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CISTERNE PIENE DI CREPE
CISTERNE PIENE DI CREPE Il mio po po lo ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato ciste rne piene di crepe che non trattengono l’a cqua. (Geremia 2,13) Un’arida di stesa stepposa e, laggiù, in fondo un’oasi verdeggiante o un pozzo a cui accorrono i pastori coi loro greggi. È q ue sta una scena tipica del mondo biblico. Al cen tro c’è, dunque, o l a sorgente o il pozzo d’acqua gorgogliante, fonte di vita, tant’è vero che il libr o dei Numeri ci ha conservato u n ant ico canto degli scavatori dei pozzi: «Sgorga , o pozzo: cantat elo! P ozzo scavato da princip i, per forato da nobili del popolo, con lo scettro o coi lor o bastoni!» (21,17-18). Come acca de nella posa delle prime pietre dei palazzi, co sì i capi di Israele coi loro scettri, segni di pote re, davano il primo colpo al terreno da scava re per risalire al la vena d’ acqua. Spesso, però, ci si doveva aff id ar e alla pioggia e l’oro bianco dell’acqua e ra custodito nelle riserve idriche, le cistern e, pre ziose in tempo di siccità. In una pagin a di straordinaria fragranza poetica, il profe ta Geremia descrive un’annata totalmente se cca e la sconsolata reazione di fronte a cist er ne vuote: «I nobili mandano i servi in cerca d’acqua; si recano ai pozzi ma non ne tr ovano e tornano con recipienti vuoti: sono pien i di delusione, di confusi one, si coprono il capo» in segno di lutto (14,3). E bbene, è questo stesso profet a a r icor rere al simbolo di una cisterna per un a lezione sulla fede nel vero Dio, «sor ge nt e d i vita» (Salmo 36,10). Egli conduce il suo ascoltatore davanti a una delle tante ciste rne allora in funzione nelle città e nei villa ggi. L’archeologia ne ha messe in luce m olte , con le pareti impermeabilizzate attrave rso intonaco, oppure ricavate in cavità natu rali che, con le loro pareti calcaree porose e co n la selce che le cost it uiva, divenivano un a sor ta di grande anfora naturale. Non mancava no cisterne con gradini per l’accesso ai succe ssivi livelli decrescenti dell’acqua: cele bre quella del X secolo a. C. scoperta a G abaon, profonda 10 metri, larga 11, capace di 180.000 litri d ’acqua e dotata di una scala di 40 gradini. Ger emia, però, ben sapeva che esistevano cisterne screpolate, incapaci d i conservar e qu el bene prezioso e dest inat e alla fine a trasformarsi in fondi fangosi. L o sapeva per esperi enza personale, sott oposto com’era stato a ogni genere di vessazion i dal potere di al lora. Una volta, infatti, era sta to incarcerato nella cisterna del palazzo d e l principe M alkia: «V e lo calarono con cord e; nella cisterna non c’era acqua ma fango e co sì Geremia affondò nella melma» (38,6). Facile, allora, è il messaggio che egli vuole lascia re a tutti noi. Esso è formulato proprio attraverso il confronto incisivo tra una fonte d’acqua viva e una cisterna con crepe che tratt ie ne so lo umidità e fango. Dio e l’idolo, la fede e la superstizione, l a vita e l’illusione, la virt ù e il vizio si confrontano tra loro. E la conclusio ne è amara: l’um anit à ama la melma in cui sgu azza re rispetto alla limpidità dell’acqua fresca e corrente. Il pensiero va spontaneamente a un a scena parallela, anche se un po’ differen te , ma dall’esito spirituale analogo. Ce la pr op on e il Vangelo di Giovanni. Gesù è seduto sul parapetto di un pozzo, detto di Giacobbe, nei pressi della città di S icar in Samaria, e alla donna che è ven ut a ad attingere acqua non esita a dichiarare : «Chiunque be ve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli da rò non avr à più set e in eterno. Anzi, l’a cqu a che io gli darò diventerà in lui una sorgen te d’acqua che zampil la per la vita eterna» ( 4, 13 -14). -1- -2-