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LEZIONE “I PRINCIPALI MODELLI DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA” PROF.SSA LUCIA MARTINIELLO Indice 1 Introduzione ............................................................................................................................... 3 2 Il modello matematico-informazionale .................................................................................... 7 2.1 I modelli di Schramm ................................................................................................................ 9 3 Il modello semiotico-informazionale ...................................................................................... 12 4 Il modello semiotico-testuale ................................................................................................... 15 Bibliografia ........................................................................................................................................ 19 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 20 1 Introduzione Accanto agli studi di matrice sociologica, un notevole contributo agli studi sui media è venuto dalle teorie della comunicazione. Si tratta di un contributo fondamentale, perché i limiti di molte teorie mediologiche sono anche legati all’utilizzo di modelli comunicativi rudimentali. La storia dei mezzi di comunicazione viene suddivisa per comodità espositiva in quattro macro-aree, legate a modelli comunicativi differenti: Figura 1 Le quattro aree determinanti della storia dei mezzi di comunicazione • Prima fase: dall’invenzione del telegrafo (1840) all’invenzione del telefono (1876); • Seconda fase: dall’invenzione del telefono alla prima trasmissione senza fili effettuata da Marconi (1895); • Terza fase: dalla prima trasmissione senza fili alla televisione (1947); 1 • Quarta fase: dalla televisione al largo impiego delle tecnologie digitali, in primis il computer (information and communication technology). 2 Nonostante tale schematizzazione risulti riduttiva, è importante notare come queste quattro aree di sviluppo tecnologico, contrassegnate da invenzioni epocali, determinino modalità rinnovate di comunicazione. 1 Il termine televisione è stato approvato dai delegati di 60 nazioni il 10 marzo 1947 durante la conferenza mondiale delle radiocomunicazioni di Atlantic City. In Italia, il 3 gennaio del 1954 cominciano le prime trasmissioni televisive dagli studi Rai. 2 Sorice M., Le comunicazioni di massa: storia, teorie, tecniche, Editori Riuniti, Roma, 2000, p. 38. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 20 Con l’invenzione del telegrafo, ad esempio, si ottiene la simultaneità dell’emissione e della ricezione del messaggio. Anche se lo scambio comunicativo è ancora lontano dalla nozione contemporanea di real time, il messaggio passa dall’emittente al ricevente in un tempo ridotto rispetto alle precedenti attese (si pensi ad esempio alla tradizionale missiva). La seconda fase è scandita dall’invenzione del telefono, un medium che continua ad avere implementazioni tecniche ed a stimolare modalità plurali di fruizione. Ed è proprio dagli studi ingegneristici nell’ambito della telefonia che si sviluppa il modello matematico-informazionale, che nonostante i suoi limiti, diventerà un modello cardine delle teorie della comunicazione. Con l’invenzione della televisione, si accelerano i flussi di informazione ed i processi comunicativi già avviati dal cinema, dai giornali e dalla radio. Il decollo del linguaggio televisivo avviene in corrispondenza della ricostruzione socio-economica del secondo dopoguerra. Prima della televisione degli anni Cinquanta, infatti, era evidente la distinzione tra «comunicazione di flusso» propria della radio e «comunicazione schermica» 3 relativa al cinema. Due modalità differenti di concepire cultura ed intrattenimento, successivamente fuse e rinnovate nell’ambito della convergenza televisiva. Infine, la quarta fase è sicuramente segnata dall’avvento del personal computer e di Internet, due strumenti che rivoluzionano il quadro interpretativo delle teorie della comunicazione, favorendo nuove modalità di scrittura/lettura 4 dei messaggi, incrementando inediti percorsi di fruizione ed inaugurando luoghi virtuali di relazione comunitaria. Tale breve schematizzazione consente, dunque, di comprendere come la diffusione di un particolare medium possa influenzare i modelli comunicativi socialmente condivisi e come questi ultimi si rinnovino attraverso la costruttiva dialettica «media versus società». La comunicazione, infatti, rappresenta la chiave d’accesso ad almeno quattro dimensioni della vita quotidiana: 3 • la dimensione informativa; • la dimensione relazionale; Cfr. Abruzzese A., Borrelli D., L’industria culturale. Tracce e immagini di un privilegio, Carrocci Editore, Roma 2000, pp. 201-229. 4 A questo proposito, Derrik De Kerckhove propone il neologismo wreading, inteso come contrazione dei termini writing (scrittura) e reading (lettura), nuova pratica d’azione consentita dalle nuove tecnologie. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 20 • la dimensione partecipativa; • la dimensione esplorativa 5 . La dimensione informativa riguarda l’accezione dell’evento-comunicazione in termini di scambio di notizie, trasmissione/ricezione di informazioni in una logica prevalentemente epistemica, indissolubilmente legata alla conoscenza. La dimensione relazionale individua la valenza della comunicazione come interazione e dialogo, chiamando in causa la sfera affettiva ed emotiva dell’individuo. La dimensione partecipativa, invece, recupera il significato originario della comunicazione come condivisione intima ed operativa di esperienze comuni, inserendosi in una logica rituale e commemorativa. Infine, la dimensione esplorativa definisce la comunicazione come strumento per incrementare l’esperienza, in un’ottica euristica della conoscenza. DIMENSIONE METAFORA DINAMICA COMUNICATIVA LOGICA Informazione Scambio Trasmissione/ricezione Epistemica Relazione Dialogo Relazione/interazione Affettiva Partecipazione Memoria Rappresentazione/riconoscimento Rituale Esplorazione Viaggio Spazio/tempo Euristica Tabella 1 Le quattro dimensioni della comunicazione In tal senso, la comunicazione è informazione, relazione, memoria e viaggio. Come è possibile, allora, ridurne la complessità al fine di studiarne le sfaccettature eterogenee? Sicuramente tale pluralità di ambiti impone una notevole semplificazione, al fine di comprendere i principali modelli comunicativi ai quali si fa riferimento nell’analisi mediatica. A questo proposito, è utile riproporre il notorio schema di Umberto Eco e Paolo Fabbri che si sviluppa attraverso l’analisi di tre modelli comunicativi: • 5 il modello matematico-informazionale, proposto da Shannon e Weaver; Pier Cesare Rivoltella, Teoria della comunicazione, Editrice La Scuola, Brescia, 2004, p. 50. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 20 • il modello semiotico-informazionale, che tiene conto dei processi di codifica e decodifica in atto nella comunicazione del messaggio; • il modello semiotico-testuale, capace di rendere ragione dei tratti specifici della comunicazione mediale 6 . Quest’ultimo, in particolare, collocabile nella seconda metà degli anni Settanta del Novecento, apre ormai alla ricerca attuale sui media. 6 Eco U., Fabbri P., Prima proposta per un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione/pubblico, Istituto di Etnologia e Antropologia Culturale, Perugia, 1965. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 20 2 Il modello matematico-informazionale Nel 1948 Claude Elwood Shannon, un ingegnere elettronico dei Bell Laboratories, pubblica il saggio The Mathematical Theory of Communication, ampliato l’anno successivo dall’arguta prefazione di Warren Weaver, illustre ricercatore dell’Università dell’Illinois. Shannon tenta di ottenere la riproduzione ideale di un messaggio telefonico da un emittente ad un trasmittente attraverso un canale, con il minimo di distorsione e con la massima economia di tempo e risorse. Gli ingegneri, dunque, cercano soluzioni efficaci all’ottimizzazione della comunicazione telefonica e, a questo scopo, teorizzano uno schema lineare della conversazione, che esprime il processo di trasferimento delle unità informative da una fonte ad un apparecchio ricettore. A tale proposito si ricordi che, poco più di un decennio prima, il matematico inglese Alan Turing aveva ipotizzato una macchina per trasferire l’informazione, utilizzando unità selettive, ideando il principio di funzionamento del calcolatore. Negli studi di Shannon è evidente sia l’influenza delle sperimentazioni del matematico inglese, sia l’eredità di Norbert Wiener, padre fondatore della cibernetica, nonché docente dello stesso Shannon. Il modello di Shannon e Weaver è stato prontamente assorbito dalle scienze umane, grazie alla sua facilità d’uso e alla concezione erronea di neutralità dell’informazione. Figura 2 Il modello di Shannon e Weaver Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 20 Come si evince dallo schema, la fonte dell’informazione elabora un messaggio che viaggia da un apparecchio trasmittente, attraverso un canale, fino ad un apparecchio ricevente, per raggiungere il destinatario. I significati dei segnali veicolati non vengono presi in considerazione, in quanto per Shannon e Weaver acquista importanza solo il meccanismo trasmissivo. Per ottimizzare la comunicazione, è necessario aumentare la ridondanza del segnale. Logicamente, però, il concetto di ridondanza è inversamente proporzionale a quello di informazione: maggiore è la ripetizione del segnale – e del rispettivo messaggio – minore è l’informazione veicolata (viene ripetuta, infatti, sempre la stessa informazione) 7 . Il modello matematico-informazionale, dunque, presenta numerosi limiti: la neutralità dell’informazione, la totale assenza di feedback tra i partecipanti, l’asimmetria dei ruoli e la mancata analisi del contesto di riferimento. Nonostante la parzialità del modello, definito da alcuni autori modello postale della comunicazione a causa della sua incompletezza, le teorizzazioni di Shannon e Weaver hanno svolto un ruolo di primaria importanza per lo sviluppo scientifico delle teorie della comunicazione, connotandosi come modello iniziale di un processo che ha condotto al suo superamento. Questo schema analitico costituisce una presenza costante negli studi comunicativi in quanto è applicabile a fenomeni molto diversi tra loro. Esso, infatti, funziona anche in considerazione di un flusso informativo tra: 7 • due macchine; • due esseri umani; • una macchina e un essere umano 8 . Secondo Pier Cesare Rivoltella, per informazioni si intende in senso tecnico non il contenuto di un messaggio, ma la misura della prevenzione del segnale, cioè il numero di scelte che esso presenta per chi lo invia. Strettamente connessi al concetto di informazione sono le nozioni di ridondanza e di entropia. Un messaggio è ridondante quando presenta un alto grado di prevedibilità, è entropico quando ne presenta uno basso. 8 Nel saggio La struttura assente. La ricerca semiotica e il metodo strutturale, Bompiani, Milano, 1985, pp. 17 e ss. Umberto Eco analizza un sistema semplicissimo che prevede di mettere in rapporto due apparati meccanici. Seguendo questa schematizzazione, l’autore spiega l’esistenza di due grandi blocchi teorici nell’ambito della semiotica generale: da un lato l’analisi del passaggio dell’informazione come processo trasmissivo (idealmente tra due macchine), dall’altro l’universo della significazione umana. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 20 Privilegiando l’aspetto del trasferimento dell’informazione rispetto a quello della trasformazione da un sistema all’altro, la teoria informazionale è sostanzialmente incentrata sul problema della trasmissione del segnale fisico. Proprio per questo, è possibile notare come il modello matematico-informazionale è sostanzialmente solidale con la teoria ipodermica, non considerando alcuna forma di mediazione tra il messaggio e il destinatario. Secondo Wolf il successo del modello comunicativo della teoria dell’informazione può essere rintracciato secondo tre aspetti principali: • il primo riguarda la diffusione del modello informazionale oltre l’ambito specifico in cui era sorto; • il secondo riguarda invece la funzionalità di questo modello rispetto al tema principale delle ricerche sulle comunicazioni di massa e cioè quello degli effetti; • il terzo è da ricercarsi nel generale orientamento sociologico che assume al proprio interno un modello di comunicazione determinato dagli apparati produttivi dell’industria culturale e per ciò orientato ad una capitalizzazione dell’informazione veicolata. 2.1 I modelli di Schramm Di derivazione informazionale è il modello elaborato nel 1954 da Wilburn Schramm 9 , il quale ripropone in chiave sociologica la schematizzazione di Shannon e Weaver. Il merito di questo modello, sebbene poco noto, è la considerazione della complessità del processo comunicativo: Schramm, infatti, introduce una rilevante attenzione al contesto sociale in cui si realizza la comunicazione. Le teorizzazioni di Schramm si sviluppano attraverso tre tappe, le quali ampliano progressivamente il modello originario, determinandone tre varianti. 9 Tra gli altri modelli di derivazione informazionale, si ricordino anche il modello di Newcomb formulato nel 1953 e il modello di Gerbner del 1956. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 20 La formulazione iniziale mantiene sostanzialmente inalterate le caratteristiche di linearità e di unidirezionalità della schematizzazione di Shannon e Weaver, aggiungendo i concetti di codifica e decodifica del messaggio. Figura 3 La prima evoluzione del modello di Schramm Come si evince dal seguente schema, il secondo modello individua nel segnale il punto di intersezione tra i campi di esperienza di emittente e destinatario, messi in gioco nella situazione comunicativa: si verifica così una parziale sovrapposizione della fonte e del destinatario. Figura 4 La seconda evoluzione del modello di Schramm L’ultima evoluzione del modello raddoppia specularmente un percorso semicircolare, introducendo un’attività operativa non meramente meccanica. Il feedback è tuttavia introdotto soltanto mediante la duplicazione del messaggio. Tra il segnale e il linguaggio si pone, pertanto, la necessità dell’interpretazione, di un’attività cioè che trasformi il pensiero in parole (dal punto di vista dell’emittente) e le parole ascoltate in pensiero (dal punto di vista dal ricevente). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 20 Figura 5 La terza evoluzione del modello di Schramm Nel settore delle comunicazioni di massa, la nozione di interprete risulta estremamente utile per emergere da una visione deterministica del pubblico. Infine, l’evoluzione del modello di Schramm è fondamentale per comprendere il percorso evolutivo delle scienze della comunicazione nel corso di un trentennio: da una concezione puramente trasmissiva all’attenzione al contesto sociale, fino allo studio delle capacità di ricostruzione significativa dei contenuti da parte dei destinatari. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 20 3 Il modello semiotico-informazionale Secondo Ugo Volli, l’importanza della disciplina semiotica è da individuarsi nel primo assioma della comunicazione, ipotizzato da Watzlawick, Beavin e Jackson 10 secondo il quale non si può non comunicare. «Ogni persona, ogni oggetto, ogni elemento naturale o artificiale del nostro paesaggio, ogni forza o organizzazione comunicano continuamente» 11 . La semiotica è stata a lungo indicata come la scienza dei segni, connotandola come disciplina sull’organizzazione strutturale dei segni e delle loro relazioni. Da poco meno di un ventennio, grazie all’opera di illustri studiosi come Roland Barthes, Umberto Eco e Algirdas Julien Greimas, la semiotica è stata più correttamente definita come «la scienza che studia i segni, i meccanismi di significazione e di costruzione del senso, nonché i processi di comunicazione» 12 . Alla metà degli anni Sessanta, Umberto Eco e Paolo Fabbri elaborarono un modello di impianto semiotico sulla base delle teorizzazioni del modello matematico-informazionale. Più complesso e pertanto più adeguato a rendere ragione della produzione di senso innescata dai messaggi mediali, tale modello semiotico-informazionale considera anche le operazioni di codifica e decodifica del messaggio attraverso codici e sottocodici; la presenza di tali elementi, infatti, consente di rendere ragione in modo più adeguato della varietà e della complessità del processo di attribuzione del significato. In particolare, il destinatario non è più inteso nel ruolo di ricevente passivo di messaggi inviati da una fonte autorevole, bensì polo comunicativo capace di operare scelte e trasformare contenuti. L’informazione, inoltre, non rimane costante durante l’intero processo comunicativo, ma si trasforma continuamente attraverso le continue traduzioni di codifica e decodifica. Infine, il codice non è uniforme e comune, in quanto emittente e ricevente possono avere bagagli socio-culturali differenti che influenzano la comprensione e lo scambio dei messaggi. 10 Watzlawick P., Beavin J., Jackson D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Milano, 1971. 11 Volli U., Manuale di semiotica, Laterza, Roma, 2000, p. 6. 12 Sorice M., Le comunicazioni di massa: storia, teorie, tecniche, Editori Riuniti, Roma, 2000, p. 51. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 20 Durante l’operazione di codifica del messaggio possono intervenire anche specifici sottocodici da parte dell’emittente: il messaggio giunge come significante al destinatario, che, di nuovo attraverso codici ed eventuali sottocodici, gli attribuisce un significato. La comunicazione, allora, non è un processo sterile di trasferimento di messaggi, bensì una trasformazione creativa da un sistema all’altro, garantita dall’esistenza di un codice ricco di elementi semantici. In tal senso, sul processo comunicativo si struttura la significazione e la comunicazione si evidenzia come processo negoziale. La nozione di negoziazione consente di introdurre due ulteriori variabili: • l’articolazione e la pluralità dei codici; • il contesto comunicativo, cioè il luogo e le condizioni in cui avviene il processo di trasformazioni dei significati. Nel modello proposta da Eco e Fabbri, non è possibile sovrapporre aprioristicamente la corretta comprensione con le intenzioni dell’emittente, proprio per la problematicità del codice. Pertanto, il problema della trasformazione nel modello semiotico-informazionale è un problema che si gioca tutto sul piano dei codici e dei sottocodici: data una possibile disparità di codici, si possono avere delle situazioni in cui si verifica una codifica aberrante, cioè il messaggio trasmesso secondo le intenzioni del committente viene trasformato in qualche cosa d’altro. Figura 6 Il modello semiotico-informazionale di Eco e Fabbri Questi studiosi fanno notare che le ragioni che possono celarsi dietro questa trasformazione scorretta possono essere: • incomprensione del messaggio per totale carenza di codici. In questo caso il messaggio resta un segnale fisico non decodificato, oppure rumore. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 20 • incomprensione del messaggio per disparità di codici. Questa eventualità rimanda a differenti competenze linguistiche, nel senso che è possibile tradurre le informazioni veicolate, attribuendo loro significati che sono diversi dall’intenzione dell’autore (per esempio perché il ricevente non sa cosa significa una certa parola). • incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali, cioè il caso in cui ci sia l’intenzione da parte del ricevente di trasformare i messaggio originale in qualche cosa di altro per ragioni ch possono essere per esempio di natura ideologica • rifiuto del messaggio per delegittimazione dell’emittente. In questo caso non si riconosce lo status dell’emittente per cui semplicemente il contenuto dell’informazione viene rifiutato tout court. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 20 4 Il modello semiotico-testuale Durante gli anni Settanta, numerosi studiosi notano la sostanziale inadeguatezza della nozione di messaggio ad esaurire i possibili contenuti della comunicazione. Grazie a Greimas da un lato e ad Eco dall’altro, si pone una maggiore attenzione all’analisi degli scambi comunicativi ed alle trasformazioni negoziali. La risposta a tale inadeguatezza è l’introduzione del concetto di testo, che costituisce una delle grandi innovazioni in ambito semiotico. Le letture fondamentali che sono state storicamente fornite al concetto di testo sono tre. C’è innanzitutto una lettura tradizionale che privilegia la dimensione scritta, rimandando ad un corpo fisico (il libro, il giornale, il graffito). In questo caso è evidente l’influenza della tradizione culturale occidentale logocentrica 13 , in cui la scrittura si è progressivamente affermata come modalità analitica per fissare, ordinare e trasmettere la conoscenza. Con l’avvento della linguistica testuale, la parola testo vive un processo di espansione del suo significato dalla dimensione scritta, a quella orale 14 . In tal senso, i processi di produzione della parola diventano per gli studiosi molto interessanti: al di là dell’associazione significantesignificato, intervengono numerosi fattori che non possono essere sempre immediatamente classificati e compresi, se non attraverso una lunga osservazione ed analisi. Si pensi ad esempio agli aspetti metalinguistici, all’influenza dei contesti, alla disomogeneità dei codici, alla comunicazione non verbale, alla pragmatica e alla prossemica. Proprio per questo si parla di una terza evoluzione del testo, inteso come sistema di enunciati complessi, dove per enunciato si intende l’oggetto della comunicazione nella sua stratificazione eterogenea ed indefinita. In questo senso, l’emittente diventa un enunciatore ed il ricevente un enunciatario 15 . Il testo è un ingranaggio complesso e stratificato, centrato su diverse sostanze espressive e su molteplici codici. Se il messaggio nelle precedenti schematizzazioni esauriva la significazione in 13 Derrida J., La scrittura e la differenza, trad. it. di G. Pozzi, Einaudi, Torino 1971. 14 Si può considerare Hjelmslev il principale responsabile di questo cambiamento. Si veda il saggio I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1968. 15 A questo proposito, alcuni studiosi hanno considerato un’ennesima variazione del modello semiotico-testuale, in un modello semiotico-enunciazionale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 20 rapporto al codice, nel testo la significazione ingloba anche le presupposizioni, le argomentazioni implicite, la comunicazione visiva e non verbale. In altri termini, nel testo viene ricapitolato tutto il processo del circuito comunicativo. In pratica, come hanno evidenziato molti studiosi di linguistica 16 , la ricerca è passata dalla concezione del testo come concatenazione di unità linguistiche, a quella più utile di testo come unità comunicativa. Ciò significa che il testo non è più valutabile come un blocco unico di contenuti, bensì come apertura di potenziali dimensioni interpretative. Lo sviluppo della nozione di testo negli studi mediologici ha favorito la nascita del modello semiotico-testuale. Tale modello assume che i destinatari: • ricevono non singoli messaggi riconoscibili, ma insiemi testuali; • non commisurano i messaggi a codici riconoscibili come tali, ma ad insiemi di pratiche testuali; • non ricevono mai un solo messaggio, bensì ne ricevono molti, sia in senso sincronico che in senso diacronico. Pertanto si può dire che i destinatari dei messaggi mediali attribuiscono significato ai messaggi ricevuti come significanti non tanto applicando un codice prestabilito, quanto a partire da schemi elaborati sull’esperienza pregressa di altri testi mediali. A questo proposito occorre notare, incidentalmente, che anche la cultura degli emittenti mediali è prevalentemente di carattere testualizzato: non si basa tanto sulla padronanza di codici, quanto sull’uso di ricette e formule assestate, derivanti dal mestiere e dalla tradizione professionale. La ricezione di insiemi di pratiche testuali implica la distinzione tra: • cultura grammaticalizzata, ossia la cultura colta che definisce cioè le proprie regole di produzione; • la cultura testualizzata, ossia la cultura delle comunicazioni di massa. 16 Cfr. Bertuccelli Papi M., Che cos’è la pragmatica, Bompiani, Milano, 1993. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 20 Mettiamo in relazione questi modelli: MODELLO FINE EFFETTO Matematico dell’informazione efficienza trasferimento Semiotico-informazionale efficacia trasformazione Semiotico-testuale efficacia interpretazione Tabella 2 Confronto tra i tre principali modelli comunicativi I due parametri sono il fine e l’effetto. In un caso il fine è l’efficienza, intesa come possibilità che un sistema funzioni nel miglior modo possibile. Negli altri due casi c’è invece un problema di efficacia, cioè un problema per cui il messaggio che viene trasmesso deve essere ottenere la maggiore corrispondenza tra fonte e destinatario. Mentre nel primo caso del modello matematico dell’informazione, l’attenzione è posta soprattutto sul corretto funzionamento del mezzo attraverso il quale viaggia il segnale, cioè l’informazione, negli altri due casi l’attenzione è spostata su un altro problema che sostanzialmente è quello della corrispondenza di codici. Rispetto all’effetto parleremo nel caso del modello matematico dell’informazione di trasmissione cioè di trasferimento delle informazioni; nel caso del modello semioticoinformazionale parleremo di trasformazione e nel caso del modello semiotico-testuale, invece parleremo di interpretazione cioè di traduzione. In definitiva, i destinatari – che ricevono una molteplicità di messaggi sia in senso diacronico che sincronico – non si scambiano semplicemente informazioni bensì insiemi testuali; gli strumenti che guidano l’interpretazione non sono più solo i codici, bensì sistemi di pratiche testuali. La asimmetria tra emittente e ricevente viene ulteriormente attenuata: la competenza comunicativa dei partecipanti alla comunicazione non si connette solo al loro patrimonio conoscitivo, ma anche alla loro capacità di anticipare la comprensione del testo. L’attenuazione dell’asimmetria fra emittente e ricevente è sorretta anche dalla teoria della cooperazione interpretativa, formulata da Umberto Eco17 : la comprensione del testo dipende dall’incontro tra gli universi semiotici di emittente e ricevente. 17 Eco U., Lector in fabula, Bompiani, Milano, 1979. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 20 In questa prospettiva ogni tipo di messaggio è assimilabile alla nozione di testo: un film, un programma televisivo, l’informazione giornalistica, una canzone, una conversazione tra due persone. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 20 Bibliografia • AA. VV., Le comunicazioni di massa. Teorie, contenuti, effetti, Carocci Editore, Roma, 2006. • Abruzzese A., Borrelli D., L’industria culturale. Tracce e immagini di un privilegio, Carrocci Editore, Roma 2000. • Baldini M., Storia della comunicazione, Newton Compton editori, Roma 1995. • Bedeschi G., Introduzione alla Scuola di Francoforte, Laterza, Roma-Bari 1985. • Bentivegna S., Teorie delle comunicazioni di massa, Laterza, Roma, 2003. • Bertuccelli Papi M., Che cos’è la pragmatica, Bompiani, Milano, 1993. • Bettetini G., Teoria della comunicazione, Bompiani, Milano 1984. • Ciotti F., Roncaglia G., Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, Laterza, Roma, 2000. • Eco U., La struttura assente. La ricerca semiotica e il metodo strutturale, Bompiani, Milano, 1985 • Eco U., Fabbri P., Prima proposta per un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione/pubblico, Istituto di Etnologia e Antropologia Culturale, Perugia, 1965. • Gensini S. (a cura di), Manuale di comunicazione, Carocci, Roma, 2004. • Hjelmslev L., I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1968. • Livolsi E., Manuale di sociologia della comunicazione, Laterza, Roma, 2003. • Losito G., Il potere del pubblico. La fruizione di comunicazione di massa, Carrocci Editore, Roma, 2003. • McQuail D., Sociologia dei media, Il Mulino, Bologna 1996. • Moores Shaun, Il consumo dei media, Il mulino, Bologna, 1998. • Morin E., L’industria culturale, Il Mulino, Bologna 1963. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 20 • Sorice M., Le comunicazioni di massa: storia, teorie, tecniche, Editori Riuniti, Roma, 2000. • Pier Cesare Rivoltella, Teoria della comunicazione, Editrice La Scuola, Brescia, 2004. • Watzlawick P., Beavin J., Jackson D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Milano, 1971. • Wolf M., Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano, 1985. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 20