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Leggende della Tavola rotonda

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Leggende della Tavola rotonda
LA LETTERATURA:
UN MONDO DA SCOPRIRE
Poema
CAVALLERESCA
CICLO BRETONE
CICLO CAROLINGIO
CICLO CAROLINGIO
• CICLO DI CARLO
MAGNO
• POEMI
• GIULLARI
I GIULLARI
Dietro la maggior parte di questa letteratura vi era il giullare,
una figura dai tratti non sempre chiari, ma di cui, grosso modo,
si possono indicare le linee essenziali. I giullari erano uomini di
una certa cultura che andavano in giro a divertire in varia
maniera, ora facendo i giocolieri e i buffoni sulle piazze, ora
cantando o mimando componimenti poetici, mentre i più colti
avevano accesso anche presso famiglie signorili e, più tardi,
presso le corti, che essi rallegravano anche con testi poetici,
mentre i più colti avevano accesso anche presso famiglie
signorili e presso le corti, che essi rallegravano anche con testi
poetici. Un misto di saltimbanco, di prestigiatore, di poeta
popolate.; i quali passando da corte in corte, da città in
città,raccoglievano e Divulgavano notizie, pettegolezzi, idee,
compito importante in una età in cui non esisteva ancora la
stampa.
I giullari potevano essere impiegati ufficialmente a
diffondere notizie; ed è caratteristica la scenetta di
una popolana che, mentre va al pozzo ad attingere
acqua, si ferma a sentire una poesia composta da
poco sui padovani ;inoltre, specie nel Trecento e
poi nel Quattrocento, erano accolti nelle corti, dove
venivano a confondersi con gli “uomini di corte”.
Il giullare, poteva essere di condizione più bassa e
più alta, poteva essere espulso da una città come
disturbatore, i generi letterari nei quali si
cimentano erano molti e vari,ma alcuni erano
soprattutto importanti: i ritmi; i cantari; i
monologhi, mimati da un solo giullare; i contrasti,
componimenti mimici nei quali più giullari
recitavano scenette dialogate; le ballate, il cui
ritornello era ripreso dai danzatori.
CICLO CAROLINGIO
Nell’ Ile de France, dove si parlava la
lingua d’oil,sottoposta al dominio della
dinastia capetingia, si sviluppa il ciclo
carolingio. Questa letteratura è basata
su poemi epici detti “chanson de
geste”, (canzoni che narrano imprese
eroiche). Questi vengono cantati nelle
corti e in luoghi pubblici da giullari e
fanno parte di cicli, il più importante
dei quali tratta le gesta guerresche
avvenute fra l’VII e il IX sec. E ha
come protagonista Carlo Magno che
combatte in nome della cristianità,
contro gli Arabi musulmani che
avevano conquistato la Spagna.
CHANSON DE GESTE
I poemi epici francesi sono chiamati canzoni di gesta. Il
termine “canzone” indica che si tratta di testi interpretati
da un cantore con accompagnamento musicale. Il
termine “gesta” deriva dal participio passato del verbo
latino gerere e significa “imprese realizzate”. Le
canzoni di gesta si sviluppano fra il IX e il XIII sec.
Esse accolgono un’esigenza di narrazione e di epicità
molto diffusa a ogni livello della società. Inoltre non
nascono da una tradizione orale e popolare, ma in un
ambiente colto. Queste però vengono trasmesse
oralmente ad un pubblico anche popolare, ma di cui si
dà comunque per scontata la solidarietà con la vicenda.
I testi, essendo orali e per lo più anonimi, non sono
stabili, ma soggetti a interpolazione e a variazioni.
CICLO BRETONE
• CICLO BRETONE
• AUTORE DEL
TEMPO
• I SIGNIFICATI
SIMBOLICI DEL
CICLO BRETONE
I TRE TEMI BRETONI
I poemi e i romanzi del ciclo bretone, sono
intrisi di significati simbolici, intorno ai quali
si è a lungo disputato. In questi poemi vi è
l’attribuzione di un’immagine sacra, alla
figura del cavaliere. Altri due elementi che si
trovano in queste opere sono: l’elemento
magico e il tema amoroso. Quest’ultimo è
evidenziato nell’opera di Lancillotto e
Ginevra e ricorda in particolar modo la
letteratura provenzale, infatti amore e
avventura si mescolano. Nella missione
dell’eroe vi è l’ideale religioso, rappresentato
dalla ricerca del Graal.
CHRETIEN DE TROYES
•VITA
•OPERE
CHRETIEN DE TROYES
Chrétien de Troyes (Troyes, fine del XII secolo), poeta francese.
Apparteneva al gruppo di poeti lirici che fiorirono nel settentrione
della Francia e subirono l'influenza della poetica dell'"amor
cortese" dei trovatori della Francia meridionale. Fu tra i primi a
usare la rima baciata nelle composizioni d'amore, prese spesso
spunto dalla leggenda di re Artù e dei suoi cavalieri. La sua opera
poetica, intrisa degli ideali della cavalleria e dell'amore cortese,
comprende il romanzo cavalleresco Perceval o il racconto del
Graal, la prima versione letteraria della leggenda del Santo Graal;
Erec e Enide; Lancillotto o il cavaliere della carretta, dove
compare la figura del cavaliere prediletto di Artù e suo rivale in
amore. Gli studiosi da sempre tentano di identificare le fonti alle
quali Chrétien attinse per le sue opere che furono di esempio a
molti poeti per la forza dell'immaginazione narrativa e la bellezza
stilistica. Considerato l'iniziatore del romanzo cavalleresco
medievale, fu esaltato da Dante per il contributo dato alla poesia
narrativa francese. Fra le altre opere di Chrétien de Troyes si
annoverano composizioni a imitazione della poesia di Ovidio e il
romanzo in versi Guillaume d'Angleterre, che si ispira alla
leggenda di sant'Eustachio.
LA RICERCA DEL GRAAL
Sacro Graal (Latino medievale cratella, "coppa"), il
sacro calice utilizzato da Gesù nell'ultima cena e, in
seguito, ricercato dai cavalieri di Re Artù. Secondo la
tradizione medievale, Giuseppe d'Arimatea vi raccolse il
sangue sgorgato dal costato di Gesù trafitto dal centurione,
e lo trasferì poi in Britannia, dove i suoi discendenti lo
conservarono per generazioni. Al Graal erano attribuite
proprietà miracolose, fra cui il potere di fornire cibo a chi
era senza peccato e quello di accecare l'impuro di cuore o
di rendere muto chi si mostrava irriverente in sua
presenza.Nelle leggende successive, il Graal divenne
oggetto di una ricerca costante, in cui assunse un ruolo
fondamentale Sir Galahad, uno dei cavalieri di Re Artù.
Molti cavalieri tentarono di ritrovare il calice sacro, ma
l'impresa venne portata a termine solo da Bors, Parsifal e
Galahad.
RE ARTU’
Artù (VI secolo?), re semileggendario dei britanni, che combatté contro gli
invasori anglosassoni. Benché alcuni studiosi lo considerino una figura
mitica, è possibile che uno storico Artù abbia condotto la lunga resistenza
dei britanni contro gli invasori. Secondo la leggenda, Artù era figlio di
Uther Pendragon, re di Britannia. Tenuto nascosto durante l'infanzia, fu
improvvisamente presentato al popolo come suo re e si dimostrò un
sovrano saggio e coraggioso. Riunì alla corte una grande compagnia di
cavalieri che, per evitare i problemi di precedenza dovuta al lignaggio,
faceva sedere a una tavola rotonda.Con la regina Ginevra tenne una
magnifica corte a Caerleon-upon-Usk (forse la leggendaria Camelot), sul
confine meridionale del Galles, dove i britanni mantennero la loro sede più
a lungo. Le sue guerre e vittorie si estesero quindi al continente, dove sfidò
con successo le forze dell'impero romano, finché non fu richiamato in
patria a causa del nipote Mordret, che si era ribellato sottraendogli il regno.
Nella battaglia finale di Camlan, nell'Inghilterra sudoccidentale, sia il re sia
il traditore caddero trafiggendosi a vicenda, e Artù fu misteriosamente
portato alla mitica isola di Avalon, per essere guarito dalla sua ferita. Nel
poema gallese Y Gododdin (VII secolo) si trova la prima allusione ad Artù,
che è citato di nuovo nella Historia Britonum (metà del IX secolo) dello
storico gallese Nennio. Gli Annales Cambriae, un manoscritto del X secolo,
lo citano fornendo il 537 come data della sua morte, mentre la leggenda nel
suo pieno sviluppo compare nella Historia regum Britanniae (1136 ca.),
dello storiografo inglese Goffredo di Monmouth.
LA LEGGENDA DELLA
TAVOLA ROTONDA
Leggende della Tavola rotonda Gruppo di racconti detti anche "ciclo bretone" o "ciclo
arturiano", risalenti all'alto Medioevo, aventi per protagonisti Artù, semileggendario re di
Britannia, e i suoi cavalieri. La leggenda è un complesso intreccio fra antica mitologia
celtica e tradizioni successive, sviluppate da una base storica e diiffuse in Europa
probabilmente dai celti stanziati in Bretagna nel V e VI secolo.I primi riferimenti al
personaggio di Artù si ritrovano in testi di origine gallese: il poema Gododdin (600 ca.),
alcune storie scritte in latino nel IX e X secolo e i racconti dell'antologia Mabinogion
(1100 ca.), in cui compaiono anche la moglie di Artù, Ginevra, e i cavalieri Kay, Bedivere e
Gawain. La prima raccolta di narrativa arturiana è la Historia regum Britanniae (1135 ca.)
dell'inglese Goffredo di Monmouth. Nell'opera compare anche Merlino, consigliere di
Artù, il quale è figlio del re inglese Uther Pendragon; si cita inoltre l'isola di Avalon, dove
Artù si reca per guarire dalle ferite riportate nell'ultima battaglia, e si narra dell'infedele
Ginevra e della ribellione istigata dal nipote di Artù, Mordred.In uno dei primi racconti
inglesi del ciclo, il Roman de Brut (1205) del poeta Layamon, si racconta per la prima
volta della spada Excalibur, che il solo Artù riuscì a estrarre dalla roccia in cui stava
conficcata.Nel 1100 i romanzi arturiani erano già diffusi anche in Italia: ispirati alla
cavalleria e all'amor cortese, davano alle gesta dei cavalieri di Artù spazio maggiore che al
re stesso.La più antica delle versioni francesi del ciclo è costituita dalle opere di Chrétien
de Troyes (XII secolo). Una di queste è dedicata alla figura di Lancillotto, primo cavaliere
di Artù e suo rivale in amore; un'altra narra di Perceval (Parsifal) alla ricerca del Santo
Graal, incorporandone il tema nella leggenda. L'opera di Chrétien influenzò notevolmente i
romanzi arturiani successivi, soprattutto le prime versioni tedesche quali Erec e Iwein, del
poeta Hartmann von Aue (XII secolo), e l'epopea Parzival (1210 ca.) di Wolfram von
Eschenbach. All'inizio del XIII secolo, anche la storia di Tristano e Isotta entrò a far parte
della leggenda di Re Artù.
CICLO BRETONE
Produzione letteraria in bretone, lingua celtica parlata
originariamente in Bretagna. Rappresentato nelle sue più antiche
forme scritte da brevissimi commenti a parole latine contenuti in
documenti che risalgono ai secoli VII-XI, il bretone trova il suo
primo documento letterario di una certa estensione in un testo
incluso in un manoscritto latino del XIV secolo, scoperto nel 1913.
Tra il XV e il XVII secolo la letteratura bretone è in gran parte
religiosa. Nelle trame delle opere del ciclo bretone il cavaliere
protagonista, si batte più per elevarsi spiritualmente che per
combattere i nemici e spesso si hanno scenari fiabeschi che si
ricollegano a elementi leggendari delle tradizioni celtiche, da cui in
parte deriva la materia dei poemi. Il ciclo bretone ha per
protagonisti: re Artù, Lancillotto, i Cavalieri della Tavola Rotonda e
il tema della ricerca del Graal, la coppa nella quale Giuseppe
d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo.
CHANSON DE ROLAND
STRUTTURA
CONTENUTO
CHRETIEN DE TROYES
• LA LEGGENDA
DELLA TAVOLA
ROTONDA
• LA RICERCA DEL
GRAAL
CONTENUTO
L’imperatore Carlo Magno, dopo aver combattuto in Spagna
vittoriosamente contro i Saraceni per sette anni, decide di accettare la
proposta di pace di Marsilio, re dei Mori che, ormai allo stremo, cerca con
un inganno di allontanare i Franchi. Solo Orlando vuole la guerra a oltranza
e si oppone invano alla trattativa; indica allora in Gano, suo patrigno, colui
che dovrà, come ambasciatore, partire per las pericolosa missione. Questi
accetta pieno di rancore(pensa infatti che Orlando l’abbia proposto per
sbarazzarsi di lui) e attua il suo desiderio di vendetta lasciandosi sedurre
dall’idea del tradimento. Marsilio promette di convertirsi e di rinunciare alla
guerra, se Carlo Magno lascerà la Spagna. L’imperatore cade nella trappola
e si ritira con il grosso dell’esercito, ma la retroguardia viene attaccata e
sterminata a Roncisvalle da quattrocentomila Saraceni. Orlando solo in
punto di morte si decide a suonare il corno per chiamare in soccorso
l’esercito di Carlo. Quando l’imperatore arriva sbaraglia il nemico e un
intervento divino ferma il sole per permettere ai Franchi di inseguire i
superstiti fino all’Ebro. La guerra termina con un duello tra i due capi
supremi e la vittoria definitiva dei cristiani. Carlo Magno, tornato ad
Asquisgrana, processa e manda a morte il traditore Gano.
STRUTTURA
La Chanson de Roland consta di circa 4000 decasillabi. È
stata composta nella seconda metà del secolo XI, ma il
manoscritto più antico che la conserva a Oxford, è della
prima metà del sec. successivo. Alla fine del manoscritto
viene registrato il nome di Turoldo, ma è difficile dire se si
tratta del nome dell’autore o piuttosto di colui che ha
copiato il poema. La composizione della “CHANSON de
ROLAND” risale a un periodo successivo di tre secoli
rispetto alla vicenda che narra: una spedizione di Carlo
Magno contro i Saraceni spagnoli nel 778. la morte di
Orlando segna il momento di maggior tensione emotiva e
ideologica: egli è insieme un perfetto modello di guerriero
e una figura di martire cristiano, ed è dunque capace di
unire ideali guerreschi e religiosi, fedeltà all’imperatore
terreno(Carlo Magno) e a quello ultraterreno(Dio). La
storia è volta in leggenda con chiara intenzione epicoreligiosa.
La narrazione è elementare, avanza per schemi e
opposizioni (Cristiani contro Saraceni, l’eroe contro il
traditore), per blocchi narrativi e scene unitarie condensate
una per ogni strofa, secondo il concetto della paratassi,
puntando su effetti semplici ma potenti, che tendono alla
ritualità e alla ripetizione. Come nella tradizione epica
antica, ricorrono spesso le stesse formule e gli stessi
moduli. Il personaggio di Orlando divenne presto popolare
in tutta Europa e anche in Italia, attraverso i
rimaneggiamenti in prosa della materia carolingia, ma
anche attraverso i cantari popolari e infine, ancora in Italia,
i grandi poemi di Boiardo (Orlando Innamorato) e di
Ariosto(Orlando furioso).
AUTORI
BOIARDO
ARIOSTO
TASSO
LA TRADIZIONE DEI CANTARI E LA
NASCITA DEL POEMA CAVALLERESCO
Il cantare nasce nel Trecento riprendendo i temi della materia
bretone(quella, romanzesca e amorosa, del re Artù e dei cavalieri
della Tavola Rotonda) e di quella carolingia (quella di Carlo Magno
e dei suoi paladini). A una prima fase in cui prevalgono i primi
segue una seconda, nel Quattrocento, in cui predominano i secondi;
ma si ha anche un’alternanza o una fusione degli uni e degli altri.
Ovviamente i valori morali e religiosi che caratterizzavano questa
doppia tradizione epica sono ormai scomparsi: questa materia
adesso interessa solo per la trama, per il ritmo e per la varietà di
avventure, per la capacità d’intrattenimento che essa implica.
Semmai subentra, come ragione d’interesse che può spiegare il
crescente successo dei cantari, il tema della guerra santa contro i
maomettani, reso attuale dalla minaccia dei turchi, dopo la loro
conquista di Costantinopoli. In un primo momento queste storie
erano diffuse soprattutto in veneto in lingua franco-veneta; poi
cominciarono a circolare in tutta Italia nella forma che assunsero in
Toscana:come narrazione in ottave. Il cantare si andò articolando in
cicli, il cui ascolto poteva durare per alcuni giorni successivi.
Questi cicli di cantari fanno già pensare al poema epico
cavalleresco diviso in canti. Il poema cavalleresco nasce
nella seconda metà del Quattrocento, quando la materia
stessa dei cantari viene assunta da un autore colto con
intenti artistici e rielaborata per esser presentata non più a
un pubblico popolare ma a quello raffinato delle corti. Il
poema cavalleresco è essenzialmente un testo scritto con
ambizione letteraria, destinato alla lettura di una cerchia
ristretta e selezionata di pubblico borghese e nobiliare.
La trama cessa di essere casuale e improvvisata, e
l’intreccio si fa più sapientemente costruito e rigoroso.
Autori come Ariosto, Boiardo e Tasso, hanno segnato una
svolta nel poema cavalleresco, trasformando i cantori
popolari in un genere destinato alla corte. La letteratura
dotata di alto valore estetico si rivolge ormai a una
ristretta cerchia di signori.
ORLANDO INNAMORATO
• L’Orlando innamorato fu intrapreso all’inizio del soggiorno di
Boiardo a Ferrara(1476), nel palazzo de Ercole d’Este, per
sollecitazione del duca, a cui d’altronde è dedicato; ebbe rapido
sviluppo sino al 1483, quando l’opera venne pubblicata a
Reggio in due libri, rispettivamente di 29 e di 31 canti. L’opera
fu stampata per diretto interessamento di Ercole d’Este. Il terzo
libro fu avviato con molta lentezza: in dieci anni(dal 1484 alla
morte) ne furono composti solo 8 canti interi e 26 ottave dal
canto IX. A questo punto il poema resta interrotto a causa
dell’arrivo in Italia(settembre 1494) del re francese Carlo VIII,
che segna l’inizio della crisi Italiana. Il poeta registra
l’avvenimento in una famosa ottava, l’ultima da lui lasciata.
Morirà infatti tre mesi dopo. L’anno successivo vennero
stampati il terzo libro da solo, a Venezia, e l’intera opera(69
canti) a Scandiano (è la prima edizione completa, ma è andata
perduta). Boiardo nell’innamorato si rifà alla materia dei
cantari, unificando il ciclo bretone e quello carolingio.
• Dichiara più volte di rifarsi ad un libro di Turpino, ma lo fa in
modo scherzoso o per allargare i confini fiabeschi della
narrazione. Fra le fonti letterarie, spiccano Virgilio e Ovidio,
mentre ovvia è l’influenza della letteratura epica dei romanzi
francesi e dei cantari, Unificando il ciclo bretone e quello
carolingio. Dichiara più volte di rifarsi ad un libro di Turpino,
ma lo fa in modo scherzoso o per allargare i confini fiabeschi
della narrazione. Fra le fonti letterarie, spiccano Virgilio e
Ovidio, mentre ovvia è l’influenza della letteratura epica dei
romanzi francesi e dei cantari. La poetica di Boiardo ruota
intorno ai seguenti motivi: 1) materia cavalleresche bretone e
carolingia; 2) tema dominante dell’amore; 3) nostalgia per il
mondo cavalleresco medievale di cui alcuni valori si ritengono
attuali nel mondo delle corti rinascimentali; 4) volontà di
dilettare il pubblico cortigiano. Si aggiunge a questi il motivo
encomiastico(l’esaltazione della casata degli Estensi) che è
presente-e in modo assai parco- solo a partire dal II libro e che
tuttavia ha una notevole importanza storica perché, nella
narrativa in ottave, segna il passaggio al poema cavalleresco
d’impronta umanistico-cortigiana.
TRAMA DELL’ORLANDO
INNAMORATO
La vicenda comincia con l’apparizione di Angelica alla corte di Carlo
Magno. È accompagnata dal fratello Argalian e si promette in sposa a
chi lo sconfiggerà in duello. Tutti i cavalieri presenti, cristiani e pagani,
si innamorano di lei e accettano la sfida. Ma quando Ferraguto
sconfigge Argalia, Angelica fugge, inseguita, oltre che dallo stesso
Ferraguto, dai due cugini Rinaldo e Orlando. L’amore è dunque la
molla dell’azione. Rinaldo beve alla fontana del disamore, mentre
Angelica a quella dell’amore: è il tema della magia largamente
presente nell’opera. Di qui in avanti Angelica insegue Rinaldo, ed è
inseguita da Orlando innamorato vanamente di lei. Alla fine Angelica è
assediata in una città Asiatica da un grande esercito guidato da
Agricane, re dei Tartari, anche lui innamorato di lei. Ma Orlando
interviene a difesa di Angelica e uccide in un celebre duello Agricane.
Rinaldo, che odia Angelica, si schiera contro di lei, cosicché i due
cugini si trovano di fronte in duello. Quando Orlando sta per sopraffare
Rinaldo, Angelica interviene facendo allontanare il primo e così
salvando il secondo, che lei continua, non riamata, ad amare. Finisce
qui il primo libro. Nel IIlibro ritorniamo a Parigi, assediata da un
esercito musulmano guidato da Agramante.
Uno dei capi di questo esercito è Rodamante, guerriero, che il
mago Atlante tiene nascosto per sottrarlo al destino funesto che lo
aspetterebbe se partecipasse alla guerra. Grazie al ladro Brunello
che ruba Ad Angelica un anello magico che rende invisibili,
Ruggiero è liberato e in grado di unirsi ai Saraceni. Nel frattempo,
alla fonte del mago Merlino, Rinaldo beve alla fontana dell’Amore
e Angelica a quella del disamore per cui si inverte la situazione del
libro precedente: ora Rinaldo insegue Angelica che lo fugge. Ciò
porta ad un nuovo duello fra i cugini, ormai rivali in amore. Ma il
duello è interrotto da Carlo Magno che, approssimandosi il
momento della grande battaglia contro i Saraceni, vuole i due
cugini alleati con lui. Anzi, Carlo Magno promette Angelica a chi
dei due sarà più valoroso contro i nemici musulmani. Così abbiamo
finalmente di fronte i due eserciti: da un lato, fra i Saraceni,
Rodamante, Ferraguto, Sacripante, Marsilio; dall’altra, fra i
cristiani, Orlando, Rinaldo Bradimarte, Oliviero. Nel III libro una
fanciulla-guerriera, la cristiana Bradimante, si reca a Parigi per
portare aiuto a Carlo Magno assediato, e viene assalita da
Rodamonte. Accorre però in sua difesa Ruggiero, che la salva. Fra i
due nasce un idillio, che si ricollega al tema encomiastico: per
quanto si può capire (il poema è rimasto interrotto), Ruggiero,
prima di essere ucciso a tradimento da Gano, si sarebbe convertito
al Cristianesimo e avrebbe sposato Bradamante, dando origine alla
casa estense.
L’ORLANDO FURIOSO
Nel 1521 comparve la seconda edizione del Furioso, una prova
dell'assiduità con cui Ariosto continuò a lavorare al poema, sottoposto a
ulteriori correzioni anche dopo la terza edizione, quella definitiva. Tra il
1522 e il 1525 ebbe l'oneroso incarico di commissario ducale della
Garfagnana, regione montuosa e quanto mai inospitale della Toscana
settentrionale, infestata da animali feroci e da briganti, come lo stesso
Ariosto sottolinea più volte nelle sue lettere, lamentandosene.
Mantenendo contatti sia con il papa sia con l'imperatore, dedicò quindi
al lavoro letterario le migliori energie: l'edizione definitiva dell'Orlando
furioso uscì nel 1532, preceduto dalla composizione di diverse
commedie (la nuova versione della Cassaria è del 1531). In realtà
Ariosto intrattenne un rapporto intenso con il teatro, non solo come
autore (scrisse tra l'altro I Suppositi nel 1509, Il Negromante nel 1520 e
La Lena nel 1528) ma anche come organizzatore di spettacoli, regista e
persino attore, tutti ruoli funzionali al compito di colto ed elegante
intrattenitore del raffinato pubblico costituito dalla corte estense.
L'ultima edizione del poema conta 46 canti.
La revisione fu soprattutto linguistica: Ariosto si sforzò di applicare i
suggerimenti proposti da Pietro Bembo nelle sue fortunate Prose della
volgar lingua (1525), in cui si suggeriva un modello letterario di
carattere classicistico, ispirato alla lingua degli autori toscani delle
origini, in particolare a quella di Petrarca e di Boccaccio. Le
modifiche al poema riguardarono però anche la sua struttura narrativa:
nuovi episodi vennero inseriti in vari punti del testo, modificandone
l'andamento generale. Apparirà evidente, dopo quanto si è detto, che
la vera materia del capolavoro ariostesco, l’Orlando Furioso, non è
quella che egli ricavava dalla tradizione cavalleresca, bensì
quell’intreccio di sentimenti umani che egli aveva analizzato in se
stesso, nei “vari gusti e fantasie diverse” in cui si era imbattuto
frequentando i suoi concittadini, gli amici, il mondo della corte, i testi
degli scrittori classici. Certo, nella scelta della materia cavalleresca
l’Ariosto teneva d’occhio il pubblico della corte, cui quella materia
era familiare e particolarmente gradita: ma, com’è stato osservato,
decisive furono le ragioni artistiche e una certa congenialità fra il
poeta e il poema cavalleresco:”si può, infatti, parlare di un incontro
congeniale tra il poeta e il poema cavalleresco, tra le sue esigenze di
narrativa avventurosa e molteplice, cioè di spazio illimitato, e la
disponibilità inesauribile d’intrecci, di scomposizione e
ricomposizione sempre nuove della materia, che quel genere letterario
offriva”.
TRAMA DELL’ORLANDO FURIOSO
L'Orlando furioso riprende le vicende dei paladini di Carlo Magno
dal punto in cui si era interrotta la narrazione dell'incompiuto
Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, testo assai celebre
nell'ultimo decennio del XV secolo. Nel Furioso la componente
sentimentale viene sottolineata a tal punto che l'eroico Orlando è
portato oltre le soglie della pazzia, a causa dell'amore spasmodico che
prova per l'inafferrabile Angelica, principessa del Catai. Al centro
dell'opera c'è poi un'altra coppia di innamorati, quella formata da
Bradamante e Ruggiero. La situazione in cui si intrecciano le vicende
di questi e altri mille personaggi (le "donne e i cavalier" nominati
all'inizio dell'opera) è quella dell'assedio di Parigi: il re dei mori
Agramante ha infatti sbaragliato l'esercito di Carlo Magno. Il poema
procede a ritmo elevato: le avventure si susseguono in una geografia
con parecchie caratteristiche fantastiche. Fantastiche sono diverse
figure, come il mago Atlante e l‘Ippogrifo, il cavallo alato con cui
Astolfo va sulla Luna a recuperare il senno perduto da Orlando. La
leggerezza della poesia del Furioso, quanto mai elegante, accoglie
però anche tematiche tutt'altro che gioiose. Dalle ottave del suo
poema, Ariosto guarda il mondo con disincantata ironia mista a un
fondo di disillusa tristezza.
LA GERUSALEMME LIBERATA
• Nel 1581 apparve la prima versione completa della
Gerusalemme liberata, riedita da un diverso curatore nel
1584. L'opera consiste di venti canti in ottave (Vedi
Versificazione) e tratta degli ultimi mesi dell'assedio di
Gerusalemme, fatto storico avvenuto nel 1099, della
conseguente caduta della città e della battaglia di Ascalona.
La macchina romanzesca della Gerusalemme liberata si
incentra su un evento solo(l’esito vittorioso della prima
Crociata) colto per di più nella sua fase estrema,
abbastanza contratta nel tempo e dominata dall’emergenza
di un unico capo, Goffredo da Buglione. In tal modo la
molteplicità degli eventi si riconduce ad un’unica azione le
cui fila sono dirette sostanzialmente da un personaggio, e
la tecnica narrativa dilatata e intrecciata del grande
esemplare ariostesco viene sostituita da uno svolgimento
più lineare e semplificato, anche se pur sempre aperto ad
alternanze ed intermittenze d’argomento e di tono
narrativo.
Anzi, proprio il rapido trapasso da inflessioni eroiche e
guerresche a toni malinconici e raccolti, dalle armi agli amori,
dal registro epico a quello elegiaco, costituisce la caratteristica
più peculiare della Gerusalemme liberata, nella quale la nota
acuta e squillante, legata al registro delle imprese gloriose e
della guerra santa, richiama dialetticamente l’altra nota,
patetica e intimamente turbata, dei sentimenti tormentosi, degli
amori ambigui o non corrisposti. I personaggi del poema sono
sia storici (Goffredo di Buglione) sia d'invenzione, come
Rinaldo, già protagonista dell'omonimo poema giovanile. Tra
gli eroi cristiani spiccano il capitano Goffredo e due giovani:
Rinaldo, appunto, e Tancredi. Il primo rappresenta il vigore
guerresco allo stato puro, il secondo è invece una figura
combattuta e malinconica, anche per via del suo amore per una
donna nemica, Clorinda. Tra i pagani hanno particolare rilievo
Argante e Solimano, eroici avversari sui quali aleggia la
consapevolezza dell'inevitabile sconfitta. Tra i personaggi
femminili primeggia Erminia, innamorata di Tancredi ma
timida e riservata, l'opposto della bella maga Armida, simbolo
dell'amore erotico e della sua forza. Novità significative del
poema sono sia la realizzazione di figure psicologicamente ben
delineate sia la sapiente commistione fra immaginario cristiano
e sensibilità "magica", tipica del poema.
TORQUATO TASSO
Tasso, Torquato (Sorrento, Napoli 1544 - Roma 1595), poeta, una
delle figure più autorevoli del Rinascimento italiano. Figlio del poeta
Bernardo Tasso, compì gli studi universitari di legge e filosofia a
Bologna e Padova, e qui compose il suo primo poema epico, Rinaldo,
pubblicato nel 1562, che racconta la giovinezza del famoso cugino di
Orlando, anch'egli paladino di Carlo Magno. Intanto nel 1559, a
Venezia, aveva cominciato a scrivere un poema sulla prima crociata
intitolato provvisoriamente prima Gierusalemme e poi Gottifredo. La
sua vita fu contrassegnata da continui spostamenti, sintomatici del
suo sradicamento e della sua inquietudine esistenziale. Nel 1565
entrò al servizio del cardinale Luigi d'Este e si trasferì a Ferrara, dove
divenne membro ammirato della corte del duca Alfonso II. Gli
Estensi erano rinomati patroni delle arti, e fin dal XV secolo si erano
circondati di talenti come Ludovico Ariosto e Matteo Maria Boiardo.
Nel 1573, in occasione di una festa a corte, Tasso presentò con
grande successo nei giardini di Belvedere il dramma pastorale Aminta
(1580), idealizzazione lirica della vita della nobiltà, ancora oggi
ritenuto uno dei migliori esempi del genere. Questa favola pastorale
narra l'amore del pastore Aminta per la ritrosa Silvia che, indifferente,
si dedica alla caccia.
L'amore tra i due è infine celebrato dopo che
entrambi hanno creduto morto il futuro amato.
Figure importanti dell'opera sono Tirsi,
personaggio sazio di gioie e piaceri, che vede il
mondo con disincanto (un'evidente proiezione del
poeta nel testo), e Dafne, matura e disillusa figura
femminile esperta d'amore. Nel 1575 Tasso
completò il poema dedicato alla prima crociata,
che sottopose all'opinione di alcuni autorevoli
critici, mentre si manifestavano i primi segni di
uno squilibrio mentale. Si autodenunciò infatti al
tribunale dell'Inquisizione, che lo assolse. Tornato
a Ferrara dopo essere stato ospite di Francesco
Maria della Rovere, a Urbino, maturò in lui la
convinzione di un'azione persecutoria nei propri
confronti. Nel 1579, a seguito di ripetute crisi
violente, fu ricoverato nell'ospedale Sant'Anna di
Ferrara, dove rimase sette anni. È il periodo in cui
lavorò, tra l'altro, ai Dialoghi, dedicati ad
argomenti vari, letterari, filosofici, morali.
ARIOSTO
VITA
ORLANDO FURIOSO
TRAMA
TASSO
VITA
GERUSALEMME
LIBERATA
BOIARDO
VITA
ORLANDO
INNAMORATO
TRAMA
BOIARDO
Boiardo, Matteo Maria poeta italiano di epoca rinascimentale. Trascorse la
fanciullezza a Ferrara e, dopo aver perso sia il padre sia il nonno con cui aveva
vissuto, assunse il titolo feudale legato alla contea familiare di Scandiano, di cui iniziò
a disporre assieme al cugino Giovanni. Entrò così in rapporti con il principe Ercole
governatore di Modena, e iniziò a frequentare la corte estense che aveva il suo centro
a Ferrara. Per conto del principe si occupò di testi classici, ed elaborò poesie latine a
imitazione di Virgilio, ma ben presto si dedicò alla poesia volgare con il canzoniere
Amorum libri tres (I tre libri degli amori), composto e rielaborato dal 1469 al 1476,
scritto in onore della nobildonna Antonia Caprara. Intanto svolse attività diplomatica a
Roma e a Napoli, ed ebbe incarichi amministrativi (come capitano di Modena) tra il
1480 e il 1483.Boiardo maturò in questo periodo l'intenzione di scrivere un poema di
genere cavalleresco che risultasse anche un omaggio encomiastico alla stirpe estense.
L'idea, favorita dall'interesse che il nobile pubblico di Ferrara tributava alla tradizione
cavalleresca, in particolare arturiana, si concretizzò nel 1483 con l'Orlando
innamorato. Si tratta di un poema cavalleresco che mescola elementi del ciclo
carolingio e bretone, al quale l'autore aggiunse in seguito solo una parte di un terzo
libro rimasto incompiuto. Ma la storia delle edizioni dell'opera è quanto mai
complessa, mancando sia manoscritti completi sia copia dell'edizione definitiva
dell'opera, promossa dalla famiglia un anno dopo la morte dell'autore. Per il suo
contenuto avvincente e insieme concentrato in alcuni motivi (la perenne fuga di
Angelica) e temi ricorrenti (l'amore, l'attrazione per il fiabesco, la nostalgia per
l'universo della cavalleria), l'Innamorato ebbe grande successo, testimoniato dalle
numerose continuazioni dell'opera e dai suoi rifacimenti.
ARIOSTO
Ariosto, Ludovico (Reggio Emilia 1474 - Ferrara 1533), poeta italiano, uno dei
più importanti dell'epoca rinascimentale. Nel 1484 si trasferì con la famiglia a
Ferrara, dove assunse le prime cariche amministrative. Gli studi giuridici gli
diedero una qualifica ulteriore, preziosa per il suo futuro di cortigiano. Nella
prima metà degli anni Novanta partecipò alla vita di corte di Ercole I d'Este,
quindi cominciò a scrivere poesie in latino. Nel 1497 fu accolto fra i cortigiani
stipendiati, mentre intensificava il lavoro intorno alle Rime, stampate postume nel
1546 (Ariosto non pubblicò, oltre al suo celebre poema, nessun'altra opera),
poesie dove la lezione di Francesco Petrarca viene rivisitata in chiave più
scopertamente personale e realistica. Ben presto gli impegni divennero anche
militari: nel 1501 fu capitano della rocca di Canossa, mentre nel 1503 passò al
servizio di Ippolito d'Este, ottenendo diversi incarichi amministrativi e
diplomatici. L'opera alla quale intanto stava lavorando con maggiore impegno era
il poema cavalleresco Orlando furioso, la cui prima edizione, composta di
quaranta canti, uscì nel 1516. Sempre meno disposto a sacrificare il lavoro
letterario a quello politico e amministrativo, nel 1517 si rifiutò di seguire il
cardinale Ippolito in Ungheria, e perciò ruppe ogni rapporto con lui; nel 1518
passò al servizio del duca Alfonso, ma questo non gli risparmiò numerose
missioni in diverse corti italiane e il gravoso incarico di governatore di
Garfagnana (1522-25). Le sette Satire, vera e propria autobiografia in versi,
furono composte fra il 1517 e il 1525. Opere indirizzate ad amici e parenti,
trattano temi di attualità non di rado in chiave allusiva e in forma di apologo; vi si
parla del lavoro dello scrittore e dell'amore per lo studio, della corruzione del
clero, della vita in famiglia, sempre con versi comunicativi (grazie alla struttura
dialogica dell'opera) ed eleganti, con intonazione leggera e a volte fiabesca
CAVALIERE
Nel tardo Medioevo il cavaliere assunse tratti ancor
più aristocratici ed elitari. Durante il XIV secolo il
titolo di cavaliere divenne ereditario. La Vita nuova
(1292-93) di Dante testimonia come gli ideali
dell'amor cortese provenzale e cavalleresco fossero
vivi presso la borghesia di Firenze, mentre nel
Rinascimento i poemi di Boiardo, Ariosto e Tasso
idealizzarono lo spirito cavalleresco fissandone un
retrospettivo e nostalgico modello letterario. Il venir
meno della figura del cavaliere coinciderà con la
scomparsa del genere letterario del poema epico, il cui
definitivo declino sarà rappresentato da Cervantes,con
Don Chisciotte.
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