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Il trattamento della malattia diverticolare

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Il trattamento della malattia diverticolare
IL TRATTAMENTO
DELLA MALATTIA DIVERTICOLARE
F
Antonio Balzano, Vincenzo Bove
U.O.S.C. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
AORN “A. Cardarelli”, Napoli
INTRODUZIONE
I diverticoli si realizzano per aumento della pressione endoluminale colica dovuta ad un transito difficoltoso delle feci e sono spesso associati
alla stipsi cronica. Sono costituiti anatomicamente da tonaca mucosa,
sottomucosa e sottosierosa peritoneale e si formano in seguito al cedimento della tonaca muscolare.
La presenza di diverticoli nei segmenti colici è definita diverticolosi;
essa è di solito asintomatica. Eventuali sintomi intestinali sono dovuti
alla “stipsi funzionale” o alla “sindrome dell’intestino irritabile” ed i consigli dietetici e i trattamenti farmacologici riguardano queste entità nosologiche: consumo di adeguate quantità di fibre ed antispastici per brevi
periodi. La diverticolosi non necessita della somministrazione di antibiotici.
L’infiammazione dei diverticoli configura invece la malattia diverticolare, malattia che, per costi, occupa negli Stati Uniti il quinto posto
tra le malattie dell’apparato digerente (1).
DIVERTICOLITE
La diverticolite è la manifestazione più comune della malattia diverticolare e realizza quadri clinici di diversa gravità che vanno da forme
lievi e autolimitantesi a perforazioni responsabili di sepsi e mortalità.
Negli Stati Uniti, ogni anno, vengono ricoverati per diverticolite circa
150.000 pazienti e che vengono effettuate circa 50.000 colectomie (2).
La diverticolite necessita di trattamento e questo dipende non solo dall’entità del processo flogistico, ma anche dalla presenza di complicanze
e di altri fattori quali la presenza di comorbidità, particolarmente quelle
cardiache, respiratorie e renali. Anche l’età del paziente rappresenta elemento di non scarsa rilevanza.
La diverticolite è distinta in una forma “non complicata” e in una forma
“complicata”.
La diverticolite è “complicata” quando realizza ascessi, perforazioni, fistole, ostruzioni intestinali e significativi sanguinamenti.
Spesso nelle fasi iniziali di una diverticolite acuta i confini tra le due
forme non sono netti.
DIVERTICOLITE LIEVE
Nella diverticolite lieve la somministrazione di antibiotici per via
orale permette una risoluzione dei sintomi con un’efficacia equivalente
a quella degli antibiotici somministrati per via parenterale (3).
Il ricovero ospedaliero, nella maggior parte dei casi (4) non risulta indicato ed il trattamento ambulatoriale costituisce la malità operativa più
ragionevole, sicura e con un buon rapporto costo-efficacia. Autori scandinavi ritengono altresì che la diverticolite lieve è di solito una malattia
autolimitantesi e che un trattamento conservativo con riposo intestinale
è equivalente al trattamento antibiotico in termini di guarigione dell’episodio e di recidiva di malattia (5).
Nei casi di diverticolite lieve con un quadro clinico rappresentato da
dolore, modesto rialzo febbrile e lieve aumento dei leucociti può essere, pertanto, ragionevole un trattamento ambulatoriale con la prescrizione di una dieta esclusivamente liquida, a residuo zero, per una
settimana ed una copertura antibiotica per via orale (vedere oltre).
Questo approccio conservativo, in genere, induce “raffreddamento” del
processo infiammatorio. Alla remissione dei sintomi è utile somministrare cicli di “antibiotici locali” che abbiano scarso assorbimento ed
agiscano prevalentemente sulla superficie intestinale. A tal proposito
è raccomandato l’utilizzo della rifaximina, antibiotico semisintetico
non assorbito dalla mucosa intestinale; questa, che dopo assunzione
per os, la si ritrova per oltre il 90% nelle feci e solo nell’1% nelle urine
e lo 0.2% nella bile (6,7).
Tale somministrazione ciclica ha lo scopo è di tenere costantemente più
bassa la carica microbica intestinale sì da ridurre le possibilità di una riacutizzazione (8).
Il 70% dei pazienti trattati conservativamente dopo un primo attacco di
diverticolite guarisce e non avrà ulteriori manifestazioni in futuro (9,10).
La storia naturale della malattia diverticolare è poco conosciuta e gli argomenti che suggeriscono un legame tra diverticoliti ricorrenti e perforazione risalgono ad oltre 40 anni, cosa che mette in discussione la loro
validità (11). Attualmente si stima che il rischio di perforazione che segue
ad un singolo episodio (trattato) di diverticolite è del 2% l’anno (12) e
che, in questa coorte di pazienti, il rischio di eseguire un intervento di
Hartmann in urgenza è di 1 su 2000 pazienti per anno (13).
La resezione colica in “elezione” è gravata da una morbilità tra il 25% e
il 50% (14) con confezionamento di una stomia nel 10-14% dei casi (15)
e da una mortalità dell’1-2% (16).
Secondo le linee guida dell’American Society of Colon and Rectal Surgeons “il numero di episodi di diverticolite non complicata non è necessariamente un fattore rilevante nel definire l’adeguatezza della chirurgia”
(17).
Per quanto attiene l’età del paziente, molti autori ritengono che la diverticolite sia più aggressiva nei soggetti giovani (<50 anni) che negli anziani
(18,19), ma studi recenti hanno confutato in parte questa opinione (20) e
non vi è ancora concordanza se la diverticolite, nei pazienti giovani, abbia
un rischio maggiore di complicanze o di riacutizzazione (17).
È da sottolineare infine, con chiarezza, che non vi sono, allo stato, segni
e sintomi predittivi di gravità di malattia (21).
L’ospedalizzazione è obbligatoria:
1. quando il quadro clinico della diverticolite non migliora dopo 3-6
giorni di terapia;
2. se compare vomito dopo l’ingestione di liquidi, febbre persistente, se
si sviluppa leucocitosi e se si realizzano segni clinici ed ematologici
di una reazione peritoneale.
DIVERTICOLITE COMPLICATA
L’associazione di tecniche di ”imaging” alla classificazione Hinchey (22)
consente di definire 4 stadi di gravità e diffusione di diverticolite:
Stadio I: sottodistinto a sua volta in stadio Ia ed Ib.
• Stadio Ia: diverticolite con interessamento della parete colica confinante: la corrispettiva immagine TC è l’ispessimento della parete colica
e del grasso pericolico (23).
• Stadio Ib: piccolo ascesso confinato alla sede di perforazione del diverticolo (ascesso pericolico).
Stadio II: ascesso ampiamente esteso al di fuori della parete del colon,
spesso confinato allo scavo pelvico.
Stadio III diverticolite perforata con peritonite purulenta.
Stadio IV: rottura di un diverticolo, anche non infiammato, nel peritoneo
e realizzante una peritonite stercoracea.
Studi retrospettivi relativi alla gestione del paziente con diverticolite,
utilizzando tale classificazione, hanno evidenziato che i pazienti in “Stadio Ia” si giovano della sola terapia antibiotica e che solo una piccola percentuale di essi (6%) richiede una resezione colica, non urgente, per
inadeguata riposta alla terapia (24).
I pazienti in “Stadio Ib o II” si giovano invece di terapia antibiotica associata a drenaggio ascessuale sotto guida ecografica o TC.
Infine, i pazienti in “Stadio III o IV” devono necessariamente essere sottoposti ad intervento chirurgico.
Ascessi diverticolari si realizzano nel 15-20% delle diverticoliti
acute (25).
Se un ascesso supera i 4 cm di diametro vi è indicazione ad un drenaggio
percutaneo TC guidato che, se efficace, risolve in 3-4 giorni il dolore, la
febbre e la leucocitosi.
Se la cavità ascessuale presenta contenuto fecale, il drenaggio generalmente risulta insufficiente ed è quindi indispensabile intervento
chirurgico.
La formazione di una fistola tra il lume del colon ed organi vicini, come
tenue o vescica, può avvenire tra lo stadio I e II, soprattutto quando gli
episodi diverticolitici si ripetono più volte e quando non sono diagnosticati e curati adeguatamente.
Inoltre ripetuti e frequenti episodi di diverticolite possono determinare
fenomeni cicatriziali, in corrispondenza della sede della perforazione o
nelle sue vicinanze, tra la parete del colon e le strutture esterne al viscere
con un progressivo restringimento del lume configurandosi pertanto
una sub-stenosi o stenosi diverticolare.
Il sanguinamento si verifica nel 10-30% della malattia diverticolare e
nel 90% dei casi si arresta spontaneamente. La terapia conservativa è di
solito l’approccio indicato.
Alimentazione parenterale
In presenza di diverticolite complicata, senza perforazione, l’alimentazione parenterale è sempre consigliata e la sua durata è strettamente
correlata allo stato clinico del paziente e all’entità della flogosi.
Antidolorifici
Per il controllo del dolore della malattia diverticolare è utile l’uso di oppioidi mentre i FANS dovrebbero essere evitati per il loro elevato rischio
intrinseco di perforazione viscerale. La meperidina ha un inizio di azione
più rapido rispetto alla morfina, ma una durata d’azione più breve. Dosi
ripetute di meperidina inducono accumulo di norpetidina (un metabolita
tossico con emivita di 15-30 ore) con conseguente possibile disforia, irritabilità, tremori, mioclonia, convulsioni (27). La morfina è dunque da
preferire alla meperidina. Il tramadolo ha una risposta variabile ed un
impiego limitato nel dolore acuto; può indurre dipendenza psichica e fisica in seguito al suo utilizzo (27).
Antibioticoterapia
Nei pazienti con diverticolite lieve (ambulatoriali) antibiotici per via orale
hanno mostrato efficacia analoga a quella di antibiotici somministrati
per via parenterale (3).
Gli antibiotici di scelta sono combinazioni di penicillina e inibitore della
beta-lattamasi (ad es. penicillina e acido clavulanico), o un fluorochinolonico (ad es. la ciprofloxacina che presenta livelli ematici simili se somministrata per os o e.v.), o un’associazione fra un derivato sulfamidico
ed un chemioterapico derivato dalle diaminopirimidine (trimetropinsulfametoxazolo), o il metronidazolo.
Nella diverticolite complicata le infezioni intra-addominali sono sostenute generalmente da enterobatteri gram-negativi, di solito si tratta
dell’“E. Coli”, ma non è raro riscontrare “Protei” e “Klebsielle”. Frequenti
sono anche le infezioni sostenute da enterococchi e da anaerobi (Bacteroides fragilis). Nei pazienti ospedalizzati già in terapia antibiotica, le modificazioni della flora intestinale aumentano il rischio di infezioni da
“Pseudomonas” e “Candida”. Spesso gli ascessi hanno un’eziologia polimicrobica; per tale motivo è indicata una copertura antibiotica ad ampio
spettro contro enterobatteri gram-negativi sia aerobi che anaerobi. Nelle
infezioni di grado lieve e moderato la prima scelta terapeutica razionale
dovrebbe essere l’utilizzo in monoterapia di piperacillina/tazobactam o
di carbapenemico (imipenem, merepenem, doripenem) (28-30).
Nei pazienti allergici ai beta-lattamici possono altresì essere utilizzati i
fluorochinolonici, quali moxifloxacina, levofloxacina, lomefloxacina, ciprofloxacina.
Nei pazienti ricoverati da lungo tempo e sotto terapia antibiotica, va
sempre esclusa sovra infezione da Pseudomonas che, se presente, deve
essere trattata con piperacillina/tazobactam o un carbapenemico, in alternativa ceftazidima, cefemine, aztreonam o ciprofloxacina, sempre con
contemporanea somministrazione di metronidazolo per il controllo del
“Bbacteroids fragilis” (27).
Non vi sono dati in letteratura relativi al tempo di passaggio dall’antibioticoterapia parenterale a quella orale e per quanto tempo essa debba essere protratta. Un trattamento di 7-10 giorni sembra un periodo
ragionevole per una diverticolite di lieve-moderata entità.
Quando l’episodio acuto si è “raffreddato”, può essere ripresa con cautela
una riabilitazione alimentare.
Durante la fase di remissione sintomatologica è utile la somministrazione
ciclica mensile di antibiotici ad azione locale, a scarso assorbimento, che
esercitano la loro azione solo sulla superficie intestinale, allo scopo di ridurre
(non azzerare) la carica microbica. All’interno dei diverticoli si verifica un
eccessivo sviluppo della normale flora microbica intestinale per una difficoltà di svuotamento del diverticolo stesso a causa di una contrazione persistente della muscolatura liscia del viscere a livello del colletto del
diverticolo.
La fisiologica produzione di muco da parte della mucosa diverticolare e lo
sviluppo della flora batterica determina distensione del diverticolo con conseguente sofferenza vascolare della mucosa e successiva micro-macro perforazione. La micro perforazione costituisce sovente l’esordio doloroso della
malattia diverticolare. La rifaximina, risponde ampiamente a tale necessità
sia per la massiva presenza del principio attivo nel lume intestinale dopo
assunzione per os (otre il 90%) sia per gli scarsissimi effetti indesiderati
vista la scarsa assorbibilità extra intestinale (<10%).
Allo stato mancano ancora studi controllati circa l’utilizzo della mesalazina nella malattia diverticolare, nonostante diversi studi open inducano
a ritenere efficace tale molecola in questa tipologia di pazienti.
Recentemente è stato comunque riportato che l’associazione di mesalazina-rifaximina sarebbe superiore alla somministrazione di sola mesalazina nel controllo dei sintomi di diverticolite e nella riduzione del
numero di episodi acuti diverticolitici (31,32).
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