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LE OPERAZIONI SULL’AZIENDA
SULL’AZIENDA ANTECEDENTI IL FALLIMENTO:
RESPONSABILITA’ E SANZIONI IN CASO DI PREGIUDIZIO AI
CREDITORI.
GLI ASPETTI PROBLEMATICI PENALI*
PENALI*
1- INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
A norma dell’art. 2555 c.c. l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore
per l’esercizio dell’impresa; per la prevalente giurisprudenza è costituita da una pluralità
di beni e rapporti unificati dalla destinazione produttiva.
L’azienda, in quanto tale, può essere oggetto di vicende “circolatorie” di vario tipo
essendo orami pacifico in dottrina e giurisprudenza che, per la finalità circolatoria
l’azienda viene vista quale un unicum con piena adesione, sul punto, alla concezione
“unitaria” dell’azienda.
È quindi prassi della moderna imprenditoria formalizzare contratti di affitto di azienda,
azienda
di comodato di azienda,
azienda di usufrutto di azienda ed infine di cessione di azienda.
azienda
La possibilità che la azienda possa essere oggetto di rapporti giuridici rileva ed incide in
materia fallimentare posto che sulla stessa potrebbero essere effettuate delle operazioni
giuridiche “in vista” del fallimento, e quindi quando la impresa sia già in stato di
insolvenza.
In
tale
ottica
bisogna
distinguere
le
operazioni
preordinate
dolosamente
dall’imprenditore a distrarre l’azienda o la parte attiva della impresa con pregiudizio per
i creditori, dalle operazioni finalizzate ad una conservazione dinamica dell’a
dell’azienda
attraverso la circolazione della stessa ante fallimento (art. 79 L.F.) oppure post procedura
* di ANDREA SATTA, dottore di ricerca e Professore a contratto di Diritto Penale Università degli Studi di Salerno
1
concorsuale con l’istituto dell’esercizio provvisorio dell’azienda (art. 104 L.F.) e dell’affitto
di azienda (art. 104 bis L.F.)
In proposito la stessa nozione di azienda, in materia fallimentare, subisce una
significativa dilatazione includendo in essa anche un complesso di beni solo
potenzialmente riorganizzabile. E infatti secondo dottrina dominante “essa sarebbe
coerente con un nuovo concetto di impresa, nella fase della insolvenza, non già come
attività produttiva, ma come potenziale organizzazione di beni e di persone, che non si
deve disgregare col procedimento concorsuale, che così assurge a strumento di
conservazione di questa organizzazione potenziale nella sua unitarietà, in una prospettiva
eventuale, ma compatibile con la fase della insolvenza”.
Oggetto di vicende circolatorie, peraltro, potrebbe anche essere, per espressa
previsione normativa (cfr. art. 104 L.F.) e per prassi imprenditoriale ormai avallata dalla
giurisprudenza di legittimità, il c.d. ramo di azienda. Nella nozione di ramo di azienda
rientra quella frazione del complesso destinato originariamente all’esercizio di un settore
della attività aziendale che integrando un idoneo e compiuto strumento di impresa dotato
di una attitudine alla destinazione imprenditoriale deve essere considerato, nella
dinamica dei rapporti giuridici e della circolazione dei diritti, sostanzialmente come una
azienda. In altre parole si constata il fenomeno giuridico del ramo di azienda quando
l’impresa, seppur gestita originariamente in modo unitario, possa essere logicamente
scissa in più ambiti di attività.
2 -L’AFFITTO e LA CESSIONE DI AZIENDA
Per effetto della stipulazione del contratto di affitto d’azienda,
d’azienda il concedente, proprietario
del bene, attribuisce l'intera
intera gestione dell'azienda di cui è proprietario ad un soggetto
terzo - affittuario - il quale, in conseguenza di ciò, si obbliga a "gestire l'azienda senza
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modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e
degli impianti e le normali dotazioni di scorte" (artt. 2561 - 2562 c.c.). In particolare l’affitto
di azienda permette il conseguimento di ulteriori fini (gestione di una crisi, passaggio
generazionale, affitto infragruppo, ecc.) senza il necessario e definitivo trasferimento del
complesso aziendale.
La causa del contratto de quo è quella per il concedente di trasformare la struttura
rischio-rendimento connaturata all'azienda con l'aspettativa, da un lato, di assicurarsi un
rendimento periodico dell'investimento formalmente predeterminato e quindi certo,
nella misura del canone, e, dall'altro, di mantenere nel tempo il valore economico del
complesso aziendale dato in gestione. Per converso, l'affittuario assume, invece, la
responsabilità dell'esercizio di un'attività economica senza dover effettuare un
investimento iniziale.
Il contratto di affitto d’azienda è disciplinato dall'art. 2561 c.c. il quale, pur regolando
l'usufrutto di azienda, si applica anche all'ipotesi di affitto in conseguenza del richiamo ad
esso effettuato dall'art. 2562 c.c. Oggetto del contratto di affitto è un’azienda,
un’azienda
considerata come il complesso unitario di tutti i beni mobili e immobili, materiali e
immateriali concessi in godimento, in quanto organizzati unitariamente per la produzione
di beni e servizi ( in tal senso, Cass. Civ., sentenza 7 novembre 1983, n. 6572). All’affitto
affitto
d’azienda si applicano gli artt. 2112 (mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimento d’azienda), 2557 (divieto di concorrenza) e 2558 c.c. (successione nei
contratti). Non sono, invece, applicabili gli artt. 2559 (crediti relativi all'azienda ceduta) e
2560 c.c. (debiti relativi all'azienda ceduta), salvo diversa pattuizione.
La stipula di un contratto d’affitto d’azienda impone degli obblighi sia in capo al
concedente sia in capo all’affittuario.
Gli obblighi per il concedente possono essere fondamentalmente individuati nella
consegna dell’azienda all’affittuario secondo le caratteristiche pattuite nel contratto
d’affitto in modo che essa possa servire all’uso ed alla produzione a cui è destinata (art.
1617 c.c.) e nel divieto di concorrenza per tutta la durata dell’affitto (art. 2557, co. 4
c.c.). La consegna dell’azienda secondo le caratteristiche pattuite in modo che possa
3
servire alla funzione a cui è destinata e il divieto di concorrenza sono obblighi
inderogabili.
Maggiori sono i vincoli in capo all’affittuario e sono riassunti nell’art. 2561, co. 1 e 2 c.c. Ai
sensi dell’art. 2561, co. 1 c.c., l'affittuario deve esercitare l'azienda sotto la ditta che la
contraddistingue, onde evitare il depauperamento
depauperamento dell'avviamento commerciale
dell'azienda e, di conseguenza, un danno nei confronti del nudo proprietario. In base al
comma 2 della medesima norma, l'affittuario, altresì, deve gestire l'azienda nella
prospettiva di tutelare l'interesse del nudo proprietario
proprietario a non vedere ridotta l'efficienza
del complesso aziendale, in vista di un ritorno nella posizione di imprenditore. Ricorre
l’obbligo del versamento di un canone per l’affitto.
La norma di cui all’art. 2558 c.c. - dettata in materia di cessione di azienda e ritenuta
comunemente applicabile anche all’affitto
affitto di azienda - pone il principio, derogabile
volontariamente, del trasferimento ex lege dei contratti aziendali a prestazioni
corrispettive non ancora completamente eseguite da entrambe le parti e che non
abbiano carattere personale.
In caso di fallimento della società concedente il contratto di affitto di azienda continuerà
ad avere valore con la possibilità per le parti di esercitare, nei tempi debiti, il diritto di
recesso (art. 79 l. fall.).
È di lapalissiana evidenza che il contratto di affitto di azienda “fittizio”, in cui vi è un fittizio
versamento del canone di locazione oppure in cui le parti contraenti sostanzialmente
coincidano per essere l’affittuario “testa di legno” del concedente, oppure perché il
canone di locazione appaia quantificato al ribasso al di fuori di logiche regole di mercato,
può dar vita a responsabilità penale in capo al concedente ed allo stesso affittuario per
bancarotta fraudolenta e bancarotta preferenziale (cfr. par. 3).
Gli stessi parenti “stretti” del contratto di affitto di azienda, quali il comodato di azienda e
l’usufrutto
usufrutto
di
azienda,
azienda ove scoprano operazioni sostanzialmente finalizzate a
pregiudicare i creditori del concedente e quindi finalizzate ad eludere la normativa
fallimentare, possono costituire gli elementi tipici della condotta di distrazione propria
della bancarotta fraudolenta (cfr. par. 3).
4
Per effetto della stipula del contratto di cessione dell’azienda si ha il trasferimento della
proprietà dell’azienda. Secondo l’art. 2557 c.c. il soggetto che cede l’azienda deve
astenersi dall’iniziare una nuova attività in concorrenza con quella ceduta per il periodo di
anni 5, ciò a tutela della componente dell’avviamento, quale parte dell’azienda, che
potrebbe essere lesa dallo sviamento di clientela per la nuova attività posta in essere dal
cedente.
Secondo l’art. 2558 c.c. l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti aziendali, non
personali, se non è stabilito diversamente. Non è ammesso patto contrario in riferimento
ai contratti ex art. 2112 c.c. per i quali vi è automatico subentro del cessionario nei
contratti di lavoro stipulati dal cedente.
Per quanto attiene ai debiti relativi alla azienda ceduta l’art. 2560 c.c. dispone che gli
stessi continueranno a gravare sull’alienante, se i creditori non abbiano consentito alla
cessione, e che gli stessi debiti graveranno sull’acquirente se risultanti dalle scritture
contabili obbligatorie.
Orbene anche nel caso in questione operazioni di cessione dell’azienda possono
disvelare, se poste in essere in prossimità di un fallimento, le intenzioni illecite di recare
pregiudizio ai creditori, potendo essere anche in tal caso delle operazioni del tutto fittizie
sotto il profilo della circolazione soggettiva dell’azienda così sotto il profilo del prezzo
pagato dall’acquirente privilegiato dall’alienante.
3 -LE RESPONSABILITA’ PENALI IN CASO DI PREGIUDIZIO AI CREDITORI.
La disciplina dei reati fallimentari tutela pienamente le ragioni della massa dei creditori
attraverso un ventaglio dettagliato e specifico di condotte illecite:
BANCAROTTA FRAUDOLENTA
Tipi di bancarotta fraudolenta:
5
Patrimoniale
Art.216 co 1 n.1:
Documentale
Art.216 co.1 n.2:
Distrazione,
dissimulazione,
distruzione
o
dissipamento
dissipamen to in tutto o
in parte dei beni ovvero,
allo scopo di recare
pregiudizio ai creditori,
esposizione
o
riconoscimento
di
passività inesistenti:
Sottrazione, distruzione o
falsificazione dei libri o
altre scritture contabili o
mantenimento degli stessi
in guisa da non rendere
possibile la ricostruzione
del patrimonio o del
movimento degli affari, con
lo scopo di procurare a sè
o ad altri un ingiusto
ingiusto
Diminuzione del patrimonio profitto
o
di
recare
in danno dei creditori
pregiudizio ai creditori:
Preferenziale
Art.216 co.3:
Post fallimentare
Art. 216 co.2:
Esecuzione di pagamenti o
simulazione di titoli di
prelazione prima o durante
la procedura fallimentare
allo scopo di favorire
taluno dei creditori a
danno degli altri:
violazione
soddisfare
creditori.
dell’obbligo
ugualmente
Dopo la dichiarazione
di fallimento o durante
la
procedura
proce dura
fallimentare
la
esecuzione dei fatti di
bancarotta
patrimoniale
e
di documentale:
i può presupporre anche la
sentenza dichiarativa di
fallimento o intervenire a
procedura concorsuale in
atto.
violazione degli obblighi che
sono imposti agli imprenditori
per
la
tenuta
e
la
conservazione dei libri di
commercio
Nella ipotesi in cui venga effettuata una operazione sull’azienda
sull’azienda antecedente al
fallimento bisognerà distinguere:
1) se il contratto di affitto e/o di cessione di azienda sia concepito all’interno di un
piano di salvataggio della impresa, in assenza di un intento speculativo e nel
rispetto dei criteri economici corretti per il reperimento dei fondi utili
all’adempimento
delle
obbligazioni
dell’impresa,
allora
si
escluderà
la
sussistenza del reato di bancarotta tanto per distrazione, quanto per
dissimulazione e/o dissipazione (cfr. Tribunale Pisa 21/06/2000 e Cass. Pen.
18/06/1985)
2) se il contratto di affitto e/o di cessione di azienda sia realizzato elusivamente, in
vista del fallimento, allora si realizzerà il reato di bancarotta fraudolenta:
fraudolenta
-
per dissipazione nel caso in cui l’azienda sia affittata e/o ceduta con criteri
economici fuori dalle logiche di mercato risultando il patrimonio posto a garanzia
dei creditori disperso mediante operazioni antieconomiche;
6
-
per dissimulazione nel caso in cui l’azienda sia affittata e/o ceduta allo scopo di
simulare negozi giuridici in realtà inesistenti e tali che facciano apparire l’azienda
appartenente a altri agli occhi degli organi fallimentari. In tal caso, indice
sintomatico della bancarotta fraudolenta per dissimulazione sarà la realizzazione
di operazioni giuridiche quali il comodato di azienda e/o l’usufrutto dell’azienda
che dissimulano la reale titolarità dell’azienda data in comodato e/o usufrutto.
-
per distrazione nel caso in cui l’azienda sia affittata e/o ceduta con intento
speculativo e la operazione economica sia eseguita con criteri economici non
adeguati al reale valore della azienda oggetto della circolazione.
3) se, invece, oggetto del contratto di affitto e/o di cessione sia il c.d. ramo di
azienda ben potrà verificarsi, oltre alle ipotesi sopra riferite, anche la fattispecie
della bancarotta preferenziale nel caso in cui venga ceduta e/o affittata la parte
sana della impresa al creditore che si vuole avvantaggiare nella divisione dell’utile.
Rassegna di giurisprudenza:
giurisprudenza
-
“La sequenza di cessioni di una licenza commerciale senza adeguato corrispettivo
integra una ipotesi di distrazione d'azienda rilevante ai sensi dell'art. 216 Legge
Fallimentare; tale comportamento consente di sostenere che sussistesse in capo
agli autori del fatto la precisa volontà di arrecare danno ai creditori della fallita.
Ufficio Indagini preliminari Monza, 17/07/2012”
-
“Integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale la cessione di un
ramo d'azienda che renda non più possibile l'utile perseguimento dell'oggetto
sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della
società. Cassazione penale, sez. V, 10/01/2012, n. 10778”
-
“In tema di reati fallimentari, integra gli estremi del delitto di bancarotta per
distrazione il contratto di locazione dell'azienda stipulato in previsione del
fallimento ed allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni
aziendali ad altro soggetto giuridico. Cassazione penale, sez. V, 27/11/2008, n.
46508”
7
-
“Il concetto di avviamento va inteso come capacità di profitto di un'attività
produttiva che consente ad un complesso aziendale di conseguire risultati
economici diversi e maggiori di quelli raggiungibili attraverso l'utilizzazione isolata
dei singoli elementi che lo compongono. Pertanto, mentre va escluso che la qualità
di un bene possa formare oggetto di distrazione indipendentemente dal bene
medesimo, assume rilevanza penale ai fini del reato di bancarotta fraudolenta
l'attività diretta a svuotare un'azienda di quegli elementi costitutivi della sua
capacità produttiva che identificano l'avviamento. Tale attività può rientrare nella
fattispecie di cui all'art. 223 n. 2 l. fall., ove venga realizzata con dolo,
determinando lo stato di decozione ed il conseguente fallimento. Cassazione
penale, sez. V, 08/03/2006, n. 9813”
-
“Il fatto che l'imprenditore ed un terzo abbiano inteso realizzare un programma di
risanamento mediante l'affitto dell'azienda e la cessione di tutti i beni facenti parte
del magazzino della stessa, senza tuttavia operare alcuna dispersione e
rappresentando in sede di fallimento una situazione economicamente vantaggiosa
rispetto a quella preesistente, non integra, sotto il profilo dell'elemento psicologico
del dolo specifico, la fattispecie delittuosa della bancarotta fraudolenta. Tribunale
Pisa, 21/06/2000”
-
“Non è configurabile il reato di bancarotta fraudolenta a carico dei soci
illimitatamente responsabili di società in nome collettivo imputati di avere simulato
la costituzione di società di capitali e di aver ceduto ad essa l'azienda della loro
società personale, poi messa in liquidazione, allo scopo di occultare il patrimonio
sociale in danno della massa dei creditori. Tribunale Pisa, 15/04/1995”
-
“Un contratto di locazione stipulato per finalità estranee all'azienda può integrare
gli estremi della bancarotta per distrazione, quando venga stipulato in previsione
del fallimento ed allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni
aziendali ad altro soggetto giuridico. Un tale contratto, infatti, lascia l'impresa
dissestata nell'impossibilità di esercitare qualsiasi attività economica e poiché
produce effetti anche dopo il fallimento del locatore (art. 80 l.fall.), ostacola gli
8
organi del fallimento nella liquidazione dell'attivo (rendendo difficile la collocazione
sul mercato di beni non immediatamente disponibili) e danneggia i creditori
concorsuali (determinando una drastica diminuzione del valore di mercato dei beni
locati). (Fattispecie relativa alla locazione dei locali, delle attrezzature e dei
macchinari da parte di una società in nome collettivo in stato di decozione, poi
dichiarata fallita). Cassazione penale, sez. V, 29/10/1993”
4) PROFILI DI DIRITTO COMUNITARIO
La tematica del trasferimento di azienda è stata affrontata anche dal diritto comunitario,
prima con la direttiva n. 77/187 e poi con la n. 98/50. L’esigenza primaria e ratio
normativa delle direttive richiamate è risultata essere quella della conservazione dei
rapporti di lavoro interessanti le aziende trasferite.
Il nostro ordinamento ha pienamente recepito la normativa comunitaria attraverso il
D.Lgs. 2001 n. 18 che ha completamente modificato e riscritto l’art. 2112 del codice
civile.
Come detto, la normativa in questione appare essere “settoriale” essendo destinata ad
armonizzare le legislazioni nazionali circa il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso
di trasferimento d’azienda.
La direttiva n. 98/50 ha comunque avuto il pregio di chiarire la nozione giuridica di
trasferimento di impresa.
impresa
Questa direttiva precisa ed amplia il concetto di trasferimento d’impresa fino a
ricomprendervi ogni cessione che derivi da contratto, da disposizione del giudice o di
legge o provvedimento amministrativo.
9
Le modifiche più rilevanti introdotte nel nostro ordinamento riguardano essenzialmente la
nozione stessa di trasferimento di azienda e quindi la delimitazione del campo di
applicazione della norma.
La prima sostanziale modifica apportata all’art. 2112 c.c. è stato il recepimento,
attraverso l’aggiunta del 5 comma per il quale
si è in presenza di un trasferimento
d’azienda
sostituzione del soggetto
tutte
le volte
in cui vi è una
titolare,
indipendentemente dallo strumento giuridico utilizzato per il passaggio dal cedente al
cessionario sia esso vendita, usufrutto, affitto, successione negli appalti. Il trasferimento
d’azienda è da considerarsi “qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella
titolarità di un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di
beni o di servizi preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria
identità a prescindere dal carattere negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il
trasferimento è attuato, ivi compresi l’usufrutto o l’affitto d’azienda” .
L’articolo 2112 c.c.
in una lettura ermeneutica amplia le possibilità di circolazione
giuridica dell’azienda utilizzando il termine “operazione” con cui il legislatore identifica il
momento del passaggio nella titolarità dell’azienda. Introduce, peraltro, nell’ordinamento
nazionale
un’importantissima novità rappresentata dal trasferimento di “parte
dell’azienda” che naturalmente abbia una sua articolazione autonoma, una sua propria
consistenza economica organizzata e quindi una propria identità.
Più dettagliatamente l’art. 1 della direttiva n.98/50 dispone che “per trasferimento
s’intende quello di un’entità economica che conserva la propria identità di mezzi
organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria”.
La nozione comunitaria di trasferimento d’azienda risulta essere senza dubbio elastica
ed aperta, finalizzata a ricomprendere le esigenze imprenditoriali manifestatesi negli
ultimi anni.
La Corte delle Comunità europee prima e poi quella della Unione europea poi, dal suo
canto ha individuato il nocciolo essenziale della nozione di trasferimento di azienda nella
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continuazione dell’attività, privilegiando tale elemento rispetto alla eventuale cessione e
trasferimento di singoli beni aziendali che potrebbero non essere sintomatici o indizianti
di un’operazione di trasferimento in atto.
La Corte ha chiarito il concetto di operazione ritenendo tale “la dismissione di un’attività
da parte di un’impresa e sulla prosecuzione della stessa da parte di un’altra”.
Sul punto la sentenza Spijkers in cui si stabilisce che “il criterio decisivo per stabilire
l’esistenza di un trasferimento d’impresa o di parte di questa, è quello del mantenimento
dell’identità dell’entità economica ravvisabile dal concreto proseguimento o dalla ripresa,
da parte del nuovo imprenditore, delle stesse attività economiche o di attività analoghe”.
La più recente giurisprudenza della Corte sembra avere accantonato la nozione de quo
fondata esclusivamente sull’individuazione del solo elemento della prosecuzione
dell’attività
dell’attività economica precedente per accedere alla
valutazione della persistenza
dell’attività organizzata, attraverso la permanenza di elementi significativi caratterizzanti
l’attività oggetto del trasferimento.
Ne è derivato che la nozione di azienda per il diritto comunitario, sia alla luce delle
direttive che della giurisprudenza comunitaria, appare essere quella
mezzi”, di organizzazione con ciò appalesandosi
di “insieme di
un chiaro punto di rottura tra la
nozione di trasferimento d’azienda accolta a livello comunitario e quella sostenuta dal
diritto interno. Infatti se a livello comunitario rileva non tanto l’effettivo passaggio del
complesso organico di beni aziendali, quanto il profilo funzionale della ripresa o della
prosecuzione dell’attività economica da parte del cessionario, viceversa nel diritto
interno, si dà centralità proprio all’elemento oggettivo dell’azienda intesa quale
complesso di beni destinati all’esercizio dell’impresa e, in tale prospettiva, si considera
rientrante nella fattispecie anche il trasferimento del ramo d’azienda solo in quanto
riguardi un insieme di beni autonomamente suscettibile di costituire idoneo e compiuto
strumento d’impresa
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Infine va peraltro segnalato che la Comunità europea ha inteso anche disciplinare il caso
della insolvenza a livello comunitario nel caso in cui la stessa si manifesti su scala
transnazionale attraverso il regolamento 1346/2000.
E’ di immediata percezione, infatti, che i casi di fallimento aventi effetti transfrontalieri
incidono sul buon funzionamento del mercato interno. In tale ottica, per giungere a
procedure più uniformi, così da evitare che le parti siano indotte a trasferire i beni o i
procedimenti giudiziari da un paese dell’UE a un altro nell’intento di migliorare la propria
situazione giuridica , le soluzioni proposte si basano sul principio dell’universalità della
procedura, pur preservando la possibilità di avviare procedure secondarie, limitate al
territorio membro del paese dell’UE in questione.
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