“La Romentino Inerti non poteva ritirare le terre contaminate”
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“La Romentino Inerti non poteva ritirare le terre contaminate”
12345 48 .Novara e provincia STAMPA .LA SABATO 14 MAGGIO 2016 In breve PROCESSO CAVA MARCOLI, LA TESTIMONIANZA DI UN TECNICO DELLA PROVINCIA “La Romentino Inerti non poteva ritirare le terre contaminate” MARCO BENVENUTI NOVARA «Le cose in cava erano totalmente diverse da come dovevano essere. C’erano varie tipologie di rifiuti ma certamente la Romentino Inerti non poteva ritirare quello che loro chiamavano “caffè”, ovvero le terre contaminate. Non era previsto nelle autorizzazioni». Un insieme di irregolarità formali e sostanziali quelle di cui ha parlato ieri un tecnico della Provincia, utilizzato come ausiliario di polizia giudiziaria, ieri al processo per il traffico illecito di rifiuti alla cava Marcoli in località Torre Mandelli, nella Valle del Ticino. Un’area al confine con la Lombardia, già monitorata in altre inchieste, su cui l’attenzione degli inquirenti novaresi si portò dopo l’assassinio di Ettore Marcoli, della nota famiglia di imprenditori edili, che negli uffici dell’impresa venne assassinato il 20 gennaio 2010. Proprio il padre Ezio è uno degli imputati, assieme a imprenditori e collaboratori di varie società del Torre Mandelli È la località dove è ubicata la cava Marcoli all’interno della valle del Ticino Aggredisce i poliziotti Era un clandestino 1 Vedono che alla vista della Volante allunga il passo, e, quando decidono di fermarlo per chiedergli i documenti, dà in escandescenza e aggredisce i poliziotti. Nella notte fra giovedì e venerdì, in via Manzoni a Novara, vicino la stazione ferroviaria, è stato arrestato Mohrad Tarabuch, 26 anni, cittadino marocchino. Non voleva farsi controllare perché è clandestino sul territorio. Ora il marocchino sarà processato per direttissima per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Nel frattempo il giudice ha disposto l’espulsione dal territorio italiano del giovane fermato. [M. BEN.] Oleggio Preso dai carabinieri sconterà pena residua 1I Nord Italia che all’epoca scaricavano a Romentino: Mauro Ruaro, Giammario Mondini, Ivano Cesco, Mauro Spinelli, Francesco Cassavia, Idalgo Betteo, Alan Gusmeroli, Massimo Fantini, Vladimiro Porta, e poi Bruno, Domenico e Demetrio Morello. «La cava - ha aggiunto il testimone - ha sempre fatto fatica a ottenere il rinnovo dell’autorizzazione, perché la documentazione prodotta di volta in volta era carente. Poteva ri- IN CASSAZIONE CONTRO LA CONDANNA A 30 ANNI Delitto Melchionda, a luglio l’ultima carta della Mortarini Ilaria Mortarini gioca l’ultima carta per annullare la condanna a 30 anni di carcere. La giovane, ritenuta l’istigatrice morale dell’omicidio di Simona Melchionda, comparirà in Cassazione a Roma il prossimo 12 luglio, dopo che a marzo l’udienza era slittata per incompatibilità di uno dei giudici: aveva già giudicato il caso del compagno Luca Sainaghi. Quel giorno sarà discusso il ricorso presentato dai suoi legali, gli avvocati Luca Panzeri e Angela Riva, contro la sentenza emessa in primo grado dal gup di Novara nel- Novara tirare terre e rocce da scavo, macerie da demolizione e fanghi di cartiera, ma non terre contaminate. Non si potevano seppellire». E invece, secondo quanto sostengono gli investigatori, a Romentino tutto era confuso e in parte mischiato. Il processo, viste le numerosissime eccezioni e obiezioni delle difese alle domande del pm e alle risposte dei testimoni, va a rilento: prossima udienza il 10 giugno. 12BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI convivente dell’imputata, carabiniere all’epoca in servizio alla stazione di Oleggio, aveva fissato un appuntamento alla vittima, con cui aveva avuto una relazione, e poi le aveva sparato al capo, buttandone il corpo nel Ticino. Spinta decisiva Ilaria Mortarini l’aprile 2012 confermata dalla Corte d’Appello di Torino lo scorso anno. Si tratta del delitto consumatosi la notte fra il 6 e il 7 giugno 2010. Sainaghi, Un omicidio che non è pensabile, secondo i giudici di primo e secondo grado, «senza la spinta propulsiva della Mortarini che, sfruttando i sensi di colpa del compagno per il flirt consumato, e provocandolo per la sua inettitudine, determinò in lui la decisione di attuare il proposito vendicativo da lei nutrito mediante l’uccisione della ragazza». Una ricostruzione non condivisa dalla difesa. La parola spetta ora alla Suprema Corte. [M.BEN.] 12BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI carabinieri di Oleggio hanno eseguito ieri un ordine di cattura nei confronti di Italo Vanoglio, 65 anni, residente in città: deve scontare una pena residua di otto mesi di reclusione, divenutati definitivi, per appropriazione indebita. La condanna è stata emessa dal Tribunale di Perugia per fatti accaduti diversi anni fa in terra umbra. Vanoglio è stato associato al carcere di Novara. [M. BEN.] Romentino A processo per usura «Erano risparmi miei» 1 Nessuna usura. I soldi nelle disponibilità dell’imputato derivavano da indennità di disoccupazione e dalla transazione di una causa di lavoro, senza dimenticare i risparmi di una vita. Così si difende in tribunale Mario Bizzantino, 56 anni, disoccupato di Romentino, dedito all’attività di rottamaio, a processo per estorsione e usura ai danni di un imprenditore col vizio del gioco. Secondo quanto denunciato dalla vittima, l’imputato gli aveva prestato soldi e poi lo aveva minacciato millantando collegamenti con personaggi della criminalità organizzata: «Ho ricevuto soldi solo perché vantavo crediti», ha commentato. Il suo legale, l’avvocato Antonio Costa Barbè, ha prodotto ieri la documentazione relativa ad investimenti di risparmi fatti dal suo assistito. Si dovrà tornare in aula il prossimo venerdì. [M. BEN.] ASSOLTO BORGOMANERO Non ricettò documenti militari rubati al tribunale Accusati di riciclare il denaro della truffa Nessuna prova che abbia commerciato documenti militari rubati, una ventina di «veline» riservate e risalenti alla seconda guerra mondiale, di difficile stima economica. Il Tribunale di Novara ha assolto dall’accusa di ricettazione Marco Novarese, 52 anni, difeso da Teresa Bizzozero: possedeva, e poi aveva venduto, quelle carte trovate a casa di un filatelico. Documenti del demanio che non potevano stare a casa di un privato. «Li ho acquistati su E-bay partecipando a un’asta», aveva detto nel 2011 l’antiquario pavese confuso dal clamore attorno ai quei pochi fogli, con tanto di intervento della Soprintendenza regionale. Le indagini sull’account del venditore avevano portato a Novara. Era intestato a una pensionata di 81 anni, la mamma di Novarese. L’imputato ha negato: ha sostenuto di aver comprato a sua volta i documenti in qualche mercatino. Secondo il suo legale non c’era nemmeno prova, come sosteneva il pm, che le veline vendute fossero le stesse sequestrate nel 2009 a un maresciallo, perché rubate al tribunale militare di Torino. [M.BEN.] Una truffa da 600 mila euro, con vittima un benzinaio del Borgomanerese che anni fa era stato avvicinato da un cliente: «Ti serve un computer? Li prendo alle aste giudiziarie e spendo poco». Da lì era partito un vortice da cui l’uomo e i familiari non erano più riusciti a salvarsi: avevano consegnato soldi anche per televisori, auto, macchinari, quote societarie, case. Migliaia di euro mai andati in nessuna asta. Anzi, secondo quanto sostiene la Procura, sarebbero stati girati a conti corrente bancari e postali intestati a parenti, mogli, figli, fratelli. Ecco perché Luana Cordovana, Melissa Moretti, Antonina Bellone, Angelo e Anna Aliano, sono accusati di riciclaggio delle somme di denaro che Valter Moretti e Omar Bellone, già condannati per truffa a un anno e mezzo il primo e un anno il secondo, avevano guadagnato fra il 2009 e il 2011 con le loro richieste di denaro. Gli imputati negano su tutta la linea. Ieri in aula Luana Cordovana: «Sono casalinga. Pensavo che la ditta di mio marito (Bellone) andasse bene. Non utilizzavo nemmeno il libretto cointestato». [M.BEN.] 12BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI 12BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI INCONTRO ORGANIZZATO DA CAMERA PENALE E LIBERA Ricordato l’avvocato Famà ucciso dalla mafia 1 Ieri al Piccolo Coccia, in un incontro organizzato da Camera pe- nale e Libera Novara, si è ricordata la figura dell’avvocato Serafino Famà, penalista catanese assassinato dalla mafia il 9 novembre 1995. I relatori, tra cui la figlia Flavia, gli avvocati Carmelo Passaini e Salvo Catania, hanno ricordato la figura di uomo «pieno di vita» prima ancora che di legale, «ucciso per il suo rigore morale e intellettuale».