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lezione “i principali modelli della comunicazione di massa prof .ssa
LEZIONE
“I PRINCIPALI MODELLI DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA”
PROF.SSA LUCIA MARTINIELLO
Indice
1 Introduzione ............................................................................................................................... 3 2 Il modello matematico-informazionale .................................................................................... 7 2.1 I modelli di Schramm ................................................................................................................ 9 3 Il modello semiotico-informazionale ...................................................................................... 12 4 Il modello semiotico-testuale ................................................................................................... 15 Bibliografia ........................................................................................................................................ 19 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Introduzione
Accanto agli studi di matrice sociologica, un notevole contributo agli studi sui media è venuto
dalle teorie della comunicazione. Si tratta di un contributo fondamentale, perché i limiti di molte
teorie mediologiche sono anche legati all’utilizzo di modelli comunicativi rudimentali.
La storia dei mezzi di comunicazione viene suddivisa per comodità espositiva in quattro
macro-aree, legate a modelli comunicativi differenti:
Figura 1 Le quattro aree determinanti della storia dei mezzi di comunicazione
• Prima fase: dall’invenzione del telegrafo (1840) all’invenzione del telefono (1876);
• Seconda fase: dall’invenzione del telefono alla prima trasmissione senza fili effettuata da
Marconi (1895);
• Terza fase: dalla prima trasmissione senza fili alla televisione (1947); 1
• Quarta fase: dalla televisione al largo impiego delle tecnologie digitali, in primis il
computer (information and communication technology). 2
Nonostante tale schematizzazione risulti riduttiva, è importante notare come queste quattro
aree di sviluppo tecnologico, contrassegnate da invenzioni epocali, determinino modalità rinnovate
di comunicazione.
1
Il termine televisione è stato approvato dai delegati di 60 nazioni il 10 marzo 1947 durante la conferenza mondiale
delle radiocomunicazioni di Atlantic City. In Italia, il 3 gennaio del 1954 cominciano le prime trasmissioni televisive
dagli studi Rai.
2
Sorice M., Le comunicazioni di massa: storia, teorie, tecniche, Editori Riuniti, Roma, 2000, p. 38.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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Con l’invenzione del telegrafo, ad esempio, si ottiene la simultaneità dell’emissione e della
ricezione del messaggio. Anche se lo scambio comunicativo è ancora lontano dalla nozione
contemporanea di real time, il messaggio passa dall’emittente al ricevente in un tempo ridotto
rispetto alle precedenti attese (si pensi ad esempio alla tradizionale missiva).
La seconda fase è scandita dall’invenzione del telefono, un medium che continua ad avere
implementazioni tecniche ed a stimolare modalità plurali di fruizione. Ed è proprio dagli studi
ingegneristici nell’ambito della telefonia che si sviluppa il modello matematico-informazionale, che
nonostante i suoi limiti, diventerà un modello cardine delle teorie della comunicazione.
Con l’invenzione della televisione, si accelerano i flussi di informazione ed i processi
comunicativi già avviati dal cinema, dai giornali e dalla radio. Il decollo del linguaggio televisivo
avviene in corrispondenza della ricostruzione socio-economica del secondo dopoguerra. Prima della
televisione degli anni Cinquanta, infatti, era evidente la distinzione tra «comunicazione di flusso»
propria della radio e «comunicazione schermica» 3 relativa al cinema. Due modalità differenti di
concepire cultura ed intrattenimento, successivamente fuse e rinnovate nell’ambito della
convergenza televisiva.
Infine, la quarta fase è sicuramente segnata dall’avvento del personal computer e di Internet,
due strumenti che rivoluzionano il quadro interpretativo delle teorie della comunicazione, favorendo
nuove modalità di scrittura/lettura 4 dei messaggi, incrementando inediti percorsi di fruizione ed
inaugurando luoghi virtuali di relazione comunitaria.
Tale breve schematizzazione consente, dunque, di comprendere come la diffusione di un
particolare medium possa influenzare i modelli comunicativi socialmente condivisi e come questi
ultimi si rinnovino attraverso la costruttiva dialettica «media versus società».
La comunicazione, infatti, rappresenta la chiave d’accesso ad almeno quattro dimensioni della
vita quotidiana:
3
•
la dimensione informativa;
•
la dimensione relazionale;
Cfr. Abruzzese A., Borrelli D., L’industria culturale. Tracce e immagini di un privilegio, Carrocci Editore, Roma
2000, pp. 201-229.
4
A questo proposito, Derrik De Kerckhove propone il neologismo wreading, inteso come contrazione dei termini
writing (scrittura) e reading (lettura), nuova pratica d’azione consentita dalle nuove tecnologie.
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•
la dimensione partecipativa;
•
la dimensione esplorativa 5 .
La dimensione informativa riguarda l’accezione dell’evento-comunicazione in termini di
scambio di notizie, trasmissione/ricezione di informazioni in una logica prevalentemente
epistemica, indissolubilmente legata alla conoscenza.
La dimensione relazionale individua la valenza della comunicazione come interazione e
dialogo, chiamando in causa la sfera affettiva ed emotiva dell’individuo.
La dimensione partecipativa, invece, recupera il significato originario della comunicazione
come condivisione intima ed operativa di esperienze comuni, inserendosi in una logica rituale e
commemorativa.
Infine, la dimensione esplorativa definisce la comunicazione come strumento per
incrementare l’esperienza, in un’ottica euristica della conoscenza.
DIMENSIONE
METAFORA
DINAMICA COMUNICATIVA
LOGICA
Informazione
Scambio
Trasmissione/ricezione
Epistemica
Relazione
Dialogo
Relazione/interazione
Affettiva
Partecipazione
Memoria
Rappresentazione/riconoscimento
Rituale
Esplorazione
Viaggio
Spazio/tempo
Euristica
Tabella 1 Le quattro dimensioni della comunicazione
In tal senso, la comunicazione è informazione, relazione, memoria e viaggio. Come è
possibile, allora, ridurne la complessità al fine di studiarne le sfaccettature eterogenee?
Sicuramente tale pluralità di ambiti impone una notevole semplificazione, al fine di
comprendere i principali modelli comunicativi ai quali si fa riferimento nell’analisi mediatica. A
questo proposito, è utile riproporre il notorio schema di Umberto Eco e Paolo Fabbri che si sviluppa
attraverso l’analisi di tre modelli comunicativi:
•
5
il modello matematico-informazionale, proposto da Shannon e Weaver;
Pier Cesare Rivoltella, Teoria della comunicazione, Editrice La Scuola, Brescia, 2004, p. 50.
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•
il modello semiotico-informazionale, che tiene conto dei processi di codifica e
decodifica in atto nella comunicazione del messaggio;
•
il modello semiotico-testuale, capace di rendere ragione dei tratti specifici della
comunicazione mediale 6 . Quest’ultimo, in particolare, collocabile nella seconda metà
degli anni Settanta del Novecento, apre ormai alla ricerca attuale sui media.
6
Eco U., Fabbri P., Prima proposta per un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione/pubblico,
Istituto di Etnologia e Antropologia Culturale, Perugia, 1965.
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2 Il modello matematico-informazionale
Nel 1948 Claude Elwood Shannon, un ingegnere elettronico dei Bell Laboratories, pubblica il
saggio The Mathematical Theory of Communication, ampliato l’anno successivo dall’arguta
prefazione di Warren Weaver, illustre ricercatore dell’Università dell’Illinois.
Shannon tenta di ottenere la riproduzione ideale di un messaggio telefonico da un emittente ad
un trasmittente attraverso un canale, con il minimo di distorsione e con la massima economia di
tempo e risorse. Gli ingegneri, dunque, cercano soluzioni efficaci all’ottimizzazione della
comunicazione telefonica e, a questo scopo, teorizzano uno schema lineare della conversazione, che
esprime il processo di trasferimento delle unità informative da una fonte ad un apparecchio
ricettore.
A tale proposito si ricordi che, poco più di un decennio prima, il matematico inglese Alan
Turing aveva ipotizzato una macchina per trasferire l’informazione, utilizzando unità selettive,
ideando il principio di funzionamento del calcolatore. Negli studi di Shannon è evidente sia
l’influenza delle sperimentazioni del matematico inglese, sia l’eredità di Norbert Wiener, padre
fondatore della cibernetica, nonché docente dello stesso Shannon.
Il modello di Shannon e Weaver è stato prontamente assorbito dalle scienze umane, grazie
alla sua facilità d’uso e alla concezione erronea di neutralità dell’informazione.
Figura 2 Il modello di Shannon e Weaver
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Come si evince dallo schema, la fonte dell’informazione elabora un messaggio che viaggia da
un apparecchio trasmittente, attraverso un canale, fino ad un apparecchio ricevente, per raggiungere
il destinatario. I significati dei segnali veicolati non vengono presi in considerazione, in quanto per
Shannon e Weaver acquista importanza solo il meccanismo trasmissivo.
Per ottimizzare la comunicazione, è necessario aumentare la ridondanza del segnale.
Logicamente, però, il concetto di ridondanza è inversamente proporzionale a quello di
informazione: maggiore è la ripetizione del segnale – e del rispettivo messaggio – minore è
l’informazione veicolata (viene ripetuta, infatti, sempre la stessa informazione) 7 .
Il modello matematico-informazionale, dunque, presenta numerosi limiti: la neutralità
dell’informazione, la totale assenza di feedback tra i partecipanti, l’asimmetria dei ruoli e la
mancata analisi del contesto di riferimento.
Nonostante la parzialità del modello, definito da alcuni autori modello postale della
comunicazione a causa della sua incompletezza, le teorizzazioni di Shannon e Weaver hanno svolto
un ruolo di primaria importanza per lo sviluppo scientifico delle teorie della comunicazione,
connotandosi come modello iniziale di un processo che ha condotto al suo superamento.
Questo schema analitico costituisce una presenza costante negli studi comunicativi in quanto
è applicabile a fenomeni molto diversi tra loro. Esso, infatti, funziona anche in considerazione di un
flusso informativo tra:
7
•
due macchine;
•
due esseri umani;
•
una macchina e un essere umano 8 .
Secondo Pier Cesare Rivoltella, per informazioni si intende in senso tecnico non il contenuto di un messaggio, ma la
misura della prevenzione del segnale, cioè il numero di scelte che esso presenta per chi lo invia. Strettamente connessi
al concetto di informazione sono le nozioni di ridondanza e di entropia. Un messaggio è ridondante quando presenta un
alto grado di prevedibilità, è entropico quando ne presenta uno basso.
8
Nel saggio La struttura assente. La ricerca semiotica e il metodo strutturale, Bompiani, Milano, 1985, pp. 17 e ss.
Umberto Eco analizza un sistema semplicissimo che prevede di mettere in rapporto due apparati meccanici. Seguendo
questa schematizzazione, l’autore spiega l’esistenza di due grandi blocchi teorici nell’ambito della semiotica generale:
da un lato l’analisi del passaggio dell’informazione come processo trasmissivo (idealmente tra due macchine), dall’altro
l’universo della significazione umana.
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Privilegiando l’aspetto del trasferimento dell’informazione rispetto a quello della
trasformazione da un sistema all’altro, la teoria informazionale è sostanzialmente incentrata sul
problema della trasmissione del segnale fisico. Proprio per questo, è possibile notare come il
modello matematico-informazionale è sostanzialmente solidale con la teoria ipodermica, non
considerando alcuna forma di mediazione tra il messaggio e il destinatario.
Secondo Wolf il successo del modello comunicativo della teoria dell’informazione può essere
rintracciato secondo tre aspetti principali:
•
il primo riguarda la diffusione del modello informazionale oltre l’ambito specifico in
cui era sorto;
•
il secondo riguarda invece la funzionalità di questo modello rispetto al tema principale
delle ricerche sulle comunicazioni di massa e cioè quello degli effetti;
•
il terzo è da ricercarsi nel generale orientamento sociologico che assume al proprio
interno un modello di comunicazione determinato dagli apparati produttivi
dell’industria culturale e per ciò orientato ad una capitalizzazione dell’informazione
veicolata.
2.1 I modelli di Schramm
Di derivazione informazionale è il modello elaborato nel 1954 da Wilburn Schramm 9 , il quale
ripropone in chiave sociologica la schematizzazione di Shannon e Weaver. Il merito di questo
modello, sebbene poco noto, è la considerazione della complessità del processo comunicativo:
Schramm, infatti, introduce una rilevante attenzione al contesto sociale in cui si realizza la
comunicazione.
Le teorizzazioni di Schramm si sviluppano attraverso tre tappe, le quali ampliano
progressivamente il modello originario, determinandone tre varianti.
9
Tra gli altri modelli di derivazione informazionale, si ricordino anche il modello di Newcomb formulato nel 1953 e il
modello di Gerbner del 1956.
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La formulazione iniziale mantiene sostanzialmente inalterate le caratteristiche di linearità e di
unidirezionalità della schematizzazione di Shannon e Weaver, aggiungendo i concetti di codifica e
decodifica del messaggio.
Figura 3 La prima evoluzione del modello di Schramm
Come si evince dal seguente schema, il secondo modello individua nel segnale il punto di
intersezione tra i campi di esperienza di emittente e destinatario, messi in gioco nella situazione
comunicativa: si verifica così una parziale sovrapposizione della fonte e del destinatario.
Figura 4 La seconda evoluzione del modello di Schramm
L’ultima evoluzione del modello raddoppia specularmente un percorso semicircolare,
introducendo un’attività operativa non meramente meccanica. Il feedback è tuttavia introdotto
soltanto mediante la duplicazione del messaggio. Tra il segnale e il linguaggio si pone, pertanto, la
necessità dell’interpretazione, di un’attività cioè che trasformi il pensiero in parole (dal punto di
vista dell’emittente) e le parole ascoltate in pensiero (dal punto di vista dal ricevente).
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Figura 5 La terza evoluzione del modello di Schramm
Nel settore delle comunicazioni di massa, la nozione di interprete risulta estremamente utile
per emergere da una visione deterministica del pubblico.
Infine, l’evoluzione del modello di Schramm è fondamentale per comprendere il percorso
evolutivo delle scienze della comunicazione nel corso di un trentennio: da una concezione
puramente trasmissiva all’attenzione al contesto sociale, fino allo studio delle capacità di
ricostruzione significativa dei contenuti da parte dei destinatari.
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3 Il modello semiotico-informazionale
Secondo Ugo Volli, l’importanza della disciplina semiotica è da individuarsi nel primo
assioma della comunicazione, ipotizzato da Watzlawick, Beavin e Jackson 10 secondo il quale non si
può non comunicare. «Ogni persona, ogni oggetto, ogni elemento naturale o artificiale del nostro
paesaggio, ogni forza o organizzazione comunicano continuamente» 11 .
La semiotica è stata a lungo indicata come la scienza dei segni, connotandola come disciplina
sull’organizzazione strutturale dei segni e delle loro relazioni. Da poco meno di un ventennio,
grazie all’opera di illustri studiosi come Roland Barthes, Umberto Eco e Algirdas Julien Greimas, la
semiotica è stata più correttamente definita come «la scienza che studia i segni, i meccanismi di
significazione e di costruzione del senso, nonché i processi di comunicazione» 12 .
Alla metà degli anni Sessanta, Umberto Eco e Paolo Fabbri elaborarono un modello di
impianto semiotico sulla base delle teorizzazioni del modello matematico-informazionale. Più
complesso e pertanto più adeguato a rendere ragione della produzione di senso innescata dai
messaggi mediali, tale modello semiotico-informazionale considera anche le operazioni di codifica
e decodifica del messaggio attraverso codici e sottocodici; la presenza di tali elementi, infatti,
consente di rendere ragione in modo più adeguato della varietà e della complessità del processo di
attribuzione del significato.
In particolare, il destinatario non è più inteso nel ruolo di ricevente passivo di messaggi inviati
da una fonte autorevole, bensì polo comunicativo capace di operare scelte e trasformare contenuti.
L’informazione, inoltre, non rimane costante durante l’intero processo comunicativo, ma si
trasforma continuamente attraverso le continue traduzioni di codifica e decodifica. Infine, il codice
non è uniforme e comune, in quanto emittente e ricevente possono avere bagagli socio-culturali
differenti che influenzano la comprensione e lo scambio dei messaggi.
10
Watzlawick P., Beavin J., Jackson D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Milano, 1971.
11
Volli U., Manuale di semiotica, Laterza, Roma, 2000, p. 6.
12
Sorice M., Le comunicazioni di massa: storia, teorie, tecniche, Editori Riuniti, Roma, 2000, p. 51.
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Durante l’operazione di codifica del messaggio possono intervenire anche specifici
sottocodici da parte dell’emittente: il messaggio giunge come significante al destinatario, che, di
nuovo attraverso codici ed eventuali sottocodici, gli attribuisce un significato.
La comunicazione, allora, non è un processo sterile di trasferimento di messaggi, bensì una
trasformazione creativa da un sistema all’altro, garantita dall’esistenza di un codice ricco di
elementi semantici. In tal senso, sul processo comunicativo si struttura la significazione e la
comunicazione si evidenzia come processo negoziale. La nozione di negoziazione consente di
introdurre due ulteriori variabili:
•
l’articolazione e la pluralità dei codici;
•
il contesto comunicativo, cioè il luogo e le condizioni in cui avviene il processo di
trasformazioni dei significati.
Nel modello proposta da Eco e Fabbri, non è possibile sovrapporre aprioristicamente la corretta
comprensione con le intenzioni dell’emittente, proprio per la problematicità del codice. Pertanto, il
problema della trasformazione nel modello semiotico-informazionale è un problema che si gioca
tutto sul piano dei codici e dei sottocodici: data una possibile disparità di codici, si possono avere
delle situazioni in cui si verifica una codifica aberrante, cioè il messaggio trasmesso secondo le
intenzioni del committente viene trasformato in qualche cosa d’altro.
Figura 6 Il modello semiotico-informazionale di Eco e Fabbri
Questi studiosi fanno notare che le ragioni che possono celarsi dietro questa trasformazione
scorretta possono essere:
• incomprensione del messaggio per totale carenza di codici. In questo caso il
messaggio resta un segnale fisico non decodificato, oppure rumore.
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• incomprensione del messaggio per disparità di codici. Questa eventualità rimanda a
differenti competenze linguistiche, nel senso che è possibile tradurre le informazioni
veicolate, attribuendo loro significati che sono diversi dall’intenzione dell’autore (per
esempio perché il ricevente non sa cosa significa una certa parola).
• incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali, cioè il caso in cui ci
sia l’intenzione da parte del ricevente di trasformare i messaggio originale in qualche
cosa di altro per ragioni ch possono essere per esempio di natura ideologica
• rifiuto del messaggio per delegittimazione dell’emittente. In questo caso non si
riconosce
lo
status
dell’emittente
per
cui
semplicemente
il
contenuto
dell’informazione viene rifiutato tout court.
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4 Il modello semiotico-testuale
Durante gli anni Settanta, numerosi studiosi notano la sostanziale inadeguatezza della
nozione di messaggio ad esaurire i possibili contenuti della comunicazione. Grazie a Greimas da un
lato e ad Eco dall’altro, si pone una maggiore attenzione all’analisi degli scambi comunicativi ed
alle trasformazioni negoziali. La risposta a tale inadeguatezza è l’introduzione del concetto di testo,
che costituisce una delle grandi innovazioni in ambito semiotico.
Le letture fondamentali che sono state storicamente fornite al concetto di testo sono tre. C’è
innanzitutto una lettura tradizionale che privilegia la dimensione scritta, rimandando ad un corpo
fisico (il libro, il giornale, il graffito). In questo caso è evidente l’influenza della tradizione culturale
occidentale logocentrica 13 , in cui la scrittura si è progressivamente affermata come modalità
analitica per fissare, ordinare e trasmettere la conoscenza.
Con l’avvento della linguistica testuale, la parola testo vive un processo di espansione del
suo significato dalla dimensione scritta, a quella orale 14 . In tal senso, i processi di produzione della
parola diventano per gli studiosi molto interessanti: al di là dell’associazione significantesignificato, intervengono numerosi fattori che non possono essere sempre immediatamente
classificati e compresi, se non attraverso una lunga osservazione ed analisi. Si pensi ad esempio agli
aspetti metalinguistici, all’influenza dei contesti, alla disomogeneità dei codici, alla comunicazione
non verbale, alla pragmatica e alla prossemica. Proprio per questo si parla di una terza evoluzione
del testo, inteso come sistema di enunciati complessi, dove per enunciato si intende l’oggetto della
comunicazione nella sua stratificazione eterogenea ed indefinita. In questo senso, l’emittente
diventa un enunciatore ed il ricevente un enunciatario 15 .
Il testo è un ingranaggio complesso e stratificato, centrato su diverse sostanze espressive e
su molteplici codici. Se il messaggio nelle precedenti schematizzazioni esauriva la significazione in
13
Derrida J., La scrittura e la differenza, trad. it. di G. Pozzi, Einaudi, Torino 1971.
14
Si può considerare Hjelmslev il principale responsabile di questo cambiamento. Si veda il saggio I fondamenti della
teoria del linguaggio, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1968.
15
A questo proposito, alcuni studiosi hanno considerato un’ennesima variazione del modello semiotico-testuale, in un
modello semiotico-enunciazionale.
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rapporto al codice, nel testo la significazione ingloba anche le presupposizioni, le argomentazioni
implicite, la comunicazione visiva e non verbale. In altri termini, nel testo viene ricapitolato tutto il
processo del circuito comunicativo.
In pratica, come hanno evidenziato molti studiosi di linguistica 16 , la ricerca è passata dalla
concezione del testo come concatenazione di unità linguistiche, a quella più utile di testo come unità
comunicativa. Ciò significa che il testo non è più valutabile come un blocco unico di contenuti,
bensì come apertura di potenziali dimensioni interpretative.
Lo sviluppo della nozione di testo negli studi mediologici ha favorito la nascita del modello
semiotico-testuale. Tale modello assume che i destinatari:
• ricevono non singoli messaggi riconoscibili, ma insiemi testuali;
• non commisurano i messaggi a codici riconoscibili come tali, ma ad insiemi di pratiche
testuali;
• non ricevono mai un solo messaggio, bensì ne ricevono molti, sia in senso sincronico che
in senso diacronico.
Pertanto si può dire che i destinatari dei messaggi mediali attribuiscono significato ai
messaggi ricevuti come significanti non tanto applicando un codice prestabilito, quanto a partire da
schemi elaborati sull’esperienza pregressa di altri testi mediali. A questo proposito occorre notare,
incidentalmente, che anche la cultura degli emittenti mediali è prevalentemente di carattere
testualizzato: non si basa tanto sulla padronanza di codici, quanto sull’uso di ricette e formule
assestate, derivanti dal mestiere e dalla tradizione professionale.
La ricezione di insiemi di pratiche testuali implica la distinzione tra:
• cultura grammaticalizzata, ossia la cultura colta che definisce cioè le proprie regole
di produzione;
• la cultura testualizzata, ossia la cultura delle comunicazioni di massa.
16
Cfr. Bertuccelli Papi M., Che cos’è la pragmatica, Bompiani, Milano, 1993.
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Mettiamo in relazione questi modelli:
MODELLO
FINE
EFFETTO
Matematico dell’informazione
efficienza
trasferimento
Semiotico-informazionale
efficacia
trasformazione
Semiotico-testuale
efficacia
interpretazione
Tabella 2 Confronto tra i tre principali modelli comunicativi
I due parametri sono il fine e l’effetto. In un caso il fine è l’efficienza, intesa come possibilità
che un sistema funzioni nel miglior modo possibile. Negli altri due casi c’è invece un problema di
efficacia, cioè un problema per cui il messaggio che viene trasmesso deve essere ottenere la
maggiore corrispondenza tra fonte e destinatario.
Mentre nel primo caso del modello matematico dell’informazione, l’attenzione è posta
soprattutto sul corretto funzionamento del mezzo attraverso il quale viaggia il segnale, cioè
l’informazione, negli altri due casi l’attenzione è spostata su un altro problema che sostanzialmente
è quello della corrispondenza di codici.
Rispetto all’effetto parleremo nel caso del modello matematico dell’informazione di
trasmissione cioè di trasferimento delle informazioni; nel caso del modello semioticoinformazionale parleremo di trasformazione e nel caso del modello semiotico-testuale, invece
parleremo di interpretazione cioè di traduzione.
In definitiva, i destinatari – che ricevono una molteplicità di messaggi sia in senso diacronico
che sincronico – non si scambiano semplicemente informazioni bensì insiemi testuali; gli strumenti
che guidano l’interpretazione non sono più solo i codici, bensì sistemi di pratiche testuali.
La asimmetria tra emittente e ricevente viene ulteriormente attenuata: la competenza
comunicativa dei partecipanti alla comunicazione non si connette solo al loro patrimonio
conoscitivo, ma anche alla loro capacità di anticipare la comprensione del testo.
L’attenuazione dell’asimmetria fra emittente e ricevente è sorretta anche dalla teoria della
cooperazione interpretativa, formulata da Umberto Eco17 : la comprensione del testo dipende
dall’incontro tra gli universi semiotici di emittente e ricevente.
17
Eco U., Lector in fabula, Bompiani, Milano, 1979.
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In questa prospettiva ogni tipo di messaggio è assimilabile alla nozione di testo: un film, un
programma televisivo, l’informazione giornalistica, una canzone, una conversazione tra due
persone.
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Bibliografia
• AA. VV., Le comunicazioni di massa. Teorie, contenuti, effetti, Carocci Editore, Roma,
2006.
• Abruzzese A., Borrelli D., L’industria culturale. Tracce e immagini di un privilegio,
Carrocci Editore, Roma 2000.
• Baldini M., Storia della comunicazione, Newton Compton editori, Roma 1995.
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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