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Le anomalie della confluenza bilio-pancreatica
Pancreaticobiliary maljunction (PBM) is a congenital anomaly defined as a junction of the pancreatic and bile ducts located outside the duodenal wall, usually forming a markedly long common channel (>15 mm). In such cases sphincter action does not functionally affect the junction resulting in two-way regurgitation between the pancreatobiliary and biliopancreatic tract. The presence of PBM has two consequencens: the formation of congenital cystic dilatation (CCC) during embryogenesis and the cancerous degeneration of bile ducts including the gallbladder. Parole chiave: malgiunzione biliopancreatica, reflusso bilio-pancreatico, alta confluenza dei dotti pancreatico-biliare, colecisti, pancreatite Key words: pancreaticobiliary maljunction, biliopancreatic reflux, high confluence of pancreaticobiliary ducts, gallbladder, pancreatitis CS Elena Cavargini Veronica Lunedei Stefania Maltoni Alessandro Casadei Enrico Ricci UO Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Ospedale G.B. Morgagni L. Pierantoni AUSL di Forlì Definizione anatomica, classificazione, epidemiologia e patofisiologia Le anomalie della giunzione bilio-pancreatica (AGBP o PBM) sono imputabili ad una alterazione del processo di fusione del dotto biliare e pancreatico. Tre criteri anatomici devono essere contemporaneamente soddisfatti per una corretta definizione di AGBP: un dotto comune di lunghezza superiore a 15 mm, la fusione extraduodenale dei due dotti a distanza dagli sfinteri ed un angolo di raccordo fra essi maggiore di 30°. A seconda dei diversi rapporti tra dotto pancreatico e biliare è possibile distinguere tre diverse varianti: tipo I o fusione ad Y (70-80%) in cui esiste un dotto comune, costituito dalla fusione dei due dotti nello spessore della parete duodenale, che sbocca nell’ampolla dopo un decorso di circa 4 mm, tipo II o fusione a V (6-20%) in cui il dotto comune risulta molto corto e tipo III o fusione ad U (< 10%) caratterizzato dalla assenza di un dotto comune con conseguente sbocco indipendente dei due dotti. Inoltre le AGBP possono associarsi o meno a dilatazione delle vie biliari (dilatazione cistica congenita del coledoco o DCC). Le AGBP sono raramente riscontrabili e sono perlopiù visibili alla colangiopancreatografia retrograda con una frequenza compresa fra lo 0.08% ed il 3.2%. In questi casi lo sfintere di Oddi perde la propria funzione di re- Giorn Ital End Dig 2010;33:251-255 La malgiunzione bilio-pancreatica (AGBP) è una anomalia congenita in cui la giunzione fra dotto biliare e pancreatico si localizza al di fuori della parete duodenale con formazione di un canale comune particolarmente lungo (> 15 mm) cui consegue una inefficiente azione sfinteriale con possibilità che si realizzi un duplice reflusso bilio-pancreatico e pancreatico-biliare. L’anomalia può comportare una dilatazione cistica congenita embrionale delle vie biliari (DCC) ed un aumentato rischio di carcinogenesi biliare secondario al cronico “insulto” da parte degli enzimi pancreatici. Comunicazione Scientifica Le anomalie della confluenza bilio-pancreatica 251 CS Comunicazione Scientifica golazione dell’outflow della bile e del succo pancreatico non fungendo più da “anello giunzionale”, con conseguente continuo e reciproco reflusso pancreatico e biliare, tanto che alcuni Autori considerano come “criterio fisiologico” per definire la AGBP la presenza di un tasso di amilasi nella bile > 10.000 UI/L (1,2,10,15). Poiché la pressione nel dotto pancreatico è superiore a quella presente nel dotto biliare si verifica più frequentemente un reflusso pancreatico-biliare con conseguente attivazione degli enzimi pancreatici ed in particolar modo, tra gli altri, anche della fosfolipasi A2 che attraverso la produzione di fosfatidilcolina, citotossica, determina, unitamente al ristagno di bile, un “insulto” a livello della mucosa biliare inducendo modificazioni cellulari in senso metaplastico e displastico e conseguentemente una aumentata incidenza di cancro (figura 1). fig. 1: meccanismo di carcinogenesi biliare in PBM Reflusso pancreatico-biliare associato a lungo canale comune Attivazione di enzimi pancreatici proteolitici refluti essere del tutto simile a quello della PBM senza dilatazione ed il lungo canale comune costituisce un importante fattore di rischio soprattutto per il cancro della colecisti (3,4,15). Peraltro i pazienti con HCPBD dovrebbero essere considerati come un’entità del tutto separata rispetto a quelli affetti PBM presentando le due varianti caratteristiche non esattamente sovrapponibili da un punto di vista epidemiologico e clinico. In particolare in uno studio condotto su un campione di 3.459 pazienti sottoposti a colangiopancreatografia retrograda endoscopica nel quale 74 (2.1%) presentavano una PBM, 41 dei quali con dilatazione delle vie biliari, e 65 (1.9%) un lungo canale comune (HCPBD), sono state osservate importanti differenze tra i due gruppi: per quanto riguarda il sesso nel primo gruppo era presente una maggiore incidenza del sesso femminile non riscontrabile nel secondo, l’età media al momento della diagnosi era significativamente minore nei pazienti con PBM con dilatazione delle vie biliari, il livello medio delle amilasi nella bile era più elevato nei pazienti del primo gruppo ed infine l’incidenza del tumore della colecisti era significativamente più alta nei pazienti con PBM con e senza dilatazione rispetto ai pazienti con lungo canale comune (peraltro in entrambi i gruppi l’associazione cancro e litiasi della colecisti risultava essere significativamente inferiore rispetto ai pazienti senza malgiunzione dal che, pur in assenza di un protocollo unanimamente riconosciuto, i pazienti affetti da queste anomalie dovrebbero essere sottoposti ad un attento programma di controllo) (8,5). Ristagno nella colecisti del dotto biliare dilatato Elena Cavargini et al > Le anomalie della confluenza bilio-pancreatica 252 Danno all’epitelio Iperplasia e metaplasia dell’epitelio biliare Displasia ed evoluzione in cancro In alcuni casi è possibile il verificarsi di un lungo canale comune (> 6 mm) non classificabile come PBM in quanto lo sfintere di Oddi, includendo la giunzione dei due dotti, continua a svolgere la propria funzione (in questo caso la comunicazione fra i due dotti non ha luogo quando lo sfintere è contratto); tale variante anatomica viene definita come alta confluenza dei dotti pancreatico-biliari (HCPBD) (16,5). Analogamente a quanto accade per la PBM anche in caso di HCPBD si verifica una aumentata incidenza di neoplasie delle vie biliari ed il meccanismo patogenetico responsabile della carcinogenesi sembra Cisti congenite del coledoco (DCC) Le cisti coledociche sono anomalie congenite delle vie biliari che si manifestano con dilatazione cistica dei dotti biliari intraepatici ed extraepatici. Nella maggior parte dei casi la dilatazione interessa isolatamente il coledoco, pur potendosi estendere al dotto epatico comune ed a quelli di destra e di sinistra, mentre più raramente può essere circoscritta al tratto terminale della via biliare principale a livello ampollare (coledococele) o alle vie biliari intraepatiche (malattia di Carolì). L’anomalia non sembra essere molto diffusa nei paesi occidentali (1/150.000) mentre appare relativamente frequente, con oltre 1/3 dei casi segnalati, nel sudest asiatico ed in Giappone (da 1/1000 a 1/1750 nascite), interessa soprattutto il sesso femminile (rapporto maschi femmine 1:4) e viene diagnosticata, sovente occasionalmente, in oltre i 2/3 dei casi nei primi 30 anni di vita (7,2,15). La classificazione originaria redatta da Alonso Lej distingueva solo tre tipi di cisti extraepatiche rispettivamente di tipo cistico (I), diverticolare (II) e duodenale (III) di cui solo il primo quasi sempre associato a PBM; poiché i pazienti con cisti extraepati- CS Comunicazione Scientifica che potevano presentare anche alterazioni morfologiche intraepatiche, Todani ha introdotto una nuova classificazione comprendente cinque tipi e due sottotipi di cisti coledociche. Le lesioni di tipo I consistono in dilatazioni cistiche del coledoco o del dotto cistico e costituiscono le cisti più comuni rappresentando circa il 60-70% del totale; nel sottotipo Ia la dilatazione è sacciforme (figura 2), in quello Ib appare fusiforme ed in quello Ic risulta estesa fig. 1: dilatazione sacciforme descritta per la prima volta da Irwin e Morison nel 1944, è stata ampiamente documentata (10,12). L’incidenza di colangiocarcinoma in pazienti con cisti coledociche non trattate è stimata fra il 3% ed il 20% con un rischio da 5 a 40 volte superiore rispetto a quello della popolazione generale (il rischio appare diverso a seconda dei vari tipi e risulta essere particolarmente basso per le cisti coledociche di tipo III); l’insorgenza di un colangiocarcinoma sembra aumentare con l’età passando da percentuali inferiori all’1% nei pazienti sotto i 10 anni sino a raggiungere il 14% dopo la seconda decade di vita. Ne consegue che una volta formulata la diagnosi di cisti coledocica grazie all’ausilio delle tecniche di imaging quali l’ecografia, la TC , la MRCP e l’ ERCP, che rimane la tecnica “gold standard” per la diagnosi ed il trattamento non chirurgico, l’opzione terapeutica di scelta è costituita dalla chirurgia. alla convergenza. Le cisti di tipo II sono lesioni del coledoco eccentriche e dall’aspetto diverticolare e rappresentano meno del 3% dei casi. Le lesioni di tipo III, o coledococele, sono dilatazioni cistiche intraparietali del coledoco distale, che all’esame endoscopico appaiono come un rigonfiamento comprimibile e dalla superficie liscia, localizzate a livello dell’ampolla di Vater che sporge nel lume duodenale. Le lesioni di tipo IV sono suddivise in IVa e IVb (nel tipo IVa si associa una dilatazione della via biliare principale e delle vie biliari intraepatiche al di là della convergenza, mentre nel tipo IVb si associa un coledococele). Infine il tipo V presenta cisti singole o multiple che interessano i dotti intraepatici ed è noto come malattia di Carolì (7,19). I tipi I e V costituiscono da soli il 75-90% dei casi mentre gli altri tipi sono più rari costituendo complessivamente meno del 10% delle anomalie. I pazienti con cisti coledociche possono presentarsi clinicamente con una pancreatite acuta ricorrente a causa della frequente presenza di una anomala giunzione dei dotti bilio-pancreatici e di una coledoco litiasi; altre complicanze comprendono la rottura della vie biliari, la formazione di calcoli all’interno della cisti, la colangite e la cirrosi biliare secondaria. La complicanza tardiva più temibile è costituita dalla trasformazione maligna e l’associazione fra cisti coledociche e colangiocarcinoma, Esiste unanime consenso sul ruolo delle AGBP nella insorgenza delle neoplasie delle vie biliari, soprattutto in caso di associazione con una DCC, pur non essendo il meccanismo patogenetico completamente chiarito. Come detto, in assenza di uno sfintere proprio del coledoco distale gli enzimi pancreatici refluiscono in maniera permanente nelle vie biliari e questo reflusso, associato alle secrezioni digestive, è responsabile della formazione di sostanze potenzialmente oncogeniche e tra l’altro della trasformazione degli acidi biliari in prodotti coniugati e della lecitina in lisolecitina, tossici per la mucosa biliare; la conseguenza è una serie di modificazioni dell’epitelio biliare con evoluzione in iperplasia, metaplasia e displasia (6). Il tumore delle vie biliari presenta una incidenza, in caso di coesistenza di DCC, di circa il 16% che aumenta progressivamente con l’età (0.7 % prima dei 10 anni, 14% dopo i 20 anni e circa 50% dopo i 50 anni) ed il rischio appare aggravato dalla coesistenza di pregresse derivazioni biliodigestive. La lesione è costituita nell’80% dei casi da un colangiocarcinoma mentre altri tipi istologici sono estremamente rari: carcinoma indifferenziato 4-10%, adeno-acantoma 2-4% (rarissimi sono il carcinoma epidermoide ed il sarcoma). La neoplasia interessa le vie biliari extraepatiche, ed in particolare i segmenti dilatati del coledoco, del cistico e dell’epatico comune (DCC tipo I), nel 50-80% dei casi e la colecisti nel 10-45% (la localizzazione colecistica si verifica fondamentalmente in caso di assenza di DCC); in meno del 5% dei casi la lesione insorge d’emble nelle vie biliari intraepatiche e nel pancreas (sono stati riportati casi di insorgenza di tumore nelle cisti intraepatiche associate o meno a dilatazione della via biliare principale o nell’ambito della malattia di Carolì) (2,12,14,15). Il rapporto fra AGBP e neoplasia delle vie biliari è stato riportato da Kimura do- Giorn Ital End Dig 2010;33:251-255 Malgiunzione bilio-pancreatica e neoplasia delle vie biliari 253 CS Comunicazione Scientifica po uno studio su 96 cancri della colecisti (il tumore della colecisti compare in maniera più significativa in assenza di DCC, 75% versus 10%, p<0,01); l’associazione fra AGBP e neoplasia della colecisti è stata confermata da studi più recenti ed alla luce di questi dati la mucosa colecistica dei pazienti PBM può essere considerata una sorta di “regione premaligna”. La presenza di litiasi della colecisti non sembra contribuire alla carcinogenesi, ipotesi avvalorata dal fatto che l’età dei pazienti con carcinoma della cistifellea associata a PBM senza dilatazione delle vie biliari è significativamente più bassa rispetto a quella dei pazienti senza PBM (3,9,2). Diagnosi di malgiunzione bilio-pancreatica e reflusso pancreatico biliare Elena Cavargini et al > Le anomalie della confluenza bilio-pancreatica 254 La conoscenza delle varianti anatomiche e delle anomalie congenite delle vie biliari è fondamentale tanto per il clinico quanto per il medico interventista (endoscopista, chirurgo, radiologo) da un lato perché potrebbe essere di notevole aiuto nella soluzione di problematiche sintomatologiche persistenti, quali dolori addominali ricorrenti o pancreatiti di incerta eziologia, rimaste eventualmente misconosciute per anni, dall’altro perché consentirebbe di prevenire gravi danni iatrogeni che potrebbero insorgere in corso di metodiche interventistiche. Sino a qualche anno fa le AGBP, soprattutto in assenza di DCC, venivano solitamente diagnosticate in corso di ERCP o più raramente grazie alla colangiografia transepatica o perioperatoria (6). I recenti sviluppi dell’imaging radiologico ed endoscopico hanno consentito un marcato miglioramento nella capacità di riconoscimento di queste entità anatomiche. Da circa 15 anni lo studio non invasivo dei sistemi duttali biliari e pancreatici può essere effettuato con la colangiopancreato-RM (CPRM) con secretina; nei pazienti con PBM dopo l'infusione della secretina si verifica un aumento del secreto nel dotto biliare extraepatico e nella colecisti a causa del reflusso pancreatico-biliare. Una ulteriore indagine radiologica è costituita dalla pancreatografia trans papilla minor che evidenzia un reflusso del mezzo di contrasto nel dotto biliare attraverso un canale comune in assenza di outflow in duodeno; anche la TC associata ad infusione colangiografica (DIC) consente di studiare l’albero biliare e la fisiopatologia del reflusso bilio-pancreatico in maniera più accurata rispetto alla colangiografia. Infine l’ecoendoscopia può essere talora indicata nello studio dettagliato delle regione bilio-pancreatica ed in particolare del coledoco distale (3,14). Nelle DCC, in cui la diagnosi risulta essere meno difficoltosa rispetto alle AGBP senza dilatazione dell’albero biliare, gli esami morfologici hanno molteplici scopi: confermare la diagnosi di DCC e l’asso- ciazione con una AGBP evidenziando la dilatazione cistica comunicante con le vie biliari e la giunzione biliopancreatica, precisare l’entità e il tipo di malformazione cistica, identificare eventuali complicanze associate quali litiasi, protein plugs, degenerazione neoplastica. Nella maggior parte dei casi (tipo I e IVa) l’ecografia e la TC mostrano una dilatazione cistica indipendente dalla colecisti situata nel peduncolo epatico. Pur tuttavia non in tutti i casi l’ecografia permette di escludere la presenza di un calcolo o di una neoplasia del coledoco distale o ancora di evidenziare una AGBP, soprattutto nei pazienti sottoposti ad interventi sulla via biliare; la TC consente di studiare in maniera più accurata il pancreas, di escludere una litiasi intraepatica e di determinare con maggiore accuratezza i segni di ipertensione portale e gli aspetti di degenerazione neoplastica (peraltro anche la TC può sottostimare eventuali alterazioni morfologiche ilari). Sicuramente anche per le DCC la colangio-RM e l’ecoendoscopia costituiscono le metodiche dotate di maggiore accuratezza diagnostica (19,14). Segni clinici I sintomi della AGBP appaiono sovente sovrapponibili a quelli di una patologia litiasica biliare. Il dolore è presente nel 60-95% dei casi e l’ittero e la febbre in circa il 50%; la triade massa addominale, febbre ed ittero, tipica dell’infanzia, è raramente presente negli adulti. Nel 15-33% dei casi la malattia esordisce con i sintomi di una pancreatite acuta biliare; assai raro è l’esordio con complicanze (<2%) quali peritonite biliare da rottura di una cisti ed emorragia digestiva da ipertensione portale insorta a seguito dell’instaurarsi di una cirrosi biliare secondaria. Gli esami ematochimici possono evidenziare una elevazione degli indici epatici di citolisi e colestasi ed una iperamilasemia ed iperlipasemia (1,13). In caso di DCC la sintomatologia è variabile in funzione del tipo classificativo: il tipo III, o coledococele, si manifesta frequentemente con episodi pancreatitici mentre quelli IV e V si caratterizzano sovente per una litiasi intraepatica. L’eziologia delle pancreatiti nelle DCC è imputabile sia ad una migrazione litiasica nel dotto comune sia ad un meccanismo ostruttivo legato alla formazione di depositi proteici (protein plugs); ne consegue come le pancreatiti ricorrenti possono essere un segno indiretto non solo di pancreas divisum ma anche di AGBP con dotto comune (8,16,20). Trattamento Pur in assenza di un protocollo standardizzato il trattamento di scelta della AGBP con DCC, ed in particolare del tipo I e IV, è rappresentato dalla exeresi chirurgica profilattica, anticipatamente rispetto alla insorgenza di degenerazione neoplastica biliare, che presenta il CS duplice scopo di sopprimere in maniera definitiva il reflusso pancreatico-biliare e di resecare la cisti e le vie biliari extraepatiche (via biliare principale e colecisti) che rappresentano sedi possibili di cancerizzazione (resezione biliare ed anastomosi biliodigestiva) (1,6). Per quanto riguarda le AGBP senza DCC o le HCPBI il consenso circa le modalità terapeutiche appare meno unanime e maggiori sono le controversie. La maggior parte degli Autori suggerisce esclusivamente una colecistectomia profilattica dal momento che le neoplasie che insorgono in caso di PBM senza dilatazione sono localizzate soprattutto a livello della colecisti (l’aumentato turn-over cellulare colecistico con conseguente rischio degenerativo è documentato dal fatto che l’incidenza di iperplasia epiteliale della colecisti nei pazienti affetti da PBM è risultata essere compresa fra il 39 ed 63% innalzandosi fra il 91 ed il 100% in caso di assenza di dilatazione delle vie biliari) mentre alcuni tendono ad essere più radicali consigliando, a scopo preventivo, non solo la resezione colecistica ma anche quella dei dotti biliari extraepatici; ne consegue come ulteriori studi appaiano assolutamente necessari (11). Conclusioni Le AGBP sono più frequentemente dovute ad una anomalia nel corso del processo embriogenetico di fusione del coledoco e del Wirsung. La presenza di un lungo dotto comune e l’assenza di uno sfintere proprio del coledoco distale favoriscono un reflusso pancreatico verso l’albero biliare con conseguente formazione di cisti delle vie biliari durante l’embriogenesi ed una aumentata incidenza di pancreatiti e tumori della via biliare in funzione della età. Le lesioni neoplastiche sono rappresentate quasi esclusivamente dal colangiocarcinoma localizzato nei segmenti dilatati delle vie biliari extraepatiche, sulle pareti cistiche e/o sulla colecisti, in quest’ultimo caso soprattutto in assenza di dilatazione coledocica. Una resezione completa preventiva della via biliare principale, della colecisti e della dilatazione cistica appare giustificata in tutte le AGBP associate a DCC mentre per quanto riguarda le AGBP senza DCC e le HCPBI il consenso appare meno unanime ed ulteriori studi appaiono necessari. Corrispondenza Elena Cavargini U.O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Ospedale G.B. Morgagni AUSL Forlì Via Carlo Forlanini, 34 - 47100 Forlì Tel. + 39 0543/735036-735037 Fax + 39 0543/735018 e-mail: [email protected] Bibliografia 1.Terumi K, Hajime A, Naoto E et al. Diagnosis and clinical implication of pancreaticobiliary reflux. World J Gastroenterology 2008 November21;14(43):6622-26. 2.Sugiyama M, Haradome H, Takahara T et al. Biliopancreatic reflux via anomalous pancreaticobiliary junction. Surgery 2004;135(4):457-9. 3.Yoshiro M, Hideki F, Jun I, Masanori M, et al. Recent advances in pancreaticobiliary maljunction. J Epatobiliary Pancreat Surg 2002;9:45-54. 4.Kimura K, Ohto M, Ono T et al. 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