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La crescita esponenziale della popolazione umana

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La crescita esponenziale della popolazione umana
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APPROFONDIMENTO
La crescita esponenziale della popolazione umana
La crescita della popolazione umana rappresenta
l’unico esempio di crescita esponenziale che dura
da un periodo di tempo molto lungo.
Fino al 1650, quando contava circa 500 milioni di persone, la popolazione umana era cresciuta piuttosto lentamente: a partire da allora, però,
è cominciata la crescita esponenziale. La popolazione è raddoppiata nei due secoli successivi
(1650-1850) raggiungendo 1 miliardo di persone; ha subìto un nuovo raddoppio in meno di un
secolo (1850-1930), toccando i 2 miliardi di individui, ed è ancora raddoppiata, superando i 4
miliardi, nel quarantennio successivo (1930 1975).
Oggi la popolazione umana ha superato i sei
miliardi di persone e continua a crescere di circa
80 milioni di individui l’anno. A questo ritmo,
secondo le previsioni delle Nazioni Unite, nel
2050 la Terra sarà popolata da 9,4 miliardi di
persone.
La crescita si basa sul tasso di natalità e di mortalità, ovvero sugli stessi parametri generali che
determinano la crescita delle altre popolazioni
animali e vegetali.
Come mai, allora, la popolazione umana è
l’unica ad aver conosciuto una crescita esponenziale che dura da secoli? E come si concilia questa crescita con la capacità portante
della Terra?
tante del pianeta: zone paludose o aride sono
state bonificate o irrigate per coltivare cibo
destinato all’alimentazione umana o animale;
sofisticate tecniche di ingegneria genetica
hanno permesso di selezionare specie capaci di
fornire grandi quantità di risorse (si pensi, per
esempio, alla selezione di piante resistenti anche
a climi rigidi).
Analogamente, il processo tecnologico ha permesso di attingere a fonti energetiche fino a
qualche secolo fa inaccessibili (fondali degli
oceani, strati sotterranei della crosta terrestre a
centinaia di metri di profondità) per reperire
risorse oggi indispensabili alla vita di tutti i giorni
(acqua, gas, petrolio, minerali).
Tuttavia bisogna considerare che molte di queste risorse non sono rinnovabili, o lo sono in
tempi geologici: sono, cioè, destinate a finire in
tempi più o meno brevi.
Già oggi esistono ampie zone del mondo in
cui le risorse del suolo non sono sufficienti a
garantire la sopravvivenza delle popolazioni che
le occupano. Le carestie che l’uomo ha conosciuto nel corso della storia si sono verificate non
tanto per l’incapacità del pianeta di provvedere
ai bisogni dei suoi abitanti, quanto perché le
risorse sono distribuite in modo diseguale da
nazione a nazione e tra diverse regioni di una
stessa nazione.
Quando una popolazione supera la capacità
portante dell’area in cui vive e, contemporaneamente, non ha sufficienti mezzi finanziari per
aumentare le risorse disponibili, il disastro è difficilmente evitabile. È quanto sta accadendo alle
popolazioni di alcuni Paesi arretrati dell’Africa,
dell’Asia, dell’America centro-meridionale. Degli
oltre 6 miliardi di persone che oggi popolano la
Terra, più di 1 miliardo soffre di denutrizione cronica: in altre parole, muore di fame.
Può sembrare paradossale, ma è proprio in
questi Paesi che le popolazioni sono più prolifiche, nonostante i tassi di mortalità infantile siano
ancora elevati, le risorse alimentari siano scarse e
la speranza di vita alla nascita (la vita media di un
individuo) sia di 40-50 anni contro i 70-80 di
Più cibo e meno malattie
La Rivoluzione industriale, iniziata in Inghilterra
intorno alla metà del XVIII secolo, ha favorito il
diffondersi di condizioni sociali e igieniche
(migliore nutrizione, cure mediche appropriate,
migliore assistenza sanitaria) che hanno determinato una diminuzione della mortalità, in particolare di quella infantile. Quest’ultima, a sua
volta, ha portato a un aumento della percentuale di neonati in grado di sopravvivere fino
all’età adulta e, quindi, di potere a loro volta
procreare.
Parallelamente, lo sviluppo delle tecniche agricole e della tecnologia industriale ha permesso
di modificare, aumentandola, la capacità por-
Massimo Boschetti Enzo Fedrizzi
Scienze ambientali Ecosistema Terra
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APPROFONDIMENTO
popolazione (in miliardi)
coloro che vivono nei Paesi industrializzati
(Figura 1).
Vi sembra un controsenso? In realtà non lo è.
Nelle società povere la maggior parte delle coppie ritiene di aver bisogno di molti figli: ciascuno
di essi rappresenta, infatti, un futuro apporto
lavorativo che contribuirà al sostentamento della
famiglia e garantirà un aiuto sicuro durante la
vecchiaia. I tassi di mortalità infantile, ancora
piuttosto elevati, non fanno che confermare
questa convinzione. Inoltre, poiché un figlio è
visto in funzione del lavoro che sarà in grado di
svolgere, i maschi sono preferiti alle femmine, e
spesso le nascite numerose sono dovute proprio
alla ricerca di uno o più figli maschi. È in questi
Paesi che si concentrerà la maggior parte degli
oltre 3 miliardi di nuovi individui che, secondo le
previsioni, faranno aumentare la popolazione
umana da qui al 2050.
Al contrario, nei Paesi industrializzati, dove le
risorse alimentari sono abbondanti, il tasso di
mortalità infantile è basso, le coppie generano
pochi figli (in media 1,8: pochi se si considera
che per avere un aumento della popolazione
ogni donna dovrebbe generarne più di due) e il
tasso di crescita della popolazione si aggira intorno allo zero, se non addirittura al di sotto
(Figura 2).
12
10
8
6
Paesi in via
di sviluppo
Una crescita sostenibile?
Considerata nel suo complesso, comunque, la
popolazione umana sta crescendo secondo la
classica curva a J del modello esponenziale. Sono
molti gli ecologi e gli scienziati che da decenni si
interrogano su quale sia esattamente la capacità
portante della Terra. Nessuno è in grado di dare
una risposta precisa e il dibattito intorno a questo tema è acceso e di grande attualità.
4
2
Paesi industrializzati
0
1750 1800 1850 1900 1950 2000 2050 2100 2150
anno
Figura 1 Le due curve di questo grafico mostrano come siano per lo più
i Paesi in via di sviluppo (Pvs) a determinare la crescita della popolazione
mondiale. La percentuale annua di incremento naturale delle due aree è
infatti molto differente: 0,3% Paesi industrializzati, 1,9% Pvs.
crescita rapida
esempio:
Kenya,
Nigeria
gruppi di età
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85+
80-84
75-79
70-74
65-69
60-64
55-59
50-54
45-49
40-44
35-39
30-34
25-29
20-24
15-19
10-14
5-9
0-4
maschi
crescita lenta
esempio:
Australia,
Stati Uniti
crescita zero
esempio:
Danimarca,
Italia
crescita negativa
esempio:
Germania,
Ungheria
femmine
percentuale sul totale della popolazione
Figura 2 Nell’illustrazione sono rappresentate le cosiddette piramidi di età delle popolazioni in differenti Paesi del mondo: maggiore è la base
della piramide, ovvero più elevato è il numero degli individui ancora troppo giovani per procreare, maggiore e più rapida sarà la crescita futura
della popolazione.
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APPROFONDIMENTO
giungere il tasso di crescita zero, in cui natalità e
mortalità si eguagliano.
A differenza degli altri esseri viventi, l’uomo
può scegliere come riuscirci. Le strade da percorrere sono due: una passa per la riduzione del
tasso di natalità, attraverso interventi governativi
che favoriscano il controllo delle nascite; l’altra,
meno auspicabile e, secondo molti scienziati,
inevitabile se non si interverrà ad arrestare la crescita, passa per un aumento della mortalità
dovuto a una crescente limitazione delle risorse e
al degrado ambientale.
Da una parte alcuni studiosi sostengono che
siamo ancora lontani dalla capacità portante del
pianeta e che, comunque, lo sviluppo scientifico
e tecnologico permetterà all’uomo di affrontare
e risolvere qualunque problema.
Dall’altra parte, altri studiosi osservano che,
in teoria, nessuna popolazione può continuare
a crescere all’infinito in quanto un accrescimento di tipo esponenziale è incompatibile con
risorse finite.
Anche la popolazione umana, dunque,
dovrebbe in qualche modo stabilizzarsi e rag-
Con poco meno di 800 milioni d’individui, la popolazione africana è quella che registra il più elevato tasso di crescita: 2,20%. Una percentuale di
gran lunga superiore a quella della media mondiale (1,22%) e di Asia (1,25%), Europa (-0,90%), America Latina e Caraibi (1,41%), Nord
America (1%) e Oceania (1,22%).
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