Il giudizio risarcitorio dinanzi al g.a. dopo il codice del processo
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Il giudizio risarcitorio dinanzi al g.a. dopo il codice del processo
79 D i r i t to A m m i n i st r at i vo Il giudizio risarcitorio dinanzi al g.a. dopo il codice del processo amministrativo di Ignazio Pagani – Olga Toriello Sommario: 1. Individuazione del soggetto passivamente legittimato. – 1.1. Ambito oggettivo dell’azione di condanna e profili di giurisdizione. – 1.2. Oggetto dell’azione di condanna: tutela specifica o per equivalente. – 1.3. Termine per la proposizione della domanda e sua decorrenza. – 1.4. Onere della prova. – 1.5. La competenza territoriale nei giudizi risarcitori. – 1.6. Forma e qualificazione della domanda. - 2. La giurisdizione del giudice ordinario in caso di attività materiale e di attività privatistica della pubblica amministrazione e in caso di atti autoritativi sottratti al giudice amministrativo. – 3. Il riparto di giurisdizione sul danno lesivo di diritti soggettivi. I diritti incomprimibili e costituizionalmente garantiti, come il diritto alla salute. – 4. La giurisdizione sul risarcimento del danno in materia di pubblici appalti. – 5. Il riparto di giurisdizione in ordine ai giudizi risarcitori in materia espropriativa. – 6. La giurisdizione sul risarcimento del danno in materia di permesso di costruire e denuncia di inizio attività. – 7. La giurisdizione sul danno ambientale. – 8. La giurisdizione sul danno da mobbing. – 9. La legittimazione passiva del funzionario autore dell’atto illegittimo e la giurisdizione sulle domande risarcitorie nei confronti del funzionario. – 10. Ottemperanza e risarcimento del danno. – 11. La domanda risarcitoria e il rito del silenzio. – 12. L’azione risarcitoria proposta in appello. – 13. La tutela risarcitoria e l’improcedibilità del giudizio di annullamento. – 14. L’assorbimento della domanda risarcitoria. 1. Individuazione del soggetto passivamente legittimato Parlare di azione risarcitoria – indipendentemente dalla posizione soggettiva di interesse legittimo o diritto soggettivo che ne è substrato – richiede anzitutto un’esatta individuazione del soggetto passivamente legittimato. Il concetto di pubblica amministrazione va inteso in senso non formale, ma sostanziale. In esso vanno compresi quindi anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo come disciplinato dalla L. n. 241/1990 (art. 7, comma 2, codice). Si pensi, ad esempio, ai soggetti di diritto privato che sono qualificati come “enti” o “soggetti” aggiudicatori, dall’art. 3, commi 29 e 31, D.Lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) e che in ragione di ciò sono destinatari delle norme sulla contrattualistica pubblica. Anche ad essi si applicano quindi le disposizioni del codice processuale amministrativo. 1.1. Ambito oggettivo dell’azione di condanna e profili di giurisdizione Per l’art. 7, comma 3, del codice, la giurisdizione amministrativa si articola in tre forme: generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito. Nell’esercizio della giurisdizione generale di legittimità ed in quella esclusiva, il g.a. conosce anche le questioni attinenti al risarcimento del danno: nel primo caso, se derivato da lesione di mero interesse legittimo; nel secondo, derivato anche da lesione di diritto soggettivo. Lo stesso codice, all’art. 30 comma 6 devolve alla giurisdizione del giudice amministrativo ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi. I dubbi di costituzionalità dell’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione sul risarcimento del danno sono stati fugati dalla Corte costituzionale, che configura il risarcimento come rimedio, ossia come mezzo di tutela ulteriore, nell’ambito dello strumentario a disposizione del giudice amministrativo (Corte cost. nn. 204/2004 e 191/2006). Va ricordato che la giurisdizione generale di legittimità concerne le controversie – generate da azione (o da inazione) del potere amministrativo - relative ad atti, provvedimenti od omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese (appunto) quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, anche se introdotte in via autonoma (art. 7, comma 4). Ne restano esclusi, in modo espresso, atti e provvedimenti emanati dal governo nell’esercizio del potere politico (art. 7, comma 1), secondo una norma che ricalca la costante disciplina ostativa, per il g.a., di sindacare le scelte di merito, espressive di discrezionalità politica ed amministrativa. Poiché l’amministrazione è una delle forme in cui si esplica il potere esecutivo, ammetterne l’ispezione del g.a. equivarrebbe a legittimare uno sconfinamento del giudiziario nel campo di azione del potere esecutivo. Di contro, nell’ambito della giurisdizione esclusiva – che consente al g.a. di conoscere le controversie anche sotto il profilo del danno da lesione di diritto soggettivo – rientrano quelle elencate dall’art. 133 del codice o da altre leggi speciali. 1.2. Oggetto dell’azione di condanna: tutela specifica o per equivalente Secondo l’art. 30 del codice, l’azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione. Nei 80 soli casi di giurisdizione esclusiva, o in quelli indicati dallo stesso art. 30, può proporsi anche in via autonoma. Con questa azione può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva (art. 133 cod.) può anche chiedersi il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. È rimessa al ricorrente la scelta tra una domanda di risarcimento per equivalente o in forma specifica. Le ragioni di tale scelta possono esser le più varie, nella mente del ricorrente. La tutela specifica consente assai spesso un pieno ristoro del bene della vita, sia in ipotesi di interesse pretensivo (nel quale caso si porrà, accanto a quella specifica, il problema della tutela per equivalente pecuniario in cui nelle more del giudizio, eventualmente il ricorrente abbia avuto compresso tale interesse: si pensi al caso di annullamento del diniego di permesso di costruire), che di interesse oppositivo (nel quale, forse per la maggiore efficacia della tutela cautelare di indole sospensiva, si pone con minor forza il profilo risarcitorio, anche ai sensi dell’art. 2058 capoverso c.c.). La regola dell’art. 2058 c.c., se da un lato è assai chiara nel rimettere al danneggiato l’opzione per una esecuzione specifica quando essa sia ancora in tutto o in parte possibile, lo è altrettanto nel far salva la possibilità per il giudice di disattendere la richiesta di ristoro specifico – in favore di un risarcimento per mero equivalente – se esso risulti eccessivamente oneroso per l’amministrazione. L’argomento non è di poco conto, avuta considerazione delle potenziali conseguenze economiche derivanti per l’amministrazione nell’un caso, rispetto all’altro. Proprio per l’eccessiva onerosità, tipica del risarcimento per equivalente, dottrina e giurisprudenza sono da sempre orientate a ritener preferibile nel giudizio amministrativo la risarcibilità specifica, proprio perché idonea a garantire la riparazione del danno ingiusto con il minor sacrificio per l’amministrazione. In disparte, va tenuto l’argomento del risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo per la materia degli appalti, del quale diremo in specifico successivo paragrafo. 1.3. Termine per la proposizione della domanda e sua decorrenza Con soluzione, si è detto, volutamente compromissoria tra opposte esigenze della p.a. e del cittadino leso, il legislatore fissa in 120 giorni il termine per la propo- i l d i r i t to p e r i c o n c o rs i 1/2011 sizione della domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi. Per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento (cfr. art., 2 L. n. 241/90), vi è riserva di giurisdizione esclusiva del g.a. (art. 133 comma 1, lett. a), cod.) ed il termine di 120 giorni non decorre fintanto che perdura l’inadempimento: esso inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere. La disposizione è strettamente collegata con il disposto dell’art. 2 bis della L. n. 241/1990 (inserito dall’art. 7, comma 1, lett. c) della L. 18 giugno 2009, n. 69) il quale ora dispone che le pubbliche amministrazioni e i soggetti ad essa equiparati nell’obbligo del rispetto delle norme sul procedimento amministrativo, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. Il termine ha natura decadenziale e decorre dal giorno in cui il fatto si è verificato, ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Stante la sua natura decadenziale, questo termine processuale, da un lato, è soggetto alla sospensione feriale ai sensi dell’artt. 54, comma 2; dall’altro è sottratto – giusta artt. 2964 c.c. alle norme relative all’interruzione della prescrizione (art. 2943 ss. c.c.) o alla sospensione della decorrenza (2941 ss. c.c.) salvo che specifiche disposizioni di legge non dispongano diversamente. Il diritto di proporre questa azione risarcitoria non può ritenersi rientrante nella disponibilità della parte, proprio per le ragioni di interesse generale pubblico di cui si è riferito, con ogni seguente sua immodificabilità ai sensi dell’art. 2968 c.c. Come nel rito civile, la violazione di questo termine decadenziale di 120 giorni (ex art. 30, comma 3, codice) potrà essere eccepita d’ufficio dal giudice amministrativo, nel caso invitando le parti ai sensi del novellato art. 101 comma 2 c.p.c. a trattare l’argomento nel corso del processo. L’azione risarcitoria è proponibile con ricorso, notificato alle parti alle quali il risarcimento è chiesto (compresi i beneficiari dell’atto, nell’ipotesi di azione di condanna, art, 41, co. 2) nel ricordato termine di 120 giorni, indipendentemente dalla preventiva (entro 60 giorni) notifica di una ordinaria azione di annullamento. La soluzione codicistica (art. 30, comma 3) quindi consente anche l’edizione di una domanda non contestuale ad altra azione (art. 30, comma 1). Essa riprende numerosi e recenti insegnamenti giurisprudenziali che, pur anteriori al codice (ed alla soluzione del tema della pregiudiziale amministrativa) sono comunque maturati in un contesto che pienamente legit- 81 D i r i t to a m m i n i st r at i vo timava la domanda risarcitoria (pur nella controversa sua assoggettabilità alla citata pregiudiziale): si ricordano, sul punto, gli insegnamenti del Consiglio di Stato (Ad. plen., 2006 n. 2); della Cassazione (Sez. Un., nn. 13659 e 13660/2006) e della Corte costituzionale (Corte cost., n. 191/2006). Nel determinare il risarcimento il giudice valuta ogni circostanza di fatto, oltre al comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti. Sotto questo profilo, il codice consente a tutti i giudizi amministrativi che presentano profili risarcitori l’applicazione – che può aversi anche d’ufficio – della regola generale posta dall’art. 1227 c.c. per quale – come è noto – se il fatto colposo del creditore (qui, il ricorrente) ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che per effetto di tal colpa sono derivate. La norma trova poi espresso richiamo nella particolare disciplina del giudizio in materia di contrattualistica pubblica, ove l’art. 243 bis, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006 (come introdotto dal D.Lgs. n. 53/2010) prevede che l’omissione del cd. “preavviso di ricorso” introdotto da questo articolo costituisce comportamento valutabile, ai fini della decisione non solo sulle spese di giudizio, ma anche ai sensi dell’art. 1227 c.c. La regola del concorso di colpa del danneggiato nel processo amministrativo presenta, però, necessarie differenziazioni rispetto agli ordinari orizzonti civilistici, per i quali è nata. Una volta escluso – ora, dalla legge – il necessario assolvimento della pregiudiziale amministrativa, resta da chiedersi se la circostanza potrà ponderarsi dal g.a. quale elemento riduttivo dell’ammontare risarcitorio da corrispondersi al soggetto il cui interesse legittimo sia stato leso. La riduzione del risarcimento, che potrà anche essere anche totale nel caso in cui il g.a. ritenga – per ripetere le parole dell’art. 30, comma 3, ultimo periodo, del codice – che l’interessato avrebbe potuto evitare “usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’impugnazione, nel termine di decadenza, degli atti lesivi illegittimi” – è una previsione che rimette, almeno parzialmente, a fuoco il tema della pregiudiziale amministrativa che pure il codice si era prefisso di risolvere. Se pur, da un lato, il privato leso nel proprio interesse legittimo dall’azione amministrativa è legittimato a domandarne ristoro entro 120 giorni indipendentemente dall’azione di annullamento (conferma se ne trae dal fatto che quella risarcitoria ha termine di proposizione maggiore rispetto a quella di annullamento ordinario, proponibile in sessanta giorni salvi i riti spe- ciali), d’altro lato lo stesso art. 30, comma 3, del codice specifica che l’azione di annullamento, pur non necessaria in rito (ai fini della procedibilità processuale della domanda risarcitoria) ne può costituire elemento valutativo nel merito in ordine al quantum debeatur ove il g.a. reputi che l’omesso gravame annullatorio (indipendentemente da valutazioni di malafede) sia stato causa esclusiva della determinazione del danno. La conclusione merita attenzione, perché così si è fatto rientrare dalla finestra (dei tribunali amministrativi) quel tema della pregiudiziale che lo stesso codice ha fatto uscire dai (loro) portoni. Se il disegno era quello di pervenire ad una semplificazione del quadro processuale, che andasse ben oltre il modello della concentrazione già ottenuto con la L. n. 205/2000, per l’ottenimento di quel processo giusto e celere disegnato dall’art. 111 Cost., forse si tratta di una occasione – se non perduta – quantomeno inutilmente spesa. Difatti, l’accorto ricorrente, al fine di cautelarsi da declaratorie di diniego risarcitorio, evitabili attraverso tempestiva impugnazione, chiederà sempre il preventivo annullamento del provvedimento lesivo di interessi legittimi (nei 60 giorni ordinari, o in quel termine minore dei riti speciali), assai spesso – per ragioni di economia, anche processuale – con unica domanda. Se ne può immaginare che per tale ragione, nella maggior parte delle ipotesi – e pur essendovi temine di 120 giorni – l’azione risarcitoria verrà svolta unitamente a quella annullatoria (ex art. 30, comma 1, codice) nei 60 giorni decadenziali a quest’ultimo scopo fissati. Ancora, che la domanda di annullamento, da condizione processuale “di procedibilità” per quella risarcitoria (cd. pregiudiziale amministrativa), diventa condizione “di valutabilità e ponderazione” del quantum risarcibile, con possibilità di pervenirne all’esclusione ove contro quell’atto (pur figlio di una condotta amministrativa permeata da colpa grave) il ricorrente si sia limitato a proporre, pur nel rispetto del termine decadenziale di 120 giorni, alla notifica della sola domanda risarcitoria. Una particolare disciplina dei termini – utile soprattutto nel primo periodo di applicazione del codice, ma che potrà avere valenza stabile anche in futuro – concerne le domande nate mere azioni di annullamento, nell’ambito delle quali la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. 1.4. Onere della prova La premessa natura processuale di questo scritto non può esimere dalla trattazione di alcuni cenni in ordi- 82 ne al sistema probatorio al quale è soggetta l’azione di condanna della p.a. per lesione di interessi legittimi o diritti soggettivi, ai sensi dell’art. 30 del codice. Una compiuta risposta non può prescindere da un cenno in ordine alla qualificazione della natura giuridica (contrattuale o aquiliana) di tale responsabilità amministrativa, posto che l’esatta individuazione di essa, costituisce necessario presupposto per trattare utilmente dell’onere della prova. Sussiste infatti un differenziato sistema – a livello civilistico – quindi pur in un modello processuale di matrice “dispositiva” - della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Questo, soprattutto in ordine a termine di prescrizione dell’azione (dieci anni nella responsabilità contrattuale e cinque in quella aquiliana – artt. 2946 e 2947 c.c.); onere della prova, perché in caso di responsabilità contrattuale, la colpa si presume e incombe sul debitore l’onere di provare la non imputabilità dell’inadempimento (art. 1218 c.c.) mentre in caso di responsabilità aquiliana, è onere del danneggiato provare la colpa o il dolo dell’autore del danno; misura del risarcimento, che in caso di responsabilità contrattuale è circoscritto ai danni prevedibili, salvo il caso di dolo del debitore (art. 1225 c.c.) o concorso di colpa del danneggiato (art. 1227 c.c.), mentre in caso di responsabilità aquiliana è esteso anche ai danni non prevedibili (art. 2056 c.c.); natura del debito, che è di valuta nella responsabilità contrattuale, con conseguente debenza dei soli interessi legali ed esclusione della rivalutazione automatica, e onere del debitore di provare il maggior danno rispetto a quello coperto dagli interessi legali (art. 1224 c.c.), mentre è di valore nella responsabilità aquiliana, con conseguente diritto alla rivalutazione monetaria oltre che agli interessi legali. La maggioritaria giurisprudenza amministrativa, al momento di entrata in vigore del codice, tende a valorizzare la tesi della natura aquiliana della responsabilità della pubblica amministrazione, con i ricordati corollari che ne derivano. Solo in alcune specifiche ipotesi si è ritenuto che la responsabilità abbia natura contrattuale: ad esempio, nell’ambito di un rapporto di impiego non privatizzato, attratto alla giurisdizione esclusiva del g.a., ove il dipendente lamenti una lesione della propria integrità fisica, l’azione risarcitoria ha natura contrattuale, e non aquiliana, se venga dedotta una specifica inosservanza datoriale di obbligazioni contrattuali, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., Sez. Un., n. 22100/2006). Una volta chiarita la natura extracontrattuale del risarcimento in parola, va ricordato che poco incide la disciplina prescrittiva quinquennale della relativa obbligazione risarcitoria, per la sussistenza del (minor) i l d i r i t to p e r i c o n c o rs i 1/2011 termine decadenziale di 120 giorni che l’art. 30, comma 3, del codice fissa per la proposizione della domanda. Quanto alle prove, ribadito che in un giudizio per responsabilità che si ipotizza extracontrattuale è onere del danneggiato provare la colpa o il dolo dell’autore del danno, mediante allegazioni soggette al regime del principio dispositivo ex art. 2697 e seguenti c.c., soprattutto se la lesione concerne diritti soggettivi, mentre può venir temperato dal metodo acquisitivo con valenza del “principio di prova” nel caso di lesione di interessi legittimi. Per il resto si fa rinvio, in materia di onere probatorio, alla parte di questo manuale che tratta l’istruttoria nel processo amministrativo. Per quanto occorra a fini di completezza del presente paragrafo, occorre ricordare che - ai fini dell’ammissibilità della domanda risarcitoria - è necessario che essa venga formulata, fin dal ricorso di primo grado, in termini tali da consentire al giudice di indirizzare i propri apprezzamenti in una direzione sufficientemente determinata, assistita da sufficienti principi di prova e dalla quantificazione del danno che si assume subito: al riguardo, non può ritenersi sufficiente la generica richiesta, perché in questa materia il giudice amministrativo può utilizzare il criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c. al pari di quanto è consentito al giudice ordinario. Né, secondo la più recente ed attenta giurisprudenza, possono supplire a tali carenze i ricorsi a metodi empirici o regole di comune esperienza, come avveniva ad esempio per il risarcimento del danno in materia di pubblici appalti. 1.5. La competenza territoriale nei giudizi risarcitori Ove il processo amministrativo abbia ad oggetto il risarcimento del danno €o i diritti patrimoniali consequenziali, il combinato disposto degli artt. 30 e 13 del codice porta a configurare competente per la cognizione del relativo giudizio il Tar individuabile in base alle ordinarie regole di competenza in materia di giurisdizione generale di legittimità. L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, seguita in prosieguo dalle sezioni semplici, ha aderito a tale soluzione, osservando che il giudice che decide sulla domanda di risarcimento è il medesimo che valuta l’impugnazione dell’atto lesivo (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2004). Nella diversa ipotesi di azione risarcitoria pura (ossia disancorata ad un giudizio impugnatorio) potrebbe concludersi che, prescindendo dall’azione impugnatoria, non possa agganciarsi la competenza territoriale per l’azione risarcitoria ad un’inesistente (e non più necessaria) connessione con azione impugnatoria, con applicazione dei canoni di competenza territoriale D i r i t to a m m i n i st r at i vo previsti dal codice di procedura civile, per effetto del rinvio esterno di cui all’art. 39 del codice. La regola generale del foro del convenuto non darebbe luogo a particolari problemi laddove l’azione risarcitoria viene proposta nei confronti di pubbliche amministrazioni; la competenza sarebbe del Tar nella cui circoscrizione ha sede l’amministrazione autrice del provvedimento, e dunque troverebbe applicazione un criterio analogo a quello della sede dell’ente, impiegato pure per l’impugnazione dei provvedimenti. La questione potrebbe essere particolarmente delicata in materie, come quella dell’espropriazione, in cui soggetti responsabili possono essere non solo le amministrazioni titolari del potere espropriativo, ma anche soggetti privati delegati per il compimento delle operazioni espropriative, quali il concessionario di opera pubblica e il contraente generale. In ogni caso, per dedurre l’incompetenza in un giudizio risarcitorio, deve utilizzarsi il regolamento di competenza disciplinato dall’art. 15 del codice. 1.6. Forma e qualificazione della domanda La domanda di risarcimento del danno va proposta con ricorso da notificarsi a tutte le parti verso le quali essa – ove accolta – avrebbe possibilità di esplicare i propri effetti. Ai sensi dell’art. 30, è indifferente che sia proposta nell’ambito dell’azione di annullamento, ovvero con ricorso autonomo: ciò che conta è la sua proposizione nel termine decadenziale di 120 giorni indicati dal terzo comma dell’articolo in parola. Salvo quanto si è detto in materia di potenziale riduzione del risarcimento richiesto nel caso in cui il g.a. dovesse ritenere che il danno non si sarebbe prodotto ove il ricorrente avesse esperito l’ordinaria azione di annullamento ex art. 29 cod. nei termini di tempo ivi previsti, in applicazione delle previsioni di cui agli artt. 30, comma 3, del codice e dell’art. 1227 c.c. Se è fondata sulle stesse ragioni che sorreggono l’azione di annullamento degli atti impugnati, non deve essere necessariamente proposta mediante un autonomo motivo di ricorso, potendo essere contenuta anche solo nelle conclusioni. La domanda risarcitoria può essere proposta anche nel corso del giudizio per l’annullamento dell’atto che ha causato il danno, purché con atto notificato alla controparte (e non con semplice memoria depositata) nel rispetto dei principi di difesa e del contraddittorio. La questione risarcitoria, infatti, costituendo sviluppo della domanda originaria, può essere ricondotta allo schema dei motivi aggiunti (Ad. plen., n. 9/2007). È quindi ammissibile la domanda di risarcimento del danno formulata con 83 ulteriore domanda ritualmente notificata nel corso del giudizio tempestivamente proposto contro il provvedimento autoritativo, anche per mezzo di motivi aggiunti. L’azione di risarcimento del danno davanti al giudice amministrativo non va ritenuta come demolitoria di atti, ma si configura quale accertamento di un diritto fatto valere dal privato e di condanna dell’amministrazione ritenuta responsabile, per cui il relativo procedimento giurisdizionale deve seguire le regole proprie delle controversie su diritti soggettivi, anche sotto il profilo processuale (nella specie si è fatta applicazione dell’art. 102 c.p.c., essendosi configurata un’ipotesi di litisconsorzio necessario). Inoltre, l’originaria domanda di generico accertamento del diritto al risarcimento del danno, rivolta al giudice amministrativo, può essere specificata dalla parte interessata in corso di causa, senza particolari adempimenti formali, nella richiesta di condanna dell’amministrazione al pagamento di una determinata somma di denaro, consistendo tale facoltà in una consentita emendatio libelli. 2.La giurisdizione del giudice ordinario in caso di attività materiale e di attività privatistica della pubblica amministrazione e in caso di atti autoritativi sottratti al giudice amministrativo Abbiamo detto che per l’art. 30, comma 2, del codice, la giurisdizione del g.a. sussiste solo ai fini di conoscere il risarcimento del danno ingiusto di natura patrimoniale derivato dall’illegittimo svolgimento di attività amministrativa o del mancato esercizio di tale attività, se obbligatoria (es. art. 2 bis, L n. 241/1990). In questi casi, secondo l’ultimo comma dell’art. 30 codice, la questione rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo. Restano esclusi dalla previsione dell’art. 30 i casi in cui il danno sia derivato da una attività meramente materiale dell’amministrazione: in queste ipotesi, pur formalmente provenendo da un soggetto pubblico, l’atto non è frutto dell’esercizio di un potere o di una funzione pubblica, ossia il risultato di un procedimento con manifestazione volitiva (o omissiva) dell’ente. Questo perché, quanto ai comportamenti dell’amministrazione, secondo la Corte cost. (n. 204/2004) vanno distinti i meri comportamenti materiali da quelli che costituiscono comunque esercizio di funzione amministrativa. I primi rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, i secondi nella giurisdizione del giudice amministrativo. 84 Tra le prime ipotesi, v’è il caso di danno derivante dalla cattiva manutenzione di strade pubbliche, o da cattiva esecuzione o manutenzione di opere pubbliche, dove viene in considerazione non un’attività provvedimentale autoritativa, ma un’attività materiale soggetta al principio del neminem ledere di cui agli articoli 2043 e seguenti c.c. (Cass., Sez. Un., n. 22521/2006). La giurisdizione spetta al giudice ordinario anche per le cause risarcitorie relative ad attività privatistiche della pubblica amministrazione: si pensi agli inadempimenti della parte pubblica nella fase di esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche, ovvero alle questioni risarcitorie che insorgano in relazione a rapporti di pubblico impiego privatizzato, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario. La giurisdizione sulle cause risarcitorie è del giudice ordinario anche quando vi sono atti amministrativi che non sono sindacabili da parte del giudice amministrativo. È ad esempio il caso degli atti relativi alle operazioni elettorali per l’elezione di Camera e Senato, sottratti alla giurisdizione di qualsivoglia giudice, e soggetti al sindacato delle Camere (Cass., Sez. Un., n. 8118/2006); una volte che le Camere abbiano annullato gli atti illegittimi, le cause risarcitorie rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. Un., n. 8118/2006). 3. Il riparto di giurisdizione sul danno lesivo di diritti soggettivi. I diritti incomprimibili e costituizionalmente garantiti, come il diritto alla salute Nelle materie rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nelle quali esso conosce anche dei diritti soggettivi, le controversie risarcitorie da lesione di diritti soggettivi rientrano nella medesima giurisdizione (art. 30, comma 2, codice). Il che accade, ad esempio, in materia di pubblico impiego non privatizzato, nel quale i danni da inadempimento delle obbligazioni del rapporto sono chiesti al g.a. La Cassazione sembra peraltro non escludere, in caso di lesione dell’integrità fisica del dipendente pubblico, il concorso dell’azione di responsabilità contrattuale e dell’azione di responsabilità aquiliana, con diversa giurisdizione, rispettivamente davanti al giudice amministrativo e al giudice ordinario. Ha infatti osservato che nell’ambito di un rapporto di impiego non privatizzato, attratto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, laddove il dipendente lamenti una lesione della propria integrità fisica, l’azione risarcitoria ha natura contrattuale, e non aquiliana, se il ricorrente deduca la specifica inosservanza da parte del datore di lavoro pubblico di obbligazioni contrat- i l d i r i t to p e r i c o n c o rs i 1/2011 tuali, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo. Si deve però ritenere proposta l’azione di responsabilità aquiliana tutte le volte che non emerga una precisa scelta del danneggiato a favore di quella contrattuale, e quindi allorché, ad esempio, il danneggiato invochi la responsabilità aquiliana ovvero chieda genericamente il risarcimento del danno senza dedurre una specifica obbligazione contrattuale (Cass., Sez. Un., n. 22100/2006). Se poi la lesione di diritti soggettivi deriva da attività materiale o privatistica della pubblica amministrazione, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Infine, secondo il costante insegnamento della Cassazione, ribadito anche dalle Sezioni Unite nel giugno 2006, l’amministrazione deve essere convenuta davanti al giudice ordinario in tutte le ipotesi in cui l’azione risarcitoria costituisca reazione alla lesione di diritti incomprimibili, come la salute. Si è così affermato che rientra nella giurisdizione del g.o. la domanda di risarcimento del danno proposta da privati nei confronti della pubblica amministrazione o suoi concessionari, per conseguire il ristoro del danno alla salute (nello specifico, si trattava di danno derivato dalla costruzione e messa in esercizio di una linea di trasmissione di energia elettrica, la cui induzione magnetica è superiore alla soglia di attenzione, trattandosi di controversia meramente risarcitoria che riguarda il danno a persone o cose, essendovi comportamenti meri dell’amministrazione o suoi concessionari, Cass., Sez. Un., n. 4908/2006). 4.La giurisdizione sul risarcimento del danno in materia di pubblici appalti L’art. 133, comma 1, lett. e.1), del codice (come già la precedente versione dell’art. 244 D.Lgs. n. 163/2006) devolve – tra le altre - alla giurisdizione esclusiva del g.a. ogni controversia, incluse quelle risarcitorie, relative a procedure d’affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, comprese quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative. La previsione di cui all’ultimo periodo era già stata introdotta all’art. 244, comma 1, D.Lgs. n. 163/2006 dalla novella operata dal D.Lgs. n. 53/2010 (anche in tal caso venendo a comporre un contrasto positivo di giurisdizione tra g.o. e g.a. sul punto) che ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del g.a. la pronuncia sulla D i r i t to a m m i n i st r at i vo dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione (già artt. 245 bis e ter, D.Lgs. n. 163/2010) nonché alle sanzioni alternative di cui al successivo articolo art. 245 quater. Il significato più pregnante della giurisdizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lettera e.1), del codice, sulle procedure di affidamento si coglie nella circostanza che, essendo la giurisdizione estesa ai diritti soggettivi, il giudice amministrativo conosce anche delle controversie in materia di risarcimento del danno. Pertanto, nelle controversie in tema di procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, può essere chiesta al giudice amministrativo la tutela risarcitoria, sia in relazione alle lesione di diritti soggettivi, sia in relazione alla lesione di interessi legittimi, e tanto a prescindere dalla distinzione tra appalti di rilevanza comunitaria, e appalti di diritto interno (c.d. sopra o sotto soglia). Resta da domandarsi se la giurisdizione si estenda anche ai comportamenti scorretti o da ritardo della pubblica amministrazione nella fase delle trattative contrattuali. La risposta positiva può argomentarsi osservando che per la previsione dell’art. 30, comma 2, codice, la possibilità risarcitoria può aversi non solo in caso di azione amministrativa illegittima, ma anche in caso di omissione doverosa (c.d. inazione amministrativa) che è sanzionata, ad esempio, dall’art. 2 bis della L. n. 241/1990 nel caso di violazione dolosa o colposa dei termini per la conclusione del procedimento. Tra i casi che rientrano in questo novero risarcitorio, vanno menzionati: silenzi; ritardi; rifiuti taciti; comportamenti scorretti nella fase delle trattative, che sono fonte di responsabilità precontrattuale anche a prescindere dall’adozione di atti illegittimi. A conferma di queste conclusioni si era schierata la giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria (Ad. plen., nn. 4 e 7/2005) dalle quali si desume che - anche dopo la demolizione del riparto di giurisdizione per blocchi di materie operata dalla Corte cost. con sentenza n. 204/2004 - permane la giurisdizione del g.a. sul risarcimento dei danni da “comportamenti” tenuti nella fase precontrattuale, in quanto non si tratta di meri comportamenti materiali, ma pur sempre comportamenti connessi all’esercizio di pubbliche funzioni. 5. Il riparto di giurisdizione in ordine ai giudizi risarcitori in materia espropriativa L’art. 133, comma 1 del codice, alle lettere g) ed h) devolve la materia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Segnatamente, sono riservate alla cognizione esclusiva del g.a. – anche per gli eventuali profili risarcitori (art. 30 codice) – le controversie aventi ad og- 85 getto atti, provvedimenti, accordi e comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere da parte delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa (art. 133, comma 1, lett. g) e quelle aventi ad oggetto i decreti di espropriazione per causa di pubblica utilità delle invenzioni industriali (lett. h). Valgono, anche in questo caso, alcune regole presupposte per il radicamento dell’azione, che la giurisprudenza ha da tempo ricavato. Ad esempio, quando la dichiarazione di pubblica utilità, originariamente esistente, viene annullata in sede giurisdizionale, l’occupazione è conseguente all’esercizio di potere pubblicistico, ancorché viziato, per cui la giurisdizione spetta al giudice amministrativo. In tal senso è anche la plenaria del Consiglio di Stato (Ad. plen., n. 10/2007). Secondo la Cassazione spettano invece al giudice ordinario le controversie in materia di occupazione, quando la dichiarazione di pubblica utilità manca ab origine; oppure di occupazione che perdura dopo la scadenza della dichiarazione di pubblica utilità; oppure del decreto di esproprio emesso dopo la scadenza dei termini fissati nella dichiarazione di pubblica utilità. Questo perché si tratta di ipotesi si provvedimenti assunti in totale carenza di potere e presupposti. L’Adunanza plenaria, ponendosi in parziale contrasto con le Sezioni Unite, ha ritenuto che: spetta al giudice ordinario l’ipotesi di occupazione quando la dichiarazione di pubblica utilità manca del tutto (in linea con la tesi delle Sezioni Unite); spetta al giudice amministrativo l’ipotesi di occupazione in base a dichiarazione di pubblica utilità successivamente annullata (in linea con la tesi delle Sezioni Unite); spetta al giudice amministrativo ogni altra ipotesi in cui l’occupazione sia seguita ad una dichiarazione di pubblica utilità, e dunque ad un iniziale esercizio di potere pubblicistico, anche se il procedimento non si sia concluso con un decreto di esproprio, o si sia concluso con un decreto di esproprio tardivo (in contrasto con la tesi delle Sezioni Unite) (Ad. plen., nn. 9 e 12/2007). Resta da vedere se questi orientamenti troveranno conferma alla luce della nuova previsione codicistica. 6.La giurisdizione sul risarcimento del danno in materia di permesso di costruire e denuncia di inizio attività Le controversie in tema di dichiarazione di inizio attività (art. 133, comma 1, lett. a.3) e quelle aventi ad