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La consapevolezza corporea nelle pratiche corpo
Università degli Studi di Torino FACOLTÀ DI PSICOLOGIA Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Mente Tesi di Laurea Magistrale La consapevolezza corporea nelle pratiche corpo-mente: uno studio empirico Candidata Relatore Mara Mettola Prof. Maurizio Tirassa Matricola 280242 A. A. 2010/2011 INDICE Introduzione VII Capitolo I Body Awareness and Mindfulness Measures, una review pag. 12 1.1 Body Awareness (Consapevolezza Corporea) pag. 12 1.2 Alcune scale di Consapevolezza Corporea pag. 17 1.2.1 Body Awareness Scale (BAS) pag. 17 1.2.2 Body Awareness Scale-Health (BAS-H) pag. 21 1.2.3 Body Intelligence Scale (BIS) pag. 24 1.2.4 Body Awareness and self-report measures, una review pag. 29 presente in letteratura 1.3 Mindfulness pag. 42 1.4 Alcune scale per la misurazione della Mindfulness pag. 45 1.4.1 Mindfulness Attention Awareness Scale (MAAS) pag. 45 1.4.2 The Kentucky Inventory of Minfulness Skills (KIMS) pag. 49 1.4.3 Five Facet Mindfulness Questionnaire (FFMQ) pag. 55 1.4.4 Toronto Mindfulness Scale (TMS) pag. 57 1.4.5 Philadelphia Mindfulness Scale (PHLMS) pag. 61 1.4.6 Cognitive and Affective Mindfulness Scale – Revised (CAMS-R) pag. 62 Capitolo II Una visione critica, i costrutti Body Awarness e Mindfulness e le loro caratteristiche pag. 66 2.1 Cos’è la Consapevolezza? pag. 66 2.2 Mindfulness pag. 68 2.2.1 Mindfulness e Cognitivismo pag. 71 2.2.2 Mindfulness e la regolazione delle emozioni pag. 76 2.2.3 Uno sguardo alle scale di misurazione pag. 78 2.3 Body Awareness e le scale di misurazione pag. 82 2.4 Body Awareness ed emozioni pag. 85 Capitolo III Il rapporto tra la Body Awarness e le pratiche corpo-mente pag. 88 3.1 Il Questionario SBC pag. 88 3.2 Questionario corpo e linguaggio, struttura e somministrazione pag. 91 3.3 Risultati scala SBC pag. 92 3.3.1 Body Awareness e pratiche corpo-mente pag. 93 3.3.2 Body Awarness e discipline specifiche pag. 96 3.4 La parola agli esperti, indaghiamo il parere di alcuni esperti attraverso una intervista semistrutturata pag. 97 3.4.1 Tai Chi Chuan pag. 98 3.4.2 Capoeira pag. 102 3.5 Struttura dello strumento pag. 104 3.6 Risultati pag. 111 3.7 Discussione pag. 136 Conclusioni pag. 146 Appendice A pag. 155 Appendice B pag. 157 Riferimenti Bibliografici pag. 159 INTRODUZIONE E’ stupefacente quanto sia liberatorio essere capaci di vedere che i tuoi pensieri sono solo pensieri sono solo pensieri e che non sono “te stesso”o “la realtà”… il semplice atto di riconoscere i tuoi pensieri come pensieri può renderti libero dalla realtà distorta che essi spesso creano e genera un senso di maggior chiarezza e padronanza della tua vita. Jon Kabat-Zinn (1990) Quando ho incontrato il Prof. Maurizio Tirassa, relatore di questa tesi non avevo un progetto di lavoro specifico, ho ascoltato i vari campi di ricerca su cui lui e i suoi collaboratori si stavano muovendo e poi ho riflettuto sui vari temi per scegliere quello sul quale poi avrei concentrato il mio studio. Non è stata una scelta difficile, ma la ragione per la quale ho scelto di addentrarmi nello studio della consapevolezza corporea, per studiarne le sfaccettature, è sia di natura personale sia di natura accademica. Ho sempre nutrito un’estrema curiosità verso la cultura orientale, mi sono avvicinata a questo mondo attraverso il Cinema. Attraverso i film del regista giapponese Takeshi Kitano, dei coreani Kim Ki-duk e Park Chan-wook, del cinese Wong Kar-Wei, per citarne alcuni. Le caratteristiche che più mi hanno affascinato di questi film sono: la presenza forte delle dimensioni spirituali e la centralità del corpo. Molti di questi film sono quasi privi di dialoghi le scene sono lente e si enfatizza molto il linguaggio non verbale, quindi quello corporeo. Ad, esempio in Bom yeoreum gaeul gyeoul geurigo bom (trad. it. Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera) di Kim Ki-duk si racconta il rapporto tra un monaco buddista e il suo discepolo Sisal attraverso la successione delle stagioni articolata in cinque capitoli, ciascuno connesso a una diversa fase della vita la primavera-l’infanzia, l’estate-l’adolescenza, l’autunno-l’età adulta, l’inverno-la maturità e …ancora la primavera-rinascita che sancisce infine un nuovo ciclo e, mostrando Sisal nel ruolo di maestro, completa il percorso circolare dell'esistenza. Un film costruito interamente sul concetto di soglia. Spazi (fisici e non) da attraversare, passaggi che è necessario superare per accedere alla dimensione successiva. A un livello macroscopico tutto ciò è sancito dall'avvicendarsi delle stagioni e dalla loro aderenza a uno stadio specifico della crescita umana. Con Bin-jip (trad. it. Ferro 3-la casa vuota) invece, il regista sud-coreano realizza un film quasi muto, le battute sono poche e tra i due protagonisti. Si parlano in silenzio Tae-suk e Sun-hwa, si conquistano con il linguaggio del corpo con i gesti delicati di un vestito lasciato per terra, la premura di un pasto, la condivisione di spazi altrui che, per un attimo, diventano loro e di cui si prendono cura. Ogni azione è perfetta perché riesce a custodire la forza dell'evidenza insieme al mistero del non detto. Ferro 3 unisce la raffinatezza estetica al minimalismo verbale, ed è questo mix tra l'eccentricità della storia e la pulizia delle (non) parole a far vibrare la sua intensità. La ragione di natura accademica riguarda, invece, il mio interesse per la pratica della Mindfulness. Questo interesse è nato quando ho avuto l’opportunità di assistere alla Lectio Magistralis tenuta dal Professor Jon Kabat-Zinn in occasione della consegna del Premio Mente e Cervello 2008 assegnatogli dal Centro di Scienza Cognitiva dell’Università e Politecnico di Torino diretto da Bruno Bara. Per queste ragioni, nella mia tesi, ho cercato indagare il rapporto tra la consapevolezza corporea, la Mindfulness e alcune pratiche corpo-mente di origine orientale. Nelle prime fasi della mia ricerca ho studiato la letteratura presente riguardo la Consapevolezza Corporea e la Mindfulness, mi sono concentrata in particolar modo sulla ricerca delle scale di misurazione di questi costrutti. In seguito ho analizzato i risultati relativi ad una prima versione tradotta del questionario Scale of Body Connection di Cynthia J. Price e Elaine Adams Thompson, presente all’interno di una ricerca del Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino, in rapporto ad alcune attività corpo-mente e poi ho voluto approfondire l’argomento intervistando, attraverso un’intervista semistrutturata, 9 esperti (8 praticanti Arti Marziali e 1 Istruttrice Mindfulness) per indagare il costrutto della consapevolezza corporea attraverso lo sguardo di persone competenti dell’argomento. Il primo capitolo è suddiviso in due parti. La prima parte è dedicata alla consapevolezza corporea (Body Awarness) con l’intenzione di definire in modo preliminare il costrutto, di indicare alcuni studi presenti in letteratura e di proporre una review su alcune delle scale di misurazione presenti. Tra le scale prese in considerazione vi è ad esempio, la Body Awareness Scale (BAS) di G. Roxendal e la sua variazione Bosy Awareness Scale-Health (BAS-H) le quali si propongono di valutare la qualità dei movimenti, l’abilità funzionale e il comportamento gestuale di pazienti psichiatrici o con condizioni patologiche nei loro pattern motori; la Body Intelligence Scale (BIS) che si propone di misurare il rapporto tra la consapevolezza del proprio corpo, quindi l’uso delle sensazioni corporee per sostenere la salute e il benessere e per aumentare il passaggio di informazioni tra il nostro corpo e l’ambiente nel quale è immerso. E’ stata, inoltre, riportata una review sugli strumenti di rilevazione della consapevolezza corporea già presente in letteratura al fine di poter fornire una visione più ampia degli strumenti e per esaminare ulteriormente e favorire la comprensione delle caratteristiche fondamentali del costrutto. Nella seconda parte è presentato un tentativo di definire e operazionalizzare il costrutto della Mindfulness sempre attraverso la presentazione di alcune scale self-report di misurazione come la Mindful Attention Awareness Scale (MAAS) che valuta le differenze individuali nella frequenza degli stati mindful nel tempo, questa scala è focalizzata sulla presenza o sull’assenza dell’attenzione e della consapevolezza su ciò che accade al tempo presente; Il Kentucky Inventory of Mindfulness Skills (KIMS) il quale si propone di valutare alcune delle competenze mindfulness (osservazione, descrizione, azione con consapevolezza e accentazione senza giudizio); Il Five Facet Mindfulness Questionnaire (FFMQ) che sviluppa i suoi items grazie alla combinazione di items presi da altri questionari self-report sulla Mindfulness presenti in letteratura in modo da esaminare la struttura sfaccettata del costrutto; la Toronto Mindfulness Scale (TMS) che si propone di discriminare tra intervistati che hanno una grande Mindfulness Meditation; la Philadelphia Mindfulness Scale (PHLMS) che intende misurare due componenti chiave della Mindfulness: la consapevolezza del momento-presente e l’accettazione non-giudicante della propria esperienza; infine, la Cognitive and Affective Mindfulness Scale-Revised (CAMS-R) per valutare e discriminare il tipo di approccio all’esperienza interna, l’evitamento esperienziale o l’eccessiva preoccupazione. Il secondo capitolo si apre con un paragrafo intitolato “Cos’è la Consapevolezza?” che ha lo scopo di fornire una visione generale del campo di ricerca sul quale si sta riflettendo. A seguito di questo paragrafo introduttivo anche il secondo capitolo, come il primo, è suddiviso in due sezioni. La prima sezione focalizza l’attenzione sulla Mindfulness cercando di indicarne la definizione e le componenti principali che si possono individuare in letteratura. Si descrive il ruolo che la Mindfulness sta ricoprendo negli ultimi anni all’interno della prospettiva cognitivo-evoluzionista. Dall’incontro della pratica Mindfulness e della terapia cognitiva, infatti, è nata la Mindfulness-Based Cognitive Therapy di Segal Williams e Teasdale, un programma che trova la sua concezione e la sua applicazione clinica nella prevenzione della ricaduta dei disturbi depressivi. Si descrive, inoltre, il rapporto tra la Mindfulness e la regolazione degli stati emotivi e infine si propone una lettura critica alle scale, relative alla Mindfulness, descritte nel primo capitolo. La seconda sezione, invece, riguarda la Body Awarness. Questa seconda sezione si apre con un paragrafo dedicato alla ridefinizione del costrutto della consapevolezza corporea e alla lettura critica delle scale riportate nel primo capitolo. Infine, si descrive il rapporto tra la Body Awarness e le emozioni anche attraverso uno studio condotto da Jocelyn A. Sze, Anett Gyurak, Joyce W. Yuan, e Robert W. per indagare la coerenza tra il vissuto soggettivo delle emozioni e la risposta fisiologica. Il terzo capitolo, invece, riguarda la parte sperimentale del mio lavoro e si propone di indagare il rapporto tra la consapevolezza corporea e le discipline corpo-mente. Può essere presentato come suddiviso in due parti. La prima parte, quantitativa, descrive l’analisi dei risultati di una prima versione tradotta in italiano della Scale of Body Connection di Cynthia J. Price e Elaine Adams Thompson compresa all’interno di un progetto di ricerca sulla mimesi corporea del Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con L’Università di Bergamo. La seconda parte, qualitativa, corrisponde alla presentazione di un’intervista semistrutturata che ho effettuato a 9 esperti di pratiche corpo-mente, tra cui 8 praticanti arti marziali e 1 Istruttrice Mindfulness. Queste interviste sono state strutturate e analizzate nell’ottica di indagare il rapporto tra la consapevolezza corporea e queste discipline e di fornire un contributo qualitativo alla definizione del costrutto della consapevolezza corporea. CONCLUSIONI La consapevolezza è un’antica pratica buddista che riveste un profondo significato. Questo significato non ha alcuna relazione con il buddismo in sé o la conversione al buddismo, ma riguarda tutto ciò che si riferisce al prendere coscienza e vivere in armonia con se stessi e con il mondo intero. Comporta l’auotoindagine, la messa in discussione della nostra visione del mondo, della posizione che vi occupiamo e l’apprezzamento della pienezza di ciascun momento della nostra esistenza. Soprattutto riguarda il mantenimento del contatto con la realtà (Kabat-Zinn J., 1999). La meditazione mindful (il cui massimo riferimento mondiale può essere oggi considerato il Prof. Jon Kabat-Zinn) in estrema sintesi può essere descritta come il “precipitato occidentale moderno” di alcune millenarie tecniche di meditazione orientali e in particolare, sebbene non in linea esclusiva, della meditazione buddista Vipassana. La qualità della Mindfulness, tuttavia, non è appannaggio esclusivo delle pratiche formali di meditazione, bensì può essere coltivata e ritrovata anche in altre attività e in altri contesti. Anzi, si può dire che l’obiettivo dell’esercizio regolare e strutturato della meditazione sia proprio quello di arrivare, un po’ alla volta, a “contaminare” il modo di essere del praticante nella vita quotidiana con l’attitudine e le qualità proprie dello stato meditativo, in altre parole con la Mindfulness. Che cos’è, dunque, la Mindfulness? Mindfulness è un termine inglese che si preferisce di solito non tradurre in italiano. Le traduzioni più dirette, ossia “consapevolezza”, “attenzione”, “attenzione sollecita” potrebbero, infatti, indurre a una serie di associazioni semantiche fuorvianti e diventare un ostacolo prima di dare a chi legge il tempo di comprendere in che senso il termine si riferisce, in effetti, proprio alla consapevolezza. Non è facile rendere con parole e concetti qualcosa che si riferisce innanzitutto a un’esperienza personale diretta e immediata (Giommi F., 2005). La Mindfulness può essere concettualizzata come una “modalità di consapevolezza” (a mode of awareness) descrivibile attraverso un modello a due componenti, ciascuna delle quali è definita in termini di specifici comportamenti, manifestazioni esperienziali e processi psicologici coinvolti. La prima componente riguarda l’auto-regolazione dell’attenzione, che è mantenuta sull’esperienza immediata e perciò favorisce un maggior riconoscimento degli eventi mentali nel momento presente. La seconda componente implica l’adottare un particolare orientamento verso la propria esperienza nel momento presente, un orientamento caratterizzato da curiosità, apertura e accettazione non-giudicante (Bishop S., et al., 2004). In moltissime situazioni della vita quotidiana, siamo talmente scollegati dall’esperienza presente e talmente assorbiti dal flusso vorticoso dei pensieri, delle preoccupazioni, dei giudizi, dei progetti, delle ruminazioni mentali, da non essere minimamente consapevoli delle cose che facciamo, che sentiamo o che ci accadono. La consapevolezza mindful, invece, ha tutt’altro sapore. Essa si limita a registrare e lasciar fluire l’esperienza presente, così come si offre e si sviluppa, accogliendola con limpidezza, curiosità, apertura e benevolenza. Accogliere l’esperienza con attenzione non giudicante e neutralità, da un lato, rende meno coinvolti e reattivi nei confronti degli eventi, dall’altro, rende possibile un atteggiamento più gentile nei confronti di se stessi. Ciò significa, in altre parole, essere presenti e prendersi cura di sé attraverso le varie fasi dell’esperienza. Attraverso la pratica Mindfulness si impara ad attraversare le proprie esperienze senza sentirsene minacciati o rapiti, ecco che ci si può concedere un maggior grado di sensibilità, di percezione e di emozione. Si tratta, in sostanza, di imparare a riconoscere che le attività della mente e del corpo non sono la totalità di ciò che si è. Ovvero, di cominciare a disidentificarsi dai propri contenuti mentali e dai loro movimenti, rimanendo presenti e osservando il flusso di sensazioni, immagini, sentimenti e pensieri da cui la mente (e il corpo) sono attraversati. Daniel Siegel (Siegel D., 2008) descrive la Mindfulness come un “essere in empatia con se stessi”, una condizione di sintonizzazione intrapersonale, in cui le esperienze nel qui ed ora vengono semplicemente accettate per quelle che sono e riconosciute, con gentilezza e rispetto. Fin qui abbiamo parlato della Mindfulness intesa come qualità fondamentale della “meditazione mindful”, estendibile per sua natura ad altri ambiti di pratica e contesti di esperienza. Nella Mindfulness così concepita riconosciamo senza alcun dubbio un elemento imprescindibile del nostro approccio al bodywork e alle pratiche di consapevolezza corporea, un’attitudine di fondo che in essi viene costantemente e pazientemente coltivata. Una delle pratiche essenziali dei training della Mindfulness, collegata con la consapevolezza corporea, è l’esplorazione delle sensazioni fisiche con la pratica del body scan. Uno degli obiettivi principali di questa pratica è il raggiungimento di una consapevolezza dettagliata di ciascuna parte del corpo. In questo contesto, chi pratica impara per la prima volta a mantenere l’attenzione concentrata per un lungo periodo di tempo, e questo li aiuta anche a sviluppare la concentrazione, la calma, la flessibilità dell’attenzione e la consapevolezza. Il body scan dà l’occasione di praticare portando, in questo caso sul corpo, una particolare consapevolezza, caratterizzata da una delicata curiosità (Segal Z., Williams J.M.G., Teasdale J.D., 2006). Si può, quindi considerare, la consapevolezza corporea una componente fondamentale di quella che è la pratica della Mindfulness che abbraccia anche quelli che possiamo considerare i pensieri cognitivi. Sganciare l’attenzione dai modelli abituali senza reprimerli o tacitarli è un’azione sottile e può richiedere molta pratica. La pratica della Mindfulness enfatizza la possibilità che, quando si scopre la tendenza ad imegnarsi in una lotta tra un pensiero (“perché ha detto questo?”) e un altro (“questo è un pensiero sciocco”), si può sempre scegliere di fare attenzione a come i pensieri e le emozioni influenzano il nostro corpo. La consapevolezza del corpo ci aiuta a sperimentare una diversa “maniera” di essere. Prendere la consapevolezza di una sensazione fisica modifica la natura dell’esperienza emozionale e ci dà più scelta su come rispondere a quello che accade “qui e ora”. Se diventiamo consapevoli di reagire emozionalmente a qualcosa, il nostro corpo può dirci qualcosa della nostra relazione con queste emozioni. Prestare attenzione al corpo ci offre un altro “luogo” da cui osservare le cose, una posizione di osservazione diversa e favorevole da cui rapportarsi ai pensieri. Se vogliamo ottenere una capacità prospettica sui pensieri e le emozioni, se vogliamo davvero “essere dentro” il nostro corpo, allora abbiamo questo luogo diverso da cui stare a guardare i pensieri e le emozioni, invece che soltanto nella nostra testa. Il corpo diviene, quindi, una finestra aperta sulla mente (Segal Z., Williams J.M.G., Teasdale J.D., 2006). Attraverso le analisi quantitative e qualitative affrontate nella mia ricerca è emersa una relazione tra la consapevolezza corporea e le attività definite “corpo-mente” come lo yoga, la meditazione e le arti marziali. Infatti, dall’analisi del questionario emerge che le medie dei punteggi della scala SBC riferiti a soggetti che praticano attività come lo yoga, le arti marziali o la meditazione variano in modo significativo sia all’aumentare del grado di expertise dei soggetti, sia all’aumentare della frequenza con la quale si dedicano a queste attività. Allo stesso modo i 9 esperti intervistati (5 praticanti Tai Chi Chuan, 3 praticanti Capoeira e 1 Istruttrice Mindfulness) sottolineano il ruolo centrale della costanza della pratica per raggiungere un maggior grado di consapevolezza corporea. Infatti, a tal proposito, possiamo ricordare che nella domanda 14) Quali sono, secondo te, le parole migliori per affrontare il tema della consapevolezza corporea? Puoi scegliere cinque parole chiave? il termine “Costanza”, inteso come impegno continuo nel lavoro della pratica e della ricerca della consapevolezza corporea, è il termine che è stato utilizzato più volte (4 volte) dagli intervistati. Gli intervistati con un background di diversi anni di pratica, alla domanda 12) Se dovessi valutare il livello di consapevolezza corporea in questo preciso istante, come lo valuteresti? Hanno risposto tutti riferendo un alto grado di consapevolezza corporea. E’ innegabile che una domanda di autovalutazione non possa avere un valore quantitativo, ma è interessante notare e sottolineare come i praticanti più “esperti” siano anche in grado di riferire in termini più precisi la propria consapevolezza corporea e la propria esperienza interna. Inoltre, dalle domande dell’intervista emerge una qualità molto importante della consapevolezza corporea, la sua migliorabilità nel tempo, attraverso, soprattutto, l’allenamento costante e continuo delle pratiche e anche attraverso la meditazione. Molti intervistati hanno sottolineato il ruolo importante che l’ambiente e l’interazione con l’ambiente ricopre all’interno della consapevolezza corporea. A tal fine, mi sembra utile fare una piccola digressione. Nell’articolo Perceiving subjectivity in bodily movement: The case of dancers, pubblicato nel 2009, gli autori Dorothée Legrand e Susanne Ravn presentano uno studio per esplorare il tema del sé corporeo in chiave della sperimentazione della fisicità e della soggettività. Tredici ballerini professionisti (sei maschi e sette femmine) hanno partecipato alla realizzazione di questo studio. Quattro di questi ballerini erano ballerini solisti al Royal Danish Ballet e nove ballerini free-lance, con carriere individuali di livello internazionale in relazione alla danza contemporanea. Tra questi nove ballerini, quattro avevano anni di esperienza con spettacoli di improvvisazione e due, in particolare, avevano dedicato il loro lavoro alle tecniche relative alla Body Mind Centering1 e di danza Butoh2. I ballerini sono stati seguiti sul 1 Il BMC è basato su fondamenti di anatomia, fisiologia, psicologia e sulla conoscenza dello sviluppo del movimento dal concepimento ai primi anni di vita, BMC fa uso di una varietà di principi teorico-funzionali e di pratiche nell’esplorazione di tutti i sistemi corporei, del respiro e della vocalizzazione, dei sensi e della dinamica percettiva, dell’arte del tocco delle mani e del movimento, fino al livello cellulare. Ha una vasta gamma di applicazioni: educazione e pratica del movimento, danza, yoga, bodywork, riabilitazione, psicoterapia, sviluppo infantile, educazione, musica, voce, arte, meditazione, arti marziali, atletica e altre discipline che coinvolgono l’insieme mente-corpo (Nygaard T., 1999). 2 Etimologicamente il termine é costituito dai due ideogrammi BU e TOH. BU significa danzare o muoversi elegantemente riferito in particolare alla parte superiore del corpo. TOH significa calpestare ed indica generalmente il movimento dei piedi. Il Butoh si muove tra la discordanza esistente del movimento armonico delle mani e quello disarmonico dei piedi, coinvoglia nel corpo l'opposizione tra Apollo e Dionisio, tra calma e violenza. Non é una tecnica, ma una relazione tra il corpo e la natura, un modo per risalire attraverso il corpo alle origini dell'esistenza, in un dialogo campo all’interno dei loro corsi di formazione e dei workshop e in una fase successiva sono stati sottoposti a diverse interviste semistrutturate. Una considerazione, riportata all’interno di questo studio effettuato da Dorothée Legrand, mi sembra molto interessante. I sette ballerini di danza contemporanea, in modi diversi, si concentrano sulla propriocezione, essi descrivono anche un flusso costante di informazioni provenienti dall’ “interno” (ad esempio, propriocezione) e provenienti dall’“esterno” (ad esempio la visione). Come uno dei ballerini spiega: “Ho quasi il ritmo di questa modo di percepire, percepisco l'esterno – percepisco l’interno – percepisco l'esterno – percepisco l’interno, per cui vi è flusso costante o un continuo mutamento…”. I ballerini si riferiscono al modo in cui possono concentrarsi su come l'avvio di un movimento o una certa tensione muscolare prenda una certa forma visiva nell'esecuzione effettiva del movimento. Nelle loro descrizioni, i ballerini di danza contemporanea quindi costantemente erodono la distinzione tra il rilevamento dall'esterno e rilevamento dall'interno del corpo. Esternalizzano, quindi, il rilevamentento dell’interno ed internalizzano lo sguardo verso l’esterno (Legrand D., Ravn S., 2009). Il flusso di percezioni che dall’esterno si dirige verso l’interno e che dall’interno si dirige verso l’esterno, che viene descritto nello studio di Dorothée Legrand può essere accostato al flusso di interazione con l’esterno e con l’altro che avviene nel combattimento delle arti marziali. Come i praticanti di Tai chi e di Capoeira hanno sottolineato nelle interviste il momento del combattimento è il momento in cui l’attenzione sul proprio corpo è ai massimi livelli, vi è uno scambio bidirezionale con quella che è la percezione degli stati interni e quella che è la percezione dell’ambiente in cui si muovono e soprattutto la percezione del corpo dell’avversario. Questo scambio continuo è l’essenza del combattimento, essere in grado di regolare momento-per-momento il proprio equilibrio, la propria forza, la propria abilità in corrispondenza ai rimandi percepiti dall’esterno. Infatti, come afferma Merleau-Ponty l’esperienza sensoriale appartiene a tutto il nostro corpo, anche se ci appartiene un atteggiamento analitico di considerare i nostri sensi in maniera isolata (Merleau-Ponty M., 1945). Il corpo, in questa visione, è multisensoriale, immerso in un ambiente fisico ed è vissuto come tale in almeno due modi: da un lato, gli stati interni sono “esternalizzati” e quindi possono essere sperimentati tramite l’esterocezione; dall’altro lato, gli stimoli nell’ambiente sono “integrati” nel senso che sono esperiti all’interno del corpo. Quindi, è importante rilevare l’intreccio che esiste tra tra il silenzio delle nostre tenebre ed il caos della luce. Il Butoh non é un linguaggio del corpo, ma un linguaggio di per sé (www.teatro.org). propriocezione, interocezione ed esterocezione e di conseguenza ogni movimento del nostro corpo non va considerato come movimento fine a se stesso ma come parte di un contesto fisico. Il corpo può essere considerato come il luogo in cui si rilevano le informazioni esperienziali riguardo al “corpo in sé” ma anche il luogo in cui avviene l’elaborazione esperienziale delle informazioni che indirettamente riguardano il corpo poiché sono incentrate sulla percezione esterocettiva degli elementi non-corporei del mondo (Legrand D., Ravn S., 2009). Attraverso l’analisi delle scale esistenti in letteratura è emerso che vi è una difficoltà di concettualizzazione del costrutto di consapevolezza corporea poiché, un unico strumento non è in grado di coprirne in modo soddisfacente tutte le dimensioni. Pertanto, sarebbe necessario sviluppare uno strumento che superi queste limitazioni. Il passo successivo per la ricerca futura potrebbe essere quello di definire ulteriormente il costrutto e le sue dimensioni e sub-domini attraverso la ricerca qualitativa, conducendo un Focus-Group con sia terapisti con un indirizzo terapeutico per incrementare la consapevolezza del proprio corpo sia con pazienti sottoposti a tali terapie, sia con esperti di pratiche corpo-mente. Come gli intervistati hanno rilevato è molto difficile misurare attraverso il linguaggio una capacità come la consapevolezza corporea che è estremamente incarnata, anche perché il rischio di una scala di valutazione è duplice: si potrebbe incorrere sia nella misurazione di quello che è “il grado di consapevolezza che il soggetto ritiene di avere e non quello che effettivamente possiede”, sia per la difficoltà di misurare una scala con degli items comprensibili a tutti e non solo agli esperti in materia di consapevolezza corporea. I nostri esperti, infatti, sono stati tutti d’accordo nel dichiarare che il modo migliore per valutare la consapevolezza corporea è l’osservazione dei movimenti di un soggetto in vivo attraverso gli occhi di un esperto. Si potrebbe quindi ipotizzare una scala di valutazione futura che contenga sia una parte valutativa con item, sia una parte nella quale si chiede al soggetto di compiere una serie di esercizi atti a valutare ad esempio l’equilibrio, la coordinazione grezza e fine e la resistenza muscolare. I risultati ottenuti in questa ricerca aprono ulteriori campi d’indagine e nuove prospettive per approfondire la discussione. Avendo notato un rapporto tra la scala di consapevolezza corporea e le attività corpo mente sarebbe interessante studiare questo rapporto con un campione più ampio di soggetti che praticano arti marziali e meditazione e confrontarlo con un gruppo di controllo, per studiare se effettivamente il praticare le attività corpo-mente ha una qualche influenza sul punteggio alla scala della consapevolezza corporea. Inoltre, sarebbe interessante indagare il ruolo del grado di expertise dei soggetti e il ruolo della frequenza nella variazione dei punteggi alla scala di consapevolezza corporea. Essere esperti vuol dire praticare tutti i giorni o quasi un certo tipo di attività? Se un soggetto è meno esperto, ma pratica comunque tutti i giorni ha lo stesso tipo di effetto nei punteggi della scala rispetto ad uno esperto che pratica di frequente? Queste sono solo alcune delle domande che possiamo porci per le rilevazioni future. Infine, è interessante notare come ci siano dei punti di contatto tra la scala SBC che abbiamo somministrato e le evidenze ottenute dall’analisi delle interviste semistrutturate. Ad esempio, gli items della scala SBC sono items che tendono ad indagare la consapevolezza sensoriale, la capacità di identificare e sperimentare sensazioni interne al nostro corpo (i.e. una stretta muscolare) e lo stato complessivo emotivo/fisiologico del corpo (i.e. rilassato, teso). Partendo da una concettualizzazione di consapevolezza del proprio corpo come l’attenzione ad informazioni che possiamo acquisire dal nostro corpo nella vita quotidiana, notando modifiche/risposte alle emozioni e/o all’ambiente. Attraverso l’analisi delle interviste emerge il ruolo fondamentale della capacità di sentire le proprie emozioni nella strutturazione della propria consapevolezza corporea. Gli intervistati, inoltre, sottolineano anche il ruolo del “tatto” e del contatto con gli altri nella formazione della propria consapevolezza corporea, anche nella scala SBC possiamo trovare una evidenza di questo ruolo nell’item “Mi accorgo della mia risposta emotiva alle carezze”. Si potrebbe pensare ad una nuova versione della scala SBC aumentando, ad esempio, il numero di items aggiungendo items provenienti dalle scale per la misurazione della Mindfulness. A mio parere sarebbe interessante aggiungere items che abbiano a che fare con la vita quotidiana “I tend to walk quickly to get where I'm going without paying attention to what I experience along the way”; “I forget a person's name almost as soon as I've been told it for the first time”; “It seems I am "running on automatic," without much awareness of what I'm doing”; “I rush through activities without being really attentive to them”; “I do jobs or tasks automatically, without being aware of what I'm doing”; “I snack without being aware that I'm eating” (item della Mindful Attention Awareness Scale) (Brown K.W., Ryan R.M., 2003); “When I take a shower or a bath, I stay alert to the sensations of water on my body”; “I pay attention to sensations, such as the wind in my hair or sun on my face”; “I pay attention to sounds, such as clocks ticking, birds chirping, or cars passing”; “I notice the smells and aromas of things”; “I notice visual elements in art or nature, such as colors, shapes, textures, or patterns of light and shadow”. (item del Kentucky Inventory of Mindfulness Skills) (Baer R.A., Smith G.T., 2004). Credo che inserire item di questo tipo possa contestualizzare la consapevolezza nella vita di tutti i giorni facilitando la riflessione dei soggetti su un costrutto particolare come la consapevolezza corporea. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Aiken L.A. (1985), Three coefficients for analyzing the reliability and validity of ratings. Educational and Psychological Measurement, 45, 131–142. Aiken L.A. (1996), Rating scales and checklists: Evaluating behavior, personality, and attitudes. New York: Wiley Afrell M., Biguet G., Rudebeck C.E. (2007), Living with a body in pain - between acceptance and denial. Scand J Caring Sci 21: 291–296. Anderson R. (2006), Body intelligence scale: defining and measuring the intelligence of the body. The Humanist Psychologist 34: 357–367 Aposhyan S. (2004), Body–Mind Psychotherapy: Principles, Techniques, and Practical Applications. New York: W.W. Norton & Company. 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