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I guanti di Ranica destinati alle griffe e al mercato Usa

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I guanti di Ranica destinati alle griffe e al mercato Usa
tessile-abbigliamento. In sostanza si tratta di applicare i loghi di
griffe e marchi meno noti su capi di abbigliamento.
«Nei primi anni di attività ricamavamo circa un milione di
capi all’anno, contando su una
trentina di dipendenti, che perlopiù lavoravano su macchine da
ricamo elettroniche (la lavorazione manuale è tuttora una
componente fondamentale,
NdR)», spiega Marcello Vitali,
amministratore delegato del Ricamificio 3V.
I contraccolpi dell’Est
Da sinistra Teresa, Dimitri e Gerolamo Soli, artigiani produttori di guanti a Ranica FOTO BEDOLIS
I primi problemi si presentano
nemmeno dieci anni più tardi,
intorno al 1996, quando alcuni
clienti dell’azienda bergamasca
iniziano a trasferire le proprie
produzioni nei Paesi dell’Europa dell’Est e il Ricamificio 3V subisce un contraccolpo che lo porta a perdere il 60% circa della
produzione. «La cosa ci ha colti
di sorpresa, non ce l’aspettavamo
glitterato (ovvero il trasferimento di decorazioni sui tessuti).
Finché nel 2002 la famiglia
Vitali decide di creare tre divisioni aziendali: la divisione ricamo
La crisi a metà degli
anni Novanta con i
clienti che andavano
nell’Est Europa
Vitali sulla Cina:
penso che alcune
produzioni italiane
potranno rientrare
plicare cordonetti, paillettes e
strass sui tessuti e di lavorare con
il laser».
A luglio dell’anno scorso, poi,
è andata in porto la fusione fra il
Ricamificio 3V e il Ricamificio
Chiara di Curno, di cui era socio
amministratore Saulo Vitali (cugino di Marcello e Gianluca), che
oggi segue la parte commerciale
della divisione ricamo insieme a
Gianluca Vitali. Con questa operazione il numero di dipendenti
sale di nuovo a 30, si ottimizzano
i costi di gestione e vengono potenziati i servizi offerti alla clientela, concentrata soprattutto nel
Nord Italia («diversi nostri clienti esportano in tutto il mondo»).
Vitali si dice fiducioso per il futuro: «La Cina e più in generale i
Paesi asiatici si stanno concentrando sulla crescita del mercato interno e confido che alcune
produzioni italiane possano tornare nel nostro Paese». ■
F. B.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
a
I guanti di Ranica
destinati alle griffe
e al mercato Usa
a Via Montenapoleone a
Milano, gli Champs Elysées a Parigi e Saks Fifth Avenue a New
York sono solo alcuni dei luoghi
simbolo dello shopping in cui si
possono acquistare i loro guanti.
Si tratta di guanti made in Ranica realizzati dalla Soli Gerolamo, azienda che da circa 40 anni
confeziona guanti da donna, uo-
mo e bambino per le grandi griffe della moda internazionale, ma
anche per le piccole boutique, e
che non sembra conoscere crisi.
Prima delle vetrine eleganti e dei
negozi di lusso ad ospitare i
guanti dell’impresa artigiana sono stati tanti negozietti: il fondatore Gerolamo Soli, oggi amministratore dell’azienda, ha impa-
rato il mestiere in un guantificio
della nostra provincia per poi
mettersi in proprio e avviare l’attività in via Pescaria a Bergamo
negli anni Settanta, ma è solo
una decina d’anni più tardi che
inizia a servire marchi noti.
La moglie di Soli, Teresa, conserva con orgoglio uno dei primi
guanti confezionati per Versace
in bella mostra in una vetrinetta
all’interno del laboratorio di via
Beretta a Ranica, dove l’azienda
si trasferisce nel 1985 per poter
contare su spazi più ampi (circa
600 metri quadri fra laboratorio
e magazzini). «È stato grazie al
passaparola che ci siamo fatti conoscere e oggi produciamo un
centinaio di modelli di guanti all’anno, soprattutto in pelle, ma
anche in cachemire, raso, lycra e
Il taglio delle pelli per i guanti
tulle a seconda delle esigenze del
cliente», spiega il figlio Dimitri
Soli, responsabile della produzione. I guanti sono destinati
principalmente ad aziende italiane, ma il 40% del fatturato
(che l’anno scorso si è attestato a
circa un milione di euro) viene
dall’export, in particolare dai
Paesi europei, dagli Stati Uniti e
dal Giappone.
Funziona così: in primavera
ed estate si concentra il picco
della produzione destinata all’alta moda, le pelli acquistate vengono fatte tingere e si procede alla cucitura del guanto (rigorosamente a mano), per poi dargli
forma attraverso gli stampi. Infine i guanti vengono «stirati» su
appositi fusi in legno realizzati a
mano da un artigiano della Valle
Imagna e viene applicato il logo
della casa di moda (ogni paio di
guanti richiede 4-5 ore di lavoro).
L’azienda conta 13 dipendenti, 4 dei quali di origine straniera, perché «non si trova più manodopera italiana specializzata
ed è proprio la cura con cui produciamo i guanti e la lavorazione artigianale che ci assicura tanto lavoro», puntualizza Dimitri.
Se qualche anno fa c’è stato un
boom di richieste di guanti per
l’alta moda, ora il numero prodotto dall’azienda si è attestato
intorno alle 13-14 mila paia all’anno e per il 2011 è atteso un ulteriore incremento di circa il
10%. ■
F. B.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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