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l`organizzazione amministrativa gli enti pubblici
INSEGNAMENTO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO LEZIONE III “L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA GLI ENTI PUBBLICI” PROF. IVANA MUSIO Diritto Amministrativo Lezione III Indice 1 La Struttura Organizzativa Della Pubblica Amministrazione Alla Luce Dei Principi Costituzionali --------- 3 2 Gli Enti Pubblici Diversi Dallo Stato --------------------------------------------------------------------------------------- 5 3 Gli Enti Del C.D. Parastato --------------------------------------------------------------------------------------------------- 8 4 La Capacità Degli Enti Pubblici (Autarchia – Autotuela - Autonomia - Autogoverno) -------------------------- 9 5 Classificazione Degli Enti Pubblici ----------------------------------------------------------------------------------------- 14 6 Enti Pubblici E Società Per Azioni A Partecipazione Pubblica ------------------------------------------------------ 15 7 Enti Pubblici Economici------------------------------------------------------------------------------------------------------ 17 8 Gli Enti Privati Di Interesse Pubblico ------------------------------------------------------------------------------------- 19 9 Enti Pubblici E Stato: Forme Di Collegamento ------------------------------------------------------------------------- 20 10 Disciplina Degli Enti Pubblici ---------------------------------------------------------------------------------------------- 22 11 I Controlli ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 24 Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 25 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 1 La struttura organizzativa della pubblica amministrazione alla luce dei principi costituzionali La struttura amministrativa della pubblica amministrazione va esaminata alla luce delle disposizioni costituzionali dettate in materia; in particolare non si può prescindere dal dettato degli artt. 95 e 97 Cost. Lo Stato - amministrazione è un soggetto giuridico che agisce per fini propri, al pari degli altri soggetti pubblici o privati, ed è anch’esso vincolato all’osservanza delle norme giuridiche vigenti. Lo Stato, tuttavia, non è l’unico ente pubblico dell’ordinamento italiano, ove, infatti, vige il principio del pluralismo della P.A., per cui, coesistono, accanto allo Stato, altri soggetti che perseguono fini di interesse pubblico. La funzione pubblica viene svolta attraverso una posizione giuridica pubblica che è qualificata: potestà; per potestà amministrativa si intende quel potere di supremazia riconosciuto ad un ente pubblico al fine di raggiungere gli obiettivi individuati da quegli organi che devono individuare l’indirizzo politico dell’amministrazione. I fini pubblici predeterminati e che l’ente pubblico ha il potere-dovere di realizzare sono definiti fini istituzionali dell’ente. La struttura pluralistica della P.A. trova riscontro nella stessa Costituzione ed in particolare nell’art. 2 e 5 Cost. L’art. 2 Cost. parla di formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’uomo e la cui esistenza è riconosciuta e garantita dallo Stato. L’art. 5 Cost. stabilisce che la Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, ovvero attua nei servizi, che dipendono dallo Stato, il più ampio decentramento amministrativo. Lo Stato rappresenta l’ente pubblico per eccellenza, lo Stato – amministrazione è il più importante soggetto attivo dell’ordinamento, dotato di caratteristiche esclusive, infatti esso si configura come: - ente sovrano, in quanto è sovraordinato a tutti gli altri soggetti che operano nell’ambito dell’ordinamento; - ente politico, poiché persegue fini di interesse generale; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 26 Diritto Amministrativo - Lezione III ente necessario e ad appartenenza necessaria, in quanto, da un lato la sua esistenza è fondamentale per il perseguimento dei pubblici interessi e dall’altro, tutti i cittadini fanno parte di esso. Autorevole dottrina1 ha affermato che la personalità giuridica dello Stato – amministrazione costituisce un dato incontestabile, ciò in base a quanto stabilito da più di un disposto normativo, ed, infatti: l’art. 28 Cost., ammette una responsabilità civile dello Stato ( e degli enti pubblici); l’art. 42 Cost. e l’art. 822 c.c. riconoscono la possibilità per lo Stato di essere proprietario di beni; il D.R. n. 2440 del 1923 parla di contabilità dello Stato; il R.D. n. 1611 del 1933 fa riferimento alla rappresentanza e alla difesa dello Stato; infine, gli artt. 39- 42 della legge n. 87 del 1953 disciplina i rapporti ed i conflitti di attribuzioni tra Stato e Regioni. Alla luce di suddette norme, dunque, si evince in maniera chiara che lo Stato è dotato, appunto, di personalità giuridica. Con riferimento allo Stato quale ente pubblico si pone anche il problema della sua soggettività unitaria vale a dire se lo Stato si può considerare un unico soggetto giuridico ovvero se nasconda una pluralità di soggetti giuridici. La dottrina maggioritaria2 ha risolta tale disputa sulla base della considerazione che lo Stato risponde verso i terzi come un soggetto unitario e presenta numerose strutture di raccordo quale l’Avvocatura dello Stato e la Corte dei Conti, pertanto, sembra preferibile la tesi secondo cui lo Stato costituisce un soggetto unitario, anche se si tratta di un soggetto dalla soggettività del tutto particolare e ciò è fisiologico, in virtù della sua struttura. 1 In argomento si veda A.M. Sandulli, Enti pubblici ed enti privati di interesse pubblico, in Giur. Comm., 1958, I, p. 1943. 2 V. Cerulli Irelli, Problemi dell’individuazione delle persone giuridiche pubbliche (dopo la legge sul parastato), in Riv. trim. dir. pubbl., 1977, 2, p. 626 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 2 Gli enti pubblici diversi dallo Stato Il termine “ente” deriva dal latino ens e significa ciò che è. Giuridicamente, l’ente indica le persone giuridiche pubbliche e private ed i gruppi organizzati che l’ordinamento considera titolari di situazioni giuridiche3. A differenza del diritto privato ove è possibile riconoscere i gruppi organizzati anche quando non hanno personalità giuridica, essendo centri di imputazione di situazioni giuridiche, nel diritto pubblico, invece, tale fenomeno non sembra essere possibile per effetto della c.d. legge sul parastato, legge n. 70 del 1975 secondo cui: “nessun ente pubblico può essere riconosciuto o istituito se non per legge”. Dunque, l’individuazione della natura pubblica o privata di un ente è di particolare importanza, in quanto comporta l’assoggettamento dell’ente stesso e dei suoi amministratori e dipendenti ad un regime giuridico particolare. Gli enti pubblici sono soggetti di diritto, che nel quadro generale dell’organizzazione amministrativa, assumono una dimensione organizzativa formale, in quanto le vicende attinenti alla loro costituzione, modificazione ed estinzione, sono fissate direttamente da norme giuridiche , per effetto della riserva di legge contenuta nell’art. 97 Cost. Gli enti pubblici, in quanto persone giuridiche pubbliche, hanno una personalità giuridica e possiedono, perciò, una capacità giuridica di diritto pubblico che ne comporta l’assoggettamento ad un regime giuridico differenziato e derogatorio rispetto a quello comune. Tuttavia, lo loro capacità giuridica di diritto pubblico, pur diversificandosi da quella di diritto comune, non la esclude, in quanto è dato ormai pacifico che si tratta di aspetti tra loro non incompatibili e che i loro fini istituzionali possono essere realizzati sia con atti amministrativi autoritativi che con negozi giuridici privati. Fatta questa precisazione, preme sottolineare che se con il termine “capacità giuridica” si suole intendere l’attitudine all’imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, riferibili sia alle persone giuridiche che agli enti immateriali, con l’aggettivazione “pubblica” si intende puntualizzare un aspetto che riguarda il profilo attributivo funzionale dell’essere tali enti investiti di poteri di cura e di interessi collettivi. Ma ciò che maggiormente rileva ai fini dell’individuazione dei tratti pubblicistici di tali enti è il particolare regime giuridico, in buona parte, come detto, derogatorio del diritto comune. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III Dopo l’entrata in vigore della legge n. 70 del 1975 non vi sono dubbi sul fatto che è considerato pubblico l’ente istituito come tale. Il problema sorge, invece, in relazione agli enti istituiti prima della legge sul parastato, cioè per quegli enti che non sono qualificati espressamente, per cui non sono riconosciuti giuridicamente, in maniera espressa, come enti pubblici. In questi casi, cioè, con riferimento agli enti istituiti prima della riforma del 1975, per individuare se si tratta di enti di natura pubblica, si sono utilizzati diversi criteri. Parte della dottrina4 adotta il criterio del fine pubblico, in base al quale sarebbe pubblica la persona giuridica che persegue fini pubblici. Tuttavia, tale criterio di riconoscimento dell’ente è stato per lo più abbandonato per via dello sviluppo degli enti pubblici di carattere imprenditoriale, cioè slegati dalla realizzazione degli interessi pubblici. Altro orientamento dottrinale5, invece, per risalire alla natura giuridica di un ente si è rifatto al criterio dei poteri pubblici, per cui sarebbe pubblico l’ente dotato di generici poteri pubblici, come, ad esempio, il potere di certificazione, il potere statutario, cioè poteri collegati ad una determinata competenza. Anche detto criterio, però, ha prestato il fianco a numerose critiche per un duplice ordine di motivi; in primis perché non mancano enti privati eccezionalmente dotati di una qualche potestà pubblica (come, per esempio, il potere di certificazione), inoltre, perché nella moderna organizzazione statuale, molti enti, pur avendo natura pubblica, agiscono nel campo e con le forme del diritto privato. Un altro criterio che è stato adottato per dirimere la questione del riconoscimento della natura giuridica di un ente (se pubblico o privato) è quello della supremazia, secondo cui sarebbe pubblica quella persona che gode di una posizione di supremazia rispetto ad altri soggetti. Anche tale criterio, tuttavia, è stato ritenuto inadeguato a seguito del fatto che esistono molti enti che agiscono in ambito economico alla stregua di quelli imprenditoriali. Alla luce di quanto fin qui detto la dottrina maggioritaria6 ritiene che l’unico criterio valido per accertare la natura pubblica di un ente è quello di guardare il suo regime giuridico, vale a 3 In argomento, tra gli altri, V. Ottaviano, Ente pubblico, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, p. 968 e ss. In tal senso G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1952. 5 Si veda in merito M.S. Giannini, Diritto amministrativo, I, Milano, 1988, p. 100 e ss., il quale descrive i diversi orientamenti dottrinali. 6 In tal senso si sono espressi: A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989; V. Cerulli Irelli, Corso di diritto amministrativo, Torino, 1997, p. 190 e ss.; P. Virga, Gli enti parastatali nella tipologia degli enti pubblici, Scritti in onore di Costantino Mortati, Milano, 1977, p. 311 e ss.; A. Bardusco, Ente pubblico, in D. disc. pubbl., IV, Torino, 1991, p. 64 e ss. 4 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III dire il complesso di norme e di principi che regolano l’esistenza e l’attività, nonché l’inserimento nella struttura amministrativa pubblica. In particolare modo, gli indici di riconoscimento della natura pubblica di un ente sono individuabili7 nel sistema di controlli pubblici, che sarà meno intenso quanto maggiore sarà l’autonomia dell’ente; nell’ingerenza dello Stato, o di altra P.A., nella nomina e revoca dei dirigenti; nella partecipazione dello Stato alla spesa di gestione; nel potere di direttiva dello Stato nei confronti degli organi, in relazione al conseguimento di determinati obiettivi; nel finanziamento pubblico istituzionale; ecc. Dunque, da quanto sin qui detto emerge in maniera evidente che il modo più semplice per individuare la natura pubblica di un ente resta quello dell’espressa previsione di legge. Spesso si rinviene in numerosi testi normativi l’espressione “lo Stato e gli altri enti pubblici”; si suole escludere che l’espressione si riferisca a quegli enti pubblici previsti e catalogati dalla legge n. 70 del ’75, in quanto questi enti pubblici vengono detti “parastatali”. Ne consegue che tale espressione “altri enti pubblici” risulta residualmente circoscritta proprio a quell’area di enti esclusi dall’applicazione della legge n. 70/1975 che investe, tra gli altri, le Università e gli istituti di Istruzione, gli ordini, i Collegi Professionali e le Camere di Commercio. 7 Così, in particolare, si è espresso A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 115 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 3 Gli enti del c.d. parastato Con la citata legge n. 70 del 1975 (c.d. legge sul parastato) il legislatore ha dettato dei criteri positivi e tassativi per l’esatta individuazione e la classificazione degli enti pubblici. La legge suddivide gli enti pubblici statali in quattro grandi settori: - enti pubblici necessari (soggetti allo statuto del parastato); - enti pubblici sottratti allo statuto del parastato, - altri enti pubblici sottratti allo statuto ma esclusi da ogni contribuzione statale o potere impositivo; - gli enti inutili. Importante è l’art. 4 della legge 70/1975, secondo cui nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge, tale disposizione normativa introduce un criterio legislativo di individuazione di enti pubblici. Si tratta, cioè, di una norma che esprime un principio generale di riserva relativa di legge e rende attuativo l’art. 97 Cost. che statuisce il principio secondo cui “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge”. In altri termini, sono pubbliche le persone giuridiche che un atto legislativo dichiara tali, mentre gli altri enti dovranno considerarsi persone private. Considerando che siamo nell’ambito della riserva relativa di legge (e non assoluta), per l’istituzione di un ente ad opera del legislatore si intende la creazione dell’ente attraverso la determinazione delle attribuzioni ed individuazione degli organi fondamentali dell’ente stesso. Gli interventi del potere esecutivo e l’esplicazione del potere statutario, invece, spettano all’ente stesso. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 4 La capacità degli enti pubblici (Autarchia – Autotuela - Autonomia - Autogoverno) Gli enti pubblici che agiscono in regime di diritto amministrativo sono detti enti autarchici e si distinguono dagli enti pubblici economici, che agiscono secondo la disciplina privatisticoimprenditoriale8. Gli enti pubblici che hanno le seguenti capacità: autarchia, autotutela, autonomia; autogoverno. A) L’AUTARCHIA Secondo la dottrina più recente per autarchia si intende la capacità degli enti pubblici di amministrare i propri interessi, svolgendo un’attività avente gli stessi caratteri e la stessa efficacia dell’attività amministrativa dello Stato. Altro orientamento dottrinale9, invece, considera l’autarchia come la caratteristica degli enti diversi dallo Stato di disporre potestà pubbliche. Dunque, si ha autarchia quando ad una persona giuridica, che ha compiti e funzioni di interesse pubblico, viene riconosciuta la titolarità di pubblici poteri, attraverso una equiparazione degli atti posti in essere da tale ente pubblico a quelli posti in essere direttamente dallo Stato. L’autarchia si esprime attraverso: - il potere di agire emanando atti amministrativi equiparati agli atti amministrativi dello Stato; - il potere di certificazione; - il potere di autorganizzazione interna; - l’autotutela. B) L’AUTOTUTELA L’autotutela è la capacità, riconosciuta dalla legge, a favore dello Stato o di un ente pubblico, di farsi ragione da sé, attraverso l’utilizzo dei mezzi amministrativi a sua disposizione. 8 Tale schema è stato ripreso da F. Garingella - L. Delfino – F. del Giudice, Diritto amministrativo, ult. ed., Napoli, 2007, p. 100 e ss. 9 Questa è la tesi di A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 120. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III Essa si configura come l’insieme di attività amministrative con cui ogni pubblica amministrazione risolve i conflitti, potenziali o attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese10. E’ fuori dubbio che la P.A. nell’esercizio dell’autotutela non può agire arbitrariamente né può servirsi di tale attività per farsi ragione anche quando oggettivamente non ne ha; l’autotutela, infatti, non è uno strumento di sopraffazione, ma uno strumento di giustizia per cui può essere esercitata solo quando sia necessaria per attuare l’osservanza della legge. L’attività amministrativa dell’autotutela si considera un’attività sussidiaria, cioè strumentale, ed ha lo scopo di verificare la legittimità degli atti posti in essere dall’ente stesso, nonché garantire l’efficacia e l’esecuzione degli atti amministrativi. Un’autorevole fonte ha così distinto l’attività di autotutela: autotutela decisoria ed autotutela esecutiva 1) autotutela decisoria, cioè quella attuata attraverso l’emanazione di una decisione amministrativa. Essa può riguardare: a) atti amministrativi precedentemente posti in essere dalla P.A. ed in questo caso può essere diretta, quando la P.A. esercita i suoi poteri spontaneamente, o nell’adempimento di un preciso dovere, come, per esempio, con atti di ritiro di precedenti provvedimenti amministrativi posti in essere dall’ente pubblico (revoca, annullamento, rimozione, sospensione). L’autotutela decisoria è, invece, indiretta nei casi in cui il potere della P.A. trova fondamento in un’azione dell’interessato, cioè in un ricorso. b) Rapporti giuridici di diritto amministrativo, cioè comportamenti tenuti da soggetti in rapporto giuridico con l’amministrazione, che non sono conformi a pretese della P.A. 2) autotutela esecutiva cioè quella consistente nel complesso di attività volte ad attuare le decisioni già adottate dall’amministrazione. Un esempio può essere rappresentato dagli ordini dati da un organo amministrativo ai propri dipendenti di eseguire, di ufficio, uno sgombero di abusiva occupazione di suolo demaniale. 10 F. Benvenuti, Autotutela, (dir. amm.) in Enc. dir., IV, 1959, p. 538 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III Tuttavia la dottrina prevalente ritiene che solo autotutela decisoria deve considerarsi una potestà generale, mentre l’autotutela esecutiva necessita di una norma specifica che attribuisca alla P.A. il potere di agire in via immediata e diretta, per attuare i propri provvedimenti. C) L’AUTONOMIA L’autonomia consiste nella capacità di un ente di determinarsi da sé, avendo il potere di darsi una legge regolativa delle proprie azioni. In altri termini, l’autonomia è la potestà riconosciuta all’ente di provvedere alla cura dei propri interessi e, quindi, di godere e di disporre dei mezzi necessari per ottenere la soddisfazione degli interessi11. Autorevole dottrina12 ha ritenuto di potere sintetizzare i tre aspetti fondamentali dell’autonomia: a) partecipazione degli appartenenti ad un ente alla sua amministrazione; b) attribuzione all’ente di una notevole sfera di autodeterminazione; c) alleggerimento dei controlli da parte di soggetti diversi. Il termine autonomia, quindi, sta ad indicare molteplici fenomeni giuridici; di autonomia si parla, infatti, con riferimento alla: capacità politica; capacità normativa; capacità organizzativa; capacità contabile; capacità finanziaria o gestionale di un soggetto. In linea di sintesi si può dire che l’autonomia esprime l’indipendenza dell’ente nell’esercizio della sua attività. Per autonomia politica si intende l’indipendenza e la libertà di un soggetto nelle scelte c.d. politiche, cioè nell’individuazione dei fini che l’ente intende perseguire. Tale autonomia è riconosciuta alle Regioni, oltre che allo Stato. L’autonomia giuridica indica la capacità dell’ente o dell’organo di agire nel campo giuridico con un certo grado di libertà. Tale autonomia può assumere varie configurazioni, ed infatti, si parla di autonomia normativa; autonomia organizzatoria; autonomia finanziaria ed autonomia di gestione. 11 12 Così si è espresso C. Mortati, Le forme di Governo, (Lezioni), Padova, 1973. Si veda P. Virga, Diritto amministrativo, I principi, Milano, 1999, p. 100 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III L’autonomia normativa è la capacità dell’ente di costituire un proprio ordinamento mediante norme aventi la stessa natura ed efficacia delle norme statali, anche se ad esse sottordinate13. Le norme dotate di autonomia possono assumere le forme di legge, Statuti, regolamenti; pertanto l’autonomia normativa può, a sua volta, essere distinta in: - autonomia legislativa; - autonomia statutaria; - autonomia regolamentare. Nel nostro ordinamento godono di autonomia legislativa tutte le Regioni (sia a Statuto ordinario che speciale e le Province di Trento e Bolzano); di autonomia statutaria oltre che le Regioni a Statuto ordinario, anche i Comuni, le Province le Città Metropolitane, ecc.; di autonomia regolamentare tutti gli enti territoriali (Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni), nonché gli altri enti e d organi cui la legge espressamente la conferisce (per esempio il Prefetto). L’autonomia organizzatoria è la capacità di un ente o di un organo di creare o contribuire a creare la propria struttura organizzativa, e ad essa, di solito, si accompagna anche un’autonomia regolamentare14. L’autonomia finanziaria è la capacità dell’ente di imporre propri tributi. L’autonomia di gestione consiste nella capacità dell’ente di avere un proprio bilancio, diverso da quello dello Stato. D) L’AUTOGOVERNO L’autogoverno deriva da un istituto proprio degli ordinamenti anglosassoni, i c.d. “selfgovernment” e si realizza quando gli organi locali di governo sono composti da elementi scelti dagli stessi governanti15. Effettuare nel nostro ordinamento una trasposizione di tale istituto diventa praticamente impossibile e ciò perché in questi ordinamenti la P.A. non è strutturata in enti dotati di personalità giuridica, ma in uffici di cui è responsabile il funzionario preposto. 13 Cfr. A. Romano, I soggetti e le situazioni giuridiche soggettive del diritto amministativo, in L. Mazzaralli, G. Pericu, A. Romani, F.A. Roversi Monaco, F.G. Scoca, Diritto amministrativo, Bologna, p. 261 e ss. 14 Cfr. P. Alessi, Principi di diritto amministrativo, Milano, 1971, vol. I, p. 39 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III Allora, alcuni autori16 usano il termine di autogoverno per indicare quei casi in cui un ente è diretto o governato da persone elette da membri che ne fanno parte e ciò si verifica, per esempio, nei Comuni. 15 16 Così A.M. Sandulli, Enti pubblici ed enti privati di interesse pubblico, in Giur. Comm., cit., p. 1945 e ss. Si veda A.M. Sandulli, Enti pubblici ed enti privati di interesse pubblico, in Giur. Comm., cit., p. 1948 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 5 Classificazione degli enti pubblici La dottrina ha operato diverse classificazioni gli enti pubblici. - Corporazioni ed istituzioni. Le prime sono persone giuridiche in cui prevale l’elemento personale, mentre nelle seconde prevale l’elemento patrimoniale (come per esempio gli istituti previdenziali). - Enti territoriali e non territoriali. Sono enti territoriali quelli in cui il territorio è uno degli elementi costitutivi, cioè essenziali per l’esistenza dell’ente e non è considerato solo un ambito spaziale che ne delimita la sfera d’azione. Sono enti non territoriali, invece, tutti gli altri, denominati anche enti istituzionali, alcuni dei quali a carattere nazionale, mentre altri a carattere locale. - Enti nazionali ed enti locali. Il carattere locale o nazionale di un ente non assume rilevanza solo ai fini teorici, ma anche giuridici. Tale carattere si riferisce anche agli interessi pubblici perseguiti dall’ente stesso. Negli enti locali il territorio costituisce non solo il criterio per delimitare la sfera d’azione, ma anche e soprattutto indica la rilevanza locale dei fini e degli interessi perseguiti dall’ente. Pertanto, sono enti locali quelli che operano in una determinata circoscrizione territoriale per perseguire un interesse pubblico proprio di tale circoscrizione, sono, invece, enti nazionali tutti gli altri, compresi quelli destinati ad operare su un ambito territoriale limitato, ma per perseguire un interesse nazionale. - Enti necessari. Sono detti quelli che devono necessariamente esistere per l’organizzazione amministrativa del nostro ordinamento. - Enti ad appartenenza necessaria o facoltativa. Sono ad appartenenza necessaria gli enti fra cui quelli territoriali, di cui si fa parte per il solo fatto di risiedere sul loro territorio. - Enti autonomi, ausialiari e strumentali. - Enti autarchici propriamente detti ed enti pubblici economici. I primi operano in regime di diritto amministrativo, mentre i secondi agiscono in veste imprenditoriale, attraverso strumenti privatistici. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 6 Enti pubblici e società per azioni a partecipazione pubblica Distinguere gli enti pubblici da quelli privati diventa ancora più difficoltoso se si pensa alla presenza delle società per azioni a partecipazione pubblica17, le quali non operano sul piano economico-imprenditoriale, ma svolgono servizi e funzioni pubbliche. Le società per azioni a partecipazione pubblica, infatti, sono cosa ben diversa dagli enti pubblici economici privatizzati, che seguono, invece, la disciplina civilistica, ex artt. 2247 c.c. e ss. Le società per azioni in mano alla P.A. sono difficilmente inquadrabili giuridicamente18 ed, infatti, creano problematiche qualificatorie di non poco conto. Non è chiaro se la veste societaria calata su un’organizzazione assimilabile agli enti statali, possa escludere la natura pubblicistica di dette società. Inoltre tali società creano anche difficoltà sotto il profilo della legittimità costituzionale, con riferimento all’art. 97 Cost., in quanto ai sensi di detta disposizione gli uffici pubblici devono essere organizzati secondo uno schema pubblicistico19. Lo stesso problema definitorio sorge anche con riferimento alle società per azioni deputate alla gestione dei servizi pubblici locali, previste dall’art. 113 del d.lgs. 267/2000 (Testo unico degli enti locali). Si registra, inoltre, un dibattito non dissimile anche per quanto riguarda le società residuanti dal processo di privatizzazione di enti pubblici economici e aziende autonome, cioè si pone il problema se si tratta di società di carattere privatistico o se trattati di enti pubblici operanti in veste societaria. Con riferimento alle aziende autonome, preme sottolineare che l’analisi della loro organizzazione e del loro regime, richiede, in via preliminare, un accenno al problema della loro soggettività. Trattandosi di imprese-organo dell’ente di pertinenza, essi si strutturano come organismi che, pur dotati di autonome potestà organizzative, gestionali, finanziarie e contabili, oltre che di propri mezzi, sono privi di personalità giuridica, salvo rare ipotesi di attribuzione espressa da parte dell’ordinamento. 17 In argomento si veda, tra gli altri, anche M. Cammelli, Le società a partecipazione pubblica, Rimini, 1989; S. Cassese, Partecipazioni pubbliche ed enti di gestione, Milano, 1962. 18 Cfr. F. Coltelli, La trasformazione in s.p.a. degli enti pubblici economici e il controllo della Corte dei Conti ai sensi dell’art. 100 Cost., in Cons. Stato, 1994, II, p. 512 e ss.; C. Marzuoli, Le privatizzazioni tra pubblico come soggetto e pubblico come regola, in Dir. pubbl, 1996, p. 393 e ss. 19 In argomento V. Cerulli Irelli, Problemi dell’individuazione delle persone giuridiche pubbliche (dopo la legge sul parastato), cit., p. 628 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III Si consideri, tuttavia, che, specie con riferimento alle aziende municipalizzate, è discusso se, esse pur essendo prive di personalità giuridica, possono considerarsi dotate di soggettività giuridica. Secondo l’opinione dominante, l’assenza di personalità giuridica non esclude soggettività che si manifesta sia in ambito organizzativo nei rapporti interorganici, sia in ambito ordinamentale, in quelli intersoggettivi. Passando, poi, all’esame dei caratteri peculiari e del regime giuridico delle aziende autonome, è necessario rilevare come il loro patrimonio, cioè l’insieme dei beni e dei mezzi di cui si avvalgono per l’esplicazione della propria attività imprenditoriale, viene costituito dall’ente di appartenenza, cioè un c.d. patrimonio separato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 7 Enti pubblici economici Sono detti enti pubblici economici quegli enti che operano nel campo della produzione e dello scambio di beni e di servizi svolgendo attività prevalentemente o esclusivamente economiche, in una situazione di parità o di concorrenza con le altre imprese private20. L’ente pubblico economico è un istituto di cui si avvale lo Stato per intervenire nel sistema economico e si caratterizza per il fatto di essere misto in quanto agisce in concorso tra imprese pubbliche e private21. Tali enti si pongono, infatti, in concorrenza, appunto, con i soggetti economici privati, ma realizzano fini pubblici. Lo scopo di lucro non è un elemento essenziale, tuttavia è necessario che l’ente pubblico economico agisca secondo un criterio di economicità, cioè di correlazione di costi e ricavi, nel senso che l’impresa venga esercitata in modo tale che dall’attività si ricavi almeno quanto occorre per coprire i costi dei fattori di produzione impiegati. L’ente pubblico economico, pertanto, deve coprire i propri costi di produzione e gestione attraverso quelle che sono le tariffe applicate per le prestazioni erogate. Detti enti hanno la finalità, tra l’altro, di assolvere ad altre funzioni, come, per esempio, quella di operare interventi economici di controllo, proponendosi come calmiere dei prezzi di una merce di mercato, producendola e vendendola ad un costo inferiore rispetto a quello dei beni analoghi prodotti da imprenditori privati.22 Fino al 1993 tutti gli enti pubblici economici facevano capo ad appositi enti di gestione delle partecipazioni statali (IRI, ENI, EFIM, ENEL), posti sotto il controllo del Ministero delle Partecipazioni Statali. Con il referendum del 19 aprile 1993, però, il Ministero della Partecipazioni Statali è stato soppresso, avviando un processo di privatizzazione di tutti gli enti pubblici economici e delle aziende statali. Tale processo di privatizzazione23 ha portato dapprima alla trasformazione degli 20 Così P. Virga, Gli enti parastatali nella tipologia degli enti pubblici, cit., p. 145 e ss.; A.M. Sandulli, Enti pubblici ed enti privati di interesse pubblico, cit., p. 45. 21 C. Maugieri, Il controllo della Corte dei Conti sugli enti pubblici economici trasformati in s.p.a., in Dir. amm., 1995, p. 203 e ss. 22 P. Saraceno, Il sistema delle imprese a partecipazione statale nell’esperienza italiana, Milano, 1975. 23 In argomento, tra gli altri, si veda R. Perna, Privatizzazione formale/sostanziale e controllo della Corte dei Conti, in Foro it., 1993, I, p. 285 e ss.; S. Cassese, Le privatizzazioni in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998, p. 32 e ss.; G. Amorelli, Le privatizzazioni nella prospettiva del trattato istitutivo della Comunità economica europea, Padova, 1992; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III enti pubblici economici in società per azioni con attribuzioni allo Stato dell’intero pacchetto azionario e, successivamente, alla collocazione sul mercato delle azioni stesse. Tanto ciò è vero che per le attività che gestiscono attività di interesse generale, lo Stato può conservare una partecipazione azionaria che, però, non superi il 5% (c.d. golden share). E. Freni, La complessa riforma degli enti pubblici nazionali tra nuovi e vecchi interventi, in Giorn. dir. amm., 2000, p. 535 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 8 Gli enti privati di interesse pubblico Gli enti privati di diritto pubblico sono quegli enti che, pur avendo natura di enti di diritto privato, esplicano attività di particolare rilievo sociale e, proprio in virtù di questo presupposto, a tali enti viene adottata una disciplina giuridica di particolare favore, attraverso il riconoscimento di sovvenzioni, esenzioni tributarie, ecc. Sono considerati enti privati di diritto pubblico: - gli istituti di patronato, gestiti dalle associazioni sindacali e finalizzati all’ottenimento da parte degli aventi diritto delle prestazioni previdenziali ed assistenziali. - Gli istituti di assistenza e beneficenza, enti associativi con finalità assistenziali. - Gli enti lirici e le istituzioni concertistiche. Alla disciplina delle agevolazioni tributarie degli enti privati senza scopo di lucro (c.d. enti non profit) è dedicato il d.lgs. n. 460 del 1997, che subordina la concessione di tali agevolazioni all’iscrizione in una particolare registro anagrafe tenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Per poter richiedere tale iscrizione è necessario che gli enti in questione24: a) non distribuiscano, in nessuna forma, neanche indiretta, utili o avanzi di gestione; b) destinino tali utili od avanzi ai loro fini istituzionali; c) devolvano, in caso di scioglimento, i loro beni ad altre istituzioni non lucrative di utilità sociale. 24 Ripreso da F. Garingella - L. Delpino - F. del Giudice, Diritto amministrativo, cit., p. 115. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 9 Enti pubblici e Stato: forme di collegamento Autorevole dottrina25 individua tre modi di organizzazione dei rapporti tra Stato ed enti: il decentramento autarchico, il policentrismo autarchico ed il pluralismo autonomistico. - il decentramento autarchico si ha quando lo Stato affida ad enti diversi da esso stesso il perseguimento di fini propri ed esclusivi. Poiché si tratta di fini propri dello Stato, il collegamento tra ente e Stato deve essere strettissimo e l’autonomia dell’ente particolarmente limitata. Il fenomeno del decentramento autarchico si realizza attraverso i c.d. enti strumentali, i quali sono legati allo Stato da veri e propri vincoli di soggezione. - Il policentrismo autarchico, invece, rappresenta il fenomeno degli enti ausiliari dello Stato. Sono tali quegli enti pubblici che perseguono fini dello Stato, ma non esclusivi di esso perché, generalmente, non essenziali. - Il pluralismo autonomistico si realizza, infine, in tutti quei casi in cui si creano gruppi spontanei o enti esponenziali i quali esprimono esigenze sociali autonome e sono, come tali, riconosciuti dall’ordinamento dello Stato, che li individua quali “centri di potere amministrativo”. Occorre, da ultimo, ricordare anche le forme di collegamento che legano gli enti pubblici tra loro. Una particolare forma di collegamento è rappresentata dalla conferenza dei servizi, criterio di collaborazione tra enti introdotto con la legge 241 del 1990 (e succ. modifiche). Il Consiglio di Stato26 ha ritenuto che la conferenza dei servizi “rappresenta lo strumento per realizzare il giusto contemperamento tra le esigenze di concentrazione delle funzioni in un’unica istanza ed il rispetto delle competenze delle amministrazioni preposte alla cura di un determinato settore, consentendo la contestuale valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti in una determinata operazione amministrativa”. La conferenza di servizio viene disposta quando risulta opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo; è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire nulla osta, assensi, intese, concerti di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga entro quindici giorni dall’inizio del procedimento, pur avendoli formalmente richiesti. 25 26 Cfr. A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit. p. 100 e ss. Cfr. C.d.S., sez., IV, 24 febbraio 2000, n. 1002. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III Secondo la dottrina dominante27, la conferenza di servizi non costituisce un organo a sé, autonomo, ma, piuttosto, uno strumento per realizzare la simultanea manifestazione di volontà delle diverse amministrazioni che vi partecipano, nell’ambito delle rispettive competenze. Pertanto, una volta che la conferenza di servizio si scioglie, ognuna delle amministrazioni partecipanti rimane competente per l’adozione dei provvedimenti conseguenziali. 27 Così P. Virga, Diritto amministrativo, I principi., cit., p. 89. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 10 Disciplina degli enti pubblici Ai sensi del citato art. 4 della legge n. 70 del 1975, così come si è detto, in materia di enti pubblici vige una riserva di legge, per cui l’unico modo per costituire o riconoscere un ente pubblico, è la previsione normativa. Detta riserva è relativa, nel senso che è contenuta in una legge ordinaria, per cui non solo essa va riferita sia alla legge statale che alla legge regionale, ma, soprattutto può essere derogata da un’altra legge ordinaria, così come è già avvenuto, ad esempio con la legge n. 142 del 1990, che ha consentito agli enti locali territoriali di istituire, con atto amministrativo, aziende speciali o consorzi con natura di enti pubblici. La natura dell’ente pubblico comporta l’assoggettamento dell’ente ad una particolare disciplina giuridica, i cui aspetti salienti sono dati da: a) Sottoposizione alle regole contrattuali proprie dello Stato e, quindi, esclusione, almeno in via principale, della contrattazione a trattativa privata; b) Acquisto della qualità di pubblico ufficiale dei funzionari, con conseguente applicazione della relativa disciplina, anche penale; c) Assoggettamento alle regole di responsabilità proprie dei dipendenti dello d) Assoggettamento delle entrate alle regole della tesoreria unica. e) Limitazione della pignorabilità delle somme giacenti presso il tesoriere che Stato; abbiano avuto una specifica destinazione. f) Assoggettamento ad un particolare regime esecutivo in caso di dissesto. Per quanto riguarda l’estinzione dell’ente pubblico va detto che esso si estingue così come si è costituito, vale a dire con legge se la sua costituzione è avvenuta attraverso disposizione normativa, con atto diverso, invece, se la sua costituzione è avvenuta con atto non legislativo. L’estinzione dell’ente può avvenire o per il venir meno di uno degli elementi essenziali o per sopravvenuta impossibilità di raggiungere il fine. Una volta che si estingue l’ente occorre soffermare l’attenzione sul problema della successione nei rapporti che facevano capo ad esso. In tal senso occorre fare una distinzione a seconda che si tratti di enti territoriali oppure no. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III In caso di enti territoriali, i rapporti facenti capo all’ente territoriale estinto si trasferiscono all’ente che ha acquistato il territorio. Nel caso, invece, di enti non territoriali occorre distinguere: - se le funzioni esercitate dall’ente estinto vengono trasferite in toto ad un altro ente, quest’ultimo acquista tutti i rapporti facenti capo al vecchio ente (successione a titolo universale). - Se le funzioni sono trasferite solo parzialmente, all’ente che le acquista vengono trasmessi solo quei rapporti inerenti alla parte di funzioni trasmesse, mentre gli altri passano al soggetto costituito per la liquidazione. - Se all’ente estinto non ne subentra un altro, tutti i rapporti ad esso facenti capo vengono devoluti ad un apposito ente incaricato della liquidazione e ciò che resta dopo tale liquidazione passa allo Stato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III 11 I controlli La legge istitutiva degli enti pubblici prevede, tra l’altro, che tali enti sono assoggettati alla vigilanza del Ministero che presiede all’attività da esso esplicitata. Detta vigilanza si esprime attraverso un controllo di legittimità sugli atti di gestione e nella nomina degli amministratori. Inoltre, con la legge n. 259 del 1958 si prevede che la gestione finanziaria di tutti gli enti dello Stato è assoggettata al controllo di legittimità della Corte dei Conti . Infine, ai sensi della legge n. 20 del 1994 anche la gestione del bilancio e del patrimonio di tutti gli enti parastatali, siano o meno sovvenzionati dallo Stato, è assoggettata al controllo successivo della Corte dei conti, che deve verificare la legittimità e la regolarità della gestione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 26 Diritto Amministrativo Lezione III Bibliografia • P. Alessi, Principi di diritto amministrativo, Milano, 1971, vol. I, p. 39 e ss.; • G. Amorelli, Le privatizzazioni nella prospettiva del trattato istitutivo della Comunità economica europea, Padova, 1992; • Bardusco, Ente pubblico, in D. disc. pubbl., IV, Torino, 1991, p. 64 e ss.; • F. Benvenuti, Autotutela, (dir. amm.) in Enc. dir., IV, 1959, p. 538 e ss.; • M. Cammelli, Le società a partecipazione pubblica, Rimini, 1989; • S. Cassese, Partecipazioni pubbliche ed enti di gestione, Milano, 1962; • S. Cassese, Le privatizzazioni in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998, p. 32 e ss.; • V. Cerulli Irelli, Corso di diritto amministrativo, Torino, 1997, p. 190 e ss.; • V. 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Virga, Gli enti parastatali nella tipologia degli enti pubblici, Scritti in onore di Costantino Mortati, Milano, 1977, p. 311 e ss. • P. Virga, Diritto amministrativo, I principi, Milano, 1999, p. 100 e ss.; • G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1952. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 26 di 26