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Nikolai Ivanovic Lobacevskij (1793
Nikolai Ivanovic Lobacevskij (1793-1856) Russo, figlio di un modesto funzionario governativo, Lobacevskij studiò alla Università di Kazan; a Kazan fece carriera universitaria e rimase tutta la vita. Le prime ricerche di Lobacevskij sulle geometrie non euclidee datano dagli anni 1826-29: il primo saggio, che segna la nascita ufficiale della geometria non euclidea, Sui principi della geometria, fu pubblicato sulla Gazzetta di Kazan nel 1829. In seguito Lobacevskij redasse tre diverse esposizioni di quella geometria che egli chiamava ‘immaginaria’ tra il 1635 e il 1855: Nuovi principi della geometria (1835); Ricerche geometriche sulla teoria delle parallele (1840, in tedesco); Pangeometria (1840, due edizioni: in russo e in francese). Lobacevskij è considerato il Copernico della geometria, ossia colui che rivoluzionò questo campo della matematica creando una branca assolutamente nuova, dimostrando che la geometria euclidea non era necessariamente depositaria della verità, e neppure la chiave interpretativa del mondo fisico. Egli non ebbe, tuttavia, grande fama in vita, mentre altri matematici russi allora internazionalmente famosi, come Ostrogradskij, sono oggi quasi dimenticati. Le nuove convinzioni impiegarono del tempo a penetrare nel mondo scientifico, dominato dall’idealismo kantiano. Lo stesso Carl Friedrich Gauss (1777-1855), che era giunto alle medesime convinzioni di Lobacevskij, non pubblicò i suoi risultati, né si schierò a favore della nuova geometria per evitare, come egli disse «le strida dei beoti». Gauss era scienziato di grande fama, professore a Göttingen, tuttavia non ritenne di doversi esporre. Peggio ancora andò all’ungherese Janos Bolyai (1802-1860), figlio di Warkas, il quale a sua volta aveva scritto lavori sulla teoria delle parallele e così dissuadeva il figlio, brillante ufficiale dell’esercito, dall’occuparsene: «Per amor del cielo, ti imploro di desistere dal tentativo. Il problema delle parallele è una cosa da temere non meno delle passioni dei sensi, poiché anch’esso può rubarti tutto il tempo, e privarti della salute, della serenità di spirito, e della felicità». Janos pubblicò il suo lavoro in appendice ad uno del padre che è noto col titolo di Tentamen. Anche se la licenza di stampa porta l’anno 1829 (lo stesso anno del primo lavoro di Lobacevskij), l’opera venne pubblicata solo nel 1832. Mandato in visione a Gauss, questi rispose di non poterlo lodare, poiché questo avrebbe equivalso a lodare se stesso, essendo arrivato ai medesimi risultati già da alcuni anni. Janos rimase così deluso dallo scarso riconoscimento del suo lavoro, che abbandonò per sempre lo studio della matematica. Teoria delle parallele non euclidea Alla base della teoria non euclidea delle parallele si antepongono tutti quei postulati che nella ordinaria geometria si antepongono alla teoria delle parallele, e che, nella sistemazione assiomatica hilbertiana (1899) sono: I) i postulati di appartenenza II) i postulati di ordinamento III) i postulati di congruenza o di movimento IV) i postulati di continuità Inoltre si intendono dimostrate le conseguenze che se ne ricavano, cioè tutto quel complesso di teoremi e proposizioni che va sotto il nome di geometria assoluta. In particolare: gli ordinari criteri di uguaglianza per i triangoli; le relazioni tra gli elementi di uno stesso triangolo (teorema dell’angolo esterno, teoremi sui triangoli isosceli e sui triangoli a lati disuguali); l’esistenza del punto medio di un segmento; le proprietà di perpendicolari ed oblique; il trasporto di segmenti ed angoli,.... L’assioma V viene sostituito dalla sua negazione, che, relativamente al sistema di assiomi I-IV assume l’enunciato minimale: Esistono una retta a ed un punto A fuori di essa, tali che per A passano almeno due rette distinte e complanari con a che non hanno punti in comune con a (Postulato non euclideo delle parallele). In effetti esso equivale a: Data una retta a qualunque, per ogni punto A fuori di essa passano infinite rette complanari con a che non hanno punti in comune con a. In altri termini si può dimostrare che se esistono due rette per A e complanari con a che non hanno punti in comune con a allora ne esistono infinite, e che se una tale proprietà vale per una retta e per un punto fuori di essa, vale per ogni altra retta ed ogni altro punto del piano. Osserviamo che se si ammette il postulato di Lobacevskij, allora: - vale l’ipotesi dell’angolo acuto per ogni quadrilatero di Saccheri; - la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di due retti. Rette parallele nel senso di Lobacevskij Nella geometria piana di Lobacevskij per un punto esterno ad una retta passano infinite rette che non incontrano la retta data, tuttavia, tra queste infinite rette non secanti, solo due vengono da Lobacevskij definite parallele. Consideriamo una retta a ed un punto A esterno ad essa. Sia AP la perpendicolare per A alla retta a. La perpendicolare b alla retta AP in A non incontra la retta a. (La dimostrazione è già in Euclide, Elementi, I, 28, ed appartiene alla geometria assoluta). A K X a b a’ P $ Consideriamo le rette del fascio per A, che passano internamente all’angolo PAK che b forma con AP in uno dei semipiani individuati dalla retta AP. Tali rette possono essere ripartite in due classi contigue, contenenti la prima classe tutte le rette che incontrano la retta a, e la seconda tutte quelle che non incontrano la retta a. Poiché si ammette il postulato di continuità, la ripartizione definisce una retta a’ , elemento separatore delle due classi, la quale gode delle seguenti proprietà: 1°) a’ non incontra la retta a $ l’angolo che a’ forma con AP nel semipiano fissato risulta: 2°) detto α 0 = PAX 0 <α0 < π 2 $ incontra la retta a, ogni 3°) ogni semiretta per A interna all’angolo α 0 = PAX $ non incontra la retta a. semiretta per A interna all’angolo complementare XAK Infatti basta considerare gli angoli che tali semirette formano con la semiretta AP, e quindi l’estremo inferiore degli angoli formati dalle semirette che non incontrano la retta a. Risulta allora: $ >0 α 0 > PAM $ poiché α0 è maggiore di un qualunque angolo PAM che si ottiene prendendo un punto M della retta a nel semipiano fissato. Inoltre risulta: α0 < π 2 altrimenti la retta b sarebbe la sola retta per A che non incontra la retta a. La retta a’ è allora la retta che contiene la semiretta AX che forma con AP, nel semipiano fissato, un angolo uguale ad α0. E’ facile vedere che a’ non incontra a. Infatti se a e a’ si incontrassero in R, A b a’ P a R R’ R dovrebbe stare nel semipiano fissato (il destro di figura; altrimenti si avrebbe un triangolo con un angolo esterno retto ed uno interno ottuso) ma allora preso un qualunque punto R’ che segue R sulla semiretta PR, anche la semiretta AR’ $ ' > α , contrariamente alla definizione di α0. incontrerebbe a e risulterebbe PAR 0 La retta a’ così definita viene chiamata: la parallela per A alla retta a nel verso fissato. Analogamente, considerando le semirette del fascio per A interne all’angolo retto che b forma con AP nel semipiano opposto, si definisce la parallela a” nell’altro verso. In questo modo risulta definita una ed una sola parallela in un determinato verso per il punto dato alla retta data. In definitiva le due rette a e a’ risultano simmetriche rispetto ad AP (segue da semplici considerazioni di triangoli congruenti) e formano due coppie di angoli opposti al vertice: ogni retta interna ad una coppia di angoli non incontra la retta a, mentre ogni retta interna all’altra coppia di angoli incontra la retta a: A a” a a’ P a e a’ sono dette anche rette limite (a destra e a sinistra) in quanto sono i limiti del fascio di rette per A, non secanti la retta a. L’angolo α0 che la retta a’ forma con la semiretta AP è detto angolo di parallelismo relativo alla distanza AP. Risulta dunque che: l’angolo di parallelismo è indipendente dal verso. Si dimostra inoltre che: l’angolo di parallelismo dipende unicamente dalla distanza del punto A dalla retta a, cioè è lo stesso per punti e rette diversi, ma posti alla medesima distanza. Inoltre esso è funzione decrescente della distanza, tende a zero quando essa tende all’infinito, tende a π/2 quando la distanza tende a zero. α0 Proprietà generali delle parallele La definizione euclidea di parallela, come retta non secante la retta data, può essere vista come un caso particolare della definizione precedente. Senza postulare alcun assioma della parallele, ripetendo le considerazioni precedenti, si arriva ad un angolo di parallelismo 0 < α 0 ≤ π 2 : se α 0 = π 2 , cioè per un angolo di parallelismo retto, si ha la geometria euclidea (una sola parallela), se α 0 < π di ha la geometria non euclidea di 2 Lobacevskij (due parallele distinte, una parallela per ognuno dei due versi della retta data). Le seguenti proprietà valgono in generale, ossia fanno parte della geometria assoluta: (Conservazione del parallelismo): Se a è la parallela condotta da un punto A ad una data retta r in un verso assegnato, e B è un punto qualunque di a, la parallela condotta per B alla retta r, nel verso considerato, coincide con a. In altri termini: a è parallela ad r in ogni suo punto. (Simmetria o reciprocità del parallelismo): Se a è parallela a b, b è parallela ad a (nel medesimo verso). (Transitività del parallelismo): due rette parallele ad una terza, in un determinato verso, sono parallele tra loro (nel medesimo verso). Ne segue in particolare che il sistema di tutte le rette del piano parallele in un determinato verso ad una retta assegnata del piano gode delle seguenti proprietà: 1°) per un punto del piano passa una ed una solo retta del sistema 2) due rette qualunque del sistema lo individuano completamente Queste proprietà appartengono anche al fascio di rette per un punto: estendendo il significato della parola fascio, si parla di fascio (improprio) di rette parallele e di fascio (proprio) di rette per un punto. Tutte le rette di un fascio (proprio) hanno in comune un punto detto centro del fascio. Le rette di un fascio improprio hanno in comune il verso di parallelismo; allora viene detto punto improprio il verso comune delle rette del fascio. Il punto improprio comune a tutte le rette di un fascio improprio è detto centro del fascio. A giustificare l’introduzione del fascio e del punto improprio valgono tutte le considerazioni che nell’ordinaria geometria portano al concetto di punto all’infinito. I punti impropri vengono solitamente indicati con lettere maiuscole dell’alfabeto greco. Osserviamo anche che: una retta è completamente individuata anche da un suo punto proprio A e da un suo punto improprio Ω, in forza della unicità della parallela per un punto in un determinato verso ad una retta assegnata. Ω A Geometria piana iperbolica Diamo una sintesi dei principali fatti della geometria iperbolica piana. Il termine ‘iperbolica’ per indicare la geometria di Lobacevskij fu coniato in seguito da Felix Klein.