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elusione_fe2013

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elusione_fe2013
L’elusione
Autunno 2013
Elusione come riqualificazione
“giuridica” di ciò che si dichiara
• Elusione come importante aspetto della
tassazione d’impresa, difficile da capire senza una
sufficiente visione di insieme.
• Senza un ’ idea organica e coordinata della
tassazione delle imprese, delle ragioni per cui si
dichiara secondo certe regole piuttosto che altre.
Elusione e comportamenti dei
contribuenti: premessa
• La legislazione disciplina, o consente
implicitamente,
una
pluralità
di
comportamenti economico-sostanziali.
• Anche all'interno di un solo strumento
giuridico (ad esempio cessione di titoli, fusione
etc.) il contribuente ha ulteriori possibilità di
scelta, sui tempi e le modalità di effettuazione
dell'operazione, cui la legge collega
conseguenze giuridico-tributarie.
Segue. Scelta degli strumenti giuridici
• Il contribuente si pone un obiettivo
economico e quindi si chiede quali sono gli
strumenti giuridici più adatti a perseguirlo,
anche in funzione della convenienza fiscale.
• Ad esempio, cessione di azienda anziché delle
quote della società che la detiene, modalità di
retribuzione dei propri dipendenti (piani di
azionariato, etc…)
Segue. Scelta degli strumenti
giuridici
• Possono coesistere, con equivalente rilevanza
sistematica,
regimi
che
comportano
un'incidenza tributaria diversa, al cui interno il
contribuente può spesso scegliere a priori la
regola più conveniente, compatibilmente con
le proprie esigenze contrattuali ed operative.
• “Pianificazione fiscale", cioè la scelta della
strada più conveniente tra quelle che un
ordinamento tributario offre .
Elusione: caratteri generali
• Il legittimo risparmio d'imposta, può
degenerare in elusione quando tradisce
principi sistematici desunti da altre
disposizioni e dalle modalità generali con cui è
regolato un determinato settore del diritto
tributario (esempio, commercio delle perdite)
• rispetto della forma ma non della sostanza
Elusione ed evasione
• L’evasione nasconde fatti veri (compensi
incassati e non dichiarati) afferma
circostanze false (costi non sostenuti ma
dedotti), o applica erroneamente la
normativa (in buona o mala fede)
• l'elusione, invece, non consiste in una falsità
• l'artificiosità dell'elusione è tutta giuridica
Norma antielusiva e pianificazione
fiscale
• Nella pianificazione fiscale il contribuente sceglie
gli strumenti giuridico tributari più convenienti
per inquadrare la propria attività (possibilità di
scelta tra varie sfaccettature del sistema fiscale).
• Nel sistema sono ammessi, espressamente o per
implicito, vari comportamenti in concreto
fungibili, tutti caratterizzati da una pari dignità
sistematica.
Pianificazione fiscale e scelte del
contribuente
• Ad es. alternativa tra cessione di aziende o
partecipazioni nelle società che possiedono le
aziende stesse,
• scelta sul tipo di società da utilizzare, o sul
sistema di finanziamento più vantaggioso
fiscalmente per l'impresa (capitale proprio o di
debito), sul periodo d'imposta in cui incassare
proventi o pagare spese, sulle diverse modalità
con cui acquisire fattori produttivi (acquisto o
leasing).
Lecito risparmio d’imposta e margini
stabiliti dal legislatore
• Margini entro cui perseguire una convenienza
fiscale sono normativamente sanciti dalle
disposizioni tributarie sul reddito d'impresa,
• ad esempio, in tema di misura degli
ammortamenti, degli accantonamenti e di
tutte le altre valutazioni di bilancio.
• In tali casi la legislazione indica chiaramente i
limiti massimi e minimi al cui interno è
possibile ricercare la più conveniente
pianificazione fiscale dei risultati reddituali
delle imprese.
Elusione come degenerazione del
lecito risparmio d’imposta
• A fronte di comportamenti leciti, ma di cui è
avvertibile la contrarietà a qualche principio di
fondo del sistema tributario
• diventa fondamentale una valutazione di tipo
sistematico
• estrarre da discipline di settore, ("commercio" delle
perdite, neutralità delle operazioni di fusione e
scissione) indicazioni sistematiche sufficienti a
qualificare il comportamento del contribuente nel
lecito risparmio d'imposta o nell'elusione.
Segue: degenerazione del lecito
risparmio d’imposta
• Nell'elusione non ci si limita a scegliere una delle
alternative che l'ordinamento consente, bensì ci
si costruisce, tra le maglie della legislazione, un
regime vantaggioso a rigore lecito, ma distorsivo,
e perciò disapprovato sotto un profilo
sistematico.
• L'elusione consiste nella costruzione di una
scappatoia, uno stratagemma giuridico per
conseguire un risultato che il sistema tributario
ordinariamente non ammette, disapprova o, in
altri termini, implicitamente vieta.
Le disposizioni antielusive
Le disposizioni antielusive a struttura
ordinaria
• Prima reazione legislativa alla diffusione di prassi
elusive sono state disposizioni correttive con
funzione antielusiva, ma con struttura ordinaria.
• In senso tecnico non si tratta di disposizioni con
struttura antielusiva, bensì di disposizioni rigide,
con una mera funzione antielusiva, e che possono
scattare anche quando l'elusione non sussiste (o
non scattare quando il contribuente riesce ad
aggirare anche tali disposizioni).
• Ad esempio, le disposizioni che limitano il riporto
delle perdite sono antielusive nel fine ma non
nella struttura.
Norme antielusive in senso tecnico
• Introdotte nell'ordinamento in modo graduale, a
partire dal 1990,
• con l'art. 10 della legge n. 408/1990, e poi con
l'art. 37 bis nel D.P.R. n. 600/1973.
• Sono state peraltro lasciate in vigore tutte le
disposizioni con mera funzione antielusiva
• si ha un doppio livello di contrasto dell’elusione:
attraverso rigide disposizioni specifiche oppure
clausole antielusive generali, più flessibili che
impongono complesse valutazioni di ordine
sistematico.
Segue. Norme antielusive generali
• Non modificano la legislazione sostanziale, ma la
disapplicano quando il contribuente se ne fa
forte per elaborare uno stratagemma che gli
consente di ottenere un vantaggio indebito.
• Per stabilire se il vantaggio sia indebito, e se il
contribuente abbia quindi aggirato obblighi o
divieti, occorrono valutazioni di ordine
sistematico.
L’art. 37-bis D.P.R. n. 600/1973
• “colpisce gli atti, i fatti e i negozi anche collegati
tra loro, privi di valide ragioni economiche diretti
ad aggirare obblighi o divieti previsti
dall'ordinamento tributario e ad ottenere così
riduzioni d'imposta o rimborsi altrimenti
indebiti";
• è inserita nel D.P.R. n. 600/73 ed è quindi
riferibile solo alle IMPOSTE DIRETTE
• non è applicabile a qualsivoglia fattispecie bensì
è limitata a fenomeni economici tassativi, anche
se ormai la lista è molto ampia
Art. 37 bis. Criteri generali di
applicazione
• Comportamento elusivo definito come:
• l’insieme di atti (ovvero atto) fatti e negozi
“ANCHE” collegati tra loro
– privi di valide ragioni economiche;
– diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti
dall’ordinamento tributario;
– per ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti
indebiti.
1) Tassatività del comportamento
• Ampia elencazione ripresa dal precedente art.
10 della legge n. 408/1990 degli atti in
presenza dei quali la norma antielusiva si
rende applicabile (eccezioni le cessioni di beni
singoli, diversi dalle aziende)
2) Effettivo vantaggio fiscale
• Condizione preliminare, per l'applicazione della
disposizione antielusiva, è la presenza di un vantaggio
fiscale effettivo, e non meramente apparente;
• considerando i complessivi pagamenti di imposta
rispetto ai complessivi risparmi e prendendo in
considerazione tutti i soggetti interessati
• molto spesso, infatti, quelli che a prima vista sembrano
vantaggi fiscali sono spesso controbilanciati da
corrispondenti pagamenti d'imposta, presso altri
soggetti o in anni successivi.
Segue. Vantaggi fiscali apparenti
• Ad esempio, la mancata realizzazione di
plusvalenze latenti a seguito di una operazione
societaria non è un vantaggio in assoluto,
perché l'imposizione di tali plusvalenze è solo
rinviata al successivo momento in cui i beni
saranno ceduti
Valutazione globale del vantaggio
fiscale
• È prevista una valutazione globale del
vantaggio fiscale indebito, al netto delle
somme corrisposte dallo stesso contribuente
in base alle operazioni ritenute elusive
• Se il “fisco” è stato leso, ha il potere di
recuperare solo quanto gli è stato sottratto
mediante una sorta di “compensazione” tra
imposte eluse ed imposte assolte
Necessità di una sequela di atti
(disegno elusivo)
• “…. l’elusione in genere non si esaurisce in una
operazione, ma si basa su una pluralità di atti tra
loro coordinati. Il vantaggio fiscale non deriva
quasi mai, ad esempio, da una mera fusione, da
un mero conferimento o da altra operazione
societaria, ma deriva anche da eventi preparatori
o consequenziali, come l’acquisto o la cessione di
partecipazioni sociali; è per questo che la norma
pone
l’accento
sul
disegno
elusivo
complessivamente
architettato
dal
contribuente…..”: relazione al D.Lgs. n. 358/1997.
3) Aggiramento di obblighi o divieti
previsti dall’ordinamento tributario
• Si ha elusione in presenza di un negozio
formalmente legittimo che non rappresenta la
violazione di OBBLIGHI o DIVIETI
• “aggiramento di obblighi o divieti previsto
dall’ordinamento tributario” come aggiramento
dei principi dell’ordinamento tributario di cui le
norme costituiscono espressione
Prima di proseguire
• Un esempio di tradimento dello spirito di un patto si
ritrova anche nelle tante leggende montanare sul
“ponte del diavolo” il quale costruiva il ponte a patto di
avere in suo potere il primo essere vivente che ci fosse
passato sopra: gli astuti paesani facevano regolarmente
inaugurare i ponti a gatti neri, asini e simili bestiole,
cosicché il diavolo doveva tornarsene all’inferno con le
pive nel sacco.
• L’esempio ricorda che, letteralmente, eludere significa
“prendersi gioco”, con riferimento a regole di cui viene
rispettata la forma, ma – attraverso una scappatoia –
tradita la sostanza.
Le liste civetta, un esempio di elusione
della legge elettorale
• Anche in altri ambiti si elude
• Nel diritto pubblico, un esempio clamoroso di
espediente, legato al sistema elettorale,
riguardò le c.d. liste civetta, destinate ad
attenuare gli effetti del c.d. “scorporo” sulla
quota proporzionale.
Segue
• Avveniva alla Camera, dove la legge elettorale
prevedeva che si votasse su una doppia scheda: una
per i collegi uninominali, e un'altra per le liste dei
singoli partiti che concorrevano all'assegnazione su
base proporzionale del 25 per cento dei seggi
• Per evitare che le coalizioni vincenti nei collegi
uninominali godessero del loro vantaggio anche nella
parte proporzionale era stato introdotto lo scorporo.
Aveva lo scopo di consentire ai partiti che nei collegi
uninominali erano stati sconfitti di rifarsi sul
proporzionale.
segue
• I seggi del proporzionale erano ripartiti fra i partiti sulla
base dei voti ottenuti dalle liste (ad esempio allora: Ds,
Forza Italia, eccetera). Ma non solo.
• A questi voti si detraeva (si scorporava, appunto) una
quota, che era quella che aveva garantito la vittoria nei
collegi uninominali: ciascun candidato, anche se si
presentava sotto il simbolo di una coalizione (Casa delle
Libertà e Ulivo), doveva infatti dichiarare il proprio
apparentamento ad una lista del proporzionale (ad
esempio allora: Ds, Forza Italia, eccetera).
• Quando un candidato risultava vincente, i voti che gli
avevano permesso di staccare il secondo arrivato, si
sottraevano a quelli ottenuti dal suo partito nel
proporzionale.
• Alla ripartizione proporzionale non
partecipano però tutti i partiti. Ma solo quelli
avevan superato la quota di sbarramento del
quattro per cento. Ci sono partiti, dunque, che
pur correndo al proporzionale non
accedevano alla distribuzione dei seggi: i loro
voti finivan per essere persi.
• E sono proprio questi partiti ad essere
utilizzati come liste civetta.
• Le coalizioni maggiori collegavano allora alle liste
civetta la maggior parte dei candidati nei collegi
uninominali: certi che i voti dello scorporo non li
avrebbero penalizzati, perché sarebbero andati a
confluire su partiti che non superavano
comunque la soglia del quattro per cento.
• L'espediente, come è evidente, contraddiceva
apertamente lo spirito della legge, che era quello
di premiare le forze minori. Ma non la lettera:
nulla vietava infatti di collegare i candidati a
qualsivoglia lista.
Elusione e valutazioni di ordine
sistematico
• Torniamo al tributario
• Il concetto di “aggiramento” richiama la necessità di
uno stratagemma del contribuente rispetto alle varie
soluzioni strutturalmente previste e tollerate dal
legislatore
• D'altra parte il carattere “indebito” del risparmio
d'imposta dimostra la necessità che il comportamento
del contribuente sia disapprovato nell'ottica di principi
del sistema, con la violazione di un divieto latente o
“implicito”
Elusione e valutazioni di ordine
sistematico
(segue)
• Per stabilire se il vantaggio fiscale conseguito sia
indebito, non basta confrontarlo puramente e
semplicemente con altre soluzioni più onerose
• Per aversi elusione occorre invece che la
soluzione adottata dal contribuente appaia come
una scappatoia rispetto a quelle, più onerose,
assunte come pietra di paragone e provviste di
dominante valenza sistematica
La necessità di stabilire il peso
specifico di una disposizione
• Per capire se si è eluso, o siamo di fronte a una lecita
pianificazione, serve un confronto di regimi fiscali,
spesso difficile, in cui comprendere lo spirito della
normativa di riferimento
• Necessità di confrontare regimi fiscali di soggetti diversi,
in tempi diversi, perché spesso l’apparente vantaggio è
parte di un sistema dove vantaggi e svantaggi, anche in
capo a soggetti diversi si equilibrano
Simmetrie fiscali ed elusione
• Spesso l’avente causa paga perché dedurrà domani, oppure
deduce perché qualcun altro aveva pagato ieri (vedi
conferente conferitaria, coordinamento tra società e soci).
Legittimità del passaggio a regimi
fiscali più convenienti
• Quando il contribuente si trova in un regime fiscale non
ottimale, il passaggio ad un regime più conveniente (ad
esempio da impresa individuale a società) non è affatto
subordinato
all'esistenza
di
"valide
ragioni
economiche".
• Correggere precedenti strutture in base a strumenti
giuridici in precedenza assenti appare del tutto
legittimo,
• altrimenti verrebbe avvantaggiato chi, dall'inizio,
adotta una struttura fiscale efficiente, a danno di chi,
per le più varie ragioni, adotta strumenti diversi
Arbitraggio su aliquote o su regimi di
tassazione/esenzione
• Rivalutazioni volontarie a pagamento dell’attivo e
ottenimento di ammortamenti e deduzioni future
deducibili ad aliquota ordinaria (voluto dalla
legge)
• Conferimento/scissione di aziende per ottenere
partecipazioni pex (qui per fortuna c’è anche la
norma espressa vista la scorsa lezione a
confermare, almeno per i conferimenti, la non
elusività)
Esempi di regole paritetiche
•
•
•
•
Cessione di azienda o cessione di partecipazioni
Imposta ordinaria o sostitutiva
Conferimento d’azienda o scissione
Il ricorso all’una o all’altra di queste regole non
costituisce uno stratagemma
Operazioni straordinarie
• Scissioni di aziende e di beni singoli, con
successiva vendita delle quote (trasformazione
di plusvalenze su beni in plusvalenze su titoli)
4) Le valide ragioni economiche
• L'attuale art. 37 bis, riprendendo il precedente
art. 10 legge n. 408 del 1990, conferma che il
risparmio d'imposta patologico-elusivo non può
essere colpito incondizionatamente, ma occorre
anche che sia privo di "valide ragioni
economiche".
• È difficile accusare di strumentalizzazione chi
pone in essere un comportamento legittimo,
ancorché implicitamente disapprovato, per
conseguire un obiettivo economico (acquistare
un'altra impresa, un marchio, effettuare una
riorganizzazione produttiva, etc.).
Il ruolo delle “valide ragioni
economiche”
• Le
“valide
ragioni
economiche”,
nell’intenzione del legislatore, costituivano
una sorta di “esimente”, un elemento da
utilizzare in chiave difensiva per paralizzare la
norma, una volta che l’Amministrazione
Finanziaria avesse dimostrato l’aggiramento
E il suo travisamento nella prassi
• Nella prassi applicativa le “ valide ragioni
economiche” hanno invece preso il posto del delicato
giudizio volto ad appurare il rispetto o meno dello
spirito della legge tributaria che si assume
“aggirata”
• In questo modo, ogni vantaggio tributario diventa
indebito, se ottenuto in assenza di valide ragioni
economiche
• Anche scelte di sistema, fatte al fine di beneficiare di
un certo regime fiscale, possono così diventare elusive
agli occhi dell’amministrazione
Casistica. Individuazione delle valide
ragioni economiche
• Una società ricomprende due distinte realtà
economiche :
– esercita attività di ristorazione;
– possiede un terreno edificabile.
• I soci vogliono cedere tutto trovano diversi
acquirenti uno per l’attività di ristorazione, l’altro
per il terreno.
• La cessione sarebbe estremamente gravosa per la
società soprattutto nel caso in cui i due complessi
abbiano valori di bilancio molto datati.
• Si sceglie di operare una scissione societaria,
mantenendo il terreno presso la società scissa ed
attribuendo alla beneficiaria il ramo ristorazione
Casistica. Individuazione delle valide
ragioni economiche
(segue)
• Successivamente i soci vendono ai due distinti acquirenti le loro
azioni scontando il capital gain, con tassazione che risulta essere
meno onerosa di quella che si sarebbe avuta sulla cessione dei due
cespiti.
• l’operazione così congegnata porta ad un risparmio di imposta, ma
ha una sua giustificazione economica.
• Infatti, si sono costituite due realtà societarie, usando uno strumento
ordinariamente previsto la SCISSIONE, anche con lo scopo di avere
maggiore facilità di movimento sul mercato.
• La presenza di questa ragione economica, senza dubbio tutelabile,
rappresenta un valido motivo per contrastare una possibile
aggressione sul piano della elusione.
Casistica collegata a
finanziamenti e
operazioni straordinarie
I finanziamenti nelle operazioni
straordinarie e l’elusione
Il carattere tendenzialmente non elusivo delle strategie di
ottimizzazione finanziaria dei gruppi d’imprese
• La scelta di acquisire una società ricorrendo a capitale
di debito è una opzione liberamente concessa alla
discrezionalità imprenditoriale, ed assolutamente non
contrastante con “principi impliciti” del nostro
ordinamento
• In sede di commento al decreto legislativo 358 del
1997 sulla riorganizzazione delle attività produttive, la
relazione tecnica ha precisato che “il finanziamento
basato sul capitale proprio o di debito” deve essere
incluso “tra gli strumenti giuridici fungibili, ma che il
sistema pone su sostanziale piano di parità”
Le norme sulla deduzione degli
interessi dal reddito d’impresa
• Prima della riforma fiscale Tremonti non esistevano nel
nostro ordinamento “segnali di disapprovazione” nei
confronti dell’indebitamento societario, anche se
spinto a livelli elevati rispetto al patrimonio netto e
contratto nei confronti dei soci.
• Da un lato l’ordinamento civile si accontentava di
fissare limiti di capitalizzazione stabiliti in termini
assoluti a seconda del tipo di società; dall’altro
l’ordinamento fiscale aveva il suo criterio forfetario per
stabilire l’inerenza degli interessi passivi sostenuti in
rapporto alla tipologia di ricavi conseguito (art. 63
Vecchio Tuir).
Segue
• Dopo le riforme, da un lato il legislatore civilistico
ha ulteriormente “allargato le maglie” sulla
composizione del passivo societario, consentendo
addirittura che il versamento di somme a titolo di
capitale possa essere sostituito da una polizza
assicurativa.
• Il legislatore fiscale, invece, ha dato attuazione
ad una serie di misure restrittive nei confronti
della deducibilità degli oneri finanziari, al punto
che:
In particolare, la thin cap
• Si tratta di quelle situazioni in cui i contribuenti
tentano di portare in deduzione delle componenti
negative di reddito facendole figurare come oneri
finanziari, mentre “nella sostanza” tali
componenti dovrebbero essere equiparate,
secondo la legge fiscale, a dividendi, per loro
natura non deducibili.
• Si prendeva in considerazione una caratteristica
fondamentale del capitale di rischio, vale a dire il
rischio stesso, come segue.
Segue
• La disciplina contro la sottocapitalizzazione (thin cap). Essa
partiva dalla considerazione che le risorse economiche
investite dai soci nella loro società (sia sotto forma di
immissione diretta che di garanzia indiretta a terzi
finanziatori) risentono di una componente di rischio
• non sempre il grado di rischio coincide con la qualificazione
formale (sotto forma di crediti e non di capitale) dei loro
apporti.
• E così, la norma fissava una presunzione secondo cui questi
apporti, pur se formalmente qualificati come finanziamenti,
se e nella misura in cui eccedevano una determinata
proporzione rispetto al patrimonio netto erano talmente
“rischiosi” da essere equiparati al capitale
Il 30 % del ROL
• Ora l’istituto della thin cap è stato abolito e
sostituito dal limite forfettario di deduzione degli
interessi passivi nei limiti del 30% del reddito
operativo lordo (ROL), come previsto dall’art. 96
TUIR, già trattato in questo corso.
• Il legislatore ha quindi abbandonato qualsiasi
forma di “distinzione qualitativa” tra interessi
deducibili ed indeducibili, scegliendo la strada di
una previsione chiaramente “forfettaria”.
Segue
• Detta previsione mantiene deducibile solo una
quota di interessi ritenuta “sostenibile” in
rapporto all’attività operativa svolta dall’impresa.
• E’ possibile oggi sostenere che tutti gli interessi
che risultano deducibili costituiscono costi “leciti”
ai fini dell’elusione, proprio in quanto rientranti
nei “limiti” fissati dalle norme di diritto positivo?
Finzianziatore italiano
• L’interesse è tassato come ricavo in capo alla
finanziatrice.....
Se il finanziatore è estero....
• Occorre qualche considerazione più approfondita
• L’emersione di costi in Italia (nel nostro caso gli
interessi passivi) potrebbe risolversi in un vantaggio
fiscale a livello di gruppo, se e nella misura in cui a tali
costi corrispondessero ricavi altrove (estero) imponibili
ad aliquote inferiori.
• Ma in tal ipotesi il preteso vantaggio sarebbe appunto
riferibile alla consociata estera che l’ha conseguito e
sarebbe quindi evidentemente impossibile per il Fisco
italiano recuperarlo a tassazione.
Segue
• E’ infatti noto che i gruppi multinazionali mirano
a distribuire l’imponibile concentrando i fattori
produttivi (tra i quali la liquidità) nei Paesi a
maggiore flessibilità ed a fiscalità più lieve.
• ....né più né meno delle altre scelte legate
all’ottimizzazione del ciclo produttivo (istituzione
di nuovi impianti dove la manodopera costa
meno, o vicino alle risorse o agli altri fattori
produttivi necessari, etc.)
Segue
• Questo genere di comportamenti non può comunque
considerarsi genericamente elusivo degli interessi
fiscali nazionali; in un sistema ormai globalizzato, che
non solo assicura, ma spesso addirittura favorisce, ad
esempio a livello di Unione Europea, la circolazione
delle risorse e dei capitali.
• Naturalmente, la Comunità internazionale si è dotata di
strumenti per porre comunque delle limitazioni a
questa discrezionalità, e limitare la “concorrenza fiscale
dannosa” tra Stati diversi (le norme sul transfer price,
sulle CFC, e restrizioni alla deducibilità di costi
sostenuti nei confronti di soggetti residenti in paradisi
fiscali, le stesse disposizioni che limitano la deduzione
di interessi passivi).
Conclusione
• Il principio dominante è quello della deducibilità del costo, e
le restrizioni sopra accennate alla pianificazione
internazionale intragruppo costituiscono le eccezioni alla
regola
• Se il comportamento del contribuente in merito alla
distribuzione dei fattori produttivi tra i vari Stati rispetta
formalmente i “paletti” posti dal nostro ordinamento, e non
aggira la portata sostanziale delle disposizioni che li
prevedono, esso deve considerarsi lecito, e non elusivo
• Conseguenza diretta di quanto appena detto è che non può
assumere rilievo, ai fini della qualificazione del
comportamento come elusivo o meno, la circostanza che gli
interessi passivi siano corrisposti ad un soggetto residente o
ad un soggetto non residente.
Quando potrebbe esserci elusione
• Potrebbero essere considerate elusivie le
ipotesi in cui la trasformazione dei profitti in
interessi si verifichi davvero.
• Quando è dimostrata la trasformazione dei
profitti in interessi diretti in Paesi a bassa
fiscalità, il beneficio fiscale indebito potrebbe
essere negato in base all’abuso del diritto,
anche oltre la forfetizzazione normativa del
30%
Quando potrebbe esserci elusione
(segue)
• E il caso di una società residente che si finanzi «a
debito», deducendo gli interessi corrisposti a un
socio di riferimento residente in paradisi fiscali.
• E’ lo stesso fenomeno che aveva portato
all’introduzione della disciplina «anti
capitalizzazione sottile» (thin cap su cui si vedano
precedenti slides)
(segue)
Come si è infatti accennato, finché l’operazione
è «Italia su Italia» il gioco interessi attiviinteressi passivi è a somma zero e non c’è
questione di elusione: il Fisco incamererà le
tasse sugli interessi attivi della Banca, invece che
sui profitti della target neutralizzati dalla
deduzione degli interessi passivi.
(segue)
Se invece l’interesse attivo si sposta dall’Italia in un Paese a bassa fiscalità,
sempre infragruppo, può esserci elusione, ma questo si vede spesso dalla
verifica dell’economicità dell’operazione per il soggetto finanziatore.
L’elusione consiste nella trasformazione di profitti in interessi diretti verso
paradisi fiscali tramite l’interposizione della banca (il punto è che si cela
dietro il finanziatore immediato? Si pensi alla possibilità di «schermare» il
vero finanziatore )
la probabilità di una interposizione dell’apparente finanziatore emerge
quando l’erogazione del credito non è verosimile economicamente senza una
qualche forma di garanzia dei soci.
Sono quindi prevedibili ulteriori variazioni su questo complesso tema di
tassazione aziendale.
Leverage buy out
Alcuni recenti riferimenti nella giurisprudenza e
nella prassi
• Comm trib. prov. Milano 321 del 2012
• Comm reg. Lombardia 26 del 2012
• Interpello non pubblicato del 26 marzo 2013
Che cos’è il leverage buy out?
• Per l’acquisizione si utilizza una società veicolo
e la si indebita per finanziare l’acquisizione
• I debiti contratti dalla società/veicolo si
confondono, a seguito di una successiva
fusione, con il patrimonio della società
acquisita. Gli oneri finanziari gravanti sui
debiti si compensano direttamente con l’utile
operativo della società acquisita.
Segue
• Questo sistema, civilisticamente ammesso dal
2003, può essere effettuato anche da soggetti
esteri, ma è frequente soprattutto nel nostro
capitalismo familiare
• Il caso delle sentenze citate riguarda proprio
un socio estero che crea una newco e la
finanzia per farle acquisire il controllo di una
data società
Segue
• La Newco italiana, secondo il Fisco, agisce per incarico della
madre estera,
• la società estera dovrebbe, dopo averla finanziata, farsi
riaddebitare gli interessi che la Newco deduce, perché la
partecipazione in fondo l’ha comprata per suo conto!
• Secondo il ragionamento della sentenza, la società è
dunque un soggetto interposto, privo di autonomia se non
per il minimo strettamente necessario ad un mandatario.
Segue
la Newco italiana viene vista come un mandatario
che agisce “per incarico” della controllante estera;
ne deriva che la società italiana avrebbe dovuto
addebitare questa sorta di imprecisato “servizio”
alla controllante per un valore pari almeno ai costi
(identificati con gli interessi passivi dovuti sul
capitale finanziato)
Segue
• la Newco è invece un operatore economico come gli
altri, dotato di una relativa autonomia.
• Il fatto che la Newco agisca «per conto di» non
autorizza insomma a ritenere che la società italiana
non esista o sia una sorta di agente, che compra
qualcosa in base ad un incarico di mandato e poi
riaddebita il prezzo al mandante.
• La differenza tra la fattispecie concreta e quella che
vede coinvolto un ipotetico mandatario è lampante: se
viene venduta la partecipazione, la plusvalenza viene
realizzata in Italia, non certo all’estero
Segue
• La Società, e non la sua controllante, è il soggetto
titolare delle attività acquisite col prestito e
obbligato a pagare gli interessi e a rimborsare il
capitale. Non si capisce quindi perché mai – né a
quale titolo –avrebbe potuto chiedere alcunché al
proprio socio in relazione al finanziamento
• ......con quali argomenti tra l’altro si potrebbe
spiegare a un ufficio tributario estero a quale
titolo il destinatario dell’addebito avrebbe potuto
dedurlo fiscalmente nel proprio paese di
residenza!
L’interpello
• È del 26 marzo 2013, è favorevole ai contribuenti
accertati
• La struttura dell’operazione era stata imposta dalla
banche finanziatrici
• Questa è stata considerata una valida ragione
economica evidentemente
• Non credo però si sia fatta una riflessione più ampia
sull’elusività, sdoganando veramente l’operazione
Fly UP