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Il licenziamento per giusta causa

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Il licenziamento per giusta causa
Il licenziamento individuale
Albini-Crespi-Di Seri
1
Cepa 2003
Nozione ed effetti
• Nozione: atto con il quale il datore di
lavoro manifesta unilateralmente la volontà
di recedere dal contratto di lavoro
subordinato.
• Effetti: si producono ex art. 1334/1335
c.c. dal momento in cui l’atto viene a
conoscenza del lavoratore
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Cepa 2003
Tipologie generali
1. Ad nutum
Con preavviso
2. Per giustificato motivo
Con preavviso
Senza preavviso (in
tronco)
3. Per giusta causa
N.B. – Per il contratto a termine vale solo l’ipotesi numero 3
ed in caso di carenza di giusta causa si applica solo la
normale disciplina risarcitoria del codice civile
Albini-Crespi-Di Seri
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Cepa 2003
Il recesso ad nutum
Art. 2118 c.C. – Commi 1 e 2. Prima della
1. Ad nutum
legge604/66 valeva sostanzialmente per
(con un cenno
tutti (tranne a.I. 18/12/50 recepito con
del capo)
D.P.R. 14/7/60 n. 1011)
Oggi e’ applicabile solo a
Domestici (art. 4 legge 108/90)
Dirigenti (art. 10 legge 604/66) pero’ interviene il ccnl
Atleti professionisti (art. 4 L. 81/91)
Lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti
pensionistici e non aventi optato per la prosecuzione del
rapporto (art. 4 legge 108/90)
Apprendisti al termine del tirocinio (art. 19 legge 25/55)
N.B. ai lavoratori in prova si applica la disciplina specifica
dettata dall’art. 2096 c.c. (recesso senza obbligo di
preavviso)
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Cepa 2003
Il recesso ad nutum/1
Non e’ richiesta la forma scritta (tranne dirigenti ex art. 2
c.1 l. 604/66 come sostituito dal L. 108/90)
Non e’ necessaria la motivazione (tranne dirigenti per ccnl)
Non vi sono conseguenze risarcitorie oltre l’eventuale
indennita’ sostitutiva del preavviso
Va comunque rammentato che i primi 3 commi (affissione,
contestazione, diritto di difesa) dell’art. 7 legge 300/70
operano anche in tutte queste ipotesi (Corte Cost. 427/89)
tranne il caso dei domestici (Corte Cost.193/95) e, secondo
la Cassazione a sezioni unite (29/5/95 n. 6041) dei dirigenti.
(Pero’ c’e’ il problema della distinzione tra “apicali” e “non
apicali”).
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Cepa 2003
Il licenziamento per giusta causa
Fonti normative e nozione legale
R.D.Lgs. 13/11/24 n. 1825 (impiego privato)
Art. 9 – comma 3 “una mancanza cosi’ grave da non
consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del
rapporto”
R.D. 16/3/42 n. 262
Art. 2119
Codice civile
Legge 15/7/66 n. 604 art. 1
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Ccnl
Cepa 2003
Nozione giurisprudenziale
Cass. 23/2/83 n. 1340 “irreparabile lesione dell’elemento fiduciario, che
rappresenta il presupposto fondamentale per la collaborazione tra
datore di lavoro e lavoratore”. (confermato da Cass. 2713/98 n. 6216)
In pratica
1) Fatti legati alla specifica prestazione dedotta in
contratto
Gravissimo inadempimento agli
obblighi contrattuali
2) Fatti estranei alla specifica prestazione dedotta in
contratto ma idonei a produrre effetti riflessi
nell’ambiente di lavoro ed a far cessare la fiducia nella
correttezza e professionalita’ del lavoratore
Sufficiente pregiudizio potenziale
(Cass. 17/6/91 n. 6814)
Es. Reati non dell’esercizio delle mansioni
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Cepa 2003
Nozione giurisprudenziale/1
3) Condotte tipizzate dei contratti collettivi (peraltro non
vincolanti per il giudice come sottolineato da Cass. 26/3/98
n. 3214)
Negli articoli solitamente definiti come “licenziamento per
mancanze” o “licenziamento senza preavviso”.
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Cepa 2003
I criteri di valutazione della giusta causa
Per stabilire l’esistenza di una giusta causa di
licenziamento, occorre valutare se la specifica
mancanza commessa dal dipendente risulti
obiettivamente e soggettivamente idonea a
ledere in modo grave l’elemento fiduciario su cui
si basa la collaborazione del prestatore di lavoro
e sia tale da giustificare la massima sanzione
disciplinare.
Tale valutazione deve essere condotta con
riferimento al caso concreto, considerando la
portata del fatto, le circostanze del suo
verificarsi,
i
motivi
nonché
l’intensità
dell’elemento volitivo.
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Cepa 2003
I criteri della valutazione della giusta
causa/2
La valutazione della gravità dell’infrazione e della
sua idoneità ad integrare giusta causa dei
licenziamento si risolve in un apprezzamento di
fatto riservato al giudice di merito ed
incensurabile in sede di legittimità, se
congruamente motivato.
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Cepa 2003
Licenziamento per violazione
dell’obbligo di fedeltà
Configura giusta causa di licenziamento per
violazione dell’obbligo di fedeltà di cui all’art.
2105 codice civile il semplice svolgimento, senza
autorizzazione, di attività omogenea in favore di
ente concorrente del proprio datore di lavoro
(Corte d’appello Milano 18/07/2002)
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Il licenziamento per giustificato motivo
Fonti normative
+
Art. 2118 c.C.
+
Legge 15/7/66 n. 604 art. 1 e 3
+
Ccnl
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Giustificato motivo soggettivo
Legge 15/7/1966 n. 604
Art. 3 – notevole inadempimento agli obblighi contrattuali
in pratica

Qualsiasi comportamento del lavoratore che sotto il profilo
della correttezza, diligenza ed esatto adempimento degli
obblighi contrattuali sia ritenuto “notevolmente”
insufficiente
Si differenzia dalla giusta causa per la minore gravità
dell’inadempimento e per la necessaria attinenza del
comportamento illecito al rapporto di lavoro.(p.es. scarso
rendimento, nei termini precisati da Cass. 10/11/2000 n.
14605)
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Cepa 2003
Il giustificato motivo oggettivo
Legge 15/7/66 n. 604
Art. 3 “determinato….da ragioni inerenti all’attivita’
produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare
funzionamento di essa”.
Cioe’ dovrebbe concernere, per esempio:
•Soppressione del posto di lavoro (Cass. 3/08/98 n. 7620)
•Elementi di carattere personale della prestazione, come
prolungata assenza per ragioni indipendenti dalla
volontà del lavoratore (e’ stata ritenuta tale la carcerazione
preventiva del lavoratore da Cass. 1/9/99 n. 9239 o
l’inidoneità sopravvenuta da Cass. S.U. 7/8/98 n. 7755).
•Attenzione però all’obbligo di “repechage” (da ultimo Cass.
17/7/02 n. 10347)
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Cepa 2003
Il licenziamento disciplinare/1
Non era previsto dalla legge, anzi vedasi
art. 7 comma 3 statuto dei lavoratori
Nozione
Pero’
Percio’
Corte costituzionale 30/11/82 n. 204 “sono
illegittimi i primi tre commi dell’art. 7 se
interpretati nel senso che siano inapplicabili ai
licenziamenti disciplinari per i quali detti commi
non siano espressamente richiamati dalla
normativa legislativa, collettiva o validamente
posta dal datore di lavoro”
Albini-Crespi-Di Seri
La procedura dei primi tre commi si applica a
tutti i licenziamento definibili come disciplinari,
cioè quelli intimati per un comportamento
doloso o colposo del lavoratore, costituente
violazione degli obblighi connessi al rapporto di
Cepa 2003
lavoro
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Il licenziamento disciplinare/2
Quando il licenziamento ha natura disciplinare, qualunque sia
il numero di dipendenti occupati in azienda, non e’ sufficiente
la comunicazione in forma scritta, ivi compresi i motivi
(contestuali o successivi) ma e’ necessario applicare la
speciale procedura ex art. 7 legge 300/70 e cioe’
1)Predeterminazione del codice disciplinareEccezione: Cass.
17/11/94 n. 9719
2)Affissione del codice disciplinare
(lesione coscienza
sociale e civile)
3)Contestazione scritta (ivi compresa recidiva se elemento
costitutivo della fattispecie)
4)Pausa di riflessione /termine a difesa (5 giorni) con
eventuale assistenza sindacale
5)Adozione del provvedimento decorso il predetto termine e
nei tempi previsti dal ccnl
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Cepa 2003
Il licenziamento disciplinare/3
Sui punti 4) e 5) peraltro Cass. S.U. 4823/87 e 9302/87
avevano sostenuto l’applicabilità solo se il licenziamento
risulta espressamente incluso dal ccnl tra le “sanzioni”
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Casistiche particolari
A) Il licenziamento discriminatorio
E’ quello determinato da motivi di credo politico, fede
religiosa, appartenenza ad un sindacato, partecipazione
ad attività sindacali, ragioni razziali, di lingua o di senso
(art. 4 L. 604/66 e art. 15 L. 300/70)
Effetti
La sanzione prevista è di nullità, e tale particolare
tutela si applica anche ai dirigenti per espressa
previsione legislativa (art. 3 Legge 108/90)
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Casistiche particolari/2
B) Peculiari divieti di licenziamento
La disciplina garantistica legale prevede delle situazioni in
pendenza delle quali vige il divieto di licenziamento.
Le principali sono:
• matrimonio (art. 1 L. 9/1/63 n. 7)
• maternità e, malattie del bambino (art. 54 Dlgs
151/2001)
• infortunio e malattia professionale (art. 2110 c.c.)
• malattia generica (art. 2110 c.c.)
• Richiamo alle armi e servizio di leva (art. 52 Cost., art.
2111 c.c. d.p.r. 14/2/64 n. 237 e dlgps 303/46)
• Dirigenti Rsa, candidati e membri di commissione
interna (artt. 18 e 22 L. 300/70, A.I. 18/4/66)
• Lavoratori eletti a pubbliche funzioni (art. 51 Cost)
• Albini-Crespi-Di
Tossicodipendenza
(art. 1 DPR 309/90)
Seri
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L’intimazione del licenziamento
Secondo l’art. 2 della Legge 604/66, nelle ipotesi di
licenziamento per giusta causa o giustificato motivo
soggettivo od oggettivo va rispettata la seguente
procedura formale:
Intimazione per iscritto, poi:
• Il lavoratore può chiedere entro 15 giorni dalla
comunicazione i motivi del recesso
• Il datore, nei 7 giorni dalla richiesta, deve comunicare i
motivi per iscritto
• Secondo l’art.6 il lavoratore ha l’onere di impugnare
entro 60 giorni (dalla comunicazione del recesso o dei
motivi) il licenziamento con qualsiasi atto anche
stragiudiziale idoneo a manifestare tale volontà
d’impugnativa
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Cepa 2003
Le forme di tutela del lavoratore
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La disciplina della tutela reale e della
tutela obbligatoria
La tutela “obbligatoria” e quella “reale” sono le
specifiche discipline sanzionatorie a carico del datore di
lavoro che, in area non di libera recedibilità, proceda al
licenziamento di un dipendente in assenza di giusta
causa o giustificato motivo. Nella tutela obbligatoria
l’indennità, in casi particolari, può arrivare anche a 10/14
mensilità. Nella tutela “reale” il lavoratore può scegliere,
in luogo della reintegrazione “effettiva” nel posto di
lavoro,un’indennità pari a 15 mensilità
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Cepa 2003
La tutela obbligatoria (art. 8 L.
604/66)
Aspetti
Tutela obbligatoria
A chi si
applica
Datori di lavoro imprenditori e non che occupano fino
a 15 dipendenti in ogni unità produttiva o fino a 15
dipendenti sommando l’organico delle unità produttive
site nello stesso comune. Il tutto a condizione che il
datore di lavoro occupi alle sue dipendenze in senso
complessivo non più di 60 lavoratori
Il datore di lavoro (alternativamente) è obbligato:
A riassumere il dipendente;
Ovvero in caso di mancata riassunzione a risarcirlo
con un’indennità pari ad un importo compreso tra 2,5
e 6 mensilità di retribuzione
Effetti
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La tutela reale (art. 18 L. 300/70)
Aspetti
A chi si
applica
Effetti
Tutela reale
Datori di lavoro non agricoli che occupano più di 15 dipendenti
in ogni unità produtiva; non agricoli che occupano più di 15
dipendenti nello stesso Comune;agricoli che occupano più di 5
dipendenti in ogni unità produttiva; che occupano più di 5
dipendenti nello stesso Comune; datori di lavoro che occupano
oltre 60 dipendenti nel complesso se nell’unità produttiva
interessata sono occupati fino a 15 dipt
La dichiarazione di illegittimità del licenziamento determina
l’obbligo a carico del datore di lavoro:
•
di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro
•
di pagamento della retribuzione non percepita con un
minimo di 5 mensilità a titolo di risarcimento del danno;
•
di versamento dei contributi non pagati per il periodo di
non lavoro (dal licenziamento alla data di reintegro)
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Cepa 2003
Uno sguardo verso il futuro
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Le possibili novità: la legge
Disegno di legge delega n. 848 in discussione
in senato
Riforma dell’art. 18 della legge 300/70
(cioè non applicazione della tutela reale) nel
caso di superamento della soglia dei 15
dipendenti (per il primo biennio)
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Le possibili novità/2: il referendum
abrogativo
Il referendum sull’art. 18 (previsto tra aprile e
giugno 2003) è finalizzato ad estendere l’ambito
di applicazione, contrariamente al disegno di
legge delega sopracitato
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Il referendum abrogativo/1
La richiesta di referendum abrogativo popolare,
sull’ammissibilità della questa Corte è chiamata a
pronunciarsi, investe quattro disposizioni in materia di
disciplina dei licenziamenti individuali di lavoratori
operanti nel settore privato, e precisamente: l’art. 18 della
legge 20/05/1970, n. 300 nel testo risultante dalle
modifiche apportate dall’art. 1 della legge 11/05/1990 n.
108, del quale si propone l’abrogazione limitatamente a
parte el comma primo e ai commi secondo e terzo; l’art. 2,
comma 1, della citata legge n. 108 del 1990, l’art. 8 della
legge 15/7/1966 n. 604
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Il referendum abrogativo/2
Il referendum abrogativo è rivolto in primo luogo
all’estensione della garanzia reale contro i licenziamenti
ingiustificati ai lavoratori che attualmente, in conseguenza
dei limiti numerici sopra ricordati, godono esclusivamente
della garanzia obbligatoria.
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Il referendum abrogativo/3
Il referenudm mira altresì all’astensione della medesima
garanzia reale anche ai lavoratori dipendenti da datori di
lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro
attività di tendenza.
Restano invece fuori della portata del referendum altre
categorie di lavoratori del settore privato per le quali
valgono discipline particolari (come i lavoratori domestici,
i lavoratori ultrasessantenni, i dirigenti, i lavoratori in
prova).
la richiesta del referendum è ammissibile.
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Cepa 2003
Il referendum abrogativo/4
Il quesito è omogeneo, pur concernendo altresì la
disposizione (art. 4 comma1, legge 108 del 1990) che
esclude l’applicabilità della garanzia di stabilità reale per i
dipendenti da datori di lavoro, non imprenditori, ch
esercitano un’attività “di tendenza” .
Non incide poi sulla completezza del quesito, la
circostanza che esso non concerna la posizione di alcune
categorie particolari di lavoratori, come ad esempio quelle
previste dall’art. 4 della legge 108 del 1990 o da normative
speciali.
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Il referendum abrogativo/5
La domanda referendaria si presenta, per quanto detto,
chiara e univoca nella sua struttura e nei suoi effetti.
Essa propone al corpo elettorale un’alternativa netta tra il
mantenimento dell’attuale disciplina caratterizzata dalla
coesistenza di due parallele forme di tutela, quella
obbligatoria e quella reale, e l’estensione della secondo.
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Il referendum abrogativo/6
Per questi motivi
la corte costituzionale
dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare
per l’abrogazione.
(Corte Costituzionale 6/2/2003 n. 41)
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“Quando si perde il lume della ragione
si ha comunque diritto alla reintegrazione?”
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Fatevi un’opinione……
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IL MIS…FATTO
Il 16 gennaio 2000 c.m., dipendente di una clinica privata in qualità
di infermiere professionale, presentava ricorso avverso il
licenziamento per giusta causa intimatogli in data 1 agosto 1998
chiedendo, a norma dell’art. 18 St. Lav., la reintegrazione nel posto di
lavoro nonché il pagamento di tutte le retribuzioni arretrate a titolo di
risarcimento danni, con gli accessori di legge.
Il ricorrente contestava la veridicità dei fatti posti a fondamento del
licenziamento disciplinare (aggressione gratuita e violenta con pugni
e calci nei confronti di un paziente avvenuta nel luglio 1998)
giudicando altresì sproporzionato il provvedimento, anche in
considerazione dell’elencazione (esemplificativa e non tassativa)
delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenute nel CCNL
sanità privata.
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Cepa 2003
In concreto l’infermiere aveva aggredito un paziente spingendolo a
terra, dandogli dei calci in varie parti del corpo specialmente al
torace e allo stomaco, con la conseguenza che il paziente stesso aveva
riportato segni e graffi in tutto il corpo, e non aveva desistito
dall’aggressione nonostante l’intervento tempestivo delle colleghe di
reparto presenti al momento del fatto.
L’infermiere si era giustificato sottolineando che il paziente era
affetto da una gravissima insufficienza mentale ed era altresì
estremamente aggressivo nei confronti del personale infermierisitico
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Cepa 2003
La Casa di cura resisteva eccependo l’inammissibilità del ricorso a
causa dell’intervenuta acquiescenza del dipendente, che aveva atteso
un anno ad impugnare il licenziamento e nel frattempo aveva
accettato altro impiego presso altra casa di cura.
Si contestava inoltre nel merito il fondamento della domanda attrice,
chiedendo il rigetto della stessa e la condanna alle spese.
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Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, tre sono i
principi guida in materia:
1. Il fatto che il lavoratore attenda un anno prima di impugnare in
giudizio il proprio licenziamento e che nel frattempo trovi altro
impiego non costituiscono acquiescenza al recesso del datore
(Cass. 3337/1998).
2. La sussistenza della giusta causa di licenziamento deve essere
accertata in concreto dal giudice ed il licenziamento disciplinare,
quale sanzione, deve comunque essere proporzionato al fatto
addebitato (CASS. 4379/1997)
3. Il licenziamento è illegittimo se il danno cagionato dal lavoratore
è di lieve entità ed i fatti siano destinati ragionevolmente a non
ripetersi (Cass. 5753/1995).
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E poi guardate la conclusione…..
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Secondo il tribunale di Roma, sez. lavoro, 19 ottobre 2000, nel caso
di specie deve ritenersi insussistente la giusta causa di licenziamento
sulla base di una prognosi di non ripetibilità dell’evento in futuro,
fondata sulla non provata sussistenza di precedenti specifici e sulla
natura impulsiva ed incontrollata del gesto imputato, poiché tali
circostanze escludono il venir meno del rapporto fiduciario che deve
connotare il rapporto di lavoro subordinato .
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