compreso tra la superficie esterna del cuore ed il pericardio. Questo stato comprime le camere cardiache, riduce il riempimento ventricolare durante la diastole e quindi anche la gittata cardiaca. Se il volume di sangue che si accumula aumenta sempre di più e non si interviene tempestivamente, il cuore va in arresto12. L'aorta a causa della sua posizione relativamente fissa all'interno della cavità toracica, risente molto di improvvisi e importanti traumi dai quali si possono generare pseudoaneurismi, fissurazioni o lacerazioni9. La rottura di questo grosso vaso può essere la causa principale di morte immediata in quanto si instaura lo stato di shock emorragico e, interrompendosi il flusso ematico, viene impedita la perfusione degli organi vitali9. Le raccomandazioni attuali prevedono che il termine “contusione miocardica” sia abbandonato a favore della definizione di “trauma chiuso del miocardio” o “blunt cardiac trauma -BCT”. Questo termine deve però essere riservato ai soli casi in cui un trauma toracico si associa ad aritmie severe o alla presenza di un deficit di pompa cardiaca 12. Inoltre nella lesione contusiva cardiaca si assiste allo stravaso degli eritrociti nella parete muscolare e alla formazione di aree necrotiche, edema intersti11 ziale ed emorragie9. Le lesione alla struttura tracheo-bronchiale sono rare perchè questa è protetta dalla gabbia toracica e da diverse fasce muscolari toraciche. Nel caso in cui le vie respiratorie subissero un trauma però, il danno derivante sarebbe nella maggior parte dei casi letale perchè causerebbe asfissia, ostruzione e ab-ingestis9. Le lesioni diaframmatiche possono avvenire in qualsiasi parte della sua superficie ma sono più comuni a sinistra perchè non è presente la protezione del fegato; il diaframma è soggetto a contusioni e più spesso a lacerazioni12. Il più comune meccanismo lesivo per l'esofago è di tipo penetrante e la regione più colpita è quella cervicale. I pazienti con danni esofagei lamentano spesso dolore al collo, disfagia e odinofagia, mentre chi incorre in lesioni più basse rischia di sviluppare un quadro di sepsi dovuto alla fuoriuscita di materiale enterico nel mediastino9. Evidenze suggeriscono che i pazienti traumatizzati possono presentare episodi di deterioramento clinico fino ad una settimana dopo l'avvenuta contusione; i soggetti più anziani hanno un rischio maggiore di sviluppare un peggioramento delle condizioni in ritardo rispetto agli adulti e registrano un incremento del tasso di mortalità dopo 48 ore dal ricovero 4. Un altro studio sottolinea che solitamente i pazienti giovani che accedono all'ospedale con lesioni minori sviluppano complicanze entro 24 ore e a distanza di una settimana il paziente è migliorato e recupera abbastanza rapidamente le normali funzioni respiratorie e cardiocircolatorie; al contrario i pazienti over 65, a parità di condizioni iniziali, possono manifestare complicanze 48-72 ore dopo il ricovero in terapia intensiva a causa della loro condizione biologica svantaggiosa e quindi necessitano di tempi di recupero più lunghi14. 1.1.3 LE LESIONI OSSEE Le fratture costali sono la lesione toracica più comune dopo il trauma contusivo, seguite da quelle allo sterno, alle scapole e alle clavicole 3,6,15. Tra tutti i pazienti traumatizzati il 10% presenta costole rotte, di questi il 94% ha altre lesioni concomitanti e il 12% dello stesso gruppo muore 15. Anche Carrier et al. confermano che la prevalenza di fratture costali nei pazienti ricoverati in seguito a trauma è del 10% e sostiene inoltre che il 60% di questi sviluppa complicanze polmonari7. 12 L'articolo di Keough e Pudeleck approfondisce l'argomento scrivendo che le fratture alla prima e seconda costola sono meno frequenti perchè queste sono più corte, più spesse e ben protette dalla mu scolatura del torace; le fratture più comuni sono quelle alle costole centrali, dalla quarta alla nona, mentre pazienti che presentano lesioni dalla nona costa alla dodicesima hanno un'aumentata probabilità di presentare danni al fegato, alla milza o ai reni6. Le fratture costali sono più comuni nei pazienti anziani, la caduta accidentale infatti è il principale motivo di ricovero in più dell'80% degli over 85 e tra tutti i pazienti ospedalizzati che presentano costole fratturate, gli over 65 ne rappresentano il 54%. Questa parte di popolazione ha esiti peggiori rispetto ai giovani adulti perchè l'età avanzata è di per sé un fattore di rischio, è associata ad osteoporosi, perdita di massa muscolare e riduzione di riserve fisiologiche3,16. Gli anziani inoltre necessitano di una minore energia cinetica per procurarsi delle fratture rispetto ai giovani, essendo il loro scheletro più fragile15. I giovani presentano però un numero maggiore di fratture per la natura violenta del trauma, associata spesso alla forte velocità 3,17. Nei politraumi maggiori il fattore età non è più così rilevante, perchè la severità delle lesioni spesso risulta incompatibile anche con un organismo completamente sano. Se negli adulti le fratture costali sono ritenute lesioni minori, negli over 65 possono rivelarsi molto pericolose; il mancato riconoscimento del rischio correlato e la necessità di una gestione tempestiva del problema, possono portare a rapido deterioramento fisiopatologico, perdita di autonomia e in alcuni casi alla morte della persona16. Fratture multiple sono segno di lesioni maggiori3 e l'articolo di Livingston et al. dichiara che la presenza di fratture in più di una regione anatomica raddoppia l'incidenza di insufficienza respiratoria e ha effetti sulla mortalità, aumentandone il tasso perchè la presenza di fratture multiple indica un trauma severo e cresce la possibilità di lesioni interne associate che compromettono ulteriormente il quadro generale15. 1.1.4 I FATTORI DI RISCHIO È dimostrato in letteratura che diversi fattori, se presenti, contribuiscono ad aumentare la mortalità associata al trauma toracico17 . Più studi identificano tra i più rilevanti l'età; dopo i 65 anni infatti aumenta in modo statisticamente significativo il tasso di mortalità dei pazienti in quanto le persone sono più suscettibili allo sviluppo 13 di complicanze derivanti dal progressivo e naturale invecchiamento che porta alla perdita di riserve fisiologiche e comorbidità associate all'età anziana. Inoltre l'età causa una minore compliance del polmone, una ridotta capacità funzionale residua (quantità di aria contenuta nel polmone al termine di un'espirazione normale) che rendono meno efficaci gli scambi gassosi sostenuti a livello alveolare4,17,18. Altro elemento che complica il decorso dei pazienti traumatizzati toracici è il numero di costole fratturate. Dai dati riportati in letteratura emergono numeri contrastanti perchè cambia il punto di notevole criticità oltre al quale la mortalità segna un rialzo. Battle et al. fissano questo limite a 33, Flagel et al. lo individuano quando le coste rotte sono più di 5, sostenendo inoltre che questo criterio dovrebbe essere impiegato anche nell'assegnazione del codice di triage e per decidere il trasferimento del paziente in un trauma center4. Harrington et al. ritengono che il tasso di mortalità aumenti proporzionalmente al numero di costole fratturate e ritengono critico un valore superiore a 6 17, mentre Pressley et al. dichiarano importante anche la presenza di fratture bilaterali18. Fratture multiple, associate a lesioni parenchimali possono essere degli importanti segni predittivi di insufficienza polmonare19. Un altro fattore identificato come rischioso, nel decorso del trauma toracico, è l'insorgenza della polmonite che, se non viene tempestivamente e adeguatamente trattata, aumenta del 4% il tasso di mortalità rispetto ai pazienti che non presentano l'infezione4. I pazienti intubati presentano un ulteriore rischio di questo tipo e cioè quello di sviluppare la polmonite associata alla ventilazione meccanica, che registra un'incidenza del 20%18. Infine un altro aspetto che può impattare in maniera sfavorevole sull'andamento clinico dei pazienti traumatizzati è la tipologia di trattamento di cui necessitano durante la degenza; tra i più influenti c'è la necessità di intubazione endotracheale, manovra estremamente invasiva, con un'incidenza del 15%18. 1.2 COMPLICANZE DEL TRAUMA TORACICO I traumi al torace e agli organi in esso contenuti comprendono alcune delle più gravi e drammatiche lesioni che possono complicare in situazioni severe e spesso mortali per il paziente20. Le complicanze, definite come eventi avversi inattesi che incidono direttamente sull'andamento del paziente14, si instaurano più frequentemente nei giorni successivi al trauma ed in particolar modo i 14 pazienti anziani hanno un incremento del tasso di mortalità nelle 48 ore successive al ricovero in ospedale4. Più studi presenti in letteratura concordano che tutte le lesioni derivanti da un trauma toracico, e maggiormente le fratture costali, causano forte dolore alla persona il quale compromette in maniera severa la normale funzionalità respiratoria3,6,10,17. Se l'analgesia è sottodosata e il dolore persiste, ciò può portare ad una sempre minore e poco efficace ventilazione10; infatti per paura di provare dolore al minimo sforzo o movimento il paziente traumatizzato compie meno atti respiratori al minuto, innescando una serie di conseguenze molto pericolose per l'organismo. Il dolore legato al trauma deriva principalmente dallo sforzo che compie il paziente per respirare e dal movimento, anche dal più leggero 3. I pazienti ricoverati in terapia intensiva riportano un incremento del dolore, seppur temporaneo, legato alle pratiche quotidiane mediche ed infermieristiche; tra queste ultime in particolar modo dalla broncoaspirazione, dal fissaggio e igiene del tubo endotracheale e dalle manovre invasive di gestione dei devices, mobilizzazione e igiene21. Spesso anche la presenza di un drenaggio toracico causa irritazione e forte fastidio alla persona che, se autonoma, può sentirlo aumentato ulteriormente quando svolge attività fisiche come la deambulazione, la mobilizzazione e gli esercizi respiratori 22. Una bassa frequenza respiratoria diventa quindi un meccanismo di difesa se il livello di male percepito è molto alto. Questo causa una riduzione della quantità di ossigeno nel sangue (ipossia) in quanto gli alveoli collassano e non garantiscono gli adeguati scambi respiratori 10; la pressione parziale di ossigeno nel sangue (PaO2) rappresenta uno dei migliori indici della quantità di ossigeno disponibile nei tessuti e quando questa è inferiore agli 80 mmHg a risentirne sono soprattutto cuore e cervello che entrano in uno stato di sofferenze se l'ipossia si protrae per alcuni minuti, causando poi danni irreversibili 23. Questi dati sono facilmente ottenibili praticando un prelievo arterioso di sangue e ottenendo un emogasanalisi; i livelli di ossigeno e anidride carbonica del sangue arterioso sono gli indici più affidabili per valutare gli scambi gassosi. Inoltre compiere pochi atti respiratori al minuto può favorire l'aumento del livello di anidride carbonica nel sangue (ipercapnia) poichè questa non viene adeguatamente eliminata dal sistema respiratorio10. I valori di anidride carbonica influiscono su molte funzioni, tra cui lo stimolo alla respirazione, l'affinità dell'emoglobina per l'ossigeno e la funzione cardiaca23. Questo insieme di fattori sfavorevoli rendono del tutto inadeguata la ventilazione ed evolvendo nel tempo possono favorire l'instaurarsi di un severo quadro di insufficienza respiratoria e prolungare il ricovero e la successiva convalescenza della persona3. 15 Inoltre il dolore inibisce la capacità di tossire della persona che, non espettorando efficacemente, favorisce un importante accumulo di secrezioni all'interno degli alveoli. La stasi del muco nei polmoni unita ad una clearance inadeguata può portare all'instaurarsi della polmonite 10; questa infezione può frequentemente risultare fatale in persone con più di 65 anni17. Viene ribadito che sia a causa di deformità alla gabbia toracica, sia a causa della diminuzione dello sforzo al fine di placare il dolore associato all'atto respiratorio, la perdita della normale funzione polmonare riduce gli scambi gassosi e la capacità di eliminare le secrezioni, aumentando il rischio di atelettasie e di polmonite17. Il dolore associato al trauma è la causa principale di tutte le complicanze già descritte e di altre quali: diminuzione delle escursioni toraciche e del volume inspiratorio; per questo nei pazienti traumatizzati toracici è fondamentale mantenere un adeguato controllo del dolore percepito per permettere loro di respirare profondamente, espandere maggiormente i polmoni e infine migliorare la funzionalità respiratoria17. Solo perseguendo questo obiettivo si può mettere la persona nelle condizioni di recuperare la sua meccanica respiratoria fisiologica e quindi di ottenere una buona ventilazione. A volte l'operatore che segue il paziente, soprattutto se inesperto, può non prendere in considerazione tutti gli sviluppi futuri conseguenti ad un trauma toracico; i mezzi diagnostici oggi disponibili aiutano nell'individuare precocemente un possibile deterioramento respiratorio in pazienti che presentano contusioni polmonari ma è studiato che le complicanze si presentano più frequentemente nelle 48 ore successive all'evento traumatico15. Inoltre il grado del trauma esterno può non rispecchiare completamente la gravità delle lesioni interne, fuorviando così il professionista sanitario che rischia di sottostimare i problemi respiratori e cardiovascolari, che più di tutti attentano alla vita del paziente5. 1.3 DIAGNOSTICA Quando un paziente traumatizzato arriva in ospedale, spesso il primo meccanismo che si attiva è il percorso diagnostico che aiuta gli operatori sanitari a vedere chiaramente che lesioni ha riportato la persona, che entità hanno e ad escludere eventuali ipotesi che erano state fatte al momento del soccorso. Altre volte, se il quadro presentato è molto grave e non permette di riservare tempo alle indagini diagnostiche, si procede subito con i trattamento invasivi, che nella maggior parte dei casi sono chirurgici. 16 Di norma a tutti i pazienti che affluiscono al Pronto Soccorso, oltre all'anamnesi, vengono fatti dei prelievi venosi di routine, un elettrocardiogramma e una radiografia del torace; altri articoli suggeriscono che ai pazienti con trauma toracico dovrebbe essere praticato anche un prelievo di sangue arterioso che, assieme agli altri esami, può fornire informazioni preziose sull'attuale situazione ventilatoria della persona o su un'iniziale insufficienza respiratoria2,6. Un altro studio sostiene che il trauma toracico contusivo rappresenta spesso una minaccia reale per chi lo subisce e spesso la moltitudine di sintomi presentati, che si rivelano confusi e accavallati, possono interferire con gli esami diagnostici rendendoli inattendibili5. Questo può succedere perchè le indagini diagnostiche non vengono eseguite come da protocollo per rispettare le necessità e i problemi del paziente traumatizzato. Due studi concordano nel ritenere la radiografia del torace e la tomografia assiale computerizzata (TAC) estremamente utili e parte integrante della valutazione iniziale del paziente ma identificano come migliore e più specifico il secondo esame15,20. I raggi X costituiscono sicuramente uno strumento diagnostico sensibile ed importante e ricordano come sia essenziale la presenza di un tecnico radiologo nel trauma team15. La TAC però riesce ad individuare lesioni più subdole, ad esempio pneumotorace o emotorace iniziali, o in zone anatomicamente meno accessibili all'esame radiologico15. Omer et al. riportano come attraverso la TAC sia possibile scoprire ulteriori lesioni interne in circa due terzi dei pazienti traumatizzati che riportavano evidenti danni toracici. Inoltre in pazienti che hanno subito traumi maggiori, ma non presentano anomalie all'RX, la TAC ha evidenziato lesioni toraciche nel 39% dei casi24. Essendo un esame più dettagliato, la tomografia computerizzata può escludere lesioni vertebrali a livello cervicale e del tronco ed è utile per prevedere un deterioramenti respiratorio in chi ha subito contusioni polmonari15. Dall'altro lato però la TAC è un esame che richiede tempo per essere eseguito, che però spesso non si ha in situazioni di emergenza perchè più il paziente è instabile, più velocemente devono essere prese le decisioni perchè non si ha il tempo di approfondire la situazione. Inoltre non sempre un pa ziente che ha riportato un trauma può essere trasportato facilmente tra i diversi reparti per effettuare la diagnostica e non può neanche mantenere la stessa posizione, o una obbligata per tutta la durata dell'esame20; in questi casi il processo radiologico passa in secondo piano rispetto all'esame fisico obiettivo che può effettuare il medico e l'infermiere. 17 1.4 LA GESTIONE DEL TRAUMA TORACICO I pazienti traumatizzati toracici rappresentano una sfida continua per gli operatori sanitari che li prendono in carico poiché la lesione che presentano può rivelarsi da subito una minaccia per la vita, può peggiorare gradualmente nel tempo o può infine essere innocua e quindi essere tenuta facilmente sotto controllo; è importante quindi che il personale sanitario medico ed infermieristico sia abile e veloce nell'identificare i problemi prioritari e nel trattarli in maniera adeguata2,5. 1.4.1 TRATTAMENTO EXTRAOSPEDALIERO Un trattamento tempestivo e di qualità durante la “golden hour” è vitale per la sopravvivenza della persona che ha riportato il trauma; il termine “golden hour” si riferisce al periodo di tempo che va da pochi minuti a diverse ore dopo una lesione traumatica causata da un incidente, durante il quale vi è la più alta probabilità che un pronto trattamento medico possa evitare la morte25. È noto che le possibilità di sopravvivenza di una vittima sono maggiori se si ricevono cure adeguate entro un breve periodo di tempo da un grave trauma; tuttavia non vi sono prove che i tassi di sopravvivenza diminuiscano sensibilmente dopo 60 minuti. Alcuni autori utilizzano il termine ad indicare l'importanza di un rapido intervento nei casi di trauma piuttosto che nel senso stretto di un periodo critico di un'ora entro cui intervenire25. I protocolli dell'Advanced Trauma Life Support insieme ad altri articoli concordano che, nell'approccio in ambiente extraospedaliero al paziente traumatizzato toracico, i primi interventi fondamentali da attuare sono verificare la pervietà delle vie aeree, controllare la presenza di respiro spontaneo e accertare la presenza di circolo sanguigno; per accertare quest'ultimo parametro è sufficiente percepire la pulsazione a livello carotideo o radiale; se così non fosse è obbligatorio iniziare la rianimazione cardiopolmonare6,9,26. Questi step sono anche conosciuti con l'acronimo di ABC che sta per Airway, Breathing, Circulation. Contemporaneamente a queste manovre deve sempre essere valutato lo stato di coscienza della persona soccorsa; solitamente l'agitazione può suggerire uno stato di ipossia, mentre al contrario la confusione è un segnale tipico dell'ipercapnia. Inoltre se vengono rilevati evidenti segni di cianosi significa che il grado di ipossia è in stadio avanzato26 . Chiunque si trovi a soccorrere una persona traumatizzata e dovesse riconoscere corpi estranei nelle vie aeree che quindi impediscono il normale passaggio dell'aria, dovrebbe cercare di estrarli, anche 18 semplicemente estendendo il collo e alzando mandibola e mento, per scongiurare danni ipossici irreversibili al cervello e al miocardio; questa manovra di messa in sicurezza però può essere eseguita solo nel caso in cui sia stato escluso qualsiasi tipo di danno a livello cervicale 26 . La stabilizzazione cervicale con collare rigido infatti rientra negli interventi prioritari da praticare ad un paziente che non sia stato ancora sottoposto ad accertamenti diagnostici approfonditi, per poterlo mobilizzare e trasportare in sicurezza senza incorrere in lesioni midollari permanenti9. Successivamente l'attenzione e l'osservazione del sanitario, medico o infermiere, deve spostarsi sull'identificazione di eventuali segni e sintomi di fatica respiratoria che possono essere: tachipnea, tachicardia, dispnea e utilizzo di muscoli accessori per la respirazione (pinne nasali, innalzamento delle spalle). Nella maggior parte dei casi questi segni e sintomi sono la spia di un pneumotorace, di un emotorace o di un volet costale20,26. In particolare la dispnea, descritta come sensazione soggettiva di difficoltà a respirare e di mancanza di respiro23, è uno dei sintomi più comuni riportato dai pazienti traumatizzati toracici. Si verifica in seguito ad una combinazione di fattori fisiologici e psicologici, ed in particolare è causata dall'alterazione delle vie respiratorie e dalle lesioni alle strutture interne. Inoltre la paura, l'ansia e il distress emozionale per il trauma subito possono peggiorare lo stato della dispnea2. Se si rilevano segni di distress respiratorio è opportuno procedere con l'intubazione oro-tracheale e la ventilazione meccanica, procedura che può essere effettuata da personale medico o infermieristico addestrato, al fine di garantire il più possibile un'adeguata ossigenazione del sangue e dei tessuti, una buona ventilazione e la protezione dall'aspirazione di corpi estranei o liquidi 6,9. Il paziente viene sottoposto ad ossigeno-terapia tramite cannule binasali o maschere facciali a seconda della quantità di ossigeno che si vuole somministrare26 ; solitamente le cannule sono indicate per bassi flussi di ossigeno (2-4 l/min), mentre i diversi tipi di maschere per alti flussi (6-12 l/min). Infine è opportuno rimuovere gli indumenti della persona per identificare eventuali altre lesioni e poi mantenere un'adeguata temperatura corporea coprendo la persona. Attraverso l'osservazione del corpo del paziente si possono rilevare segni sospetti come ecchimosi, ematomi o abrasioni che possono indicare un urto particolarmente forte con un elevato trasferimento di forza; notare deformazioni importanti tra i due emitoraci indica la presenza di fratture costali mentre una segmentale anomalia nella motilità del torace è spesso riscontrata nel pazienti con volet costale. Anomalie significative indicano solitamente una grande differenza dell'ingresso dell'aria tra i due polmoni e quindi possono rappresentare pneumotoace o emotorace20. 19 Se auscultando il torace della persona si sente una grossa discrepanza nei rumori respiratori, questo può indicare un pneumotorace iperteso o un emotorace massivo20. La palpazione del torace e della schiena può fornire informazioni circa l'integrità di fondo della parete e della gabbia toracica. Se premendo con le dita nella parte superiore del torace si riconosce un crepitio, questo è segno di enfisema sottocutaneo che di per sé non ha alcun carattere di gravità ma ha importanza diagnostica per il riconoscimento delle rotture d'organi contenenti aria20. Anche se il paziente appare stabile dopo gli interventi eseguiti è opportuno monitorizzarlo e ricontrollarlo ad intervalli regolari e praticare nuovamente l'ABC, in quanto il pericolo di deterioramento persiste anche dopo la stabilizzazione della persona26 . 1.4.2 TRATTAMENTO OSPEDALIERO Le lesioni toraciche possono inizialmente essere delicate ed insidiose nella loro presentazione e spesso si manifestano attraverso drammatiche alterazioni fisiologiche che si possono rivelare fatali se non corrette tempestivamente20. Nel corso degli anni i trattamenti riservati ai pazienti con diverse patologie hanno seguito i progressi fatti in campo medico. La gestione delle lesioni toraciche è mutata passando da diverse forme di stabilizzazione meccanica a supporti ventilatori obbligati; ora è riconosciuto che la gestione del dolore, la fisioterapia respiratoria, la ventilazione meccanica assistita e la mobilizzazione della persona sono i metodi di trattamento da preferire nell'assistenza ad un paziente con trauma toracico, una volta superata la fase acuta27. 1.4.2.1 TRATTAMENTO DEL DOLORE Sebbene ad oggi non sia stato identificato il metodo più appropriato ed efficiente per trattare il dolore nei pazienti traumatizzati, sono disponibili diverse strategie di gestione27,28. Il dolore acuto è riconosciuto come un fattore contribuente alle morbilità associate al trauma e l'analgesia è un intervento core per questi pazienti7. Partendo dal presupposto che l'approccio alla gestione del dolore in un paziente traumatizzato richiede la messa a punto di terapie individuali e specifiche, le linee guida per la gestione del dolore pongono al primo posto l'utilizzo dell'analgesia 20 epidurale perchè capace di migliorare la percezione soggettiva del dolore e causare meno depressione respiratoria, sonnolenza e problemi gastro-intestinali rispetto agli altri farmaci 27. Nella terapia epidurale rientra anche l'uso della patient-controlled-analgesia (PCA) che consiste in un catetere di polivinile la cui estremità è posizionata nello spazio epidurale e rilascia i farmaci sia in maniera continua, sia con boli aggiuntivi prestabiliti controllati dal paziente27. Successivamente si raccomanda l'uso di oppioidi per via endovenosa, soprattutto nei pazienti a minor rischio di sviluppare complicanze, che presentano un quadro adeguato di funzionalità polmonare27. Vengono poi descritti i blocchi nervosi intercostali che consistono nell'iniezione locale di anestetico nella parte posteriore dello spazio intercostale. Questa tecnica raggiunge buoni risultati se utilizzata nel dolore conseguente a fratture costali; per essere effettuata correttamente però il medico deve palpare la zona per identificare il punto esatto e questo rappresenta il grosso svantaggio del blocco intercostale, perchè rischia di accentuare maggiormente il dolore27. Poi viene proposta l'analgesia intrapleurica che, quasi analogamente alla prima, consente di rilasciare dell'anestetico locale nello spazio intrapleurico per mezzo di un catetere fisso; questo permette un blocco unilaterale dei nervi intercostali27. Infine le linee guida descrivono la tecnica dei blocchi paravertebrali toracici, tramite i quali l'anestetico viene rilasciato direttamente in prossimità delle vertebre toraciche provocando un blocco somatico e simpatico unilaterale che coinvolge più dermatomeri27. Altri articoli confermano che l'analgesia tramite catetere epidurale, i blocchi nervosi intercostali e la PCA sono tra i metodi più efficaci e raccomandati per trattare il dolore da trauma toracico, in quanto migliorano la funzionalità polmonare e riducono il tasso di mortalità7,17,18. Un articolo sostiene che i blocchi nervosi regionali posso essere impiegati in tutti i pazienti con più di 3 costole fratturate e tra questi è meglio preferire tecniche come l'analgesia epidurale, paravertebrale e intercostale29. Un adeguato controllo del dolore permette alla persona di compiere atti respiratori profondi, di aumentare l'espansione toracica e quindi di migliorare gradualmente la funzionalità respiratoria27. Riuscire a mettere in atto i migliori interventi è importante per minimizzare o prevenire le complicanze che possono instaurarsi in un secondo tempo; al contrario invece non intervenire correttamente significa dover supportare la funzione respiratoria della persona con la ventilazione artificiale meccanica (VAM) e aumentare il rischio di infezioni correlate17. 21 1.4.2.2 VENTILAZIONE In base alle condizioni cliniche e neurologiche, ai parametri vitali e ai valori ematochimici del paziente si può decidere di mantenerlo in respiro spontaneo e fornirgli un supplemento di ossigeno tramite maschera facciale, oppure di intubarlo e sottoporlo a ventilazione artificiale meccanica (VAM). La VAM viene impiegata nei pazienti nei quali le altre strategie non hanno funzionato e oltre a garantire la sicurezza delle vie aeree, migliora l'ossigenazione del sangue e riduce gli sforzi muscolari legati all'atto respiratorio30 . Sebbene la ventilazione invasiva abbia diversi benefici, può far insorgere anche alcune complicanze30; infatti se prolungata per più giorni favorisce l'insorgenza delle infezioni ad essa correlate, ventilator associated pneumonia (VAP), che rischiano di compromettere la situazione già precaria del quadro polmonare17. Inoltre il bisogno di re-intubare la persona, sia in caso di estubazione programmata o accidentale del paziente, porta ad un aumento della mortalità, dei giorni di degenza e del rischio di subire una tracheotomia, perchè significa che non solo le condizione del paziente non sono migliorate ma potrebbe dover affrontare un ulteriore peggioramento30. La letteratura fornisce dei criteri prognostici positivi da valutare prima di estubare un paziente e di sottoporlo a cicli di respirazione spontanea: bisogno minimo di sedazione, pressione positiva di fine espirazione (PEEP) inferiore o uguale a 5, FiO2 inferiore al 50%, pH maggiore di 7,25, stabilità emodinamica e sforzo inspiratorio presente30 . Un ulteriore strumento utilizzato nello svezzamento del paziente è il Burns Wean Assessment Program (BWAP), un foglio di valutazione composto da 26 item, dei quali bisogna verificare la presenza (rispondere sì, no, non rilevato) 31. Lo scopo di questa scala è quello di ridurre la variabilità legata alla pratica infermieristica nella gestione clinica dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica, individuando e valutando specifici fattori clinici e legati al nursing (infusione di sedativi, stabilità emodinamica, valori ematochimici, controllo del dolore, mobilizzazione) che possono impedire l'estubazione del paziente e incitare un accertamento più approfondito per le variabili non rilevate. Il punteggio finale del BWAP si calcola dividendo il numero totale di risposte “sì” per 26; l'articolo di Burns et al. riposta che pazienti con un BWAP > di 50 sono stati svezzati ed estubati con successo rispetto a quelli che presentavano un punteggio < a 5031. In pazienti svegli e collaboranti è possibile utilizzare la ventilazione non invasiva (NIV), che tramite diversi tipi di maschere che aderiscono perfettamente al viso, fornisce una PEEP che permette di aumentare la capacità funzionale residua, aumentare la PaO 2 e migliorare notevolmente gli scambi 22 gassosi e la compliance polmonare32. Se per i pazienti clinicamente stabili e feriti in maniera meno grave può bastare un semplice supplemento di ossigeno e la terapia antidolorifica, la NIV è fortemente indicata nei pazienti con trauma toracico ad alto rischio di sviluppare insufficienza respiratoria per i grossi benefici che apporta33. Questa tipologia di ventilazione proprio perchè non invasiva presenta diversi vantaggi per il paziente che la sperimenta: primo fra tutti gli evita l'intubazione riducendo così notevolmente il rischio di sviluppare una VAP, favorisce il comfort della persona e permette al paziente di praticare la tosse se è in grado di farlo, senza bisogno di ricorrere alla broncoaspirazione, permettendogli anche di parlare34. Lo studio condotto da Duggal et al. dimostra che l'utilizzo della NIV rispetto alla VAM porta ad una riduzione della durata della degenza in terapia intensiva (da 5.3 a 16 giorni vs da 9.5 a 15 giorni), delle complicanze (0%-18% vs 38%-49%) e del tasso di mortalità (0%-9% vs 6%-50%) nei pazienti sottoposti alla prima33; inoltre il suo uso precoce mostra anche una diminuzione del fallimento della respirazione spontanea e del bisogno di re intubare i pazienti per problematiche respiratorie34. 1.4.2.3 INCENTIVATORI RESPIRATORI Altri strumenti utili per allenare e migliorare la funzionalità respiratoria sono gli incentivatori respiratori; diversi sono i modelli utilizzati dagli operatori nella pratica clinica ma comuni sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere: facilitare il recupero dell'autonomia e prevenire gli effetti provocati dall'allettamento tra cui l'accumulo delle secrezioni bronchiali, prevenire la formazione di atelettasie e migliorare gli scambi gassosi35. Tra i presidi maggiormente usati ci sono gli incentivatori di volume (Coach®/Voldyne®) che tramite esercizi di espansione polmonare, aiutano il paziente nella risoluzione di atelettasie da compressione o da ostruzione. Infatti l’allungamento dei tempi di permanenza dell’aria all’interno dei polmoni, consentito dall’effettuazione di respiri lunghi e a basso flusso, fa sì che durante la fase espiratoria l’aria possa defluire lungo le vie collaterali degli alveoli ostruiti, trascinando verso le vie aeree più alte le secrezioni presenti. Il Coach® permette un monitoraggio della quantità di aria inspirata; per il suo corretto utilizzo viene richiesta un'ispirazione lenta di 3-5 secondi, con una pausa teleinspiratoria di altri 3 secondi, seguita da un'espirazione lenta35. Gli incentivatori di flusso (Triflo®) richiedono invece un'inspirazione rapida; il Triflo® è composto 23 da tre compartimenti contenenti ciascuno una pallina di colore diverso a cui corrispondono tre livelli di flusso inspiratorio (I° pallina 600 cc/s, II° pallina 900 cc/s, III° pallina 1200 cc/s). L'obiettivo è quello di inspirare profondamente per alzare tutte le palline e mantenerle sospese per circa 3 secondi35. La PEP-bottiglia è un presidio che utilizza un modulatore di flusso espiratorio, rappresentato da un tubo di 80 cm e con un diametro di 1 cm, che viene inserito in una bottiglia contenente dai 5 ai 7 cm d'acqua per i pazienti ostruttivi e dai 10 ai 20 cm d'acqua per i pazienti post-operati o fibrotici. La persona deve inspirare attraverso il naso per 3 secondi, mantenere una pausa teleinspiratoria di 3-5 secondi ed espirare soffiando attraverso il tubo, facendo gorgogliare l'acqua35. Un altro articolo tratta i benefici riguardanti il miglioramento della funzione polmonare, riduzione di atelettasie e valori ematici di PaO2, compiendo degli atti respiratori profondi sempre tramite la PEP-bottiglia; lo studio confronta due gruppi di pazienti post-operati addominali o cardiotoracici, di cui un gruppo era stato educato a fare 30 atti respiratori profondi una volta all'ora per i primi 4 giorni del post-opertorio con una frequenza di 10 atti respiratori alla volta, inframezzati da pause di 3060 secondi. I risultati dimostrano una significativa riduzione delle atelettasie polmonari e un miglioramento dei volumi spirometrici dei pazienti che hanno eseguito questi esercizi rispetto al gruppo che non aveva compiuto nessun esercizio respiratorio36. L'applicazione di pressioni positive alle vie aeree durante la fisioterapia permette di aumentare la pressione intra-alveolare, i valori fisiologici di capacità funzionale residua, diminuire le atelettasie, allungare i tempi di espirazione e quindi di permanenza di aria all'interno dei polmoni e favorisce la detersione bronchiale37. 1.4.2.4 STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO È importante per i professionisti che effettuano l'accertamento iniziale riuscire a riconoscere facilmente i casi più urgenti, che necessitano di una gestione aggressiva e precoce; l'uso di uno strumento di accertamento del rischio, unito all'abilità e all'esperienza professionale, potrebbero guidare gli operatori verso un'identificazione delle situazioni più a rischio e lo sviluppo di un piano di cure assistenziali individuale e mirato2,16. Nella valutazione iniziale è utile il supporto di uno strumento di valutazione che aiuta l'operatore ad avere un quadro generale della situazione; il Chest Wall Trauma Scoring System è stato creato appo24 sitamente e in base a diversi punteggi assegnati riesce ad identificare accuratamente, se applicato entro le prime 24 ore di presa in carico, i pazienti che svilupperanno outcome peggiori come ad esempio l'insufficienza respiratoria e che necessitano quindi di cure intensive17. Questo strumento prende in esame l'età della persona, la presenza o meno di contusioni polmonari, il numero di fratture costali e il fatto che queste ultime siano mono o bilaterali; dalla somma dei vari punteggi assegnati si ottiene un totale che varia da un minimo di 2 ad un massimo di 11. Lo studio condotto per valutare la validità di questa scala riporta che i pazienti con un punteggio totale inferiore a 7 hanno un tasso di mortalità minore rispetto a chi supera questa soglia, lo stesso punteggio identifica i pazienti che hanno meno probabilità di necessitare di ventilazione meccanica; i pazienti con un punteggio superiore a 4 rimangono ricoverati più a lungo di quelli che hanno totalizzato un punteggio inferiore a 417. In conclusione lo studio riconosce come utile questo strumento nell'identificare precocemente i pazienti che svilupperanno outcome peggiori e nel pianificare quindi delle strategie di intervento per affrontare le diverse situazioni17. Un altro studio propone uno strumento di accertamento simile al precedente, da utilizzare in caso di fratture costali, il Rib Fracture Scoring System, sviluppato per determinare quali pazienti presentano un maggior rischio e quale sia il livello di cure più appropriato da fornire a queste persone 16. Anche questa scala prende in esame il numero di fratture, se sono mono o bilaterali e l'età suddivisa per fasce; moltiplicando i primi due numeri e sommandoli all'ultimo si ottiene un punteggio totale che va da un minimo di 1 ad un massimo di 52. Lo studio, condotto in un trauma center di II livello su pazienti over 50, sostiene che lo strumento sia pratico e rapido da utilizzare e possa aumentare la consapevolezza degli operatori riguardo al rischio maggiore che corrono i pazienti anziani; ma allo stesso tempo dichiara che il valore predittivo ottenuto sia debole e non abbia un'influenza significativa sulle disposizioni da seguire dopo la dimissione16. L'autore propone una riflessione su questo aspetto supponendo che se lo studio fosse stato fatto in un trauma center di I livello i risultati sarebbero stati più rilevanti per il maggior volume di pazienti affluenti, la maggior severità delle lesioni riscontrate, un numero più ampio di risorse disponibili e per le diverse pratiche di gestione. L'articolo inoltre non riporta dei valori precisi di cut-off secondo i quali ipotizzare dei rischi specifici; in generale comunque a punteggi più elevati corrisponde una degenza in terapia intensiva più lunga, un numero più elevato di comorbilità associate e outcome peggiori condizionati anche dall'età avanzata16. Un'interpretazione dell'RFS suggerita dal creatore dello strumento, Easter, divide il risultato ottenu25 to in classi per ordine crescente di gravità (3-6, 7-10, 11-15, >15), per ognuna delle quali raccomanda degli interventi circa: controllo del dolore, gestione delle vie respiratorie e mobilità. In conclusione l'autrice dichiara che cure più intensive e specifiche dovrebbero essere garantite a tutti i pazienti con lesioni toraciche che totalizzano uno score superiore a 638. 1.4.2.5 RUOLO DELL’INFERMIERE NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE ADULTO TRAUMATIZZATO TORACICO L'appropriato trattamento dei pazienti con trauma toracico contusivo è stato oggetto di studio di ricerche recenti che hanno sottolineato la difficoltà nell'identificare tra tutti i pazienti traumatizzati, quelli a più alto rischio di sviluppare complicanze e di avere una prognosi sfavorevole4. Nel periodo di trattamento e stabilizzazione della fase acuta è importante che l'infermiere di area critica raccolga importanti informazioni circa l'incidente per poter ipotizzare eventuali lesioni in base alla dinamica avvenuta; i dati più comunemente raccolti sono la presenza o meno di cinture di sicurezza, se la vittima era il guidatore o il passeggero, se ha subito sbalzi dal veicolo, l'altezza da cui si è verificata la caduta, su che tipo di superficie è atterrata la persona e in che posizione2. L'infermiere o il medico devono inoltre raccogliere informazioni anamnestiche circa il paziente per conoscere le sue abitudini di vita, se fa uso di medicinali, se è allergico a qualcosa e quando ha mangiato l'ultima volta26; questa informazione è importante perchè molte manovre invasive, tra cui l'intubazione oro-tracheale possono stimolare il riflesso del vomito e quindi aumentare il rischio di ab-ingestis. È essenziale condurre un buon esame obiettivo prima di procedere con interventi più tecnici e specifici. L'ispezione visiva accurata del torace e della schiena aiuta a focalizzare l'attenzione su quelle aree meno visibili che possono facilmente essere ignorate; i sospetti devono nascere se si riscontrano ecchimosi, ematomi o abrasioni che possono indicare dinamiche violente e quindi far sospettare lesioni interne anche gravi20. Il monitoraggio dei parametri e delle condizioni generali del paziente permette all'infermiere che lo esegue di accorgersi tempestivamente di un eventuale deterioramento clinico; segni di polmonite come la febbre, escreato purulento e addensamenti polmonari visibili ai raggi X devono essere segnalati tempestivamente al medico e trattati con antibiotici in endovena10. Nella raccolta dei parametri vitali l'infermiere deve essere abile nell'interpretarli e capire quando si 26 trova davanti a valori alterati che devono essere segnalati oppure se è in presenza di artefatti; nel primo caso valori aumentati di pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria possono indicare un aumento del livello del dolore oppure un iniziale affaticamento respiratorio 20. Gli artefatti invece possono evidenziarsi se gli strumenti di monitoraggio (elettrodi o cateteri) non sono posizionati correttamente; ad esempio la saturazione spesso può essere difficilmente rilevabile in caso di vasocostrizione secondaria ad ipotermia o agitazione psicomotoria20. L'assistenza infermieristica dei pazienti trattati con farmaci in endovena o in cateteri epidurali deve includere monitoraggi frequenti a intervalli regolari dei parametri vitali, tra cui pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria e saturazione di ossigeno27. Gli effetti indesiderati più frequenti potrebbero essere l'ipotensione generata da un blocco nervoso simpatico e la febbre che può indicare infezione del punto di inserzione del catetere; inoltre gli oppioidi possono causare nausea, vomito, depressione respiratoria, stipsi e indebolimento del sistema immunitario se usati per lunghi periodi27. Un'analgesia efficace rappresenta la base per il trattamento dei pazienti con fratture costali multiple perchè permette di migliorare i parametri respiratori e di evitare l'intubazione oro-tracheale e di conseguenza la ventilazione invasiva29. È raccomandato il riaccertamento infermieristico del dolore in pazienti coscienti e capaci di esprimerlo il più spesso possibile, con scale semplici ed intuitive come la Visual Analogic Scale (VAS) o la Numeric Rating Scale (NRS)21. Nell'articolo di Ertung e Ulker gli infermieri sono accusati di essere poco interessati e attenti al dolore provato e riferito dai pazienti e di non compiere alcuno sforzo supplementare per ridurlo, oltre a somministrare la terapia prescritta39. Lo stesso articolo pone l'attenzione sul ruolo che l'infermiere dovrebbe avere nell'accertare i momenti di maggior dolore dei pazienti che ha in carico e nel proporre la premedicazione prima di una determinata procedura e, successivamente, il monitoraggio del parametro39. L'assistenza infermieristica rivolta al paziente sveglio che mantiene il respiro spontaneo deve focalizzarsi su pochi aspetti che però sono fondamentali per la corretta guarigione della persona traumatizzata. La toilette polmonare deve essere favorita insegnando al paziente la corretta espettorazione e i modi per produrre tosse efficace e stimolandolo ad eliminare le secrezioni10. Il miglioramento della funzionalità polmonare risulta da quest'ultimo fattore e dalla capacità del paziente di mantenere un'adeguata ventilazione senza stancarsi3. Per fare questo è utile sottoporre la persona a cicli di fisioterapia respiratoria che riesce a prevenire e ridurre potenziali complicanze 27 polmonari quali ad esempio ipoventilazione, ipossiemia e infezioni al fine di rigenerare la muscolatura e la funzionalità polmonare nel minor tempo possibile40. Ogni intervento deve essere preceduto da un accurato accertamento sulla condizione attuale del paziente e dalla negoziazione degli obiettivi con lo stesso. Questo articolo dimostra che, a seguito di uno studio, eseguire numerosi cicli di fisioterapia respiratoria nelle 24 ore intervallati da brevi pause permette di ridurre la durata della degenza e della ventilazione meccanica assistita e di abbassare l'incidenza di infezioni polmonari e il tasso di mortalità dei pazienti ammessi in terapia intensiva 40. Lo studio dimostra che chi ha sostenuto sedute di fisioterapia frequenti nelle 24 ore presenta livelli maggiori di pressione di ossigeno nel sangue (PaO2) e di ematocrito, rispetto a chi aveva praticato esercizio solo per 6 ore40. Le tecniche fisioterapiche inoltre permettono di ridurre lo shunt polmonare, cioè il passaggio diretto di sangue venoso nel circolo arterioso senza un'adeguata ossigenazione, e di aumentare la compliance e l'efficienza del sistema respiratorio40. La fisioterapia respiratoria si avvale di diversi strumenti e il compito dell'infermiere è quello di educare correttamente il paziente al loro utilizzo e di monitorarne le condizioni generali durante l'esercizio, affinchè la persona non si affatichi ma progredisca lentamente nell'arco di diversi giorni37. Le linee guida per la spirometria, redatte da Restrepo et al., raccomandano di accompagnare alle sessioni giornaliere di esercizio con gli incentivatori, dei cicli di inspirazione profonda, tosse efficace e deambulazione precoce per ottenere migliori outcome in tempi più brevi, in quanto da sola, la spirometria, non risulta efficace nel ridurre le complicanze41. Inoltre queste linee guida suggeriscono di non sottoporre a questi esercizi pazienti che non possono essere educati o supervisionati adeguatamente, pazienti confusi, molto sedati o comatosi e pazienti incapaci di compiere atti respiratori profondi a causa di dolore, disfunzioni diaframmatiche e analgesia con oppioidi41. La mobilizzazione precoce, intesa come seduta con le gambe fuori dal letto o deambulazione, è identificata come un outcome importante da perseguire perchè permette al paziente di respirare in una posizione più fisiologica rispetto a quella distesa e quindi di recuperare le sue normali funzioni più velocemente rispetto a chi deve mantenere il risposo a letto40. Le linee guida sottolineano inoltre che una stretta supervisione dei pazienti sottoposti a fisioterapia non è necessaria se questi si dimostrano abili nell'eseguirla ma comunque un riaccertamento ogni tanto è essenziale41. La letteratura è sprovvista di specifici e standardizzati schemi di utilizzo degli incentivatori ma l'infermiere deve essere abile nel trovare il giusto metodo di utilizzo per ogni paziente in base alle sue necessità, ai suoi obiettivi e progressi41. 28 L'utilizzo della ventilazione non invasiva, nota per i suoi benefici come l'innalzamento della pressione transpolmonare, il reclutamento delle regioni polmonari collassate e meno ventilate, la riduzione dello sforzo legato all'atto respiratorio ed il miglioramento degli scambi gassosi, può però non essere sempre il trattamento più indicato per i pazienti con problematiche respiratorie34. La letteratura fornisce dei criteri che l'infermiere dovrebbe monitorare durante l'assistenza al paziente sottoposto a NIV e che se presenti indicano la necessità di sospendere il trattamento; questi sintomi includono la comparsa di fatigue e segni quali tachipnea e uso dei muscoli accessori, perdita di tolleranza verso la maschera e la pressione esercitata, alterazione di parametri quali frequenza cardiaca, pressione arteriosa e saturazione di ossigeno e richieste da parte del paziente di sospendere la ventilazione32. Il medico, in equipe con l'infermiere, dovrebbe prendere in forte considerazione l'opzione di re-intubare il paziente se la sua condizione respiratoria non migliora dopo le prime ore di NIV, perchè continuando il trattamento senza benefici aggraverebbe ulteriormente il quadro clinico del paziente32. 29 30 CAPITOLO 2 2.1 MATERIALI E METODI 2.1.1 OBIETTIVO GENERALE L'obiettivo generale di questo lavoro di tesi è di analizzare alcune peculiarità dell'assistenza infermieristica rivolta a pazienti adulti con trauma toracico accolti nelle terapie intensive di due ospedali regionali. In particolare quelli legati all’influenza dell’assistenza sul monitoraggio e trattamento del dolore, sul riconoscimento e la risposta al deterioramento respiratorio e sui precoci approcci alla riabilitazione respiratoria. 2.1.2 OBIETTIVI SPECIFICI Gli obiettivi specifici che questo studio vuole raggiungere sono i seguenti: 1) Definire la rilevanza del fenomeno e gli outcome clinici dei pazienti adulti traumatizzati toracici ricoverati nelle UU.OO. di terapia intensiva di due ospedali regionali. 2) Definire il contributo infermieristico nell'assistenza al paziente adulto con trauma toracico. 3) Individuare se esistono associazioni misurabili tra interventi infermieristici e outcome clinici. 4) Tracciare un elenco di quesiti di ricerca di carattere sperimentale per indagare più a fondo l'influenza di alcuni fattori presidiati dall'infermiere nell'assistenza a questa tipologia di pazienti. 2.1.3 DISEGNO DI STUDIO E SELEZIONE DEL CAMPIONE Lo studio, di tipo descrittivo, è stato condotto presso le Aziende Ospedaliere di Udine e Pordenone, prendendo in analisi le cartelle cliniche di pazienti accolti in terapia intensiva dal 01/01/13 al 31 30/06/13 e che alla loro dimissione presentavano una diagnosi inerente il trauma toracico. Per la selezione delle cartelle da includere nello studio i ricercatori hanno deciso di considerare inizialmente i codici SDO (scheda di dimissione ospedaliera) che dovevano comparire tra le diagnosi principali oppure secondarie, come riportato nell'Allegato 1. Al fine di identificare tutti i casi da includere nello studio sono state anche considerate le diagnosi di accettazione in Pronto Soccorso. Per assicurarsi l'intercettazione di tutti i casi utili, sono stati ricercati anche i pazienti che presentavano a livello della SDO i seguenti codici per intervento: − 03.90: Inserzione di catetere nel canale vertebrale per infusione di sostanze terapeutiche − 34.04: Inserzione drenaggio intercostale − 97.41: Rimozione di tubo di toracotomia o di drenaggio pleurico. I criteri di inclusione prevedevano anche il fatto che tali pazienti presentassero una valutazione della Glasgow Coma Scale ≥ 14. Durante l'analisi delle 45 cartelle cliniche inizialmente reperite attraverso i codici SDO stabiliti, si è reso necessario eliminarne subito 5 in quanto: − n. 2 non è stato possibile visionarle perchè poste sotto sequestro da parte dell'Autorità Giudiziaria, − n. 2 non sono pervenute dalle UU.OO. in cui era stato trasferito il paziente successivamente alla terapia intensiva, − n. 1 risaliva al 2012. Proseguendo con lo studio della storia clinica dei pazienti si è proceduto ad un'ulteriore fase di selezione che ha portato all'esclusione di altri 13 casi che non rispettavano pienamente i criteri stabiliti e rappresentavano quindi dei falsi positivi, in particolare: − n. 6 persone riportavano problematiche neurologiche importanti ma respiratorie secondarie (4 casi di grave trauma cranico in seguito ad incidente e fratture costali associate, 1 ictus e 1 minor stroke con pneumotorace), − n. 5 persone presentavano problematiche respiratorie di natura non traumatica (insufficienza respiratoria acuta in seguito a polmonite non trattata, insufficienza respiratoria acuta in post-intervento, insufficienza respiratoria acuta in cirrosi scompensata, pneumotorace iatrogeno da assunzione incongrua di farmaci, pneumotorace in paziente con occlusione intestinale), − n. 1 decesso constatato in terapia intensiva poco dopo l'arrivo dal Pronto Soccorso. Tale 32 scelta è confermata anche dal fatto che nello studio di Pressley et al. uno dei criteri di esclusione era la morte del paziente nel Dipartimento d'Emergenza17. − n. 1 paziente con età inferiore ai 19 anni. Nei 27 casi rimanenti invece, si è deciso di includere comunque due pazienti con una GCS sulla scena del trauma < 14, perchè le valutazioni successive e i monitoraggi compiuti hanno mostrato un netto miglioramento del quadro neurologico, fino al raggiungimento di una GCS ≥ 14. Il periodo di svolgimento dello studio, inclusa la raccolta e l'analisi dei dati, è compresa tra i mesi di agosto e ottobre 2013. 2.1.4 STRUMENTI I ricercatori hanno creato un foglio per la raccolta dei dati ad hoc, nel quale raccogliere le informazioni dalle cartelle cliniche dei 27 pazienti inclusi (Allegato 2). Tali informazioni sono poi state inserite ed elaborate in un foglio Excel. Le variabili osservate ed estrapolate dalla documentazione sanitaria sono state le seguenti: − ospedale nel quale è avvenuto il ricovero − età e genere del paziente − data di ingresso − diagnosi di accettazione, principale e secondarie − origine del trauma − classificazione trauma toracico secondo CWTSS e RFS − comorbilità della persona (diabete mellito, scompenso cardiaco, BPCO, insufficienza renale cronica, ipertensione arteriosa, fumo e diagnosi psichiatrica) − giorni di degenza in terapia intensiva − outcome a 30 giorni (riammissione, trasferimento in altra U.O., decesso) − GCS, RASS e SOFA SCORE (Sequential Organ Failure Assessment) all'ingresso − data di intubazione e se presente ventilazione meccanica − giorni di ventilazione meccanica − numero di valutazioni del dolore con NRS ≤ 3, tra 4 e 7 e ≥ 8 33 − tipo di analgesia somministrata − provvedimenti se NRS ≥ 4 − presenza di drenaggio toracico (tipologia, numero, sito, giorni di permanenza) − presenza di catetere peridurale (livello di inserzione, giorni di permanenza) − uso di incentivatori respiratori e frequenza di utilizzo − uso di NIV e frequenza cicli − episodi di deterioramento durante la degenza (tipologia). Prima dell'inizio della raccolta dati i ricercatori hanno fatto alcune considerazioni riguardo al miglior metodo per rilevare alcune variabili, tra cui la valutazione del dolore tramite NRS e l'utilizzo di NIV e incentivatori. La prima infatti è stata presa in considerazione solamente nei casi in cui il paziente erano in grado di rispondere e quindi quando presentava una RASS ≥ -2 (persona lievemente sedata ma responsiva), le seconde invece sono state rilevate nei giorni in cui i pazienti non erano sottoposti a VAM e potevano respirare spontaneamente. Per rapportare il numero di ricoveri in terapia intensiva al numero totale di ricoveri ospedalieri per trauma toracico, si è deciso di prendere come riferimento l'ospedale di Udine in quanto presenta le caratteristiche di ospedale “hub”, essendo un centro trauma di alta specializzazione nel quale vengono centralizzati i casi più gravi. Per definire al meglio le fratture costali riportate, al fine del calcolo degli score (CWTSS, RFS), il laureando ha consultato i referti radiologici se tale informazione non era riportata tra le diagnosi. 2.1.5 ANALISI STATISTICA Per l'analisi statistica è stato utilizzato il software GraphPad – Prism 6.0b. Per la statistica descrittiva sono state riportate frequenze e percentuali. Per i valori continui sono stati ricercati valori di tendenza centrale (media, mediana, DS e range). L'analisi statistica è stata condotta utilizzando test non parametrici: il Chi-square test per il confronto tra proporzioni, assumendo come valore significativo una p < 0,05. Per confrontare le medie è stato utilizzato il test ANOVA quando la numerosità dei gruppi era > 2 e il T-test quando sono stati selezionati solamente due gruppi. Sono stati ricercati i valori di ODD RATIO, assumendo come riferimento un intervallo di confiden34 za al 95%. La significatività statistica è stata accettata per p < 0,05. 2.2 RISULTATI 2.2.1 CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE Nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2013 e il 30 giugno 2013, l'Azienda Ospedaliera di Udine ha registrato 110 ricoveri di pazienti adulti con diagnosi di trauma toracico, 83/110 (75.5%) non sono stati ricoverati in terapia intensiva ma principalmente nelle seguenti UU.OO.: medicina d'urgenza, pneumologia e cardiochirurgia. I restanti 27 sono stati accolti in terapia intensiva (24.5%). Quest'ultima unità operativa ha registrato nello stesso periodo 597 ricoveri totali (da accettazione e trasferimento), con una percentuale di diagnosi di trauma toracico del 4.5% (27/597). La terapia intensiva dell'Azienda Ospedaliera di Pordenone ha invece registrato, nello stesso periodo, 127 ricoveri totali, 5 dei quali per trauma toracico (3.9%). Dei 27 casi presi in esame per questo studio, 25 sono maschi (92.6%) e 2 sono femmine (7.4%); la loro età media è di 51.5 anni (range: 20÷75 anni, mediana 52, DS ± 14.8) (Tabella 1). La classe di età 41-70 conta 17 casi (66.7%), la classe 19-40 6 casi (18.5%) e la classe di età over 70 conta 4 casi (14.8%). 2.2.2 CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE La diagnosi di accettazione prevalente del campione preso in esame è il politrauma, registrata in 20 casi (74.1%), seguita dal trauma toracico in 7 casi (25.9%). L'origine del trauma è stato per 18 pazienti l'incidente stradale (66.7%), per 6 la caduta accidentale (22.2%) e per 3 casi l'infortunio sul lavoro (11.1%). Le diagnosi principali maggiormente rappresentate sono: il pneumotorace con 3 casi (11.1%), la frattura del tratto T7-T12 con lesione midollare con 2 casi (7.4%), la fratture di più costole senza specificazioni nel numero con 2 casi (7.4%) e i traumatismi intracranici senza ferita esposta con 2 casi (7.4%) (Tabella 2). 35 Le diagnosi secondarie prevalenti sono invece: il pneumotorace con 11 casi (40.7%) e la contusione polmonare con 10 casi (37.0%) (Tabella 3). Sono stati studiati anche i traumi riportati dai pazienti ad altri distretti corporei oltre al torace: in 6 casi sono presenti traumi cranici (22.2%), in 6 casi traumi al rachide (22.2%), in 5 casi traumi agli arti superiori (18.5%), in 4 casi traumi agli arti inferiori (14.8%), in 2 casi traumi addominali (7.4%), in 1 caso trauma al massiccio-facciale (3.7%), mentre 8 pazienti non riportano ulteriori traumi (29.6%) (Tabella 4). In totale i pazienti che hanno riportato fratture costali, seppur di diverso numero, sono 25 (92.6%). Al momento del ricovero la media degli score CWTSS e RFS registrata dal campione in esame é rispettivamente di 6.9 (range: 3÷11, mediana 6, DS ± 2.3) e 10.9 (range:0÷43, mediana 8, DS ± 9.9). Dei 27 casi presi in esame, 6 presentano ipertensione arteriosa (22.2%), 3 sono affetti da diabete (11.1%), 3 casi fumano (11.1%), 2 presentano una diagnosi psichiatrica (7.4%), 1 caso è affetto da BPCO (3.7%), un altro da scompenso cardiaco (3.7%), 8 persone presentano comorbilità diverse da quelle studiate (29.6%) e 11 pazienti non ne hanno nessuna (40.7%) (Tabella 5). La durata media della degenza in terapia intensiva è di 10.1 giorni (range: 1÷29, mediana 9, DS ± 8.1). L'esito al termine della degenza in terapia intensiva maggiormente rilevato è il trasferimento in altre unità operative o verso altri ospedali con 26 casi (96.3%), si è verificato un solo decesso (3.7%), mentre nessun paziente è stato riammesso in terapia intensiva (0%). La durata media totale della degenza in ospedale per i pazienti dimessi verso il domicilio (20/27, 74.1%) è di 17.8 giorni (range: 3÷37, mediana 18.5, DS ± 9). I restanti 6 casi (22.2%) sono stati di messi verso altri presidi ospedalieri riabilitativi. Le rilevazioni della Glasgow Coma Scale all'ingresso in reparto evidenziano che 25 casi hanno un punteggio > 8 (92.6%) e 2 casi hanno un punteggio < 8 (7.4%). È stato valutato anche il SOFA score e 19 casi hanno totalizzato un punteggio < 9 (70.4%) e 8 casi ≥ 9 (29.6%). La media dei giorni in cui i 27 pazienti presentano una RASS ≥ -2, è di 4.9 giorni (range: 0÷21, mediana 4, DS ± 4.7). In media, il 63% dei giorni trascorsi in terapia intensiva i pazienti presentavano valori di RASS ≥ -2. Dei 27 casi studiati, 10 di questi non sono mai stati intubati (37%); la media della durata della ventilazione invasiva dei restanti 17 casi (63%) è di 7.3 giorni (range: 0÷25, mediana 4, DS ± 8.3). Il drenaggio toracico è stato posizionato a 16 pazienti (59.3%); 9/16 di questi ne avevano solo uno (56.2%) mentre 7/16 ne presentavano più di uno (43.7%). La permanenza media del drenaggio toracico è stata calcolata prendendo in esame quella maggiore 36 per i casi che presentavano più di un presidio, ed è di 7.7 giorni (range: 1÷27, mediana 6, DS ± 6.1). Il catetere peridurale è stato posizionato a 5 pazienti (18.5%) e la media dei giorni di permanenza è di 5.4 (range: 2÷8, mediana 5, DS ± 2.6). I farmaci analgesici maggiormente somministrati per via endovenosa in infusione continua sono il Remifentanil (59.3%) e il Sufentanil (11.1%). I farmaci analgesici maggiormente utilizzati per l'analgesia estemporanea in caso di NRS > 4 sono il Paracetamolo in 19 casi (70.4%), la Morfina cloridrato in 12 casi (44.4%), il Fentanil in 2 casi (7.4%) e il Tramadolo in 1 caso (3.7%). 2.2.3 INTERVENTI INFERMIERISTICI Gli operatori hanno valutato il livello del dolore tramite NRS dei pazienti svegli (RASS ≥ -2) in media 3.9 volte al giorno (range: 0÷8, mediana 4.8, DS ± 2.4). I provvedimenti presi dagli operatori nei casi in cui il dolore fosse stato superiore a 4 sono stati l'analgesia estemporanea in 17 casi e in un caso una modificazione del farmaco infuso. Dalla documentazione clinica è risultato che 9 pazienti (33.3%) hanno utilizzato un qualche tipo di incentivatore respiratorio, in 7 casi è stata adoperata la PEP-bottiglia (77.8%) e in 5 il Tri-flo o Voldyne (55.6%). Tra i pazienti che ne hanno fatto uso, in media sono stati effettuati 1.7 cicli di ginnastica respiratoria al giorno (range:0.3÷6.7, mediana 0.9, DS ± 2.0). I pazienti sottoposti a NIV sono stati 8 (29.6%), con una media di 1.7 cicli di ventilazione al giorno (range: 0.2÷3.4, mediana 1.3, DS ± 1.3). 2.2.4 ANALISI DI RISCHIO Non sono emerse differenze statisticamente significative fra le media delle età dei pazienti maschi rispetto alle femmine (t 1.042; p 0.30). Per quanto riguarda l'ospedale definito “hub”, la differenza delle medie delle età è risultata essere statisticamente significativa fra i pazienti con trauma toracico, che vengono ricoverati in terapia intensiva, e quello che invece non lo sono. I primi infatti risultano essere più giovani (54.59 ± 3.22 [n=27] vs. 68.82 ± 2.10 [n=83]; t 3.45 p 0.0008). 37 Utilizzando la mediana pari a 52 anni, e considerando più giovani i pazienti con età minore di tale valore, non risulta che essi abbiano maggiori probabilità di subire un incidente stradale come origine del trauma toracico (OR 0.28; IC 95% 0.04-1.77). Tale considerazione non cambia anche se l'OR viene calcolato con dei limiti più alti (65 anni). Si può d'altro canto affermare che i pazienti con età > 65 anni, presentano un rischio di circa 6 volte maggiore di subire un incidente stradale e quindi di procurarsi un trauma toracico (OR 5.89; IC 95% 0.28-122.6), rispetto ai casi con età > 52 che presentano un rischio di 3.5 volte superiore (OR 3.50; IC 95% 0.56-21.68). Il grafico 1 rappresenta l'analisi della varianza e le differenze delle età tra i pazienti traumatizzati toracici per diversa origine del trauma. Le differenze fra gruppi risultano essere statisticamente significative (p 0.01) (Grafico 1). Non vi sono differenze statisticamente significative tra le medie delle età dei pazienti con solo trauma toracico e quelli che presentano anche altre tipologie di traumi. Tali differenze non sussistono nemmeno fra la durata della degenza in terapia intensiva tra coloro che presentavano solo trauma toracico e coloro che ne presentavano anche altri. I pazienti con età maggiore di 52 anni non presentano un rischio maggiore di essere valutati con degli score CWTSS > 7 (OR 1.07; IC 95% 0.22-5.02), e neanche quelli con età > 65 anni (OR 0.36; IC 95% 0.03-4.07). La mediana del CWTSS è risultata di 6; non esistono differenze statisticamente significative fra le medie delle età dei pazienti con CWTSS maggiore e minore di 6 (t 0.391; p 0.69). Non esistono differenze statisticamente significative nemmeno fra le stesse medie e il valore di RFS mediano di 8 (t 0.56; p 0.57). Come si nota dalla Tabella 6, un punteggio CWTSS ≥ 7 è correlato in modo statisticamente significativo ad un tempo di degenza maggiore in terapia intensiva (media 13.92; DS 2.34), rispetto ai pazienti valutati con uno score < 7 (media 7.20; DS 1.78) (t 2.32; p 0.02). Tale relazione esiste anche per i giorni di ventilazione meccanica, che presentano una media più elevata per gli score CWTSS ≥ 7 (media 11.33; DS 2.38) rispetto a quella con gli score < 7 (media 4.06; DS 1.79) (t 2.48; p 0.02). Tali differenze non si riscontrano invece per gli altri outcome studiati (degenza totale, numero di rilevazioni NRS>3, numero di drenaggi toracici e loro permanenza). La stessa tabella, nella sua parte riguardante l’RFS, evidenzia delle correlazioni statisticamente significative tra un punteggio ≥ 9 e tempi di degenza e ventilazione meccanica in terapia intensiva più lunghi. A differenza del CWTSS, un RFS elevato predice anche un tempo di degenza in ospedale si38 gnificativamente più lungo. Non risultano esserci differenze statisticamente significative tra le medie degli score CWTSS, RFS e SOFA rilevati nei pazienti di Udine e di Pordenone. Tali differenze non sono state riscontrate nemmeno per età dei pazienti, tempo di degenza in terapia intensiva, tempo di degenza ospedaliera totale e tempo di VAM. Utilizzando le classi RFS come definite dagli autori, non risultano esserci differenze significative per età dei pazienti, tempo di degenza in terapia intensiva, tempo di VAM e tempo di degenza totale. I pazienti con CWTSS ≥ 7 risultano avere un rischio di circa 2.5 volte maggiore di ricorrere all’intubazione e alla ventilazione meccanica (OR 2.62; IC 95% 0.50-13.73); il rischio risulta essere maggiore anche per coloro che hanno un RFS ≥ 9 (OR 1.63; IC 95% 0.30-8.61) o un SOFA ≥ 9 (OR 18.79; IC 95% 0.94-371.7; Chi-quadrato 6.68; p 0,01). E’ stato calcolato il rapporto fra giorni di degenza con una RASS ≥ -2 e giorni di degenza totali in terapia intensiva, con lo scopo di ottenere un indice percentuale relativo al tempo in cui il paziente è più sveglio o comunque meno sedato. La mediana di tale valore è rappresentata dal 72% della degenza con una RASS ≥ -2. Considerando anche coloro che non sono mai stati intubati, un maggiore tempo trascorso da svegli/poco sedati è correlato significativamente con una minore durata della degenza in terapia intensiva. Se si escludono però i pazienti che non sono mai stati intubati tale relazione di significatività scompare. I pazienti svegli per un tempo > 72% della degenza sono maggiormente predisposti all’utilizzo degli incentivatori (OR 3.14; IC 95% 0.58-16.85). Un CWTSS elevato non rivela una predisposizione maggiore al fatto che siano presenti drenaggi toracici, un catetere peridurale o l’utilizzo degli incentivatori. Mentre un RFS ≥ 9 dimostra un rischio maggiore di presenza di drenaggio toracico (OR 2.07; IC 95% 0.39-10.85) e di utilizzo di incentivatore (OR 1.60; IC 95% 0.31-8.25). I pazienti con età > 52 anni risultano avere un rischio superiore di circa 2.5 volte di incorrere nel posizionamento di un drenaggio toracico (OR 2.66; IC 95% 0.51-13.88) e di 3.5 volte di non utilizzare l’incentivatore dopo l’estubazione (OR 3.5; IC 95% 0.56-21.68). Non esistono predisposizioni rispetto all’età per quanto riguarda il posizionamento di catetere peridurale o l'utilizzo della NIV. Utilizzando la mediana (valore 9) del tempo di degenza in terapia intensiva, i ricercatori hanno calcolato quale fosse la probabilità di avere una degenza < 10 giorni nei pazienti che hanno presentato o utilizzato: l’incentivatore (OR 2.00; IC 95% 0.37-10.58), la NIV (OR 0.72; IC 95% 0.13-3.82), i 39 drenaggi toracici (OR 3.42; IC 95% 0.65-17.93), e l’analgesia peridurale (OR 4.00; IC 95% 0.3841.77). L’utilizzo degli incentivatori o della NIV non risulta essere correlato con un minore tempo di degenza in terapia intensiva. Anche se nel primo caso la degenza media risulta essere minore tra quegli individui per i quali la documentazione ne ha riportato l’utilizzo (8.78 ± 1.91 [n=9] vs. 10.89 ± 2.14 [n=18]). Le medie delle degenze totali dei pazienti che hanno utilizzato incentivatore o NIV non risultano essere diverse da quelle di coloro che ne hanno fatto uso. I pazienti che utilizzano gli incentivatori o la NIV non presentano delle differenze tra le medie delle età con coloro che non li utilizzano. E’ stata calcolata la media giornaliera di valutazioni NRS > 3; confrontando le medie di queste sia nei pazienti con drenaggio toracico che non, si è notato che coloro che lo presentano hanno delle medie più elevate. Non si riscontrano differenze statisticamente significative. Definendo la mediana giornaliera di valutazioni NRS nel numero di 4.8, si può affermare che i pazienti portatori di drenaggio toracico non hanno probabilità di essere sottoposti a un numero maggiore di valutazioni NRS rispetto ai non portatori (OR 0.34; IC 95% 0.06-1.68). I pazienti con un numero > di 4.8 valutazioni NRS giornaliere presentano una correlazione statisticamente significativa con un minor numero di giorni di degenza in terapia intensiva (t 2.10; p 0.045). Tale correlazione risulta essere di poco non significativa con un minor numero di giorni di ventilazione meccanica (t 1.78; p 0.086). Non sono state trovate correlazioni significative tra portatori di catetere peridurale e numero minore di valutazioni NRS > 3, tempo di degenza in terapia intensiva (8.00 ± 12.16 [n=5] vs. 10.68 ± 1.84 [n=22]), tempo di VAM (per coloro che sono stati ventilati) (6.00 ± 3.60 [n=3] vs. 12.79 ± 2.02 [n=14]) e nemmeno nelle medie dei tempi di ventilazione fra coloro che presentavano più o meno valutazioni NRS > 3. Non esistono differenze statisticamente significative fra le medie delle età dei pazienti rispetto a tempo di degenza in terapia intensiva (mediana 9), tempo di degenza totale in ospedale (mediana 17), punteggio SOFA (mediana 8), tempo di VAM (mediana 4), rilevazioni giornaliere NRS (mediana 4.8) e media delle valutazioni giornaliere NRS > 3 (mediana 0.17). 40 2.3 DISCUSSIONE L'ospedale hub preso in esame per questo studio riporta che, su un totale di 110 ricoveri per diagnosi di trauma toracico il 24.5% degli stessi è stato ricoverato in terapia intensiva. Tale dato è in disaccordo con i dati di letteratura che attestano intorno al 75% la componente di pazienti che accede al servizio di terapia intensiva8. Tale differenza è da ricercare nel fatto che negli studi in letteratura si fa riferimento ai pazienti con trauma grave. Nel nostro caso molti pazienti tra coloro che non sono entrati in terapia intensiva erano probabilmente traumi toracici lievi senza coinvolgimenti di altri distretti corporei. Visto il numero ridotto di casi di trauma toracico ammessi nella terapia intensiva del secondo ospedale possono essere fatti solamente alcuni confronti. È risultato che le percentuali dei pazienti con trauma toracico ammessi in terapia intensiva è simile, mentre il tempo di degenza in tale reparto e il tempo di ventilazione meccanica risultano essere maggiori nell'ospedale con le caratteristiche del trauma center. Tali differenze possono essere attribuite alla maggiore complessità clinica dei pazienti afferenti a quest'ultimo. Considerando i numeri totali di pazienti con trauma toracico ammessi in terapia intensiva, in questo studio, la percentuale di maschi ricoverati è del 92.6%, mentre le femmine assistite rappresentano solo il 7.4%; questi dati sono confermati dalla letteratura che, in caso di trauma, ammette che i pazienti sono prevalentemente maschi14, ma ne riporta una percentuale minore, del 68.419. L'età media del campione studiato è di 51.5 anni e, su un campione di 27 casi, la classe di età maggiormente rappresentata è quella 41-70 (66.7%), seguita da quella dei giovani adulti, 19-40 (18.5%) e infine da quella degli over 70 (14.8%). Questa tendenza è confermata in letteratura dove, su un campione pù ampio di 1007 casi, le stesse classi di età sono rappresentate rispettivamente dal 42.2% dei casi, dal 34.5 % e dal 23.3% dei casi8. Non sono emerse differenze statisticamente significative tra le medie di età dei pazienti maschi rispetto alle femmine, mentre nell'ospedale hub è emerso che i pazienti ricoverati in terapia intensiva per problematiche toraciche sono più giovani, rispetto a quelli ricoverati in altre UU.OO. La letteratura sottolinea che i pazienti con età inferiore ai 45 anni, incorrono in seri incidenti stradali a causa della forte velocità e riportano traumi gravi e potenzialmente mortali6; la terapia intensiva diventa quindi per queste persone il reparto più indicato per l'adeguato trattamento dei problemi che presentano. Maxwell et al. scrivono come tra tutti i pazienti con lesioni toraciche, gli over 65 stiano aumentando 41 in maniera ingente, rappresentando il 54% dei ricoveri totali 16, il dato è stato confermato dal presente studio per quel che riguarda l'ospedale hub, dove i pazienti over 65 costituiscono solo il 53.6% degli ingressi totali per trauma toracico. L'origine più frequente di trauma è l'incidente stradale nel 66.7% di casi, seguito dalla caduta accidentale nel 22.2% dei casi e dall'infortunio sul lavoro nell'11.1%, dati raffrontabili con quelli della letteratura che riporta che tra le cause registrate gli incidenti da traffico rappresentano il 64,2% dei casi, le cadute accidentali il 20,3% e gli infortuni sul lavoro il 7%8. Dal presente studio non risulta che i pazienti con età inferiore ai 52 anni abbiano maggiori probabilità di subire un incidente stradale come origine del trauma toracico (OR 0.28; IC 95% 0.04-1.77). Si evince però che i pazienti con età > 65 anni presentano un rischio di circa 6 volte maggiore di subire un incidente stradale (OR 0.28; IC 95% 0.04-1.77), rispetto ai casi con età > 52 che presentano un rischio di 3.5 volte superiore (OR 3.50; IC 95% 0.56-21.68). Questi dati risultano in netto contrasto con quanto riportato dalla letteratura: l'incidente stradale risulta infatti la prima causa di trauma in persone con età inferiore ai 45 anni3. Risultano confermati i dati circa le lesioni associate alle fratture ossee, quasi sempre presenti nei pazienti con trauma toracico, emerse nel 92.6% dei casi in questo studio, e presenti nel 94% nello studio di Livingston et al.15 Il presente studio ha evidenziato che uno score CWTSS ≥ 7 è correlato in modo statisticamente significativo ad un tempo di degenza maggiore in terapia intensiva (media 13.92; DS 2.34), rispetto ai pazienti che totalizzano un punteggio < 7 (media 7.20; DS 1.78) (t 2.32; p 0.02). Questi dati trovano conferma in letteratura ma con un cut-off diverso, in quanto il lavoro di Pressley et al. riporta che i pazienti hanno meno probabilità di rimanere ricoverati più a lungo se totalizzano un punteggio < 4. Tale correlazione esiste anche per i giorni di ventilazione invasiva, che presentano una media più elevata per gli score CWTSS ≥ 7 (media 11.33; DS 2.38) rispetto a quella con gli score < 7 (media 4.06; DS 1.79) (t 2.48; p 0.02); lo studio sopracitato conferma questo risultato in quanto dichiara che i pazienti con un punteggio < 7 hanno meno probabilità di necessitare di ventilazione meccanica17. Relativamente all'altro strumento di calcolo del rischio, da questo lavoro risulta che un RFS ≥ 9 è correlato in maniera significativa a tempi di degenza e di ventilazione meccanica più lunghi; inoltre un RFS elevato predice anche un tempo di degenza ospedaliera totale maggiore. L'autrice di tale strumento si limita a dichiarare che ai pazienti traumatizzati con lesioni toraciche dovrebbero essere riservate cure più intensive se il loro punteggio è superiore a 638. 42 La maggior parte dei casi presi in esame in questo studio non presenta alcuna comorbidità (40.7%), l'ipertensione è presente nel 22.2% dei pazienti, il diabete nell'11.1% e la BPCO nell1.6%. La stessa tendenza è riscontrata in letteratura, sebbene le percentuali siano diverse a causa della diversa numerosità del campione; lo studio di Whitson et al. conferma che la maggioranza dei pazienti non presenta alcuna comorbidità (93%), il 7.9% dei casi soffre di ipertensione, il 3.4% di diabete e l'1,6% dei casi è affetto da BPCO19. La durata media della degenza in terapia intensiva del campione studiato è di circa 10 giorni, di poco superiore rispetto ai 9 giorni riportati dal Registro Traumi dell'Emilia 8 e ai 7 proposti da Flagel et al.3. L'esito più rilevante al termine del ricovero è il trasferimento in altre unità operative o verso altri ospedali nel 96.3% dei casi, il decesso si è verificato solo in un caso, mentre lo stesso studio sopracitato riporta il trasferimento nel 71.8% dei casi e il decesso nel 12%8. La media della percentuale di giorni di ricovero in terapia intensiva con valori di RASS ≥ -2 (63%) permette di dire quanto questi pazienti abbiano necessità di stare in un reparto di terapia intensiva nonostante siano più svegli e meno sedati. Questa caratteristica, assieme al numero di pazienti che non sono stati intubati ma sono in terapia intensiva, permette a questi pazienti di mantenere un certo grado di autonomia e reattività e li rende destinatari di un’assistenza che prevede: interazione e supporto psicologico, interventi di riabilitazione respiratoria, valutazioni circa il dolore, monitoraggio circa il possibile deterioramento. Tale dato ci indica quanto, dal punto di vista epidemiologico, essi siano dei pazienti tipici nelle terapie intensive e necessitino di un’assistenza personalizzata. Lo studio di Grap et al., condotto su pazienti adulti ventilati meccanicamente in diverse tipologie di terapia intensiva, riporta invece che questi risultano blandamente sedatiti per il 38% della degenza totale e vigili solo per il 20%42. I pazienti con trauma toracico arruolati per questo lavoro di tesi sono stati coscienti e capaci di interagire con il personale per molto più tempo. E’ interessante anche il dato secondo il quale un maggiore tempo trascorso da svegli/poco sedati (considerando anche coloro che non sono mai stati intubati) è correlato significativamente con una minore durata della degenza in terapia intensiva. A conferma di ciò le linee guida di Barr et al., scrivono che mantenere bassi livelli di sedazione nei pazienti adulti in terapia intensiva, contribuisce a fargli raggiungere migliori outcome come: riduzione del tempo di degenza e di ventilazione meccanica43. La durata media della degenza totale ospedaliera è di circa 18 giorni, in contrasto rispetto a quelli affermati dalla letteratura che variano da 828 a circa 278. Una discrepanza così rilevante può dipendere dal fatto che per i pazienti di questo studio ricoverati in terapia intensiva e successivamente tra43 sferiti in altri presidi ospedalieri non è stato possibile calcolare la degenza totale. Al termine del ricovero i pazienti dimessi verso il domicilio sono il 74.1% mentre quelli dimessi verso altri presidi ospedalieri riabilitativi sono il 22.2%, mentre i dati di letteratura riportano che i primi sono il 48.1%, mentre quelli trasferiti ad altri istituti sono il 19.1%8. Le rilevazioni della Glasgow Coma Scale all'ingresso in reparto evidenziano che il 92.6% dei casi hanno un punteggio > 8 e il 7.4% hanno un punteggio < 8. La letteratura riporta che al momento del ricovero i pazienti presentanti una GCS > 8 sono il 67.1%, mentre quelli con un valore < 8 sono il 32.9%8. Tale differenza dipende probabilmente dai criteri di inclusione dei pazienti per questo studio, che prevedevano l'esclusione dei pazienti che non avrebbero riacquisito uno stato di coscienza tale da permettere la riabilitazione respiratoria e le valutazioni soggettive sulla presenza del dolore. Nella realtà presa in esame i pazienti intubati rappresentano il 63% del totale e vengono sottoposti a ventilazione meccanica per una media di 7.3 giorni; gli stessi dati espressi dalla letteratura indicano la frequenza degli stessi al 60% con una media di giorni di ventilazione meccanica pari a 133. Per il controllo del dolore in caso di trauma toracico, la letteratura raccomanda, come primo intervento, l'utilizzo dell'analgesia peridurale insieme alla PCA7,17,18,27, mentre questo lavoro evidenzia che i pazienti portatori di catetere peridurale sono solo il 18.5%. Inoltre è emerso che questi pazienti non presentano minor dolore, tempi di degenza e di ventilazione invasiva più brevi. Tali considerazioni sono però incomplete per quanto riguarda la presenza di dolore, a causa della non precisa rilevazione di tali dati. Essi avrebbero dovuto essere raccolti giornalmente. Inoltre non si tiene in considerazione che in questo caso si parla di pazienti ricoverati in terapia intensiva e non di tutti i pazienti con trauma toracico. Si è però evidenziato quanto l’utilizzo dell’analgesia peridurale aumenti di 4 volte la probabilità che il paziente presenti un tempo di degenza in terapia intensiva < 10 giorni (OR 4.00; IC 95% 0.3841.77). Le linee guida sopracitate suggeriscono come secondo intervento preferibile l'uso di oppioidi per via endovenosa27, i dati rilevati in questo studio mostrano che tali farmaci sono stati utilizzati per l'analgesia in infusione continua nelle formulazioni di Remifentanyl e Sufentanyl e per l'analgesia estemporenae in quelle di Morfina e Fentanyl. Lo studio ha evidenziato con un dato statisticamente significativo quanto i pazienti con un numero > di 4.8 valutazioni NRS giornaliere abbiano un minor numero di giorni di degenza in terapia intensiva (t 2.10; p 0.045). Tale correlazione risulta essere di poco non significativa con un minor numero di giorni di ventilazione meccanica (t 1.78; p 0.086). Lo studio di Payen et al. conferma che i pa44 zienti adulti ricoverati in terapia intensiva che vengono sottoposti ad attento e frequente monitoraggio del dolore, riportano migliori outcome clinici in termini di ridotto tempo di ventilazione meccanica e di degenza44. La letteratura riporta che i pazienti ricoverati in terapia intensiva riportano un incremento del dolore, seppur temporaneo, legato alle pratiche quotidiane mediche ed infermieristiche 21 e spesso anche la presenza di un drenaggio toracico causa ulteriore irritazione e fastidio22. I pazienti arruolati per questo lavoro, portatori di drenaggio toracico, presentano valori medi di NRS più alti degli altri ma non in maniera significativa e allo stesso tempo non presentano un maggior numero di valutazioni NRS. Fra i diversi studi che hanno messo in relazione l'utilizzo di NIV e gli outcome dei pazienti traumatizzati toracici, lo studio condotto da Duggal et al. dimostra che l'utilizzo della NIV porta ad una riduzione della durata della degenza in terapia intensiva (da 5.3 a 16 giorni vs da 9.5 a 15 giorni) nei pazienti che ne fanno uso33; il presente studio riporta invece che l'utilizzo della NIV non è correlato ad un minore tempo di degenza in reparto e le medie delle degenze totali dei pazienti che hanno utilizzato la NIV non risultano essere diverse da quelle di coloro che non ne hanno fatto uso. Scopo di questo lavoro era anche quello di determinare l’entità dell’utilizzo e le possibili utilità terapeutiche degli incentivatori respiratori. Infatti l’esperienza clinica dimostra il loro utilizzo, ma non vi sono specifiche indicazioni da parte della letteratura. In modo particolare la letteratura fa spesso riferimento al loro utilizzo per i pazienti post-operati di chirurgia toracica e addominale e non cita i pazienti con trauma toracico37. Questo studio ha rilevato che anche l'uso di incentivatori respiratori non è correlato ad un minor tempo di degenza in reparto. Questo risultato potrebbe confermare quello che dicono le linee guida sugli incentivatori respiratori che affermano quanto il loro utilizzo sia utile solo se affiancato ad altre strategie di riabilitazione respiratoria41. Esiste però una probabilità doppia per i pazienti che ne fanno uso di avere una degenza in terapia intensiva < 10 giorni (OR 2.00; IC 95% 0.37-10.58). Queste ultime due correlazioni riguardanti l’utilizzo della NIV e degli incentivatori, in particolare nel secondo caso, non possono essere considerate generalizzabili in quanto esistono dei bias di informazione derivanti dalla documentazione clinica che non prevede di riportare in modo preciso e specifico informazioni riguardanti tali procedure. Appare superfluo discutere quanto i pazienti svegli per un tempo > 72% della degenza e quelli con età < 52 anni siano maggiormente predisposti all’utilizzo degli incentivatori. Infatti tale presidio 45 prevede che il paziente aderisca alle istruzioni e al piano di utilizzo definito dai clinici. 2.4 LIMITI DELLO STUDIO In questo studio un limite emerso è stato il numero ridotto di casi rilevati nel secondo ospedale che non possiede le caratteristiche del trauma center. Seppur piccolo, il numero di casi ha contribuito ad ingrandire il campione dello studio. Qualora si volesse mettere a confronto approcci clinici e assistenziali diversi, sarebbe auspicabile scegliere strutture con le stesse caratteristiche di bacino d'utenza e di specializzazione e competenza cliniche. La letteratura propone diversi piani e protocollo di utilizzo relativi agli incentivatori respiratori e alla ventilazione non invasiva. Non esistono però esempi specifici di maggior efficacia clinica. Allo stesso tempo la documentazione clinica presa in esame in entrambe le Aziende Ospedaliere non ha permesso di definire con esattezza l'entità e i piani di utilizzo degli incentivatori e della NIV. Non esistono infatti spazi specifici per documentare nel caso degli incentivatori respiratori: numero di atti, numero di cicli giornalieri, presidi utilizzati, eventuali pause e nel caso dei cicli di NIV: durata, compliance del paziente e tipologia di ventilazione non invasiva. L'imprecisione o l'assenza di tali informazioni non hanno permesso una raccolta dati esauriente ai fini di determinare l'efficacia clinica di tali interventi sugli outcome e la possibile maggiore efficacia di un intervento rispetto ad un altro. A posteriori si è evinto che alcune variabili legate strettamente all'assistenza infermieristica (valutazioni NRS, monitoraggi clinici e azioni per la ginnastica respiratoria) avrebbero potuto essere studiate con più precisione in un grafico, prendendo in esame gli interventi messi in atto nei singoli giorni di degenza. Visto il ridotto numero di casi rilevato in un periodo di 6 mesi si propone di effettuare l’analisi su un intervallo di tempo maggiore. 46 CONCLUSIONE I dati raccolti da questo studio hanno permesso di ottenere una fotografia di quella che è l'epidemiologia, l'approccio terapeutico e l'assistenza dei pazienti con trauma toracico accolti in terapia intensiva. Gli stessi dati ci hanno confermato quanto spesso tali pazienti siano al limite della ventilazione meccanica a causa del possibile distress respiratorio derivante, fra le tante cause, anche dal dolore. Tali pazienti, proprio per la caratteristica di essere spesso vigili e collaboranti, sono nelle condizioni di essere attori principali del loro processo terapeutico e assistenziale. I dati ci hanno mostrato quanto questi pazienti rappresentino una popolazione particolare dei pazienti di terapia intensiva. Lo studio ha evidenziato la validità di due indici di gravità del trauma toracico nel prognosticare uno sfruttamento maggiore delle risorse di terapia intensiva (tempo di degenza e ventilazione meccanica). Uno dei due indici, in realtà, è stato costruito principalmente per indirizzare il trattamento. Scopo di questo lavoro era anche quello di delineare il contributo infermieristico al processo terapeutico di questi assistiti. La figura professionale dell'infermiere accompagna il paziente per tutta la sua degenza in terapia intensiva e attua interventi specifici volti principalmente: al monitoraggio e copertura del dolore, alla ripresa della funzionalità respiratoria, tramite l'utilizzo di NIV e incentivatori del respiro e alla gestione di presidi tipici (es. drenaggio toracico, catetere peridurale, ecc.). E’ stata evidenziata la rilevanza delle valutazioni circa il dolore nei confronti di un minor tempo di degenza in terapia intensiva, ma non ai fini di una riduzione dei giorni di ventilazione meccanica. L'attenzione degli infermieri al dolore non viene evidenziata come aumentata significativamente nel caso i pazienti siano portatori di drenaggio toracico. Un obiettivo specifico di questo lavoro era quello di determinare la possibile relazione tra la messa in atto di alcuni interventi specifici e collaborativi dell'infermiere (cicli di NIV e di incentivatori respiratori) e un miglioramento degli outcome clinici. A tal proposito i pazienti sottoposti sia a NIV che a cicli di incentivatori respiratori registrano delle medie di degenza minori in terapia intensiva rispetto a chi non li utilizza, ma non sono emerse significatività statistiche. La documentazione non prevede degli spazi specifici per documentare con maggiore precisione l'uso della ventilazione non invasiva e degli incentivatori respiratori e, per quanto rilevato, anche il deterioramento clinico non viene riportato con precisione. Vista la scarsa evidenza circa alcuni interventi specifici e l'importanza del fenomeno, al fine di indi47 rizzare futuri studi, vengono qui di seguito proposti alcuni suggerimenti per la ricerca. Mancano ancora studi di efficacia per determinare quali piani di utilizzo degli incentivatori siano meglio di altri, oppure per determinare quale metodo sia più adatto per i pazienti con lesioni toraciche di grado diverso. Non è chiaro nemmeno quanto adottare gli incentivatori o la ventilazione non invasiva sia più doloroso per i pazienti. Un altro ambito da indagare maggiormente sarebbe relativo alle peculiarità dello svezzamento respiratorio di questi pazienti e all'influenza delle possibili concomitanti polmoniti associate alla ventilazione meccanica. La comprensione degli indicatori di deterioramento specifici in relazione agli indici di gravità di questi pazienti potrebbero permettere una più rapida e precoce individuazione dei pazienti a rischio. A tal proposito sarebbe interessante valutare il livello di preparazione percepito dagli infermieri nell'assistere questi pazienti in terapia intensiva. La formazione del personale sanitario rimane uno dei punti focali per poter erogare la migliore assistenza. Come già evidenziato da alcuni autori, nella valutazione dell'efficacia di alcuni approcci multi-intervento, anche il trattamento di questi pazienti dovrebbe essere testato più come insieme di più interventi di comprovata efficacia piuttosto che di singoli interventi. 48 BIBLIOGRAFIA 1) Urden LD, Stacy KM, Lough ME. Thelan's critical care nursing diagnosis and management. 5 Ed. Mosby Elsevier; 2006. (pp. 991-996). 2) Legare C, Sawatzky J. Dyspnea in the thoracic trauma patient: a human response to illness. Journal of Trauma Nursing 2010; 17(1):36-42. 3) Flagel B, Luchette F, et al. Half-a-dozen ribs: the breakpoint for mortality. Surgery 2005; 138(4):717-725. 4) Battle E, Hutchings H, Evans PA. Risk factors that predict mortality in patients with blunt chest wall trauma: a systematic review and meta-analysis. Injury 2012; 43:8-17. 5) Hill G, Davies K. 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(media±DS) 10.6±8.2 8±8.4 - Giorni di VAM (media±DS) 7.5±8.4 6.4±8.8 - CWTSS (media±DS) 6.9±2.4 6.8±1.6 - RFS (media±DS) 12±1.2 6±1.2 - Maschi (n) Femmine (n) Tabella 2. Distribuzione delle diagnosi principali del campione studiato (fra parentesi il codice). DIAGNOSI PRINCIPALI FREQUENZA % Pneumotorace senza menzione di ferita aperta nel torace (8600) 3 11.2 Frattura chiusa del tratto T7-T12 con lesione completa del midollo (80626) 2 7.4 Frattura chiusa di più costole, numero non specificato (80709) 2 7.4 Frattura chiusa di sei costole (80706) 2 7.4 Traumatismi intracranici di altra e non specificata natura, senza menzione di ferita intracranica esposta, stato di coscienza non specificato (85400) 2 7.4 Traumatismi di organi intratoracici multipli e non specificati senza menzione di ferita aperta in cavità (8628) 2 7.4 Altri e non specificati traumatismi del tronco (9591) 2 7.4 Frattura chiusa di sette costole (80707) 1 3.7 Frattura chiusa di tre costole (80703) 1 3.7 Frattura chiusa del tratto T1-T6 con lesione completa del midollo (80621) 1 3.7 Frattura chiusa della colonna dorsale (toracica) senza menzione di lesione del midollo spinale (8052) 1 3.7 Frattura chiusa di più vertebre cervicali (80508) 1 3.7 Frattura della rotula, esposta (8221) 1 3.7 Insufficienza respiratoria (51881) 1 3.7 Traumatismo non specificato del polmone, senza menzione di ferita aperta nel torace (86120) 1 3.7 Emorragia subdurale consecutiva a traumatismo senza menzione di ferita intracranica esposta, con moderata [1-24 ore] perdita di coscienza (85223) 1 3.7 Frattura di parte non specificata del femore (82100) 1 3.7 Frattura chiusa di altra parte della scapola (81109) 1 3.7 Schiacciamento della caviglia (92821) 1 3.7 Totale 27 100 53 Tabella 3. Distribuzione delle diagnosi secondarie del campione studiato (fra parentesi il codice). DIAGNOSI SECONDARIE FREQUENZA RELATIVA % Pneumotorace senza menzione di ferita aperta nel torace (8600) 11/27 40.7 Contusione del polmone, senza menzione di ferita aperta nel torace (86121) 10/27 37.0 Frattura chiusa di più costole, numero non specificato (80709) 5/27 18.5 Traumatismo non specificato del polmone, senza menzione di ferita aperta nel torace (86120) 3/27 11.1 Emotorace senza menzione di ferita aperta nel torace (8602) 3/27 11.1 Insufficienza respiratoria (51881) 3/27 11.1 Altre insufficienze polmonari, non classificate altrove (51882) 3/27 11.1 Frattura chiusa di cinque costole (80705) 3/27 11.1 Frattura chiusa di quattro costole (80704) 3/27 11.1 Frattura chiusa di otto o più costole (80708) 3/27 11.1 Frattura chiusa di tre costole (80703) 2/27 7.4 Frattura chiusa dello sterno (8072) 2/27 7.4 Frattura chiusa della scapola, parte non specificata (81100) 2/27 7.4 Insufficienza polmonare successiva a trauma o a intervento chirurgico (5185) 2/27 7.4 Traumatismo della milza, senza menzione di ferita aperta in cavità, traumatismo non specificato (86500) 2/27 7.4 Pneumoemotorace senza menzione di ferita aperta nel torace (8604) 2/27 7.4 Frattura chiusa della colonna dorsale (toracica) senza menzione di lesione del midollo spinale (8052) 1/27 3.7 Frattura chiusa di sei costole (80706) 1/27 3.7 Frattura chiusa di sette costole (80707) 1/27 3.7 Frattura chiusa di altra parte della scapola (81109) 1/27 3.7 Frattura chiusa di una costola (80701) 1/27 3.7 Traumatismo della milza, senza menzione di ferita aperta in cavità, lacerazione estesa al parenchima (86503) 1/27 3.7 Frattura esposta del corpo di radio o ulna, non specificata (81330) 1/27 3.7 Frattura chiusa della clavicola, parte non specificata (81000) 1/27 3.7 Traumatismi intracranici di altra e non specificata natura, senza menzione di ferita intracranica esposta, con prolungata (più di 24 ore) perdita di coscienza e ritorno al livello di coscienza preesistente (85404) 1/27 3.7 Frattura esposta di costola(e), numero non specificato (80710) 1/27 3.7 Contusione della corteccia (cerebrale) senza menzione di ferita intracranica esposta con prolungata (più di 24 ore) perdita di coscienza e ritorno al livello di coscienza preesistente (85104) 1/27 3.7 Altro traumatismo di altri e non specificati organi intratoracici, senza menzione di ferita aperta in cavità (86229) 1/27 3.7 Contusione di sedi multiple (92309) 1/27 3.7 Traumatismi intracranici di altra e non specificata natura, senza menzione di ferita intracranica esposta, senza perdita di coscienza (85401) 1/27 3.7 Traumatismo del segmento C5-C7 con sindrome del cordone anteriore (95207) 1/27 3.7 Frattura chiusa dell'acetabolo (8080) 1/27 3.7 Frattura chiusa della volta cranica con lacerazione e contusione cerebrale, con perdita di coscienza di durata inferiore ad 1 ora (80012) 1/27 3.7 Traumatismo del fegato, senza menzione di ferita aperta in cavità, lacerazione moderata (86403) 1/27 3.7 Frattura chiusa della parete inferiore dell'orbita (8026) 1/27 3.7 Frattura chiusa delle ossa nasali (8020) 1/27 3.7 54 Tabella 4. Distribuzione di ulteriori traumi del campione studiato. ALTRI TRAUMI FREQUENZA RELATIVA % Trauma cranico 6/27 22.2 Trauma rachide 6/27 22.2 Trauma arti superiori 5/27 18.5 Trauma arti inferiori 4/27 14.8 Trauma addominale 2/27 7.4 Trauma massiccio facciale 1/27 3.7 Nessun trauma 8/27 29.6 FREQUENZA RELATIVA % Ipertensione arteriosa 6/27 22.2 Diabete 3/27 11.1 Fumo 3/27 11.1 Diagnosi psichiatrica 2/27 7.4 BPCO 1/27 3.7 Scompenso cardiaco 1/27 3.7 Insufficienza renale cronica 0/27 0 Nessuna 11/27 40.7 Altro 8/27 29.6 Tabella 5. Distribuzione comorbilità del campione studiato. COMORBILITÀ 55 Tabella 6. Correlazione tra score (CWTSS, RFS, SOFA) e outcome clinici in Terapia Intensiva. CWTSS ≥ 7 CWTSS < 7 (media ± DS; [n]) (media ± DS; [n]) Tempo di degenza TI 13.92 ± 2.34 (n=12) Tempo di VAM Tempo di degenza in ospedale Outcome t p 7.20 ± 1.78 (n=15) 2.32 0.028 11.33 ± 2.38 (n=12) 4.06 ± 1.79 (n=15) 2.41 0.020 21.60 ± 3.16 (n=10) 14.27 ± 1.76 (n=11) 2.07 0.052 t p RFS ≥ 9 RFS < 9 (media ± DS; [n]) (media ± DS; [n]) Tempo di degenza TI 14.40 ± 2.93 (n=10) 7.70 ± 1.53 (n=17) 2.23 0.034 Tempo di VAM 11.40 ± 3.05 (n=10) 4.88 ± 1.57 (n=17) 2.10 0.045 Tempo di degenza in ospedale 23.00 ± 3.40 (n=7) 15.14 ± 2.03 (n=14) 2.10 0.049 SOFA ≥ 9 SOFA < 9 (media ± DS; [n]) (media ± DS; [n]) t p Tempo di degenza TI 15.63 ± 2.95 (n=8) 7.89 ± 1.59 (n=19) 2.48 0.019 Tempo di VAM 12.63 ± 2.83 (n=8) 5.05 ± 1.71 (n=19) 2.35 0.026 Tempo di degenza in ospedale 23.67 ± 3.94 (n=6) 15.40 ± 1.90 (n=15) 2.12 0.047 Outcome Outcome 56 Grafico 1. Differenze delle età tra i pazienti traumatizzati toracici per diversa origine del trauma. 80 E tà 60 40 20 lav or o ta le io In fo r tu n id cc ta a du Ca In c id en te s tra en da le 0 Causa del trauma 57 ALLEGATI Allegato 1 Codici S.D.O. di Diagnosi principale e secondarie inerenti il trauma toracico - 521: Pneumotorace - 521.0: Pneumotorace spontaneo iperteso - 807: Frattura delle costola(e), dello sterno, della laringe e della trachea - 807.0: Frattura chiusa delle costola(e) - 807.00: Frattura chiusa di costola(e), numero non specificato - 807.01: Frattura di una costola - 807.02: Frattura di due costole - 807.03: Frattura di tre costole - 807.04: Frattura di quattro costole - 807.05: Frattura di cinque costole - 807.06: Frattura di sei costole - 807.07: Frattura di sette costole - 807.08: Frattura di otto o più costole - 807.09: Frattura chiusa di più costole, numero non specificato - 807.1: Frattura esposta delle costalo(e) - 807.2: Frattura chiusa dello sterno - 807.3: Frattura esposta dello sterno - 807.4: Torace con respirazione paradossa - 860: Pneumotorace ed emotorace traumatici - 860.0: Pneumotorace senza menzione di ferita aperta nel torace - 860.1: Pneumotorace con ferita aperta nel torace - 860.2: Emotorace senza menzione di ferita aperta nel torace - 860.3: Emotorace con ferita aperta nel torace - 860.4: Pneumoemotorace senza menzione di ferita aperta nel torace - 860.5: Pneumoemotorace con ferita aperta nel torace - 861: Traumatismo del cuore e del polmone - 861.2: Traumatismo del polmone, senza menzione di ferita aperta nel torace - 861.20: Traumatismo non specificato del polmone, senza menzione di ferita aperta nel torace - 861.21: Contusione del polmone, senza menzione di ferita aperta nel torace - 861.22: Lacerazione del polmone, senza menzione di ferita aperta nel torace - 861.3: Traumatismo del polmone, con ferita aperta nel torace - 861.30: Traumatismo non specificato del polmone, con ferita aperta nel torace - 861.31: Contusione del polmone, con ferita aperta nel torace - 861.32: Lacerazione del polmone, con ferita aperta nel torace - 862: Traumatismo di altri e non specificati organi intratoracici - 862.2: Traumatismo di altri organi intratoracici specificati, senza menzione di ferita aperta in cavità - 958: Alcune complicazioni precoci di traumatismi - 958.7: Enfisema sottocutaneo traumatico 58 Allegato 2 Scheda di raccolta dati UNITÀ OPERATIVA: CASO N°: DATI ANAMNESTICI GENERE ETÀ DATA INGRESSO DIAGNOSI ORIGINE TRAUMA ALTRI TRAUMI INDAGINI DIAGNOSTICHE ALL'INGRESSO (se sì, quali) CLASSIFICAZIONE TRAUMA TORACICO* M F CWTSS: RFS: COMORBIDITÀ: Diabete Mellito Scompenso cardiaco BPCO IRC Ipertensione Arteriosa Fumo Diagnosi Psichiatrica (se sì, quale) Altro SI SI SI SI SI SI SI SI NO NO NO NO NO NO NO NO OUTCOMES TEMPO DI DEGENZA IN T.I. RIAMMISSIONE A 30gg TRASFERIMENTO IN ALTRA U.O. (specificare) DECESSO SI SI SI NO NO NO SI NO VARIABILI GCS (Glasgow Coma Scale) RASS (Richmond Agitation Sedation Scale) SOFA SCORE (Sequential Organ Failure Assessment) VENTILAZIONE MECCANICA DATA INTUBAZIONE TEMPO DI VENTILAZIONE MECCANICA (gg) DOLORE: NR. Valutazioni NRS: ≤3 tra 4 e 7 ≥8 MEDIA RILEVAZIONI DIE 1 2 3 ANALGESIA (quale e quando avviata) PROVVEDIMENTI PER NRS ≥ 4 (nr.): Analgesia estemporanea Modifica farmaco infusione continua Modifica dosaggio infusione continua Modifica via di somministrazione 59 DEVICES: DRENAGGIO TORACICO SI NO SI NO SI NO SI NO SI NO TIPOLOGIA NUMERO SITO QUANTI GG CATETERE PERIDURALE LIVELLO QUANTI GG ASSISTENZA RESPIRATORIA: USO INCENTIVATORI PROGRAMMA SPECIFICO (se si specificare) FREQUENZA (nr cicli/die) NIV (non invasive ventilation) MODALITÀ FREQUENZA (nr cicli/die) POSTURA OBBLIGATORIA (se sì specificare quale) ALTRO (es. fisioterapia respiratoria etc.) EPISODI DI DETERIORAMENTO DURANTE DEGENZA IN T.I. DETERIORAMENTO DOUMENTATO Specificare: Alterazione di quali parametri vitali SI Causa 1 2 3 4 5 60 NO Risoluzione Su quale documentazione Allegato 3 Rib fracture score16 * RIB FRACTURE SCORE6 = (breaks x sides) + age factor Breaks: Number of fractures Side: Unilateral = 1 Bilateral = 2 Age factor: 0 = if <50 years old 1 = if 51-60 years old 2 = if 61-70 years old 3 = if 71-80 years old 4 = if >80 years old TOTAL SCORE: Chest wall trauma scoring system17 * CHEST WALL TRAUMA SCORING SYSTEM5 AGE (y) NUMBER OF RIB FRACTURES <45 = 1 point <3 = 1 point 45 – 65 = 2 points 3 – 5 = 2 points >65 = 3 points >5 = 3 points PULMONARY CONTUSION BILATERAL FRACTURES NONE= 0 points NO = 0 punti MILD= 1 point YES= 2 points SEVERE= 2 points BILATERAL= 3 points TOTAL SCORE: 61 Allegato 4 SOFA score Organ system 1 2 3 4 Respiration with respiratory support Respiratory: PaO2/FiO2 < 400 < 300 < 200 < 100 Neurological: GCS 13 - 14 10 - 12 6-9 <6 MAP < 70 mmHg Dopamine ≤ 5 or dobutamine Liver: Bilirubin (mg/dL) 1.2 – 1.9 2 – 5.9 6 – 11.9 > 12.0 Coagulation: Platelets 103mm3 < 150 < 100 < 50 < 20 1.2 – 1.9 2 – 3.4 3.5 – 4.9 >5 Cardiovascular: Hypotension Renal: Creatinine (mg/dL) Dopamine ≥ 5 or Dopamine > 15 or norepinephrine ≤ norepinephrine > 0.1 0.1 Fonte: Vincent JL, Moreno R, Takala J, et al. The SOFA score to describe organ dysfunction/failure. Intensive Care Medicine 1996; 22:707-710. 62