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Teoria Dislessia - istituto comprensivo cavaglià
Dislessia Evolutiva Come si manifesta – Le prime fasi (inizio elementare) Difficoltà e lentezza nell’acquisizione del codice alfabetico e nella applicazione delle “mappature” Grafema-Fonema e viceversa Controllo limitato delle operazioni di analisi e sintesi fonemica con errori che alterano in modo grossolano la struttura fonologica delle parole lette o scritte Accesso Lessicale limitato o assente anche quando le parole sono lette correttamente Capacità di lettura come riconoscimento di un numero limitato di parole note PROCEDURE E STRUMENTI DELL’INDAGINE DIAGNOSTICA-5 DIAGNOSI FUNZIONALE Approfondimento delle componenti dell’apprendimento attraverso la valutazione di: altre abilità fondamentali o complementari (linguistiche, percettive, prassiche,visuomotorie, attentive, mnestiche) vedi elenco test Consensus fattori ambientali condizioni emotive e relazionali comorbilità = co-occorrenza di altri disturbi specifici dell’apprendimento e/o compresenza di altri disturbi evolutivi (ADHD,disturbi del comportamento, dell’umore, ecc…) PROCEDURE E STRUMENTI DELL’INDAGINE DIAGNOSTICA-6 IMPORTANTE: Approfondimento del profilo del disturbo per la qualificazione funzionale del disturbo Indagine strumentale e osservazione clinica per completare il quadro diagnostico nelle sue diverse componenti sia per le funzioni deficitarie che per le funzioni integre Predisposizione del profilo funzionale per la presa in carico e per un progetto riabilitativo LA DISLESSIA EVOLUTIVA Consensus Definizione (tradizionale): discrepanza tra l’abilità di lettura e il livello intellettivo in soggetti che hanno ricevuto un adeguato insegnamento e non hanno deficit sensoriali Una tale definizione è puramente comportamentale e lascia aperta la questione relativa alle possibili cause sottostanti sebbene la dislessia sia considerata un disturbo neurologico con una base genetica LA DISLESSIA E’ EREDITARIA? Poco tempo dopo la descrizione dei primi casi di dislessia “congenital word blindness” blindness” (Hinshelwood 1895 e Morgan 1896) veniva già sottolineato come tale condizione tenda a ricorrere più frequentemente in alcune famiglie Stephenson (1907) “Six “Six cases of congenital wordwordblindness affecting three generations of one family”. family”. Ophthalmoscope 5, 482482-484. LA DISLESSIA E’ EREDITARIA? Il primo studio genetico condotto su un’ampia famiglia risale al 1950 (Hallgren et al). Da allora numerosi studi hanno documentato un maggior rischio di difficoltà di lettura nei parenti di soggetti con dislessia (Finucci 1976, Lewitter 1980, Vogler 1985, Pennington 1991, Wolff 1994). Nei bambini appartenenti a famiglie con ricorrenza di dislessia il rischio di sviluppare un disturbo della lettura varierebbe tra il 30 e il 50 % (Gilger at al 1991) LA DISLESSIA E’ EREDITARIA? La ricorrenza familiare di una certa condizione può essere attribuita a fattori genetici ma potrebbe anche essere imputata a influenze ambientali comuni ai membri della stessa famiglia. Gli studi sui gemelli consentono di differenziare il contributo relativo delle influenze genetiche e del comune ambiente familiare. LE TEORIE …. perciò è tuttora aperto il dibattito sulla definizione delle cause biologiche e cognitive sottostanti Le principali teorie: 1) Teoria fonologica 2) Teoria cerebellare 3) Teoria uditiva 4) Teoria visiva Magnocellulare (Stein & Walsh, 1997) Modello neurobiologico (Ramus 2004) 1) Teoria fonologica deficit specifico nel processamento fonologico (rappresentazione, immagazzinamento e richiamo dei fonemi) difficoltà nella conversione grafemagrafema-fonema; studi anatomici (Galaburda 1985) e studi funzionali (Paulesu 1996, 2001; Shaywitz 1998, 2002; Pugh 2000; Temple 2001) supportano l’ipotesi di una disfunzione perisilviana sinistra come base del deficit fonologico. Deficit fonologico (1) Deficit primario e specifico nella codifica (cioè rappresentazione), nel recupero, nell’utilizzo e nella consapevolezza esplicita dell’informazione contenuta nel lessico fonologico (Carrol & Snowling, 2004; Ramus et al., 2003). Diversi studi longitudinali hanno dimostrato che molti bambini con disturbi specifici del linguaggio in età prescolare sviluppano successivamente difficoltà di lettura (37 - 75% (Catts, Fey, Zhang, & Tomblin, 1999; Larrivee & Catts, 1999; Snowling, Bishop, & Stothard, 2000; Young et al., 2002). Deficit fonologico (2) L’acquisizione della lettura è strettamente collegata allo sviluppo della consapevolezza fonologica e in particolare alla capacità di stabilire in modo efficiente un legame stabile tra fonemi e grafemi. Tale abilità, che rappresenta il fondamento della lettura nei sistemi ortografici di tipo alfabetico, risulta spesso deficitaria nei bambini con DE. Probabilmente la consapevolezza fonologica svolge un ruolo maggiore nelle prime fasi di acquisizione della lettura, mentre lo sviluppo di un adeguato sistema lessicale e di altre componenti linguistiche risulterà più importante nelle fasi successive (Chilosi et al., 2003). 2) Teoria cerebellare - difetto nel controllo motorio dell’articolazione dei suoni difetto nella rappresentazione fonologica; - difetto di automatizzazione lentezza nella conversione grafemagrafema-fonema; studi clinici di abilità motorie e di equilibrio (Fawcett 1996; Nicolson e Fawcett 1990), di stima del tempo (Nicolson 1995) hanno rilevato deficit nei soggetti dislessici; studi anatomici, metabolici e funzionali (Rae 1998, Nicolson 1999; Brown 2001; Leonard 2001) hanno evidenziato differenze significative a livello cerebellare tra dislessici e controlli. Deficit cerebellare (1) Questa teoria è nata in seguito all’osservazione che alcuni dislessici mostrano difficoltà nell’apprendimento procedurale, nelle abilità motorie, nell’equilibrio (Fawcett & Nicolson, 1996) e nella stima del tempo (Nicolson, Fawcett, & Dean, 1995), tutte abilità controllate dal cervelletto. 4) Teoria visiva fissazione binoculare instabile, deficit di vergenza, affollamento visivo difficoltà nel processamento di lettere e parole nel testo alterazione magnocellulare ⇒ deficit di processamento visivo e (attraverso la corteccia parietale posteriore) alterazione del controllo binoculare e dell’attenzione visuospaziale (Stein e Walsh 1997; Hari 2001); studi anatomici del nucleo genicolato laterale (Livingstone 1991), studi psicofisiologici di ridottà sensibilità alle basse frequenze spaziali e alte frequenza temporali (Lovegrove 1980; Cornelissen 1995), studi funzionali (Eden 1996) Deficit di processamento visivo (1) Alcuni autori ritengono che all’origine della DE vi sia un disturbo specifico dell’elaborazione visiva e, più in dettaglio, un difetto nella funzione inibitoria del sistema magnocellulare - che permette la localizzazione visiva e la rilevazione automatica delle variazioni dinamiche delle informazioni visive, mediante i movimenti saccadici- con conseguente abnorme durata della traccia visiva, che creerebbe così una sorta di affollamento di immagini (crowding) nel momento della lettura di un testo (Livingstone, Rosen, Drislane, & Galaburda, 1991; Lovegrove, Garzia, & Nicholson, 1990; Stein & Walsh, 1997). E ALLORA ?? … è possibile che ciascuna delle teorie sia di per sè valida anche se …. non per tutti i dislessici. Esistono DIVERSI sottotipi di dislessia ovvero DIVERSE “cause” indipendenti delle difficoltà di lettura?? lettura Fonologica Uditiva--Visiva Uditiva Cerebellare Magnocellulare (Stein & Walsh, 1997) VS Modello neurobiologico (Ramus 2004) CONCLUSIONI (1) • Le diverse teorie esposte sono supportate da solide evidenze cliniche e sperimentali. • Non è semplice rispondere alla domanda: “Una o più dislessie?” • La dislessia evolutiva è un disturbo specifico dell’apprendimento assai eterogeneo dal punto di vista clinico e neuropsicologico. • Nella pratica clinica è possibile verificare che alcuni soggetti mostrano difficoltà in un unico dominio cognitivo, mentre altri soggetti presentano deficit multipli. CONCLUSIONI (2) • Se dunque sulle cause di tali deficit esista una discussione aperta tra i ricercatori, nella pratica clinica è possibile identificare fenotipi cognitivi differenti. • La valutazione diagnostica deve dunque essere allargata ai diversi domini cognitivi implicati nella lettura. • E’ un passaggio indispensabile per poter impostare un trattamento riabilitativo individualizzato sul profilo cognitivo del singolo bambino, e poterne cogliere le implicazioni didattiche e pedagogiche (Katzir & Pare-Balagov, 2006; Katzir, 2009).