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2014/3-Osare passi nuovi
Tariffa Assoc. Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.P.A - In A.P -D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/ 2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB/43/2004 - Arezzo - Anno XVIII n° 3 / 2014 Osare passi nuovi 1 SOMMARIO 3 Primapagina Ogni novità è preceduta da un sogno 6 Cammina eretto, e lascia agire la vita Abbiate il coraggio dell’eresia 10 Verità è ciò che fa fiorire la vita Scegliere il movimento della vita 4 8 12 14 Dobbiamo accendere un fuoco nei nostri ragazzi Un cardinale a Romena 20 Obbedire solo alla felicità La terra è la mia preghiera 24 I giorni dello stupore trimestrale Anno XVIII - Numero 3 - Dicembre 2014 REDAZIONE località Romena, 1 - 52015 Pratovecchio (AR) tel. 0575/582060 - [email protected] Il giornalino è anche online su www.romena.it DIRETTORE RESPONSABILE: Massimo Orlandi REDAZIONE e GRAFICA: Raffaele Quadri, Massimo Schiavo FOTO: Piero Checcaglini, Paolo Dalle Nogare, Kenneth Fernandes Gallinelli Copertina: Paolo Dalle Nogare Hanno collaborato: Luigi Verdi, Wolfgang Fasser, Maria Teresa Marra Abignente, Giorgio Bonati Filiale E.P.I. 52100 Arezzo Aut. N. 14 del 8/10/1996 22 Natale a Romena 26 Agenda 2015 30 28 La nuova veglia 31 Annunci vari 18 Claudia Francardi è la moglie di Antonio Santarelli, il carabiniere morto per i postumi di una aggressione subita nel 2011 durante un posto di blocco, nel grossetano. Irene Sisi è la mamma di Matteo, il giovane diciannovenne che ha ferito brutalmente Antonio. Il destino indirizza queste due donne, inevitabilmente, su due fronti avversi. Tra di loro si alza la barriera di un lutto irrisarcibile, la divisione è segnata dallo squarcio di quella ferita che spezza la loro esistenza in un prima e in un dopo. Quanto costa il passo nuovo a queste due donne? Costa tutto, perché vale tutto. Chiamerei miracolo la loro disponibilità a avvicinarsi cautamente, poi a incontrarsi, a diventare addirittura amiche, sino a coinvolgere Matteo in questo cammino di riconciliazione. Ma la parola ha solo il senso di indicare lo stupore per quello che accade, non la sua rapidità. In realtà il movimento di questo passo è lentissimo, è un fiume carsico che, solo a costo di tanta fatica e sofferenza, riporta il profumo della vita dove si annidava solo disperazione. Ogni cambiamento vero, radicale, non può che essere così: se anche noi vogliamo provare a cambiare qualcosa di assestato e di collaudato nella nostra vita, dobbiamo sapere che dovremo erodere roccia, aprire fessure, esporci, nella nostra massima vulnerabilità. “Credo nell’amore” dicono Claudia e Irene nel silenzio delle loro lunghe notti agitate e insonni, Lo dicono senza dirlo, come se accendessero un fiammifero in una notte nera. Nel loro cammino di ascolto reciproco e di incontro sanno fidarsi del poco perché sentono che la sovrabbondanza della notte è solo lo spazio infinito in cui può muoversi la speranza della luce. Osare passi nuovi. In questo giornalino troverete il tema declinato in molti modi diversi, grazie al contributo di alcuni dei testimoni che hanno animato i nostri grandi incontri di luglio e di settembre. Anche Irene e Claudia sono venute a Romena per questo. Ma il loro incontro, per me, tiene insieme tutti gli altri, perché ci fa sentire sulla pelle il peso specifico di tutti i passaggi verso il nuovo. Si cambia, ci dicono le due donne, solo se ci si mette in gioco totalmente, senza far sconti a ciò che sentiamo dentro, si cambia, aggiungono, solo se ci si nutre di una fiducia senza limiti. Irene e Claudia, con la loro storia, ci chiamano a guardare oltre ogni modello di amore basato sull’efficienza e sulla diligenza, un amore che però arretra o alza comprensibili barricate quando la vita ci ferisce. Il passo che loro hanno sperimentato conduce a un amore fatto di dismisura e di misericordia, un amore che rischia di disorientarci, tanto è distante dalle nostre convenzioni. Eppure è questo il passo nuovo più vero e rivoluzionario, è così che si partecipa nella maniera più integrale al disegno d’amore del creato. È questo il cuore della fede che professiamo senza avere, spesso, il coraggio di viverla. Massimo Orlandi PRIMAPAGINA Quando Claudia appoggia la prima parola sui nostri sguardi già sente che sì, oggi può permetterselo. Può permettersi la libertà di mettere dentro le parole tutto il dolore che ha dentro, può lasciare che le lacrime parlino con lei. Anche Irene sente che può tirar fuori quella storia che le serra la gola, e non fa nulla per trattenerla. Ma che succede, oggi, a Romena? Succede che queste due donne ci stanno mostrando concretamente come si percorre, nella vita, quel passo che ci rende nuovi. E il loro è uno dei passi più difficili, ma anche uno dei più decisivi: è il passo che cambia la qualità dell’amore. Ogni novità è preceduta da un sogno di Luigi Verdi Con questa meditazione don Luigi ha aperto il cammino di “Osare passi nuovi”, scegliendo la parola che ci sembra più lontana e impalpabile, come unità di misura del nostro desiderio di cambiamento… La prima parola che mi viene in mente, la parola che sento più urgente per affrontare questo tema è la parola sogno. C’è bisogno di sognarli, i passi nuovi, molto prima che pensarli. Allo stesso tempo sento invece il peso di un’altra parola, quella che ci sembra più pratica, più adatta: la parola volontà. Ha scritto Ernest Bloch: “Il nuovo non è mai totalmente nuovo, lo precede sempre un sogno”. Non è possibile dirigere la nostra vita a colpi di volontà, stringendo sempre i denti, misurando e progettando la nostra resistenza. Alla lunga non funziona, alla lunga si cede. Non si cresce per forza di volontà, ma se si segue la scia dei nostri sogni. Perciò la volontà non serve, e non serve nemmeno quello che chiamiamo senso della realtà, o realismo. Tante volte ci sentiamo dire, “mi raccomando, sii realista” pensando che il realismo sia un elemento positivo, un modo bilanciato e concreto di guardare ciò che viviamo. Ma il realismo non fotografa la realtà, piuttosto la frena: non ce la fa guardare per migliorarla, ma per trattenerla. Sono invece i sogni che producono la realtà, perché le offrono una direzione, un obiettivo, un tesoro da scoprire. Questo luogo, Romena, io prima l’ho sognato poi è diventato realtà. Se non avessi avuto quel sogno forte, pungente, che non mi faceva arrendere, che non mi faceva frenare di fronte alle difficoltà e alle delusioni non avrei toccato la vita. I sogni che coltiviamo dentro, nel profondo, sono la misura più realistica della nostra vita e del nostro bisogno di felicità: se pensiamo ai nostri momenti più infelici ci accorgiamo che sono i momenti in cui non ci è stato possibile abitare i nostri sogni, per esempio i sogni di amore. L’unico modo per essere davvero felici è che un sogno divenga vita. 4 Ma tutte queste cose, in fondo le sappiamo. Perché allora oggi abbiamo spinto i sogni in una dimensione così lontana, perché ci riesce così difficile avvicinarli a noi? Io credo che questo accada perché la nostra generazione non sa più cos’è la fatica.Se non sai faticare, se non ti sforzi, non puoi raggiungere un sogno. Nella chiesa si usa la parola sacrificio, e non va bene, sacrificio è fare una cosa quasi senza di me, sottomesso a quello che faccio. Quello che non ci riesce è piuttosto la fatica, la fatica dei contadini, la fatica di un fiore nel farsi frutto, lo sforzo che è dentro la vita, “Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso” dice una canzone di Fabrizio De André: senza sforzo, senza essere disposti a far uscire sangue, non puoi raggiungere un sogno. Che questi giorni insieme ci aiutino a fare uno sforzo, nella consapevolezza che il passo che occorre a tutti noi è qui, all’orizzonte, è il passo che marca la differenza tra la paura di vivere e il coraggio. È il passo che ci porta a osservare invece che a guardare, ad ascoltare piuttosto che a sentire, ad agire e non solo a desiderare, a vivere, piuttosto che a esistere. Un’ultima cosa. Dobbiamo avere la consapevolezza che i passi nuovi è difficile farli nascere da soli. Ci serve un po’ di fiducia, ci occorre qualcuno che ci dia fiducia. Dio ha questa capacità. Dio si fida di noi. Quando uno vuol dare fiducia è come se ti desse un credito. Ci vuole qualcuno che ti dia fiducia, che ti dica “prendi, me lo ridai quando ce l’hai”. Dio fa così con noi. Proviamo a raccogliere questo credito. Dio a ogni alba ci dà bellezza, semplicità, una possibilità nuova e un credito che, se abbiamo coraggio, se ci metteremo fatica e impegno, a sera potremo restituire. Accolgo la fragilità dei giorni e li impasto come il pane. Osservo segnali lontani fra le nostre case oltre la folla, un vento sereno di semente viene dal futuro. Luigi Verdi 5 Passi nuovi dell’uomo “Cammina eretto, e lascia agire la vita” di Wolfgang Fasser Il cambiamento è necessario, come l’aria. Ma per attivarlo non basta la volontà di un attimo. Occorre superare le nostre resistenze, ritrovare coraggio e, soprattutto, non aver paura di sbagliare. Per questo incontro non sono venuto da solo. Ho portato con me questa bella scopa fatta a mano da un contadino di Quorle. Lo conoscete il proverbio? “Con la scopa nuova, spazzi meglio”. Cosa vuol dire? Che come tutte le cose anche la scopa ha la sua vita. A un certo punto finisce. Arriva un momento in cui occorre metterla via e farsene una nuova. Così nella nostra vita arriva un momento in cui dobbiamo mettere da una parte strumenti, cioè idee, pensieri, modi di vedere che hanno funzionato sin qui, ma che hanno esaurito il loro compito. Osare passi nuovi. Il primo passaggio che occorre è quello di andare oltre le abitudini. Dice Nelson Mandela: “Non fuggire dai problemi, affrontali, perché se non li affronti rimarranno sempre con te”. Le abitudini sono appiccicose, sono come la scopa vecchia che non troviamo mai tempo e modo di cambiare. Ma il movimento della vita vuole altro: ci chiede di rinnovarci, di rispondere alle sfide nuove, ci chiede una disponibilità al cambiamento. Finché resistiamo alle novità pensando di poter controllare la nostra vita e per controllarla le abitudini sono l’alleato migliore. I passi nuovi possono arrivare quando ci prepariamo a dire sì, quando realizziamo che solo una scopa nuova potrà spazzare meglio. Vedete, gli inviti a esporsi al cambiamento, in questa società, arrivano di continuo. Pensiamo ai problemi dell’ambiente, li conosciamo benissimo, siamo informati, ciò che manca è il rendersi disponibili a fare qualcosa di nostro, a intervenire in prima persona. Quando questa disponibilità c’è, anche con poco si può fare tanto. Ne abbiamo di testimonianze di persone che si mettono in moto e vivono un’alternativa. Insieme alla disponibilità, il coraggio. Ci vuole ardore, l’ardore è quel coraggio che nasce dall’amalgama fra pensiero, parola e azione. Deve nascere dal di dentro, non come una reazione muscolare, forte, ma come una fiamma costante che sentiamo maturare dentro di noi. Io non credo nell’attivismo di chi confeziona programmi, strategie, tempi per il cambiamento, senza avere una meta chiara davanti a sé. Non funziona. È come quando facciamo un grande fuoco di paglia, lì per lì le fiamme salgono altissime, ma dopo 10 minuti il fuoco è già spento. Avete presente invece quando di sera in campagna, prima di andare a letto si lascia nel camino quella bella brace e la si ricopre di cenere? La mattina soffi la cenere e ritrovi la brace. Sintesi dell’incontro Osare passi nuovi. Ascoltalo integralmente su www.romena.it 6 Ecco, quello è l’ardore: è quel bruciare che dura, è un entusiasmo costante, è quell’intenzione che sentiamo unita dentro di noi. Quando abbiamo sentito forte dentro di noi il bisogno di cambiare, quando c’è questa fiamma che arde, non dobbiamo far altro che cominciare a orientarci verso il nuovo, superando l’ultimo ostacolo che resta: la paura di sbagliare. Abbandoniamo l’idea di riuscire sempre bene, di avere subito un successo con cose che facciamo la prima volta. Siamo allievi in questa vita, allievi per sempre. Dobbiamo sperimentare. Quest’anno a Quorle è venuta a trovarci una ragazza thailandese, ci ha comunicato il suo modo di stare in cucina, come se cucinare fosse una meditazione. Le ho dato spazio, ho lasciato fare, la cucina è divenuta un tempio, un po’ anomalo forse. Non è detto che d’ora in poi si cucinerà così: ma intanto abbiamo sperimentato questo modo di mangiare più calmo, meno frenetico. È necessario sperimentare, per poter poi verificare. I passi nuovi necessitano di pescare a piene mani dalla tradizione, ma anche di affidarsi al vento della vita. Giosuè Boesch, caro fratello saggio di Romena diceva: “Sii eretto e cammina eretto, e lascialo agire attraverso di te”. Stai dritto, sii fiero di quello che sei, non stare in poltrona a lamentarti, muoviti e poi lascialo agire: io non credo nell’atteggiamento arrogante di chi pensa di poter fare tutto da sé, credo in quel “lascialo fare”, che significa tenere un abbraccio aperto verso la vita, consapevoli che ci sia qualcosa di più grande di noi. Osare passi nuovi, allora. Perché è importante accettare quest’invito a migliorare la vita nostra e quella degli altri, a partecipare, a rendere più umano questo mondo. “Dio – dice Desmond Tutu – ha soltanto noi, Dio ha bisogno di noi. Noi siamo mani, piedi e testa di Dio”. Buon cammino di vita a tutti. 7 Passi nuovi nella società “Abbiate il coraggio dell’eresia” di Luigi Ciotti È il momento più atteso dell’incontro di luglio. Sarà indimenticabile come ogni incontro con don Ciotti. “Rischiamo il coraggio” è il suo tema, è l’espressione della sua vita, un darsi totale alla fame di giustizia e di verità. Difficile spremere il senso del suo bellissimo intervento. Ma lui saprà farlo, con il suo saluto conclusivo… C’è un’onda in piena che non travolge l’Italia distruggendola, come fanno i temporali d’autunno. È un’onda buona, l’onda di chi non accetta che siano sempre i furbi e i prepotenti a sfangarla. L’onda buona di chi legge il Vangelo una riga alla volta, perché ha bisogno di viverlo nei fatti: “Fame e sete di giustizia””Avevo sete e mi avete dato da bere”. Don Luigi Ciotti è da più di quarant’anni parte di quest’onda, con il gruppo Abele, con Libera, e in ogni parte d’Italia la rappresenta, mostrando che c’è un Paese che ha il coraggio dell’umiltà e della responsabilità, dell’indignazione e della verità. A Romena, per l’incontro “Rischiamo il coraggio” Luigi ci racconta quest’Italia, la fa vibrare nelle sue parole, la fa risuonare nella testimonianza di altri preti come lui. “Rischiamo di morire di prudenza in un mondo che non vuole e non può attendere” ci dice ricordando Primo Mazzolari, “Dobbiamo essere cristiani sovversivi” aggiunge innalzando il nome di Tonino Bello. Davanti ai suoi appunti sparsi, nel ventre caldo di una chiesa straripante, don Luigi richiama la gravità del periodo che stiamo vivendo, con i 6 milioni di italiani in condizione di povertà assoluta, con i 7 senza lavoro. E con i meccanismi di criminalità e di corruzione che invece non conoscono crisi, tutt’altro. E in questo contesto, già difficile, trova terreno fertile, l’idea che tutto è segnato, che nulla può cambiare: “È la rassegnazione, l’in- differenza, il cinismo, è questa mafiosità diffusa il vero patrimonio delle mafie, prima ancora del patrimonio economico”. Davanti a questa pericolosa cristallizzazione verso il basso don Luigi esorta ad abbandonare gli schemi di chi vuol mettersi l’animo in pace: “Ci vuole il coraggio di dire “Io ci sono”. Perché la democrazia si fonda su grandi doni: la dignità umana e la giustizia. Ma non starà mai in piedi se non c’è una terza gamba che la sorregge, ed è la responsabilità”. È un grande esame di coscienza collettivo quello cui ci risveglia don Luigi, non dimenticando di invitarci a guardare anche dentro le pieghe del nostro attivismo: “Sai qual è la prima riforma che oggi deve essere fatta nella nostra società? È un’autoriforma, una riforma di noi stessi, delle nostre coscienze. Perché ciascuno di noi, nelle nostre associazioni, rischia la malattia del potere. Il potere non è abuso, è servizio, il potere non è opacità è trasparenza, il potere non è solo competenza, è integrità morale”. Passano in un istante due ore così, con don Ciotti, con i suoi morsi del più, con la spinta a dare di più, a fare di più, a uscire dal guscio. Ma la perla di questa giornata arriva alla fine, sulla scia di quel lungo, interminabile applauso. Arriva quando Luigi si riprende il microfono per il saluto più inatteso… Sintesi dell’incontro Rischiamo il coraggio. Ascoltalo integralmente su www.romena.it 8 Vi auguro di essere eretici Eresia viene dal greco e vuol dire scelta. Eretico è la persona che sceglie e, in questo senso è colui che più della verità ama la ricerca della verità. E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell’eresia. Vi auguro l’eresia dei fatti prima che delle parole, l’eresia che sta nell’etica prima che nei discorsi. Vi auguro l’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell’impegno. Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri. Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa. Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie. Chi non pensa che la povertà sia una fatalità. Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza. Chi crede che solo nel noi, l’io possa trovare una realizzazione. Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio. Luigi Ciotti Passi nuovi nella fede “Verità è ciò che fa fiorire la vita” di Maria Teresa Abignente Come comprendere che i passi nuovi nel cammino di vita e di fede sono orientati nella giusta direzione? Vito Mancuso, teologo, ci offre alcune preziose indicazioni. E questo è solo uno dei frutti del bellissimo e affollatissimo incontro con lui, un intenso abbraccio di calore e di vita tra il teologo e la fraternità… Credere in Dio vuol dire guardare la vita e ritenere che questa vita viene dal bene e va verso il bene. Sono le prime parole che Vito Mancuso ha pronunciato a Romena durante l’incontro di settembre all’inizio del quale si era presentato così: “Chi sono io veramente, interpretando il mio nome e il mio cognome? Vito=vita, Mancuso=mancino, in dialetto siciliano, oppure mancus cioè manchevole, storpio in latino. Io sono vita manchevole, vita ferita. Gli indiani hanno Toro seduto, Aquila silenziosa…, io mi presento come “Vita ferita”: fin da bambino ho sempre avuto la sensazione che la vita sia una ferita, la freccia di cui parla il Buddha, che colpisce ogni persona.” Ma Vito Mancuso è anche un teologo, di quelli scomodi e provocatori, uno di quelli che sta sul confine a fare da sentinella, bene attento a vigilare. :“Occorre essere sui confini, con un piede che sta collegato alla tradizione, al passato, alla dottrina, che ama la liturgia, ama le Scritture, la tradizione, la Sacra Scrittura, il Vangelo e un piede che ascolta invece tutte le provocazioni, tutte le novità, le problematiche che la vita del mondo presenta. E questo per far camminare, per far crescere non la dottrina, ma la mente dei credenti, cioè la vita concreta delle persone concrete. Molti dicono che sono un eretico, ma io voglio continuare ad avere questa possibilità di aria libera e voglio restare fedele alle mie intuizioni e alla mia coscienza: sono un teologo laico, non un teologo ecclesiastico. Quando scrivo, il mio interlocutore non è la Chiesa cattolica, anche se spero di poter dare un contributo alla Chiesa, ma il mio interlocutore, quando penso, è il mondo, è la coscienza contemporanea, postmoderna, laica. Oggi siamo tutti nella sensazione dell’esilio, ci sentiamo tutti nella vita come estranei, al freddo. Ci chiediamo perché sono nato? Cosa ci faccio qui? E sentiamo allora il bisogno di pane, di una carezza… A questo punto per me interviene la religione. Amo molto la parola religione, denigrata da alcuni forse troppi, e soffro per come sia disprezzata. Il termine ‘religione’ significa invece ‘legare, collegare’, significa in fondo l’armonia che fa sì che le cose si uniscano. E quindi il nome ‘religione’ e il nome ‘amore’ dicono la medesima tensione che attraversa le cose, che fa sì che dal caos possano sorgere fenomeni ordinati; tutto è aggregazione: l’aria, l’acqua, la terra, il sole. Che cosa le tiene insieme, che cosa le aggrega? il logos, o se volete l’amore, o se volete la madre materia. Abbiamo bisogno di consolazione, di guarire cioè la ferita che la vita ci consegna venendo al mondo e per me è consolante quando quella forza che collega gli elementi, che è all’origine del mondo e che io ritengo Dio, viene accolta dentro di te consapevolmente e tu provi a riprodurla dentro e fuori di te. Diventando a tua volta un seme, un fattore, un elemento di armonia. Quando cioè capisci che sei qui per amare, per collegarti, per esporti Sintesi dell’incontro Osare passi nuovi. Ascoltalo integralmente su www.romena.it 10 alla luce del bene e diffondere la luce del bene, dell’armonia, dell’intelligenza, della comprensione, e la riproduci: questo per me è terapeutico e allora la freccia dell’esistenza, la ferita della mia vita, mi fa meno male.” In Pieve regna il silenzio, un silenzio che scalda e fa bene al cuore: sono parole che accarezzano anche le nostre ferite. Sono parole che spiegano, che aprono cioè le pieghe nelle quali si sono avvolte per svelare un significato autentico e più vicino alla vita. “In latino primavera si dice ver-veris, ed è la medesima radice di vero e verità; è importante fare ricognizioni filologiche, non per fare l’erudito, ma per scoprire da quale impressione è nata quella parola. Gli uomini sono giunti ad elaborare il concetto di verità in funzione della fioritura dell’essere: è vera una cosa che fa fiorire la vita. E allora capite bene che la verità non è più uno schema, un dogma che lega, che disciplina, che comprime, che ferma, o di fronte al quale stai immobile. La verità è ciò che ti fa verdeggiare: è vero tutto ciò che serve alla fioritura della vita. Gesù la pensava allo stesso modo, altrimenti non avrebbe potuto dire in Giovanni 3, 21: “Chi fa la verità viene alla luce!” Com’è bella questa dimensione primaverile della verità: sei chiamato a fare la verità, a introdurre energia luminosa e positiva nei sistemi, a dare speranza alle persone, a farle fiorire, a dirgli di sì, a introdurre pensieri di purificazione. Invece il termine verità, nella comune accezione, è uno dei più ambigui, maltrattati, diventa quasi un’arma: nel nome della custodia della verità, del patrimonio dogmatico, sono state uccise e torturate molte persone.” Sembra quasi di respirarla questa primavera ora, sembra quasi che questa pressione della vita che vuol fiorire abbia trovato un terreno fertile dal quale succhiare linfa per poi slanciarsi verso l’alto. Inevitabile non pensare a papa Francesco, ai suoi gesti umili, alle parole sussurrate, al vento nuovo che sembra voler spazzare la polvere accumulata; ma Vito è una sentinella e continua a vegliare: “bisogna verificare che questi gesti, questa tensione ideale del Papa, davanti alla quale sono felice e a volte commosso, come nel giorno della sua elezione, quando si è inchinato davanti al popolo per chiedere la sua benedizione, si concretizzino in azioni di governo.” È ora di andare, di alzarsi dalle sedie e mettersi in cammino, con gli occhi lucidi e il cuore caldo perché “la vita preme su di noi, la pressione della vita a volte è una carezza, a volte un graffio, ma continuamente preme”. 11 Passi nuovi nell’amore “Scegliere il movimento della vita” di Maria Teresa Abignente Nessuno dei presenti, in quel sabato pomeriggio di luglio, potrà togliersi di dosso lo sguardo di quelle due donne, Claudia e Irene, le loro lacrime, il loro dolore, ma anche il loro credere nella forza della vita. È una storia terribile, quella da cui partono: è un meraviglioso cammino di amore, nel segno del perdono, quello che ci raccontano. La vita, quella vera, sosteneva Giovanni Vannucci, fa un movimento opposto rispetto alla legge di gravità: sale verso l’alto, si slancia verso il cielo superando le leggi della fisica, basta guardare un germoglio o il semplice crescere di un bambino. Ci sono però alcune situazioni in cui sarebbe naturale lasciarsi trascinare verso il basso da sentimenti come la rabbia, la vendetta, l’odio; occasioni in cui sarebbe logico seguire la naturale legge della pesantezza; ma, quando si innesta la vita, si può invertire questo movimento, si può ascendere, provare ad andare in alto, come il prepotente seme nella terra ed esprimere così sentimenti di vita, anche laddove la morte sembrerebbe la cosa più naturale, o quella più sensata. La storia di Claudia e Irene fa così, va contro ogni logica. Tutto comincia una mattina, la mattina del 25 aprile 2011: il marito di Claudia sta lavorando, è un carabiniere a un posto di blocco. In quel momento il figlio di Irene, Matteo, che si trova in macchina con altri amici viene fermato dai carabinieri e risulta positivo all’alcool test: a quel punto Matteo ha una reazione spropositata, aggredisce Antonio, il marito di Claudia, con un bastone e lo ferisce molto gravemente. Antonio resterà in coma tredici mesi per poi morire. Questa la cruda storia. Antonio e Matteo non sono con noi oggi in pieve ma a raccontarli e farceli conoscere ci sono una moglie e una madre che ci parlano di due famiglie, due normali famiglie, che in un tragico momento smettono di essere semplici famiglie: e ci dimostrano che nel gioco feroce e incomprensibile della casualità può nascondersi la forza della vita. Le vite, dunque, a volte si incrociano: quella mattina le vite di Antonio e Matteo si sono date appuntamento, così come a distanza si sono incrociati il dolore di Irene e quello di Claudia: il dolore di una moglie, nel vedere il suo uomo ferito a morte, e quello di una madre, nello scoprire che suo figlio è un assassino. Ci dice Irene: “Ripartorire un figlio è possibile? è possibile perdonare un figlio che ha ucciso un uomo? un figlio che è diventato lo specchio della tua fragilità di madre?” È un lavoro duro quello di Irene, un lavoro che parte da se stessa per passare attraverso Matteo e raggiungere Claudia. Ma i miracoli, si sa, avvengono segretamente e lentamente, soprattutto quelli del cuore. Irene scrive una lettera a Claudia “chiedendole perdono per il gesto di suo figlio e per le sue responsabilità”; Claudia avrebbe potuto, sof- Sintesi dell’incontro Rischiamo il coraggio. Ascoltalo integralmente su www.romena.it 12 focata dal suo dolore, strappare quella lettera o sospettare, come forse noi avremmo fatto, che quella sia solo una manovra suggerita dagli avvocati. Claudia crede invece alla legge dell’amore, lei è fatta così: crede che si possano rimettere i debiti, come il Padre ci insegna. Decidono allora di incontrarsi. A questo punto il dolore dell’una guarda negli occhi il dolore dell’altra. E da questo sguardo incrociato nasce quello che Claudia vuole chiamare “più che perdono un percorso di riconciliazione, un ritrovarsi sullo stesso piano e camminare insieme” quasi tenendosi per mano. Sono sentieri lunghi questi, sono sentieri faticosi perché la sofferenza, da entrambe le parti, può diventare un velo che appanna gli occhi. Ma la forza per proseguire Claudia e Irene la trovano nelle loro viscere, viscere di donna. Claudia incontra Matteo in un giorno di neve che, leggera e bianca, quasi veste lo sforzo di Claudia: “quanti pensieri, quanti sentimenti contrastanti durante quel viaggio; quanto dolore ancora da ingoiare e quanta fatica per prepararsi a guardarlo negli occhi. Ma sono contenta di aver dovuto faticare quel giorno perché l’amore va oltre, va sempre oltre”: dietro colui che gli ha strappato il marito in un modo così selvaggio, Claudia vuole vedere “l’uomo, anzi, il fratello, un fratello da conoscere e da capire e dal quale farsi conoscere e capire.” Un fratello da abbracciare e con cui piangere insieme, sentendo che in quell’abbraccio e mescolato a quelle lacrime c’è anche Antonio. L’essenziale è invisibile agli occhi, dice il Piccolo principe, e l’invisibile agli occhi è ora presente: in un gesto, in un pianto. che non potrei sopravvivere. Ho incontrato una donna, Claudia, meravigliosa, che mi sta dando la speranza che, dal male fatto, io possa essere migliore e utile agli altri, come Antonio riusciva ad essere. Ne ho poi conosciuta un’altra, mia mamma, che prima non avevo mai visto con questa forza e questo coraggio e con l’umiltà di presentarsi di fronte agli uomini e alle donne che suo figlio ha offeso e ferito. Il mio sogno è umile e in questa giornata di uomini che provano a perdonarsi io credo che il sogno si stia già avverando. Se voi non riuscite a credermi io credo a voi, perché oggi Antonio è con noi, io ci parlo e lui mi aiuta a risollevarmi quando non ce la farei.” A cosa serve scalare questa montagna, a cosa serve sfidare la legge di gravità e non farsi prendere dalle proprie ragioni e cercare di entrare nelle ragioni dell’altro? a cosa può essere utile non farsi trascinare in basso dal peso del dolore e dell’offesa? Forse ad avere uno sguardo diverso su ciò che accade, a mettere vita là dove sembra che non sia possibile. A rendere visibile l’invisibile. Matteo viene condannato a venti anni da passare in comunità, ma anche in lui è iniziato un cammino di trasformazione: la sua forza e la sua intelligenza, che prima venivano convogliate verso scelte autodistruttive, ora sono invece indirizzate verso la vita: Matteo ha scelto di dire sì alla vita e all’amore. Dal suo passato ha capito, dal suo presente trae la forza. Queste le sue parole tra noi oggi: “Se potessi sentire tutto il male fatto, nella sua interezza, credo 13 Passi nuovi dei giovani “Dobbiamo accendere un fuoco nei nostri ragazzi” di Eraldo Affinati Eraldo Affinati, insegnante e scrittore, dedica la sua vita al luogo dove i passi nuovi vengono concepiti: alla scuola. Ha scelto di insegnare l’italiano in un istituto di Roma dove convergono giovani immigrati o scartati da altri percorsi. All’incontro “Osare passi nuovi” ha portato il vento buono di questi ragazzi trasmettendoci la sua capacità di saperlo alimentare. Abbiamo scelto alcuni passaggi della sua bellissima testimonianza… Educare Dietro ogni adolescente, dietro ogni ragazzo difficile c’è sempre una bellezza, un tesoro, una motivazione che noi dobbiamo scoprire. Dobbiamo accendere un fuoco dentro questi studenti per farlo divampare. Però è un lavoro che richiede impegno, forza, consapevolezza anche degli ostacoli che si trovano, perché non tutte sono storie così belle. Ci sono anche fallimenti, ci sono amarezze, ci sono momenti di sconforto e l’insegnante deve sapere che educare significa ferirsi. Ferirsi perché quando insegni ti devi mettere in gioco. Non puoi essere solo il depositario di un regolamento da applicare. Educare vuol dire condurre mano per la mano il ragazzo lungo un’esperienza conoscitiva. È un percorso a ostacoli, lui si può rifiutare, ti può anche combattere. E tu devi essere amico, nel momento in cui condividi i suoi entusiasmi e le sue malinconie, ma devi essere anche maestro, cioè portarlo a capire che la vera libertà, per ogni persona, non consiste nel superamento, ma nell’accettazione del limite. I ragazzi e la scuola I ragazzi di oggi sono cresciuti in un vuoto dialettico, per questo non hanno ancora preso coscienza della loro identità e spesso non hanno senso del limite. Il loro smarrimento denuncia una crisi antropologica. Questi ragazzi hanno avuto una deflagrazione del desiderio. Tutto è possibile, tutto è accessibile. L’informazione? Vai su google e trovi tutto. Ma poi chi ti mette in squadra questo mare magnum, chi ti ristabilisce le gerarchie di valori? La scuola ha questa responsabilità. Dobbiamo far amare di nuovo ai nostri ragazzi il processo conoscitivo. La scuola deve recuperare quello che un tempo si chiamava lo spirito critico. La responsabilità della parola Quando chiesero ad Albert Camus nei ‘Di- Sintesi dell’incontro Osare passi nuovi. Ascoltalo integralmente su www.romena.it 14 scorsi in Svezia’ perché scrivi? Lui rispose: “Io scrivo in nome di chi non può farlo”. Quando lessi questa frase a 17 anni capii che la letteratura deve fare questo, deve parlare a nome di chi non può farlo. Scrittore e insegnante sono custodi della parola. La responsabilità della parola è fondamentale sia per chi scrive che per chi insegna. Quello che dici e che fai in aula può incidersi in maniera indelebile nella percezione dell’adolescente. Le parole sono importanti. Se tu non hai un sistema verbale, come fai a esprimere un’emozione? Quell’emozione resta un grumo emotivo, non si traduce in niente, in nessuna forma espressiva. Insegnare le parole è importante per condurre alla maggiore età i ragazzi che hai di fronte. Il futuro La scuola italiana corrisponde soltanto in minima parte alla sua immagine mediatica. Vedo professori che non si limitano a svolgere il mansionario. Esistono ragazzi e ragazze che sono come spugne, pronte ad assorbire l’acqua che tu riesci a versare. La nostra provincia è vitale. Le metropoli sono piene di giovani attivi. Per questo non dobbiamo mai soccombere alla brutalità e alla volgarità del nostro tempo, ma provocare un contagio, dando luce a quest’Italia più bella e più vera. Un’Italia che spesso non compare, che non viene rappresentata in Tv. Ma che esiste. Ed è questa l’Italia in cui credo. Se non avessi fiducia in quest’Italia non entrerei in classe ogni mattina. 15 16 Foto di Piero Checcaglini C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita. È tutto in un ordine dentro e attorno a lui. Per ogni cosa ha metodi e risposte. È lesto a indovinare il chi , il come, il dove e a quale scopo. Appone il timbro a verità assolute, getta i fatti superflui nel tritadocumenti, e le persone ignote dentro appositi schedari. Pensa quel tanto che serve, non un attimo in più, perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio. E quando è licenziato dalla vita, lascia la postazione dalla porta prescritta. A volte un po’ lo invidio, per fortuna mi passa. Wislawa Szymborska 17 Un Cardinale a Romena di Giorgio Bonati Walter Kasper è uno dei collaboratori più stretti di Papa Francesco, è a lui che il papa ha affidato la preparazione del Sinodo delle famiglie. È un cardinale tra i più importanti in Vaticano. Che effetto gli farà Romena? E a noi? Fra Giorgio ci racconta uno degli incontri più speciali di quest’estate. Il professor Benedetti, un gesuita, entra in classe per la sua prima ora di teologia dogmatica e mostra orgoglioso quale sarà il libro di testo che ci accompagnerà per l’intero anno accademico: “Gesù, il Cristo”, di Walter Kasper. Correva l’anno 1988, e io mi iniziavo allo studio della teologia. Chi l’avrebbe detto che il cardinale che attendevo a Romena, a conclusione del nostro incontro “Osare passi nuovi”, era proprio lui, e stentavo a credere che avrei potuto stringergli la mano, uno sulle cui pagine migliaia di studenti di teologia si sono formati, un nome che aveva insomma più a che fare con la ‘storia’ che con la realtà. Eccolo li, col suo sorriso. Si, di quel libro e di altri letti negli anni successivi, del coraggio nel sostenere Papa Francesco nelle sue battaglie, dei suoi continui sforzi per il dialogo interreli- gioso, rimane negli occhi il suo sorriso, la sua leggerezza. Di quello che ha condiviso con noi quella domenica di fine settembre vi parlerò tra poco,ma davvero il senso di leggerezza che ho ancora ricordando il suo volto, mi stupisce e mi rasserena. Occhi buoni, risata facile, saggezza da vendere senza un minimo di orgoglio, un uomo ancora in ricerca, a ottant’anni suonati. Ecco forse uno dei segreti della leggerezza. “Sono molto contento che anche i peccatori facciano parte della Chiesa, altrimenti io non sarei un membro della Chiesa.” Ma davvero questo è un cardinale, si chiede la gente ascoltando le sue prime parole! E prosegue: “La misericordia è il centro del Vangelo di Gesù Cristo: noi abbiamo un Dio che non è un poliziotto supremo, ma un Dio misericordioso.” Sintesi dell’incontro Osare passi nuovi. Ascoltalo integralmente su www.romena.it 18 Ormai il ghiaccio è rotto, è uno dei nostri, non uno dei tanti lontani pastori della chiesa, ma un amico che prova a fare qualche passo con noi, che puzza di pecora, come ricorderà durante l’incontro citando Papa Francesco. Con quel suo italiano teutonico spiega: “Dio non lascia cadere nessuno in un buco senza dargli una possibilità d’uscita. Dio è misericordia, dà un nuovo inizio, dà una nuova chance. I padri della Chiesa hanno detto che nella vita può capitare di essere in una tempesta, ma Dio ti da una zattera per sopravvivere, non una nave comoda, ma una zattera con la quale si può sopravvivere.” E proprio con queste precise parole conclude la prima parte del suo intervento: “Per me la domanda non è se la Chiesa può dare l’assoluzione ma se la Chiesa può negare l’assoluzione.” E qui gli applausi si fanno caldi, l’acqua fresca scende goccia a goccia a bagnare quel terreno che troppo spesso abbiamo sentito così arido, e la Chiesa si fa amica, madre che si prende cura di ognuno dei suoi figli, con tenerezza. E sulla Chiesa è il cuore del suo dialogare, e non può non parlare di Francesco, della sua volontà di aprire, di non giudicare, di dare opportunità, di volere una Chiesa veramente accogliente: “Penso che tutti noi oggi sperimentiamo, dall’inizio di questo pontificato, una nuova primavera, una nuova aria fresca dove si può respirare di nuovo la speranza. Senza la speranza nessuno può vivere e così anche la Chiesa. E questo ha portato questo Papa. La speranza presuppone libertà, e libertà è scambio di idee. La Chiesa non può essere un sistema totalitario, la Chiesa è vivere la libertà cristiana e perciò si vuole questa libertà di esprimere le proprie opinioni all’interno della Chiesa.” Il Cardinale da quindici anni spreme il meglio delle sue energie nel dialogo interreligioso e quindi non può tralasciare di richiamarci che “la pace nel mondo è il valore più alto per la comunità degli uomini. La pace può essere conservata soltanto se c’è un rispetto mutuo e un dialogo fra le culture, fra le religioni. Il dialogo può funzionare soltanto se io ho la mia convinzione ferma, e l’altro ha la sua. Dialogo è aver rispetto per un’altra posizione e poi cercare cosa si ha in comune, e abbiamo molto in comune con tutte le altre religioni, perché tutte le religioni hanno rispetto verso la dimensione divina e il sacro, e tutte hanno questa regola d’oro: ciò che io non voglio per me non lo devo fare all’altro.” La sete di risposte non accenna a diminuire e incalzato dalle domande di Raffaele Luise, Kasper prova a dare una risposta ai quesiti su questo tempo di crisi: “Il Papa non può dare una ricetta su come fare in economia, anche io capisco poco di queste cose, ma deve sensibilizzare sulle ingiustizie che sono nel mondo. Siamo qui a Romena e vediamo la bellezza attorno a noi e la bellezza è una via a Dio, la bellezza è un riflesso della gloria e della bellezza di Dio, e noi dobbiamo riflettere su un nuovo stile di vita, un’altra forma di cultura, che non significa diventare tutti poveri, ma è indispensabile trovare tutti uno stile più semplice di vita”. Siamo alle battute finali e l’ultimo capitolo è dedicato alla donna, a questa ‘sconosciuta’ nella Chiesa. Il Cardinale non può che iniziare con una battuta ‘strappa consensi’: “Abbiamo un consiglio per le famiglie, nel Vaticano: in questo consiglio non c’è nessuna donna, io non conosco una famiglia senza una donna, non è possibile questo.” E tutti si ride, forse un riso a tratti malinconico, ma poi le sue parole convinte riaprono la speranza: “È una ricchezza che la Chiesa ruba a sé stessa se non valorizza le donne. Ci sono molti valori importanti che loro possono apportare nella Chiesa e così noi dobbiamo finirla con questa atmosfera troppo clericale!” E se è un cardinale a dirlo, possiamo crederlo! 19 Li no br vi o tà Obbedire solo alla felicità di Roberto Mancini Roberto Mancini Obbedire solo alla felicità Lo abbiamo ascoltato più volte nei grandi incontri di Romena. Ci siamo immersi nel suo sguardo largo, nella sua prosa densa, nel suo incedere appassionato. Ora le preziose riflessioni di Roberto Mancini, filosofo, possiamo offrirle in una forma diversa, quella di un libro. In “Obbedire solo alla felicità” Mancini ci invita a riflettere su due grandi questioni che riguardano ogni uomo: la presenza di Dio e il coraggio di credere. Vi anticipiamo una sintesi della sua introduzione… In queste pagine vorrei riflettere sulle due forze fondamentali per risorgere dalla disperazione e per sperimentare una fede liberatrice. Mi riferisco anzitutto all’esperienza di Dio sentito come presenza viva nell’esistenza personale e nella storia di tutti. Poi alludo al coraggio di credere e di agire di conseguenza. È il coraggio necessario a non sprecare questa esperienza, il coraggio che porta a scegliere di seguire la via che essa dischiude con tutto il proprio essere. evocato nel termine “salvezza”, ma nel linguaggio comune viene detto “felicità”. Credo che l’esperienza di Dio e il coraggio di non arrendersi alla disperazione convergano verso una felicità concreta, dove la dignità delle persone e la loro esistenza giungono all’armonia malgrado le ferite e le contraddizioni che ci colpiscono. Di qui la formulazione dell’invito a obbedire solo alla felicità, che dà il titolo a queste pagine. Si può sperimentare la vicinanza di Dio? In che cosa consiste il coraggio di affrontare la vita senza arrendersi alla disperazione? Le due parti del libro sono appunto dedicate ad assumere queste le domande, nel tentativo di evidenziare una direzione di risposta. Una direzione che guarda verso la piena realizzazione dell’umanità, in ciascuno e come comunità universale. Nel linguaggio religioso tale compimento è In un celebre verso di Edgar Lee Masters, poi ripreso in una canzone di Fabrizio De André, si racconta la storia del suonatore Jones, che non obbediva né al denaro, né all’amore borghese, né al Cielo della religione sacrale. Quel verso evoca a suo modo una reazione sana verso tutto ciò che pretende obbedienza senza essere la felicità autentica. D’altronde il senso della rivolta verso ogni logica o comando che ci falsifichi non è quello 20 di darsi a una vita senza regole e senza responsabilità, il senso è quello di tenersi liberi e disponibili per aderire con tutto se stessi alla vita vera. Questa adesione è come la scoperta del cuore della realtà, del mondo comune in cui siamo realmente compresenti con gli altri, con la natura, con il Dio vivente. Non è un percorso immune dalla sofferenza. Basta riflettere sul fatto che ogni vero dolore è permanente, non si lascia dimenticare o cancellare. Non si tratta nemmeno della banalità di una vita “fortunata”, dove tutto è attutito e avvolto nel benessere materiale e nell’apatia verso la sofferenza degli altri. Si tratta invece del cammino di chi ha imparato a essere fedele all’invito che corrisponde al suo desiderio più profondo, anche se in questo viaggio deve non solo affrontare il dolore proprio, ma anche imparare a farsi carico di ciò che produce l’infelicità e la sofferenza di altri per offrire quanto meno la propria prossimità. Il problema maggiore, oggi, mi sembra rappresentato dall’ottundimento dei sentimenti e della coscienza, dalla pressione che spinge verso un conformismo nichilista che reputa inesistenti il bene e la felicità, mentre riserva molta deferenza al male. Se si considera l’universo mentale di chi si trova nella società odierna, si deve registrare il fatto che ogni giorno ciascuno di noi riceve, senza volerlo, migliaia di stimoli negativi che ci trattengono il cuore e la mente in uno stato di mortificazione. A tale situazione si resta presto assuefatti come se fosse una condizione normale. Il senso degli stimoli ricorrenti è sempre lo stesso: nulla ha davvero valore, vivere è sopravvivere finché si può, la felicità non esiste. In confronto, gli stimoli positivi, quelli che fanno respirare le persone, sono assai rari. La percezione del valore delle persone e della vita stessa, della solidarietà, della bellezza, della giustizia, della pace e della propria responsabilità per tutto questo si affievolisce e viene sepolta sotto una montagna di angoscia. Anche la bellezza della natura, che è come l’abbraccio di Dio aperto verso un’umanità di cui si attende il risveglio, resta disattesa e tradita. Così molti si scordano del futuro che li riguarda, perdono la consapevolezza di appartene- re alla storia comune dell’umanità, rimuovono l’idea di una salvezza possibile. Naturalmente in questa cultura della disperazione l’apertura alla relazione con Dio risulta compromessa: o la questione perde qualsiasi rilevanza e credibilità, oppure viene risolta aderendo alla religiosità convenzionale, senza pensare di cambiare vita e di contribuire attivamente a una storia liberata. Oggi le confessioni religiose sorte dalla tradizione biblica, l’ebraismo e il cristianesimo, danno prova per lo più soltanto di devozione nel culto e di adattamento alla situazione sociale e storica presente. La profezia sembra divenuta sconosciuta per loro da tanto tempo, al punto che questa parola viene ormai presa come un sinonimo della previsione di avvenimenti (più o meno catastrofici) che dovranno verificarsi. Perché i credenti accettano l’inaccettabile, perché sono disperati come tutti? Proviamo a rifare la strada, tornando alle sorgenti del credere, se credere significa accettare di cambiare vita e vivere con amore liberante in modo da portare alla luce il vero volto dell’umanità. Un’umanità talmente rinnovata da costituire il vero luogo storico di rivelazione di Dio. Obbedire solo alla felicità di Roberto Mancini - Edizioni Romena Prezzo € 6,00 - ISBN 9788889669594 In libreria o su www.romena.it Obbedire solo alla felicità non ha niente a che fare con l’egoismo o con l’edonismo; implica la scelta di elevare l’esistenza sino a ciò che la rende autentica e la trasforma in un dono per gli altri. Roberto Mancini 21 “La terra è la mia preghiera” di Massimo Orlandi È stato il padre dell’agricoltura biologica. Ma anche un uomo di fede, capace di far rivivere un monastero trecentesco. Il cammino di Gino Girolomoni è oggi raccontato da Massimo Orlandi in un libro che ci riguarda: perché la sua vita contiene insegnamenti che possono germogliare dentro ciascuno di noi. E perché il suo sguardo è uno sguardo profetico, che parla al presente, e continua ad aprire strade per il futuro. “Mangiare non è soltanto trasformare e cuocere il cibo: mangiare è dono, spiritualità, amicizia, fraternità, bellezza, calore, colore, sapienza, profumo, semplicità, compagnia”. Su una parete del punto di ristoro di Romena potete leggere questa frase. Rispecchia pienamente il motivo per cui, circa un anno fa, abbiamo deciso di aprire questo spazio. Ma è anche un modo per fare un omaggio all’autore di quella frase, Gino Girolomoni. Girolomoni non è mai stato a Romena. Ma ci conosceva. Più volte don Luigi era andato a trovarlo, al monastero di Montebello, nelle Marche, vicino Urbino, per carpire i segreti di quel suo essere contadino innamorato della terra, e per la sua capacità di trasmettere ai suoi prodotti quell’amore. La rotta di avvicinamento tra quel mondo contadino, che Gino aveva fatto rinascere nel segno della genuinità e del rispetto della terra, e la spiritualità di Romena, improntata su un desiderio di autenticità, era promettente. E se gli eventi della vita, la morte di Gino, nel marzo 2011, avevano momentaneamente interrotto quel percorso, oggi quel cammino di avvicinamento è ripreso grazie a un libro, “La terra è la mia preghiera” (Edizioni Emi, www.emi.it), nel quale il racconto della vita di Girolomoni diventa lievito prezioso di tanti temi molto presenti tra i viandanti di Romena: il valore delle radici, l’attenzione a custodire e coltivare il Creato, il bisogno di una fede viva, concreta, ma disgiunta dalla vita. La biografia, scritta dal nostro Massimo Orlandi, è il tessuto sul quale si posano le grandi do- Ascolta la presentazione del libro di Massimo Orlandi alla pagina Podcast di www.romena.it 22 mande della vita (Chi sei? In cosa credi? Qual è il tuo compito?), domande alle quali Gino offre le direzioni di risposta di un uomo che ha avuto il coraggio di credere nella vita, nei propri sogni e in Dio. Se non fosse stato così, non sarebbe stato possibile per lui, di umile famiglia, riuscire a costruire le premesse per tornare a chiamare la terra ‘madre’, smettendo di avvelenarla con pesticidi e diserbanti e facendo di tutto questo un’impresa, (inizialmente la cooperativa “Alce nero”, oggi “Girolomoni”), che produce ed esporta in tutto il mondo e stimolando la nascita di un settore, quello del biologico, che oggi in Italia conta cinquantamila addetti e un milione di ettari di terreni coltivati. Non solo, Gino ha realizzato la sua impresa di riportare la sua terra alla naturalità partendo da un presupposto di fede: la ricostruzione di un edificio religioso abbandonato. Il faro che illumina tutta la vicenda di Girolomoni è costituito dalla rinascita del monastero di Montebello, un’impresa compiuta non da un ordine religioso, ma da un monaco singolare, Gino, con la sua famiglia e i suoi amici. Insomma ci sono tanti stimoli preziosi in questa storia, la storia di un uomo, di un monaco, di un contadino, di un imprenditore, che con il suo sguardo profetico si rende presente, e ci invita a piantare semi di giustizia, di rispetto e di amore nella nostra vita. “In questo libro – ha scritto la nota attivista e scienziata indiana Vandana Shiva nell’introduzione – Massimo Orlandi racconta la vita di Gino Girolomoni con la capacità di chi riesce a parlare al cuore delle persone, trasmettendo l’essenza profonda della sua missione di pioniere dell’agricoltura biologica, paladino delle comunità locali e uomo dalle grandi passioni, testimone di un rapporto religioso con la terra e con la natura. Questo libro servirà a far capire a molti che non ne hanno mai sentito parlare, ma persino a molti che lo hanno conosciuto e non lo hanno capito fino in fondo, il senso straordinario e multicolore del suo messaggio.” Il giorno della presentazione de “La terra è la mia preghiera” a Romena sono arrivati i figli di Gino, il fratello, gli amici. Il ponte, a suo tempo iniziato con Gino, prosegue così la sua costruzione. Grazie a Montebello Romena riscopre le sue radici contadine e il bisogno di camminare nella direzione della fedeltà e dell’amore verso la terra e tutte le sue espressioni, consapevoli che anche ogni nostro piccolo cambiamento in questa direzione incoraggia la vita. “Io – diceva Gino – non penso che l’agricoltura biologica salverà il mondo, ma la pratico per non stare dalla parte di chi il mondo lo distrugge”. La terra è la mia preghiera Vita di Gino Girolomoni, padre del biologico di Massimo Orlandi - Editrice EMI Prezzo € 14,00 - ISBN 9788830722088 In libreria o su www.emi.it 23 Li no br vi o tà I giorni dello stupore Quest’anno nel cammino di Natale vi proponiamo un libro di un compagno speciale, don Angelo Casati. Un prete-poeta che scandisce con passione, delicatezza e bellezza tutti i momenti dell’Avvento e della Natività attraverso i suoi pensieri e le sue meditazioni. Chi ha portato in grembo un figlio lo sa. Conosce le ansie, le meraviglie, le fatiche, i sudori e lo stupore di quei nove mesi. Sa che la vita non nasce all’improvviso, ma che ha bisogno di un tempo per prepararsi. Un tempo di attesa. Un tempo in cui fuori niente sembra succedere e tutto invece accade, nel silenzioso intessersi delle cellule e nel buio fitto di un grembo. Chi ha aspettato un figlio lo sa. Sentirsi culla di un mistero che sta prendendo forma e sangue è cosa che sgomenta, che fa battere il cuore all’impazzata. Eppure, quando festeggiamo il Natale dimentichiamo che la nascita che celebriamo, proprio quella nascita, ha avuto bisogno anche lei di prepararsi, ha dato il tempo a chi 24 l’attendeva di stupirsi e sudare, di sentire stanchezze e gonfiori. “Non sono dal nulla le nascite”, ce lo sussurra dolcemente don Angelo e ci accompagna, quasi tenendoci per mano, a ripercorrere questa attesa di nascita. Ma il Natale che dovremmo festeggiare non è la vuota rievocazione di qualcosa ormai lontana nel tempo: il vero Natale, ci dice don Angelo, è quello che accade dentro di noi, nel grembo della nostra vita o, se volete, della nostra storia. Anche quello succede nel buio. Anche quello si verifica attraverso fatiche e meraviglie. E mai così all’improvviso. Ha bisogno di tempo la nascita e ha bisogno di spazio: “occorre un tempo per fare posto, nel pensiero e nella carne, a Dio.” Ripensare al Natale con questo libro significa ripensare al nostro essere “ruvida paglia”, la fragile realtà su cui Dio si appoggia e chiede protezione, significa chiederci se questo Dio bambino può sentirsi al sicuro tra le nostre mani, nel nostro cuore. Sarà prezioso questo libro per chi vuole vivere un Natale che non sia solo una data sul calendario, ma quello scandito al ritmo lento di un’attesa che prepara uno spuntare di fragilità: un Dio bambino non si era mai visto, eppure “il Verbo si fece carne. Notizia stupefacente: ciò che gli uomini della religione avevano in gran parte separato, Dio e il corpo, è sorprendentemente accaduto, non la separazione ma il congiungimento: Dio nella carne, nel corpo, nella storia come uno di noi. “ Fa festa allora la terra, quella stessa terra che sporca le mani, ma che pure si racchiude a scaldare un germoglio; fa festa la nostra terra di fragilità e debolezza, perché il Natale ci parla di un Dio che non ha paura di sporcarsi. “Ha percorso con amore le nostre strade: e perché non dovremmo con amore percorrerle noi? Ha creduto nell’uomo e nella donna, per quanto deboli e peccatori: e perché non dovremmo credere noi nell’uomo e nella donna così come sono?” Don Angelo ci porta più vicini a questo Dio: lo fa con parole discrete, profonde, facendoci provare il brivido e il calore di una tenerezza: la tenerezza verso un bambino caldo appena sgusciato dal ventre, lo stupore verso un Dio che si affida alle nostre mani, “come se volesse insegnare che la vita è consegnarsi a una promessa”. Angelo Casati I giorni dello stupore “Le nascite non sono dal nulla. Nemmeno quella di Gesù è dal nulla della terra. Vengono da una dimora nel grembo. Noi diciamo venne alla luce, come se da lì avessero inizio i giorni. Raramente indugiamo a pensare ai giorni in cui abbiamo dimorato nel grembo, ai pensieri, alle trepidazioni e anche alle fatiche da gonfiore che hanno accompagnato i nove mesi. In uno scambio reciproco, in trasformazioni lievi ma tenere dell’uno che è portato e dell’altra che porta. Raramente sosto a pensare alle fatiche di quando mia madre saliva scale ed io le pesavo dentro. Ai gradini, allora senza ascensori nella mia casa di Milano. Lei mi portava, forse anche mi parlava. Le sono grato per i nove mesi. Non so se a sua madre Gesù, qualche sera o qualche mattino, quando la luce tiene la timidezza di un intimo dialogare, abbia chiesto dei suoi nove mesi nel tepore. Se scalciava o se stava quieto in attesa. Non so se le abbia chiesto del fruscio dell’angelo e se lei gli abbia mai raccontato come pioveva quel giorno la luce tra le pareti di casa, una casa che si portava appresso l’umido delle pietre.” I giorni dello stupore di Angelo Casati - Edizioni Romena Prezzo € 10,00 - ISBN 9788889669587 In libreria o su www.romena.it 25 25 Na Romena atale I giorni dello stupore sono i giorni che ci portano verso una nascita: sono i giorni dell’attesa, del gonfiarsi del ventre, di una notte rischiarata da una stella. Sono i giorni in cui occorre fare posto a Dio. “I giorni dello stupore” è il titolo che abbiamo dato al cammino natalizio di quest’anno, lo stesso del libro di don Angelo Casati che idealmente ci accompagnerà. Saranno giorni di stupore, perché nell’ascolto, nel silenzio e nell’incontro anche noi tenteremo di farci grembo di un mistero che nasce. Il tempo di Avvento da vivere giorno per giorno Seguire i giorni che precedono il Natale con un cammino quotidiano. Fra Giorgio Bonati ci invita a viverli con riflessioni, video, canzoni. su www.romena.it 26 Mercatino di Natale 7 Domenica 8 14 Lunedì Domenica 21 Domenica Il punto ristoro e la libreria di Romena vi aspettano per il mercatino di Natale con tante proposte per piccoli pensieri natalizi nel segno della Fraternità. le Domeniche del Tempo di Natale 30 Novembre 7 Dicembre 8 Dicembre 14 Dicembre 21 Dicembre 24 Dicembre 25 Dicembre 28 Dicembre 4 Gennaio ore 15 Pier Luigi Ricci “Un Dio di carne” ore 15 M. Teresa Abignente “Il grembo di Dio” ore 15 Luigi Verdi “Nascerà un figlio” ore 15 Luca Buccheri “Noi, custodi di Dio” ore 15 Massimo Orlandi “Mistero di terra e stelle” ore 22:30 Messa ore 16:30 Messa Natale ore 15 Concerto di Natale Coro Strane Voci ore 15 Gianni Novello “Una luce nella notte” 27 A OV NU A LI G E V Dio e un bacio BRESCIA 19 gennaio 2015 BERGAMO 20 gennaio 2015 MILANO 21 gennaio 2015 CASALMAGGIORE (CR) 22 gennaio 2015 PIACENZA 23 gennaio 2015 SIENA 27 gennaio 2015 AREZZO 28 gennaio 2015 CATANIA 9 febbraio 2015 MODICA 10 febbraio 2015 RAGUSA 11 febbraio 2015 PALERMO 12 febbraio 2015 MESSINA 13 febbraio 2015 Centro Mater Divinae Gratiae - via Sant’Emiliano, 30 Chiesa dei Frati Cappuccini - via dei Cappuccini ore 21.00 ore 21.00 Parr. Beata Vergine Immacolata - Lavanderie di Segrate ore 21.00 Parr. S. Pietro Apostolo-Via Lamarmora, 1 - Vicomoscano ore 21.00 Parrocchia Santa Franca - P.zza Paolo VI, 1 ore 21.00 Parrocchia San Francesco all’Alberino Parrocchia San Marco Alla Sella Parrocchia SS. Pietro e Paolo - via Siena Chiesa di San Pietro - C.so Umberto 1º Parrocchia S. Pietro Apostolo, V. Lazio 89, Beddio Parr. San Gaetano - Brancaccio ore 21.00 ore 21.00 ore 20.30 ore 20.00 ore 19.00 Parr. S. Giacomo Maggiore Ap.- v. Buganza, Isolato 54 28 28 ore 20.00 ore 20.00 LE PIAGGE (FI) 18 febbraio 2015 LOCRI-ARDORE MARINA 23 febbraio 2015 CROTONE 24 febbraio 2015 LAMEZIA TERME 25 febbraio 2015 COSENZA 26 febbraio 2015 SCALEA (CS) 27 febbraio 2015 Comunità delle Piagge Parr. Santa Maria del Pozzo Parr. Sacro Cuore - Borgata S.Francesco Chiesa del Carmine - Sambiase Parr. di San Nicola - Via B. Serra Parr. San Nicola di Platea - Via S. Nicola ROVERETO Parrocchia di Santa Caterina - Frati Cappuccini ore 21.00 ore 19.30 ore 20.00 ore 19.30 ore 20.30 ore 19.00 9 marzo 2015 ore 21.00 VERONA 10 marzo 2015 MODENA 11 marzo 2015 IMOLA 12 marzo 2015 BOLOGNA 13 marzo 2015 NOCERA INFERIORE 13 aprile 2015 SALERNO 14 aprile 2015 NAPOLI 15 aprile 2015 CAMPOBASSO 16 aprile 2015 FONDI (LT) 17 aprile 2015 ROMA 27 aprile 2015 GROSSETO 28 aprile 2015 LIVORNO 29 aprile 2015 AULLA (MS) 30 aprile 2015 Parr. San Nicolò all’Arena - P.zza San Nicolò 13 Chiesa San Barnaba, Via Carteria, 108 Chiesa Santa Maria dei Servi - Piazza Mirri, 2 Chiesa San Vincenzo De Paoli - Via Ristori, 1 Parr. S.Maria del Presepe - P.zza Amendola Parrocchia Volto Santo - Via R.Cocchia Istituto Padri Salesiani-Via Scarlatti - Vomero Parr. S. Emidio V.M. - Monteverde di Bojano (CB) Monastero San Magno - Fondi Parrocchia San Frumenzio - via Cavriglia 8 Parrocchia San Giuseppe - Piazza Sauro 7 Parrocchia Sant’ Agostino - via Aldo Moro, 2 Parr. San Caprasio - Piazza Abbazia ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 20.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 ore 21.00 29 29 Agenda 2015 Tema di quest’anno Rischiare il coraggio “Dio è il Dio delle sorprese, rompe gli schemi. Se anche noi non sapremo rompere gli schemi non andremo avanti” Papa Francesco L’Agenda di Romena direttamente a casa tua Per richiederla scrivi una mail a [email protected] o telefona al nostro numero 0575.582060 * Spedizione gratuita per ordini di 2 o più copie Come un compagno di viaggio fedele l’agenda di Romena ci invita ad abbracciare ogni nostro nuovo giorno con uno spazio di riflessione e con proposte di lettura. Aforismi di artisti e pensatori, di uomini di fede, di cultura e di scienza alimentano il percorso quotidiano, come piccoli semi da far germogliare. Ogni domenica l’agenda propone il testo del Vangelo, con i commenti di Ermes Ronchi e Angelo Casati. Edizioni Romena - Pagine 284 - Prezzo € 14,00 - ISBN 978-88-89669-56-3 30 30 Annunci vari Corsi a tema Le paure che ci abitano 16-17-18 gennaio 2015 Quali paure abitano la nostra vita, togliendo spazio al nostro quotidiano e al nostro sogno? La paura della vita, della morte, degli altri, dell’amore, della libertà, di Dio. Ritroviamo insieme il coraggio di guardarle, la consapevolezza per affrontarle, la volontà per essere padroni della nostra vita. Il Perdono riapre il futuro 30-31 gennaio 1 febbraio 2015 Abbiamo bisogno del perdono per riaprire il futuro; occorre disarmare il meccanismo dell’odio, cercando di capire dove e perché nasce, per non diventare come ciò che odiamo. Per giungere a ringraziare quanto abbiamo vissuto e ci ha resi più forti. “Conta le stelle” dal 13 al 15 febbraio 2015 Come Abramo, prima di partire, fu invitato da Dio a guardare il cielo e contare le stelle, ad addentrarsi cioè nell’immensità, così forse anche noi dovremmo sollevare gli occhi e agganciarci all’infinito. (Questi incontri si terranno a Romena e si svolgeranno nei modi e tempi di tutti gli altri nostri corsi.) La libertà dei figli di Dio 20-21-22 febbraio 2015 La libertà di Gesù ha affascinato i nostri cuori, una libertà che chiede di non rifugiarsi in nidi o tane sicure, ma di rimanere sempre in cammino, che ci toglie dalla massa per consentirci di vivere la nostra unicità. La libertà è uno spazio che chiama, che ci costringe a ridefinire la nostra finitezza, a tracciare nuovi confini. Appuntamenti del Gruppo Famiglie 22 febbraio 2015 La fatica dell’amore 22 marzo 2015 Attenzione e tenerezza 12 aprile 2015 Prendersi tempo Per info e contatti [email protected] Per articoli, pubblicazioni delle Edizioni Romena, foto, audio degli incontri e altro ancora seguici su: www.romena.it Iscriviti alla nostra newsletter per essere aggiornato su tutti gli eventi organizzati dalla Fraternità. UN CONTRIBUTO: il giornalino è una pubblicazione gratuita e viene inviato a tutte le persone che hanno partecipato ai corsi di Romena o ne abbiano fatto richiesta. 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