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PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI - DEFINIZIONE La psicologia del lavoro e delle organizzazioni si propone di comprendere, analizzare e modificare le interazioni tra la persona e l’organizzazione. La psicologia del lavoro e delle organizzazioni è interessata alla persona nel suo ambiente di vita, ai suoi modi di costruire una condotta lavorativa efficace, efficiente e soddisfacente in rapporto alle altre persone e ai mezzi di lavoro, al suo sviluppo personale e professionale e a tutti i fattori ambientali, sociali, tecnici e culturali che possono incrementare le sue possibilità di padroneggiare le proprie scelte, progetti e direzioni di inserimento sociale (Sarchielli, 1998). PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI - DEFINIZIONE - Infine, la psicologica del lavoro e delle organizzazioni riguarda le modalità di gestione delle persone dal loro ingresso nell’organizzazione al delinearsi della carriera fino alle differenti forme di separazione dal lavoro. L’attenzione è rivolta ai processi di inserimento e socializzazione lavorativi, al contratto psicologico fra individuo e organizzazione, ai ruoli sociali e organizzativi (Sarchielli, 1998). CONFINI DI INTERESSE DELLA PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI Ingresso Persona Sviluppo Organizzazione AMBITI D’INTERVENTO Valutazione/Selezione. Orientamento professionale. Prevenzione, salute e sicurezza. Motivazione e soddisfazione. Dinamiche di gruppo e processi comunicativi. Ergonomia. Analisi delle organizzazioni, delle relazioni, del clima e della cultura organizzativi. AMBITI D’INTERVENTO Valutazione/selezione del personale. Si tratta di un’attività di lavoro e di ricerca inerente alla gestione delle risorse umane che presuppone un’operazione decisionale basata su una valutazione qualitativa e quantitativa degli aspiranti ad un ruolo professionale o ad un corso di formazione professionale; tale attività trova una sua applicazione anche nei processi di valutazione delle prestazioni lavorative. Di quali risorse personali e professionali deve disporre un lavoratore per affrontare la sua esperienza di lavoro, per rispondere alle esigenze del lavoro e del contesto sociale ove progressivamente si inserisce? E quali risorse possono essere favorite/sviluppate attraverso adeguati interventi formativi? AMBITI D’INTERVENTO Analisi del clima e della cultura organizzativi. La cultura organizzativa è un insieme di assunti di base, di valori, di principi e di artefatti che vengono sviluppati all’interno di una specifica organizzazione e condivisi da tutti i membri. Il clima è, invece, un processo psicologico-sociale che pone in relazione l’ambiente lavorativo e le pratiche organizzative con i comportamenti e gli atteggiamenti correlati al lavoro. Quali variabili organizzative ed individuali contribuiscono a favorire l’efficacia e l’efficienza organizzativa e la qualità della vita di coloro che operano nei contesti lavorativi? AMBITI D’INTERVENTO Prevenzione, salute e sicurezza. Dai primi studi sulla fatica e sugli infortuni sul lavoro, negli anni recenti il tema è tornato di grande attualità, grazie anche all’introduzione del nuovo testo unico 81/2008 che recepisce le direttive comunitarie riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché grazie alla recente Direttiva Ministeriale della Funzione Pubblica che invita tutte le Amministrazioni Pubbliche ad adottare delle misure atte a migliorare il Benessere Organizzativo. Al tema del benessere si collega, necessariamente, quello del disagio lavorativo e dunque la rilevante ed approfondita quantità di studi condotti sulle problematiche dello stress, del burnout e del mobbing. Quali conseguenze possono derivare da una non adeguata gestione delle risorse umane? Come garantire la sicurezza fisica e psicologica nei luoghi di lavoro? Quali i contenuti della formazione? AMBITI D’INTERVENTO Motivazione e soddisfazione. La psicologia del lavoro studia il concetto di motivazione – processo che attiva e mantiene nel tempo un comportamento, in vista della soddisfazione di bisogni o del conseguimento di obiettivi – applicandolo al contesto lavorativo. La soddisfazione al lavoro viene, conseguentemente, definita come uno stato positivo o piacevole che deriva dalla percezione soggettiva di un’attività lavorativa svolta. Quali interventi adottare per favorire la motivazione, la soddisfazione e il coinvolgimento organizzativo? STORIA: Si LE ORIGINI fa risalire la nascita della disciplina alla pubblicazione da parte dello psicologo Hugo Münsterberg – il fondatore della psicotecnica – del libro Psychology and Industrial Efficiency, nel 1913, dove scrive che nel momento in cui ciascuno otterrà il lavoro in cui applicare le sue migliori energie, lo scontento e la depressione saranno sostituiti da una fiorente gioia e da una perfetta armonia (Spaltro, 1974). STORIA: LE ORIGINI Münsterberg era interessato all’applicazione dei tradizionali metodi psicologici ai problemi concreti dell’industria, con particolare riferimento all’organizzazione del lavoro e alla selezione del personale. Condusse studi sulla monotonia, sulla fatica, sull’adattamento dell’uomo all’ambiente di lavoro e prime analisi delle motivazioni al consumo e delle tecniche di vendita. L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO Dalle esperienze condotte alla Bethlehem Steel Company, Taylor deriva i principi fondamentali dell’organizzazione scientifica del lavoro: 1.scomposizione del ciclo di lavoro e ricomposizione degli elementi analitici nel modo più economico e razionale (one best way); 2.scelta dell’operaio idoneo a svolgere il lavoro (the right man to the right place); 3.addestramento dell’operaio a lavorare secondo le istruzioni e i tempi di pausa stabiliti; L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO 4. retribuzione dell’operaio in maniera adeguata ad ottenere il rendimento massimo, ossia pagare sopra la media chi lo raggiunge (differential rates). Le differential rates si accompagnano ad una prima forma di job analysis and evaluation. Con Taylor sono iniziati anche la selezione e l’addestramento del personale, nonché i sistemi incentivanti (incentivazione economica). Infine Taylor riconsidera la struttura di direzione, proponendo in alternativa alla gerarchia lineare la struttura funzionale gerarchica. L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO Le esperienze di Taylor diedero origine ad un movimento innovativo che si andò diffondendo nell’industria e nella pubblica amministrazione. Il movimento dell’organizzazione scientifica del lavoro diede vita ad una metodologia che si articolava nello studio dei procedimenti – impianti, attrezzature, processi – e nello studio del lavoro. Quest’ultimo comportava l’analisi dei metodi, la misurazione del lavoro e il suo controllo. LO SCIENTIFIC MANAGEMENT Il sorgere del capitalismo monopolistico, che diede origine al movimento di razionalizzazione produttiva, comportò la crescita delle dimensioni delle aziende, la cui organizzazione e articolazione si complicava. Cominciava la transizione alla fase manageriale, caratterizzata dalla distinzione di competenze e responsabilità professionali dei manager. Nel 1911, in occasione di un’inchiesta sull’organizzazione scientifica del lavoro, si ufficializzava la denominazione di Scientific Management (Novara & Sarchielli, 1996). LO SCIENTIFIC MANAGEMENT Lo Scientific Management introdusse criteri razionali uniformi: il principio della produzione in serie; il principio dell’intercambiabilità delle parti. “Lo scopo principale dell’organizzazione del lavoro dovrebbe essere quello di garantire la massima prosperità tanto del datore di lavoro quanto dei dipendenti […]. Affinché il lavoro possa essere svolto secondo leggi scientifiche è indispensabile una più giusta ripartizione di responsabilità tra direzione e manodopera” (Taylor, 1911, in Avallone, 1997). LA RIVOLUZIONE FORDISTA E IL CONSUMISMO Sulla frantumazione del lavoro esecutivo si costituì la catena di montaggio e la produzione in serie – con la possibilità di utilizzare operai non specializzati – da cui nacquero la produzione di massa e, di conseguenza, l’aumento dei salari. La catena di montaggio fu il punto di arrivo del processo che portò a sottomettere l’uomo alla scienza incorporata nella macchina, ma consentì di compensare l’alienazione lavorativa – che essa stessa causava – con l’accesso ai consumi di massa. L’HOMO OECONOMICUS Le motivazioni degli uomini al lavoro e il comportamento che l’organizzazione deve tenere nei loro confronti sono considerati nella prospettiva secondo la quale (Schein, 1965): l’uomo è motivato anzitutto da interessi economici; altri interessi o sentimenti sono di natura irrazionale e l’organizzazione deve fare sì che non interferiscano con il calcolo razionale dell’interesse economico; poiché gli incentivi economici sono gestiti dall’organizzazione, il singolo è un’agente passivo che deve essere guidato, motivato e controllato. I COMPITI DELLA PSICOLOGIA DEL LAVORO Si chiede alla psicometria di selezionare l’uomo adatto al posto adatto, senza verificare se il posto è adatto all’uomo. L’introduzione del lavoratore nell’organizzazione è ridotta ad un job training in cui si imitano i gesti di un altro che già svolge la stessa mansione. La psicologia contribuisce a valutare le mansioni secondo una somma ponderata di valori attribuiti ad elementi analitici. Accanto a tale job evaluation compare il merit rating, la valutazione dei meriti individuali. Al merit rating seguono incentivi economici ad azione meccanica, positivi e negativi. GLI ESPERIMENTI HAWTHORNE Mayo, psicologo e docente alla Harvard Graduate School of Business, condusse i suoi primi studi sul problema del turnover presso una filatura di Filadelfia, dove rilevò che lo sviluppo di un forte senso di gruppo con autonomia e responsabilità aumentava la produttività e riduceva il turnover. Nel 1927 fu chiamato agli stabilimenti Hawthorne della Western Electric Company, che producevano materiale telefonico (Novara & Sarchielli, 1996). GLI ESPERIMENTI HAWTHORNE La prima serie di esperimenti venne condotta in una sala di prova. “Quello che avvenne in realtà fu che sei individui divennero un gruppo e il gruppo scelse spontaneamente e con entusiasmo di collaborare all’esperimento” (Mayo, 1945). Si dice effetto Hawthorne il fenomeno per cui i lavoratori chiamati ad impegnarsi in una nuova esperienza interessante lavorano di più. La seconda ricerca si svolse in un reparto dove un gruppo di operai aveva un leader naturale, che godeva di forte consenso, e dimostrava totale indifferenza verso gli incentivi economici, mentre adottava spontaneamente forme sociali di incentivazione. GLI ESPERIMENTI HAWTHORNE Mayo formulò le conclusioni delle sue ricerche: l’uomo è fondamentalmente motivato da bisogni di natura sociale ed ottiene dal rapporto con gli altri il suo senso di identità personale; in conseguenza della rivoluzione industriale e dell’organizzazione scientifica del lavoro il lavoro stesso è privo di significato intrinseco, il quale va ricercato nei rapporti sociali che si formano sul lavoro; il lavoratore è più influenzato dalla forza sociale del suo gruppo che da incentivi e controlli della Direzione; il lavoratore risponde alla Direzione nella misura in cui essa ne rispetta i bisogni sociali. La valutazione/selezione del personale LA VALORIZZAZIONE UMANO” 1. In passato, il fattore umano veniva percepito come subordinato agli altri fattori produttivi: impianti, clienti, risorse finanziarie. 2. Oggi, il capitale umano è un valore, un patrimonio in grado di contribuire al raggiungimento di risultati di qualità. DEL “CAPITALE 1. La valutazione in ambito lavorativo era intesa come un atto discriminatorio con accezione negativa. 2. La valutazione è intesa come base per l’ orientamento, la consapevolezza e lo sviluppo del lavoratore. VALUTAZIONE Attribuire valore e importanza PROCESSO DI SELEZIONE Procedimento su base scientifica, atto ad aiutare un individuo nella ricerca del lavoro più adatto alle sue capacità e alle sue attitudini (Devoto & Oli, 2000) UNA La DEFINIZIONE valutazione del personale consiste in una attività di lavoro e di ricerca inerente alla gestione delle risorse umane che presuppone un’operazione decisionale basata su una valutazione qualitativa e quantitativa degli aspiranti ad un ruolo professionale. IL PROCESSO DI SELEZIONE Reclutamento Valutazione Inserimento LE FASI PRELIMINARI AL PROCESSO DI SELEZIONE Il processo di selezione deve essere preceduto da un’attenta e dettagliata job analysis in cui vengono definiti i contenuti e i requisiti della mansione. La job analysis si articola in due momenti. 1. Descrizione delle attività relative alla mansione – insieme di compiti assegnati ad una posizione specifica – da svolgere; 2. profilo delle caratteristiche della persona. LE FASI PRELIMINARI AL PROCESSO DI SELEZIONE 1. Descrizione delle attività relative alla posizione e alla mansione da svolgere: viene eseguita un’analisi approfondita dei compiti e delle relative modalità di svolgimento, delle responsabilità attribuite ed i loro limiti, dell’inquadramento organizzativo, della categoria, della retribuzione e di tutte le variabili rilevanti. 2. Profilo delle caratteristiche della persona: sulla base dell’analisi della mansione viene individuato un profilo del candidato ideale in termini di attitudini, abilità, competenze e caratteristiche di personalità necessarie per lo svolgimento della mansione in oggetto (Argentero, 1998). DESCRIZIONE • • • • • • • E ANALISI DELLA MANSIONE Elenco dei compiti Inquadramento organizzativo Retribuzione, possibilità di sviluppo Dove si svolge il lavoro Responsabilità Autonomia Spostamenti TECNICHE DI VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI Osservazione: consente una registrazione accurata delle attività svolte ma è adeguata solo per lavori semplici, ripetitivi e a basso contenuto intellettuale, non per quelli complessi. Intervista: il metodo più tradizionale, più o meno strutturato, per raccogliere informazioni sulle attività svolte nonché su tempi, frequenza e periodicità delle operazioni, sul livello di complessità, sul grado di tipicità e di importanza dei compiti. TECNICHE DI VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI Questionari: possono essere a domande aperte, oppure check-list semplici o integrate da scale di misura (esempi: Position Analysis Questionnaire di McCormick, 1979; Occupation Analysis Inventory, 1983; Job Element Inventory, 1988; Common Metric Questionnaire, 1990). Tecnica degli eventi critici: sviluppata da Flanagan (1954), identifica i fattori critici per il successo lavorativo attraverso la descrizione di concrete situazioni occorse nello svolgimento dell’attività lavorativa in cui la prestazione fornita è stata particolarmente positiva o negativa. DISEGNO DEL PROFILO DEL CANDIDATO Caratteristiche di personalità • • • • • • • • • • • Precisione, ordine, accuratezza Sicurezza, calma, tranquillità Gestione dello stress/equilibrio emotivo Cooperatività/individualismo Abilità di coordinamento e supervisione Creatività, originalità Leadership Cordialità, gentilezza, empatia Coscienziosità, riservatezza Locus of control (concerne la spiegazione di come le persone si rappresentano il loro modo di controllare la situazione in cui vivono) Self-efficacy (concerne le cognizioni di una persona sulla propria efficacia in condizioni particolari) LOCUS OF CONTROL • Il locus of control è una variabile psicologica che si riferisce al grado di controllo (e quindi di influenzamento) che l’individuo crede di poter esercitare sugli eventi (Rotter, 1966). • La persona con un locus of control interno è caratterizzata da una propensione a considerare che gli eventi e le situazioni di vita siano sotto il proprio controllo (autodeterminazione), mentre il possessore di un locus di tipo esterno è caratterizzato dall’atteggiamento opposto: ritenere che il proprio passato, presente e futuro siano fondamentalmente sotto il controllo della fortuna, del fato e di forze esterne. • La situazione si fa più complessa se aggiungiamo anche gli esiti delle nostre scelte: cosa succede in caso di successo? E in caso di fallimento? Esistono, infatti, soggetti che cambiano il proprio locus a seconda della conseguenza. • L’intersezione tra le diverse possibilità offre 4 tipologie diverse di “allocatori”. Ad esempio, coloro con un locus positivo interno e con un locus negativo esterno si prendono i meriti in caso di successo e attribuiscono la responsabilità ad altri in caso di insuccesso. Locus interno Locus esterno Evento positivo “sono davvero stato bravo”, “ho davvero fatto di tutto per riuscire”· “ho avuto proprio una gran fortuna”; “è destino che io ce l’abbia fatta” Evento negativo “sono un incapace”; “avrei dovuto prepararmi di più…”· “la sfortuna mi ha perseguitata”, “il compito era troppo difficile”. IL LOCUS OF CONTROL E SELF-SERVING BIAS • La tendenza delle persone ad attribuire i successi a cause interne e gli insuccessi a cause esterne va sotto il nome di self-serving bias, di attribuzione al servizio di sé (Kelley, 1983). • Quando si manifesta un insuccesso nella vita di una persona questo evento può produrre delle crepe nel sentimento di autostima ed allora la persona, per evitare questo pericolo, può attribuire l’insuccesso a fattori esterni. • Inoltre, un fondamentale bisogno che gli individui possiedono e spesso manifestano è quello dell’autovalorizzazione e ciò costituisce una forte motivazione a considerare se stessi positivamente. CUS OF CONTROL E CONSEGUENZE LAVORATIVE • I lavoratori che ritengono che la loro prestazione dipenda dalle scelte e dall’impegno personali, ovvero risultano possedere un locus prevalentemente interno, sentono maggiormente di poter contare sulle proprie risorse per conseguire i risultati attesi e pertanto risulteranno più intensamente motivati nella situazione lavorativa. • Diversi studi dimostrano inoltre che gli internalizzatori sono molto più precisi, affidabili ed efficienti nei ruoli organizzativi, maggiormente cooperativi e più propensi ad apprendere. SELF-EFFICACY • Il concetto di autoefficacia, in generale, si riferisce alla convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessario a gestire adeguatamente le situazioni che incontreremo in modo da raggiungere i risultati prefissati. Le convinzioni di efficacia influenzano il modo in cui le persone pensano, si sentono, trovano le motivazioni personali e agiscono (Bandura, 1986). • Quanto più il lavoratore si percepisce capace di poter conseguire il risultato atteso rappresentato dall’obiettivo specifico tanto più forti risulteranno le motivazioni nella situazione lavorativa. • Le Aspettative di efficacia possono originare da alcune fonti fra le quali: - le “esperienze personali”, costituiscono la fonte più proficua per acquisire un forte senso di autoefficacia e rappresentano la memoria di situazioni passate affrontate con successo. Esperienze di padronanza personale consolidano le aspettative future, mentre esperienze negative producono l’effetto opposto. Un solido senso di efficacia richiede, invece, perseveranza e impegno nel superamento degli ostacoli; - “l’esperienza vicaria” è fornita dall’osservazione di modelli. Vedere persone simili a se che raggiungono i propri obiettivi attraverso l’impegno e l’azione personale incrementa in noi la convinzione di possedere quelle stesse capacità. Ugualmente, vedere persone che falliscono, nonostante l’impegno, indebolisce il nostro senso di efficacia; - “la persuasione” consolida la nostra convinzione di essere in possesso di ciò che occorre per riuscire. Purtroppo le aspettative di efficacia che ne derivano sono meno forti di quelle prodotte da risultati ottenuti mediante i propri sforzi DISEGNO DEL PROFILO DEL CANDIDATO Caratteristiche motivazionali • • • • Aspirazioni/aspettative Impegno verso l’organizzazione Disponibilità allo spostamento Flessibilità oraria LE FASI DEL PROCESSO DI SELEZIONE 1. Il reclutamento Obiettivo: ricerca organizzata di candidati tra i quali scegliere la persona da inserire nel contesto organizzativo. La raccolta delle candidature avviene attingendo da 2 tipi di fonti: • interne all’azienda (annunci interni, nominativi di conoscenti di dipendenti, curricula mandati spontaneamente); • esterne all’azienda (annunci di ricerca del personale, agenzie di selezione, agenzie interinali, università, istituti scolastici, inserzioni su quotidiani, riviste, periodici specializzati). LE FASI DEL PROCESSO DI SELEZIONE Una volta raccolte le candidature, si passa ad una fase di pre-screening attraverso l’esame dei curricula o dei questionari di dati biografici. Il reclutamento si conclude invitando i soggetti ad un primo contatto diretto con l’organizzazione in base al quale si deciderà la loro eventuale idoneità per la fase di valutazione. LE FASI DEL PROCESSO DI SELEZIONE 2. Valutazione Obiettivo: valutazione dei candidati reclutati al fine di decidere in merito ad un eventuale inserimento lavorativo. In questa fase le organizzazioni si avvalgono di numerose metodologie, tra le quali le più comuni sono: • test psicometrici; • assessment center; • colloquio/intervista individuale. È particolarmente importante servirsi di metodologie di valutazione che siano il più possibile oggettive, cioè diano garanzia di validità e affidabilità. LE FASI DEL PROCESSO DI SELEZIONE 3. L’inserimento Obiettivo: inserimento nel contesto organizzativo del candidato risultato più idoneo, in seguito alla valutazione, a ricoprire la posizione in oggetto. È un momento molto delicato sia nizzazione che per l’individuo coinvolto. per l’orga- L’organizzazione deve provvedere all’inserimento e all’integrazione dei propri membri ponendo in essere percorsi formativi e di affiancamento che consentano agli individui di comprendere credenze, valori e regole del contesto organizzativo in cui si trovano ad operare.