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Lavori di stagione febbraio e marzo
Federazione Associazioni Apicoltori del Trentino Associazione Apicoltori Fiemme e Fassa Associazione Apicoltori val di Sole Peio e Rabbi Associazione Apicoltori Valsugana Lagorai Apicoltori in Vallagarina Associazione Sede legale presso ACLI Trentine a Trento in via Roma, 57 mail: [email protected] Lavori di stagione febbraio-marzo La situazione attuale Attualmente (6 marzo 2015) le famiglie più belle e ben sviluppate hanno appena smesso di diminuire come numero di individui nel senso che le api che nascono compensano le perdite di quelle autunnali che stanno morendo. Il bilancio per queste colonie è attualmente in pareggio. Le famiglie più deboli invece sono ancora in fase di calo con le nuove nascite che non compensano ancora la mortalità. Le api nuove sono in ogni caso ben riconoscibili per un colore più chiaro e per la presenza di una più fitta peluria sul corpo. Le famiglie più belle coprono 6-8 telai di api e hanno già due o tre bei favi di covata estesa con una rosa che ha il diametro di 20 cm o più. Le più deboli sono si 4-5 telai di api ed hanno due favi di covata con superfici meno estese. Stringere per poi allargare Potrebbe sembrare una contraddizione: stringere le famiglie fra due diaframmi su pochi telai di api in autunno e in primavera presto per poi allargare in marzo ed aprile. Sembrerebbe un lavoro inutile in un lasso così breve di tempo, ma l’esperienza ci dice che non è così. I favi da togliere e mettere a magazzino sono quelli laterali ormai non più coperti da api. Alcuni apicoltori lasciano i favi non più popolati nell’arnia spostandoli al di là del diaframma. Personalmente sconsiglio questa pratica per i motivi sotto esposti. Perché stringere ben due volte una in autunno e una in febbraio? I motivi sono semplici e provo ad elencarli: 1. Quando si stringono le famiglie in autunno sui telaini popolati (di solito a fine ottobre) il calo delle api è solo all’inizio, la diminuzione continuerà nei nostri climi fino in marzo e quindi in febbraio troveremo nuovamente telai non coperti da api 2. Il momento più critico in realtà non corrisponde ai mesi di novembre dicembre, ma al mese di febbraio per la presenza di poche api (per di più piuttosto vecchie) e di covata che va mantenuta ad una certa temperatura. In questo periodo abbiamo poche api e un po’ di covata ed è quindi proprio questo il momento più critico per la sopravvivenza della famiglia. 3. I favi non più popolati da api se rimangono nelle arnie soprattutto nel periodo invernale tendono ad ammuffire (in modo particolare se sono vecchi e contengono del polline). 4. L’arrivo imminente di Aethina tumida (sempre che essa non sia già presente) mi porta a sconsigliare questa pratica perché il coleottero tende a insediarsi proprio nei favi laterali non popolati da api e non adeguatamente difesi. 5. Anche le tarme o i topi potrebbero attaccare questi favi non difesi dalle api e lascati nell’arnia. 6. Molti apicoltori collocano al di là del diaframma qualche favo di miele per la nutrizione, ma questi favi sono coperti da api solo nelle ore più calde e per la maggior parte del tempo di permanenza sono soggetti alle problematiche sopra descritte 7. La situazione ideale è quella in cui lo spazio all’esterno dei due diaframmi è riempito con pannelli coibentanti per il mantenimento di una temperatura un po’ più alta in un momento così critico. Il magazzino dei favi Tipi di favi e loro uso futuro I favi che hanno contenuto covata tendono a diventare neri per la presenza di scorie derivate dalla muta delle api nascenti che si depositano sulla parete interna della cella. Questi favi più vecchi possono avere anche una carica di spore e batteri più alta e possono quindi rappresentare anche un pericolo per l’igiene e l’insorgere di malattie. Essi vengono anche attaccati molto facilmente dalle tarme della cera. E’ quindi buona norma non immagazzinare questi favi perché vi è anche un concreto rischio che da essi si sviluppino tarme della cera che ci distruggono una intera “pila” di favi da nido stoccati assieme. Questi favi vanno messi subito in sceratrice. Come già segnalato e come vedremo più nel concreto parlando di “allargamento” delle famiglie tutti i tipi di favo sono utili per rispondere ad esigenze diverse. Conclusioni Consiglio di non lasciare mai favi al di là dei diaframmi e fuori dal glomere, ma di toglierli, immagazzinarli in luogo asciutto riempiendo gli eventuali buchi al di là dei diaframmi con pannelli coibentanti che non assorbano umidità (polistirolo o poliuretano). Se c’è necessità di fornire un favo di miele credo sia opportuno inserirlo prima del diaframma e vicino al glomere dove è facilmente accessibile e dove può essere difeso dalle api. Certo lasciare i favi nell’arnia richiede meno lavoro, è una scelta più comoda e sbrigativa, ma credo non sia la soluzione migliore. Allargare Nei nostri climi e in fondovalle dalla metà di marzo iniziano a nascere api nuove e la famiglia comincia nuovamente ad aumentare, per la verità all’inizio le nuove nate rimpiazzano solo le molte api vecchie che stanno morendo, ma un po’ alla volta il numero inizia nuovamente ad aumentare. Alla fine di marzo e in aprile si inizia nuovamente ad allargare spostando i diaframmi verso l’esterno e inserendo favi. In una fase iniziale (nei nostri climi e nel fondovalle di solito fino al 20 aprile) le famiglie non sono ancora in grado di costruire dei fogli cerei ed è necessario utilizzare favi già costruiti e immagazzinati in autunno o a febbraio quando le famiglie sono state “strette”. Quali favi utilizzare per l’inserimento? E’ bene immagazzinare i favi tenendoli distinti per categorie: quelli pieni di miele, quelli completamente o quasi completamente vuoti, quelli con scorte, ma anche con spazio per la covata. Naturalmente tutto dipende dalle esigenze della famiglia: se mancano scorte si inserisce un bel favo di miele, se manca solo spazio per la covata un favo vuoto, se c’è necessità sia di scorte sia di spazio per la covata si può inserire un favo pieno solo in parte. Inizialmente si “allarga” per alcune volte utilizzando favi già costruiti che vengono collocati a lato del glomere togliendo qualche diaframma o qualche pannello di coibentazione laterale. Questa operazione si fa nella seconda metà di marzo e nella prima di aprile in concomitanza con la nutrizione stimolante quando le famiglie stanno aumentando sia in termini di individui adulti sia come covata. Vi è in questa fase la necessità di dare spazio alla regina per la deposizione senza tuttavia raffreddare troppo il nido. Per questo motivo si agisce con gradualità, allargando in fasi successive mano a mano che serve lo spazio per la covata. Solo dopo la metà di aprile, quando la famiglia sarà ben sviluppata si può iniziare ad inserire i primi fogli cerei da costruire. Per inserire con successo un foglio cereo (nel senso che venga costruito in poco tempo) devono verificarsi alcune condizioni tutte necessarie per il buon esito finale: 1. La famiglia di api deve essere molto ben popolata anche sulla faccia più esterna dei due favi laterali e deve essere presente molta covata opercolata nascente. 2. Deve esserci importazione di nettare oppure deve essere in atto una nutrizione stimolante regolare con sciroppo zuccherino liquido. 3. Le temperature non devono essere troppo basse. In assenza anche di una sola di queste tre condizioni il foglio cereo resterà da costruire e finirà per essere rosicchiato sui lati e rovinato. In condizioni ideali invece un foglio cereo viene costruito in uno o due giorni al massimo. Quando nel nido non vi sono più diaframmi per inserire un foglio è necessario togliere un favo. Personalmente consiglio di agire così: 1. Se la famiglia è troppo forte e tende a sciamare tolgo un favo di covata opercolata con le sue api (badando bene che non ci sia la regina) e lo do ad una famiglia debole che stenta a svilupparsi. 2. Se la famiglia non è troppo forte tolgo un favo di scorte e lo metto a magazzino Riporto qui di seguito lo schema grafico e operativo dell’operazione di “allargamento” delle famiglie: Buon lavoro a tutti Romano Nesler