diritto amministrativo - Università Telematica Pegaso
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INSEGNAMENTO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO LEZIONE II “L’ORGANIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE” PROF.SSA IVANA MUSIO Diritto Amministrativo Lezione II Indice 1 La struttura degli enti pubblici: organi e uffici ---------------------------------------------------- 3 2 Classificazione degli uffici ------------------------------------------------------------------------------ 6 3 Rapporto organico e rapporto di servizio ----------------------------------------------------------- 8 4 Titolari degli organi e degli uffici ------------------------------------------------------------------- 10 5 Rapporti interorganici -------------------------------------------------------------------------------- 12 5.1.1. Gerarchia -------------------------------------------------------------------------------------------- 13 5.1.2. Direzione -------------------------------------------------------------------------------------------- 15 5.1.3. Coordinamento ------------------------------------------------------------------------------------- 16 5.1.4. Controllo -------------------------------------------------------------------------------------------- 17 6 Difetto di competenza: acompetenza e incompetenza ------------------------------------------- 18 7 I conflitti di competenza------------------------------------------------------------------------------- 20 8 Il funzionario di fatto ---------------------------------------------------------------------------------- 22 Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 24 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 1 La struttura degli enti pubblici: organi e uffici Come tutte le persone giuridiche, non solo lo Stato ma anche gli altri enti pubblici hanno una propria organizzazione interna, composta di beni e di persone fisiche che agiscono per conto dell’ente. Nell’organizzazione di ogni ente pubblico occorre distinguere gli organi e gli uffici. Sul concetto di organo sono state prospettate in dottrina varie teorie che possono essere sinteticamente riassunte in tre orientamenti: la teoria soggettiva, la teoria oggettiva, la teoria mista. Secondo la teoria soggettiva per organo deve intendersi la persona fisica titolare dell’ufficio1. In base alla teoria oggettiva, invece, l’organo si identifica con l’ufficio, inteso come “la sfera di attribuzioni assegnate al soggetto che agisce per l’ente ed è legittimato ad adottare atti imputabili all’ente e rilevanti all’esterno”2. Tuttavia, tale interpretazione pure si è imbattuta in critiche, in quanto è stato osservato3 che l’identificazione dell’organo all’ufficio finisce con il negare rilevanza alla persona fisica addetta all’ufficio stesso. Infine, secondo la teoria mista, per organo si intende “la persona (organo individuale) o l’insieme di persone (organo collegiale) preposte ad un determinato centro di imputazione di competenza amministrativa, cioè preposte ad un ufficio, che esercitano una potestà pubblica”4. In tal caso il concetto di organo e quello di ufficio restano differenziati. Elementi essenziali dell’organo sono, dunque: • il titolare dell’organo, vale a dire il funzionario, che è una persona fisica, legata all’ente da una particolare rapporto giuridico, che è il c.d. rapporto di servizio. • l’esercizio di una pubblica potestà da parte del titolare stesso. Pertanto, organo in senso stretto può essere solo colui che esercita una pubblica 1 Contrario a questa teoria è U. Forti, Teoria dell’organizzazione e delle persone giuridiche pubbliche. Lezioni di diritto amministrativo, Napoli, 1948, p. 76 e ss., secondo il quale tale orientamento dottrinale, erroneamente, identifica l’organo con il titolare dell’organo e non distingue i casi in cui esso agisce come mero soggetto privato. In tal senso si veda, A. Massera, Contributo allo studio delle figure giuridiche soggettive nel diritto amministrativo I. Stato-persona e organo amministrativo, Milano, 1984, il quale, con riferimento al dibattito sul concetto di organo, riporta la posizione dottrinale del Forti, e non solo. Sul punto, si veda anche A. Crossetti, Organi, in D. disc. pubbl., XXII, Torino, 1995 ad vocem. 2 Così O. Ranelletti, Le categorie del personale al servizio dello Stato, in Foro dello Stato, in Annali dell’Università di Macerata, 1927. 3 Cfr. P. Virga, Diritto amministrativo. I principi, Milano, 1999, p. 109 e ss. 4 Così P. Virga, Diritto amministrativo. I principi, cit., p. 110. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II funzione e non anche il dipendente, il quale svolge un’attività meramente esecutiva. Solo eccezionalmente titolare di un organo non è una persona fisica ma può essere una persona giuridica; in tal caso l’organo non agisce come parte integrante dell’ente, ma come soggetto autonomo, dotato di propria personalità. Tale fenomeno va sotto il nome di organo-ente ed è il caso: della Banca d’Italia, dell’Istat, del C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ecc. Tuttavia, secondo parte della dottrina, in questi casi, sarebbe più giusto parlare di “enti pubblici strumentali”5, piuttosto che di organi con personalità giuridica. In conclusione, agli organi sono assegnate le persone fisiche, per cui gli atti che le stesse persone fisiche pongono in essere, entro la sfera di attribuzioni dell’ente, sono direttamente imputati a quest’ultimo. Tra gli organi di una persona giuridica ve ne è uno o più di uno a cui viene conferita la legale rappresentanza dell’ente, cioè la legittimazione ad esprimere la volontà dell’ente. La legale rappresentanza è cosa diversa rispetto alla legittimazione di adottare atti amministrativi, in quanto l’esercizio di tale potere-dovere spetta ai diversi organi in base alla propria competenza ed è altra cosa. Secondo la dottrina dominante, per ufficio, invece, si intende il complesso organizzato di persone fisiche, beni materiali e mezzi rivolto all’espletamento di un’attività strumentale dell’ente (conoscitiva, preparatoria, esecutiva) tale da consentire all’organo di porre in essere i provvedimenti per la realizzazione dei fini istituzionali dell’ente stesso. Pertanto, è ufficio, per esempio la Prefettura o il Ministero, mentre è organo, rispettivamente il Prefetto e il Ministro. Gli uffici si caratterizzano per la presenza di due elementi: • un elemento funzionale: ad essi, infatti, sono attribuite funzioni proprie; • un elemento strutturale: essi sono incorporati stabilmente nella struttura dell’ente di cui fanno parte. Gli organi, dunque, hanno sempre competenza esterna ed impegnano l’ente verso i terzi, mentre gli uffici possono avere anche competenza solo interna. Tuttavia, con la legge n. 241/1990 (e sue successive modifiche) sembrano doversi superare le teorie volte a separare drasticamente il concetto di ufficio e quello di organo. L’art. 4 della legge 241/90, infatti, ha introdotto la figura dell’unità organizzativa che supera la visione separatista tra Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II aspetti organizzativi e funzionali per offrire un nuovo modello in grado di sintetizzare l’efficienza organizzativa con l’efficacia e la responsabilità. Con il concetto di unità organizzativa emerge l’inutilità di ricercare a tutti i costi la distinzione concettuale tra organo ed ufficio ed, ancora di più, la distinzione tra ufficio-organo ed ufficio non organo, ovvero tra organo esterno ed organo interno. L’unità organizzativa rappresenta il centro di competenza funzionale che fa capo ad un ufficio complesso che si struttura su più uffici-organi strumentali ed ausiliari, coordinati e diretti da un ufficio-organo che ne assume la direzione e la responsabilità (il c.d. responsabile del procedimento), deputato all’adozione di un provvedimento finale e che, perciò solo, può definirsi esterno. Non per questo, tuttavia, si può affermare che gli uffici di supporto non siano veri e propri organi, in quanto anch’essi partecipano allo svolgimento e al tradursi in atto delle funzioni assegnate dalla legge all’unità organizzativa, i quali possono dirsi uffici-organi interni, purché si intenda con tale termine fare riferimento solo alla loro collocazione endoprocedimentale e non anche al fatto che essi non abbiano rilevanza giuridica esterna6. Tutto ciò per dire che la differenza tra organo ed ufficio c’è, ma in molti casi, tale differenza va assottigliandosi, fino a assumere fattezze più formali che sostanziali. 5 6 Così A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, p. 200 e ss. In argomento si veda R. Galli e D. Galli, Corso di diritto amministrativo, ed. IV, Milano, 2004, p. 187 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 2 Classificazione degli uffici Accanto allo Stato esistono, quindi, altri “corpi” che operano a livello nazionale, periferico ed anche comunitario, cioè apparati dotati di una propria personalità giuridica, che agiscono autonomamente, anche se in collegamento con i poteri centrali dello Stato; ne deriva che l’assetto organizzativo della P.A. è estremamente complesso e composito7. La tipologia degli uffici appare, pertanto, varia tale da rendere impossibile una classificazione che tenga conto di ogni aspetto. Proprio per questo motivo sono state elaborate classificazioni che hanno un carattere descrittivo. Si distinguono, innanzi tutto, uffici necessari e non necessari: i primi sono gli uffici espressamente previsti da una norma, senza che all’amministrazione sia riconosciuta alcuna potestà; esempio di ufficio necessario è il Consiglio nazionale della scienza e della tecnologia (istituito dall’art. 10 della legge n. 168/1989) che è un organo di alta consulenza del Ministero dell’Istruzione. Altro tipo di classificazione è quello tra uffici monocratici e collegiali, i primi sono costituiti solamente da una persona fisica, per esempio il Questore, mentre i secondi sono costituiti da una pluralità di persone fisiche, per esempio il Consiglio di amministrazione di un Ministero. Gli uffici collegiali, a loro volta, possono essere perfetti ed imperfetti, a seconda che, ai fini di una decisione, sia indispensabile una discussione tra i componenti o sia possibile semplicemente esprimere la propria volontà. Vi sono, poi, gli uffici rappresentativi e non rappresentativi, a seconda che i titolari siano eletti o designati da gruppi sociali (è il caso del Consiglio comunale) i cui componenti sono eletti dal corpo elettorale. Esistono, inoltre, gli uffici semplici, cioè quelli costituiti da una unità elementare non scomponibile (per esempio la biblioteca pubblica statale) e gli uffici complessi, cioè quelli formati da una pluralità di uffici che agiscono tra di loro in modo coordinato (per esempio le università). Vi è anche la distinzione tra uffici entificati ed i meri uffici, i primi hanno la personalità giuridica, i secondi no. E’ possibile diversificare e classificare gli uffici anche in base alla loro durata, per questo motivo si suole operare una distinzione tra uffici ordinari, che sono quelli istituiti in modo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II permanente, cioè senza termine, che assolvono a compiti di carattere continuativo (esempio INPS), e gli uffici straordinari, che sono, invece, quelli istituiti temporaneamente, per un periodo limitato, per assolvere a compiti circoscritti e determinati (esempio la commissione di un concorso pubblico). Anche l’area in cui operano gli uffici può essere un criterio classificatorio ed, infatti, esistono gli uffici centrali che sono quelli che hanno una competenza estesa su tutto il territorio nazionale (esempio il Ministero), quelli periferici che seppure dipendono dagli uffici centrali, operano in periferia, ed, infine, gli uffici locali, che dipendono da amministrazione autonome ed hanno una dimensione territorialmente circoscritta (per esempio, una Provincia) ed, ultimo, ci sono gli uffici misti, che rappresentano interessi centrali e locali allo stesso tempo. La classificazione degli uffici può essere fatta anche in considerazione degli effetti dell’attività da loro svolta, proprio per questo motivo sono definiti uffici esterni quelli che sono legittimati ad adottare provvedimenti che determinano conseguenze nei confronti di soggetti estranei agli uffici ed uffici interni, che sono quelli che svolgono un’attività che assume rilievo solo nell’ambito della propria organizzazione. 7 S. Valentini, Figure, rapporti, modelli organizzatori, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Padova, 1996. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 3 Rapporto organico e rapporto di servizio La dottrina ha a lungo discusso sulla natura giuridica del rapporto organico (detto anche rapporto d’ufficio), ovvero del rapporto tra organo e soggetto ad esso preposto. Secondo l’orientamento dottrinale più accreditato il rapporto organico consiste in un rapporto di immedesimazione tra la persona fisica preposta o addetta all’ufficio e l’ente pubblico, il che, tuttavia, non dà vita ad un rapporto giuridico, dal momento che quest’ultimo presuppone almeno due soggetti. Pertanto, il rapporto organico è un rapporto non giuridico, ma organizzativo. Il rapporto organico (o d’ufficio) attiene alle imputazioni giuridiche dell’attività svolta dal titolare dell’organo; infatti, l’atto compiuto dal titolare dell’organo viene direttamente imputato all’ente, con conseguente assunzione, in capo a questo, dei vizi dell’atto e della responsabilità diretta per danni a terzi. Sulla base di tale rapporto organico, la persona fisica acquista la capacità di esercitare i poteri e le funzioni che le norme attribuiscono agli uffici delle pubbliche amministrazioni La qualificazione giuridica del rapporto d’ufficio si è evoluta nel tempo fino a giungere a ritenere preferibile considerarlo un rapporto di immedesimazione. In un primo momento, infatti, si era andando diffondendo la teoria che qualificava il rapporto d’ufficio come un rapporto di rappresentanza, e più precisamente come rappresentanza necessaria in quanto si riteneva che l’ente non potesse operare senza la presenza di un rappresentante. Tale concezione, tuttavia, è stato con il tempo criticata, in quanto si è stato osservato che la rappresentanza è un rapporto intersoggettivo, cioè tra due soggetti distinti ( il rappresentato ed il rappresentante). Il titolare dell’organo, invece, non può essere considerato come soggetto distinto dall’ente, ma un elemento costitutivo dell’apparato amministrativo. Il rapporto organico, dunque, esprime una relazione interna (organizzatoria) tra organo e soggetto preposto ad esso. Dal rapporto organico (o d’ufficio) va distinto, invece, il rapporto di servizio, che è al contrario, un rapporto giuridico intersoggettivo che si instaura tra l’ente e la persona fisica, titolare dell’organo e dell’ufficio e che presta la sua attività, a titolo professionale, alle dipendenze della P.A. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II La distinzione tra rapporto di servizio e rapporto organico è rilevante anche al fine della classificazione del personale pubblico. Il rapporto di servizio sorge con un atto amministrativo di assunzione del soggetto o, in casi eccezionali, il rapporto sorge di fatto. Il rapporto organico sorge anch’esso, in via generale, con un atto amministrativo, detto di assegnazione del soggetto all’ufficio; a seconda del procedimento seguito si parla di nomina o elezione. Di solito la preposizione ad un organo o ad un ufficio implica sia il rapporto organico che quello di servizio; tuttavia, nel caso in cui l’attività sia prestata a titolo non professionale, il rapporto di servizio non sussiste; è il caso, per esempio, dei funzionari onorari dello Stato e degli enti pubblici8. 8 Cfr., tra gli altri, M.S. Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1988, p. 260 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 4 Titolari degli organi e degli uffici Il preposto all’organo o all’ufficio è il soggetto che si trova nella posizione di autore dell’attività svolta dall’organo o dall’ufficio, egli ne è il titolare, cioè colui che per legge ricopre ordinariamente quella carica. Nel corso di un rapporto il titolare di un ufficio può essere sostituito nell’esercizio delle funzioni dell’ufficio, ricorrono, allora, gli istituti della supplenza, sostituzione, reggenza. E’ supplente: il soggetto che sostituisce il titolare dell’organo o dell’ufficio temporaneamente assente o impedito. E’ sostituto: il soggetto che sostituisce il titolare dell’organo per incarico di quest’ultimo. Tale sostituzione, quando è ammessa, è qualificata “delegazione interna dell’organo” o anche “delega a firma”. E’ reggente (o facente funzioni): il soggetto che sostituisce il titolare dell’organo allorquando questi manca del tutto, per esempio, se il titolare deve ancora essere nominato9. Tali istituti servono a garantire la continuità dell’esercizio dell’azione amministrativa. La stessa ratio, ha anche l’istituto della prorogatio, che, prevista solo per taluni organi di particolare importanza. Si ha prorogatio quando, pur se scaduto il mandato, il titolare dell’organo mantiene ancora la carica, fino alla sua sostituzione. Con riferimento alla prorogatio, tuttavia, parte della dottrina10 ha posto in dubbio il suo carattere generale restringendone l’operatività solo ai casi previsti dalla legge. Importante, in tal senso è la legge n. 444 del 1994 secondo cui il periodo di proroga non può superare i 45 giorni dalla scadenza del termine di durata della carica. Infatti, ai sensi dell’art. 4 di detta legge, gli atti adottati, oltre tale termine, sono nulli; inoltre, ai sensi dell’art. 3 i funzionari in regime di proroga possono compiere solo atti di ordinaria amministrazione e “gli atti urgenti ed indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità”, a pena di nullità. Tutto ciò risponde al principio secondo cui gli organi amministrativi dello Stato e degli enti pubblici svolgono le funzioni loro attribuite sino alla scadenza del termine di durata. 9 Per tale classificazione si veda A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, p. 109. In argomento, si veda E. Cannada Bartoli, Prorogatio tacita di organi amministrativi e art. 97 Costituzione, in Foro amm., 1971, II, p. 55 e ss. In argomento si veda, tra gli altri, anche, A. Romano, Proroga e prorogatio, in Enc. giur., XXV, Roma, 1991, ad vocem. 10 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II In tal senso è particolarmente significativa la sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1992, dalla cui motivazione emerge che la inammissibilità del principio della prorogatio di fatto si basa sul fatto che essa sia in contrasto con i principi di riserva di legge, di imparzialità e di buona amministrazione espressi dall’art. 97 Cost. Infatti, se è vero che l’azione amministrativa è doverosa e continuativa e non tollera interruzioni e vuoti di esercizio, è anche vero, tuttavia, che tali evenienze non possono non rinvenire nella legge la loro fonte regolatrice, onde garantire la certezza giuridica che è alla base dell’organizzazione amministrativa, volta ad assicurare l’imparzialità ed il buon andamento nei confronti della collettività11. Da questo discorso sono esclusi, tuttavia, proprio ai sensi dell’art. 1 della legge 444/1994, gli organi rappresentativi delle Regioni, delle Province e dei Comuni, nonché gli organi che hanno rilevanza costituzionale. 11 Cfr. R. Galli e D. Galli, Corso di diritto amministrativo, cit., p. 193. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 5 Rapporti interorganici I rapporti interorganici sono quelli che si instaurano tra organi appartenenti allo stesso ente o allo stesso apparato amministrativo dello Stato, oppure tra organi appartenenti a diversi rami della P.A. o a diversi enti pubblici. Anche se, in genere, gli organi non hanno autonoma personalità giuridica, la relazione tra essi assume, comunque, carattere esterno, in quanto il rapporto tra gli organi diventa giuridicamente rilevante. Sono detti rapporti interorganici puri i rapporti che intercorrono tra organi appartenenti alla stessa amministrazione o allo stesse ente. Un tempo di riteneva che tali rapporti avessero solo rilevanza giuridica interna, circoscritta all’apparato burocratico interno, oggi, invece, si ritiene che tali rapporti possono avere rilevanza giuridica esterna, sia pure indiretta, dal momento che le regole che li disciplinano incidono sulle rispettive competenze, e la competenza (come si è detto nella lezione n. 1), in quanto fissata per legge, ha sicuramente valenza giuridica esterna. Esempio di rilevanza giuridica esterna dei rapporti interorganici puri può essere il caso in cui un organo gerarchicamente superiore rispetto ad un altro, avoca (concetto esaminato nella lez. n. 1) a sé, illegittimamente, un atto dell’inferiore; siffatta illegittimità si riflette negativamente, per difetto di legittimazione, anche sul provvedimento che l’organo superiore ha adottato, quindi, il rapporto interorganico puro, in questo caso, rileva anche nell’ordinamento giuridico generale, sia pure in via indiretta. I rapporti interorganici hanno risentito di recente delle profonde innovazioni che hanno investito l’intero assetto organizzativo delle amministrazioni pubbliche. Già con l’entrata in vigore della Costituzione nel 1948, si era dubitato che il rapporto di gerarchia che collegava gli organi fosse in linea con il principio di cui all’art. 97 Cost. e con i modelli policentristi ed autonomisti prefigurati nel titolo V della Costituzione; sicché si preferiva utilizzare la formula della direzione. Implicante l’esercizio di poteri di direttiva e di controllo, oltre che di ingerenza nella scelta fiduciaria degli organi di vertice. La crisi del modello gerarchico, tuttavia, si manifestò, in un primo momento, nelle amministrazioni statali con la riforma del 1971, che introduceva i Tribunali Amministrativi Regionali, fino ad esplodere definitivamente con la riforma del riordino delle amministrazioni pubbliche legge n. 59/1997 ed il d.lgs. n. 80/1998. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II Attualmente i rapporti interorganici hanno assunto una nuova dimensione, perché, venuta meno la formula interorganica della gerarchia, i rapporti di sopraordinazione fra figure soggettive pubbliche, si modulano secondo la formula organizzatoria della direzione, fatti salvi i casi di riserva. Sotto il profilo della relazione tra gli organi, dunque, sono possibili i seguenti rapporti: gerarchia; direzione; coordinamento e controllo. 5.1.1. Gerarchia Come detto, il modello del rapporto di gerarchia c.d. in senso stretto, attualmente, non è particolarmente attuato. Il rapporto di gerarchia in senso stretto è caratterizzato da forti componenti autoritative che definiscono un rapporto di potestà-soggezione tra organi sopraordinati e quelli sottordinati, che si manifesta in poteri di ordine, sostituzione, avocazione, delegazione, controllo, ecc. Questa è la gerarchia pura che si traduce appunto in una serie di poteri autoritativi in ingerenza nella sfera di competenza del sottordinato ad opera dell’organo sovraordinato; tali poteri possono essere così sintetizzati12: • posizione di supremazia generale rispetto all’organo subordinato; • potere di direzione dell’attività dell’organo inferiore, attraverso ordini amministrativi. Con il potere di ordine il superiore gerarchico può vincolare l’organo subordinato a tenere un certo comportamento nello svolgimento della propria attività; • potere di delegare all’organo inferiore l’esercizio di poteri propri; • potere di risolvere i conflitti di competenza tra organi gerarchicamente inferiori; • potere di vigilanza, attraverso ispezioni ed inchieste. 12 Tale classificazione è stata fatta da C. Mortati, Le forme di Governo (Lezioni), Padova, 1973. L’evoluzione del concetto di gerarchia si evidenzia secondo la lettura di A. Amorth, La nozione di gerarchia, Milano, Vita e pensiero, 1936; T. Marchi, E. Casetta, Gerarchia, in Noviss. Digest. It., VII, Torino, 1957, ad vocem; G. Marongiu, Gerarchia, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, ad vocem; V. Bachelet, Evoluzione del ruolo e delle strutture della pubblica amministrazione, in Scritti in onore di C. Mortati, Aspetti e tendenze del diritto costituzionale, Milano, 1977, I, p. 1 e ss.; S. D’Albergo, Direttiva, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, ad vocem; V. Angiolini, Direzione amministrativa, in D. discipl. pubbl., V, Torino, 1990, ad vocem. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II L’ampiezza di detto ultimo potere di vigilanza è inversamente proporzionale all’autonomia dell’organo inferiore; pertanto, se all’organo subordinato non è attribuita, attraverso una norma, la competenza esclusiva, il potere di vigilanza dell’organo sovraordinato è maggiormente intenso e penetrante. Il modello gerarchico sin qui delineato è chiaramente in fase recessiva, ed evidenzia, come già precisato, l’incoerenza di fondo rispetto ai principi sanciti nell’art. 97 e nelle norme del titolo V della Costituzione. Nell’attuale struttura amministrativa si è, invece, sviluppato un modello di gerarchia in senso lato, caratterizzato solo dalla presenza di alcuni poteri prima evidenziati. Tappe fondamentali della crisi del modello gerarchico in senso stretto sono da ricercarsi in primis nella legge n. 241 del 1990, relativa al procedimento amministrativo che, nell’attribuire la responsabilità della gestione del procedimento in capo al funzionario designato quale responsabile del procedimento, sembra volere attribuire allo stesso una posizione di sostanziale autonomia operativa rispetto ai superiori13. Altro colpo letale al modello gerarchico in senso stretto è provenuto dal d.lgs. n. 29 del 1993 in tema di privatizzazione del pubblico impiego ed ancora di più dal d.lgs. n. 80 del 1998 in tema di seconda privatizzazione del pubblico impiego, ora entrambi i d.lgs. confluiti nel d.lgs. 165 del 2001, meglio noto come Testo unico del pubblico impiego. In questo contesto, infine, non si può dimenticare la legge n. 59 del 1997, già menzionata. Nell’ambito di detta riforma relativa al nuovo assetto dell’organizzazione amministrativa si assiste ad una progressiva sostituzione del modello della gerarchia con quello della direzione. Più nello specifico, i nuovi rapporti di sopraordinazione e sottordinazione, delineati dal d. lgs.n. 165 del 2001, operano una netta separazione tra gli organi di governo politico ed i vertici direttivi deputati alla gestione amministrativa, instaurando tra loro un rapporto che si basa non più su poteri di gerarchia, ma su poteri di direttiva programmatica e di controllo di risultati nella gestione. In ogni caso, è necessario riconoscere che tutt’oggi è ancora possibile individuare qualche connotato residuale del modello gerarchico, come una sorta di retaggio culturale; si pensi, per esempio, al fatto che il ricorso gerarchico, sebbene non è più proponibile davanti ad un organo politico avverso gli atti posti in essere da un dirigente generale, continua, invece, ad essere 13 Così, R. Galli - D. Galli, Corso di diritto amministrativo, cit., p. 190 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II ammesso innanzi al dirigente generale avverso gli atti emessi dal dirigente sottordinato. Come questo, ci sono altri casi, disciplinati normativamente, che attuano ancora sprazzi di modello gerarchico in senso stretto. 5.1.2. Direzione Come suddetto, anche la direzione si iscrive nell’ambito delle relazioni di sovraordinazione-subordinazione tra organi14. Essa può intercorrere sia tra organi appartenenti ad amministrazioni pubbliche diverse che appartenenti alla medesima amministrazione pubblica. Nel primo caso essa assolve alla funzione di coniugare il fenomeno del pluralismo dell’organizzazione dell’amministrazione con l’esigenza di raccordo tra Stato e gli altri enti pubblici; nel secondo caso, invece, esprime il risultato della trasformazione del rapporto di gerarchia in senso tradizionale. La direzione è un potere dell’organo sovraordinato su quello sottordinato che lascia, però, a quest’ultimo un notevole margine di autonomia nella determinazione delle modalità da attuare per raggiungere i risultati prefissati. Sarebbe sbagliato, tuttavia, credere che la direzione sia una forma meno intensa di gerarchia, infatti, così come nel caso della gerarchia, ove esiste il c.d. potere di ordine che non lascia al destinatario alcun margine di discrezionalità, anche nel caso della direzione esiste il potere di indirizzo che si esplica attraverso l’emanazione di direttive che vincolano l’organo subordinato. La caratteristica tipica delle direttive è “quella di dettare regole di comportamento, lasciando sempre un ampio margine di discrezionalità all’organo, poi, chiamato ad applicarle, fermo restando l’obbligo di quest’ultimo di motivare circa l’eventuale disancoramento dagli indirizzi”15. Le direttive, a differenza degli ordini, non comportano prescrizioni concrete e puntuali, ma si limitano a determinare gli obiettivi e i criteri cui deve uniformarsi l’attività del loro destinatario. L’organo sottordinato ha, pertanto, un ampio margine di valutazione, non solo riguardo alle modalità ed ai tempi della sua azione, ma anche in ordine alla possibilità di disattendere le direttive, allorché ragioni di pubblico interesse lo spingano a discostarsene, 14 Cfr., V. Angiolini, Direzione amministrativa, cit., ad vocem; G. Marongiu, L’attività direttiva nella teoria giuridica dell’organizzazione, Milano, 1969, p. 32 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II sempre che ottemperi all’obbligo di motivazione. In ogni caso, il destinatario della direttiva deve, in linea di massima, adeguarsi alla direttive e solo in casi particolari e giustamente motivati, disattendere la stessa; in tal proposito si è espresso il Consiglio di stato (sentenza n. 471/1981) che ha ritenuto illegittimo il comportamento di un organo che ripetutamente violasse una direttiva, affermando, così, il principio secondo cui costituisce vizio di legittimità non tanto il discostarsi da una direttiva, quanto il disattenderla sistematicamente. 5.1.3. Coordinamento Il coordinamento è il potere riconosciuto ad un ufficio rispetto agli altri (anche gerarchicamente non inferiori) di coordinare ed armonizzare l’attività amministrativa, secondo un disegno coerente ed organico alla luce di quelli che sono i risultati di interesse comune16. Esso si esplica attraverso il potere, riconosciuto all’organo coordinatore, di impartire le disposizioni idonee per realizzare il disegno unitario, anche attraverso un’attività di vigilanza17. Il coordinamento assume particolare rilievo nel caso di organi che si trovano in posizione di equiordinazione tra loro18, in considerazione delle difficoltà che possono aversi a sincronizzare l’operato di organi che sono reciprocamente indipendenti. Al fine di coordinare organi indipendenti tra loro è possibile creare un organo collegiale in cui convergono tutti gli organi interessati che devono coordinarsi; esempio di tale organo collegiale sono i Comitati interministeriali, che sono organi che assumono un vero e proprio potere propulsivo. Altro esempio di organo collegiale è la conferenza di servizi, in particolare, la conferenza permanente; queste sono strutture collegiali formate da rappresentanti dello Stato, delle Regioni e degli enti locali, alle quali la legge, in attuazione del principio di leale collaborazione, attribuisce funzioni non solo consultive, ma anche decisionali. Nell’ambito del coordinamento non è praticabile l’utilizzo di direttive in considerazione della forte autonomia che connota le figure soggettive pubbliche tra cui si instaurano rapporti giuridici di interferenza reciproca; proprio per questo motivo la scelta legislativa è incentrata su strumenti volti a conseguire soluzioni attraverso politiche di scambi e di collaborazione reciproca. 15 Così si è espressa la Corte dei Conti, nella sentenza del 16.02.1994, n. 13. In argomento S. Cassese, Le basi del diritto amministrativo, cit., p. 174; V. Bachelet, Coordinamento, in Enc. dir., X, Milano, 1962, ad vocem; F. Piga, Coordinamento, in Enc. dir., VII, Roma, Ist. Enc. It., 1988, ad vocem. 17 Così A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 178. 18 Sui rapporti di equiordinazione si segnala C. Lavagna, Contributo alla determinazione dei rapporti giuridici tra Capo del governo e ministri, Roma, 1942. 16 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 5.1.4. Controllo Con il rapporto di controllo si permette che un organo sindachi l’operato di un altro organo al fine di prevenire, riparare e salvaguardare gli interessi collettivi cui è titolare quel determinato organo19. L’attività di controllo dà luogo ad un rapporto che, a seconda dei casi, può essere interorganico o intersoggettivo, tra l’autorità preposta al controllo e l’amministrazione i cui atti o la cui attività sono sottoposti a verifica. Il rapporto di controllo non postula necessariamente la subordinazione dell’organo controllato, infatti, vi sono rapporti di controllo tra soggetti di pari dignità, come, per esempio, nel caso dei controlli ad opera della Corte dei Conti sugli atti del Governo. La funzione di controllo è quella che tende ad assicurare che gli organi di amministrazione attiva agiscano in modo conforme alle leggi e secondo l’effettiva opportunità in relazione al concetto di interesse pubblico20. In ogni modo, la trattazione dei controlli e la disamina di tale istituto sarà oggetto di una specifica lezione, ove verranno approfonditi vari aspetti, dalla funzione dei controlli, ai tipi di controlli, agli effetti ed alle conseguenze giuridiche dei controlli, fino ai controlli di gestione. 19 Così Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit. p. 39 e ss.; F. Garri, I controlli nell’ordinamento italiano, Milano, 1998, p. 45; L. Arcidiacono, La vigilanza nel diritto pubblico, Padova, 1984. 20 Così Alessi, Principi di diritto amministrativo, Milano, 1971, vol. I; V. Cerulli Irelli, Corso di diritto amministrativo, Torino, 1997, p. 170 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 6 Difetto di competenza: acompetenza e incompetenza Nella lezione n. 1 si è trattata la competenza in senso generico, ovvero si è detto cosa si intende per competenza e quali sono i criteri in base ai quali si stabilisce la competenza di un organo. In questa lezione, invece, si tratterà il problema delle conseguenze giuridiche nel caso in cui un organo emette un atto o compie un’attività di diritto amministrativo in difetto di tale competenza. Il difetto di competenza può dare luogo a tre diverse ipotesi: a) la c.d. acompetenza; b) l’incompetenza assoluta; c) l’incompetenza relativa. Si ha acompetenza quando sono compiuti atti o attività amministrativa non da un organo diverso da quello “competente”, bensì da un soggetto che non riveste affatto, nel sistema giuridico, la qualità di organo di un ente pubblico21. Sono casi di acompetenza quelli in cui: • l’agente che si arroga la qualità di organo, cioè la titolarità di una pubblica funzione, non ha mai ricevuto l’investitura di una pubblica funzione; • l’agente è stato investito di pubblica funzione con un atto nullo; • l’agente, benché validamente investito di pubblica funzione, è successivamente decaduto dall’ufficio, per cui non è più titolare di esso; • l’agente ha perso l’investitura della pubblica funzione in quanto successivamente annullata. Si verifica, invece, l’incompetenza assoluta, che dà luogo alla nullità dell’atto, quando: a) l’organo amministrativo emana un atto in una materia del tutto sottratta alla competenza amministrativa e riservata ad un altro potere dello Stato (c.d. difetto di attribuzione)22. b) L’organo amministrativo emana un atto riservato alla competenza di un settore amministrativo completamente diverso. 21 Questo paragrafo riprende i contenuti e le definizioni del testo di F. Caringella – L. Delpino – F. del Giudice, Diritto amministrativo, ult. ed., Napoli, 2007, p. 150, che riprendono, a loro volta, la definizione di Gasparri. 22 Cfr. P. Virga, Diritto amministrativo. I principi, cit., p. 79 e ss.; A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II c) L’organo amministrativo emana un atto relativo ad un oggetto che si trova nella circoscrizione territoriale d’altro organo amministrativo (un esempio è il caso di una Regione che disciplina la materia della caccia su una zona rientrante nel territorio di un’altra Regione, in questo caso l’atto è nullo). Si ha, infine, incompetenza relativa quando la stessa legge prevede le ipotesi di illegittimità dell’atto amministrativo, congiuntamente all’eccesso di potere ed alla violazione di legge. L’incompetenza relativa è ravvisabile tra organi appartenenti allo stesso ramo di amministrazione e determina l’illegittimità dell’atto. Il più delle volte l’incompetenza relativa si configura come incompetenza per grado, ma può aversi anche incompetenza relativa per materia o per territorio. In tutti e tre i casi l’incompetenza relativa rende annullabile l’atto posto in essere dall’organo. Secondo parte della dottrina l’incompetenza rientra nell’ipotesi di difetto di legittimazione, vale a dire nell’ambito della mancanza dei requisiti soggettivi che abilitano un organo ad emanare un determinato atto, in questa fattispecie si fanno rientrare, per esempio, i casi di incompatibilità del funzionario, di irregolarità nell'investitura dell’organo e di irregolarità nella composizione dell’organo collegiale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 7 I conflitti di competenza Si ha conflitto di competenza quando due o più autorità affermano o negano, contemporaneamente, la propria potestà di conoscere una determinata questione o materia, ovvero quando esiste la sola possibilità che sorga tale contrasto. Detti conflitti possono essere classificati in conflitti : • positivi, quando due o più autorità affermano la propria competenza di conoscere della questione; • negativi, quando, invece, tutte le autorità negano tale potestà conoscitiva su una questione; • reali, quando le due o più autorità si siano già pronunciate circa l’appartenenza o meno ad esse della potestà di conoscere la questione; • virtuali, quando vi sia la possibilità che si determinano tali pronunce. • A seconda, poi, del potere cui appartengono le autorità in conflitto, possono aversi le seguenti specie di conflitti: • conflitti di attribuzione: quando le autorità appartengono a poteri diversi (ad esempio una ad un potere esecutivo, l’altra ad uno giurisdizionale); • conflitti di giurisdizione: quando le autorità appartengono ad ordini giurisdizionali diversi, esempio l’una alla giurisdizione ordinaria e l’altra alla giurisdizione amministrativa; • conflitti di competenza: quando le autorità appartengono allo stesso potere o allo stesso ordine giurisdizionale, esempio, il conflitto tra due T.A.R. Soffermando l’attenzione sui conflitti di competenza fra organi amministrativi possiamo dire che tali conflitti possono insorgere: • fra organi investiti dalla medesima funzione amministrativa (conflitti interni); • fra organi o autorità, investiti di funzioni amministrative diverse (conflitti esterni). La soluzione dei conflitti può avvenire in due momenti: Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 25 Diritto Amministrativo • Lezione II in via preventiva o diretta, ad opera di un organo amministrativo gerarchicamente superiore a ciò designato dalla legge; • in via successiva o indiretta, mediante i rimedi previsti dalla giurisprudenza amministrativa, cioè impugnando gli atti. La soluzione in via preventiva e diretta, appare quella più utile ed opportuna perché evita di giungere alla emanazione di un atto amministrativo affetto da incompetenza. Tale tipo di soluzione può avvenire spontaneamente, quando uno degli organi in conflitto riconosca la propria incompetenza e si ritiri dall’esame della questione lasciandone la conoscenza ad un altro organo; oppure la soluzione del conflitto di competenza può avvenire con l’intervento di un’altra autorità amministrativa e, più precisamente, nei conflitti interni, decide il capo dell’organo o dell’ente di cui fanno parte gli uffici in conflitto; nei conflitti esterni decide l’organo gerarchicamente superiore, quando si tratta di organi disposti gerarchicamente, se, invece, manca detto rapporto di gerarchia il conflitto si risolverà con l’intervento di un’autorità esterna, solitamente espressamente indicata dalla legge. In ogni caso è sempre possibile il ricorso ai mezzi di giustizia amministrativa da parte degli interessati. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II 8 Il funzionario di fatto L’espressione funzionario di fatto viene utilizzata con riferimento a quelle ipotesi in cui l’atto di investitura del titolare dell’organo sia viziato o manchi del tutto. La tematica dello svolgimento di funzioni di fatto è da sempre stato oggetto di dispute, specie in relazione al suo ambito applicativo. In via preliminare occorre individuare le figure giuridiche riconducibili a tale categoria. E’ possibile ricondurre tale fattispecie nella categoria dell’usurpazione, che implica una appropriazione non consentita di poteri funzionali penalmente sanzionabili. Alla figura dell’usurpazione va, per certi aspetti, equiparata quella dell’inesistenza dell’atto di investitura o della sua nullità, anche se in quest’ultimo caso non ricorrono gli estremi dell’illecito penale. La situazione del funzionario di fatto può essere fatta rientrare nell’ipotesi in cui l’intromissione all’interno dell’apparato organizzatorio dell’ente sia tollerata o all’ipotesi in cui l’ingerenza nella sfera organizzatoria sia autorizzata per effetto di una investitura formale, intervenuta attraverso un atto di nomina. Infine, la categoria in esame può essere fatta rientrare nell’ipotesi in cui, in periodo bellico, le autorità militari di occupazione abbiano costituito organi di reggenza temporanea o siano state create strutture organizzative alternative o contrastanti rispetto allo Stato. Nell’ipotesi di usurpazione, venendo in rilievo un’attività illecita e penalmente sanzionata, gli atti adottati dovrebbero essere, a rigore, considerati nulli, perché proveniente da un soggetto che non riveste la qualità di organo amministrativo. Con riferimento alla cd. ingerenza tollerata vanno inquadrati i casi in cui l’ingerenza nella sfera organizzatoria della P.A., pur non essendo stata formalizzata, sia, però, di fatto riconosciuta attraverso manifestazioni univoche e concludenti. Il vero problema relativo all’esercizio di fatto di pubbliche funzioni si collega al principio dell’effettività e dell’affidamento, che si verifica in tutti i casi in cui una pubblica funzione, sia stata effettivamente esercitata da un soggetto che non possa considerarsi organo della P.A. e tale esercizio sia stato accompagnato dalla convinzione pubblica della validità ed efficacia degli atti posti in essere dal soggetto. Assume rilevanza, quindi, la tutela dei terzi destinatari degli atti, i quali sono solitamente ignari di ciò che avviene in ambito organizzativo dell’ente. Si prospetta, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II perciò, una situazione tipica di apparentia iuris che esige la tutela dell’affidamento dei terzi destinatari degli atti adottati in tutte le ipotesi considerate. La giurisprudenza è incline a risolvere detto conflitto facendo ricorso al principio di conservazione, in forza del quale gli atti in questione, ancorché invalidi, devono, comunque, ritenersi produttivi di effetti nei confronti dei terzi, eccezion fatta per le ipotesi di usurpazione, relativamente alle quali si propende per l’inapplicabilità di tale principio. E’ costante l’orientamento giurisprudenziale che vede nella tutela della buona fede del privato destinatario il fondamento di salvaguardia dell’atto. Occorre precisare che le soluzioni prospettate investono i casi in cui gli atti adottati dal funzionario di fatto siano favorevoli ai terzi destinatari. Per quelli pregiudizievoli è necessario operare una differenziazione. Ove si tratti di atti dell’usurpatore o del funzionario investito in virtù di atto inesistente o nullo, venendo in rilievo un vizio radicale dell’atto assimilabile alla cd. nullità inesistenza, non si pongono problematiche interpretative relativamente alla tutela giurisdizionale dei terzi pregiudicati dall’atto. Se, invece, vengono in rilievo atti emanati dal funzionario la cui nomina risulti viziata e, per ciò, caducabile, il regime della loro impugnativa si presenta più complesso. Infatti, il terzo che intenda fare valere l’illegittimità dell’atto per difetto di competenza si vedrà preclusa l’impugnativa quando l’atto di nomina viziato (che ne è il presupposto) sia divenuto inoppugnabile per decorrenza dei termini. Viceversa, ove l’atto di nomina sia stato già annullato in sede amministrativa o giurisdizionale, il suo effetto invalidante si ripercuoterà negativamente anche su quello adottato sul suo presupposto, consentendo l’impugnativa all’interessato, senza preclusioni. In ogni caso preme sottolineare che il servizio prestato dal funzionario di fatto, in molti casi, offre un vantaggio alla P.A. e non può negarsi che costui svolge una vera e propria attività lavorativa che comporta il riconoscimento di un compenso al funzionario, almeno nei limiti di quanto previsto dal codice civile. Tuttavia la questione della remunerabilità non si presta a soluzioni omogenee. Infatti, nell’ipotesi di tolleranza legittimata dall’inserimento effettivo nella compagine organizzativa dell’amministrazione, si adotta la scelta di riconoscere la remunerazione per effetto dell’art. 2126 c.c. Nei casi, invece, di usurpazione o di inesistenza di investitura, dovrebbe optarsi per il non riconoscimento della remunerazione, salva l’applicazione dell’art. 2041 c.c. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 25 Diritto Amministrativo Lezione II Bibliografia • P. Alessi, Principi di diritto amministrativo, Milano, 1971, vol. I; • Amorth, La nozione di gerarchia, Milano, Vita e pensiero, 1936; • V. Angiolini, Direzione amministrativa, in D. discipl. pubbl., V, Torino, 1990, ad vocem; • L. Arcidiacono, La vigilanza nel diritto pubblico, Padova, 1984; • V. 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